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Locanda Mammì
Il Molise esiste, anche in tavola
“Questo luogo è parte integrante del mio essere, non ho mai pensato di poterlo abbandonare”. Quarant’anni ed un carattere forte e coraggioso, Stefania di Pasquo non ha mai avuto dubbi sul valore del territorio in cui è nata. Sarà perché è cresciuta nella casa di fine Settecento, appartenuta al papà di sua nonna, tra le campagne molisane.
Appena fuori Agnone, dieci anni fa nasce Locanda Mammì. È figlia della sua passione per la cucina ed il mondo dell’accoglienza, seppure ci sia voluto tempo per comprenderlo. Prima una laurea in Scienze Manageriali all’Università di Pescara, poi l’idea ‘matta’ di frequentare l’Accademia di alta formazione di ristorazione e cucina di Niko Romito
Il destino sceglie strani percorsi per manifestarsi: Stefania entra nella prima classe della scuola dello chef abruzzese nel 2011, inaugurando un percorso formativo che è ormai un riferimento in Italia.
“Avevo cominciato a lavorare nell’azienda di famiglia che si occupava di edilizia, fin quando non abbiamo deciso di ristrutturare la casa di campagna di nonna. Ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto accogliere persone, creare un B&B. Ma, nel corso dei lavori, ha preso sempre più corpo il desiderio di poter anche cucinare per loro. Ecco che venire a conoscenza dell’apertura della scuola di Niko Romito è stato come un segno, che ho colto al volo”.
Terminati gli studi e un periodo di stage proprio al Casadonna Reale a Castel di Sangro, Stefania rientra ad Agnone con nuove consapevolezze e grandi sfide: rappresentare il suo territorio in tavola, rivisitando la cucina tradizionale, liberandola dalle consuetudini.
Gli inizi, il Covid e la nuova Locanda Mammì
“I primi anni sono stati difficili, mi sono sentita davvero sola. Avevo una visione diversa di cucina rispetto a quanto proposto in Molise fino a quel momento, inoltre portare ad Agnone professionisti del settore non è stato e non è facile. Ho avuto il grande sostegno dei miei genitori, nel mentre rafforzavo le mie idee, lavoravo su quella che sarei voluta diventare e, in taluni casi, sono cresciuta con i miei ospiti, spingendomi sempre un po’ più in là. Ci sono stati momenti in cui ho pensato di mollare, ma il giorno dopo ho sempre ripreso con forza: qui c’è quella che sono”.
Definita a più riprese la regione che non esiste, il Molise è un piccolo scrigno d’entroterra che si lascia leggere soltanto ai più pazienti. In tavola trionfa il caciocavallo, elemento antico amatissimo dalla chef, assieme alle patate di montagna e al tartufo. Il tutto accompagnato dalle carni locali, dai frutti dei piccoli orti di famiglia e i regali spontanei di una terra spesso brulla e avversa.
“I lunghi periodi di chiusura del Covid mi hanno segnata profondamente, cambiando me e la locanda. La ristrutturazione della sala, come la rivisitazione del menù, ha avuto un filo conduttore: togliere tutto ciò che non rappresentasse il territorio. Così ho rinsaldato i rapporti con i miei fornitori locali e oggi porto in tavola sostanzialmente il Molise”.
Il 2020 è stato un anno importante per Stefania e per Locanda Mammì. Alla squadra si unisce Tomas Torsiello, apprezzato sommelier campano, anche lui scuola Romito. Insieme professionalmente e nella vita, hanno reso questo indirizzo un luogo ancora più autentico e rappresentativo. Abbandonate le prime passioni francesi, alle pareti sono comparse opere realizzate in rame, lavorazione artigianale tipica di Agnone, proprio lì dove la nonna di Stefania un tempo appendeva le sue padelle. Locanda Mammì è oggi un luogo di relazioni, di ore lente, intriso di ruralità nonostante la sua eleganza, il servizio impeccabile e una cucina fermamente contemporanea. Un luogo attorno a cui si muovono i tanti piccoli produttori che rappresentano il Molise in tavola e partecipano all’offerta gastronomica di Stefania e Tomas.
L’idea di cucina di Stefania di Pasquo
“Ho sposato a pieno la filosofia del mio maestro, lo chef Niko Romito, di cui ho grande stima: territorio e semplici- tà. Pochi ingredienti che si devono sentire, la famosa apparente semplicità. Ricerco una certa purezza del gusto dei singoli, non vorrei mai che non fossero riconosciuti gli elementi di un mio piatto”.
In carta non mancano mai le pallotte cacio e ova, così come presenziano la carne di agnello e le interiora. Guardando al mondo dei pesci, vi entrano i classici della gastronomia d’entroterra: il baccalà, le acciughe, così come quelli di fiume.
Un rincorrersi di rimandi e rivisitazioni, con radici ben piantate sull’Appennino e sui piatti tipici di un’area a cavallo tra la provincia di Isernia e quella abruzzese di Chieti.
Tra i suoi piatti iconici la rivisitazione della zuppa alla santè. Un caposaldo della cucina locale, tipico delle feste natalizie, realizzato con brodo di gallina, pane raffermo, polpette di formaggio, uova e caciocavallo. Tante le versioni e le minuziose varianti nelle diverse famiglie e nelle zone limitrofe. Un grande classico che la chef Stefania di Pasquo ha rivisitato addirittura in versione fredda per l’estate, trasformandolo in un suo cavallo di battaglia.
“Riconosco di essere cambiata tanto in 10 anni, forse è per questo che non c’è un piatto che mi accompagna da sempre. Ma uno di quelli che è rimasto in carta almeno per tre estati è senz’altro Piselli e Caciocavallo. Sì, alla fine lui c’è sempre! Il caciocavallo praticamente diventa una sorta di mousse, accompagnata da una crema di piselli, una cialda croccante di caciocavallo e un crumble di nocciole. Credo sia il prodotto più importante per Agnone ed anche per la mia cucina”.
Tra le carni spesso presenti in carta quelle di quaglia, ma anche di cervo. In questo periodo proposto con nocciole e radicchio infuso nel succo di melograno, riesce a dare il senso di una cucina che guarda sostanzialmente alla montagna.
Molto richiesto il suo Pane, vino e caciocavallo che, a dispetto di quanto si possa pensare, è un dolce. Rappresenta la sintesi di alcuni elementi centrali per la tavola molisana, trasformati in un dessert simbolico per la sua offerta gastronomica.
Il casale di Locanda Mammì
Databile verso la fine del Settecento, la struttura in cui insiste Locanda Mammì è sempre appartenuta alla famiglia di Pasquo. Qui ha vissuto il bisnonno della chef, poi sua nonna, i suoi genitori e lei, che qui è tornata a vivere assieme a suo marito Tomas e suo figlio Leonardo.
“La strada di passaggio, lo sguardo sul paese e sulle campagne circostanti, la possibilità di mangiare e di fermarsi a dormire. Ecco perché nel nome vi è il termine locanda, mi pareva calzasse a pennello. E poi il nomignolo con cui amavo chiamare mia nonna: Mammì! Qui c’è il passato e il futuro, ci sono le radici, ma anche la vita che ci sorprende”.
Sei le camere disponibili e una sala che non ospita più di 40 coperti alla volta. Dopo aver varcato la soglia della locanda l’orologio non ha più voce in capitolo, il culto della tavola comprende il tempo per degustare e godersi uno dei vini della ricca e fornita cantina. Molto territorio, ma anche nomi poco blasonati che meritano attenzione e vengono presentati con competenza.
“Un passo alla volta, non è stato facile, ma credo che dopo dieci anni di sacrifici ora la strada possa essere più agevole. Siamo in un piccolo borgo d’entroterra, certamente non di passaggio. Offriamo il nostro racconto del territorio con grande passione, perché crediamo in esso e nelle sue peculiarità. Il Molise esiste ed è più che vivo”.
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