Il Buon pastore

Page 1

Agosto 2016

In

questo tempo di secolarizzazione, che trascina anche i più miti verso un nichilismo di esistenze prive di senso, terrorizzate da scontri sempre più cruenti, sempre più violenti, con la gente vittime protagonisti di bagni di sangue in ogni latitudine, esagerandone le motivazioni nel nome di un qualche “dio”, succede spesso che l’individuo si senta smarrito, in una scacchiera troppo grande su cui giocare e, spesso, incapace di giocare giochi decisi da altri. Certezze che sfuggono e aspettative che lasciano il posto a rassegnazione, iperrealismo, solitudine cosmica e introversione. Misantropi circospetti. In un tal scenario la chiesa, la nostra chiesa, dovrebbe essere l’antagonista principale ad una deriva esistenziale e fare diga al salasso di anime, riappropriandosi del ruolo di moralizzatrice delle coscienze, inducendo all’incontro, al confronto, alla comunione, alla condivisione d’intenti, a fare comunità e di essa un unicum, dove potersi sentire parte viva del proprio luogo, dei propri spazi, della propria gente, dove riacquistare fiducia per andare avanti. Un tempo, sotto questo punto di vista, propizio, che ogni parrocchia dovrebbe sfruttare con tutte le forze, facendo leva sull’onda di un papato apertamente populista, seppur spesso demagogico, che sbuca le aspettative del popolo e le esalta, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità di realizzazione pratica. Un tempo che coglie, invece, l’intero territorio pianigiano, religiosamente parlano, impreparato e conservatore al rinnovamento, se tale potrebbe essere questa spinta, occupato in attività di riassetto, “fisiologico” del

proprio clero, scontrandosi con realtà indicibili, per alcuni casi; sopportati, per altri e, forse ancor più grave, taciuti per altri ancora. Atteggiamento che allontana e rende ostile, addirittura, la gente alle proprie comunità parrocchiali, ponendo, spesso, i propri parroci in situazioni difficili. Certo, la cosa peggiore, evidentemente, che possa capitare ad un “gregge” è che il proprio pastore diventi la pecora nera della situazione. Egli diventa tale, in effetti, ogni qualvolta si attarda nell’attenzionare con voglie e desideri il mondo circostante, lasciando, distraendosi, le proprie pecore al pascolo abusivo del

giudizio e, spesso, abbandonarli al pregiudizio, della critica non costruttiva, delle invidie e delle gelosie, oltre al sentimento più severo dell’indifferenza verso l’altro. Lo diventa, pecora nera, quando si attarda o addirittura non si accorge che qualche “pecora” dovrebbe essere portata sulle spalle, perché sta indugiando, allontanandosi dal gregge. Lo diventa quando smarrisce l’insegnamento cristiano del “buon pastore” quando non è più “porta per le pecore”. Ecco, quando tutto ciò accade, si impone una riflessione, o almeno dovrebbe far pensare, che lo sviare del gregge è sempre legato a un forviare nella guida. Riflettere su

quanto potrebbe essere opportuno far finta che tutte le pecore sono bianche, che non si aggirano lupi famelici e che da tutelare siano solo i recinti, le mura, le facciate piuttosto che le pecore, gli agnelli, rende ancor più grave il pascolo abusivo, aiuta infatti a consegnare le pecore al lupo, consentire l’abigeato, farsi sottrarre chi si ha in assistenza. La rivoluzione del nostro clero, in atto, segue quella rumorosa e mediatica dell’inchino, con un movimento generale di parroci, quasi da fine campionato di calcio, tra le varie sedi della Diocesi. Una sorta di rimescolamento di panchine. Movimenti che saranno operativi all’inizio del “campionato prossimo” a settembre, che non poche proteste e manifestazioni di piazza hanno miseramente determinato. Ma il parroco “diventa l’amico, il medico, il fratello, o quel genitore che non c’è più, si diventa il parroco ed il curato, non nel singolo episodio, ma nel complesso, sempre, in ogni momento, si è tutto questo insieme. E’ la chiesa e garantisce la chiesa e fa chiesa di ogni famiglia. Il suo andare non dovrebbe essere causa di disappunto, di dispiacere, di contrasti, ma letizia nel diventare storia di una comunità, suscitare sentimenti di gratitudine, altrimenti ha lavorato per se stesso e non per il padrone delle pecore. Oggi più che mai la Piana ha bisogno di Pastori che sappiano essere “sacerdoti presi fra gli uomini e costituiti in favore degli uomini stessi nelle cose che si riferiscono a Dio, per offrire doni e sacrifici: che vivono in mezzo agli uomini e costituiti come fratelli in mezzo ai fratelli”. Salvatore Larocca


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.