INTERVIEWS
ESERCIZI DI PUREZZA Giulia Spernazza
- Gregorio Raspa
Gregorio Raspa/ Giulia, il tuo lavoro pone in evidenza uno stretto rapporto con il mondo naturale e i suoi riferimenti materiali e simbolici. Tale aspetto è accentuato, ad esempio, dall’inclusione nelle tue composizioni di caduchi elementi vegetali. Quali sono i fattori che maggiormente hanno indirizzato le tue ispirazioni?
arte, si traduce in una ricerca di estrema sintesi formale, armonia ed equilibrio. GR/ Le proprietà di controllo, riduzione e sintesi mimica della realtà, che caratterizzano tutta la tua produzione, trovano perfetta espressione nel ciclo Inside Plexiglas. Per mezzo di quest’ultimo arricchisci la tua consueta narrazione sulla natura con gli effetti di una straniante sospensione temporale. Mi parleresti, in maniera più approfondita, di questi lavori?
Giulia Spernazza/ Quando ero ancora divisa tra pittura e scultura il riferimento al mondo naturale si esprimeva con quadri di astrazione geometrica ispirati al mare, mentre per la scultura raccoglievo del legno eroso sulla spiaggia, nel luogo dove sono nata e tuttora vivo, da utilizzare come supporto o in dialogo con figure umane appena accennate. Negli ultimi anni ho unito questi due linguaggi che corrispondevano alla mia parte introspettiva (pittorica) e quella più istintuale (scultorea). In questo processo gli elementi naturali sono divenuti essenzialmente simboli del concetto di provvisorietà e fragilità.
GS/ La serie Inside Plexiglas parte dall’idea di creare microcosmi in cui collocare pochi elementi in dialogo tra loro. Le teche mi consentono di accentuare il concetto di intimità/ protezione rafforzato con una soluzione formale di leggerezza e sospensione. Spesso realizzo dei trittici, proprio per suggerire un processo di trasformazione, passaggi graduali di addensamento/ rarefazione. Penso all’Opera Natura Pura, la prima della serie, in cui è presente una progressiva riduzione degli strati fino ad arrivare all’inserimento di un singolo elemento naturale, simbolo di purezza.
GR/ Se letto nella continuità della sua evoluzione, il tuo lavoro si presenta come un costante processo di interrogazione sulla forma e la materia. Con il tempo, infatti, la tua ricerca ha raggiunto un livello di tensione concettuale sempre più alto inseguendo, in tutte le sue manifestazioni, qualità come l’equilibrio, il rigore e l’armonia. Quali sono gli aspetti, teorici e formativi, che hanno guidato un simile percorso?
GR/ A ben vedere, non solo il ciclo Inside Plexiglas, ma tutto il tuo lavoro ha uno stretto legame con il tempo. Esso, infatti, può suggerire una dimensione ritmica - penso all’opera Solitudini apparenti (2020), interrogare sulla successione degli eventi - penso all’installazione Casa del Vento (2018) - o testare la durevolezza dell’effimero - penso al ciclo Poesie Materiche (2018). Quanto conta tale aspetto nell’ambito della tua poetica?
GS/ Il mio lavoro ha sempre avuto una forte propensione all’essenzialità della forma e alla delicatezza del colore. In tal senso, la lezione di Morandi e Giacometti è stata fondamentale. Fondendo il linguaggio pittorico e quello scultoreo, con lo sguardo rivolto ai grandi maestri dell’Arte concettuale, ho iniziato ad utilizzare la carta e il tessuto per creare forme tridimensionali semitrasparenti e leggere tese a trascendere la forma attraverso la materia. Non posso non aggiungere che l’evoluzione del mio lavoro è intimamente legata al mio percorso interiore e spirituale che, in
GS/ Il mio lavoro appare soggetto allo scorrere del tempo a causa dell’impiego di elementi effimeri ma, al contempo, emana un senso di immobilità che sembra sospenderlo, oltrepassarlo. In alcune Opere, soprattutto quelle in tessuto, convive un misterioso contrasto tra la materia vissuta e logora, simbolo dell’impermanenza, e il senso di leggerezza e sospensione che ne deriva, la vera essenza al di là delle forme. 4