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Amodo, la rete dei ristoranti etici La più bella lezione della Locanda del Feudo
Abitare un borgo significa non pensare solo a sé stessi
Autrice: Simona Vitali
È una sera infrasettimanale di giugno.
Siamo in tre diversi clienti seduti ciascuno a un tavolino. Tre tavolini allineati sull’esterno della Locanda del Feudo, in un piccolo slargo che dà sul borgo di Castelvetro di Modena.
È l’intimità. Il sentirti a tuo agio a partire dalla sistemazione. È l’attenzione Il piccolo accorgimento di metterti in compagnia, anche se con quei commensali non è detto che parlerai. Non so ancora come mangerò ma io mi sento già allineata a chi ha saputo creare quell’ambiente, quell’atmosfera.
Potremmo parlarne di quanto un solo ospite sia sempre gradito: non fa cassetto e porta via spazio meglio spendibile. Comunque la mia cena è appagante, i piatti avvolgenti. Qui c’è un pensiero che merita di essere sondato. Me lo appunto, tornerò.
Sono tornata d’inverno, che per un borgo abbarbicato su una collina è un periodo di riposo ma - come ho avuto conferma - non lo è per chi, per la propria attività e per il borgo, è un motore.
I tanto celebrati borghi, sempre più in auge in questi ultimi anni, rappresentano certamente una bella prova per chi ci deve vivere ogni giorno, portando avanti un’attività a cui non bastano i calendari di iniziative, perlopiù distribuiti nella bella stagione, per vivere. Ci si deve inventare e reinventare continuamente, partendo da un importante presupposto: vietato pensare solo a sé stessi
Quella sana incoscienza
Aveva 23 anni Andrea Rossi, che oggi ne ha 42, quando insieme a suo fratello Roberto, allora ventunenne, ha deciso di rilevare una piccola locanda semisconosciuta nel borgo di Castelvetro di Modena, fino a quel momento funzionale a una multinazionale della zona. C’era poco da porsi in continuità con la gestione precedente: occorreva partire da zero. Dalla loro, questi fratelli, avevano un bel dinamismo che li aveva accompagnati durante gli studi in diverse stagioni estive anche all’estero, Andrea come cameriere e Roberto, che aveva fatto l’alberghiero, in cucina. E ora, che uno stava studiando Scienze della comunicazione e marketing e l’altro lavorava come cuoco presso una trattoria della zona, c’era il forte desiderio di iniziare a concretizzare qualcosa. D’altro canto questo era l’esempio che sempre hanno raccolto in famiglia, dove non si sta ad aspettare che il lavoro arrivi. Il nonno materno, prigioniero di guerra, era stato uno dei primi imprenditori agricoli della zona, dando un futuro alla sua famiglia.
Di fatto, Andrea lo dice ancora oggi: “il nostro è stato un atto di incoscienza. Non ci rendevamo conto di cosa significasse gestire un’azienda però abbiamo fatto due calcoli: io avrei potuto occuparmi delle sei camere della locanda e della sala del ristorante, mio fratello sarebbe riuscito a mettere a tavola 14/16 persone a servizio. Così ci siamo buttati. ‘Cominciamo a metterci alla prova, a vedere cosa sappiamo fare’ ci siamo detti”.
Quando il navigatore era ancora un’optional
“Era il 2005 - ricorda Andrea - quando ci siamo insediati nella Locanda. Il borgo di Castelvetro che oggi è conosciuto come Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, allora non si sapeva neanche dove fosse. Ricordo che continuavo a sollecitare l’amministrazione comunale che mettesse cartelli mentre ero costretto a fornire spiegazioni certosine al telefono perché i clienti potessero arrivare”.
Far rivivere l’esperienza di un pranzo o una cena emiliana, più precisamente modenese, era l’idea cullata dai due fratelli che avevano l’ambizione, quella sì, di riproporre quelle “indimenticabili tavole imbandite” dalla nonna, una vera rezdora, che aveva imparato a far da mangiare per il solo fatto che tutti i giorni aveva a tavola 7/8 persone. Così conserve, marmellate, cipolline sott’olio, salse per arrosti, paste ripiene, torte, nocino rappresentavano il suo impegno quotidiano.
“Ci siamo rimboccati le maniche. Nei primi due/tre anni abbiamo incrementato sensibilmente il fatturato e abbiamo iniziato ad essere citati in alcune guide. Sono stato anche coinvolto nel consiglio direttivo della catena Charme & Relax a cui aderivamo. Eravamo giovani, sì, ma ci veniva riconosciuta voglia di fare. Di fatto - riflette Andrea – siamo partiti senza avere avuto la possibilità di lavorare in un grande ristorante o comunque di fare una grande esperienza. È il caso di dire che la gavetta l’abbiamo fatta sulla nostra pelle, memori delle tradizioni della nostra famiglia”.
I clienti che arrivavano da tutto il mondo gli hanno dato la spinta di proporre interventi migliorativi in un borgo certamente bello ma con potenzialità da sviluppare e di insistere che bisognava si iniziasse a fare azioni perché fosse riconosciuto.
Lambrusco rifermentato in bottiglia che passione!
Intanto in Andrea si riaccende la voglia di continuare a studiare e, come dice lui, si rifugia nei vini. Nel giro di pochi anni passa da sommelier a sommelier professionista e anche questo mette a disposizione del suo territorio. Castelvetro di Modena è Città del Vino e terra del Lambrusco Grasparossa, coltivato insieme al Trebbiano, quest’ultimo utilizzato per la produzione di un’altra eccellenza: l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Da tempo nel borgo si tiene la Sagra dell’uva e del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro che altro non è che una sorta di Oktoberfest in stile emiliano, dove viene of- ferto a tutti un assaggio di Lambrusco nei bicchieri di carta. Perché non cominciare a far capire che il Lambrusco è un prodotto di qualità da bere con cognizione di causa? Così anche la sagra prende nuove sembianze, alza il livello qualitativo della sua offerta. Nel 2007 arriva per i fratelli Rossi il premio “Grappolo d’oro”, assegnato ai cittadini che si distinguono per la collaborazione con l’amministrazione comunale e per aver fatto conoscere il nome del paese nel mondo. In effetti capita non infrequentemente che siano le strutture ad attrarre nei luoghi, di cui solo dopo si apprezza la bellezza.
Ma è il master ALMA-AIS in Gestione e comunicazione del vino seguito nel 2019, che vede Andrea distinguersi prima come migliore allievo del corso poi come brillante stagista presso le Calandre. Un’esperienza significativa che gli conferma la bontà del percorso intrapreso fino a quel momento: “finalmente mi sono misurato - dice - e ho capito di essere portato per questo mestiere, che sento come una missione! Questo ha creato in me la voglia di innalzare la qualità del mio lavoro dove ho sempre fatto tanta ricerca. Quanto al vino, nel mio ristorante ho fatto una scelta ben precisa: ho contattato tutti i produttori di Castelvetro che hanno fanno della rifermentazione in bottiglia la loro bandiera e li ho messi tutti in carta dove ora ho dieci rifermentati e un metodo Charmant, giusto per chi me lo chiede. Sono stato un naturalista della prima ora e giustificavo le imperfezioni. Adesso sono arrivato a pretendere che il vino sia a posto anche dal punto di vista gustativo.
Semplicemente credo che questi produttori che ho in carta faranno la storia del Lambrusco nei prossimi anni. C’è grande fermento in zona, grazie soprattutto ai giovani e a figure come Max Brondolo e Vittorio Graziano. Sta scommettendo sul futuro del Lambrusco, Andrea. E diciamolo pure, nel suo locale sta già tracciando una strada. Se si è al timone di un'attività si ha questa facoltà. Una scelta matura e coraggiosa che, ne siamo certi, aprirà altre strade. A lui ma non solo.