Le emozioni nel cane

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ROBERTO MARCHESINI

Le emozioni nel cane

Quaderni di zooantropologia


VETOQUINOL & SIUA Per ottenere di più, assieme

Siamo fermamente convinti che prendersi cura della salute mentale e dell’equilibrio comportamentale di cani e gatti sia altrettanto importante dell’affrontare le problematiche relative alla loro salute fisica. Infatti, come definito da linee guida nazionali e internazionali1, un animale non può essere considerato sano al 100% se ci si occupa solamente della salute del suo corpo senza garantire anche il benessere della sua mente. L’impatto del disagio sull’equilibrio di cani e gatti può essere estremamente negativo, fino a portare a disturbi e/o vere e proprie patologie comportamentali che dovranno essere gestiti da parte delle figure professionali di riferimento. Queste problematiche sono diffuse e coinvolgono, anche nel nostro Paese, un numero crescente di animali da compagnia2, anche se i dati a disposizione si possono considerare sottostimati. Perciò, da anni, Vetoquinol lavora al fianco di medici veterinari, istruttori, educatori e proprietari di animali, approfondendo, sensibilizzando e divulgando le tematiche relative alla salute mentale di cani e gatti nonché quelle relative alla relazione proprietario-animale, per un benessere a tutto tondo! 1 2

Promoviamo questo nostro approccio attraverso numerose campagne online e offline, corredate da materiali informativi destinati anche ai proprietari di animali, come pure da strumenti informatici (app) e tradizionali atti a supportare il professionista nella valutazione dello stato emozionale di cani e gatti. Un altro importante strumento che Vetoquinol mette a disposizione in questo ambito è Zylkene®, una soluzione naturale che sfrutta i benefici del suo ingrediente attivo derivante dal latte, aiutando gli animali ad adattarsi a nuovi ambienti o situazioni.

insieme per garantire la migliore salute a chi non può scegliere

2015 AAHA Canine and Feline Behavior Management Guidelines Bio’Sat - behavioural disorders in cats and dogs, Feb. 2015, Italy

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L’importanza delle emozioni nella vita mentale del cane

Le emozioni rappresentano una delle componenti più importanti della condizione psicologica del cane, influenzando il suo modo di relazionarsi con ciò che lo circonda. Attraverso le emozioni il cane dà un’interpretazione immediata di quello che gli sta accadendo e si mette nelle migliori condizioni fisiologiche e comportamentali per affrontare le diverse circostanze che gli si presentano. Alcune emozioni, come la paura, aumentano il battito cardiaco, altre, come il disgusto, lo rallentano; certe emozioni, come la rabbia, rendono insofferenti a ogni interazione, altre, come la festosità, accrescono il desiderio d’interazione. Esistono avvenimenti o situazioni che suscitano in modo innato certe emozioni: per esempio è facile che un rumore improvviso o l’apertura di un ombrello suscitino una reazione di allerta o addirittura paura, sostare su una superficie mobile provochi nel cane disgusto, un evento inaspettato produca

sorpresa, così come un invito al gioco induca gioia e festosità. Sotto tale aspetto esistono emozioni positive che danno piacere e aumentano l’apertura del soggetto verso il mondo ed emozioni negative che diminuiscono il piacere e chiudono la sua interazione: in tal senso parliamo di “valenza emozionale”. Con il concetto di valenza emozionale ci riferiamo esclusivamente al tipo di risposta - vale a dire, se di apertura o di chiusura verso l’evento - che il cane mostra in quella particolare occasione, non sosteniamo un giudizio di merito. In altre parole, non stiamo affermando che le emozioni negative siano in qualche modo scorrette o danneggino il cane: anche la paura è fondamentale per la sopravvivenza e guai a liberarsi totalmente da essa. 1


Il carattere emozionale del cane, tra innato e appreso

Ogni cane manifesta una propria individualità rispetto al tipo di sensibilità emozionale che manifesta di fronte agli eventi che lo circondano, parliamo pertanto di un carattere emozionale facilmente riconoscibile. Se è vero che la risposta emozionale è legata molto spesso alla specificità dell’accadimento, è tuttavia altrettanto evidente che esiste anche una variabilità individuale in termini di sensibilità emozionale. Alcuni cani si presentano, infatti, più sensibili rispetto a ciò che li circonda, con una soglia inferiore di suscettibilità agli stimoli e una reazione molto più impulsiva o enfatica, per cui manifestano una tendenza all’emotività. Inoltre possiamo notare che vi sono cani che presentano una diversa evocabilità emozionale, per cui possiamo avere soggetti ombrosi, timidi, esuberanti, diffidenti, paurosi, festosi, coraggiosi, irritabili e via dicendo. La risposta emozionale di un cane non dipende perciò esclusivamente da quello che gli accade in 2

un certo momento, ma da variabili che riguardano prima di tutto il suo carattere. Il carattere emozionale di un cane contribuisce a definire ciò che chiamiamo “personalità” ovvero un insieme di tendenze che fanno parte del profilo del soggetto e trascendono la situazione particolare o gli accadimenti, perché definiscono il “modo di prendere” le occorrenze da parte di quell’individuo. Il carattere emozionale è in parte innato, ossia dipende anche dalle caratteristiche ereditarie, per cui è già possibile individuare razze più ombrose, più timide, più festose o più diffidenti e tale considerazione dovrebbe essere un’indicazione utile quando si sceglie un particolare cane, anche in relazione al tipo di vita che andremo a destinargli.


Il carattere emozionale risente anche delle prime esperienze di vita del cane, in particolare dei processi di relazione sociale e di quelli d’interazione con l’ambiente, che possono incentivare o mitigare una propensione emozionale innata. È indubbio che esistano delle predisposizioni ereditarie rispetto al carattere emozionale del cucciolo ed è altrettanto plausibile ammettere che anche durante la gravidanza intervengano fattori a produrre delle influenze responsabili di come si presenta emotivamente il cucciolo al mondo. Non dobbiamo tuttavia dimenticare la centralità delle esperienze, soprattutto nei primi sei mesi di vita del cucciolo. In questo periodo, infatti, si realizzano due processi importanti, la socializzazione e l’attaccamento, che rappresentano, a tutti gli effetti, le “fondamenta formative” dell’età evolutiva, quelle che andranno

a sviluppare l’identità del cane, che coinvolge parecchi aspetti, tra cui le predisposizioni emozionali. Diciamo, allora, che il carattere emozionale del cane in parte si struttura nei primi mesi dopo il parto, risentendo in particolar modo delle esposizioni e delle esperienze del cucciolo, per cui occorre fare molta attenzione per evitare che esperienze scorrette possano interferire con uno sviluppo equilibrato del carattere emozionale. D’altro canto, va rilevato che il carattere emozionale tende a permanere per tutta la vita del soggetto e può solo essere mitigato o leggermente corretto, ma di certo non stravolto. Questo non significa che non si possano trovare delle compensazioni accettabili, ma è preferibile prevenire. È, perciò, molto importante anche agire sotto il profilo educativo per evitare che il soggetto sia indotto a sviluppare disequilibri emozionali.

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Il processo di attaccamento nella predisposizione emozionale

Il cucciolo ha bisogno, nei primi mesi di vita, di sentirsi rassicurato da una presenza tutorale, definita come “base sicura” che ha la funzione di aiutarlo nell’esplorazione del mondo, affinché piano piano il cane raggiunga una sua autonomia. In genere un cucciolo viene adottato intorno al terzo mese di vita, mentre il processo di attaccamento dura circa quattro mesi, per cui nei primi due mesi di vita il ruolo di base sicura verrà ricoperto la madre, mentre negli ulteriori due mesi sarà il proprietario che dovrà svolgere questo compito. La base sicura è fondamentale per tanti aspetti, ma di certo uno dei tratti di maggiore influenza riguarda proprio il carattere emozionale. Poter godere di una figura tutorale, capace di rassicurare e parimenti di promuovere le esperienze, significa molto per il cucciolo. Innanzitutto la presenza costante e accogliente della base sicura favorisce lo sviluppo di un profilo sicuro ed equilibrato, con un baricentro stabile e 4

con un buon livello di autonomia, mentre se questi apporti vengono a mancare avremo un soggetto tendenzialmente insicuro, con una propensione alla morbosità relazionale e una predisposizione all’ansia. Inoltre la presenza della base sicura, in questo caso se associata a un ambiente arricchito, favorirà le esperienze del soggetto in un contesto vissuto come familiare e rassicurante, andando ad aumentare le dotazioni di conoscenza, estremamente utili per mitigare il rischio emotivo. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che la presenza della base sicura espande intorno a sé una sorta di osmosi emozionale rassicurante, per cui il cucciolo tende a vivere le esperienze che fa in modo positivo.


Nei primi due mesi di vita il cucciolo ha bisogno della presenza costante della madre per svariati motivi, soprattutto per quanto concerne il processo di socializzazione. Si tratta, tuttavia, di una relazione che non riguarda solo l’acquisizione di conoscenze attraverso l’interazione diretta e la trasmissione, ma anche la costruzione di un equilibrio emozionale che si esprimerà nel rapporto tra il cucciolo e il mondo e nelle relazioni sociali. Un buon processo di attaccamento dà al cane un profilo emozionale stabile, sicuro, ben bilanciato tra le diverse disposizioni e soprattutto al riparo da espressioni emotive o ansiose. I disturbi dell’attaccamento primario, quello cioè riferito alla madre, si ripercuotono sempre sul carattere emozionale del cane. D’altro canto, una volta adottato, sarà il proprietario a dover completare questo processo fino alla fase di distac-

co, comportandosi da buona base sicura. Sarà fondamentale, allora, il modo in cui si disporrà nei confronti del cucciolo, evitando: 1) rapporti morbosi che vanno a contrastare lo sviluppo dell’autonomia emozionale; 2) atteggiamenti contraddittori sotto il profilo affettivo, che daranno vita a profili ambivalenti; 3) mancanza di pazienza e comportamenti violenti nei confronti del cucciolo, che provocheranno regressioni emozionali; 4) incostanza di presenza o la pretesa che subito il cucciolo dorma da solo, che svilupperanno in lui insicurezza e morbosità relazionale. In questo caso parliamo di disturbi dell’attaccamento secondario, ossia riferito all’adottante. Avere un cucciolo è sicuramente un’esperienza ricca e appagante, ma comporta per converso una grande responsabilità in termini di corretto accudimento ed educazione.

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Socializzazione primaria e carattere emozionale

I rapporti di cucciolata rappresentano un altro importante step nella costruzione del carattere emozionale del soggetto, per questo è fondamentale che i primi due mesi il cucciolo resti con la madre e con gli eventuali fratelli. La madre rappresenta indubbiamente un’importante fonte educativa per il cucciolo, una presenza insostituibile per diversi motivi, ne ricorderò due: 1) la proprietà, sotto il profilo comunicativo, affettivo e interattivo che la madre presenta nella relazione con il cucciolo, esattamente come una chiave per la serratura corrispondente; 2) la costanza di questa presenza, poiché la madre è interamente dedicata a questo compito, è sempre presente e immersa nel ruolo educativo. La socializzazione materna dà al cucciolo molte risorse che in modo diretto o indiretto influenzano il suo carattere emozionale. Innanzitutto la madre fornisce al cucciolo una sorta di “modello sociale di base”, comprendente: i) la gestione della frustrazione; ii) l’acquisizione di regole 6

sociali; iii) la capacità di sottomissione; iv) l’esperienza del rimbrotto e quindi la capacità di accettare delle chiusure; v) l’accettazione delle gerarchie; vi) la capacità e la disponibilità comunicativa. Un cucciolo, che non riceva tali insegnamenti, non solo non sarà in grado d’inserirsi correttamente nelle dinamiche sociali, ma affronterà gli scacchi e le inevitabili frustrazioni con emozioni totalmente sbilanciate sulle emozioni negative, facendo fatica ad accettare la mediazione e a raggiungere la rassegnazione, vale a dire con alterazione dell’omeostasi emozionale. Si tratta di uno stile emozionale applicabile alle relazioni sociali che, se condotto adeguatamente, aiuta il cucciolo, altrimenti può rivelarsi fonte di difficoltà sociale.


Inoltre la mamma aiuta il cucciolo nel processo di adeguamento della condizione di arousal, attraverso un’azione di ricalco e guida, evitando pertanto un’emotività esuberante e disgiunta dalle effettive necessità di attivazione che le circostanze richiedono. Anche l’alterazione della condizione di arousal, soprattutto se associata a deficit di autocontrollo, provoca un disequilibrio emozionale. Sempre in riferimento all’azione educativa della madre non dobbiamo dimenticare, infine, l’azione di evidenziazione emozionale che ella costantemente induce nel cucciolo attraverso: 1) la focalizzazione, ossia mettendo in rilievo certi oggetti o certi accadimenti e quindi rendendoli emozionalmente rilevanti; 2) l’osmosi emozionale, vale a dire creando una sorta di concertazione emozionale nelle diverse situazioni; 3) operando una precisa marcatura emozionale rispetto agli eventi e ai comportamenti; 4) rassicurando il cucciolo quando si trova in difficoltà,

mitigando situazioni di insoddisfazione e timore. Possiamo dire che la madre trasmette al cucciolo un certo “tono emozionale” che si riferisce al modo di affrontare comunemente le situazioni, di posizionarsi rispetto alle differenti evenienze, di affrontare le novità e le condizioni incognite. La socializzazione primaria comprende anche i rapporti di cucciolata e in seguito il gruppo dei pari, momenti ludici che favoriscono lo sviluppo di un’emozionalità aperta nel cucciolo, potremmo quasi dire – forse antropomorfizzando un poco - di uno spirito ottimista nei confronti del mondo, visto come occasione di divertimento. Nei rapporti di cucciolata il cane apprende a conoscere i conspecifici, acquisisce regole d’interazione, educa la propria esuberanza, sviluppa autocontrolli, conosce meglio il proprio corpo. Quest’ultimo aspetto è fondamentale, perché conoscere il proprio corpo significa anche entrare in relazione più intima con il mondo.

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La socializzazione secondaria e il carattere emozionale

Il cane impara nei primi mesi di vita a entrare in confidenza con l’essere umano e solo se ha l’opportunità di fare queste esperienze in modo precoce, cioè entro i sei mesi, sarà poi in grado di vivere con agio la relazione intima. Capita sempre più spesso di vedere nei canili individui prelevati forzosamente dalla loro condizione di libertà semiferale che mostrano atteggiamenti di rifiuto nei confronti del rapporto stretto con l’essere umano. Lo dimostrano ovviamente in modo emozionale attraverso atteggiamenti di diffidenza, paura o irritazione. Ma non si tratta di problemi emozionali, in senso proprio, come purtroppo spesso si sente affermare: non siamo cioè in presenza di cani fobici o irritabili, bensì di soggetti elusivi, cioè che vivono male l’interazione diretta, stretta e intima con l’essere umano, perché non ne sono stati socializzati. La prima forma di socializzazione secondaria riguarda la familiarità alla mano dell’essere umano, vale a dire l’accettare di essere manipolati, accarezzati, presi in braccio, 8

spazzolati... tutte operazioni che siamo abituati a compiere nelle ordinarie prassi di gestione di un cane, vuoi anche solo per fargli indossare una pettorina o agganciare il guinzaglio al collare. Queste operazioni provocano in questi cani una condizione di fastidio insopportabile, cui alcuni soggetti rispondono con atteggiamenti di sottrazione, altri di conflittualità. La mancanza di familiarità con l’uomo determina quindi un carico emozionale che provoca di conseguenza una risposta che ai nostri occhi può apparire eccessiva, ma che è in linea con il deficit esperienziale del soggetto. Anche la passeggiata al guinzaglio o il trovarsi di colpo in un ambiente chiuso, quale può essere un box o un appartamento, può scatenare in questi cani risposte eclatanti sotto il profilo della reattività emotiva.


La socializzazione secondaria, infatti, crea quelle basi di familiarità che rendono il cane tranquillo nella relazione intima e nelle prassi di gestione. Dimentichiamo peraltro che la maggior parte delle cosiddette attività gestionali o di semplice relazione devono in qualche modo appoggiarsi sulla disponibilità e sulla capacità del cane di accettarle, altrimenti sollecitano una risposta emozionale di rifiuto. D’altro canto, anche il posizionamento sociale del cane all’interno del gruppo umano, vale a dire la sua tendenza ad assumere un ruolo e a integrarsi all’interno della sistemica, ha come pre-requisito il fatto che il cane abbia avuto una solida socializzazione secondaria. È fondamentale perciò assicurare al cane, nei primi mesi di vita, un’adeguata esperienza interattiva con l’essere umano, favorendo per quanto possibile l’allargamento a più tipologie umane, in particolare di genere (sia verso gli uomini sia

verso le donne) e di età (adulti e bambini), in modo tale da creare quel milieu di familiarità che non determina un eccesso di carico emozionale nell’interazione. Un modo per favorire l’intimità relazionale è quella di abituare il cucciolo attraverso la manipolazione precoce, la carezza, il rovesciamento delicato sul dorso come fa la madre, il prendere in braccio, il tenere vicino. Si viene a creare in tal modo un’intimità tattile e olfattiva che costituirà la base del sentirsi tranquillo accanto all’essere umano. Non bisogna spaventare il cane, avere delle manipolazioni che provocano dolore, tenerlo stretto, usare le mani per minacciare... insomma il cane deve sentire il nostro corpo come qualcosa di rassicurante. Occorre altresì evitare d’incentivare comportamenti di esuberanza emozionale, se non in attività ludiche specifiche, poiché possono anch’essi provocare modalità interattive troppo cariche emotivamente.

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Socializzazione ambientale e carattere emozionale

L’esperienza con il mondo ha una ricaduta precisa sullo stile emozionale del cane: possiamo dire che l’omeostasi emozionale si realizza nella misura in cui il soggetto ritrova nel mondo ciò che ha esperito durante l’età evolutiva. Parliamo di omeostasi emozionale per definire uno stato sicuramente dinamico, cioè caratterizzato dall’alternarsi di diverse emozioni, ma che tuttavia il soggetto è in grado di gestire e di riportare in breve in una condizione di compensazione. Il primo requisito per avere un sistema in grado di omeostatizzare le sollecitazioni emozionali è il poter contare su un solido “filtro emozionale”, che gli consenta di abbassare il carico di sollecitazione emotigena (cioè di stimolazione emozionale) da parte degli enti e degli eventi che lo circondano. Il filtro emozionale si viene a formare nei primi mesi di vita a patto che il soggetto sia sottoposto a un ambiente arricchito sotto il profilo stimolativo. In caso contrario parliamo di “privazione sensoriale” che fa sì che 10

il cane non strutturi questa sorta di callo nei confronti delle sollecitazioni del mondo, sviluppando in tal modo un profilo ipersensibile. Un cane ipersensibile viene caricato emotivamente da ogni più piccolo evento. Il filtro emozionale non è altro che la realizzazione di un insieme composito di processi di abituazione che trasformano certi stimoli in rumore di fondo, cui non si deve prestare attenzione di allerta. Così facendo egli si abitua agli accadimenti che si svolgono ordinariamente intorno a lui. L’ipersensibilità rende il soggetto: i) più esposto allo stress da sovraccarico; ii) più suscettibile a eventi di sensibilizzazione; iii) maggiormente esposto alla compensazione attraverso comportamenti di scarico.


La socializzazione ambientale è inoltre importante per tre fattori che hanno una notevole rilevanza sul carattere emozionale del cane: 1) la maturazione esperienziale del soggetto; 2) la marcatura emozionale degli enti e degli eventi; 3) la costruzione del piano prossimale d’esperienza. Partendo dal primo aspetto, diremo che il cucciolo ha bisogno di maturare il suo approccio al mondo esterno acquisendo competenza e passando da una sorta di fase orale generalista, ove il cucciolo prende in bocca ogni cosa e la distrugge, a una fase di utilizzo specifico dell’oggetto. Per fare questo deve far lavorare i sistemi sensoriali di afferenza, deve poter interagire con molteplici oggetti, deve poter fare attività... insomma deve crescere attraverso l’esperienza, altrimenti manterrà un profilo immaturo ed emotivo. Il secondo aspetto riguarda il fatto che è indispensabile che il cane marchi

con emozioni positive tutto ciò con cui dovrà avere un contatto frequente, altrimenti poi sarà difficile anche solo farlo avvicinare a quell’oggetto o a quella situazione. Per fare questo è necessario trasmettergli emozioni positive nell’interazione, non accelerare i tempi, non forzare, lavorare su mediatori gratificanti, come un riportello o un premio alimentare. È molto importante, in certi casi particolarmente coinvolgenti, prima fargli conoscere la situazione, senza dovercisi immergere, e poi in un secondo momento costruire il contatto diretto. Per esempio: prima andiamo a conoscere la stazione, poi in un altro momento saliremo sul treno. Come terzo punto è fondamentale che il soggetto si costruisca una dotazione esperienziale corposa - piano prossimale d’esperienza - perché in tal modo avrà dotazioni interpretative che andranno a mitigare l’impulsività emotiva.

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Ma cosa sono le emozioni?

Le emozioni sono disposizioni del sentire e quindi di rispondere a ciò che accade intorno a noi, vale a dire rappresentano una prima valutazione circa quello che ci si può attendere da un particolare accadimento. Quando diciamo che gli animali sono essere senzienti intendiamo far riferimento proprio a questa loro disposizione a essere coinvolti emotivamente da ciò che li circonda. Un cane è pertanto sempre in una condizione emozionale, anche se il volume dell’emozione (o delle emozioni) vigente in un particolare momento, è così basso da non provocare una risposta emozionale specifica ed evidenziabile. Le emozioni si riconoscono quando assumono una certa rilevanza, tale da suscitare nel soggetto un treno di risposte fisiologiche - valutabili pertanto attraverso strumenti di rilevazione come il cardiofrequenzimetro o la termocamera - e comportamentali, quindi osservabili in maniera diretta. Come abbiamo visto, le emozioni si 12

differenziano in positive o negative, cioè per valenza, se inducono piacere o fastidio nel soggetto emozionato. Le emozioni negative tendono a chiudere il soggetto nei confronti dell’accadimento emotigeno e a sollecitare atteggiamenti di allerta, di allontanamento o di conflitto, fino a sfociare in veri e propri attacchi di panico, di aggressione o di congelamento (freezing). Le emozioni positive, al contrario, provocano apertura, interesse, ricerca interattiva, esuberanza, rilassamento o predisposizione giocosa ed eccitatoria. In genere possiamo dire che le emozioni positive predispongono la vicinanza e il contatto, per questo è importante dare una marcatura positiva alle situazioni abituali con cui il cane deve convivere.


D’altro canto anche questa divisione dicotomica non tiene conto del fatto che esistono molti tipi di emozione, ciascuna caratterizzata da risposte fisiologiche e comportamentali differenti, presentandosi pertanto come entità distinte (discrete) alcune di facile interpretazione, per esempio la paura, altre, come la tristezza, che richiedono una maggiore conoscenza etologica del cane. Le emozioni, comunque, sono dotazioni adattative fondamentali per il cane e saperle riconoscere è centrale per diversi motivi: 1) capire le disposizioni del proprio cane in un particolare momento e in una certa situazione; 2) costruire il modo corretto per coinvolgere il cane in un’attività definita; 3) evitare di mettere il cane in una condizione di disagio; 4) favorire i processi di apprendimento o insegnargli qualcosa. In genere le emozioni vengono anche suddivise in primarie - come

la paura, il disgusto, la gioia, la rabbia, la tristezza - e in sociali - come la gelosia, il rancore, l’orgoglio, la tenerezza - quelle cioè che hanno bisogno di una dimensione sociale per presentarsi. Mentre le emozioni di base o primarie sono ampiamente riconosciute nel cane, per quanto concerne le emozioni sociali vi sono divergenze tra gli studiosi. A mio avviso, si tratta di un falso problema, riconducibile al fatto che diamo troppa importanza a questo tipo di emozioni, che in realtà rappresentano anch’esse dei bisogni primari, come il cercare di monopolizzare il referente affettivo e di provare una sgradevole sensazione di emarginazione in caso contrario: è il caso della gelosia. Inoltre talvolta possiamo assistere a situazioni dove due o più emozioni si mescolano, dando vita a una sorta di cocktail emozionale, più complesso da riconoscere.

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Significato adattativo delle emozioni

Le emozioni sono strutture adattative, hanno avuto cioè un significato di fitness, aumentando le possibilità di sopravvivenza e di riproduzione nei loro portatori. Ma nello stesso tempo hanno ancora un valore adattativo nell’individuo. Le emozioni, quali componenti innate, si sono sedimentate nella specie, perché consentono al soggetto una prima valutazione non concettuale della situazione rispetto all’orientamento e al tipo di risposta che richiede. Da questa prima analisi risaltano tre funzioni adattative prioritarie delle emozioni: 1) mettere il corpo nelle migliori condizioni per affrontare un ente nelle sue problematicità (rischi/opportunità) potendo avere a disposizione degli “stati reattivi” ben precisi e differenziati sotto il profilo della condizioni del corpo e dei comportamenti, attraverso pacchetti di risposte che, lungo la storia della specie, si sono rivelati utili ad affrontare delle situazioni tipo; 2) esprimere in modo chiaro e inequivocabile le proprie 14

disposizioni a un interlocutore sulla base di eventi fisiologici, per esempio la miosi/midriasi oppure l’emissione di particolari feromoni, e comportamentali, per esempio il mettersi in allerta piuttosto che il rilassarsi, facilitando la comunicazione all’interno di un gruppo, perché le risposte sono standardizzate e significanti, ovvero portatrici di un valore ben preciso e condiviso; 3) ricordare un accadimento attraverso il valore che questo ha avuto per il soggetto in modo tale da avere un primo livello interpretativo appreso di tipo orientativo ossia una “marcatura emozionale” per cui il ricordo non è mai un evento unicamente rappresentazionale (quali immagini sollecita) ma anche emozionale (quali emozioni ci suscita).


La marcatura rappresenta, a tutti gli effetti, la memoria emozionale dell’esperienza stabilendo un valore dell’accadimento per l’individuo. L’esperienza ci parla di un incontro improvviso o graduale con una novità, cui il cane deve rispondere o, meglio, prepararsi a farlo, ponendo cioè l’intero organismo nelle migliori condizioni per farlo in modo diretto e immediato, cioè ancor prima di individuare in modo riflessivo una risposta adeguata. La novità pone il cane in una condizione di “bisogno di una prima valutazione”: i) si tratta di un rischio, per cui si devono accrescere le distanze; ii) si tratta di un’opportunità, per cui vanno accorciate. Come possiamo immaginare, allora, la memoria emozionale dell’esperienza? Beh, per semplificazione potremmo pensare alle emozioni primarie come tanti colori che vanno a tingere l’esperienza e quindi a

caratterizzare l’accadimento con cui il soggetto è entrato in rapporto la prima volta. Questo significa che, ancor prima di capire tutti gli aspetti propriamente conoscitivi o rappresentazionali di quell’ente-evento - per esempio: come lo si affronta o a che cosa serve - il cane ne attribuirà un valore emozionale, vale a dire in che modo il soggetto si sente coinvolto da quel particolare ente-evento. La memoria emozionale può essere un grande alleato quando coerente con quello che si vuole impostare, perché rappresenta il responso immediato e preriflessivo alla situazione, come peraltro può risultare il più grande impedimento allorché si voglia insegnare qualcosa in contrasto con la valenza attribuita. L’esempio più esplicito è il tentativo di insegnare al cane come salire sull’automobile dopo che è stata marcata in modo negativo.

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Emozioni ed esperienze

Il carattere emozionale è pertanto il frutto delle caratteristiche ereditarie e dei processi di sviluppo e degli apprendimenti individuali del soggetto. Il carattere emozionale va sempre a influenzare le esperienze successive del cane. Il carattere emozionale può essere ben bilanciato tra tendenze di apertura o chiusura verso gli accadimenti, oppure marcatamente positivo (aperto) o negativo (chiuso). Le propensioni emozionali sono centrali nell’interazione tra l’individuo e tutto ciò che lo circonda e andranno a definire la “soglia esperienziale” perché: 1) se il soggetto ha un atteggiamento aperto, tenderà ad accogliere, altrimenti, se chiuso, sarà portato a rifiutare, ma nel primo caso accrescerà le sue conoscenze, nel secondo caso no; 2) se in lui prevale l’interesse, concentrerà l’attenzione sulle opportunità di utilizzo di quell’ente-evento, ossia come avvantaggiarsi attraverso di esso, altrimenti tenderà all’allerta e quindi a mettere in evidenza i rischi da evitare; 3) se il soggetto si porrà 16

in sintonia, vivrà una condizione di piacere e vorrà ripetere quell’esperienza, altrimenti la rifuggirà; 4) se il soggetto ha una disposizione d’incontro, accrescerà la sua confidenza e familiarità e questo influenzerà la memoria biografica riferita a quella particolare esperienza. Il profilo responsivo stabilisce perciò il gradiente esperienziale del cane e in particolare la sua capacità d’interfacciarsi, con propensione acquisitiva, alle novità. Tale aspetto del profilo emozionale è molto importante, perché ci permette di comprendere il carattere “confermativo” della risposta emozionale, ovvero la tendenza a confermare la disposizione di partenza, facilitando o contrastando l’immersione esperienziale e i processi di apprendimento del cane.


In genere, possiamo dire che: i) se il cane manifesta un profilo modicamente positivo o negativo ha una maggiore possibilità di attribuire un valore specifico agli accadimenti, sulla base del loro effettivo valore; ii) a differenza dei soggetti marcatamente sbilanciati sull’una o sull’altra valenza che, invece, tendono con più facilità al pregiudizio. L’esperienza comporta sempre un margine d’incertezza, soprattutto allorché non siano presenti marcatori dichiaratamente espliciti sotto il profilo emotigeno. È allora che il carattere emozionale tende a essere confermativo, per cui il soggetto chiuso tenderà a limitare la sua esperienza, soprattutto se questo suo profilo è marcatamente sbilanciato sulle emozioni negative. Quando parliamo di esperienza emozionale con un certo accadimento, ci si riferisce, in particolare, all’im-

patto immediato che l’ente-evento suscita nel cane: uno stimolare una certa risposta emozionale che va oltre il momento. La condizione emozionale vissuta va, infatti, a definire il viraggio dell’esperienza stessa ossia: i) il modo di prosecuzione dell’interfaccia e quindi dell’immersione nella situazione; ii) la memoria emozionale dell’esperienza e quindi dell’ente. Sono innumerevoli i fattori esperienziali che vengono coinvolti nell’intersezione emozionale, perché questa pone sotto una certa luce l’evento e di conseguenza influenza il modo di approcciarsi, anche cognitivamente, all’evento. Sappiamo, per esempio, che mentre la paura determina risposte immediate che limitano le capacità riflessive, un senso di sicurezza e di apertura aguzza, per così dire, l’ingegno e facilita la comprensione.

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Che cos’è l’umore?

Le emozioni rappresentano dei picchi ben caratterizzati - l’esplosione di gioia all’arrivo del proprietario o l’improvvisa paura di fronte a un rumore - che emergono nel corso della giornata, ma il cane è sempre in una condizione emozionale. Se il carattere emozionale rappresenta le propensioni di quel particolare individuo, per cui ci appare come tendenzialmente sensibile e timoroso piuttosto che sicuro ed esuberante, e se le emozioni sono stati di breve durata che producono risposte evidenziabili, non dobbiamo dimenticare che esiste un sottotono emozionale che è sempre presente nella vita del cane. Questa condizione chiamata “umore” non ha delle rilevanze in termini di risposte ma si manifesta in modo più sottile, potremmo dire in filigrana nel comportamento del cane. L’umore si rivela nella tendenza a privilegiare certe espressioni piuttosto che altre, per esempio nel manifestare un forte interesse curioso e giocoso verso il mondo piuttosto che restarsene chiusi in se stessi con scarsa 18

attenzione verso quello che lo circonda. L’umore non è solo una generica sensibilità emozionale bensì una propensione verso certe emozioni piuttosto che altre, per cui si suole suddividere il buonumore, caratterizzato da esuberanza e apertura verso l’esterno, da quello più chiuso, che contempla tristezza o irritazione. Possiamo dire, pertanto, che l’umore rende alcune emozioni più facilmente suscitabili di altre, per cui, quando si è di cattivo umore, qualunque piccolo inconveniente provoca una reazione di collera o una tendenza a distaccarsi da ciò che ci circonda. Nel cane queste predisposizioni umorali sono facilmente osservabili e ci indicano non solo come è disposto l’individuo in un certo momento, ma altresì quali attenzioni dobbiamo avere.


L’umore si differenzia dal carattere perché è passeggero, un cattivo umore come arriva se ne va, cioè non è mai permanente, a differenza del carattere che, viceversa, contraddistingue un individuo da un altro. Inoltre, l’umore è riferibile a una condizione verificatasi da poco o in essere, per esempio una fluttuazione ormonale o un disturbo fisiologico, a differenza del carattere che è riferibile a tratti ereditari e alle esperienze dell’età evolutiva. In genere la condizione umorale è sempre il frutto di un insieme di emozioni, una sorta di melange che presenta peraltro un certo tono di arousal. Possiamo distinguere: i) l’esuberanza, caratterizzata da una forte attivazione di arousal, propensione interattiva e di apertura verso il mondo, che ci dà l’impressione di grande vitalità; ii) la malinconia, dove il cane tende molto a chiudersi in se stesso, preferendo attività come

l’autogrooming e la dimensione raccolta o addirittura nascosta; iii) la giocosità, che prevede un’accesa interattività con il prossimo, la tendenza all’ingaggio attraverso il movimento o gli oggetti, la produzione di scatti improvvisi e il correre all’impazzata senza ragione; iv) il rilassamento, evidenziabile con un’apertura nei confronti del mondo ma senza movimento o esuberanza interattiva e con un basso livello di arousal; v) l’irritazione, quella che in gergo viene definita nervosismo, cioè il basso livello di tolleranza verso gli accadimenti e la facilità al fastidio. L’umore può risentire delle caratteristiche caratteriali o delle ultime vicende emozionali subite dal soggetto, ma in genere a influenzarlo maggiormente è lo stato del corpo. Per tale motivo è fondamentale comprendere l’importanza del fattore fisiologico nella definizione dello stato umorale.

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Somatopsichica e umore

Il corpo, attraverso la molteplicità dei suoi processi fisiologici, ha un’influenza fondamentale sulla condizione psicologica del soggetto, agendo principalmente sullo stato umorale ovvero sulle predisposizioni emozionali presenti in un certo momento. Siamo abituati a riconoscere che i brutti pensieri o lo stress ci predispongano alle malattie, non sempre, viceversa, consideriamo l’influenza dello stato del corpo sui nostri pensieri. Stiamo parlando di somatopsichica, vale a dire come la condizione del corpo influenzi alcuni parametri mentali, come per l’appunto l’umore. Indubbiamente i meccanismi dello stato espressivo sono tutt’altro che lineari e, tuttavia, vorrei presentirvi una catena di avvicendamenti che spesso caratterizzano il comportamento: 1) un’alterazione fisica, di qualunque natura - come: dolore, stress metabolico, indigestione, stanchezza, alterazione del bioritmo - provoca nel soggetto cattivo umore; 2) il cattivo umore predispone il cane a vivere con emozioni negati20

ve anche avvenimenti di scarsa rilevanza emotigena, scatenando in lui rabbia, paura o disgusto; 3) l’attivazione di emozioni negative suscita espressioni comportamentali di conflitto o di evitamento rispetto alla situazione particolare in cui si trova inserito; 4) il comportamento di conflitto-evitamento produce, a sua volta, una catena di eventi di compromissione emotiva che poi si tradurranno in ricordi. Le emozioni rappresentano pertanto dei “marcatori somatici”, in quanto danno luogo a una condizione mentale che riassume lo stato del corpo in un particolare momento. L’umore rappresenta pertanto la base di partenza dell’esperienza emozionale del cane e dipende dal buon funzionamento del corpo.


Innanzitutto dobbiamo prendere in considerazione l’alimentazione, perché questa influenza diversi aspetti: i) il piacere stesso legato al cibo e la soddisfazione riconducibile alla prassi corretta di assunzione; ii) il senso di sazietà e quindi di piena rispondenza del cibo nell’emissione di particolari neuromodulatori; iii) la capacità digestiva e quindi la mancanza di fastidi da cattiva digestione; iv) l’assenza di allergeni o di sostanze che producano effetti collaterali da intolleranze; v) il buon assorbimento e la peristalsi, con assenza di gonfiore, feci non composte o stitichezza; vi) il bilanciamento della dieta a seconda delle caratteristiche fisiologiche del soggetto, evitando eccessi o carenze. Sicuramente l’alimentazione sta al centro del benessere del soggetto e ha una ripercussione diretta sull’umore. D’altro canto vi sono

altri fattori che vanno considerati, come la giusta quantità di luce giornaliera, la fase ormonale, il rispetto del bioritmo, la possibilità di riposo, l’assenza di aree del corpo doloranti, l’assenza di patologie debilitanti. Quando si presenta un’alterazione dell’umore è centrale perciò anche valutare come sta il corpo. Ma c’è un aspetto che non sempre viene considerato: l’importanza della ginnastica funzionale. Il corpo del cane è predisposto dalla filogenesi per compiere ogni giorno lunghe passeggiate che consentono di mantenere il giusto tono muscolare e con lui il corretto assetto scheletrico e articolare. Il movimento d’altro canto ha un effetto diretto sul tono psichico del soggetto, innanzitutto perché determina l’emissione di endorfine e la corretta ossigenazione dei tessuti, evitando condizioni di acidosi e anaerobiosi.

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Sensibilità e bisogni espressivi

Quando analizziamo la sensibilità emozionale del soggetto, per esempio la sua emotività o la tendenza all’ansia, ci riferiamo sempre allo stato reattivo del cane, magari cercando di tranquillizzarlo, senza prendere in considerazione il deficit espressivo. Il cane è un animale che ha bisogno di fare molta attività per trovare una condizione di stabilità emotiva e, se questo non avviene, la carenza si traduce in un aumento della sensibilità. Muoversi per il cane è un’esigenza fondamentale che lo appaga e lo tranquillizza, per questo i cani che fanno attività in genere sono molto più equilibrati di quelli lasciati in totale inattività, per quanto accolti su divani o altre condizioni di comfort. L’attività stimola il sistema serotoninergico e, come abbiamo visto, libera endorfine: entrambi questi apporti tranquillizzano il cane. Inoltre i muscoli rappresentano la pompa del sistema linfatico, favorendo tutto l’apparato immunitario che, come sappiamo, è uno dei più importanti sistemi di neuromodulazione, 22

attraverso per esempio le citochine. La fatica fisica può sembrare l’esatto contrario del benessere, ma questo è un grosso errore perché l’inattività è la prima fonte di disagio nel cane. Poi è ovvio che, dopo aver fatto movimento, il cane desideri riposare e soffre se non gli è permesso. Tuttavia il riposo ha senso se prima c’è stato lo sforzo motorio. Ecco, allora, che è fondamentale comprendere che il benessere nasce da un’oscillazione tra un momento di sforzo e un momento di riposo adeguato alla fatica che si è fatta. La struttura fisica del cane è quella di un animale di resistenza, un vero e proprio maratoneta, per cui nella società attuale è più facile il disagio da inattività che quello da deficit di riposo.


Quando parliamo di deficit espressivi non ci riferiamo esclusivamente alla fatica, ma anche alla possibilità di esprimere le proprie motivazioni. L’errore che spesso si compie è pensare che il cane abbia semplicemente bisogno di ricevere coccole, protezione e bocconcini prelibati, in una visione totalmente scorretta delle sue esigenze. Quando penso al cane immediatamente immagino la sua voglia di: i) esplorare ogni più piccola traccia, ii) perlustrare il mondo, iii) collaborare con il suo partner umano, iv) rincorrere ogni cosa che si muove, v) fare giochi competitivi con i suoi simili, vi) difendere una risorsa o un territorio, vii) aiutare e proteggere chi si trova in difficoltà. Il cane è un meraviglioso universo di proattività, di vitalità che sgorga in modo naturale e incontenibile dal corpo e dalla psiche. Non sempre le persone capiscono che il fare, cioè l’azione, è il

vero nodo del desiderio del cane, che il cane, cioè, desidera agire e che gli oggetti - una treccia piuttosto che una pallina - non sono altro che le scuse per poter compiere quelle azioni che sono previste nel suo menù motivazionale. Come sappiamo, le motivazioni sono tendenze espressive, veri e propri bisogni di una mente che ha fame d’azione, che trova appagamento nell’essere operosa. L’inattività è il vero nemico del cane! Uno degli ambiti più colpiti dalle situazioni di disagio è pertanto rappresentato dalla negazione delle esigenze motivazionali del cane. La mancanza di assecondare i bisogni espressivi può dar vita a comportamenti compensatori, come il leccarsi ripetutamente una zampa, ma può altresì compromettere la sensibilità emozionale del cane. In questo caso la vera causa del problema emozionale sta nell’inattività.

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Quando la sensibilità emozionale è eccessiva

Diverse possono essere le cause che determinano un’eccessiva sensibilità emozionale, ma occorre sempre fare molta attenzione a questo problema che, a lungo andare, può dare origine a disturbi comportamentali. Indubbiamente una scarsa attività del cane ha una ricaduta immediata sulla sua sensibilità emozionale, perché produce inquietudine, altera in senso negativo l’umore, aumenta l’attenzione verso i più minuti accadimenti, determina noia e quindi tentativi di compensazione, manca di quei sistemi di sedazione (serotonina ed endorfine) che dipendono proprio dall’attività. Vorrei ricordare che se è vero che il cane come specie è un animale marcatamente proattivo e operoso, che quindi soffre nell’inattività, è altrettanto vero che le diverse tipologie di cane presentano precise doti caratteriali, ossia tendenze motivazionali ed emozionali molto spiccate. Quando si adotta un cane di una certa razza occorre non guardare solo all’aspetto fisico, alla 24

scelta cioè basata sul gusto riferito alla morfologia esteriore, perché ogni razza ha bisogno di fare precise attività, non necessariamente in modo lavorativo - si possono esaudire anche in senso ludico o sportivo - ma non è possibile disattenderle, perché ciò determina una carenza espressiva che ha inevitabili ripercussioni sulla sensibilità emozionale del soggetto. Il cane manifesta questo disagio attraverso vocalizzazioni, comportamenti distruttivi, regressioni orali, manifestazioni neurovegetative, alterazione dei comportamenti centripeti (come il grooming, l’autoesplorazione, il mangiare, il bere), chiusura, inquietudine, aumento della reattività, incremento della vigilanza, scarichi emotivi, comportamenti ripetuti e fuori contesti, fluttuazioni della condizione di arousal.


Indubbiamente l’aumento della sensibilità emozionale del soggetto ha molto a che fare con la scarsa attività o con l’alterazione dei ritmi biologici. Il cane non è un peluche, pertanto adottare un cane significa comprendere che il non esaudire le sue tendenze etologiche comporta sempre delle ricadute soprattutto sul piano emozionale. Detto questo, è evidente che un eccesso di sensibilità può riguardare le caratteristiche innate del soggetto o le sue prime esperienze avvenute in ambito evolutivo. Parliamo in quest’ultimo caso di “disturbi ontogenetici”, vale a dire problemi riferibili alla crescita del cucciolo; i più importanti sono: 1) la privazione sensoriale ossia un basso livello di stimolazione del cucciolo nei primi mesi di vita; 2) i disturbi dell’attaccamento, che portano allo sviluppo di profili insicuri; 3) un limitato processo esperienziale che determina emotività; 4) le

situazioni traumatiche che provocano diffuse sensibilizzazioni. È logico che una sensibilità caratteriale richieda interventi differenti rispetto al disagio da inattività, ma le conseguenze sono simili. Un eccesso di sensibilità emozionale può dar luogo ai seguenti problemi: i) una maggiore vulnerabilità verso gli accadimenti, con facilità agli eventi di sensibilizzazione piuttosto che a quelli di abituazione; ii) lo sviluppo di atteggiamenti emotivi, ossia d’incapacità di gestire le proprie emozioni, manifestando comportamenti impulsivi o eccessivi; iii) la tendenza a dar vita a condizioni ansiose, con anticipazione emotiva e generalizzazione rispetto a ciò che provoca un senso di precarietà; iv) la chiusura all’interno di una prevalenza emozionale, come la paura o l’irritazione, dando luogo cioè a una distimia; v) la prevalenza dell’attenzione d’allerta rispetto a tutto ciò che lo circonda.

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Il disagio emozionale

Una risposta emozionale eccessiva può essere legata anche al disagio emozionale, una condizione tutt’altro che infrequente e che può anch’essa dar origine a disturbi del comportamento. Il disagio va considerato come una condizione non momentanea, cioè protratta per un certo tempo - per cui non parliamo di piccoli eventi stressanti - ma comunque transitoria, cioè reversibile. Il disagio si caratterizza per una difficoltà specifica - per esempio un deficit espressivo di natura motivazionale che tuttavia produce una condizione di sofferenza o di difficoltà adattativa che coinvolge l’intero sistema comportamentale. Il disagio non solo va a minare l’omeostasi (ossia la capacità di equilibrio interno) ma, a lungo andare, può evolvere in problemi più gravi e strutturati. Mentre il disagio può essere recuperato togliendo il cane dalla situazione che glielo provoca, se lasciamo passare del tempo, esso provoca dei comportamenti che poi richiedono un’azione emendativa più complessa. In genere, il cane cerca di attenuare il disagio con 26

comportamenti compensativi che, purtroppo, sono alla base dei cosiddetti “vizi comportamentali”. Il disagio può essere attribuito all’ambiente di vita e alla relazione e può essere visto come una dissonanza tra le capacità adattative del soggetto e lo sforzo di adattamento che gli si richiede. Di solito l’evoluzione del disagio segue le seguenti fasi: i) il tentativo di sottrazione dalla condizione disagiante, attraverso inquietudini, vocalizzazioni, conflittualità; ii) la surrogazione ossia il tentativo di trovare una via alternativa di espressione per sottrarsi al disagio, per esempio la ridirezione o lo scarico; iii) il tentativo compensatorio attraverso la ricerca di fonti di autogratificazione o diversive, come l’autogrooming; la reiterazione dei comportamenti sostitutivi; iv) l’anticipazione della risposta emozionale prima dell’avvento del problema.


Le tre fonti più importanti del disagio emozionale sono: 1) l’iperstimolazione o fastidio, da eccesso stimolativo prolungato sul soggetto, ovviamente riferibile alle capacità di tolleranza specifiche del cane, con alterazione delle soglie reattive; 2) l’irritazione o disturbo, dalla prevalenza di stimoli spiacevoli, vessatori, coercitivi o inibitivi, con tendenza a emettere risposte aggressive o conflittuali o tentativi di sottrazione del soggetto; 3) l’insicurezza o senso di precarietà, determinata da situazioni che compromettono la capacità di gestione delle situazioni, di rinvenire risposte solutive, oppure da condizioni che compromettono l’autoefficacia o la stabilità del soggetto. Quando si verificano le situazioni suesposte è facile che il cane presenti certe espressioni che rivelano la sua condizioni di disa-

gio, come: i) l’emotività, o tendenza a rispondere in modo impulsivo a tutto ciò che gli accade; ii) l’aumento della sensibilità, con abbassamento della soglia reattiva; iii) l’allerta, con una maggiore propensione alla vigilanza; iv) la depressione o l’apatia, con una diminuzione delle risposte. L’evoluzione del disagio emozionale segue in genere delle fasi di progressione della problematicità: i) il tentativo di sottrazione dalla fonte del disagio; ii) l’espressione di risposte di reindirizzo o di scarico emotivo; iii) l’alterazione delle soglie di risposte; iv) l’anticipazione attraverso stati ansiogeni che tendono a peggiorare nel tempo. Mi preme di ricordare che le alterazioni del profilo emozionale sono quelle di maggior impatto sul comportamento del cane e parimenti sono quelle più difficili da recuperare.

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Il valore comunicativo e relazionale delle emozioni

Spesso ci dimentichiamo che le emozioni, scatenando treni di risposta fisiologica, come la sudorazione o il rilascio di feromoni, e comportamentale, attraverso gesti o posture, è uno dei più importanti veicoli di comunicazione. Occorre fare molta attenzione, perché il cane legge con grande attenzione e competenza le nostre emozioni. Le emozioni hanno anche un’importante funzione comunicativa, servono cioè nella loro espressione a portare fuori ciò che il soggetto sta vivendo. Abbiamo funzioni di confronto o collative che mettono gli interlocutori nella situazione di dichiarare reciprocamente il proprio stato. Attraverso l’espressione delle emozioni, il cane mostra agli interlocutori com’è predisposto ovvero quello che sta vivendo in un particolare momento, compreso le sue disposizioni verso gli interlocutori stessi. Esistono poi funzioni concertative ovvero espressioni di emozioni, come la paura o la festosità, che hanno la funzione di sintonizzare tutti i membri del gruppo 28

su un particolare stato. In genere le emozioni si trasmettono per contagio all’interno del gruppo, come una sorta di onda concertativa, soprattutto se espresse ad alta soglia ovvero se il comportamento a esse legato è declamato. Ma nel rapporto reciproco le emozioni si trasmettono anche a bassa soglia, per osmosi: per indurre nel nostro cane emozioni positive è importante che noi stessi ci poniamo in modo positivo. Una condizione ancora più rilevante è la focalizzazione emozionale, quando cioè in una relazione uno dei partecipanti direziona la propria attenzione emozionata verso un particolare avvenimento, creando così non solo un effetto osmotico, ma altresì una sorta di evidenziazione dell’accadimento che viene in tal modo enfatizzato.


Spesso la nostra espressione emozionale produce per osmosi in lui la stessa emozione, per cui sarà molto difficile familiarizzare un cane verso un ente, se noi per primi siamo preoccupati. In altre situazioni la nostra emozionalità può scatenare nel cane la reazione contraria, per effetto collativo, per cui uno stato di paura della persona può scatenare un’aggressione nel cane. L’espressione delle emozioni ha un’importanza fondamentale nella comunicazione di presentazione e d’incontro sociale perché testimoniano in modo fedele lo stato degli interlocutori. Comprendere il significato comunicativo delle emozioni ci aiuta a capire che spesso le persone non si accorgono d’influenzare negativamente l’approccio emozionale del cane di fronte agli accadimenti perché: 1) sono preoccupate, ma in tal modo trasmettono al cane questa condizione di precarietà; 2) focalizzano troppo su quello che, al contrario, vorrebbero passasse inosserva-

to; 3) hanno fretta e perciò non hanno pazienza, ma così facendo non tengono conto della gradualità che caratterizza l’esperienza emozionale; 4) sono ansiose o insicure nell’accompagnare il cane nell’esperienza, ma così facendo mettono ansia al cane; 5) sono morbose e quindi creano situazioni di osmosi emozionali troppo strette e asfittiche che accrescono la sensibilità del cane. La relazione è pertanto molto importante nell’equilibrio emozionale del cane e sovente i suoi problemi derivano proprio dalle persone che gli sono accanto. Un aspetto fondamentale è la fiducia che il cane ripone in noi, non solo perché non lo maltrattiamo, ma anche perché ci riveliamo come entità affidabili, coerenti, presenti e soprattutto in grado di prenderci in carico i problemi. In questo caso essere accreditati dal cane e svolgere il ruolo di guida o di leader è utile anche per migliorare lo stato emotivo del cane.

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Emozioni e apprendimento

Le emozioni sono importanti nei processi di apprendimento perché è come se andassero a sottolineare con l’evidenziatore le cose che ci capitano nel corso della giornata, un processo che poi consente di archiviare questi accadimenti nella memoria. Indubbiamente esiste un rapporto molto stretto tra il vissuto emozionale e la memoria. Le esperienze sono sempre più o meno cariche di emozioni e queste influenzano poi la ritenzione mnemonica, in altre parole i processi di apprendimento. Ciò dovrebbe farci comprendere l’importanza del coinvolgimento emozionale ogni qualvolta si desideri favorire un apprendimento o trasmettere qualcosa al proprio cane. D’altro canto le emozioni favoriscono l’apprendimento per vari motivi, oltre che per l’effetto di memorizzazioni, perché: i) accrescono l’interesse verso l’ente-evento, cioè portano in maggiore profondità l’esperienza stessa; ii) facilitano i processi di comprensione dei problemi; iii) accrescono la disponibilità del cane a provare nuove strategie o soluzioni innovative. 30

In genere possiamo dire che le emozioni positive aumentano l’interesse e gli apprendimenti basati sull’approccio al contesto da esperire, incrementando la proattività, mentre le emozioni negative insegnano al cane a fare attenzione a certi eventi problematici, a imparare ad agire con circospezione e a evitare certi comportamenti. Rispetto agli stimoli ordinari, quelli con cui il cane deve confrontarsi quotidianamente occorre cercare di evitare la sensibilizzazione, un evento che abbassa la soglia di sensibilità e accresce il volume della risposta nei confronti dello stimolo. Per far questo è necessario esporre il cane gradualmente agli stimoli senza forzare i tempi e cercando di giocare su una ripetizione a basso volume che produce, al contrario, l’abituazione.


Le esperienze sono molto importanti sotto il profilo emozionale, ovviamente se condotte correttamente, perché favoriscono lo sviluppo di conoscenze che, a loro volta, danno vita a dotazioni interpretative e operative che aiutano il cane a gestire le proprie emozioni. L’impulsività emotiva, infatti, è favorita da un deficit esperienziale, vale a dire da una mancanza di conoscenze. Anche il lavoro sugli autocontrolli, sull’autoefficacia e sull’adeguamento del livello di attivazione (arousal) sono interventi utili per abbassare l’emotività. Le emozioni favoriscono il ricordo e ciò aiuta il successivo orientamento del cane verso gli enti-eventi di cui ha fatto esperienza, ma può rivelarsi altresì in una sorta di boomerang quando s’instaura una condizione di anticipazione emotiva. Infatti, le emozioni attribuiscono agli enti-eventi esperiti un primo valore che, tuttavia, sarà fondamentale per la successiva attribuzione di signi-

ficati e in particolar modo sul proseguo dell’esperienza stessa. La condizione ansiosa è una sorta di regressione dell’esperienza emozionale perché, invece di far proseguire il soggetto sulla strada dell’esperienza, lo porta ad anticipare emozionalmente l’esperienza stessa. La condizione ansiosa ha quasi sempre un’origine relazionale e nasce da eccessi osmotici o di focalizzazione emozionale da parte del proprietario oppure dal mettere il cane in una condizione di forte incapacità di trovare una soluzione immediata a una situazione di marcata precarietà. Questo ci mostra l’importanza dell’equilibrio della relazione, dello sviluppo dei meccanismi di autoefficacia e della gradualità di ogni processo esperienziale. Le emozioni, infatti, possono essere il più grande alleato per il cane, ma anche il peggior nemico del suo equilibrio adattativo all’ambiente.

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ZYLKENE® Perché Zylkene®? Oltre ad essere un professionista che lavora nel mondo della salute animale, sei spesso anche un proprietario di un animale da compagnia o comunque conosci bene il significato di condividere la propria vita con quella di un cane o di un gatto. Una vita che tutti giorni presenta sfide importanti, a cui tutti noi e i e gli animali siamo continuamente sottoposti. Recentemente, una signora pensionata ci ha raccontato che la sua cagnolina di 10 anni da quando è arrivato il nuovo amico (un meticcio di nome Jumpy) ha iniziato a comportarsi in modo strano. Il suo intento era quello di far sì che la sua Nina avesse un po’ di compagnia nei momenti in cui si trovava a casa da sola. Ci ha detto che la cagnolina non aveva mai mostrato alcun segno di disagio, e che si era sempre ben comportata con le altre persone e gli animali. Ma con Jumpy le cose non andavano affatto bene: tensioni continue, abbaii eccessivi, qualche morso e pipì in giro per casa. Per questo la proprietaria di Nina voleva sapere qualcosa in più su Zylkene® di cui aveva sentito parlare al parco da parte di “colleghi” proprietari. In che modo Zylkene® ha preso forma? I ricercatori hanno voluto approfondire la causa del rilassamento dei neonati dopo la poppata. Questa curiosità li ha portati a scoprire che nel latte c’è una molecola, l’alfa-casozepina, responsabile di questo rilassamento. A questo punto un esperto francese di medicina del comportamento, Prof. Claude Béata, ha studiato la stessa molecola in medicina veterinaria pubblicando su riviste internazionali lavori scientifici che dimostrano l’efficacia e la sicurezza dell’alfa-casozepina su cane, gatto e cavallo. Il latte da cui viene ricavato l’ingrediente attivo di Zylkene® proviene da allevamenti francesi certificati con le buone pratiche di allevamento e le bovine sono alimentate con mangimi naturali. E in definitiva, cos’è Zylkene®? Zylkene® è un mangime complementare con l’ingrediente attivo di origine naturale, che aiuta gli animali ad affrontare le situazioni stressanti che vanno a modificare la loro routine, come i cambiamenti ambientali e le situazioni insolite. Quindi, nei casi di disagio provocato da viaggi, vacanze, fuochi d’artificio, rumori forti, traslochi, nuovi arrivi, Zylkene® contribuisce al benessere di cani e gatti in modo naturale. Sfrutta l’azione rilassante di una molecola derivata dalle proteine del latte e promuove così l’equilibrio comportamentale dei nostri animali. Zylkene® non è un farmaco, è ben tollerato e non contiene lattosio né conservanti; è disponibile per cani di tutte le taglie e gatti ed ora si presenta in 2 formulazioni. Oltre alle tradizionali capsule, da oggi c’è anche Zylkene® Chews, gustose tavolette masticabili altamente appetibili! Zylkene® Chews è ancora più facile da somministrare, ideale per i cani, può infatti essere fornito come un “premio” ovunque ci troviamo, in casa o all’aperto. Zylkene® Chews è disponibile nelle nuove confezioni salva-freschezza da 14 tavolette. III


Il valore della relazione Siua nasce nel 1997, fondata da Roberto Marchesini, suo attuale direttore, in qualità di Istituto di ricerca e applicazione della zooantropologia. La Scuola è di fatto l'esito di una ricerca sviluppata dal suo fondatore nel corso degli anni '80 sui caratteri della relazione tra l'uomo e gli altri animali e sui benefici che tale incontro produce. L'approccio relazionale si affianca a una concezione cognitiva nella spiegazione del comportamento, un approccio che modifica molti ambiti applicativi, quali per esempio la didattica in cinofilia. Nasce così la metodologia cognitivo-zooantropologica, un approccio fondato e sviluppato in Siua. A oggi la Scuola ha centri in tutto il territorio nazionale e all'estero, con una rete di operatori qualificati a sviluppare in tutti gli ambiti tale approccio. Siua si conferma come un polo di eccellenza nella ricerca, nella rete di servizi che mette a disposizione sui territori e soprattutto nella sua grande esperienza in ambito di formazione professionale. Siua realizza corsi di formazione per operatori e per professionisti che vogliono acquisire competenze come educatori e istruttori cinofili, come operatori di zooantropologia didattica e di pet therapy.

Siua, istituto di formazione zooantropologica Sede Nazionale: via Ca’ Bianca 7/A, 40015 Galliera (BO) Cell 340 2513890 - Tel 051 6661562 - Fax 051 0822156 e-mail: info@siua.it - www.siua.it

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