€ 5 , 00 • Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
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#32/78 bim / italy eDitio N / m arch april ‘17
# 32/78 2017 marzo - aprile
€ 5 , 00 • Poste Italiane
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Abbonamento Postale
- D.L. 353/2003 (convertito
in Legge 27/02/2004
n° 46) art. 1, comma
1, LO/MI
marzo / aprile 017
SNEAK ERSM
AGAZ INE.IT
in questo numero in this issue
sections collabos 8 10 12 14 16 18 20 22
Feature X Saucony Courageous stone island X nike sock dart mastermind japan X converse CHUCK TAYLOR ALL STAR hanon X reebok Club c ubik X diadora n 9000 packer shoes X asics GEL-LYTE V Gtx j. crew X new balance 998 SAUCONY X giro d’italia KINVARA 8
MrBarba 88 sneakers culture Soma, tokio
Annuale: Euro 25,00 per 6 numeri Modalità di pagamento: tramite PayPal dal sito www.sneakersmagazine.it
Consulente Michele R. Serra
Direttore generale Antonio Kobau Di Filippo
Fotografi Ivan Grianti, Giuseppe Repetto, Gisella Motta
Coordinamento Editoriale Andrea Caviggia
Grafica Kiki Guindani - ArtK
Supervisione Marco Colombo
Traduzioni Sergio V. Levi
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SAUCONY GRID 8500 Asics tiger Gel-Kayano Trainer Knit Lacoste LT SPIRIT ELITE Sperry 7 SEAS New Balance 247 New Balance M577, M1500, M576, M991.5 & EPIC TR karhu Fusion 2.0 puma IGNITE Limitless STAMPD x puma Clyde dc SHOES heathrow prestige timberland FLYROAM CHUKKA & OXFORD
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brand profile BePositive opinion knit war shop itw Sneakers 76 opinion UGLY IS THE NEW BEAUTIFUL people KANYE & KARHU event lover sneakers winter edition 82 people walter “clyde” frazier
Nello scorso numero, nel Road test (Running Section), abbiamo provato le scarpe La Sportiva Mutant e non le Ultra Raptor come è erroneamente apparso nel testo.
Presidente e Direttore responsabile Giuseppe Angelo Berto
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errata corrige
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contents
Segreteria Daniela Furlan daniela@ambadvertising.it Amministrazione amministrazione@ ambadvertising.it Informazioni info@ambadvertising.it www.sneakersmagazine.it
Sede legale via XXIX Maggio, 18 20025 Legnano (MI) Stampa TMB Grafiche srl - Gorgonzola Sneakers magazine è una rivista
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AMB Advertising srl è iscritta al ROC con il n. 19928
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editoriale editorial Viviamo strani giorni. O almeno, questa è l’impressione. E anche se a volte
Our times are pretty strange, or so it seems. And although we are
rimaniamo senza parole di fronte ai miti e ai riti della società contempo-
often left speechless when faced by the myths and the rites of con-
ranea, non possiamo che dichiararci fortunati, nel poter osservare da vi-
temporary society, we can only call ourselves lucky, because we
cino tempi tanto interessanti. Allo stesso modo non possiamo rinunciare
have the opportunity to explore such a stimulating historic mo-
a raccontarli e interpretarli, sempre dal nostro particolare punto di vista: quello di veri appassionati che cercano di non perdere la bussola in un mare di sneakers sempre più agitato. L’attualità ci ha ispirato riflessioni che trovate nel cuore di questo numero:
ment. At the same time we can’t refrain from trying to interpret and describe our epoch, always from our peculiar point of view – from the perspective of a team of enthusiasts that strive not to lose our head within a rough sea of sneakers. Some recent news led us to develop reflections that you’ll find
una riguarda da vicino il marchio Karhu (che noialtri amiamo da tempi
expressed in this issue: the first concerns the brand Karhu (that
non sospetti) e la più mediatica star della musica contemporanea, la tro-
we’ve been loving for a long time) and one of the most famous
vate a pagina 50. L’altra riguarda una dialettica antica – quella tra brutto
stars of contemporary music – you’ll find it on page 50. A second
e bello, nientemeno – che ultimamente sembra essere tornata al centro
issue is about an old dispute (concerning the relationship betwe-
anche del discorso intorno alle sneakers: pur consci di non avere le basi di filosofia ed estetica necessarie per affrontare un simile problema teorico, ci siamo divertiti a ragionarci sopra, da pagina 68. Di altrettanto stringente attualità, anche se forse di interesse più tecnico, è il tema delle tomaie
en the ugly and the beautiful, nothing less) that seems to have become relevant within the discourse on the sneakers. While we may lack the philosophical and aesthetic underpinnings required to deal properly with such a theoretical issue, we took delight in exploring it from page 68. Of equal relevance to the actual situa-
lavorate a maglia che sembrano dominare il panorama delle sneakers
tion, but perhaps more technically oriented, is the issue about the
nelle ultime stagioni, conquistando le nuove generazioni e dividendo
knit uppers that have come to dominate the world of sneakers
gli appassionati più attempati: un piccolo riassunto di questa storia che
over the last few seasons, attracting the young generation and di-
coinvolge molto denaro, nuove tecnologie, grandi designer, ma anche
viding the more elderly. A sketchy outline of this development that
avvocati e giudici, lo trovate a pagina 58.
involves big money, cutting-edge technology, great designers, but
Dunque, tanta attualità in questo numero. Ma attualità significa anche una cornucopia di nuovi modelli, lanciati sul mercato dai grandi brand in vista della stagione calda che sta per aprirsi davanti a noi (e speriamo sia
also lawyers and judges can be found on page 58. So a lot of current affairs enrich this number. But news also means a panoply of new models, that the great brands have launched on the market for the coming warm season (and we hope it has alre-
già arrivata, quando leggerete queste righe). Notevoli ad esempio quelle
ady arrived when you read these lines). For example, a remarkable
presentate da Saucony da pagina 22 in poi, a partire da una limited edi-
model presented by Saucony is explored from page 22, based on
tion tutta rosa: non si tratta di una scelta fashion, quanto di un omaggio
a total pink limited edition: it’s not a fashion-driven solution, but
alla più importante corsa ciclistica italiana, che compie quest’anno cento
a way to pay homage to the most important bicycle tour that ta-
edizioni (!). Altrettanto interessanti i nuovi progetti targati Asics, Lacoste,
kes place in Italy, that this year celebrates its 100th edition. Equal-
Sperry, New Balance, Karhu, Puma, DC Shoes e Timberland: una carrellata di notizie (e di sneakers, soprattutto) fresche di stagione, che potrete godervi a partire da pagina 28.
ly interesting are the new projects by Asics, Lacoste, Sperry, New Balance, Karhu, Puma, DC Shoes and Timberland: a roundup of in-season events (and more importantly, sneakers) that you can enjoy from page 28 on.
Nella seconda parte del giornale il ritmo si fa meno serrato, per darvi il
In the second part of the magazine the pace of reading slows
tempo di godervi il riassunto della storia di un marchio italiano che ab-
down a bit with a view to taking the time to enjoy the following
biamo sempre apprezzato per il suo stile davvero originale (BePositive, a
topics: a sketchy history of an Italian brand that we have always
pagina 64); l’intervista a quello che ormai potrebbe essere considerato
appreciated for its original style (BePositive, on page 64); an in-
il più importante sneakers shop della penisola, almeno dal punto di vi-
terview with what we may consider the most important sneaker
sta culturale (Sneakers 76, a pagina 76); e dulcis in fundo, un reportage speciale in diretta (ok, quasi…) dal Giappone, opera del nostro esperto di vintage, Mr. Barba. Sempre all’insegna del collezionismo hardcore, naturalmente.
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akers 76, on page 76); last not least, a special reportage in real time (or an almost real time) from Japan, released by our vintage expert, Mr. Barba – always for the sake of hardcore collectors all over the world.
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shop of our peninsula, at least from a cultural point of view (Sne-
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Feature X Saucony Courageous La sneakers boutique Feature sta trasformando le sue vetrine di Las Vegas, a pochi passi dal Boulevard più noto del nordamerica, in un punto di riferimento per la community degli appassionati. E sta mettendo a segno una collaborazione di alto livello dopo l’altra. Dopo quelle recenti – viste anche su queste pagine – con Asics e Diadora, eccone una con Saucony, storico marchio running del Massachussetts. Al centro, un modello-icona pescato dagli archivi del brand come le Courageous, ancora attualissime a molti anni di distanza dal loro primo lancio sul mercato.
IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 8
Un vero catalogo di pellami di alta qualità, con il suede lavato come elemento principale. A repertoire of high-quality hides, with a washed suede as a core element.
Colorazione: 7
Un piacevole allontanamento dal minimalismo cromatico che sembra imperare in questo momento storico nel mondo sneakers. A nice departure from the chromatic minimalism that seems to dominate the sneaker world in this particular historical epoch.
Concept: 4
Francamente le collaborazioni a tema alimentare sono veramente troppe. Tanto che sembrano frutto più della pigrizia, che di un’autentica passione.
The sneaker boutique Feature is transforming its Las Vegas windows (located a few steps from the most famous American Boulevard) into a major reference point for the enthusiasts’ community. And it’s scoring a whole series of high-level collaborations. After the recent ones with Asics and Diadora that we presented in this magazine, here’s one with Saucony, a historic running brand from Massachusetts. This collabo hinges around a icon-model picked out from the brand’s archives such as the Courageous, still very modern after many years from their launch on the market. 8
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The collaborations with a food theme have become frankly too many. So much so that they seem to stem more from laziness than from a genuine passion.
Retail: 8
120 dollari è un prezzo estremamente corretto per una limited edition di questa levatura. 120 dollars is an appropriate price for such a pre-eminent limited edition.
Resell: 6
Esaurite, ma il prezzo sui siti di aste online non sembra essersi alzato granché. Though a sold out, its price on the auction websites hasn’t increased very much.
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stone island X nike sock dart Il nome sulla bocca di tutti è sempre quello di Tinker Hatfield, il designer responsabile di alcuni tra i modelli più iconici della storia Nike. Ma anche suo fratello Tobie, entrato all’interno del reparto ricerca e sviluppo di Beaverton nel corso dei Novanta, può contare su un curriculum di tutto rispetto: tra i successi della sua carriera c’è un modello di culto come le Sock Dart, da qualche stagione di nuovo al centro dei progetti dello Swoosh. Sneakers quintessenzialmente estive, le Sock Dart diventano adatte anche a climi più rigidi grazie alla prima collaborazione footwear tra Nike e Stone Island.
IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 8
Niente pellami pregiati, ma diversi materiali tecnici. No precious hides, but various technical materials.
Colorazione: 7
Tre tinte classicamente militaresche. Three quintessentially military hues.
Concept: 6
Un modello storico “pimpato” quanto basta. Ma il dna Stone Island legato all’outerwear è difficilmente ibridabile con quello di Nike.
A historic model quite pimped. But the Stone Island outwear DNA is hardly compatible with Nike’s style.
The most hyped name is always the name of Tinker Hatfield, the designer responsible for some of the most iconic models in the history of Nike. But his brother Tobie, who joined Beaverton’s research and development office during the 1990s, can also boast a honorable curriculum: the hits marking his career include such a cult model as the Sock Dart, which came back to occupy the heart of the Swoosh over the last few seasons. A quintessentially summer sneaker, the Sock Dart is also suitable for a colder weather thanks to the fist footwear collaboration between Nike and Stone Island. 10
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Retail: 6
192 euro, almeno il 50% in più rispetto ai modelli di linea. Una differenza di prezzo notevole. 192 euro, meaning some 50 percent more than the line models. Definitely a remarkable difference.
Resell: 7
Esaurite, per ora passano di mano a circa il 30% in più del prezzo retail. Ma le quotazioni si stanno alzando.
Already sold-out, these kicks tend to be resold for a price that is 30 percent more than the retail. But the quotes are rising.
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mastermind japan X converse CHUCK TAYLOR ALL STAR Il marchio Mastermind Japan aveva annunciato la chiusura nel 2013, dopo un quindicennio circa di successi sul mercato dello streetwear nipponico. Però il designer e fondatore di Mastermind, Masaaki Homma, non ha mai avuto davvero intenzione di ritirarsi a vita privata. Con l’estate 2016, il marchio è tornato ufficialmente sugli scaffali, e ha ricominciato a fare quello che sa fare meglio: collaborazioni. E così ecco un paio di classiche All Star riviste con la classica estetica dark/punk legata al brand di Tokyo. Disponibili solo sul mercato giapponese.
IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 7
Pelle di alta qualità per la tomaia. E qualche altro particolare custom. High quality leather for the upper and a few custom details.
Colorazione: s.v.
Impossibile giudicare un marchio che da sempre si veste solo di bianco e nero. Apprezziamo, in ogni caso, la coerenza.
Impossible to assess this entry when you deal with a black and white brand. In any case, we appreciate the coherence.
Concept: s.v.
Mastermind Japan, più che rifornire con nuove idee il suo discorso estetico, lo porta avanti con una determinazione che assomiglia ogni giorno di più alla testardaggine. Inutile criticarlo o esaltarlo. È così, e basta.
Instead of feeding its aesthetic discourse with new ideas, Mastermind Japan goes on rehearsing it with a confidence that turns into obstinacy. No room to praise or blame them for that – it’s what they are.
The brand Mastermind Japan had announced its closing in 2013, after some fifteen years of success on the Japanese street-wear market. But in fact, Mastermind’s designer and founder, Masaaki Homma has never had the intention of retiring to private life. On summer 2016 the brand officially came back on the shelves, and restarted to do what it’s most adept at doing, collaborating. Hence here’s a pair of classic All Stars reinvented through a classic dark-punk aesthetics associated with the brand from Tokyo. Available on the Japanese market. 12
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Retail: 4
Il prezzo, come sempre quando si parla del marchio di Masaaki Homma, è puramente arbitrario: 220 euro. As is often the case with Masaaki Homma’s brand, the price of this shoe (220 euro) is simply arbitrary.
Resell: 7
I reseller ci si sono buttati sopra a corpo morto, e in effetti passano di mano con un sovrapprezzo di circa il 40%.
The resellers have accepted the challenge wholeheartedly, so these sneakers are already being resold at a 40 percent surcharge.
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hanon X reebok Club c Hanon, il più noto sneakers shop scozzese con base ad Aberdeen, da sempre ha un approccio molto serio alle collaborazioni. E anche queste Club C, ennesimo progetto realizzato insieme a uno dei marchi quintessenziali della tradizione anglosassone, non fanno eccezione: tre paia di lacci aggiuntivi, sacchetto antipolvere custom, tanti piccoli particolari che fanno la differenza. Il risultato è un buon mix tra tradizione e innovazione: raggiunto, insomma, l’obbiettivo fondamentale ricercato da ogni progetto collaborativo degno di questo nome. Ispirandosi ancora una volta alla sua tradizione locale, il team del noto store con base ad Aberdeen ha messo insieme un’originale makeup che rende omaggio ai guerrieri scozzesi del Medioevo attraverso un mix di materiali premium come, con raffinati dettagli che richiamano il tema della collaborazione. Presentata in packaging d’eccezione con tanto di borsetta e tre set di lacci aggiuntivi, la scarpa sarà disponibile dal 28 Gennaio in quantità limitate da Hanon e tra selezionati rivenditori Reebok Classic. Hanon, the most famous Scottish sneaker shop based in Aberdeen, has always entertained a very serious attitude towards the idea of collaborations. And this Club C, umpteenth project realized with one of the most representative brands of the English tradition, is no exception: three additional pairs of laces, and a host of small details that make a difference. As a result we have a balance of tradition and innovation – which means that the ultimate purpose of whatever collaborative project deserving this name has been realized. Inspired once again by their local tradition, the team of the famous store based in Aberdeen has put in place an original make up that pays homage to the Scottish medieval warriors through a mix of different premium fabrics, with refined details that reflect the collaboration’s theme. Presented in an exceptional packaging with dedicated handbag and three sets of additional laces, the shoe will be available starting from 28 January in limited edition at Hanon and a few selected Reebok Classic resellers. 14
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IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 8
Classico il suede pigskin, meraviglioso il mesh ballistic che dà alla tomaia un aspetto davvero resistente.
A classic pigskin suede, and a marvelous ballistic mesh that endows the upper with a resistant look.
Colorazione: 7
Notevole, e molto in stile Hanon, il color-blocking su tinte tenui. Tuttavia una suola così chiara è davvero poco funzionale: meglio usare queste sneakers solo in occasioni speciali.
The soft-hues color blocking is remarkable and consistent with Hanon’s style. But the sole is too light-colored and hardly practical: better use this kicks on your special occasions.
Concept: 7
“Claymore”, è il titolo di questo modello: così veniva chiamata, pare, la pesante spada a due mani usata dai guerrieri scozzesi durante le guerre tra clan del diciassettesimo e diciottesimo secolo.
Claymore is the title of this model; thus used to be called, we are told, the heavy sword employed by the Scottish warriors during the wars that took place from the seventeenth to the eighteenth century.
Retail: 8
90 sterline, ottimo pricepoint per un prodotto di tale qualità. 90 pounds is a good pricepoint for such a high-quality product.
Resell: 6
Aspettatevi di riottenere i soldi che avete speso, in caso doveste venderne un paio. Le quotazioni non sembrano destinate a salire granché.
You will be able to get the money you spent when you decide to sell it. The quotations don’t seem likely to rise much.
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ubik X diadora n 9000 Seconda collaborazione sulle N9000 tra il marchio italiano stabilmente tornato tra i grandi nomi del mondo sneakers e la boutique di Philadelphia: questa volta l’ispirazione è quintessenzialmente made in Philly, visto che la colorazione e il packaging speciale riprendono il piatto simbolo della città, il panino “Cheesesteak” inventato dall’italo-americano Pat Olivieri negli anni Venti del ventesimo secolo e divenuto sinonimo di street food in Pennsylvania. E quando si tratta di grandi classici della cucina, bisogna essere molto attenti sia nella scelta degli ingredienti che nella preparazione.
IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 8
Due parole: alta qualità. In più c’è la costruzione Made in Italy, che beatifica la maggior parte dei progetti collaborativi Diadora (e ci mancherebbe!).
Two words: high quality. And more than that, the construction is made in Italy, as typical of most of the collaborative projects by Diadora (and for a good reason).
Colorazione: 8
Il risultato è davvero notevole, perfino elegante: considerando l’ispirazione assolutamente popolare, non è poco.
The outcome is really remarkable, even elegant; that is no small feat, if we consider the popular inspiration.
Concept: 5
Pur se ben eseguito, si tratta dell’ennesimo paio di sneakers-ispirate-a-panini. Sarebbe meglio mettere in pausa questa idea per un po’.
Although well done, it’s the umpteenth pair of sneakers inspired to this or that sandwich. It would be good if this trend could be frozen for some time.
Second collaboration on the N9000 between the Italian brand that made its stable comeback among the giants of the sneaker world and the boutique from Philadelphia: this time the inspiration is quintessentially made in Philly, since the coloring and the special packaging recall the city’s typical dish, the Cheesesteak sandwich invented by the Italo-American Pat Olivieri in the 1920s and soon become synonymous with street food all over Pennsylvania. And when it comes to the great classics of cookery, one must be very careful both in the choice of the ingredients, and in the way a dish is prepared. 16
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Retail: 7
Il prezzo sfiora i duecento dollari, ma è difficile criticare una tale qualità costruttiva. E poi, c’è anche il packaging speciale.
The price is almost 200 dollars, but it’s hard to criticize the constructive quality. And besides, you have a special packaging
Resell: 6
Non sembrano aver suscitato grandissimo hype, ma certo non perderete soldi se deciderete di rivenderle. It doesn’t seem to have generated much hype, but you will not lose your money if you decide to resell.
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collabos review
packer shoes X asics GEL-LYTE V Gtx Fa piuttosto freddo, sulla costa est degli Stati Uniti. Almeno all’altezza di Teaneck, cittadina del New Jersey poco lontana dall’isola di Manhattan. Dunque non è certo strano che Packer Shoes, uno dei negozi storici della sneakers culture newyorchese (anche se tecnicamente, come dicevamo, non si trova a New York), abbia unito le forze con Asics Tiger per una limited edition speciale nei giorni più rigidi dell’anno: il pacchetto comprende Gel-Lyte V GTX (versione invernale delle classiche Gel-Lyte V) e due cappelli fitted New Era con loghi Gore-Tex.
IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 7
Tutta pelle completamente waterproof – grazie alla membrana in Gore-Tex – per la tomaia: questa versione delle Gel-Lyte V mantiene le promesse.
Thanks to the membrane in Gore-Tex, the leather of the upper is entirely waterproof: this version of the Gel-Lyte V keeps its promise.
Colorazione: 7
Niente di particolarmente originale, vero. Però nero e arancione sono due tinte che immediatamente tutti associano all’abbigliamento tecnico con il marchio Gore-Tex. E stanno bene insieme. Nothing very original, admittedly. But black and orange are two hues that everyone immediately associates with the technical clothes by the brand Gore-Tex. And they make up a nice couple.
Concept: 6
Non si può dire che si voli alto dal punto di vista dei riferimenti culturali. Ma a volte la semplicità paga. You can’t say that this version flies high in terms of cultural content. But sometimes being simple is better.
The weather is quite cold, on the United States’ East Coast. Or at least it’s cold in Teaneck, a town in New Jersey in the vicinity of Manhattan. So it is no surprise that Packer Shoes, one of the historic shops of the local sneaker culture (although, as we said, it isn’t located in New York City, properly), has decided to join forces with Asics Tiger to issue a special limited edition in the coldest days of the year: the package thus includes a Gel-Lyte V GTX (a winter version of the classic Gel-Lyte V) and two New Era fitted hats with Gore-Tex logos. 18
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Retail: 6
170 dollari: comprensibile, considerando la pelle totale e il trattamento Gore-Tex. In ogni caso, non esattamente conveniente.
170 bucks can be understood, given the total leather and the Gore-Tex treatment. At any rate, not very cheap.
Resell: 6
I prezzi sui siti di aste online non si scostano di molto da quello retail.
The prices on the main auction websites don’t depart too much from the retail price.
segui in nuovo profilo instagram di
@s n e akersm ag azi n e _i t al y Sneakers m
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j. crew X new balance 998 Si chiama “In good company” il progetto del retailer americano J.Crew che prevede la distribuzione di edizioni esclusive realizzate in collaborazione con marchi di mezzo mondo, da Baracuta a Shuttle Notes, passando per Birkenstock e Alden. Non poteva mancare in questa lista un classico Made in Usa come New Balance, che propone al pubblico di J.Crew le sue iconiche running anni Novanta 998. Poche paia disponibili per una release destinata ad andare esaurita in breve tempo, come al solito.
IL GIUDIZIO/Evaluation Materiali: 7
Tutto già visto, ma anche tutto di alta qualità. Con in più la garanzia della produzione Made in Usa. All is familiar, and all high quality. On the top of that, there is the warranty of a Made in Usa production.
Colorazione: 5
Francamente gli accenti verdi di varie tonalità diverse non convincono granché. The green accents in various hues aren’t very compelling, honestly.
Concept: 6
Tucano: uno splendido volatile, senza dubbio. Ma non abbiamo capito bene cosa c’entri con la tradizione di New Balance (o con quella di J.Crew, peraltro).
Toucan is by all means a marvelous bird. But we didn’t get its purported relationship with the tradition of New Balance (or J. Crew, for that matter).
Retail: 8
‘In good company’ is a project launched by American retailer J. Crew, which involves the distribution of exclusive editions realized in collaboration with brands from the four corners of the earth, from Baracuta to Shuttle Notes, from Birkenstock to Alden. A classic Made in Usa such as New Balance could not be missing, so the brand decided to offer the public of J. Crew its iconic running from the 1990s, the 998. A few pairs available, for a release destined to become a sold out very soon, as usual. 20
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180 dollari, il prezzo della versione in suede 998 di linea. La tiratura limitata non incide sul prezzo, ed è giusto così.
180 dollars is the price of the line version of the 998 in suede. So, quite correctly, the limited production had no effect on the price.
Resell: 4
Non sarà certo un grande affare per i rivenditori, ma del resto non si tratta di un prodotto costruito per generare hype.
It might not be a big deal for the resellers, but after all this product was not meant to generate a special hype.
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SAUCONY X giro d’italia KINVARA 8 Centesima edizione del Giro d’Italia in poco più di un secolo di storia (la prima corsa si è tenuta infatti nel 1909, con le uniche pause dovute ovviamente alle guerre mondiali). Mica male per l’idea nata dalla testa di un giornalista della Gazzetta dello Sport, il forlivese Tullo Morgagni, responsabile negli anni intorno al 1900 della fondazione di altre competizioni leggendarie come il Giro di Lombardia e la Milano Sanremo. Per festeggiare degnamente questo importantissimo traguardo, RCS Sport – che ancora oggi organizza il Giro tramite la società Giro d’Italia – ha deciso di produrre un paio di sneakers a tiratura limitata realizzate in collaborazione con Saucony. L’azienda di Boston ha scelto uno degli articoli più rappresentativi e di maggior successo, tra quelli che hanno determinato la forte crescita del brand negli ultimi anni: Kinvara 8, modello running ultraleggero e all’avanguardia della tecnica, studiato per offrire il massimo comfort, protezione e flessibilità. Inutile dire che la scelta cromatica per questa limited edition era pressoché obbligata: rosa totale, come la maglia tradizionalmente indossata dal leader della classifica generale e ovviamente ispirata al colore delle pagine del più noto quotidiano sportivo italiano.
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Hundredth edition of the Giro d’Italia in slightly more than a century of history (the first competition took place in 1909, and the tradition that followed was only interrupted during the world wars). Not bad for an idea invented by a journalist of the Gazzetta dello Sport, Tullo Morgagni from Forlì, who had also founded (around the early Twentieth century) other famous competitions such the tour of Lombardy and the Milano-Sanremo. With a view to aptly celebrating such an important milestone, RCS Sport (that organizes the Italian tour through the firm Giro d’Italia) has decided to produce a pair of sneakers in limited edition realized in collaboration with Saucony. The company from Boston has chosen one of the most representative and successful items (from among those which contributed to the powerful growth of the brand over the last few years): the Kinvara 8, a ultra lightweight running model in the forefront of technology, designed to allow the utmost comfort, protection and flexibility. Needless to say, the chromatic choice for this limited edition was almost unavoidable: total pink, like the shirt traditionally worn by the runners leading the general ranking, and inspired, of course, by the color of the most famous Italian sport daily.
girlpower / #02 / M arch ‘17 / ita ly EDitiON SupplEMENTo A SNEAKERSMAGAZINE N. 32/78 MARZo - ApRIlE 2017
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SAUCONY
GRID 8500
La storia di Saucony ha profonde radici nella tradizione del running americano, e non stupisce che il marchio del Massachussetts continui a pescare dal profondo dei suoi archivi meravigliosi modelli usciti per la prima volta qualche decennio or sono, e ancora oggi attualissimi. Una storia tanto solida, da permettere al brand di giocare perfino con le sue icone, mettendo in atto interessanti operazioni di remix, come quella rappresentata dalle Grid 8500: scarpe costruite sulla base di Grid 8000 e Grid 9000, modelli senza dubbio meritevoli di entrare nel novero delle sneakers piÚ riuscite degli ultimi trent’anni, degne concorrenti ai tempi del loro primo lancio sul mercato di superclassici come le Reebok Ventilator e le prime Nike Air Max. Dalle Grid 9000 arriva la tomaia, dalle Grid 8000 suola e intersuola, che nasconde nel cuore la tecnologia Ground Reaction Inertia Device che dà il nome al modello: un sistema di ammortizzazione capace di proteggere il piede senza sacrificare in alcun modo la notevole leggerezza necessaria a un paio di sneakers da running degno di questo nome. 24
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SAUCONY GRID 8500
The history of Saucony goes back to the American running tradition, so it’s no surprise that the brand from Massachusetts goes on picking out from their archives some wonderful models first released a few decades ago and still so modern today. Its history is enough robust to allow the brand to play with its own icons, concocting compelling remix initiatives, such as the one represented by the Grid 8500 – a synthesis obtained on the basis of the Grid 8000 and the Grid 9000, two models deserving, by all means, to be ranked among the most successful sneakers of the last thirty years, capable of competing since their first launch with such super classic hits as the Reebok Ventilator and the early Nike Air Max. While the upper was borrowed from the Grid 9000, the Grid 8000 provided the sole and midsole – which implements the technology called Ground Reaction Inertia Device that gives its name to the model – a cushioning system that protects your foot without jeopardizing the impressive lightness that every pair of running sneakers deserving the name are required to have. 26
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Asics tiger
Gel-Kayano Trainer Knit C’è un unico filo che unisce l’umanità. Il messaggio dell’ultima campagna promozionale prodotta da Asics Tiger risuona ancora più forte in questi tempi difficili, in cui l’incontro – più spesso, lo scontro – tra diverse culture sembra essere tema fondamentale destinato a non tramontare nel prossimo futuro. “We are all woven from the same thread”, racconta il breve filmato in bianco e nero che accompagna il lancio delle Asics Tiger Gel-Kayano Trainer Knit, ultimo nato nella lunga genealogia running della casa giapponese. Nell’arco di novanta secondi, racconta una giovane generazione globalizzata, i cui componenti sono apparentemente diversi, ma in realtà animati dallo stesso desiderio di afferma-
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zione, dalla stessa voglia di unità. Un’intera umanità tessuta con lo stesso filo: non sono parole scelte a caso, ovviamente. La tomaia lavorata a maglia è infatti il simbolo più importante anche delle Gel-Kayano Trainer Knit, tessuta con telai all’avanguardia della tecnica, leggera e traspirante, perfetta per il runner contemporaneo. Uno stile minimale che non è solo piacevole da vedere, ma anche estremamente funzionale grazie alla notevole flessibilità e alla conseguente comodità garantita da questo tipo di lavorazione. Il gruppo suola/intersuola è invece quello, pressoché insuperabile, delle originali Gel-Kayano, appena rivisto per meglio adattarsi alla nuova tomaia ipertecnologica.
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Asics tiger
Gel-Kayano Trainer Knit
There is a common thread that links all human beings. The message of the latest advertising campaign developed by Asics Tiger resounds even more aloud at a difficult moment, when the encounter (very often, the clash) of different cultures is a central issue that is doomed to stay here. “We are all woven from the same thread”, says the short black and white movie that accompanies the launching of the Asics Tiger Gel-Kayano Trainer Knit, the latest offspring of the long lasting running genealogy of the Japanese brand. In the short span of 90 seconds, the video tells the story of a young globalized generation, whose members are apparently different, but at the same time deeply moved by a common desire of fulfillment, and a shared quest of unity. The whole humankind was woven from the same thread – these words weren’t chosen at random. The knitted upper is by all means the most meaningful symbol of the Gel-Kayano Trainer Knit, which was woven using some cutting-edge looms with a view to making it lightweight and transpiring, perfect for the modern runner. The kick exhibits a minimal style which isn’t just beautiful to your eyes, but also extremely practical thanks to the remarkable flexibility and comfort granted by this kind of manufacturing. The outsole-midsole system, on the other hand, comes from the (almost unparalleled) original Gel-Kayano, slightly modified to be coherent with the new technological upper. 30
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Lacoste
LT SPIRIT ELITE
Lacoste torna alle radici del marchio per la primavera 2017, con un modello che rende contemporanea la grande tradizione del tennis. Sono passati ottant’anni dalle vittorie sui campi del grande René Lacoste, campione immenso delle sei vittorie francesi in coppa Davis, e in seguito imprenditore geniale capace di trasformare il suo soprannome, ottenuto in seguito a una scommessa con il capitano della sua squadra di tennis, in un marchio globale capace di dominare lo sportswear per il secolo successivo. Oggi il coccodrillo – coda in alto e bocca spalancata minacciosamente, a mostrare i denti – fa bella mostra di sé sul lato della tomaia delle LT Spirit Elite, classico modello court ultraleggero caratterizzato dalla tomaia traspirante e costruito con l’uso di saldatura e incollaggio all’avanguardia della tecnologia. Particolarmente efficace la versione in bianco totale con particolari verdi: tradizione e innovazione insieme.
Lacoste goes back to its origins for the spring 2017, whit a model which makes contemporary the great tradition of tennis. Eighty years have passed since the exploits on the field accomplished by the great René Lacoste, the huge champion of a good six French victories in Davis cup, and subsequently an ingenious entrepreneur who managed to transform his nickname (obtained in the wake of a wager with the leader of his tennis team) into a global brand capable of ruling the sportswear sector for the subsequent decades. Today the crocodile (tail upward and wide open mouth to exhibit his teeth) makes a fine showing on the lateral side of the upper of the LT Spirit Elite, a classic ultra-light court model characterized by a transpiring upper, and built through a welding and gluing process using cutting-edge technology. Quite compelling the version in total white with green details – a perfect blend of tradition and innovation 32 32
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Sperry
7 SEAS Avere alle spalle una lunga storia e un’importante tradizione non può e non deve comportare una rinuncia all’innovazione. Ecco perché siamo particolarmente lieti quando un marchio classico, icona dello stile americano, decide di percorrere nuove strade. Sperry non potrebbe mai allontanarsi dalle sue radici saldamente ancorate al mondo delle boat shoes statunitensi e per questa primavera/estate realizza la prima Boat Shoe 2.0, chiamata non a caso 7Seas. L’obiettivo è stato quello di creare un prodotto perfetto non solo sul ponte di una barca, ma su ogni superficie. Sono scarpe dalla costruzione ibrida, che non temono l’acqua, ma non rinunciano alla massima traspirabilità, sicure e protettive, ma allo stesso tempo estremamente comode. Per ottenere questo risultato, Sperry ha implementato su un solo paio di scarpe un gran numero di nuove tecnologie, come l’allacciatura a 360°, che avvolge il piede, la suola Wave Siping, che garantisce sempre la massima trazione, l’intersuola dotata di ammortizzazione SeaBound e il sistema di traspirazione OmniVent. Oltre, naturalmente, alla tomaia in mesh idrofobico, che permette di mantenere le 7Seas asciutte sia all’esterno che all’interno. Senza dubbio la 7Seas è la miglior sneaker da utilizzare in barca (ma non solo) del 2017.
To have a long history and an important tradition behind does not and should not imply a resistance to change. Which is also why we are so glad when a classic brand (for example, an icon of American style) decides to explore some fresh new avenues. Sperry could never abandon its roots, firmly anchored in the world of American boat shoes, and for the coming spring they created the first Boat Shoe 2.0, unsurprisingly called 7Seas. The goal was to devise a product that could be used not only on the deck of a boat, but on any kind of surface. Shoes with a hybrid construction, that are compatible with water, and allow a high transpiration. A safe and protective kick – and, at the same time, very comfortable. In order to achieve this result, Sperry implemented on a single pair of shoes a number of cutting-edge technologies: a 360-degree lacing system that enwraps the foot, a Wave Siping outsole that grants the utmost traction, a midsole equipped with SeaBound cushioning system, and a OmniVent transpiring system. In addition to that, a upper in water-repellent mesh that helps to keep the 7Seas dry, both outside and inside. This is by all means the best sneaker to be used on your boat (but also on dry land) that we saw in 2017. Info: www.sperrytopsider.it • www.area-sport.it 34 34
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New Balance
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Tanti particolari presi di peso da alcuni modelli storici di casa New Balance (1300, 574, 576 e 998), ma il risultato è assolutamente innovativo: le 247 lanciate all’inizio del 2017 – e destinate a rimanere al centro dei pensieri dell’azienda americana per un bel pezzo – hanno notevole personalità, grazie a un look che sembra voler dare forma concreta a un perfetto tipo di “lifestyle sneakers”, obbiettivo di molti giganti del mercato negli ultimi anni. Non si può dire che New Balance abbia risparmiato su materiali e qualità produttiva, per questo progetto innovativo, come dimostrato una volta in più dai modelli parte di questo “Sport Pack”. Tomaia strutturata in mesh, costruzione socklike in neoprene, logo N riflettente, strap sul collarino e linguetta in gomma: dettagli presi in prestito dal mondo del running, ma uniti in un modello adatto alla vita di tutti i giorni nelle grandi città contemporanee. 36
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In spite of the many details borrowed from some of the historic models by New Balance (the 1300, 574, 576 and 998), the outcome is highly innovative: the 247 launched at the start of 2017 (and destined to remain in the mind of the American company for a long time) has a strong personality, thanks to a look that seems meant to embody the ideal typology of ‘the lifestyle sneakers’, which is the dream of many giants over the last few years. One cannot say that New Balance has saved its money, for this innovative project, with respect to the fabrics and productive quality, as testified once again by the models included in this Sport Pack. A upper in mesh, a socklike construction in neoprene, a reflecting N logo, a strap on the collar and tongue in rubber – details borrowed from the running world, but combined into a model that is fit for a person’s everyday life in a great contemporary city. Sneakers m
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New Balance
M577, M1500, M576, M991.5 & EPIC TR 5 modelli classici, o quasi. Nel senso che M577, M1500 e M576 sono effettivamente icone del catalogo New Balance con decenni di storia e gloria sulle spalle. Invece Epic TR e M991.5 sono conquiste più recenti, ma legate a doppio filo con la tradizione della casa americana: le prime sono un modello lifestyle di recente introduzione, ma pesantemente ispirato a quelli da calcio prodotti negli stabilimenti inglesi di Flimby nel corso dei Novanta; le seconde ibridano la tomaia delle 991 con la suola delle 1500, con un risultato assai soddisfacente (e come avrebbe potuto essere altrimenti?). Dunque, modelli vecchi e nuovi insieme, per un pack speciale che rende omaggio alla storia della grande “N”, e precisamente all’idea che ne ha ispirato il nome. Era infatti il lontano 1906 quando William J.Riley fondò la sua compagnia dedita alla produzione di supporti plantari, ispirato dalla perfezione naturale delle zampe dei polli che teneva nel suo cortile, come molti nell’America del primo Novecento. Riley chiamò l’azienda “New Balance” – forse perché “Equilibrio dei polli” non suonava altrettanto bene – e il resto, come si dice, è storia. Ai colori di quei polli sono ispirate le tinte delle sneakers parte di questo “Yard Pack”, curatissime sia nella costruzione Made in UK che nei diversi particolari custom: ci piace molto, ad esempio, l’immagine del gallo sotto la linguetta.
5 classic (or almost classic) models. We say almost because the M577, M1500 and M576 are really coming from the New Balance catalogue with decades of history and of glory behind them. On the other hand, the Epic TR and the M991.5 are more recent, but still closely knit to the company’s legacy. The former is a lifestyle model that was recently released, clearly inspired to some soccer models produced in Flimby during the 1990s; the latter combines the upper of the 991 with the outsole of the 1500, with a clearly fulfilling result (and how could it be other than that?). So old and new models were put together, to create a special pack that pays homage to the history of the great N, and more specifically to the idea behind its name. It was the year 1906 when William J. Riley founded a company with a view to producing arch supports, taking inspiration from the claws of the chickens he had in his courtyard, like many people those days. Riley called the company New Balance (perhaps because Chicken Balance didn’t sound so attractive after all) and the rest is history. The hues of those chickens are the inspirational source for the sneakers included in this Yard Pack, very carefully done both in the made in UK construction and in the various custom details. Very nice, for example, the cock image beneath the tongue. 38
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karhu
Fusion 2.0
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Dopo il successo dello scorso anno, Karhu ripropone la Fusion 2.0 nella versione Mount Saana.
After the success enjoyed last year, Karhu reissues the Fusion 2.0 in a Mount Saana version.
Queste sneakers sono l’evoluzione delle originali Fusion, modello-icona della casa finlandese risalente alla metà degli anni Novanta (per la precisione, al 1996), riproposto vent’anni dopo in questa veste aggiornata e contemporanea. Per effettuare un upgrade del modello originale, il brand finlandese ha richiamato lo stesso designer che si occupò dello studio e dello sviluppo della prima versione, motivo per cui la dicitura “2.0” appare corretta a tutti gli effetti. La scarpa ha mantenuto un anima anni Novanta senza rinunciare a proiettare lo sguardo verso il futuro, in accordo con il credo fondamentale dell’azienda nordeuropea: l’innovazione è ancora più importante, se supportata dalla storia. E nel caso di Karhu, storia significa ben 100 anni di esperienza nel settore delle scarpe sportive. Non è poco.
These sneakers represent the evolution of the original Fusion, an icon model of the Finnish house dating back to the mid-Nineties (to be precise, to the year 1996), re-released twenty years later in this updated and very modern version. With a view to developing the upgrade of the original shoe, the Finnish brand has enlisted the same designer that had been in charge of exploring and developing the first version, which is why the ‘2.0’ qualification also apply to this quite literally. The kick has kept a visible Ninety soul, without renouncing to set its sights on the future, in keeping with the company’s core tenet: innovation is even more important when it’s grounded on history. In the case of Karhu, history means a hundred years of experience in the sector of sport shoes – and that’s no small feat.
La versione delle Fusion 2.0 che vedete in queste pagine prende ispirazione dal Monte Saana, meta assai frequentata dagli amanti dell’escursionismo finlandese, che presta i suoi colori a queste running. Notevoli anche i materiali, a partire dal pigskin suede e dal cuoio idrorepellente che compongono la tomaia, e i particolari come i lacci d’ispirazione tipicamente outdoor e la soletta interna, caratterizzata da un motivo raffigurante i pioli in legno che contraddistinguono il sentiero che porta in cima al Mount Saana.
The version of the Fusion 2.0 that you can see in these pages was inspired by the Mount Saana, a location very much appreciated by the lovers of Finnish hiking, and a flourishing source of colors for these running shoes. The materials are also interesting, as testified by the pigskin suede and the water-repellent leather that make up the upper, as well as by such details as the laces exhibiting a typical outdoor style, and an insole characterized by a theme representing the wooden steps that punctuate the pathway leading to the top of Mount Saana. Info: Sport Leader s.r.l. mail: info@sportleader.pro tel: 0171/413175 Sneakers m
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IGNITE Limitless È un mix di innovazione, performance e stile la nuova proposta Puma realizzata in collaborazione con la popstar canadese The Weeknd, nome d’arte del ventisettenne Abel Tesfaye, ormai diventato ambasciatore globale del marchio tedesco. Le Puma Ignite Limitless sono infatti ispirate al concetto di “tailored performance”: realizzate per resistere alla vita cittadina, sono caratterizzate dalle proporzioni eccentriche, dal look minimale e da dettagli come il rinforzo sul tallone, i bordi e il logo Puma in rilievo. L’intersuola è realizzata con l’uso di Ignite Foam, materiale brevettato da Puma che garantisce eccezionali qualità di reazione e ritorno energetico; la chiusura a strappo presente sull’avampiede assicura supporto e stabilità; la costruzione in neoprene 4-way stretch clamshell si fonde con i materiali traspiranti della tomaia; infine, i particolari riflettenti sul tallone e sulla linguetta permettono di essere visibili anche in condizioni di scarsa illuminazione. There is a blend of innovation, performance and style behind the new release that Puma produced in collaboration with the Canadian pop star The Weeknd, the pen name of the 27-y-o singer Abel Tesfaye, who’s become by now a global ambassador of the German brand. The Puma Ignite Limitless is inspired by the concept of tailored performance: designed to be fit to the urban lifestyle, it’s marked by its amazing proportions, a minimal look and such details as the reinforcement on the heel, the edges and the Puma logo in relief. The midsole was realized with the use of Ignite Foam, a material licensed by Puma that ensures exceptional standards of reaction and energy return. The strap fastening on the anterior part of the foot increases support and stability; the construction in neoprene 4-way stretch clamshell blends into the upper’s transpiring materials. Last not least the reflecting details on the heel and tongue allows you to be visible even in poorly enlightened conditions.
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STAMPD x puma
Clyde
Chris Stamp rappresenta plasticamente il moderno concetto di influencer: un uomo di talento capace di fungere da catalizzatore di creatività, stile e comunicazione. Non stupisce certo che Stamp sia diventato anche un vero e proprio brand: Stampd LA, sinonimo di lusso contemporaneo, di dettagli e materiali di alta qualità, di design essenziale che mette insieme stile street e vita quotidiana. La nuova collezione Puma X Stampd è ispirata al motto “Made to Make It” ed è destinata a essere indossata ogni giorno, a partire naturalmente dalle iconiche Clyde rivisitate con tomaia in pelle traforata. All’interno della collezione, interamente disegnata da Chris Stamp, non mancano capi di abbigliamento estivo funzionale ispirati alla cultura surf californiana, caratterizzati da leggere tonalità camouflage e da un mix di tessuti tecnici.
Chris Stamp graphically represents the modern notion of an influencer, a talented man who plays the role of a catalyst of creativity, style and communication. So it’s really no surprise to learn that Stamp has become a brand in its own right: it’s called Stampd LA, and is synonymous with luxury and quality, high quality details and materials, and essential design combining street style and everyday life. The new Puma X Stampd collection was inspired by the slogan ‘Made to Make it’ and designed to be used on a daily basis, based on the iconic Clyde reinvented through a upper in punched leather. Included in this collection (wholly designed by Chris Stamp), you’ll find some practical summer clothes inspired by the Californian surf culture, characterized by light camouflage hues and a mix of technical textiles.
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Il nome è lo stesso del più importante scalo britannico, ma il DNA rimane quintessenzialmente americano: le Heathrow di DC Shoes rappresentano, per l’azienda fondata nell’ormai lontano 1994 da Ken Block e Damon Way, il perfetto mix tra tradizione e innovazione. Si tratta infatti di un modello di rottura rispetto al classico stile DC: lontano dalle forme muscolose delle classiche sneakers da skate nineties che siamo abituati ad associare allo storico brand americano, le Heathrow si fanno notare per la loro linea sfuggente, la tomaia socklike di ultima generazione e la silhouette casual (o quasi: si tratta pur sempre di DC Shoes). Un modello che ha aperto nuove prospettive sul mercato al marchio, e che viene proposto per la Primavera 2017 nella candida versione Prestige che potete ammirare in queste pagine, caratterizzata dallo splendido mix di suede (traforato) e non sulla tomaia. Ma ancora tanti altri particolari fanno la differenza: soletta Ortolite, comoda e antibatterica; intersuola Unilite leggera e ammortizzante; lacci riflettenti. Per non parlare dello stile... 44
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dc SHOES
heathrow prestige The name is the same of the most important English hub, but the DNA is quintessentially American. The Heathrow by DC Shoes represents, for the company founded in 1994 by Ken Block and Damon Way, the perfect mix of tradition and innovation. It’s like a turning-point model with respect to the typical DC style. Far from rehearsing the muscular forms of the classic Nineties-style skate sneakers we tend to associate with the American brand, the Heathrow stands out by its shaped line, a next-generation socklike upper and a casual silhouette (almost casual, it’s still a DC Shoes). This model has opened up new commercial avenues for the brand and gets now re-released for the spring 2017 in the candid Prestige version that you can admire in these pages, characterized by a compelling combination of suede and punched suede on the upper. More than that, various details make the difference: a Ortolite insole, comfortable and antibacterial; a Unilite midsole, lightweight and highly cushioning; a pair of reflecting laces; and more than that, how about the style? Sneakers m
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FLYROAM CHUKKA & OXFORD
Molti ancora associano Timberland a classiche icone dello stile americano come il mocassino da barca o il 6-inch boot. Non che il marchio statunitense abbia abbandonato quei modelli storici, ma ormai da tempo ha ampliato il suo catalogo offrendo al pubblico sneakers funzionali e altamente innovative. Un ulteriore passo avanti in questa direzione è senza dubbio il lancio della collezione Flyroam, caratterizzata da un’estetica minimale e da una silhouette estremamente versatile, ideale per ogni occasione. Struttura ultraleggera e silhouette slanciata caratterizzano questa capsule collection composta da due varianti: accanto all’hi-top Chukka in nubuck premium ci sono infatti le four-eyelet Oxford. Entrambi i modelli implementano una tecnologia proprietaria di Timberland: il sistema di energia AeroCore, che promette massima flessibilità ed estrema leggerezza, con il sistema di ammortizzazione combinato a un’intersuola durevole che utilizza la gomma solo nei punti di contatto con il suolo, rimuovendo gli elementi superflui dalla suola e garantendo assoluta libertà di movimento. 46
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timberland
FLYROAM CHUKKA & OXFORD
Many people still associate Timberland with such classic icons of the American style as the boat moccasin or the 6-inch boot. Although the American brand did not (and will never) renegade those historic models, it’s been expanding its catalogue for long and offering sneakers that are functional and innovative at the same time. A further step beyond in that direction is represented by all means by the launch of the Flyroam collection, characterized by a minimal aesthetics and a very versatile silhouette, ideal for any occasion. A ultra light structure and a slender silhouette characterize this capsule collection comprised of two versions. In addition to the hi-top Chukka in nubuck premium you have the four-eyelet Oxford. Both models embody a proprietary Timberland technology: the AeroCore energy system, that allows a maximum of flexibility and an extreme lightness, with the cushioning system underpinned by a lasting midsole that is made of rubber only where it hits on the ground, thus getting rid of the unnecessary elements and granting the user an exceptional freedom of movement. 48
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“It’s an attitude”, recita lo slogan che da sempre accompagna il
vincenti spesso devono affrontare momenti di difficoltà: per Be-
marchio BePositive. E in effetti, non possiamo negare che si trat-
Positive quel momento è arrivato intorno al 2012, con la rottura
ti di un’attitudine necessaria: per chiunque voglia buttarsi in un
della società e un momento di iato nella produzione.
progetto imprenditoriale, ma soprattutto per chi desideri affron-
Poi per fortuna è arrivato il rilancio, grazie all’acquisto del marchio
tare un mercato complesso come quello delle sneakers.
da parte di un altro professionista del settore, Fabrizio Ferraro,
BePositive è nato intorno alla metà degli anni Novanta da un’idea
oggi proprietario e Line Builder, che insieme alla società veneta
di Ubaldo Malvestiti, storico maestro marchigiano della calzatura,
Bridge (che oltre a BePositive oggi distribuisce e realizza in licen-
con l’idea di rinnovare la tradizione del più importante distretto
za, tra gli altri, i marchi Blauer, Apepazza e Ellesse Archivium) e allo
produttivo italiano del settore. Anzi, di più: BePositive intende-
showroom Massimo Bonini sembrano promettere novità davve-
va unire lo stile sportivo con l’eleganza tradizionale necessaria
ro interessanti grazie a una ricerca sul prodotto che si concentra
per non sfigurare nei contesti professionali contemporanei. Un
su design, manifattura e materiali, con l’obiettivo di fornire nuovi
obiettivo perseguito da molti negli ultimi anni, ma raggiunto da
stimoli a un pubblico internazionale sempre più attento ed evo-
pochi: BePositive è riuscito a camminare sul filo sottile dello stile
luto. Senza dimenticare, naturalmente, il dialogo tra tradizione e
smart casual, in un equilibrio complesso e perfetto. Il successo
innovazione che rimane inscritto nel DNA del marchio: ecco per-
dell’iniziativa del resto è stato dimostrato nel corso degli anni da
ché all’interno della collezione primavera/estate 2017 convivono
numerose collaborazioni di altissimo profilo, soprattutto sul mer-
modelli come Anniversary, che rinfresca con una nuova suola
cato giapponese: da Comme des Garçons a Uniform Experiment.
e alcuni notevoli dettagli premium una delle icone originali del
Se piaci ai giapponesi, vuol dire senza dubbio che il tuo prodotto
marchio, lanciata con la prima collezione nell’ormai lontano 1996,
è di qualità: proprio quest’ultima è sempre il sole intorno a cui si
e forme totalmente inedite.
muoveva l’identità BePositive, fatta di piccole tirature e lavorazio-
Tra queste, particolarmente interessante la Track 1, ibrido tra
ni raffinate. Oggi il look classico/sportivo appare dunque un fatto
basket mid-cut e combat boot, frutto dell’inaspettata collabora-
acquisito anche e soprattutto grazie al contributo di brand spe-
zione con il deejay veneziano di fama internazionale Tommy Vee:
rimentali come BePositive, mai accondiscendente nei confronti
se tanto ci dà tanto, visto il nome, sarà solo la prima di una lunga
di un’idea di moda “fast and cheap”. Tuttavia, anche le aziende
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‘It’s an attitude’, says the slogan that has always accompanied the brand BePositive. Indeed, it can’t be denied that it’s a crucially important attitude, for anyone who wants to dive into some entrepreneurial project, but also for those who need to cope with such a complex market as the one revolving around the sneakers. BePositive was born around the mid 1990s of an idea of Ubaldo Malvestiti, a historic master of shoes from the Marche, with a view to revive the tradition of the most important Italian manufacturing district in that sector. Even more importantly, BePositive aimed at combining the sports style with the traditional elegance that is required to create a good impression in the contemporary professional contexts. This goal is being pursued by many in recent years, but only few achieve it: BePositive managed to tread lightly on the fine thread of smart casual, making a complex and perfect balancing act. The success of the initiative was confirmed over the years by the numerous high profile collaborations, especially on the Japanese market: from Comme des Garçons to Uniform Experiment. If the Japanese like you, that clearly means that your product bears some quality: and quality is like the sun around which revolves the identity of BePositive, marked by limited editions and refined manufacturing techniques. If today the classic/ sports look has come to be an established trend, this is first and foremost through the contribution of experimental brands such as BePositive, never compliant with a fast-and-cheap view of fashion. On the other hand, even the winning companies have to cope with some difficult times: for 52
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brand profile
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BePositive the toughest challenge has appeared in 2012, with the society breakdown and a momentary lapse of production. Then, fortunately, the company was launched anew, thanks to the acquisition of the brand by another professional figure of the sector, Fabrizio Ferraro, who today is the owner and Line Builder and who together with the Venetian society Bridge (that, in addition to BePositive, distributes and realizes in franchising various brands, including Blauer, Apepazza and Ellesse Archivium) and Massimo Bonini showroom seem to promise really interesting novelties, thanks to a research on the product that’s focused on design, manufacturing and materials, with a view to offering new stimuli to a public increasingly aware. Without forgetting, it goes without saying, the relationship between tradition and innovation that’s engraved in the brand’s DNA: here is why the spring/summer collection 2017 includes such models as the Anniversary (that reinvents through a new outsole and some rich premium details one of the brand’s original icons, launched with the first collection in 1996) and some fresh new forms. Among the latter, the Track 1 is particularly interesting – a hybrid of mid-cut basketball and combat boot, fruit of the unexpected collaboration with Tommy Vee, a deejay of Venetian origin and international standing. If we got it right, its name seems to suggest that it will be followed by a long series. 54
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war L’evoluzione è un processo lento e graduale, vero. Ma non sempre. Nel mondo sneakers, ad esempio, capita che il progresso avvenga tramite salti improvvisi, destinati a cambiare le regole del mercato nell’equivalente commerciale di un battito di ciglia. Uno di questi improvvisi strappi è avvenuto senza dubbio nell’estate del 2012, poco prima delle olimpiadi di Londra, quando i due maggiori competitor sul mercato globale hanno lanciato scarpe caratterizzate da una nuova soluzione tecnica che sarebbe presto divenuta centro dei pensieri di sportivi e appassionati in tutto il mondo: la tomaia in maglia. Evolution is a slow and gradual process, but not always. In the sneaker world, for example, a progress may emerge through a chain of sudden leaps, capable of changing the rules of the market in what equates, commercially, to the blink of an eyelid. A good example of such sudden leaps forward took place by all means in the summer 2012, just before the Olympic Games in London, when the two biggest competitors on the global market came independently to launch shoes characterized by a new technical solution that soon became the idée fixe of many sportsmen and enthusiasts all over the world – the knitted upper.
A tagliare il traguardo per prima, in quell’anno fondamentale
Ma l’idea di una tomaia che potesse essere il più simile possibi-
per la storia recente delle sneakers è stata la casa dello Swoosh,
le a una calza non era certo un’esclusiva Nike: anche la sezione
che già a febbraio ha lanciato i primi modelli Nike Flyknit Ra-
ricerca e sviluppo di adidas era al lavoro da alcuni anni sulla
cer (poi effettivamente utilizzate nel corso dei giochi londinesi
costruzione di tomaie morbide, comode e aderentissime, ma
da molti atleti di Kenya, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti, capaci
che allo stesso tempo dovevano risultare resistenti e almeno
di portare a casa diverse medaglie), scarpe capaci di mantenere
minimamente protettive.
il supporto e la durata necessari a chi corre su lunghe distanze
Così, nel giugno del 2012, solo poche settimane prima dell’ac-
pur offrendo la vestibilità avvolgente e la leggerezza di una calza.
censione del braciere olimpico nella capitale inglese, il Trifo-
La tomaia di quel modello, aderentissima e praticamente priva di
glio lanciò sul mercato (tedesco, per iniziare) il primo modello
cuciture, con tutta la struttura e il sostegno intessuti, pesava solo
Primeknit, dal poco amichevole prezzo di circa 300 euro per
34 grammi. E l’intera scarpa poco più di un etto e mezzo, un vero
ognuna delle 2012 paia prodotte. Il guanto di sfida all’esclusiva
record: la running più leggera e avvolgente mai realizzata dalla
Nike era lanciato, e lo Swoosh non sarebbe stato a guardare: le
casa di Beaverton.
knit wars erano inziate.
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knit war Nonostante i designer responsabili del progetto Primeknit
altri modelli storici proposti nella versione Primeknit nel corso
avessero immediatamente dichiarato che si trattava di prodotti
delle ultime stagioni.
in fase di sviluppo da almeno quattro anni, e cioè dalle olimpiadi di Pechino 2008, Nike fece causa ad adidas presso un tribunale tedesco, adducendo la violazione del proprio brevetto di scarpe con tomaia knitted. Dopo un primo alt alla vendita di scarpe Primeknit, la corte approvò la difesa degli avvocati del Trifoglio, che avevano sostenuto in aula come le tomaie in questione non fossero altro che l’ultima evoluzione di un’idea nata addirittura negli anni Quaranta. Una vittoria che convinse adidas a passare all’attacco frontale, con una causa contro Nike su suolo americano, volta a dimostrare che il rivale di sempre non poteva brevettare le sneakers con una tomaia in maglia, perché si trattava di una tecnologia già esistente. Un secondo verdetto favorevole spalancò al marchio con le tre strisce le porte del mercato americano: anche se la vicenda nei tribunali
Intanto molti altri marchi si sono buttati su questo tipo di tomaie, con una ricaduta senza dubbio positiva per tutti gli appassionati, che possono indossare le loro amate sneakers lungo tutto l’arco dell’estate senza soffrire per il caldo e l’umidità: in tempi di riscaldamento globale, meglio tenere i piedi il più possibile al fresco. Oggi è possibile farlo con le Diadora V7000 Weave, con le Under Armour Flow Sweater, con le New Balance 996v3, con le Athletic Propulsion Labs TechLoom Pro, con le Converse Chuck Taylor All Star Ox Knit, con le Reebok Classic Leather Knit oppure – le abbiamo presentate qualche pagina più indietro – le Asics Gel-Kayano Traner Knit… l’elenco è davvero lungo, e la knit-mania coinvolge perfino marchi di alta moda con recenti velleità streetwear come Balenciaga.
non era affatto chiusa, con nuove cause e nuovi appelli da una
Ci sono però altri vincitori in questa guerra quinquennale, an-
parte e dall’altra, da quel momento in poi apparve chiaro che il
che se forse i loro nomi sono pressoché sconosciuti al grande
giudizio più importante sarebbe stato quello dei consumatori.
pubblico: si tratta di alcuni imprenditori del settore tessile che hanno investito molto nell’acquisto di telai ad alta tecnologia
Dunque chi ha vinto le knit wars? Per ora possiamo dire si tratti
capaci di costruire le tomaie di nuova generazione. Uno di
di un sostanziale stallo: se Nike ha imposto per prima la solu-
loro è il signor Ma Jianrong, ex-operaio oggi proprietario della
zione delle tomaie in maglia sia al pubblico degli atleti che a
Shenzhou International, azienda cinese che produce gran par-
quello più fashion, adidas ha senza dubbio vinto la battaglia
te delle tomaie in maglia per Nike: il business di Ma, oggi, vale
dell’hype grazie soprattutto alle Yeezy di quello stesso Kanye
circa quattro miliardi di dollari l’anno. E promette di espandersi
West scippato proprio allo Swoosh, ma anche grazie ai molti
ulteriormente nei prossimi anni.
mr. Ma Jianrong, proprietario della Shenzhou International, azienda cinese che produce gran parte delle tomaie in maglia
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diadora v 7000 weave
new balance 996v3
athletic propulsion labs tecloom pro
converse chuck taylor all star ox knit
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The company that was the first to cross the finishing line in that watershed
not patent the sneakers with a knitted upper, because it was an already
year was the Swoosh, that launched the first Nike Flyknit Racer models
existent technology. A second favorable sentence opened up the American
in February (models that were really used during the Olympics by many
market’s doors to the three-striped brand. Although the suit in the tribunals
athletes from Kenya, Great Britain, Russia and United States, who obtained
was far from resolved (since there will be more and more summons and
several medals). These kicks proved to be capable of granting the support
appeals on both parts), it became clear by that moment that the most im-
and durability requested by those who run long distances, while at the
portant judgment would have been issued by the customers.
same time offering a well-fitting wearability and the lightness of a sox. The upper of that model, close-fitting and almost seamless, with all its structure woven, weighed just 34 grams. And the whole shoe weighed slightly more than a hectogram and a half, an impressive result: the lightest and most tight-fitting running shoe ever realized by Beaverton.
So who’s the winner of the knit wars? So far we can only say that the parts have reached a sticking point: if Nike first proposed the implementation of knitted uppers both to the athletes and the more fashionable customers, adidas has clearly won the hype competition, mainly thanks to the Yeezy designed by the very Kanye West they subtracted to the Swoosh, but also
But the idea of a upper that could behave like a sox wasn’t clearly an exclu-
thanks to the several historic models re-released in a Primeknit version over
sive of Nike: the research and development office at adidas had spent two
the last few seasons.
years working on the development of smooth, comfortable and very clo-
A great many other brands have subsequently joined the trend of the knit-
se-fitting uppers, that at the same time were designed to be resistant and
ted uppers, with a general effect that is clearly positive for all the enthusia-
(at least, partly) protective. Thus in June 2012, just a few weeks before the
sts, that know can wear their beloved sneakers during the summer months
lighting of the Olympic brazier in the English capital, the Trefoil launched
without having to suffer too much from the hot weather and humidity.
on the market (the German market, to begin with) the first Primeknit mo-
This possibility has become real thanks to the following models: Diado-
del, with a disquieting price tag of about 300 euro for any of the 2012 pairs
ra V7000 Weave, Under Armour Flow Sweater, New Balance 996v3,
produced. The gauntlet was thrown down, and seemed capable of chal-
Athletic Propulsion Labs TechLoom Pro, Converse Chuck Taylor All
lenging the leadership of Nike, so the Swoosh didn’t stand and watch – the
Star Ox Knit, Reebok Classic Leather Knit or the Asics Gel-Kayano Tra-
knit wars had just begun.
ner Knit (we presented this shoe a few pages before these). The list is quite
Although the designers in charge of the Primeknit project immediately de-
long, and the knit-obsession has even come to involve some high fashion
clared that such a test product had been under construction and develop-
brands with street-wear ambitions such as Balenciaga.
ment for the last four years (that is, since the Beijing 2008 Olympics), Nike
There is another category of winners in this five-year war, although their
sued adidas at a German tribunal, adducing the infringement of its own
names are almost unknown to the general public. It includes some texti-
patent of shoes with knitted upper. After a first stop on the commercializa-
le entrepreneurs who spent a great deal to purchase the high-technology
tion of the Primeknit shoes, the court approved the defense put forward by
looms that allow to build the new generation of uppers. One of them is
the Trefoil’s lawyers, who asserted before the court that the uppers at stake
Mr. Ma Jianrong, a former worker who became the owner of Shenzhou
were nothing but the latest offspring of an idea dating back to the 1940s. A
International, a Chinese firm that produces most knitted uppers for Nike.
victory that persuaded adidas to counterattack and sue Nike on the Ame-
Today Ma’s business is worth about 4 billion dollars every year. And it seems
rican territory, with a view to showing that their eternal competitor could
destined to expand further in the future.
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under armour flow sweater
Asics tiger Gel-Kayano Trainer Knit
balenciaga speed knit
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Sneakers 76 ta ranto Question & Answer with Daniele Valente, owner of Sneakers 76 Per la maggior parte dei nostri lettori non dovrebbe essere necessario presentarti, ma... Ti va di raccontarci la tua storia? Beh, per iniziare direi che sono nato nel 1976 a Taranto, la città in cui vivo e in cui ha sede il mio negozio, Sneakers 76. E che ovviamente sono un appassionato di sneakers sin da piccolo. All’età di 10 anni ero la mascotte della squadra di football americano in cui giocavano i miei fratelli, e lì ho avuto i miei primi contatti con le sneakers più belle degli anni Ottanta, grazie ai ragazzi statunitensi che lavoravano nella base Nato vicino a Taranto, e nel tempo libero giocavano proprio nella squadra dei miei fratelli. Diciamo che la cultura americana mi ha colpito duro: pensate che mentre loro si allenavano io ascoltavo musica hip hop nella Pontiac Trans Am del quarterback... Nel 1996, appena diplomato, sono andato a Milano per la prima volta: lì, passeggiando per corso Vittorio Emanuele, mi sono imbattuto in un noto negozio di sneakers americano, quello con i ragazzi del team vestiti da arbitro... mi sono messo a parlare con il direttore, e dopo qualche minuto lui era rimasto talmente colpito dalla mia preparazione sul prodotto da propormi un lavoro. Passate due settimane – giusto il tempo di preparare la valigia e fare una colletta tra i parenti – ero di nuovo lì, dall’altra parte del bancone. Dieci anni più tardi ho realizzato il mio sogno: aprire uno sneakers shop nella mia città natale. Cosa pensi del ricambio generazionale che inevitabilmente sta vivendo il mondo delle sneakers? Inizio col dire che, fosse per me, darei il premio Nobel a chi ha inventato internet e i social network: attraverso questi strumenti riusciamo a comunicare con tutti, e soprattutto con il pubblico più giovane, trasmettendo così la nostra passione. Poi, come ha anche i suoi lati negativi, per carità. Ma cerchiamo sempre di instaurare un confronto positivo con i nostri amici/clienti/supporter... e spesso riusciamo a riportare sulla retta via chi si è perso tra prodotti mega hype. Dal pubblico più giovane abbiamo avuto grandi soddisfazioni: passato il periodo mortifero dei tuttologi laureati sul web abbiamo incontrati tanti ragazzi che hanno appreso tutta la storia di questo settore. Quale missione avevi in testa quando hai deciso di aprire un 62
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negozio di Sneakers? L’unico obbiettivo è stato da sempre quello di parlare di quello che ci piace, e vendere sneakers di qualità e con una storia. Penso che unire lavoro e passione sia il massimo. Certo, non nascondo che i primi anni non siano stati facili… ma la realtà è che la passione, se è autentica, si trasmette facilmente. Quando ti sei reso conto che Sneakers 76 non era solo un punto su una mappa in un angolo sconosciuto del mondo, ma stava diventando qualcosa di importante anche a livello internazionale? Sinceramente in questi 10 anni io e tutto lo staff abbiamo lavorato sodo e non abbiamo avuto tanto di tempo di alzare la testa, ma siamo molto soddisfatti dell’affetto che percepiamo nei nostri confronti, non solo dal web. Ad esempio lo scorso agosto abbiamo avuto la più grande soddisfazione: la visita di tantissimi clienti stranieri e italiani di passaggio in Puglia per una vacanza. Certo, un pizzico di fortuna la abbiamo avuta perché nel nostro percorso abbiamo incontrato aziende che hanno creduto in noi e nel nostro lavoro, senza tener conto della nostra posizione geografica. Qual è stata la cosa più folle che hai fatto, per spingere Sneakers 76? Di sicuro il decimo anniversario è stata la sfida più grande: abbiamo collaborato con quattro brand internazionali, portando nel mondo la storia della nostra città attraverso sneakers speciali. Abbiamo investito tutto il salvadanaio messo da parte in dieci anni di attività, per costruire nuove opportunità per il futuro. Ti consideri un nostalgico? Sinceramente no: sono molto curioso di tutte le novità del mercato, mi piacciono i materiali e le tecnologie innovative. Ma come ogni collezionista, posto nel cuore i modelli storici, quelli “fatti bene”. Perché i negozi fisici sono ancora importanti? Sono il futuro. Dopo la prima esplosione del web si erano persi un po’ i punti riferimento! Adesso i Clienti vogliono vedere materializzarsi quello che trasmetti sul web. Sono due mondi fusi insieme: uno non può fare a meno dell’altro.
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For most of our readers, there is no need to introduce you, but why don’t you tell us your story? Well, to begin with, I was born in 1976, in Taranto, the place where I live and is based my shop, Sneakers 76. I have been in love with the sneakers since I was a child. When I was 10 I was the mascot of the team of American football where my brothers were members, and so I had my first encounters with the best sneakers from the 1980s, thanks to the guys from the US who worked at the Nato facilities near Taranto, who played in the same team of my brothers in their spare time. We may say that the American culture fascinated me since the beginning – I recall that when the guys were in training I used to listen to some hip hop music in the Pontiac Trans Am of the quarterback. In 1996, right upon graduation, I went to Milan for the first time, and as I strolled through Corso Vittorio Emanuele I ran into a famous American sneaker shop, were the staff were wearing a sort of referee uniform. I started to chat with the director who was so impressed by my expertise on the product that he proposed that I worked for them. After another couple of weeks (to make my bags and collect some money from the family) I got back to the shop, on the other side of the counter. Ten years later I realized my dream, opening up a sneaker shop in my hometown.
combining your work and your passions is the best we can do. I can’t deny that it’s been hard at the beginning, but the point is that your passion, if genuine, will reach and be shared by anyone in tune.
What do you think of the generational change that the world of sneakers is undergoing? First of all, if I had my way, I would give the Nobel prize to those who invented the internet and the social media networks. Through all these platforms we can communicate with everybody and in particular with the young generation – we can share our passion with all of them. Although this may also have its negative sides, we try to establish a positive relationship with our friends, customers and supporters, and we often manage to put a few victims of the hype-obsession back on the straight and narrow. The young customers tend to give us great satisfaction: after the miserable epoch of the pundits on the web, we met many guys who have learnt the history of this sector.
Do you call yourself a nostalgic person? Not really, I am attracted by whatever is new on the market. On the other hand, while I really love all cutting-edge technology and fabrics, as a collector, I keep in my heart some historic models, the well-done kicks.
What was your anticipated mission when you decided to open a sneaker shop? The ultimate goal has always been to deal with what we like and care about, and to sell sneakers with some qualities and a history. I think that 66
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When did you realize that Sneakers 76 was more than a dot on a map referring to some unknown corner of the world, and was becoming something important on a global level? I have to tell you that in the last ten years the staff and I worked very hard, so we hadn’t much time to dwell and reflect on this topic, but we are very content with the love that surrounds us, not only over the web. For example, we had the greatest reward last year in August, when a number of foreign and Italian customers came to Puglia for their holidays and had the occasion to visit us. Admittedly we’ve been also fortunate, during all these years, to run into brands that trusted us and believed in our work, disregarding our geographical location. What’s the craziest thing you have done for the sake of pushing Sneakers 76? To be sure our tenth anniversary was a mayor challenge: we collaborated with four international brands, spreading the history of our city across the world through some special sneakers. We’ve spent all the coins accumulated in the moneybox for ten years to build new opportunities for the future.
Why the real-world shops are still so important? They are the future. After a first explosion of the web, it seemed that all reference points could be lost! Now the people want to see with their eyes and touch with their hands what you offer on the web. The two dimensions are entwined, no way to take one and leave the other.
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Via Vincenzo Pupino, 43, 74100 Taranto TA 099 453 8325 info@sneakers76.com • www.sneakers76.com
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UGLY IS THE NEW BEAUTIFUL Tra le tante immagini dall’enorme potenza virale messe in rete nel corso degli ultimi mesi dal marchio-guida dello streetwear mondiale dell’ultimo decennio, il newyorchese Supreme, una in particolare ha solleticato l’interesse degli appassionati di sneakers: uno speciale remake delle Air Uptempo, lanciate da Nike nel 1996 e rese immortali da Scottie Pippen, che le indossò nelle stagioni del secondo three-peat dei Chicago Bulls, suoi e dei compagni di tante vittorie Michael Jordan e Dennis Rodman. Le Air Uptempo però non sono note tanto per la storia sportiva che nascondono, quanto per il look quintessenzialmente nineties caratterizzato dall’enorme logo “Air” sul lato della tomaia – che naturalmente nella versione di Supreme (in uscita all’inizio della primavera) viene fatto proprio dal marchio. Quel logo fuori scala, unito alla forma tozza della tomaia, porta le Air Uptempo direttamente nel novero delle sneakers più “brutte” di tutti i tempi. Ma attenzione, le virgolette sono d’obbligo: la bellezza infatti è un concetto sfuggente, soprattutto per quanto riguarda la moda e il nostro aspetto esteriore. Allo stesso modo, nella cultura contemporanea “bello” non significa più necessariamente armonioso e proporzionato, come accadeva ad esempio nell’antichità classica: bello può anche essere qualcosa che colpisca l’attenzione, che riesca a instillare il dubbio. Qualcosa che ti faccia fermare anche solo per un attimo. E sappiamo bene che il “carino” non è tra queste. La moda, quella delle passerelle come quella di strada, ha sempre flirtato con l’idea del brutto, dalle sfilate di Miuccia Prada – che sul brutto inteso come opposizione ai cliché della bellezza e del sexy ha costruito un’intera estetica, oltre che un enorme successo commerciale – alla combinazione calze-più-ciabatte-di-gomma diventata un classico irrinunciabile dello streetwear nel corso delle ultime stagioni estive. Le sneakers, primo anello di congiunzione tra moda alta e bassa, sono da sempre un perfetto oggetto di sperimentazione, al centro del succitato, continuo dialogo tra bello e brutto. Così sfilata prada all’ultima fashion week di milano
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non stupisce che le Air Uptempo di Supreme siano già – mentre scriviamo queste righe non sono ancora arrivate sugli scaffali – un oggetto desideratissimo da collezionisti e appassionati. E allo stesso modo non stupisce che scarpe che rifuggono da ogni idea
supreme x nike air uptempo (2017)
... nella cultura contemporanea “bello” non significa più necessariamente armonioso e proporzionato, come accadeva ad esempio nell’antichità classica: bello può anche essere qualcosa che colpisca l’attenzione, che riesca a instillare il dubbio. Sneakers m
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di gradevolezza estetica siano diventate icone della storia snea-
Among the most impacting and viral images that were circulated on the
kers: pensate alla linea sgraziata delle Nike Foamposite (1997),
web over the last few years by the leading brand of the global street-wear
oppure alle Reebok Instapump Fury (1994), meravigliosamente
of the last ten years (we mean New York’s Supreme) is one in particular
contrarie a ogni regola con le loro linee a zig-zag e i buchi sul lato
that attracted the attention of the sneaker enthusiasts: a special remake
della tomaia. Nel 2017 però i grandi marchi sembrano voler spostare ancora più avanti il limite dell’accettabile, soprattutto per quanto riguarda la nicchia più fashion del mercato: così Raf Simons può permettersi di presentare l’ennesima collezione-capsula per adidas Originals che comprende non solo le classiche Stan Smith riviste con la “R” traforata sul lato della tomaia al po-
of the Air Uptempo, launched by Nike in 1996 and made imperishable by Scottie Pippen, who would wear those kicks during the years of the second three-peat won by the Chicago Bulls, mainly thanks to him and his fellow team-mates Michael Jordan and Dennis Rodman. But the Air Uptempo is less famous for the sports story it tells, than for its quintessentially Nineties look characterized by a huge Air logo on the upper side – which of course in the Supreme version (due out this spring) is taken by the brand.
sto delle tre strisce, ma anche veri e propri mostri di Frankenstein
That out of scale logo, combined with the squat shape of the upper, enrolls
come le Ozweego, che rovinano di proposito la linea sfuggente
the Air Uptempo in the group of the ‘ugliest’ sneakers of all times. On the
tipica dei modelli running con inserti (bozzi, verrebbe da dire) in
other hand, the notion of ugliness is relative, because beauty is an elusive
silicone sulla tomaia. Ammettiamo siano comode, ma sfidiamo
concept, especially when it comes to fashion and our external appearance.
chiunque a definirle belle. Allo stesso modo può capitare di ve-
By the same token, being beautiful doesn’t necessarily mean being propor-
dere, sulle passerelle del marchio Balenciaga ormai saldamente
tioned and balanced, which was how the concept was interpreted by the
nelle mani di uno stilista che ha costruito una nuova estetica del
ancient world – we may call beautiful also something that attracts our at-
brutto come Demna Gvasalia, oggetti come le Triple-S: run-
tention, thus questioning our taken for granted assumptions. Something
ning costruite con tre suole montate una sopra l’altra. Che sarà pure una scelta molto cool, ma insomma… Già, il punto rimane: il brutto potrà pure diventare bello, ma per noialtri – chiamateci puristi, se volete – esistono ancora limiti che non possono essere superati. Pensiamo alle Converse Wade 1
that have you stop for a moment, and as we all know, something nice doesn’t need to have such an effect. Fashion (from the catwalks to the streets) has always flirted with the idea of something ugly, from the fashion shows of Miuccia Prada (who has built a whole aesthetics, and a huge commercial success, on the notion that ugliness should defeat beauty as a cliché) to the combination socks-and-rubber-slippers that’s become an inevitable
prodotte nel 2006, con la loro tomaia composta di strisce di pelle:
must-have over the last few seasons.
perfetta per il primo episodio di 50 sfumature di grigio forse, non
The sneakers, first missing link between high and low fashion, have always
certo per impressionare gli avversari sui parquet dell’NBA. Op-
been a perfect subject of testing, research and development, always di-
pure alle Air Jordan 16 del 2001, che sfoggiavano improbabili
vided (as we said) in the fight between ugliness and beauty. It’s therefore
ghette coprilacci incorporate. O ancora, per arrivare ad anni più
no surprise that the Air Uptempo by Supreme are already a much wanted
recenti, alle Curry 2 Low “Chef” che Under Armour ha dedicato
product by both the collectors and the enthusiasts (well, as we write these
a Stephen Curry nel 2016: praticamente distrutte dai commenti
lines they haven’t yet reached the shelves). In the same vein, it’s no surprise
sul web non appena sono apparse in pubblico, assomigliavano davvero alle scarpe del nonno. Eppure sono andate presto esaurite, una volta arrivate sul mercato. Come mai? Forse perché il mercato mainstream rimane lontano da ragionamenti complessi su bello e brutto, ma preferisce puntare su comodità e praticità. Vecchia regola, sempre valida. Così come quella – proveniente
that a few models that shun aesthetic gracefulness have become icons of the history of sneakers: consider the clumsy silhouette of the Nike Foamposite (1997), or the Reebok Instapump Fury (1994), supremely against any rule whatsoever, with its zig-zag lines and the holes on the upper side. But in 2017 the great brands seem to be willing to push the line of the acceptable a bit further up, especially with regards to the most fashionable market niche. Thus Raf Simons can decide to release the umpteenth cap-
direttamente dalla saggezza popolare – che la bellezza è nell’oc-
sule collection for adidas Originals that includes not only the classic Stan
chio di chi guarda.
Smith with a punched R on the upper side instead of the stripes, but also a
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Nike Foamposite (1997)
Reebok Instapump Fury (1994)
adidas Originals Ozweego by raf Simons (2015)
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real Frankenstein monster such as the Ozweego, that deliberately disrupts the shaped line that is typical of the running models by adorning the upper with silicone inserts (we might call them warts). Let us admit that it might be comfortable – what’s very hard is to call this kick beautiful. By the same token, you may happen to see (in some Balenciaga fashion shows – a brand by now firmly owned by a stylist who’s built a new aesthetic of the ugly such as Demna Gvasalia) such things as the Triple-S: a running shoe made of three outsoles piled on top of one another. This, too, may even be cool, but, you know… So the thing is, what’s ugly might even come to appear beautiful, but in our modest opinion (you can call us old-fashioned, if you will) there are borders that can’t and shouldn’t be trespassed. Think of the Converse Wade 1 produced in 2006, with its upper comprised of leather stripes: the ideal shoe for the first episode of 50 shades of grey, but not so good to impress the opposing team on an NBA parquet. Or take the Air Jordan 16 released in 2001, that had a pair of spats to cover the laces. Or think, last not least, to the more recent Curry 2 Low ‘Chef’ that Under Armour dedicated to Stephen Curry in 2016: basically destroyed by the comments on the web as soon as it appeared, it was really reminiscent of our forefather shoes. Yet it ended up a quick sold out! How can that be? Perhaps because the mainstream market is still quite insensitive to such philosophical disputes on the beautiful and the ugly, and prefers instead to set its sights on comfort and functionality – an old rule, that was never abolished (like the common-sense idea that the beauty is in the eye of the beholder). 72
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le triple -s durante la sfilata di Balenciaga by Demna Gvasalia (2017)
converse wade 1 (2006)
Air Jordan 16 (2001)
Under Armour Curry 2 Low “Chef” (2016)
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KANYE & KARHU Ormai dovremmo essere abituati al mondo in cui viviamo, alle modalità e alla velocità con cui si muovono il mercato e la comunicazione che gira intorno ad esso, in particolare per quanto riguarda tutto ciò che ha a che fare con la moda. Eppure capita ancora di rimanere stupiti di fronte a eventi che mettono in discussione i valori tradizionali e confermano una volta di più che la società è cambiata, e con essa il commercio. Indietro non si torna, che ci piaccia o no. FWe should be used by now to the world in which we live, to the ways in which the market changes and to the speed of this change, especially when it comes to trends that are strictly connected with fashion. But one may still be surprised when witnessing events that question the traditional values and thus confirm once again that society has changed, and with it the world of business and industry. Whether we like it or not, we aren’t going to go back to the past situation any time soon.
Dunque, il fatto sembra semplice, quasi insignificante. Avviene in-
che quel modello capace di mettere insieme spirito outdoor e
torno alla fine di gennaio: Kanye West è a cena con alcuni amici
casual avrebbe portato nuovi successi. Il destino sembra averci,
nella zona di Brentwood, quartiere chic di Los Angeles (finora
in qualche modo, dato ragione.
noto soprattutto per essere stato teatro del caso O.J. Simpson,
Quando la foto ha iniziato a circolare, il flusso della comunicazio-
ma questa è un’altra storia). Come sempre, quando si muove mr.
ne web è diventato presto una valanga digitale. Alcuni siti ame-
West, qualche fotografo si muove con lui. E così uno dei rapper
ricani hanno iniziato a interrogarsi su quale fosse la provenienza
più noti d’America finisce paparazzato sui siti di gossip. Niente di
di quelle scarpe che portavano un marchio “poco conosciuto”,
importante: una situazione di assoluta normalità. Tuttavia un par-
definizione a dir poco offensiva per un brand forte di un secolo di
ticolare cattura immediatamente l’attenzione degli appassionati.
storia punteggiata di successi sportivi e di innovazioni tecnologi-
Nonostante West abbia in corso una collaborazione con adidas
che rivoluzionarie (qualcuno ha forse detto “cuscino d’aria nell’in-
che costituisce – per farla breve – il più importante progetto di
tersuola”?). Poi i social network hanno iniziato a vibrare di interes-
marketing degli ultimi anni nel mondo sneakers, e di conseguen-
se per Karhu: la stessa pagina Instagram del marchio finlandese
za sia pressoché impossibile vederlo indossare sneakers che non
oggi saldamente in mani italiane (quelle della famiglia Arese, che
abbiano le tre strisce sul lato della tomaia, appare subito chiaro
ha messo in piedi un percorso di rilancio davvero vincente) ha
che le scarpe scelte per uscire con gli amici quella sera non
viso aumentare i suoi follower del 30% nel breve arco di un paio
siano mai state sui cataloghi del Trifoglio. Si tratta infatti del-
di notti. Infine, l’onda di immagini e commenti ha preso forma
le Karhu Fusion 2.0, nella versione “Mount Pallas” di cui ave-
concreta: quella di ordini e vendite, che hanno coinvolto non solo
vamo parlato sulle pagine dello scorso numero 76, vaticinando
la versione “Mount Pallas”, ma tutte le varianti del mo
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KANYE & KARHU
dello Fusion 2.0.
should then be almost impossible to see him wearing sneakers lacking the
Questi i fatti. Ora rimane da decidere se il bicchiere sia mezzo
three stripes on their sides, it becomes immediately evident from the picture
pieno o mezzo vuoto: un prodotto interessante, autentico e di
that the pair of shoes he chose to wear to go out with his friends doesn’t
qualità è stato messo sotto i riflettori, certo. Ma è successo solo
belong with any Trefoil catalogue. It’s a Karhu Fusion 2.0, in the Mount Pal-
per l’endorsement più o meno involontario di una delle celebrità
las version that we presented months ago (see issue #76), when we also
più potenti del web contemporaneo. Karhu avrebbe forse potuto
predicted that this model combining outdoor and casual spirit would be a
risparmiare sul settore ricerca e sviluppo, mettere meno stile nelle
success. The fate seems to confirm that our prediction was correct.
sue sneakers, e semplicemente concentrarsi sull’avvicinare arti-
When the picture started to be shared, the flux of online gossip soon
sti che hanno la capacità di influenzare il mercato? Oppure quel
snowballed into a digital avalanche. Some American websites started to
particolare modello è arrivato a un personaggio estremamente
question the origin of those shoes bearing a logo ‘quite unfamiliar’, a de-
attento nei confronti della moda, proprio perché aveva qualcosa
finition that may sound offensive for a brand whose history has been la-
in più? Noi preferiamo la seconda ipotesi: chiamateci ottimisti, se
sting for a century, during which it was punctuated by sports successes and
volete.
groundbreaking technological innovations (have you ever heard about an
Certo, non è da sottovalutare l’idea che West stia usando proprio i modelli Karhu come ispirazione per le prossime Yeezy: altre foto rubate nelle scorse settimane mostrano infatti il rapper/designer con ai piedi quello che sembra essere un sample molto colorato e tutt’altro che minimale, lasciando presagire un cambio di direzione per la linea prodotta in collaborazione con adidas.
air cushion in the shoe’s midsole?). Then many people on the social networks started to be curious to know Karhu. The Instagram page of the Finnish brand that today is owned by an Italian firm (the Arese family that started a very successful relaunching process) recorded a 30 percent increase in its followers within a couple of days. In the end, the wave of images and comments has morphed into something physically real: a wave of orders and sales, that involved not only the Mount Pallas version worn by West, but all the versions of the Fusion 2.0 model.
In ogni caso, non possiamo che rallegrarci del fatto che sneakers
If this is the fact, we may wonder whether its general implications are mo-
senza dubbio meritevoli di maggior attenzione da parte del mer-
stly positive or negative. An interesting, genuine and high quality product
cato abbiano avuto l’occasione di presentarsi al pubblico più am-
got put in the spotlight, to be sure. But we may think that this was only
pio possibile. E speriamo che Karhu continui nel suo percorso di
due to the endorsement (whether purposeful or not) by one of the most
stile, senza lasciarsi irretire dalle sirene dell’hype.
influential celebrities on the world wide web. Shall we conclude that Karhu might have spent less on research and development (or the curation of style), and just try to find some artists with the ability to influence the market? Or should we say that this particular model was chosen by such a fashion-sensitive figure because it embodied something very special? We
The event we are talking about is quite simple, even trivial. It took place
prefer the second hypothesis. And you can call us optimistic, if you want.
toward the end of January. Kanye West is having dinner with some of his
We should not rule out the idea that West may be using the models by
friends in Brentwood, a elegant neighborhood of Los Angeles (so far, it was
Karhu as an inspirational source for the next Yeezy: other pictures from the
famous for being the scene of O.J. Simpson episode, but that’s another
last few weeks show the rapper-designer wearing a very colored and defi-
story). As is often the case, when Mr. West goes around, there are some
nitely non-minimal pair of shoes, thus suggesting a possible turning point
photographers who follow suit. Thus one of the most famous American
for the line produced in collaboration with adidas.
rappers gets paparazzied and reported on gossip websites. Nothing special, an absolutely ordinary situation. But there is a detail that immedia-
In any case, we can only be happy that a pair of sneakers that deserve the
tely captures the fans’ attention. Although West has a collaboration with
attention of the market had the opportunity to be made so popular by an
adidas which represents (to put it sketchily) the most important marketing
incident. Let us hope that Karhu will go ahead in its quest of style without
project involving the sneaker world in the last few years, and although it
being distracted by the vanity of the mass media hype.
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lover sneakers 016 winter edition ba r cello na I ragazzi di Lover Sneakers hanno messo in piedi, nel cuore di Bar-
dai nostri omologhi di Sneakers Magazine España, presenti all’e-
cellona, qualcosa di mai visto: un negozio che non solo vende
vento con occhi e orecchie attente, ma soprattutto con 500 co-
scarpe nuove, ma funziona anche da consignment shop per mo-
pie del nostro amato giornalino, andate a ruba tra appassionati e
delli deadstock e da centro organizzativo per la più importante
semplici visitatori. Molti gli stand animati dai migliori collezionisti
fiera dedicata ai collezionisti di scarpe nella capitale catalana. E
in arrivo dall’intera Spagna, e molto interessante la presenza di
proprio l’ultima edizione di Lover Sneakers, andata in scena quan-
giovani imprenditori capaci di investire su prodotti di nuova con-
do la Spagna era ancora nel pieno dell’inverno, è la protagonista
cezione per la pulizia, la conservazione e la customizzazione delle
delle immagini che abbiamo raccolto in questa e nelle pagine
sneakers: un nuovo mercato sembra destinato ad aprirsi davanti
seguenti: tutte quante scattate alla Estació del Nord de Barcelona
ai nostri occhi nei prossimi anni...
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The guys from Lover Sneakers have put in place (in the heart of Barcelona) something unprecedented: a shop that doesn’t just sell fresh new shoes, but a place that also operates as a consignment shop for many dead-stock models and as an organizational headquarter for the most important fair addressed to the shoe collectors that is based in the Catalan capital. And the latest edition of Lover Sneakers, that took place in a moment when Spain was still experiencing a rigorous winter, is the subject of the images that we propose in this and the following pages. They were all taken at the Estació del Nord de Barcelona by our homologous from Sneakers Magazine España, who participated in the event very passionately, and brought with them 500 copies of our magazine that were quickly acquired by both the enthusiasts and the regular visitors. There were many stalls managed by the best collectors from every corner of Spain and a number of young entrepreneurs eager to invest on cutting-edge new products designed for the cleaning, the maintenance and the customization of the sneakers – a new market is likely to expand in the next years.
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walter “clyde” frazier di Ray prados
La stella dell’NBA Walter Frazier (nato ad Atlanta, Georgia) passò
proprio nel 1967 era uscito Gangster story, il film premio Oscar
tredici stagioni giocando ai massimi livelli. Per dieci di queste fu
diretto da Arthur Penn. Se guardiamo attentamente il cappello
il giocatore più rappresentativo dei New York Knicks, dove i suoi
che Clyde (Warren Beatty) indossa nel film, noteremo che era lo
compagni gli affibbiarono il soprannome di Clyde. Sapete per-
stesso usato da Frazier, sia quando appariva in televisione sia nelle
ché?
foto che lo ritraggono all’uscita dei club della grande mela. Di qui
In questo periodo i Knicks vinsero due campionati, nel 1970 e nel
il soprannome “Clyde”.
1973, mentre lui diventava sette volte All Star e una volta MVP.
Walter Frazier e gli altri giocatori dei New York Knicks erano al top
Clyde e gli altri membri dei Knicks erano al centro dell’attenzione,
nel panorama del basket, e di conseguenza nel panorama dello
non solo per i risultati sportivi, ma anche per il look eccentrico
sport. Erano i re della città e il nostro lo era in modo particolare:
che sfoggiavano fuori dai campi di basket.
andava in giro vestito in modo improbabile – cappelli, giubbot-
Siamo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta e
ti di pelle e scarpe di vernice. Sembrava di vedere un mafioso
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Why did they call him Clyde? Sneakers m
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walter “clyde” frazier stravagante dell’epoca, specie quando guidava la sua Rolls-Royce fiammante. Questo comportamento indusse i media a concentrarsi su di lui. Nel 1973 Puma girava gli Stati Uniti alla ricerca di stelle dello sport e si imbatté in Frazier. Lo ingaggiò subito e creò per questo giocatore un modello esclusivo che nasceva dall’evoluzione delle mitiche Suede, a cui fu aggiunta la firma di Clyde. Questo modello entrò nella storia delle sneakers perché era la prima scarpa bassa a calcare i campi da basket e mostrava colori mai visti prima, che indussero i dirigenti dell’NBA a introdurre un regola che sanzionava le scarpe non abbinate alla divisa. Nel corso del 2016 Puma ha reso omaggio al mitico Walter Clyde Frazier lanciando un pack di 759 paia di Puma Clyde, numero che corrisponde alle partite che Frazier disputò nell’NBA nelle tredici stagioni di cui sopra. In passato, abbiamo assistito ad altri tributi nei confronti del nostro: per esempio, una Clyde ricoperta d’oro, con la scatola piena di immagini che ricordano le gesta di Walter, e con l’etichetta e la striscia posteriore che riprendono i colori dei New York Knicks.
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walter “clyde” frazier
The NBA player Walter Frazier (born in Atlanta, Georgia) spent thirteen seasons competing on the best levels. Ten of these seasons were spent in the New York Knicks, where his teammates started to call him Clyde. Do you know why? In that period the Knicks won two championships, in 1970 and in 1973. Frazier was an NBA All-Star seven times and was named MVP – so he and the other members of the Knicks were the centre of attention, both for their exploits on the field and for their bizarre way of dressing. The period we are talking about goes from the late 1960s and the early 1970s and notice that in 1967 there appeared a crime film called Bonny e Clyde directed by Arthur Penn and winner of two Oscars. In the movie Clyde (Warren Beatty) wears the same hat that was used by Frazier both in the media and in the pictures portraying him outside this or that club in New York. That is why he got the nick of Clyde. Walter Frazier and the other guys of the New York Knicks were on the top of the basketball scene, and therefore on the top of all sports. They were like kings in town, and Clyde in particular. He would go around wearing the strangest clothes – hats, leather jackets, and patent-leather shoes. He was 86
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fairly reminiscent of a typical old-fashioned mafioso, especially when he drove his shining Rolls-Royce. This behavior led the media to concentrate on him. In 1973 Puma was searching the United States for some new stars of sport and they ran into Frazier. They enlisted him and decided to create an exclusive model that was a development of the historic Suede, with the addition of Clyde’s signature. This model became a milestone in the sneaker history because it was the first low kick to tread the basket fields and featured unprecedented colorways, that led the NBA managers (oddly enough) to take account of the freedom introduced by the sneaker companies. A few months ago Puma decided to pay homage to the legendary Walter Clyde Frazier by launching a pack of 759 pairs of Puma Clyde, a number that equates to the games played by Frazier over the course of the aforementioned thirteen seasons. We already saw other initiatives to celebrate our hero in the past. For example, a Clyde fully covered with gold, and with the attending box covered by images portraying Clyde, and the label and the posterior stripe in the colors of the New York Knicks.
le ultime nate
PATTA X puma clyde AMS, HZO: cosa significano le sigle impresse sul lato del tallone di queste splendide Puma Clyde? Presto detto: non sono altro che le città d’origine dei protagonisti di questo progetto collaborativo che ha scaldato i cuori degli appassionati Puma in mezza Europa. Patta e Puma, Amsterdam ed Herzogenaurach, Olanda e Germania unite per rendere omaggio a un classico assoluto della storia sneakers. Che viene trattato con i guanti bianchi (e ci mancherebbe): tomaia in suede, ovviamente, ma qui la differenza la fanno le colorazioni giocate su un unico, accattivante contrasto cromatico. Le nostre preferite sono quelle giocate su toni di arancione, ma anche quelle a base nera fanno la loro figura... AMS, HZO: what’s the meaning of the abbreviations engraved on the heel’s side of this beautiful Puma Clyde? Easy to guess: they refer to the cities of origin of the protagonists of this collaborative project that warmed the hearts of the Puma enthusiasts around Europe. Patta and Puma, Amsterdam and Herzogenaurach – the Nederlands and Germany joined forces to pay homage to an absolute classic of the history of sneakers, that was treated with white gloves (it couldn’t be otherwise). Upper in suede, of course, but here what makes the difference is the colorways revolving around a single, palatable chromatic contrast. Our favorite is the one in the tones of orange – but also the one in black creates a good impression.
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sneakers culture di Marco Colombo
B looking for vintage in
japan
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Soma t o k io , j apan
I tempi cambiano velocemente, soprattutto nelle megalopoli
vanta poi, Shimokita è ancora noto per gli ottimi ristoranti, i locali
del mondo globalizzato. Tokyo non fa eccezione, ci manche-
di musica jazz e l’alta concentrazione di giovani appartenenti alla
rebbe. Però è strano tornare nel 2017 nei luoghi che hanno
cosiddetta classe creativa, che hanno fatto guadagnare al quar-
visto la nascita della cultura delle vintage sneakers e scoprire
tiere l’appellativo di “Williamsburg giapponese” (decidete voi se
– con un po’ di disappunto – che nella capitale giapponese i
sia un bene o un male). Non stupisce che qui sia fiorito un gran
negozi dedicati alle sneakers usate e deadstock, praticamente,
numero di negozi vintage di ogni genere: Soma però è rimasto
non esistono più: oggi le scarpe si vendono nelle catene e negli
tra gli ultimi ad avere un assortimento di sneakers degno di que-
shop carichi delle ultime novità come Atmos, Undftd, Mita, Chap-
sto nome, e varcarne la soglia è come ritrovare un vecchio amico.
ter, Billy di ABC Mart... In questo panorama desolato, chi è rimasto dunque a rappre-
Da vent’anni a questa parte infatti, qui la cosa più importante
sentare la vera essenza di quella cultura? Nella pratica, un solo
sono le sneakers: used, mint and deadstock. Ancora nel 2017
negozio: Soma, nel meraviglioso quartiere Shimokitazawa, geo-
Soma espone una quantità incredibile di adidas, Nike, Converse,
graficamente non lontano, ma culturalmente remoto rispetto al
Vans, Puma, ma non disdegna affatto la ricerca di marchi meno
caos di Shibuya. Dopo i fasti degli anni Settanta prima – nei quali
popolari come Pro Keds, Etonic o Brooks.
era centro della cultura hippie importata dagli Stati Uniti – e No-
Anche in questo senso, si respira aria d’altri tempi: è un tuffo in un Sneakers m
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Soma passato in cui ogni brand riusciva a ritagliarsi una sua fetta di mer-
trovabili (addirittura, pare che da Beaverton vengano spesso da
cato, e il dominio di Nike e adidas non aveva ancora schiacciato la
queste parti, a curiosare e a cercare ispirazione…), molte delle
concorrenza. Tempi meno piatti, verrebbe da dire.
quali sono finite nello splendido libro Nike Chronicle Deluxe. Non
In posti come Soma non è strano scambiare quattro chiacchiere
mancano poi le adidas degli anni Settanta – con molti tra i mo-
con il proprietario, tutt’altro che reticente nel raccontare gli svi-
delli più amati dagli sneakerhead giapponese, come Superstar,
luppi della sneakers culture in Giappone: sorprendentemente,
Ultrastar, Jabbar e Campus – e neppure le Vans made in Usa, or-
dice che il collezionismo di modelli vintage è tutt’altro che morto.
mai sempre più rare, e ben più difficili da trovare rispetto a un
Grazie soprattutto a social network come Instagram, che rendo-
paio di Jordan d’epoca. Il prezzo si alza di conseguenza, come nel
no possibile la condivisione istantanea degli ultimi ritrovamenti,
caso delle molte Converse One Star e Black Label degli anni Ses-
pare proprio che molti ragazzi anche sotto i vent’anni si siano av-
santa e Settanta, che hanno quotazioni tra i 500 e i 1500 dollari
vicinati al mondo del collezionismo, tanto da comprare perfino
(ma almeno si possono ancora indossare).
modelli non utilizzabili, varcando il limite che separa i semplici
Infine, da Soma abbiamo trovato perfino delle rappresentanti
appassionati dai collezionisti hardcore.
della grande tradizione Made in Italy: Diadora Borg e Diadora Venus anni Settanta, ancora perfette nonostante i quarant’anni
A proposito di questi ultimi, senza dubbio Soma per loro è un
d’età e i quasi diecimila chilometri che separano gli stabilimenti
tempio: sugli scaffali fanno bella mostra di sé decine di Nike in-
veneti del marchio dalla più importante città del Giappone.
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Soma Time changes quickly, especially in the megalopolis of the globalized wor-
the name – and crossing its threshold is tantamount to meeting again
ld, and of course Tokyo is no exception. Yet it’s a bit odd to return to visit
with an old friend.
the places that were the cradle of the culture of vintage sneakers in 2017,
Over the last twenty years the most important things are the sneakers –
and realizing (also with a hint of sadness) that in the Japanese capital the
used, mint and dead-stock. And nowadays Soma offers a huge variety of
shops dedicated to the used and dead-stock sneakers practically don’t exist
adidas, Nike, Converse, Vans, Puma, but doesn’t refrain from exploring such
anymore: today the shoes are only sold in the great chains and shops reple-
less know brands as Pro Keds, Etonic and Brooks.
te with such novelties as Atmos, Undftd, Mita, Chapter, Billy by ABC Mart...
From this point of view, too, the atmosphere is reminiscent of the good old
In this deserted moor, who can still represent the essence of that culture?
days: it’s like diving into the past, when every brand could occupy its own
Only one shop: Soma, in the beautiful neighborhood of Shimokitazawa,
market share and the competition between Nike and adidas was still far
geographically not so far, but culturally very different from the chaos of
from sweeping away the other contenders – one’s fate was less predictable,
Shibuya. After the deeds of the 1970s (when it hosted the hippie culture
so to say. In a place like Soma it’s not unusual to chat with the owner, who’s
imported by the United States) and the second life enjoyed from the 1990s
happy to expand upon the development of the sneaker culture in Japan.
on, Shinokita is still well-known for its refined restaurants, the jazz clubs,
Strangely enough, he says that collecting the vintage models is still a wide-
and the high concentration of young people belonging to the so-called
spread activity. Mainly thanks to social networks such as Instagram, who
creative class, who have brought the neighborhood to deserve the title of
made it possible to share the latest findings in real time, it seems that many
‘Japanese Williamsburg’ (up to you to decide whether this is a good or bad
teenagers have approached the collecting practice, in such a way that they
thing). No surprise that there emerged a number of vintage shops of every
even buy models that can’t be used, thus crossing the line that separates a
sort: but Soma is one of the few to have a vast array of sneakers deserving
mere enthusiast from a hardcore collector.
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Soma
As for the latter, they must be patronizing Soma as if it were a temple. On its shelves you can see dozens of unobtainable Nike models, some of which have been unearthed by the wonderful book Nike Chronicle Deluxe (it seems that the very staff from Beaverton uses to come down to browse the shelves and search inspirational sources). There are also a number of models by adidas dating to the 1970s (including some of the most beloved models by the Japanese sneakerheads, such as the Superstar, Ultrastar, Jabbar and Campus) and a few Vans made in Usa, by now a very rare and much more difficult category to find out than an old pair of Jordan. The price tends to go up in proportion, as in the case of the many Converse One Star’s and Black Label’s from the 1960s and 1970s whose quotations go from 500 to 1500 dollars (but at least you can use them). At Soma we even found a few representatives of the made in Italy tradition: the Diadora Borg and the Diadora Venus from the 1970s, still in good conditions in spite of their 40 years and the almost 10k kilometers that separate the Venetian factories from Japan.
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fotopedaci.com fotopedaci.com
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