SNEAKERS magazine Issue 67 – Digital Light Edition

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Sneakers 21/67 bim

maggio / giugno 2015

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21 / 67 maggio / giugno 2015 sneakersmagazine.it

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supreme x white castle x vans SK8-HI, SLIP-ON & AUTHENTIC concept x asics TIGER GEL-LYTE III SNEAKERSNSTUFF x ADIDAS ZX FLUX, STAN SMITH & EQT RUNNING GUIDANCE ‘93 dqm x vans x blue note ERA LX & SK8-HI LX CARHARTT WIP x vans CHUKKA & SLIP-ON bodega x saucony ELITE G9 SHADOW 6 street machine x vans syndicate AV CLASSICS & AUTHENTICS mita sneakers x diadora n9000 sneakersnstuff x vans vault slip-on new balance x invincible mrl996 epitome x saucony shadow 5000 burn rubber x reebok ventilator sbtg x born & raised x new balance mrl996 afew x asics tiger GEL-LYTE III dgk x fila original FITNESS HIGHS & LOWS x asics gel-lyte v palace x adidas originals INDOOR PK & GAZ

c ontents 42 48 50 52 54 56 58 64 68 70 72 76 78

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QUATTRO PASSI NELL’EVOLUZIONE PUMA x ALIFE DISC BLAZE, R698 & BLAZE OF GLORY diadora n9000 MM karhu ALBATROSS NEW BALANCE 530 ASICS GEL LYTE III NS DALL’HIP-HOP AL POP sergio tacchini al rolex master di Montecarlo australian Women spring Summer special Collection NEW YORK YANKEES Footwear FIBONA 2 KAPPA US ONE & US MEDAL DRUNKNMUNKY NINE DOTS DC SHOES TRASE TX

Direttore responsabile Giuseppe Angelo Berto Coordinamento Editoriale Marco Colombo Redazione e testi Andrea Caviggia, Michele R. Serra, Lucia Milvia Maida, Gigi Maneo, Simone Tucci Fotografi Roberto Nangeroni, Sebastiano Pedaci, Giuseppe Repetto, Sergio V. Levi Grafica ArtK Traduzioni Sergio V. Levi Segreteria Daniela Furlan

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vinta g e & deadsto c k snea k ers

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NEW BALANCE 1300 CONVERSE DECK MILITARY NIKE FOOTSCAPE MIZUNO RCT RACER nike AIR SCREAM LWP adidas italia NIKE AIR PREVAIL NIKE AIR SUPPORT

è vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, di fotografie e disegni. I contributi fotografici e di testo sono ben accetti. Testi, illustrazioni, fotografie e disegni, se non espressamente richiesti, non verranno restituiti.

L’editore è a disposizione degli interessati quando nonostante le ricerche non sia stato possibile raggiungere il detentore del diritto di riproduzione di eventuale materiale fotografico.

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editoriale editorial

Copertina dedicata a New Balance, da sempre uno dei brand preferiti dalla redazione di Sneakers - e speriamo di non fare torto a nessuno, esercitando il nostro diritto alla sincerità - e al running di conseguenza. Le sneakers da corsa sono del resto quelle che, negli ultimi decenni, si sono infiltrate in modo più profondo nel look quotidiano dei ragazzi delle città europee: se oltreoceano le scarpe da basket insidiano pericolosamente il primato del running, dalle nostre parti (fatta salva l’eccezione rappresentata dalle Converse Chuck Taylor All Star) non c’è partita. Dunque non stupisce che il settore sia sempre al centro dei nostri pensieri: in questo numero, piatto forte costituito dalla già citata New Balance, presente con le splendide M530, ma anche con la ultra-limited edition custom made in Singapore delle MRL996 (pagina 30), con la collaborazione taiwan-inglese (scoprite perché a pagina 24) firmata Invincible, con le 1300 originali del lontano 1984 (all’interno della sezione vintage). Ma la corsa non finisce qui: da pagina 40, un lungo excursus sul running firmato Nike analizza i modelli usciti negli ultimi trent’anni da un punto di vista diverso dal solito, quelle delle tecnologie per la costruzione della tomaia. Poco più avanti ci spostiamo in Europa, raccontandovi la storia delle prime scarpe con ammortizzazione a cuscino d’aria. Qualcuno dirà che l’ha già sentita, e invece avrà una sorpresa: si parla di Karhu, storico brand finlandese di recente finito in (capaci) mani italiane, e al centro di una interessante operazione di rilancio condotta come piace a noi. Cioè zero hype, e tanta sostanza. Il nostro giro del mondo di corsa continua attraverso il Giappone, grazie ad Asics: a pagina 54 la casa fondata nel lontano 1949 a Kobe dimostra di essere ancora all’avanguardia della tecnica grazie alle Gel-Lyte III NS, ennesimo tentativo (riuscito, a nostro parere) di unire tradizione e innovazione. Ultima fermata - il traguardo, se vi va - in Italia, per celebrare due marchi nostrani che hanno deciso di rispolverare alcuni anni d’oro della loro vita: da una parte Diadora, che propone una nuova versione ultra-contemporanea delle storiche running N9000, protagoniste del rilancio del brand anche nel settore dei retro model, avvenuto nel corso delle ultime stagioni; dall’altra Kappa, che ripropone (e ci mostra in anteprima) i modelli indossati dagli atleti del team USA durante le olimpiadi di Los Angeles 1984. Un pezzo di storia, senza se né ma. E se dopo tanto correre vi viene voglia di fermarvi un attimo a riposare, a pensare, potete leggere il nostro breve resoconto del Torneo di Monte Carlo, un classico intramontabile del tennis europeo. Oppure le nostre riflessioni (se qualcuno le chiamerà pippe mentali, non gli daremo torto) sullo spostamento culturale di una delle icone del basket e dello streetwear americano tutto. Ma solo per un attimo, che poi si riparte.

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Cover dedicated to New Balance, one of the brands most cherished by the editorial staff of Sneakers (we don’t want to wrong anybody – just using the right to honesty) and consequently to the running sector at large. More than any other sector, the running sneakers have been filtering (for the last decades) into the common look of the guys from the great European cities. And if overseas the basketball shoes threaten the primacy of running, in the old continent (except for the Converse Chuck Taylor All Star) there is simply no game. It’s no surprise that the running sector should be always the focus of our thoughts. Thus the main course of this issue is the aforementioned brand New Balance: the brand is on stage with the marvelous M530; with a custom ultra-limited edition, made in Singapore, of the MRL996 (on p. 30); with a half Taiwanese half English collaboration (discover why on p. 24) signed by Invincible; and with the original 1300 dating back to 1984 (within the vintage section). But the race doesn’t stop here. At p. 40 you’ll find a long excursus on the Nike running sector that analyses the models released in the last thirty years from a rather unusual point of view, that of the evolution of technologies to build the upper. Subsequently we move to Europe, and tell you about the first shoes endowed with this or that air-cushion damping system. One might judge it an old tale, but then he’ll be surprised: we are talking about Karhu, a historic Finnish brand that was recently acquired by Italian hands and is the centre of an interesting re-launching initiative that we like a lot. That is, absolutely no hype, and much substance. Our running race around the world turns to Japan, thanks to Asics. At page 54 the company founded in 1949 in Kobe proves to be in the forefront of technology research thanks to the Gel-Lyte III NS, umpteenth attempt (in our opinion, successful) to combine tradition with innovation. Italy is the last stop (or finishing line, if you will) to celebrate two Italian brands that decided to brush up the golden years of their lives. On the one hand, Diadora proposes a new (and very modern) version of the historic running N9000, protagonist of the re-launching operation (also involving the retro-model sector) put in place over the last few years. On the other hand, Kappa rereleases (and shows us as a preview) the models worn by the athletes of the US team during the 1984 Los Angeles Olympics.

A piece of history (without any doubt). And if the race made you feel tired, and you want to pause a bit, you can read our sketchy account of the Monte Carlo Tournament, an everlasting classic of European tennis; or you can also read our reflections (if you want to call it mental jerks, we don’t worry) on the cultural shift of one of the icons of the American basketball and street-wear sector. But only for a moment, for it’s time to set out again.

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supreme x white castle x vans SK8-HI, SLIP-ON & AUTHENTIC

Per gli americani, si sa, l’hamburger è una cosa seria.

Ma qui non si parla dei gourmet-burger che hanno invaso le città degli Stati Uniti nel corso degli ultimi anni, bensì di un classico immarcescibile del cibo popolare, anzi popolarissimo: per anni infatti la catena White Castle - la seconda più antica del fast-food statunitense - ha venduto una versione mini dei suoi panini “Slider” al prezzo incredibile di dieci centesimi di dollaro (oggi sono esattamente sessantotto, colpa dell’inevitabile inflazione). Oggi quei micro-hamburger sono protagonisti di una collezione-capsula firmata Supreme e Vans, ennesima incursione del marchio newyorchese nel mondo del cibo all-american, dopo la birra Budweiser e la zuppa in scatola Campbell’s: ecco dunque Sk8-Hi, Slip-On e Authentic, adornate con i loghi della catena.

To an American the hamburger is always a serious affair. But here we don’t mean the gourmet-burgers that flooded the US cities over the last few years, but the everlasting classic of popular (or very popular) food.

The chain White Castle (the second oldest chain in the American fast-food sector) has been selling a mini version of their Slider sandwiches for the incredible price of ten cents (today it’s become 0.68, due the inflation).

Now those micro hamburgers are lead characters within a capsule-collection signed by Supreme and Vans, umpteenth incursion that the brand from New York made in the world of all-American food, after the beer Budweiser and the soup Campbell’s. So here you are the Sk8-Hi, the Slip-On e the Authentic, all adorned with the chain logos.

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concept x asics tiger GEL-LYTE III

Oggi i “Tea Party” sono gruppi ultra-conservatori della destra americana, ma un tempo quel nome fu sinonimo di rivoluzione: il Boston Tea Pary fu un atto di protesta da parte dei coloni della costa atlantica del Nord America contro il governo britannico, in relazione alle recenti leggi sulla tassazione commerciale, con la quale vennero distrutte molte ceste di tè nel porto di Boston. Si svolse martedì 16 dicembre 1773 e fu vista da molti come la scintilla che fece iniziare la Guerra di indipendenza americana. Si tratta senza dubbio di uno degli eventi più importanti nella storia della capitale del Massachusetts, e quindi non stupisce che dei bostoniani doc come i fondatori di Concepts, oggi una delle più importanti sneakers-boutique degli Stati Uniti, abbiano voluto rendere omaggio a quel giorno. Come?

Ovviamente con una limited edition collaborativa. Stranamente però non è stato scelto come partner un marchio americano, ma giapponese al 100% come Asics. I colori, in compenso, sono quintessenzialmente Usa: bianco, rosso e blu.

Today the Tea Parties are ultra-conservative groups of the American right wing, but that name was originally synonymous with revolution: the Boston Tea Party was a protest action of the settlers from the Nord American Atlantic coast against the British government, concerning the newly adopted laws on the trade taxation, that caused the destruction of many tea baskets in the Boston harbor. It happened on 16 December 1773 and was seen by many as the spark that triggered the Independence War in America. It’s by all means one of the most important events in the history of the Massachusetts capital and so it’s no surprise that some true Bostonians like the founders of Concepts (today one of the most important sneaker-boutiques in the US) wanted to pay homage to that glorious day. How? With a collaborative limited edition, of course. Quite strangely, though, they didn’t chose an American brand as a partner, but rather a purely Japanese brand like Asics. The colorings, on the other hand, are essentially made in US: white, red, blue.

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DIADORA.COM

N9000.IT Sneakersmagazine

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SNEAKERSNSTUFF x ADIDAS ZX FLUX, STAN SMITH & EQT RUNNING GUIDANCE ‘93

I birrifici artigianali stanno spuntando come funghi in tutto il mondo occidentale, negli ultimi dieci anni. Il nordeuropa non sembra fare eccezione, almeno secondo quanto ci raccontano gli amici svedesi di Sneakersnstuff: lo sneakers-shop più noto di Stoccolma ha infatti messo in piedi un progetto collaborativo con la Stockholm Brewing Company, fondata cinque anni fa da un gruppo di giovani imprenditori con la passione per il luppolo.

Risultato, ben tre modelli adidas ispirati alla produzione di una delle più antiche bevande alcoliche al mondo: un paio di ZX Flux e un paio di Stan Smith ispirate al rame delle caldaie in cui viene cotto il mosto, più un paio di EQT Running Guidance ‘93 - le nostre preferite del mazzo - con i colori del malto luppolato. Tutte uscite intorno alla fine di maggio, insieme a una speciale Indian Pale Ale prodotta per l’occasione dalla Stockholm Brewing Company.

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For the last decade numerous craft-made breweries have been sprouting like mushrooms across the western world. The North of Europe was no exception, at least according to the Swedish friends of Sneakersnstuff: the most famous sneaker shop in Stockholm put in place a collaborative project with the Stockholm Brewering Company, founded five years ago by a group of young entrepreneurs with a passion for hop. As a result, we have a cool three adidas models inspired by the production of one of the most ancient alcoholic beverages all over the world: a pair of ZX Flux and a pair of Stan Smith inspired by the copper of the boiler where the must gets cooked, and a pair of EQT Running Guidance ’93 (our favorite in the group) exhibiting the colors of the hopped malt. All came out by late May, together with a special Indian Pale Ale produced for the occasion by the Stockholm Brewing Company.

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dqm x vans x blue note ERA LX & SK8-HI LX

Fondata a New York nel 1939 da Alfred Lion, Francis Wolff e Max Margulis, la Blue Note Records ha pubblicato, nel corso degli ultimi 76 anni dischi di artisti jazz come Thelonious Monk, John Coltrane, Herbie Hancock... frammenti di storia del jazz, tutti troppo importanti per sceglierne uno solo. E allora, per rendere omaggio a quella casa discografica fondamentale per la musica nera americana tutta (in tempi più recenti, è stata la casa di Al Green e Norah Jones) Vans e i ragazzi di Dave’s Quality Meat hanno deciso di stampare chilometri di tessuto con impresse centinaia di copertine del catalogo Blue Note, per poi usarlo per costruire le tomaie di Era LX e Sk8-Hi LX: esatto, non c’è un paio uguale a un altro, e comunque ne sono state prodotte solo poche centinaia, da vendere esclusivamente attraverso lo store di Soho DQM General e sul sito dqmnewyork.com.

Founded in New York in 1939 by Alfred Lion, Francis Wolff and Max Margulis, the Blue Note Records published the discs of jazz artists such as Thelonious Monk, John Coltrane, Herbie Hancock – milestones in the history of jazz, that are too big to be reduced to one. So with a view to paying tribute to a record company that played such an important role for the history of black music (it recently published Al Green and Norah Jones) Vans and the guys from Dave’s Quality Meat decided to print kilometers of canvas featuring hundreds of covers from the catalogue Blue Note, in order to use it to make the uppers of the Era LX and the Sk8-Hi LX. Right, there are no two pairs identical to one another! But only a few hundred pairs were produced, to be sold uniquely through the Soho store DQM General and the website dqmnewyork.com.

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CARHARTT WIP x vans CHUKKA & SLIP-ON

Carhartt è da sempre sinonimo di workwear americano, e workwear americano è da sempre sinonimo di “Hickory Stripe”, l’alternanza di righe bianche e blu del tessuto con cui erano costruiti gli indumenti dei lavoratori che costruivano le grandi ferrovie che attraversavano il continente americano da est a ovest, fin dai primi del Novecento. Oggi quel materiale storico può essere usato anche fuori contesto, per costruire la tomaia di alcune Vans che difficilmente saranno utilizzate nei cantieri ferroviari. Ma non importa: queste Chukka e Slip-On sembrano perfette per l’estate in città, grazie all’alternanza di righe bianche e turchese su base bianca.

Carhartt is synonymous of American work-wear since the beginning, and the American work-wear was always synonymous of Hickory Stripe, the white and blue stripes of the canvas making up the clothes of the workers that built the great railways lines crossing the American continent from east to west since the early twentieth century. Today that historic materials can be used out of context, to build the upper of some Vans that will hardly be used in the railroad yard. It doesn’t matter – these Chukka and Slip-On seem perfectly suited for a summer in town, thanks to the alternation of white and turquoise lines on a white basis.

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WAGE Italia - info@wage.it

ninedots.it

In vendita nei migliori negozi Sneakersmagazine

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bodega x saucony ELITE G9 SHADOW 6

Non si esce vivi dagli anni Novanta. Il momento storico che ha formato i trentenni di oggi continua a tornare, inevitabilmente. Così non stupisce che Bodega, sneakers boutique di Boston, abbia deciso di guardare ancora una volta ai nineties per la sua ultima collaborazione con il brand americano Saucony, icona del running dell’ultimo mezzo secolo. In questo caso si tratta di pattern e colori quintessenzialmente Novanta, che tornano sulle tomaie di due versioni delle Elite G9 Shadow 6, per l’occasione sottotitolate proprio “Pattern Recognition”.

There is no getting out alive from the Nineties. The historic moment that shaped today’s young generation continues to come back, incessantly. So it’s no wonder that Bodega, a sneaker boutique based in Boston, decided to look back at that decade for their latest collaboration with the American brand Saucony, an icon of running of the last half century. In this case the collabo is about patterns and colors essentially Nineties that get back on the upper of these two versions of the Elite G9 Shadow 6 that were nicknamed Pattern Recognition for the occasion.

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INTERNATIONAL LICENSEE: BR.EX SA Via Lavizzari 6 – 6830 Chiasso – Switzerland – Tel. +41 (0)91 6975090 - mail: info@brex-sa.com EXCLUSIVE DISTRIBUTOR FOR ITALY: TERRAFERMA SRL - mail: info@terraferma.biz Sneakersmagazine 17

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street machine x vans syndicate AV CLASSIC S & AUTHENTIC S

Vans non può certo dimenticare le sue radici saldamente ancorate alla cultura skate, e quindi propone al pubblico una nuova collaborazione che parte proprio da quel mondo. Niente California, però: lo sguardo si volge verso l’Europa, e precisamente verso la Danimarca. Proprio nel centro della capitale danese è approdato il negozio Street Machine, fondato da skater per gli skater e già presente a Parigi e San Diego negli anni passati. Il team di Street Machine ha chiamato questo pack composto da due modelli storici del catalogo Vans semplicemente “Copenhagen Session”: da una parte ecco le AV Classics di Anthony Van Egelen in suede traforato totale, dall’altra le Authentic costruite con una leggerissima tomaia in mesh a maglie larghe, perfetta per l’estate.

Vans can’t definitely forget their roots firmly anchored into the skate culture, and therefore is proposing a new collaboration inspired by that world to the public. It’s not about California, however. The approach aims at Europe and in particular at Denmark. The shop Street Machine opened up in downtown Copenhagen. It was founded by skaters on behalf of skaters, and already present in Paris and San Diego in the past. The team from Street Machine called this pack comprised of two historic models of the Vans catalogue Copenhagen Session: on the one hand, the AV Classics by Anthony Van Egelen in total, perforated suede; on the other hand, the Authentic made of a lightweight upper in wide-open mesh, perfectly suited for the coming summer.

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mita sneakers x diadora n9000

I giapponesi non fanno l’aperitivo: alle sette sono già a tavola per cena, e a bere ci pensano dopo, al massimo. Eppure è proprio uno degli sneakers shop più noti di Tokyo, Mita, storica boutique aperta a Tokyo ormai quarant’anni fa e specializzatasi in scarpe sportive nel corso dei Novanta, il protagonista di questa limited edition dedicata da Diadora a questa classica abitudine italiana.

Al centro della collaborazione, le N9000, vestite di tinte rosse e arancione: non sappiamo bene se il riferimento sia ai colori del tramonto - il momento della giornata dedicato appunto all’aperitivo - oppure direttamente al Campari e all’Aperol che si usano per lo spritz... In ogni caso, colorazione splendida, e qualità costruttiva Made in Italy.

The Japanese people don’t use to go out for the aperitif. At 7 pm they are ready for dinner, the time to drink is later. In spite of that, the main character of this limited edition that Diadora dedicated to that classic Italian tradition is one of the most famous sneaker shops from Tokyo, Mita – a historic boutique that opened up in Tokyo some forty years ago and specializes in sport shoes since the Nineties. The focus of the collaboration is the N9000, dressed in red and orange. We don’t know whether the choice was inspired by the sunset (the moment of the day dedicated to the aperitif) or more directly to the Campari and Aperol that are used to make a spritz. At any rate, a beautiful coloring, and a made in Italy constructive quality.

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sneakersnstuff x vans vault slip-on

La boutique svedese Sneakersnstuff continua a sfornare progetti collaborativi, tutti quanti ispirati alla capitale del paese nordeuropeo. Sergels Torg è infatti una delle piazze più importanti di Stoccolma, che ospita il teatro cittadino, la banca centrale svedese e quasi tutte le manifestazioni che si svolgono in città. Ma soprattutto - almeno secondo il team creativo di Sneakersnstuff - Sergels Torg, con la sua estesa area pedonale situata a un livello più basso rispetto al manto stradale, rappresenta la culla della cultura skate svedese: lì negli Ottanta gli skater muovevano i primi kickflip, cadendo spesso rovinosamente su quel pavimento a triangoli. La stessa fantasia la ritroviamo sulla tomaia di queste Slip-On: una bella alternativa alla classica stampa check indossata da Sean Penn in Fuori di testa...

The Swedish boutique Sneakersnstuff continues to churn out collaborative projects, all inspired by the capital of the North European fish. Indeed Sergels Torg is one of the most important squares in Stockholm, hosting the city theatre, the Swedish central bank and almost all events that take place in town. Even more importantly (at least according to the creative team from Sneakersnstuff), Sergels Torg, with its extended pedestrian area below the level of the street, represents the cradle of Swedish skate culture: during the Eighties the skaters made their early kickflip over there, falling on the triangle-patterned pavement. The very same pattern we find on the upper of this Slip-On: a beautiful alternative to the classic check print worn by Sean Penn in Fast Times at Ridgemont High.

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Major League Baseball trademarks and copyrights are used with permission of Major League Baseball Properties, Inc.

Distribuito da California Sports tel 0119277943 www.californiasport.info

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new balance x invincible mrl996

Invincible ha sede a Taiwan, ma per questa limited edition in collaborazione con New Balance la sneakers boutique si è ispirata all’abbigliamento formale di origine inglese. Così, oltre alle tipiche caratteristiche tecniche delle 996 con suola REVlite (tomaia in premium pigskin suede e loghi in 3M Scotchlite riflettente, tanto per citarne due), ecco apparire sulla soletta interna stampe che richiamano le corse di cavalli, e sul toecap la traforatura tipica delle Derby shoe indossate dai gentiluomini durante questi eventi. Peccato che il mix non funzioni molto bene: molto meglio le 996 classiche...

Invincible is based in Taiwan but for this limited edition made with New Balance the sneaker boutique drew its inspiration from the British formal dress. Thus beside the typical technical characters of the 996 featuring REVlite sole (the upper in premium pigskin suede and logos in 3M reflecting Scotchlite, to mention just a pair of them) we can see prints representing horse-races appearing on the insole, and the punched pattern that typically marks the Derby shoes used by gentlemen for these happenings. Unfortunately the mix isn’t quite convincing; the classic 996 is much better.

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THE KENDRICK

Distribuito da Socrep S.R.L. www.socrep.it Sneakersmagazine

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epitome x saucony shadow 5000

Atlanta, tra le metropoli più popolate del sud degli Stati Uniti, probabilmente è più nota per i rapper che per i suoi monumenti: tra i pochi davvero degni di questo nome della città c’è il cosiddetto “Big Fish”, l’enorme scultura che troneggia di fronte allo storico mercato del pesce della città, nel ricco quartiere di Buckhead. Proprio dall’altra parte della strada rispetto al Big Fish si aprono le vetrine di Epitome, uno degli sneakers shop più noti della Georgia. Non stupisce dunque che il team di Epitome abbia preso spunto proprio da quel landmark per costruire il suo primo progetto collaborativo con Saucony. Dunque, ecco apparire scaglie di pesce sulla tomaia verde acqua di queste Shadow 5000.

Atlanta, one of the most populated metropolises in the South of the United States is probably more famous for its rappers than its monuments: among the few the deserves the name in town is the so-called Big Fish, the huge, dominating sculpture in front of the historic fish city market, in the affluent neighborhood of Buckhead. Just opposite to the Big Fish are the windows of Epitome, one of the best known sneaker shops in Georgia. No wonder than if the team from Epitome took inspiration from that landmark to devise their collaborative project with Saucony. And this is also why we see the fish scales appearing on the blue-green upper of this Shadow 5000.

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burn rubber x reebok ventilator

I ragazzi della boutique Burn Rubber di Detroit sono proprio dei nostalgici, e per l’ultima collaborazione con Reebok - un paio di Ventilator, non a caso nell’anno che segna il venticinquesimo compleanno del modello - si sono ispirati ad un luogo simbolo della loro infanzia. Fino ai primi anni Novanta, anche la città del Michigan aveva il suo Luna Park: Boblo Island, un’isola a pochi passi dalla foce del fiume Detroit. I trentenni ancora ricordano i viaggi sul battello che portava dalla città verso il porto, l’attesa, l’eccitazione: queste Ventilator portano i colori del parco e di quelle navi, e probabilmente nella Motor City andranno esaurite in pochi minuti.

The guys from the Burn Rubber boutique in Detroit are quite nostalgic and for their latest collaboration with Reebok (a pair of Ventilator, not a coincidence in the year that marks the model’s 25th anniversary) they drew their inspiration from a place symbolizing their childhood. Until the early Nineties, the city of Michigan also had its funfair: Boblo Island, an island located at walking distance from the Detroit river. Those in their thirties will recall the trips on the ferryboat that led you to the harbor from the city, the wait, and then the excitement. This Ventilator shows the colors of the park and those boats, and will likely be a sold-out in the Motor City.

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distribuito da U.B.C Via Piazzon 80 36051 Creazzo (VI)

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sbtg x born & raised x new balance mrl996

Noto sneaker-customizer con base a Singapore, SBTG può davvero dire di avercela fatta: la prova è che i grandi brand lo chiamano per progetti collaborativi e limited edition speciali. Questa volta (e non è la prima: ricordate le MT580 realizzate insieme a Mita sneakers alla fine del 2013?) si tratta di New Balance, che ha coinvolto anche il più importante store della città-stato asiaica, Born & Raised, nella produzione di due paia di MRL996 - le 996 con suola REVlite - ispirate allo stile militare. Niente di nuovo, vero, ma questa volta il custom è stato tirato in sole 20 paia totali dallo studio di SBTG: 15 a base bianca, 5 a base verde. Rischiano di diventare davvero un santo Graal per i collezionisti.

A well-known sneaker-customizer based in Singapore, SBTG can really claim to have hit the mark. The evidence is that the great brands call them for their collabos and special limited editions. This time (and it’s not the first, as we recall the MT580 realized with Mita sneakers in the late 2013) the brand is New Balance, and involved the most important store in the Asian city-state (Born & Raised) in the production of two pairs of MRL996 (the 996 with REVlite sole) inspired by the army. Admittedly nothing new, but this time the custom was realized in just 20 pairs by the SBTG studio: 15 on white basis, 5 on green. They have their papers in order to become the collector’s new Grail.

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DISTRIBUITO DA SPORTUP S.R.L. - WWW.SPORTUP.IT - TEL. 049 5599144

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afew x asics tiger GEL-LYTE III

Asics Tiger e lo sneakers shop di Colonia Afew hanno messo in piedi un progetto davvero speciale per celebrare il Japan Day e il venticinquesimo anniversario del lancio delle Asics Gel-Lyte III, forse il modello più noto della casa giapponese. I colori di base sono quelli della bandiera nipponica, rosso e bianco, i materiali un mix davvero interessante: dagli inserti in pelle scamosciata sulla tomaia che garantiscono resistenza, alla pelle traforata sul puntale e sul pannello mediale, alle “stripe” in denim, fino agli occhielli passalacci in legno. Molti i particolari custom: la parte di suola trasparente che presenta la scritta Afew su una scarpa e il logo dello store sull’altra, e il nome di Mr. Mitsui, il designer responsabile del primo progetto delle Gel-Lyte III, dietro il tallone destro. Per dare vita a un’asta di beneficenza ne è stata prodotta anche una versione con il toebox nero, un solo paio taglia 9US, venduta attraverso il sito di aste online tedesco Klekt.

Asics Tiger and the sneaker shop based in Colonia, Afew put in place a very special project to celebrate the Japan Day and the 25th anniversary of the launching of the Asics Gel-Lyte III – perhaps the best known model ever produced by the Japanese company. The basal colors were borrowed from the Japanese flag, red and white, and the materials include a very interesting mix: from the panels in chamois leather over the upper to grant resistance to the perforated leather on the tip and medial panel; from the stripes in denim to the wooden eyelets. A number of custom details: the transparent part of the sole that exhibits the Afew inscription on the one shoe and the logo of store on the other, and the name of Mr. Mitsui (the designer in charge of the original project of the Gel-Lyte III) behind the right heel. To realize a charitable auction a version with a black toebox was produced (just one pair, size 9US) and sold through the German online auction website Klekt.

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dgk x fila original FITNESS

DGK sta per Dirty Ghetto Kids, brand californiano tra i molti che animano la scena skate americana. Davvero ottima l’idea di recuperare un modello amatissimo dagli skater nel corso degli anni Novanta, nato in Italia ma preso esportato negli Stati Uniti, e specialmente sulla West Coast: se non ci credete, basta sfogliare una qualsiasi rivista di skate dell’epoca per trovare molte foto più che convincenti. Si tratta delle Fila Original Fitness, che tornano sugli scaffali in una limited edition 100% suede, con suola “gum” e logo a contrasto. Semplici, storiche, bentornate.

DGK stands for Dirty Ghetto Kids, one of the numerous Californian brands that enliven the American skate scene. Really a great idea to restore a model that was so cherished by the skaters during the Nineties, born in Italy and soon sent to the United States, in particular the West Coast. If you are incredulous, take a look at any skate magazine of the time and you’ll find a host of compelling proofs. It’s the Fila Original Fitness that gets back on the shelves in an entirely suede limited edition, with gum sole and contrasting logo. Simplicity and history combined together – welcome!

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HIGHS & LOWS x asics gel-lyte v

Perché questa collaborazione ha preso l’amichevole soprannome di “Medic”? Presto detto: i colori della tomaia di queste Asics Gel-Lyte V - storico modello running della casa giapponese, vecchio ormai di una ventina d’anni ma sempre attualissimo - sono ispirate alle divise dei medici militari. Dunque nero, verde oliva e bianco/rosso a ricordare le croci che contraddistinguono il personale medico sul campo di battaglia. Ma il particolare destinato a fare la differenza è quello che non si vede a un primo sguardo: la suola glow-in-the-dark. Un’altra limited edition azzeccatissima da parte dello store australiano.

Why does this collaboration bear the friendly nickname of Medic? Easily stated, the colors of the upper of this Asics Gel-Lyte V (an historic running model by the Japanese company, almost twenty years old but always modern) are inspired by the army doctors’ uniforms. Therefore, black, olive green and white/ red to recall the crosses that always adorn the medical personnel on the battle fields. But the detail that will most probably make the difference is the one you don’t see at first sight: the glow-in-the-dark sole.

Another very spot-on limited edition by the Australian store.

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DISTRIBUITO DA SPORTUP S.R.L. - WWW.SPORTUP.IT - TEL. 049 5599144 -

L.A. GEAR ITALIA

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palace x adidas originals INDOOR PK & GAZ

Palace ha fatto il grande salto. Nonostante il marchio tenti di rimanere saldamente attaccato alle sua radici skate, negli ultimi anni il pubblico si è enormemente allargato. Il percorso del brand sul mercato sembra ripercorrere quello iniziato vent’anni fa da Supreme dall’altra parte dell’oceano: dapprima piccolo culto, poi indossato da artisti e musicisti, fino all’apertura di negozi con file chilometriche di fronte alle vetrine e sold-out istantanei. Replicare una case history del genere sembrava un sogno, e ovviamente i grandi brand non si sono lasciati scappare l’occasione di salire a bordo. Così, se per un marchio americano come Supreme lo sbocco naturale è stato una collaborazione con Vans, le subculture inglesi sono legate a doppio filo al Trifoglio di Adidas. E così, ecco una prima collezione-capsula lo scorso inverno, e una seconda in questa estate 2015.

Oltre all’abbigliamento, pesantemente ispirato dallo stile degli anni Novanta, a catturare la nostra attenzione è stata soprattutto la presenza di ben quattro sneakers: non la versione custom di un modello già noto, ma un nuovo ibrido che prende ispirazione dalle classiche Gazelle Indoor e le remixa con l’aggiunta di elementi termoplastici di supporto (presi di peso dalle recenti ZX Flux) sulla tomaia, realizzata in suede traforato oppure con la maglia ultraleggera Primeknit. Il risultato sembra aver avuto grande successo dal punto di vista delle vendite. Vedremo cosa riserverà il futuro...

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bananamoon 1978

Banana Benz

shop online www.bananabenz.it Sneakersmagazine

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collabos palace x adidas originals INDOOR PK & GAZ

Palace made the great jump. Although the brand endeavors to remain connected to its skate origins, the public has been expanding more and more in the last few years. So the trajectory that the brand is following on the market seems to replicate the one started twenty years ago by Supreme on the other side of the Ocean (although the differences in style are clear): at first the brand is a small cult, then it gets used by artists and musicians, finally we see the opening of shops surrounded by infinite queues and more and more shocking speed-of-light sold-outs. Replicating a case history like that might seem a dream, and of course the great brands didn’t miss the opportunity to get aboard. So if an American brand like Supreme could find its natural culmination point in a collaboration with Vans, the English subcultures are closely knit to a trefoil called Adidas. So here’s the first capsule-collection that came out last winter and a second capsule-collection this summer 2015.

In addition to the clothes, massively inspired by the Nineties style, our attention was mostly captivated by the presence of a good four sneakers: not the custom version of an already known model, but a fresh new hybrid that draws its inspiration from the classic Gazelle Indoor and remixes them with the addition of supporting thermoplastic elements (explicitly borrowed from the recent ZX Flux) for a upper realized in punched suede or with the Primeknit ultra light mesh. The outcome appears to be successful from a commercial point of view. We’ll see what the future has in store.

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QUATTRO PASSI NELL’EVOLUZIONE

Il running Nike e trent’anni di progressi, dalle tomaie in nylon alla tecnologia Flyknit Dentro ogni collezionista, dentro ogni appassionato, si nasconde un’anima nerd. Le sneakers offrono benzina ai cervelli di queste persone ossessive, sempre intente a riunire, ordinare, catalogare oggetti. Molti dei cosiddetti sneakerhead, infatti, non sono poi molto sportivi. Eppure sono in grado di spiegare per filo e per segno il funzionamento di ritrovati tecnologici prodotti con lo scopo di aiutare gli atleti a migliorare le loro performance, e incorporati all’interno di ogni scarpa. Un catalogo di nomi, sigle, brevetti, che nel caso del settore running diventa addirittura ipertrofico: nel corso degli anni infatti le case produttrici hanno investito molto nel settore ricerca e sviluppo, nel tentativo di rimanere sempre più avanti rispetto ai concorrenti, mentre i runner si sono trasformati sempre più in tecnici specializzati, alla caccia del modello perfetto. E tuttavia solo negli ultimi vent’anni il progresso ha iniziato a muoversi in modo davvero veloce (buffo dirlo, parlando di running), tanto che le scarpe da corsa pre-Novanta sono ormai considerate nella maggior parte dei casi pezzi da museo, e destinate a usi ben lontani dalle piste.

Nell’ambito di questa evoluzione, un ulteriore passo in avanti è stato rappresentato da un cambiamento di prospettiva, che ha portato i laboratori di ricerca dei grandi marchi a non concentrare più la loro attenzione principalmente su suole e intersuole. Queste parti sono state infatti considerate per decenni le più importanti per i modelli da running, e così le aziende si sfidavano - a tuttora si sfidano - a colpi di brevetti dai nomi misteriosi (Encap, Trinomic, Wave, Boost... l’elenco potrebbe andare avanti per qualche pagina), che promettevano di risolvere problemi come l’iperpronazione, offrire eccezionale ammortizzazione e stabilità, addirittura aumentare la spinta del piede immediatamente successiva a ogni rullata sul terreno. Poi però qualcuno ha girato lo sguardo, e ha capito che quello che sta sotto il piede è sì importante, ma altrettanto fondamentale è cioè che gli sta sopra e intorno: la tomaia. Così anche quest’ultima ha iniziato a mutare velocemente, alla ricerca di materiali e costruzione che potessero rispondere nel modo migliore alle esigenze di chi corre. Da queso punto di vista, chi ha puntato davvero forte sullo sviluppo di nuove tecnologie per la tomaia è senza dubbio Nike.

Sono lontani i tempi delle Nike LDV e Waffle Trainer che dominavano il mercato nella seconda metà degli anni Settanta con semplici mix di

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Mrk Parker, CEO di Nike, con le Air Presto

“Andate a correre nudi. Più o meno.” Pubblicità delle Nike Air Flow, 1989

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QUATTRO PASSI NELL’EVOLUZIONE nylon e pannelli in suede, utili a rinforzare la tomaia nei punti maggiormente sottoposti a stress durante l’attività sportiva.

Eppure, anche in quel periodo non mancavano tomaie “speciali”, come quella delle Nike Elite, costruita con un particolare tipo di nylon acetato che non solo garantiva notevole traspirazione, ma dava al prodotto finito una splendida finitura lucida. Altri prodromi della corsa verso la tomaia perfetta si possono trovare negli anni Ottanta, quando il marchio dello Swoosh iniziò a fare pesante uso del mesh, e soprattutto della variante Duromesh, che offriva traspirazione sempre migliore senza sacrificare la resistenza del modello. Ma il vero momento di rottura arrivò negli anni Novanta: l’utilizzo di poliestere PolyPag e Poly-Light, leggerissimi e particolarmente lucenti, su modelli come Air Pegasus 92 e Air Span, ma soprattutto quello di materiali mai visti come neoprene e lycra. Furono modelli come Sock Racer, Air Flow, Air Rift e Air Huarache che tra l’altro causarono notevole dibattito tra gli appassionati, a causa del loro look futuristico - a mostrare per primi l’importanza di un design della tomaia che andasse decisamente nella direzione del massimo comfort per l’atleta, in particolar modo le Flow, con la loro costruzione “a manicotto” che aderiva perfettamente al piede, e le di poco precedenti Sock Racer, che spogliavano le running sneakers di ogni orpello e assomigliavano a calze dotate di suola ammortizzata.

Dopo quegli esperimenti, a Beaverton accelerarono ancora: nel 2000 con le Air Woven e sopratutto con le Air Presto dotate di tomaia in neoprene elastico supportata da una “gabbia” costruita con materiale termoplastico preformato, che abbandonavano la tradizionale numerazione per adottare

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taglie ispirate a quelle dell’abbigliamento, dalla XXXS alla XXXL. L’obbiettivo di una tomaia completamente seamless, che riducesse gli attriti interni tra piede e scarpa è stato perseguito negli anni a venire, con modelli privi di cuciture come le storiche Free 5.0, ma è stato pressoché raggiunto solo nelle ultime stagioni, grazie all’ulteriore passo in avanti rappresentato dall’adozione della costruzione Flywire prima, e Flyknit poi: a ispirare quella tecnologia sono stati i feedback degli atleti, che desideravano scarpe con le qualità di un paio di calze, cioè una vestibilità avvolgente, praticamente impercettibile a chi la indossa. Ma caratteristiche simili, in realtà, non potevano essere la scelta vincente per le sneakers da corsa: un materiale per sua natura dinamico come il filato manca infatti generalmente di struttura e durata. Dunque una squadra di programmatori, ingegneri e designer si è imbarcata in una missione di microingegneria che studiasse le proprietà statiche applicate ai materiali pieghevoli, mappando le aree in cui erano necessarie strutture realizzate in modo diverso, raffinando il posizionamento preciso del supporto, della flessibilità e della traspirazione, da riunire in un unico strato di tessuto tecnico. Così, le Flyknit Racer prima e le Free Flykint poi possono essere considerate un vero punto di arrivo: leggerissime, traspiranti, pressoché senza cuciture, estremamente confortevoli. Eppure non perfette: le Free Flyknit ad esempio hanno bisogno di essere allacciate strette, ma questo può provocare un certo fastidio dopo qualche ora che le si indossa.

Il lavoro di raffinazione degli ingegneri non è finito: probabilmente, non finirà mai.

Nike Sock Racer, 1986

Nike Air span, 1988

Nike Air Huarache, 1991

Nike Air Rift, 1996

Nike Air Presto, 2000

Nike Free 5.0, 2oo4

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FOUR STEPS ACROSS EVOLUTION Nike’s running sector and thirty years of progress, from the uppers in nylon to the Flyknit technology A nerd soul is always hidden in any collector and any fan. Sneakers provide fuel for the brains of these obsessive individuals, always keen to gather, order, catalogue objects. Many of the so-called sneakerheads, moreover, don’t do a lot of sport. Yet they are able to explain in full detail the workings of technological findings designed to help the athletes improve their performances and embedded in this or that shoe. A catalogue of names, initials, patents, that in the case of the running sector becomes even hypertrophied: over the years the companies have invested huge amounts of money in the Research and Development sector, in the attempt to remain one step beyond their competitors, whereas most runners have become more and more like specialized experts, always in search of the perfect model. But it was only in the last twenty years that progress in this field has become so fast (it’s ironical to apply this word to the running sector), so much so that the running shoes produced before the Nineties epoch are by now judged as museum pieces in most cases, and so suited for activities to be performed far afield from the running tracks.

In the context of this evolution, a further step beyond is represented by a change of perspective, which led the research labs to focus their attention not only on soles and midsoles. These parts were judged for many years the most important features of all running models, so the companies used to compete (and they still tend to compete) by dint of patents bearing mysterious names (Encap, Trinomic, Wave, Boost – and the list might go on for some pages), that would promise to solve problems such as hyper-pronation, to provide exceptional damping power and stability, even increase the thrust of the foot immediately upon rolling on the ground.

But then somebody turned his eyes, and understood that what’s below the foot is important, but even more crucial is what covers and surrounds the foot: the upper. Thus the latter started to change quickly, in search of materials and constructive modes that could meet in the best way the needs of runners. From this point of view, a brand that worked very hard on the development of new technologies for the upper is by all means Nike.

The time when the Nike LDV and the Waffle Trainer would rule the market are gone. It was the late Seventies and the secret was a simple mix of nylon and suede panels, apt to reinforce the upper around the most stressed parts during sport activity. But even then, there already existed some special uppers, like the one of the Nike Elite, made of a special type of acetate nylon that not only granted high transpiration, but gave the final product a marvelous glossy finishing. Other symptoms of the rush towards the perfect upper can be found during the Eighties, when the brand of the Swoosh started to make a massive use of mesh, especially in the Duromesh quality, which would offer more transpiration power without reducing its resistance to shocks. But the radical change moment was the Nineties, thanks to the use of PolyPag and Poly-Light polyesters (very lightweight and bright) on models such as the Air Pegasus 92 and the Air Span and (even more importantly) of never seen before fabrics like neoprene and lycra. The first models that stated the importance of having a upper that could aim towards the maximum comfort of the athlete were models such as the Sock Racer, the Air 46

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Flow, the Air Rift and the Air Huarache (that by the way elicited a great debate among the fans due to their futuristic look). A special role was played by the Flow with its muff construction that would stick to the foot and the slightly previous Sock Racer, that would strip the running sneaker of whatever frill and was like a sock with a damping sole. After those experiments, things accelerated in Beaverton: with the Air Presto equipped with a upper in elastic neoprene supported by a cage in pre-shaped thermoplastic materials that dropped the traditional numbering and started to adopt initials inspired by the extra sizes, from the XXXS to the XXXL. The dream of a upper entirely seamless (that could reduce all friction between the foot and the shoe) was pursued in the subsequent years through partly seamless models such as the historic Free 5.0 but was almost achieved only recently thanks to the further advancement represented by the adoption of the Flyknit construction. This technology was inspired by the feedbacks from the athletes who wanted a shoe with the quality of a sock – a wearable wrap, almost unperceivable to the athlete. But in fact such features couldn’t be the winning ticket for a running shoe. A material with such a dynamic structure as yarn is generally lacking in structure and durableness. For this reason a team of programmers, engineers and designers engaged in a micro-engineering mission to study the static properties applied to flexible materials, mapping the areas of the shoes that needed differently conceived structures, refining the exact location of the support, of the flexibility and transpiration – to combine all these features within a single layer of technical fabrics. So the Flyknit Racer and subsequently the Free Flyknit can be deemed a real achievement: very light, highly transpiring, almost seamless, extremely comfortable. But still not perfect: the laces of Free Flyknit for example need to be firmly tied and this may cause a slight nuisance after some hours. The refinement task upon the engineers hasn’t finished: perhaps it will never end.

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PUMA x ALIFE DISC BLAZE, R698 & BLAZE OF GLORY

Alife è un pezzo di vita newyorchese degli ultimi quindici anni, concept store che alla passione per le sneakers ha sempre coniugato l’interesse per arte, musica e creatività in generale. Dalle sue vetrine nel Lower East Side ha dato spazio alle sue collezioni moda, ma anche all’organizzazione di eventi musicali e mostre d’arte. Un percorso tra mainstream e underground, tenendo sempre fermo il timone e partendo, sempre, dalla strada. Oggi però Alife è anche un marchio capace di collaborare con giganti del mondo sneakers come Puma, per un progetto che prevede ovviamente - la creazione di limited edition che faranno la gioia dei collezionisti. Ma anche un tour internazionale. Le Alife Sessions, serie di brevi concerti che animavano New York, sono state infatti trasportate oltreoceano per il lancio del secondo drop della collezione Puma X Alife dell’estate 2015: una band storica dell’hip hop east coast statunitense, i Mobb Deep, ha fatto il pienone al Laundry di East London per un evento unico. Protagonista naturalmente la musica, ma anche tre storici modelli da running dello SportsBrand, ripensati dal team di Alife con colorazioni esclusive e costruzione premium. Le nostre preferite sono senza dubbio le Blaze of Glory graziate da un mix di materiali azzeccatissimo (e dal particolare della scritta “Sessions” dietro la caviglia) - anche se probabilmente i ragazzi di Alife ameranno di più le R698 tempestate di loghi.

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Alife is a fragment of New York life in the last fifteen years, a concept store that always combined the passion for sneakers with a proclivity to art, music, and creativity at large. Located in the Lower East Side, it’s been home of numerous fashion collections, and also the organization of musical events and art exhibitions. A path that unfolded through mainstream and underground, with the tiller always stable and the roots in the streets. But today Alife is also a brand that is capable of collaborating with giants of the sneaker world such as Puma, on a project that includes (it goes without saying) the creation of limited editions that will make the day of all collectors – but also an international tour. The Alife Sessions, a series of short concerts that used to enliven New York, were exported overseas for the launch of the second drop of the Puma X Alife collection of the summer 2015: a historic band of hip hop from the east coast, the Mobb Deep, has made a sell-out at the Laundry in East London for a unique happening.

A music-centered event, of course, but also three historic running models of the company, reinvented by the Alife team by means of exclusive colorings and premium constructions. Our favorite version is by all means the Blaze of Glory embellished by a mix of very well-suited materials (and by the detail of a Sessions inscription behind the ankle) but perhaps the guys from Alife will prefer the R698 spangled with logos.

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diadora

n9000 MM Diadora è tornata a fare la voce grossa anche nel settore dei retro model, nel corso delle ultime stagioni. Protagoniste di questa operazione di rilancio sono le N9000, grande classico del running degli anni Novanta, uno dei tanti modelli dall’alta qualità costruttiva e stilistica presenti nei cataloghi storici dell’azienda di Caerano di San Marco. Nate nel 1990 come modello top della gamma da corsa, insieme a V7000 e S8000 rappresentavano il meglio della casa veneta. Le N9000 sono tornate nelle vetrine di alcuni selezionati sneaker store anche grazie ad alcuni remake a tiratura ultra-limitata realizzati in collaborazione con nomi storici della sneakers culture europea, come Hanon, Solebox, Patta e 24 Kilates.

Anche le N9000 di linea sono andate incontro a un notevole successo, grazie a una serie di nuove colorazioni che sono riuscite nell’intento di essere sorprendenti senza mai tradire le radici nineties del modello. Ora però Diadora fa un ulteriore passo verso il futuro, proponendo una nuova versione ultra-tecnologica di queste sneakers storiche, identificata dalla sigla MM. L’acronimo sta per “Mixed Mesh”, e identifica la tomaia in mesh (appunto) con rivestimenti sintetici - che rende queste scarpe leggerissime ed estremamente traspiranti - completamente senza cuciture e termoformata. Con una scelta che giudichiamo molto corretta, la colorazione ricorda l’originale del 1990. In uno slogan: guardare al futuro, senza dimenticare le glorie passate.

Diadora started anew to speak aloud in the retro model sector as well, over the last few seasons. Leading character of this relaunch operation is the N9000, a great classic of running from the Nineties, one of the many models marked by high constructive quality and style that are included in the historic catalogues of the company from Caerano di San Marco. Born in 1990 as a top model in the running gamut, it represents (together with the V7000 and S8000) the best of the Venetian company. The N9000 came back on the shelves of some selected resellers Diadora for some remake with ultra-limited distribution realized in collaboration with historic brands of the European sneakers culture, such as Hanon, Solebox, Patta and 24 Kilates.

Also the in-line N9000 was a tremendous success, thanks to a series of new colorings that managed to appear impressively new without betraying the model’s Nineties roots. But now Diadora makes another step beyond, and proposes a new hyper-technological version of these historic sneakers, identified by the initials MM. The acronym stands for Mixed Mesh, and identifies the upper in mesh with synthetic coverings (rendering these shoes extremely lightweight and transpiring) entirely seamless and thermo-shaped. A decision that we judge appropriate was to choose a coloring much reminiscent of the 1990 original. With a slogan: look to the future, and never forget your past hits.

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ALBATROSS

Nello scorso numero abbiamo raccontato per la prima volta del rilancio di Karhu, storico marchio finlandese fondato nell’ormai lontano 1916, e al fianco di molti tra i più grandi atleti del nord lungo tutto il corso del ventesimo secolo. Il brand (il cui nome significa letteralmente “orso”) ha una storia davvero densa, fatta soprattutto di un grande lavoro di ricerca e sviluppo, che ha portato all’adozione di ritrovati tecnologici davvero interessanti: vi abbiamo già descritto il sistema Fulcrum incorporato nei modeli running degli anni Novanta, una piccola leva in phylon (materiale plastico leggero e resistente) inserita nell’intersuola e utile a trasferire velocemente l’energia all’avampiede nel momento immediatamente successivo alla battuta sul terreno.

In questo numero torniamo invece indietro fino agli anni Ottanta, per rendervi conto di un’innovazione ancora più eclatante: il cuscino d’aria ammortizzante all’interno dell’intersuola. Già: è stato proprio il marchio Karhu a sviluppare per primo questo ritrovato tecnologico nel corso degli anni Settanta, ben prima che altri brand (uno americano, in particolare...) ne facessero una vera e propria bandiera. E per chi volesse toccare con mano le prove, basta andare a cercare nell’archivio della casa finlandese per trovare ad esempio le Albatross, splendide running di inizio anni Ottanta ammortizzate proprio con un sistema di cuscini d’aria nascosto sotto il piede (e sotto una tomaia costruita con uno splendido mix di nylon e suede). Le prime sneakers air-cushioned sono tornate sugli scaffali nel corso delle ultime stagioni, e stanno riscuotendo un notevole successo grazie alla loro linea senza tempo.

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In the latest issue we first expanded upon the launch of Karu, a historic Finnish brand founded in 1916 that accompanied some of the greatest Northern athletes during the Twentieth century. The brand (whose name literally means Bear) has a really dense story, largely made of a great Research and Development work that led to the adoption of very interesting technological findings. We already described the system Fulcrum embodied in the running models from the Nineties, a small lever in Phylon (lightweight and resistant plastics) inserted in the sole and capable of transmitting the energy to the forefoot in the wake of anyone foot hitting the ground.

In this issue we go back to the Eighties, with a view to letting you know about an even more impressive innovation: the damping air cushion within the midsole. Yes, it was the brand Karhu to first develop this technological finding during the Seventies, much before than other brands (one of them is American, by the way) could make it into a flag. Those who wanted to touch the evidence with their hands, should simply go and search the archive of the Finnnish brand to find (among others) the Albatross, a marvelous running from the early Eighties whose damping power was secured by a air cushion system behind the foot (and behind a upper made of an impressive mix of nylon and suede). The first air-cushioned sneakers got back on the shelves over the last few seasons, and are becoming a tremendous success thanks to their timeless shape.

Info: Sport Leader s.r.l. mail: info@sportleader.pro tel: 0171/413175 Sneakersmagazine

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NEW BALANCE 530

Quanti splendidi modelli running ci sono, ancora nascosti nell’archivio di New Balance? Molti, probabilmente. Ma quelli già riportati sul mercato dalla casa del Massachussetts nel corso degli ultimi anni sono più che sufficienti a soddisfare la fame di retro-model degli appassionati. Oltre alle arcinote 576, 998 e 1500, molte altre sneakers storiche sono oggi disponibili: tra di esse spiccano le M530, ennesimo classico proveniente dagli anni Novanta, con tecnologia ammorizzante Encap e tomaia solitamente costruita grazie a un mix di suede e mesh. In questo caso però i materiali usati sono pelle e suede, per una versione senza dubbio più adatta alla stagione invernale (il modello arriverà sugli scaffali in autunno) e dichiaratamente premium. Peccato che New Balance non abbia ancora deciso di fare produrre anche le 530 negli stabilimenti inglesi o americani. Ma forse quest’ultima è, in fondo, solo una fissazione da appassionati: la qualità costruttiva, in effetti, sembra non avere poi molto da invidiare ai modelli prodotti nelle fabbriche più blasonate di Europa e states.

How many wonderful running models can be hidden in the New Balance archive? Quite a lot, one would say. But the ones already unearthed and re-launched on the market over the last few years are more than enough to quench the thirst for retro-models that obsesses the fans. Beside the very well known 576, the 998 and the 1500, many other historical models are now available: among them the M530 is the umpteenth classic dating back to the Nineties, featuring Encap damping technology and a upper usually made of a mix of suede and mesh. In this case, however, the fabrics are leather and suede, to make up a version by all means more suited to the winter season (the model will reach the shelves the next fall) and explicitly premium. Unfortunately, as yet New Balance didn’t decide to have also the 530 produced in the English or American factories. But this might simply be a typical fan’s obsession after all: the constructive quality, indeed, is in no way inferior to the models produced in the most distinguished factories of Europe and the US. 54

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ASICS

GEL LYTE III NS Saranno sugli scaffali a partire dal primo luglio, queste nuove versioni delle classiche Gel Lyte III. Un modello storico, che un tempo (sono state lanciate sul mercato per la prima volta nel 1991) rappresentava la quintessenza del running tecnico, e che oggi è diventato soprattutto l’icona fondamentale dello stile Asics. Si contano ormai a decine infatti i progetti collaborativi che ruotano intorno a questo modello: ci hanno lavorato sopra designer di tutto il mondo, eppure i collezionisti non sembrano averne abbastanza. Sulle Gel Lyte III la casa giapponese ha fondato una vera e propria operazione di rilancio dei modelli d’archivio, che rappresentano oggi una parte importante del venduto, e non sembra affatto volersi fermare. Il design della linguetta divisa in due parti è diventato un pezzo di storia del piccolo mondo sneakers, mentre la tecnologia Gel continua a rappresentare una valida soluzione ammortizzante per ogni tipo di runner. La particolarità dei modelli pack NS, realizzati in tre varianti monocromo (light grey, red e black), è rappresentata dalla costruzione della tomaia minimal con suede e mesh applicati senza dislivelli e cuciture, ed alla caratteristica suola marmorizzata.

Venticinque anni e non sentirli.

It’ll be on the selves by the first of July, this new version of the classic Gel Lyte III. A historic model that a few decades ago (it was launched on the market for the first time in 1991) represented the essence of technical running, while today has come to symbolize the fundamental icon of Asics style. There are dozens collaborative projects revolving around this model by now – and although a host of designers from all over the world have worked on it, it seems that the collectors are never fed up. With the Gel Lyte III the Japanese company launched a real campaign to revive a number of archive models for these have come to embody an increasing portion of goods sold – and they don’t seem willing to pause. The design of the tongue in two parts has become a milestone in the history of sneaker world, while the Gel technology continues to represent a practical and effective damping solution for any kind of runner. The mark of the pack NS models, realized in three monochromatic versions (light grey, red, and black), is the construction of a minimal upper with suede and mesh applied seamless and without wrinkles, plus the typical marbled sole.

Twenty-five years., but feeling younger.

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DALL’HIP-HOP AL POP

Il più classico modello da basket del catalogo adidas dallo streetwear al fashion La parte più interessante del nostro lavoro - a parte ricevere qualche paio di scarpe in anteprima rispetto all’uscita ufficiale sul mercato - è senza dubbio osservare gli incroci tra marketing globale e cultura di strada, tra le intenzioni dei grandi marchi e l’effettivo comportamento dei consumatori; ma anche l’evoluzione di queste traiettorie nel corso del tempo. Gli ultimi trent’anni sono, da questo punto di vista, un laboratorio perfetto.

1985: Nike lancia sul mercato le Air Jordan I, cementando nell’immaginario del pubblico una delle prime vere icone sneakers dell’era moderna. 1986: i Run DMC pubblicano il primo singolo estratto dal loro terzo album Raising Hell, My Adidas. Prodotta da Rick Rubin e Russell Simmons, la canzone arrivò al quinto posto delle classifiche black dell’epoca, mentre Raising Hell si avviava a diventare tre volte disco di platino. La adidas Superstar erano le scarpe da basket che avevano dominato il mercato americano negli anni Settanta, le Air Jordan sarebbero diventate regine del decennio successivo. Ma soprattutto, entrambe sarebbero diventate simbolo di una nuova connessione tra subculture giovanili, musica,

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sport e moda, nata in maniera spontanea, ma destinata ad essere messa al centro della struttura sempre più pervasiva del marketing.

Torniamo alle Superstar. Nella canzone My Adidas, si trasformavano per la prima volta in un simbolo di riscatto sociale: tre amici del Queens portavano le loro sneakers dalle strade del quartiere - certo non uno dei più eleganti di New York fino a Hollywood, e fino ai palchi di eventi pop enormi come il Live Aid. Un’operazione inizialmente spontanea, che divenne solo in seguito parte di una strategia commerciale, quando la casa del Trifoglio propose a Run, DMC e Jam Master Jay un contratto di sponsorizzazione del valore di un milione e mezzo di dollari. Era la prima volta che una grande corporation guardava alla musica hip-hop come a un buon mezzo per promuovere un prodotto all’interno della cultura popolare americana, e l’intuizione era giusta, giustissima: i Run DMC stavano vendendo un nuovo stile, fatto di pochi simboli ben riconoscibili (le tre strisce, il cappello Kangol, gli occhiali Cazal, i piumini di pelle Double Goose...) e in qualche modo diverso dagli eccessi post-disco di altri artisti hip-hop che li

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DALL’HIP-HOP POP DALL’HIP-HOPALAL POP

avevano preceduti.

Da quel periodo cruciale sono passati diversi decenni, nel corso dei quali il rapporto tra street culture, musica e grandi aziende sportive è diventato quotidiano. La strada aperta dai Run DMC è stata percorsa migliaia di volte, con traiettorie sempre diverse, ma identico obbiettivo: vendere. Tuttavia è difficile non notare un ulteriore spostamento epocale avvenuto soprattutto nell’ultimo decennio, e che ha portato (finalmente?) un nuovo tipo di pubblico all’interno del mondo sneakers: suona quasi ridicolo, lo sappiamo, ma si tratta soprattutto delle donne. E le Superstar sono simbolo perfetto di questo spostamento. Camminare per il centro di Milano all’inizio della primavera voleva dire incontrare centinaia di paia di Superstar, tutte quante ai piedi della ragazze: ogni negozio sportivo, da Foot Locker in giù, aveva in vetrina la collezione Supercolor, che sfrutta per promuoversi l’immagine di Pharrell Williams. Trovare un paio di quelle scarpe in numeri da donna, però, era pressoché impossibile: le Superstar fino alla taglia 39 sono andate incontro a sold out quasi inaspettati sul mercato mainstream. Ecco un paradigma che cambia: sneakers un tempo simbolo di mascolinità afroame-

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ricana - e della School of Hard Knocks frequentata da chi impara a vivere nelle strade delle grandi metropoli - diventano icona fashion per ragazze europee, bianche, borghesi, degne (?) perfino di essere ospitate in gran quantità all’interno degli shooting delle fashion blogger tanto amate nelle ultime stagioni dai grandi marchi della moda globale. Così, un nuovo pubblico femminile fa la fila davanti agli sneakers store, per aggiudicarsi general release che diventano must di stagione, ma anche limited edition da collezionista, negando l’idea che gli sneakerhead siano inevitabilmente uomini perché oggetto di una comunicazione promozionale che ha sempre fatto leva su valori tipicamente maschili. Altrettanto simbolico è lo spostamento di testimonial, dall’hip hop originale (per quanto crossover, per quanto aperto al mainstream) dei Run DMC all’hip-pop contemporaneo di Pharrell. Non è un bene, non è un male, è semplicemente diverso. Inutile cercare di fermare il cambiamento, difficile prevedere in che direzione si sposterà il mercato. L’unica cosa di cui siamo certi è che il mutamento continuerà. E che preferivamo le Superstar di una volta: se dobbiamo scegliere tra una rima dei Run DMC e una fotografia di Chiara Ferragni, bè, è difficile avere dubbi.

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FROM HIP-HOP TO POP The most classic basketball model in the adidas catalogue from street-wear to fashion The most interesting part of our job (in addition to receiving some pairs of shoes as a preview of the official launch on the market) is by all means observing the entwinement between global marketing and street culture, between the intentions of the great brands and the actual behavior of customers – and the evolution of these dynamics over time. From this point of view, the last thirty years are a perfect open-air lab.

1985: Nike launches the Air Jordan I on the market, thus establishing one of the first sneaker icons of modern times in the social imagery. 1986: Run DMC publish the first single taken from their third album Raising Hell, My Adidas. Produced by Rick Rubin and

Russell Simmons, the song reached the fifth place in the black rankings of the time, while Raising Hell was in its way of winning three times the platinum disc. The adidas Superstar was the basketball shoe that had ruled the American market during the Seventies, and the Air Jordan was about to become the king of the following decade. But more importantly, both models were about to become a symbol of a new connection between young subcultures, music, sport and fashion – a connection started spontaneously but doomed to be exploited by a more and more ubiquitous marketing technique. Let’s go back to the Superstar. In the song My Adidas, the model became for the first time a symbol of social liberation.

Three friends from the Queens brought their sneakers from their neighborhood’s streets (not among the most elegant in New York, of course) to Hollywood and even to the stages of huge pop events such as the Live Aid. An operation that in the beginning was spontaneous, but later on came to be part of a commercial strategy, when the trefoil brand proposed to Run, DMC and Jam Master Jay 62

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a sponsorship contract that amounted to 1.5 million dollars. It was the first time that a great corporation considered the hip-hop music as a good way to promote a product in the American popular culture, and the idea was right and spot-on: Run DMC were selling a new style, based on few, clearly recognizable symbols (the three stripes, the Kangol cap, the Cazal glasses, the Double Goose leather padded jackets) and in a way different from the post-disco eccentricity of other hip-hop artists that came before.

A few decades separate us from those days; in the meanwhile the relationship between street culture, music and great sport brands has become a common fact. The avenue paved by Run DMC was trodden a host of times since then, along a host of trajectories, but always the same destination: selling some products. But it’s hard to miss another paradigm shift that occurred in the last decade and attracted (finally?) a new public into the sneaker world. We know it may sound ridiculous, but we are talking about women. And the Superstar is a great symbol of this change. For taking a stroll in downtown Milan during spring was to see hundreds Superstar’s, mostly worn by the girls: every sport shop (from Foot Locker to many others) exposed in their windows the Supercolor collection which exploited the fame of Pharrell Williams to win this new public. On the other hand, finding a pair with a size for women was almost impossible: the Superstar in the sizes below 39 experienced a number of unexpected soldouts on the mainstream market. Here’s the paradigm shift: a model that was originally a symbol of Afro-American masculinity (and of the School of Hard Knocks attended by those who learned to live in the streets of the great cities) became a fashion icon for all European, white, middle-class girls, and then started to appear more and more frequently (in the last few years) in the shootings of the fashion bloggers most beloved by the great brands of the fashion system. So now this new public of women queues in front of sneaker stores to obtain general releases that become seasonal must-haves, but also limited editions for collectors, thus refuting the received belief that men are the only sneakerheads on earth just because they were the unique target of advertising campaigns exploiting this or that value or stereotype.

Equally instructive is a change concerning the celebrities giving their endorsement to a product, from the original hip-hop (although crossover, and although open to the mainstream) of Run DMC to the contemporary hip-hop of Pharrell. It’s not necessarily a good or bad thing – it’s just different. And it’s hard to stop the evolution, hard to anticipate where the market is going. The only thing we can say is that this change will go on – and that we still prefer the old Superstar we were used to see. If we were to chose between a verse

by Run DMC and a picture of Chiara Ferragni, well, it’d be any easy choice.

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rolex master di Montecarlo

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Nello scorso numero di Sneakers abbiamo pregustato insieme a voi lettori il Rolex Masters di Montecarlo, storico torneo tennistico che nell’edizione 2015 era reso - se possibile ancor più prestigioso dal lancio della nuova linea Tennis Montecarlo Master 2015 di Sergio Tacchini, caratterizzate da una colorazione speciale e dal particolare custom dello stemma del torneo sull’etichetta: un pezzo per collezionisti. Ci sembra dunque doveroso, quasi due mesi dopo, rendervi conto della storia sportiva del torneo andato in scena a metà aprile, che offre molti spunti interessanti di riflessione.

In the latest issue of Sneakers we foretasted with you the Rolex Masters taking place in Montecarlo, a historic tennis tournament that in the 2015 edition was made (if possible) even more prestigious by the presence of limited edition Tennis line such as the Montecarlo Master 2015 by the brand Sergio Tacchin, characterized by a special coloring and a special custom of the tournament symbol on the label – a collector’s piece.

We find therefore a duty (a couple of months later) to let you know about the sport aspects of the tournament that took place in mid April, an account that’s rich with a number of instructive hints.

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La storia del torneo di Montecarlo 2015, infatti, assomiglia alla storia del tennis dei tempi recenti. Racconta di un nuovo re che ha detronizzato il vecchio (nonostante tra loro ci sia meno di un anno di differenza) e che vede la possibilità concreta di scrivere definitivamente il suo nome negli annali della racchetta. È successo in semifinale, intorno alla metà di aprile, sulla terra rossa del campo monegasco, quando Novak Djokovic e Rafa Nadal si sono guardati negli occhi, da una pare all’altra della rete, per l’ennesima sfida. I due hanno disputato, l’uno contro l’altro, 43 partite finora: un record assoluto nell’era Open. Nei primi anni era lo spagnolo a trionfare, poi il serbo ha preso il sopravvento. E se Rafa può sfoggiare nella sua bacheca ben otto coppe vinte al Rolex Masters, Novak non si è lasciato intimorire e ha rispettato il pronostico che lo voleva favorito. Del resto, non poteva perdere il torneo organizzato proprio dal principato, visto che proprio lì, tra lo Chemin des Révoires e il mare, ha stabilito la sua residenza negli ultimi anni.

Risultato perentorio, 6-3 6-3, e ventitreesimo torneo dei Masters conquistato dal campione serbo... lo sappiamo, dopo aver battuto Nadal c’era ancora da superare Tomas Berdych in finale, e mai vorremmo sminuire la qualità del ceco, campione capace di combattere e imporre il suo gioco fino all’ultimo, ma lo strapotere di Djokovic in questo momento storico fa assomigliare ogni game sempre più ad una profezia destinata a compiersi, ineluttabile. Una striscia di 17 vittorie consecutive è lì a dimostrarlo.

Celebrato il vincitore, c’è da rendere l’onore delle armi agli sconfitti. Non del singolare maschile, ma del doppio: si tratta di Fabio Fognini e Simone Bolelli, i due italiani si sono arresi ai fratelli Bob e Mike Bryan nella finale, cedendo 7-6 6-1. I gemelli americani hanno conquistato così per la quinta volta il torneo di doppio del Principato: le altre nel 2007, 2011, 2012 e 2014.

Per gli azzurri era la terza finale del 2015.

Così si è chiuso il primo torneo su terra rossa del 2015. Non solo primo in senso cronologico, ma anche e soprattutto unico per atmosfera, storia, pubblico, emozioni. Come nella Formula 1, anche nel tennis: vincere a Montecarlo non è mai una vittoria qualsiasi.

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sergio tacchini al rolex master di Montecarlo The story of the 2015 Montecarlo tournament mimics the trajectory of tennis in recent years. It is about a new king dethroning the old one (though their age differs by just one year) and has a concrete chance to sign his name once and for all in the annals of racket. It all happened in the semi-final, towards the mid of April, on the red ground of the Monegasque field, when Novak Djokovic and Rafa Nadal looked each other in the eyes, across the net, before starting a new challenge. The two athletes have played so far 43 matches against one another. Absolutely a record in the Open era. In the first years the Spanish would often win, but then the Serbian started to get the upper hand. And if Rafa may exhibit in his showcase a cool 8 cups won at the Rolex Masters, Novak wasn’t frightened by that, and in the end confirmed the forecasts that made him the favorite. After all he couldn’t lose the tournament organized by the Principality, given that in those very places, between the Chemin des Révoires and the seaside, he recently took up residence.

The Serbian thus achieved a neat result (6-3, 6-3) and won the twenty-third tournament of the Masters. We know, after beating Nadal, he still had to confront Tomas Berdych in the final, and we have really no intention to diminish the power of the Czech, a champion who was capable of fighting and imposing his game until the end, but Djokovic’s superpower in the current epoch transforms every match into a prophecy that can only be fulfilled, inescapably. A thread of 17 wins in a row is a hard-to-refute proof.

Now that we celebrated the winner, we have to pay military honors to those defeated. Not in the men’s singles, but in the men’s doubles: we are talking about Fabio Fognini and Simone Bolelli, the two Italians that surrendered to the twins Bob and Mike Bryan in the final, losing 7-6, 6-1. Thus the American twins won the Principality doubles tournament for the fifth time (the other four being in 2007, 2011, 2012 and 1014). For the Italian players it was the third final in 2015.

Thus ended the first tournament on red ground of 2015. Not only the first in chronological order, but also and more importantly in terms of atmosphere, history, public, and emotions. Just like in the Formula One, winning in Montecarlo is not a trivial victory.

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australian

Women spring Summer special Collection

Oltre mezzo secolo è passato, da quando Leardo Gabrielli fondò da una costola della storica maglieria L’Alpina il marchio Australian, abbagliato dalla passione per i grandi tennisti australiani dell’epoca, primo fra tutti il grande Rod Laver. Nel corso di questi anni il brand 100% italiano ha continuato a produrre modelli di altissima qualità senza rinnegare le sue origini: nota soprattutto per il suo abbigliamento da tennis, Australian sponsorizza entrambe le nazionali della racchetta italiane, quella maschile e quella femminile, spesso trionfatrice nelle ultime edizioni della prestigiosa Fed Cup. E proprio alle ragazze sono dedicate AU860 e AU828, un modello tennis e uno classicamente running, entrambe caratterizzate dalla stampa floreale che sembra essere sempre più di moda nelle ultime stagioni, e che è spuntata sulla collezione spring/summer 2015 del marchio del canguro. Australian, insomma, non sembra affatto voler riposare sugli allori di una storia lunga e piena di gloria, e continua a guardare allo stile contemporaneo.

More than half a century has passed since the day in which Leardo Gabrielli founded the brand Australian from a branch of the historic knitwear factory L’Alpina, because he was fascinated by the great tennis players of the time, first of all the great Rod Laver. Over the years the totally Italian brand continued to produce top quality models without disavowing its origins: largely known for the tennis clothing, Australian sponsors both the men’s and women’s national teams of tennis, the latter being often victorious in the latest editions of the glamorous Fed Cup. And indeed the women are the dedicatees of the AU860 and the AU828, a tennis model and a classically running model, both characterized by the floral print that appears to get more and more fashionable in last few seasons, and that came to cover the spring summer 2015 collection of the cangaroo. Australian, in other words, doesn’t quite seem willing to rest on their laurels (stemming btw from a long-lasting and glorious history) and continue to look at the modern styles.

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NEW YORK YANKEES Footwear

FIBONA 2

Un classico dell’estate? Ha tutte le carte in regola per diventarlo, questa nuova variante delle Fibona 2 di New York Yankees Footwear, marchio dedicato alla squadra più nota della storia del baseball americano, eletta team del secolo alla fine dei Novanta e capace di sfoggiare in bacheca ben ventisette vittorie nelle World Series della Major League dello sport più amato dagli statunitensi. NYY Footwear ripropone le Fibona in una colorazione che fa pesante uso delle texture, con motivo floreale stampato sulla tomaia in canvas, e punta in suede colore “Patriot Blue”. Il risultato è allegro, e perfetto per la stagione calda, oltre che ideale continuazione delle varianti animalier che abbiamo visto sugli scaffali nei mesi scorsi.

Un’altra occasione per allargare gli orizzonti di popolarità di un logo che (forse perché legato alla città culla di molte subculture urbane dell’ultimo secolo) è diventato con il tempo un simbolo globale, adottato nelle strade metropolitane dai ragazzi di tutto il mondo.

A summer classic? It has its paper in order to win the role, this new version of the Fibona 2 by New York Yankees Footwear, brand dedicated to the most famous team in the history of American Baseball, appointed as Century team by the late Nineties and capable of piling up in their showcase a good twenty-seven victories in the Major League World Series of the most beloved sport in the US. NYY Footwear rereleases the Fibona within a collection that makes a massive use of textures, with a floral theme printed on the canvas upper, and a Patriot Blue suede tip. The outcome is pretty cheerful, and most suitable for the warm season, beside being a straightforward consequence of the animalier versions that we witnessed on the shelves over the last few months. Another opportunity to widen the popularity horizons of a logo that’s become a global symbol, perhaps by being rooted in the hometown of so many urban cultures, most exploited in the urban streets by the young over the world.

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KAPPA

US ONE & US MEDAL

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US ONE

US MEDAL

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Dateci pure dei nostalgici, ma: quanto erano belle, le Olimpiadi di una volta? Pensate a Los Angeles 1984: gli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, il boicottaggio del blocco sovietico (rappresaglia causata da quello uguale e contrario messo in piedi dagli americani quattro anni prima a Mosca), Carl Lewis che ripete le vittorie di Jesse Owens a Berlino 1936, come lui originario dell’Alabama, come lui ventitreenne. Ma anche l’oro di Alberto Cova nei 10.000, la terza medaglia olimpica (un argento) di Sara Simeoni... E a proposito di italiani alla conquista di Los Angeles, il discorso non si limita agli atleti. Infatti un marchio nostrano sponsorizzava la nazionale di atletica a stelle e strisce, fornendo loro sneakers speciali rimaste nella storia: si tratta di Kappa, brand nato alla fine degli anni Sessanta e che negli Ottanta viveva un periodo d’oro, legando il logo degli omini al nome di squadre di calcio di serie A come la Juventus di Platini, Scirea e Tardelli.

Per ricordare quegli anni indimenticabili, Kappa ha preparato una speciale collezione-capsula che vi mostriamo in anteprima: si chiama LA84, ed è composta da un kit da running, da una tuta completa, da una duffle bag e soprattutto dal remake di due sneakers storiche, capaci di rendere omaggio all’atletica americana senza rinunciare allo stile italiano. Torneranno sugli scaffali alla fine dell’estate, in edizione limitata, US Medal e US One, due modelli futuristici per i tempi, che facevano ampio uso di materiali tecnici.

Entrambe sono caratterizzate - anche nel 2015 - da un mix di suede e nylon sulla tomaia, dall’intersuola ammortizzante in etilene vinilacetato e dalla suola in gomma. I colori? non c’è neanche da chiederlo: bianco, rosso e blu.

Il lancio è previsto per il dodici settembre, e la distribuzione sarà limitata ad un pugno di selezionatissimi store in tutto il mondo. I collezionisti - e non solo quelli di sneakers - le attendono con ansia.

You can call us nostalgic, but how beautiful were the Olympic Games in the past? Take Los Angeles 1984: the United States during the Cold War, the boycott put in place by the Soviet camp (in retaliation for a like boycott by the American camp in Moscow four years before), Carl Lewis replicating the victories of Jesse Owens in 1936 Berlin – with both athletes from Alabama, and both 23-year-old. But also the golden medal won by Alberto Cova in the 10.000 meters, the third Olympic medal (a silver) for Sara Simeoni. And when it comes to Italian hits in Los Angeles, the list includes more than the athletes, for there was an Italian brand that sponsored the US national team, and provided special sneakers that made history. We are talking about Kappa, a brand born in the late Seventies that experienced a golden moment in the Eighties, having the logo with the little men associated with Italian Premier League soccer teams such as Juventus (and with players such as Platini, Scirea, and Tardelli).

With a view to rehearsing those marvelous years, Kappa prepared a special capsule-collection of which we show a preview: it’s called LA84 and includes a running kit, a complete tracksuit, a duffle bag and more importantly the remake of two historic sneakers that are capable of paying homage to American athletics without dropping the Italian style. Thus the US Medal and the US One (two futuristic models back then, thanks to a massive use of technical materials) will come back on the shelves in a limited edition. Both characterized (now and then) by a mix of suede and nylon on the upper, by a damping midsole in ethylene vinyl acetate and by a rubber sole. Colors? Needless to say, white, red, and blue.

The launch will be on 12 Sept and the distribution will be limited to a bunch of very selected stores over the world. Collectors (not only of sneakers) are waiting for them impatiently.

KAPPA US MEDAL & US ONE

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Il successo crescente del marchio Drunknmunky segue alcune direttrici semplici: forza, individualità e indipendenza. Le stesse che stanno alla base delle arti marziali Shaolin, ricordate dal logo della scimmietta: proprio quello della “scimmia ubriaca”, del resto, è uno degli stili più noti del kung-fu cinese.

Tuttavia non è certo un successo scontato, visto che l’introduzione del marchio sul mercato italiano non è avvenuta certo in una congiuntura economica particolarmente favorevole. E invece, a dispetto dei profeti di sventura, questo brand dalle radici americane (i modelli Drunknmunky, in effetti, non hanno poi molto di orientale) ha velocemente conquistato fette di mercato nel nostro paese, anche grazie a un’attività di sponsorship mirata che ha coinvolto personaggi della musica e dello spettacolo molto amati dal pubblico più giovane. Raggiunti questi primi obbiettivi, è giunto il momento di consolidare la posizione, allargando l’offerta di prodotto: va proprio in questa direzione la collezione Nine Dots che troveremo sugli scaffali nella stagione autunno/inverno 2015. Nuovi stili in arrivo, com’era lecito aspettarsi. La prima novità riguarda la Seattle: più alta sulla caviglia, con suola più importante e (soprattutto) zip sul retro. Nuovi anche i quattro stili della Phoenix: Phoenix Sham, con con particolari di carattere come la suola trasparente e i dettagli in serpente; Phoenix Naos, Subra e Izar (solo per uomo), in un mix di nylon, reti e scamosciato, colori scuri, dettagli fluo e brillantezze metalliche; Phoenix Phakt, in ecopelle nera con dettagli stile carbonio. Una collezione che guarda decisamente verso il futuro e verso un look quasi fantascientifico.

The increasing success of the brand Drunknmunky stems from a few core values – strength, individuality, independence. The very same traits that characterize the Shaolin martial arts, evoked by the munky in the logo. Indeed, the so-called ‘drunken munky’ style ranks among the most famous styles in Chinese kung-fu. It doesn’t mean that its success came effortlessly, however, since the launch of the brand on the Italian market took place during a very difficult economic situation. So on the contrary, and in spite of all misfortune prophets, this brand with robust American roots (the models

by Drunknmunky have nothing eastern after all) has quickly won market shares in our country, also thanks to a targeted sponsoring activity that involved celebrities from the music and show business much beloved by the young and general public. With these missions accomplished behind, it was time to strengthen the brand’s position by expanding the product range. A tack that’s being tried by the Nine Dots collection that we’ll find on the shelves by the fall-winter 2015. New styles are forthcoming as anyone may have expected. The first news is about the Seattle: a bit higher on the ankle, with a more prominent sole and (more importantly) a zipper on the back. Also new are the four styles of the Phoenix: the Phoenix Sham, with tough-tempered details like the transparent sole and snake details; the Phoenix Naos, Subra and Izar (only for men), with their mix of nylon, mesh, and chamois, dark colors and fluo details and metal brightness; the Phoenix Phakt, in black artificial leather with carbon-style details. A collection that looks forward to the future and to a fairly science-fiction look.

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DRUNKNMUNKY

NINE DOTS

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Pare che il primo a dire “less is more” sia stato il noto architetto e designer tedesco Ludwig Mies van der Rohe, vissuto tra Germania e Stati Uniti tra il 1886 e il 1969. A lui è attribuita anche la paternità del motto “Dio è nei dettagli”, ed è curioso pensare come entrambe le frasi si prestino perfettamente, mezzo secolo dopo la morte di van der Rohe, alla descrizione di un tipico prodotto moderno come le Trase TX (che sta per “textile”, “tessile”) di DC Shoes: scarpe estremamente essenziali eppure pressoché perfette, skate shoe vulcanizzate leggerissime, che fanno del comfort e della flessibilità le loro armi migliori (per non parlare del board feel, fattore che sicuramente non mancherà di interessare agli skater). Come sempre quando si parla di DC Shoes, marchio americano con solide radici nei magici anni Novanta, la varietà di colorazioni disponibili è notevole: ben nove quelle prodotte, tutte piuttosto equilibrate e mai overbranded - l’unico logo visibile è quello, piccolino, posto sul lato della tomaia.

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DC SHOES

TRASE TX A legend goes that the first person who uttered “less is more” was the illustrious German architect Ludwig Mies van der Rohe, who lived in Germany and United States between 1886 and 1969. He’s also credited with the claim that “God is in the details”, and it’s amazing to notice that both sayings are perfectly fit, half a century after van der Rohe’s death, to describe a typical modern product like the Trase TX (meaning textile) by DC Shoes. An extremely essential shoe and at the same time an almost perfect model – a vulcanized and very lightweight skate shoe, whose most powerful trump cards are comfort and flexibility (not to mention the board feel, a feature that can’t fail to seduce all skaters). When talking about DC Shoes, an American brand firmly rooted in the magic Nineties, the color variety is always astonishing: there are nine colorings released, all pretty balanced and never over-branded – the only logo you will see is the small one peeping through the upper side.

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NEW BALANCE 1300

M ade in KOREA - 198 4

Ecco un pezzo da museo. Nel senso che se provate a indossarle, piuttosto che limitarvi a osservarle, si sbricioleranno sotto i vostri occhi. Non perché la qualità costruttiva di questo classico del running New Balance sia scarsa, ma perché il mix di materiali tecnici che le rendeva tanto desiderate nel corso degli Ottanta è purtroppo soggetto a deperimento con l’andare del tempo.

Rimane uno dei modelli più amati della storia della casa americana, riprodotto per anni in esclusiva per il mercato giapponese, e poi di nuovo con produzione Made in Usa. Nel 2015 una nuova release giapponese è andata esaurita in tutto il mondo a velocità ipersonica. Niente male per un modello vecchio di trent’anni, amatissimo dai runner ancora oggi grazie alla silhouette e al color-blocking tuttora al passo con i tempi. Sul mercato del vintage un modello dead stock di metà anni Ottanta che a quell’epoca costava non poco, circa 130 dollari, arriverà facilmente a valere il quadruplo.

This is a museum piece. For if you try to wear these shoes, instead of simply admire them, they will crumble on the spot. Not that the constructive quality of this classic running by New Balance is poor, but the mix of fabrics that made it so attractive back in the Eighties is subject to decay over time. It’s still one of the most beloved models in the history of the American brand, reproduced as an exclusive for the Japanese market, and then again made in the United States. In 2015 a new Japanese release made a speed-of-light sold out over the world. Not bad for a model that is thirty years old, still beloved by all runners across the world thanks to the silhouette and an always fashionable color-blocking theme. On the vintage market a dead stock model from the mid Eighties that back then would be quite expensive (about 130 bucks) will easily cost four times that price.

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Converse sembra essere avara di remake: questo modello ad esempio non è ancora stato riportato sugli scaffali dal gigante americano, nonostante tutti gli altri modelli “black tag” siano stati oggetto di riedizione. Possiamo dire solo che speriamo succeda presto! Le Deck Military infatti sono sneakers storiche, “madri” delle Converse Skidgrip che tanto successo hanno ottenuto in anni più recenti. Questo modello di oltre mezzo secolo fa, ancora in buone condizioni (la semplicità e qualità dei materiali utilizzati la rende ancora indossabile, tra l’altro), l’abbiamo scovato presso uno degli sneakers shop più interessanti di Tokyo, Soma, specializzato in vero vintage e pezzi rarissimi. E a proposito: queste Converse valgono circa 350 dollari, se siete così fortunati da trovarne un paio.

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Converse doesn’t seem too keen on remakes. Take this model, for example: it was never re-launched on the shelves by the American giant, although the other black-tag models underwent a reissue process. We can only say that we hope it will happen soon! The Deck Military is a historic model, the mother of the Converse Skidgrip that more recently enjoyed a very successful season. This pair dating back to half a century ago is still in good condition (and still wearable thanks to the naturalness and quality of materials used): we found it at one of the most intriguing sneaker shops in Tokyo, called Soma, specializing in genuine vintage and unobtainable models. And by the way, this Converse is worth some 350 dollars, if you’re so lucky to find a pair.

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NIKE

FOOTSCAPE M ade in kOREA - 1995

Il running? Nel 1995 era rappresentato principalmente dalle Air Max di Nike e dalle EQT di adidas: questo modello arrivò sul mercato come una bomba, soprattutto a causa dell’allacciatura laterale, poi divenuta una soluzione tutt’altro che inusuale nel corso degli anni a venire, soprattutto sulle scarpe da calcio. Intendiamoci, le Footscape non furono un successo immediato: disegnate dal gruppo di ingegneri dell’Advanced Project Engineering della casa di Beaverton, convinsero più gli appassionati che il grande pubblico. Insieme alle Nike Air Rift nate nello stesso anno formano una delle coppie più strane della storia delle sneakers. Tanto che a partire dai primi Duemila entrambi i modelli vengono riproposti saltuariamente dalla casa dello Swoosh, con grande gioia da parte dei collezionisti, che possono indossare i remake e tenere sotto chiave i modelli originali...

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NIKE FOOTSCAPE

The running sector? In 1995 was largely led by the Air Max by Nike and the EQT by adidas. The latter model impacted the market like a bomb, mainly due to its lateral lacing system, that became a solution absolutely widespread in the subsequent years, especially for the soccer shoes. Let’s be honest, the Footscape wasn’t really a successful operation at the beginning. Designed by the team of engineers from the Advanced Project Engineering of the company from Beaverton, the model was more appreciated by the fans than the general public. Together with the Nike Air Rift that came to light that same year, the two models make up one of the strangest couples in the history of sneakers. So much so that starting with the early 2000 both models were rereleased by the Swoosh every now and then, for the satisfaction of many collectors that can wear the remakes and keep the original models under lock and key.

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NIKE FOOTSCAPE

Nike Footscape Fragment, uscite nel 2009, erano distribuite solo a livello Tier Zero

Nike Footscape Woven Hamsters Hide Out, 2006.

Tra i primi ibridi della Footscape negli anni 2000, con materiali super premium con l’utilizzo della tecnologia Upper Woven

Nike-Air-Footscape-Freemotion-White-Red: prima volta che sulla tomaia della Footscape viene utilizzata la tecnologia Fly Wire. Era il 2010.

Nike Air Footscape Woven Chukka Knit - “Red Reef” uscite per la prima volta nel 2013, prime Footscape ad essere disegnate con innalzamento della tomaia

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MIZUNO

RCT RACER M ade in kor e a - 1996-97

Raramente parliamo di Mizuno, un marchio giapponese che nonostante la sua storia ultracentenaria (l’azienda fu fondata dal patriarca Rihachi Mizuno nel lontanissimo 1906) non sembra essere mai davvero entrato nel cuore dei collezionisti. Eppure di tanto in tanto ci capitano sotto gli occhi modelli davvero notevoli, come questo scovato su eBay qualche mese fa: si tratta di sneakers da running leggere e affusolate, costruite con un mix davvero notevole di nylon, suede e mesh sulla tomaia. La colorazione, poi, è quintessenzialmente anni Novanta, con i dettagli flash che spiccano sulla base bianca. Non sappiamo quanto possano valere, anche perché i materiali utilizzati (poliuretano, EVA e altre materie plastiche) sembrano aver pesantemente risentito del passare del tempo. Però il piccolo logo “Transpower” dietro la caviglia è una vera chicca.

We seldom expand upon Mizuno, a Japanese brand that in spite of its history of more than a hundred years (the company was founded by the patriarch Rihachi Mizuno in 1906), it doesn’t seem to ever have really won the hearts of collectors. But every time and again we chance upon some models that are really remarkable, and this pair we found on eBay a few months ago is a case in point. A very lightweight and tapering running sneaker, made of an impressive mix of nylon, suede, and mesh on the upper.

The coloring is profoundly tied to its Nineties conception, with flash details that stand out from a white background. We don’t know how much it may cost, also because the materials used (polyurethane, EVA, and other plastics) appear to have suffered from the passing of time. But the small Transpower logo behind the ankle is still a sweet.

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nike

AIR SCREAM LWP M ade in tai wan - 1995

LWP sta per Lightwight Performance, una linea sviluppata dal reparto ricerca & sviluppo di Nike a metà degli anni Novanta, e oggi quasi dimenticata.

Nel tentativo di ripetere il successo delle Air Huarache, la casa di Beaverton diede la stura a una serie di esperimenti di design non sempre riusciti al cento per cento, però sempre interessanti. È il caso ad esempio delle Air Scream, sorelle minori delle storiche Air Go indossate da Penny Hardaway e Jason Kidd sui parquet dell’NBA. In questo caso però si tratta di un modello non da basket, ma dedicato al cross-training, caratterizzato dal sistema di ammortizzazione Air che correva lungo l’intera intersuola, costruita con leggero e flessibile phylon. Sneakers molto tecniche, degne della linea che introdusse all’interno delle collezioni dello Swoosh la tecnologia Zoom Air, che ai tempi era chiamata semplicemente Tensile Air.

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nike AIR SCREAM LWP

LWP stands for Lightweight Performance, a line designed by the Research and Development department in the mid Nineties, and today almost forgotten. In the attempt to replicate the success of the Air Huarache, the company from Beaverton gave birth to a series of design experiments that didn’t hit the mark on a regular basis, but were always interesting. The Air Scream, little sister of the historic Air Go worn by Penny Hardaway and Jason Kidd on the NBA parquets, is a case in point, although this isn’t really a basketball model, but a shoe dedicated to cross-training, characterized by a Air damping system that used to cover the whole midsole, made of lightweight and flexible Phylon. A fairly technical sneaker, worthy of the line that introduced the Zoom Air technology (that back then was simply called Tensile Air) into the Swoosh collections.

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adidas italia

M ade in WE ST GERMAN Y - 1970

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Le più belle adidas da running degli anni Settanta, meglio anche di classici come Rom e Vienna. Rare, tanto difficili da trovare che non erano presenti neppure all’interno dell’archivio adidas di Herzogenaurach quando l’abbiamo visitato nel 2010. Valgono circa 800 dollari sul mercato del vintage (ovviamente, ammesso di assicurarsene un paio in condizioni deadstock) anche perché non sono mai state oggetto di remake - almeno non in questa versione seventies, che andrebbe a completare perfettamente una serie di retro model che già comprende Samoa, Topanga , Tahiti e Spezial. Speriamo che tornino presto, possibilmente nella linea di alta qualità Consortium.

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adidas italia The most beautiful running adidas from the Seventies, even better than classic models such as the Rom and the Vienna. It’s so rare and so hard to find that even the adidas archive in Herzogenaurach didn’t possess a pair when we visited in 2010. It is worth 800 dollars on the vintage market (of course, assuming the pair you find is a deadstock pair) also because it was never targeted by any remake initiative – at least in this Seventies version, that would aptly complete a series of retro models that already encompasses the Samoa, the Topanga, the Tahiti, and the Spezial. We hope they’ll be back soon – hopefully in the high quality line Consortium.

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Adidas Italia, made in West Germany degli anni 60

Remake dei primi anni del duemila dell’adidas Italia, questo è il modello della fine degli anni ‘60

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NIKE

AIR PREVAIL M ade in tai wan - 1994

Siamo convinti che internet conservi la memoria di ogni cosa, ma è un’illusione. Soprattutto se si parla di prodotti pre-2000.

Queste Air Prevail ad esempio sono pressoché cadute nel dimenticatoio, soprattutto a causa della mancanza di un remake che avrebbe potuto riportarle all’attenzione dei collezionisti più giovani. Si tratta di un classico modello da basket nato nella prima metà degli anni Novanta, e salito agli onori delle cronache soprattutto perché indossato sul parquet del Rookie Challenge del 1994 da un giovane Penny Hardaway. Dal punto di vista del design, ricordano le coeve Nike Air Unlimited (soprattutto a livello di suola e intersuola) e Air Maestro. Il valore è di circa 250 dollari, ma si tratta di un modello raro più che ricercato, quindi potreste portarvele a casa anche con qualche soldo in meno.

We tend to assume that the internet keeps a record for everything, but it’s an illusion. Especially when it comes to products released before the year 2000. This Air Prevail for example is almost entirely forgotten, especially because there was no remake to help attract the attention and refresh the curiosity of the youngest collectors. It’s a classic basketball model dating back to the early Nineties which was raised to the altars because the young Penny Hardaway wore these kicks on the parquet of Rookie Challenge in 1994. From a design point of view, this model is reminiscent of the coeval Nike Air Unlimited (especially regarding the sole and midsole) and Air Maestro. Its quotation floats around 250 bucks but the model is simply rare (more than sought-after), so you might find a pair for a lower price.

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NIKE

AIR SUPPORT M ade in kore a - 1987

Come battere la concorrenza di un modello come le Air Max 1? Impossibile: le Air Support sono state condannate all’oblio per il semplice fatto di essere state lanciate sul mercato insieme a una delle sneakers più amate della storia Nike. Ma è un peccato.

Si tratta infatti di running shoes davvero splendide esteticamente, e capaci di garantire ottime performance ai corridori, grazie al cuscino d’aria che correva lungo tutta l’intersuola, incapsulato all’interno di uno strato di poliuretano che offriva una maggiore stabilità rispetto all’etilene vinilacetato che rappresentava lo standard in quel periodo storico. Oggi i modelli usciti negli anni Ottanta sono sda guardare e non toccare (indossarle è fuori discussione), quindi potrebbe essere arrivato il momento giusto per un remake: dopo Windrunner, Air Pegasus di diverse annate e Air Odissey, potremmo rivedere le Air Support nell’arco dei prossimi tre anni. In attesa di quel momento, il valore di un paio di Support OG si aggira intorno ai 350 dollari.

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nike air support

How to resist the competition from a model like the Air Max 1? Impossible. So the Air Support was sentenced to oblivion for the simple reason of being launched on the market together with one of the most beloved sneakers in the history of Nike. What a pity! For it was really a marvelous running model, and also capable to enable the runner with an excellent performance thanks to the air cushion covering the whole midsole, encapsulated within a polyurethane layer that confers more stability by comparison to the ethylene vinyl-acetate that was the standard solution back then. Today the models released in the Eighties can be admired, not touched (forget about wearing them), so it might be the time to plan a remake: after the Windrunner, the Air Pegasus (fromvarious epochs) and the Air Odissey, we may have a chance to see the Air Support within the next three years. In the meanwhile, the price of a pair of Support OG floats around 350 bucks.

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