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LETTERA APERTA
Luigi Franchi direttore responsabile
Cosa posso fare per il mio bene e di tanti?
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Non sono un meteorologo, non sono uno scienziato, sono un normale cittadino di questo paese che ha la possibilità, grazie alla rivista che dirigo, di dire la sua sul mondo della ristorazione sicuramente, ma anche in quale mondo stiamo vivendo tutti, ognuno troppo spesso chiuso nel bozzolo della casetta in proprietà. Il tutto mentre intorno a noi è in atto un cambiamento a ritmi vertiginosi e con scarsissimo autocontrollo. Quell’autocontrollo che spetta a noi, a ogni nostro comportamento. Mentre scrivo è il giorno della disgrazia marchigiana: una bomba d’acqua che ha messo in ginocchio mezza regione e ha causato la morte di diverse persone. Cosa aspettiamo a capire che questo fenomeno non è casuale? Che il cambiamento climatico non è una fake-news? Ci dibattiamo ancora tra teorie che sostengono che sono fenomeni naturali, che avvenivano anche nei secoli scorsi. Teorie stupide, che non tengono conto di un cambiamento radicale causato dall’uomo nell’arco degli ultimi duecento anni e che, mai come in questa estate, ha mandato segnali che vanno colti in fretta. A tutti i livelli, anche nel comportamento dei singoli perché non è vero che il nostro agire quotidiano non incide. Non è vero che la raccolta diff erenziata non serve. Come non è vero che ottimizzare i consumi, rendendoli più confacenti all’intelligenza umana non sia una strada percorribile. Ogni nostra azione è un piccolo contributo a migliorare o a peggiorare la situazione. Restiamo nell’ambito della ristorazione, visto che è il nostro lavoro: ha un senso mangiare tanto? Hanno un senso quei locali all you can eat così pieni di gente che si abbuff a a un costo ridicolo? E hanno un signifi cato quei ristoranti che guardano i dieci centesimi in meno sulle materie prime, sapendo che daranno ai loro clienti cibo scadente che produrrà solo malcontento per non dire di peggio sul piano della salute?
Impossibile cambiare le cose! Me lo sento già dire da qualcuno che leggerà questo articolo.
Invece no!! Cambiare è possibile se ognuno di noi elabora un pensiero minimale: cosa posso fare io per il mio bene e di tanti. Il benessere è una cosa che ci è data, non ce lo può togliere nessuno in una nazione democratica. Non è un problema di soldi il benessere, è un problema di testa. Non è che non si può andare in un ristorante dove si mangia il giusto, correttamente, e si viene accolti come persone! Basta andare due volte di meno in un all you can eat e i soldi per una cena come Dio comanda saltano fuori. E, credetemi, è mille volte più bello! Come è bello contribuire tutti al bene comune, cercando di ridurre sprechi, facendo una spesa intelligente ma, soprattutto, cercando di dialogare con gli altri; esperienza sempre più rara e demandata ai social. Dialogare permette di mettere in rete esperienze, opinioni, modalità diverse di aff rontare le situazioni; ci consente di avere e di dare consigli per migliorare questo modo che continuerà ad esistere anche senza di noi. Forse abbandonare l’egoismo che ci fa dire che la transizione ecologica è un processo talmente lungo che non ne vedremo i risultati e pensare invece che servirà alle nuove generazioni è il primo passo da fare, anche mentre andiamo al ristorante.