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FARE RISTORAZIONE
foto: Francesco De Marco Autrice: Giulia Zampieri
www.cadelmoro.wine
La cucina di Giuseppe Lamanna e Lina Ma a clicca e leggi l’articolo sul web
A Cà del Moro Wine Retreat, in Valpantena, una cucina a due che guarda al territorio, alle responsabilità, all’italianità
Non basta trascorrere qualche ora, o soggiornare un paio di notti in luogo per dire di aver vissuto il territorio che lo circonda. Di questo abbiamo già parlato nelle prime pagine di questa rivista, condannando le forme del turismo infelice. Sotto questo cappello si infi lano anche le strutture di accoglienza nate solo con logiche di business, solcate da profi li lussuosi e ignare della storia che abita la maggior parte dei nostri bellissimi paesaggi. Non è certo il caso di Cà del Moro Wine Retreat in Valpantena (VR) , l’eco-relais della cantina La Collina dei Ciliegi sorto nel 2018 dall’accortissimo restauro di una storica dimora di campagna. Un’insegna in cui si lavora su ogni dettaglio per allargare il più possibile l’esperienza di chi vi fa visita. In che senso allargare? Cioè rendendo ogni elemento signifi cativo per comprendere il territorio. Penso all’arredo delle camere, con mobili in legno massiccio intagliato da artigiani locali; alle attività proposte, come l’e-bike e l’equitazione, che consentono di respirare a pieni polmoni la Valpantena; all’esperienza immersiva nel mondo vino, con il tour tra i vigneti che avvolgono la struttura e la degustazione in
cantina; o alla possibilità di pernottare in glamping, per dormire più a contatto con i suoni della natura. Tutto porta lì: al territorio. Su questa linea è anche la cucina “a due” di Giuseppe Lamanna e Lina Maffia, che si occupano di tutta l’offerta ristorativa di Ca’ del Moro, dal pranzo alla cena, sino alla colazione.
La Valpantena e il senso di responsabilità
Giuseppe Lamanna e Lina Maffia sono approdati a Cà del Moro Wine Retreat un anno e mezzo fa con un binario già molto chiaro. Davanti a loro un posto di cui ignoravano le forme: una dolcissima valle, la Valpantena, di cui pochi probabilmente conoscono la geolocalizzazione. Più nota, invece, è la Lessinia, che è il suo proseguimento. La Valpantena accoglie con un saliscendi inaspettato, e regala vedute fonde sulla pianura, persino su Verona quando il cielo è terso. Da Ca’del Moro è uno spettacolo. Inizia proprio dalla bellezza di questo luogo e del nostro Paese la conversazione con Giuseppe e Lina. “Non sono mai andato all’estero per lavoro” - inizia Giuseppe, che è calabrese, di Vibo Valentia. “E questa cosa mi piace. Non ho mai sentito il bisogno
di andare lontano dall’Italia per definirmi come cuo-
co, di girarla però sì. Mi piace la scelta che ho fatto, sono saldo sulla cucina del nostro Paese. Vedo molti cuochi che tornano ‘stravolti’ dai periodi trascorsi oltre confine. Alcuni tornano con la propensione alle salse, altri con l’abitudine a fermentare, e via così. Queste cose non appartengono allo stile di cucina che vogliamo far arrivare io e Lina. Molto italiano, molto comprensibile”. Continua Lina, che invece è di origini pugliesi: “Non è giusto precludersi le esperienze ma bisogna ricordarsi di prenderne sempre il buono. Noi abbiamo una propensione innata per i sapori del sud, per l’olio, per gli ortaggi, ma ogni angolo d’Italia nasconde qualcosa di straordinario e qui abbiamo trovato prodotti inaspettatamente interessanti che ci hanno stimolati molto”. La cosa che più colpisce della proposta, menu alla mano, è proprio l’integrazione tra prodotti del territorio e le
loro rispettive esperienze come cuochi.
“Penso che la bravura di un cuoco non sia fare ciò che sa fare, ma spingersi un po’ oltre. La sfida qui è calare le nostre conoscenze sulle materie prime del luogo, a volte anche richiamando proprio le nostre origini”. Il tutto senza puntare su termini inflazionati. “Oggi fa tendenza il vegetale” - continua Giuseppe. “Per aver successo sembra che si debba parlare solo di verdure, semi, tuberi. Ma chi lo fa è perché se lo sente o perché è tendenza? Il senso di responsabilità di chi fa cucina passa attraverso la coerenza professionale: noi non snaturiamo i prodotti buoni che troviamo nel territorio, né evitiamo di utilizzare quelli che ci piacciono solo perché la moda guarda in un’altra direzione. A volte si assistono a passaggi eccessivi solo per puro diletto in cucina: essiccare, reidratare, rifermentare, poi essiccare di nuovo. Quando un
prodotto è di altissima qualità, ed è freschissimo, non c’è miglior modo che valorizzarlo lasciando che parli la sua freschezza”.
Piccolo non vuol dire buono
L’altro termine che oggi rimbalza da una cucina all’altra è responsabilità. “Anche noi siamo molto legati a questa parola. Ma non si è responsabili solo quando si va in prossimità ad acquistare, ma quando si ragiona all’impatto che l’acquisto ha nella filiera e la lavorazione ha sull’ambiente” continua Lina. Dunque Giuseppe e Lina acquistano da produttori locali, ma scegliendoli molto accuratamente. “In passato qualcuno mi ha detto che il termine commercio è uguale alla parola imbroglio”- afferma Giuseppe. “Anche dietro il piccolo produttore si possono celare delle strategie di vendita. È importante dedicare tempo alla conoscenza, per davvero. E non è che vicinanza uguale fiducia: bisogna informarsi sulla reputazione dei produttori, assaggiare i prodotti, andare a conoscere il loro modo reale di produrre, informarsi sulla loro costanza. La selezione è fondamentale se si vuole proporre una cucina coerente con il territorio e affidabile. Richiede tempo e sforzo: il mercato è irrorato di informazioni sbagliate, ingannevoli, sempre di più, e sempre più pericolose per l’affermarsi di una vera cultura sostenibile”.
Libertà all’ospite e vera riduzione degli sprechi
La clientela di Ca’del Moro è prevalentemente italiana, ma si affacciano anche alcuni stranieri. Alcuni fanno deviazione da Verona. Molti sono attratti dalla cantina, altri sono frequentatori abituali. “Una clientela che si sta definendo. Abbiamo due menu degustazione, a cinque e nove portate. Queste due opzioni consentono di intraprendere un’esperienza gastronomica più strutturata a chi lo desidera, anche con abbinamento vini, ma non abbiamo abolito la carta: per noi la possibilità di scelta per il cliente è un elemento alla base della ristorazione. Non potremmo mai imporre a chi pernotta più giorni di seguire sempre un percorso, così come non ce la sentiamo di obbligare il cliente esterno a un percorso totalmente deciso da noi. Abbiamo strutturato un menu che possa soddisfare qualsiasi richiesta, contemplando carne, verdure, pesce. Non manca un tagliere con salumi e formaggi del territorio, solitamente scelto da chi vuole degustare i vini della tenuta senza attingere dalla cucina” spiega Giuseppe, che ha anche altre considerazioni sulla questione menu degustazione. “In tanti ristoranti l’abolizione della carta in favore del menu degustazione è stata motivata da una maggior riduzione degli sprechi. In pochi però dicono che, anche quando ci si concentra sul menu degustazione, lo spreco a certi livelli c’è: se un ragazzo sta imparando o ha appena fatto ingresso in cucina, e non riesce ancora a rispettare certi canoni nei tagli e nelle preparazioni, l’inesperienza si può tradurre in un rifiuto, quindi spreco. Ci auguriamo che prima o poi questa tendenza cambi. È sempre una questione di responsabilità”.
La riconoscibilità degli ingredienti (anche quando si rompono gli schemi)
Entrambi perseguono un’idea precisissima di cucina. “Va bene far convergere le proprie esperienze, anche esotiche, nel piatto. Ma una cosa a cui non vogliamo mai rinunciare è la riconoscibilità di ciò che serviamo. Vogliamo
che la nostra cucina arrivi pulita, chiara, senza ecces-
si. In altre parole, che sia buona”. E questo si vede, si sente: la gallina Grisa, l’agnello di pecora Brogna e lo zafferano della Lessinia, il miele, il topinambur, il formaggio Monte Veronese. Sono tutti ingredienti che, se pur lavorati e accostati ad altri elementi, rimangono protagonisti. E poi una trovata semplice (ma buonissima), sul finale, con un pre-dessert che prende dritto di pancia: uno spaghetto con la ‘nduja. Una risoluzione spontanea del tempo a tavola, un modo conviviale di concludere la cena, quasi come se si fosse tra amici, più che un azzardo o una provocazione. Un bel modo per far incontrare territori agli antipodi! “Siamo convinti che lo stile italiano vada recuperato” - dicono praticamente all’unisono. “Non dobbiamo emulare le mode globali ma sentirci un po’ più italiani e dare valore alle cose semplici che ci identificano. Come uno spaghetto a fine serata”. La conversazione si perde tra arte, cucina, moda, poi sfocia sui prodotti scelti per la prima colazione e poi, ancora, sulle erbe aromatiche e l’orto della tenuta… Un posto, Cà del Moro Wine Retreat, propositivo verso chiunque voglia conoscere la vera natura di questa bellissima valle, anche attraverso la cucina di Giuseppe e Lina.
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