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soluzioni > benessere animale un impegno urgente il burnout: cos’è e come si affronta i fattori che aumentano l’impegno sul luogo di lavoro
interferenti endocrini: un convegno per conoscerli e limitarne i rischi
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anno VI, n.10, luglio 2017
qualità della vita
Benessere animale: è importante per cittadini e istituzioni molti segnali lo dimostrano: i cambiamenti nelle abitudini alimentari di un numero sempre maggiore di persone, i risultati di un recente Eurobarometro, le iniziative ministeriali. E la concreta sensibilità di alcune aziende
I vegetariani sono sempre più numerosi, e ultimamente la dieta vegana sta prendendo molto piede. Il benessere animale, insieme a motivazioni legate alla salute personale e ambientale, è una delle ragioni per cui le persone scelgono di non consumare più carne. Un atteggiamento confermato da numeri autorevoli: dall’Eurobarometro pubblicato lo scorso marzo emerge che per il 94% dei cittadini dell’UE è importante tutelare il benessere degli animali d’allevamento. Quindi, non ci si preoccupa più soltanto di quelli da compagnia, negli ultimi anni l’attenzione si è estesa a tutti gli animali. L’Eurobarometro, richiesto dall’Eurogruppo per gli animali, è parte integrante della “Strategia per la protezione e il benessere degli animali”, volta a migliorare gli standard in questo ambito e a garantirne l’applicazione in tutti i Paesi della Comunità Europea. Sotto il principio guida “Ognuno è responsabile”, la strategia è stata rea lizzata coinvolgendo agricoltori, veterinari, associazioni animaliste ed esperti, e tiene conto sia delle aspettative dei cittadini, sia delle esigenze del mercato.
L’evoluzione della normativa in questo ambito è costante, ma alcune tappe fondamentali ne hanno segnato lo sviluppo: il Trattato di Amsterdam del 1997, che definisce gli animali “esseri senzienti”, cioè in grado di provare piacere e dolore, e obbliga la Comunità Europea a tenerne conto nelle proprie politiche. La direttiva CE 98/58 del 1998, che si basa sulla Convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti, dello stesso anno. Fino alla recente Strategia per la protezione e il benessere degli animali. Basta leggere i titoli di questi atti europei per cogliere la fondamentale differenza di orientamento e di sensibilità: quella che prima era genericamente “protezione degli animali” ora si estende alla tutela del loro benessere. Non si tratta di sfumature linguistiche, ma di un radicale cambio di mentalità. E, come è noto, quando la legislazione si occupa di una questione significa che il tema è già parte del sentire comune. Alla base dei regolamenti più recenti ci sono le “Cinque libertà” degli animali, definite nel Brambell Report del 1965, il primo documento scientifico su questo tema:
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qualità della vita
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Libertà dalla fame e dalla sete; Libertà dal disagio; La libertà da dolore, lesioni e malattie; Libertà di esprimere un comportamento normale; • La libertà dalla paura o angoscia. Libertà sacrosante, che tuttavia diventano difficili da garantire quando gli animali sono allevati per ottenere prodotti da cui derivi un reddito. Sì, perché tutelare il loro benessere ha un costo, che si trasforma in svantaggio commerciale. Un problema che la Commissione Europea ha tenuto in conto. Per questo ha inserito le questioni legate al benessere animale negli accordi commerciali e ha organizzato eventi internazionali per promuore questa scelta. Dal canto loro, i cittadini si schierano quasi all’unanimità per la tutela degli animali, come abbiamo visto, ma poi non tutti sono disposti a pagare di più i prodotti che certificano un adeguato trattamento degli animali allevati. Sarà forse la crisi, ma sembra più facile mettere la mano sul cuore che sul portafogli.
Controlli ufficiali, garanzie volontarie Ma la pressione culturale ha un suo peso sia sulle istituzioni sia sulle aziende. Lo scorso aprile il Ministero della Salute ha organizzato a Roma la prima “Conferenza nazionale sul benessere animale”, prendendo in considerazione gli animali da affezione, da reddito e usati a fini scientifici. Alla base di tutto, insieme ai risultati dell’Eurobarometro, il concetto di One Health: una sola salute, umana e animale, poiché la prima dipende in gran parte anche dalla seconda. Inoltre, il Ministero ha realizzato opuscoli specifici per le varie categorie di animali, in cui si illustrano le norme relative: animali d’affezione e lotta al randagismo, protezione degli animali negli allevamenti, protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
Inoltre, nel 2008 è stato varato in via sperimentale il Piano nazionale benessere animale (PNBA), che detta le regole per i controlli negli allevamenti in relazione sia alle condizioni degli animali sia alla formazione del personale, che è tenuto per legge a conoscre la corretta gestione e le norme minime di benessere degli animali allevati. Il PNBA si è affinato nel tempo e ora contiene capitoli specifici relativi al trasporto e alla macellazione e abbattimento degli animali. La relazione annuale sui controlli effettuati nel 2015 sul trasporto di animali, come previsto dal PNBA, riporta che sulle 18.275 ispezioni relative a 15.641 mezzi di trasporto, oltre 9 milioni di animali e 15.616 documenti di accompagnamento, sono state riscontrate 495 non conformità e applicate 425 sanzioni amministrative (il 2,3% rispetto alle ispezioni effettuate, mentre nel 2014 sono state l’1,8%). Le non conformità erano relative alla documentazione (177), alle pratiche di trasporto, allo spazioni disponibile e all’altezza (111), all’idoneità degli animali al trasporto (106), ai mezzi di trasporto (40), all’abbeveraggio, all’alimentazione e alla durata dei periodi di viaggio e di riposo (34); le restanti 27 non conformità erano ascrivibili ad altri casi. Per quanto riguarda le aziende, le associazioni animaliste chiedono di estendere anche alle carni l’etichettatura delle uova, dove viene specificato il metodo di allevamento delle galline (in gabbia, a terra, all’aperto, biologico), per permettere ai consumatori una scelta consapevole e per creare le condizioni per un incremento delle aziende che attuano sistemi di allevamento animal-friendly. Nel frattempo, alcuni esempi virtuosi offrono informazioni e garanzie volontarie. Ci auguriamo che questa buona pratica si diffonda, nell’attesa di una normativa specifica. dipietro@soluzionisodexo.it
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qualità della vita
Eurobarometro: i risultati chiave L’indagine della Commissione Europea rivela che i cittadini dell’Unione hanno a cuore il benessere degli animali. Non soltanto di quelli da compagnia, ma anche degli animali allevati per la produzione di alimenti, lana, pelli, pellicce e altri scopi agricoli. L’indagine è stata svolta tra il 28 novembre e il 7 dicembre 2015 e pubblicata il 15 marzo 2016. Ha coinvolto 27.672 cittadini di 28 Stati membri dell’Unione Europea, appartenenti a diverse categorie sociali e demografiche, che sono stati intervistati di persona nella loro lingua madre dalla TNS Opinion & Social network per conto della Direzione generale per la Salute e la sicurezza alimentare. Il tema è stato suddiviso in tre quesiti principali: la comprensione e l’importanza percepita, le strategie e i prodotti. Ecco i risultati chiave, tratti dal Report della Commissione Europea (da qui è possibile scaricare il report e il summary in inglese, oltre alle schede dei singoli Stati nelle rispettive lingue nazionali)
I. Benessere degli animali: la comprensione e l’importanza percepita La maggioranza relativa degli europei intende il benessere degli animali come ‘il dovere di rispettare tutti gli animali’ (46%) e in secondo luogo come ‘il modo in cui vengono trattati gli animali da allevamento, offrendo loro una migliore qualità della vita’ (40%) . Più di nove su dieci cittadini dell’UE credono che sia importante tutelare il benessere degli animali d’allevamento (94%). Gli europei ritengono che il benessere degli animali da allevamento dovrebbe essere meglio tutelato di quanto non lo sia ora (82%) e pensano lo stesso per gli animali da compagnia (74%).
II. Valutazione delle strategie chiave per tutelare il benessere degli animali Informazione e formazione Più di quattro europei su cinque considerano che
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qualità della vita le campagne di informazione sul benessere degli animali siano un buon modo per influenzare gli atteggiamenti dei bambini e dei giovani nei confronti degli animali (87%). Un numero crescente di cittadini dell’Unione Europea, dopo l’ultimo sondaggio, vorrebbe maggiori informazioni sulle condizioni in cui vengono trattati gli animali allevati nei loro rispettivi Paesi (64%). Gli standard internazionali La maggioranza assoluta degli europei concorda sul fatto che i prodotti importati dal di fuori dell’UE devono rispettare gli stessi standard di benessere animale di quelli dell’UE (62% “totalmente d’accordo”). La maggioranza crede che il metodo migliore per garantire che i prodotti di origine animale importati rispettino le norme comunitarie sia attraverso certificazioni rilasciate dalla UE (54% degli europei). Regolamentazioni La grande maggioranza degli europei pensa che ci dovrebbe essere una legge che obbliga ogni persona che utilizza gli animali per scopi commerciali a prendersi cura di loro (89%). Inoltre, la maggioranza relativa degli europei ritiene che la legge dovrebbe essere decisa congiuntamente tra l’UE e le autorità pubbliche nazionali (49%), e non una decisione presa dalla sola UE (19%). La maggioranza relativa degli intervistati europei pensa che il benessere degli animali d’allevamento dovrebbe essere gestito congiuntamente, tra le imprese e le autorità pubbliche (43%). Un ulteriore 40% degli intervistati ritiene che il benessere degli animali è una questione che riguarda tutti i cittadini e deve essere regolamentata dalle autorità pubbliche. Il tema comune è che le autorità pubbliche dovrebbero essere coinvolte in qualche modo.
III. Prodotti rispettosi Più della metà degli europei è disposta a pagare di più per prodotti provenienti da sistemi di produzione attenti al benessere degli animali (59%). Più di un terzo degli intervistati (35%) è disposto a pagare fino al 5% in più, mentre solo una piccola minoranza (3%) è pronta a pagare oltre il 20%. Tuttavia, più di un terzo dei cittadini dell’UE (35%) non è disposto a pagare di più. La maggioranza assoluta (52%) degli europei cerca le etichette che identificano l’attenzione per il benessere degli animali al momento dell’acquisto di prodotti. Un europeo su dieci non è a conoscenza dell’esistenza di queste etichette. Nel complesso, gli europei non credono che al momento non ci sia sufficiente scelta di prodotti alimentari attenti al benessere degli animali in negozi e supermercati (47%). Ciò rappresenta un aumento di 9 punti percentuali rispetto al sondaggio del 2006.
nei grafici Le risposte degli italiani
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qualità della vita
Sodexo per il benessere animale: una Carta dei Fornitori e un primo accordo Azienda leader nei Servizi di Qualità della Vita, Sodexo ha un articolato Piano per la Resposabilità sociale che comprende azioni per il benessere delle persone e dell’ambiente. Tra le naturali conseguenze: la “Carta dei fornitori per il benessere animale” e l’accordo con Unicarve
Migliorare la qualità della vita delle persone: questo è il mestiere di Sodexo. Per realizzarlo, progetta e mette in opera un’offerta integrata di servizi tra cui quelli di ristorazione. Impossibile separare la qualità della vita dalla salute delle persone, che risente anche del benessere degli animali e della protezione dell’ambiente. Temi che sono non soltanto il cuore dell’azione di Sodexo, ma anche alcuni degli obiettivi del piano di Responsabilità economica, sociale e ambientale che l’azienda si è data: il “Better tomorrow plan”, che indica la via verso le buone pratiche e l’innovazione, stabilendo precisi obiettivi da raggiungere, con una tempistica definita. Le azioni previste dal Piano sono molte, e alcune riguardano il benessere animale. Un tema importante e molto sentito, ma ancora legato per lo più ad attività volontarie. Come le iniziative messe in atto da Sodexo: la “Carta dei Fornitori del Gruppo Sodexo per il benessere degli animali” e l’accordo con Unicarve.
La Carta dei Fornitori Si tratta di un documento che definisce i requisiti minimi che i fornitori devono rispettare per avere rapporti commerciali con Sodexo. I fornitori si impegnano a trattare gli animali in modo umano, oltre che in linea con la legislazione locale. Le richieste di Sodexo sono numerose, e prevedono tra l’altro che agli animali siano garantiti cure, luce, accesso a cibo e acqua fresca, ambienti puliti e regolarmente disinfettati, spazio adeguato a ciascuna specie, che non siano tenuti in isolamento (a eccezione di casi particolari legati alle condizioni di salute) e che non vengano praticate loro mutilazioni di routine né somministrati antibiotici o ormoni come prassi di routine. Tutto il personale deve aver ricevuto una formazione adeguata e verificabile. In ogni fase dell’allevamento, del trasporto e della macellazione devono essere evitate agli animali ferite e inutili stress o sofferenze; gli spazi, i mezzi e le attrezzature devono essere puliti e disinfettati, idonei alla specie e adeguatamente manutenuti. Inoltre, nessun animale può essere trasportato
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qualità della vita se non è ritenuto idoneo, il trasporto deve avvenire in mezzi non sovraffollati per garantire adeguata ventilazione, lo stile di guida deve essere appropriato e tale da ridurre i rischi di ferite; nei viaggi lunghi devono essere forniti agli animali cibo, acqua e periodi di riposo adeguati. Nelle operazioni di carico e scarico e durante il viaggio gli animali non devono essere colpiti o trattati in modo non adeguato. Infine, in fase di abbattimento, gli animali devono essere storiditi prima della macellazione, che deve avvenire utilizzando metodi umani che riducano al minimo stress e sofferenze. Quando gli animali restano in recinto per lunghi periodi, devono avere a disposizione acqua e cibo, oltre a spazi e riparo appropriati alla specie. Per adeguarsi a questi requisiti i fornitori devono a loro volta diffondere i principi della Carta lungo tutta la loro catena di approvvigionamento. Naturalmente, Sodexo è consapevole che possa essere necessario del tempo per adeguarsi a questi requisiti e invita i propri fornitori ad attuare un processo di miglioramento continuo e a informarla regolarmente delle trasformazioni avviate. In ogni caso, Sodexo si riserva il diritto di effettuare, direttamente o tramite autovalutazione o audit da parte di terzi, tutti i controlli che riterrà necessari per assicurarsi che le prescrizioni previste dalla Carta siano adeguatamente rispettate.
L’accordo con Unicarve L’accordo prevede la fornitura a Sodexo di carni bovine certificate, prodotte dagli allevatori del Veneto associati a Unicarve, da destinare ai ristoranti di scuole, ospedali, strutture per anziani, aziende e istituzioni. Unicarve è la più grande associazione di produttori di carni bovine a livello nazionale (circa 750 aziende), ed è concessionaria del marchio di “Qualità Verificata” (legge Regionale n. 12 del 2001),
con disciplinari di produzione che tengono conto del benessere animale (spazi protetti destinati ai bovini) e dell’alimentazione di qualità (a base di cereali e materie prime certificate). Unicarve coordina la filiera costituita da allevatori, macellatori, sezionatori, distributori, controllata dall’organismo terzo di controllo CSQA Certificazioni di Thiene (VE). È anche titolare di un Disciplinare di etichettatura facoltativa di carni bovine, controllato sempre da CSQA e riconosciuto dal Ministero delle Politiche agricole con il codice IT010ET. Al momento le aziende certificate sono 718. Inoltre, Unicarve ha adottato il “Manuale per la valutazione del benessere e della biosicurezza nell’allevamento bovino da carne” CReNBA – Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna – formando i propri tecnici veterinari ed inserendo nel Disciplinare IT010ET, attualmente in fase di approvazione al Ministero delle Politiche agricole, la possibilità di riportare in etichetta il “livello raggiunto di benessere animale” delle aziende aderenti. L’accordo prevede tra l’altro che Unicarve metta a disposizione di Sodexo il Disciplinare di etichettatura IT010ET per la tracciabilità delle carni e gli elenchi delle aziende di allevamento certificate Qualità Verificata per le produzioni di Vitellone e Scottona ai cereali e vitello al latte e cereali, regolate da Disciplinari di produzione riconosciuti dalla Regione Veneto e dalla Commissione Europea. Questo accordo per Sodexo è un modo concreto per contribuire al diffondersi della cultura e delle pratiche di tutela del benessere animale e per assicurare qualità alimentare certificata ai propri consumatori, dando nel contempo un reale sostegno alle comunità locali, coerentemente ai principi del Better Tomorrow Plan. venturini@soluzionisodexo.it Direttore Relazioni Esterne Sodexo Italia
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educazione e benessere
Educazione alimentare: per migliorare la PROPRIA salute e L’IMPATTO SUll’ambiente mangiare sano è il primo, fondamentale passo per garantirsi il benessere, e influisce anche sulle relazioni interpersonali e sull’impatto ambientale. Ecco perché è utile puntare sull’educazione alimentare nelle scuole. Ma anche nei luoghi di lavoro, per informare gli adulti.
Il luogo ideale per raggiungere i bambini e coinvolgerli nei programmi di educazione alimentare è la scuola, e in particolare il refettorio. Sì, perché la ristorazione scolastica è un intervento sociale, e secondo l’OMS quello sociale deve essere il primo e il principale livello dell’azione di prevenzione ed educazione. Azione che dev’essere orientata ad accrescere l’empowerment per favorire scelte consapevoli, piuttosto che a colpevolizzare per quelle scorrette. La prima e più concreta azione di educazione alimentare sono dunque i pasti a scuola, con i loro menu equilibrati, consumati con i compagni. Per le sue caratteristiche di equilibrio
nutrizionale, verificato dalle Autorità sanitarie competenti, il pasto a scuola è infatti un esempio concreto che già di per sé costituisce un momento educativo importante. A ciò si aggiunge la modalità del suo consumo, che avviene in compagnia dei coetanei e alla presenza di adulti che hanno il compito preciso di supervisionare questa attività collettiva: un altro fattore formativo per i bambini.
Fare “amicizia” con cibi nuovi La dimensione della socialità, una delle caratteristiche della dieta Mediterranea che la rendono tanto preziosa, è uno stimolo positivo ad assaggiare e a parlare con i compagni
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educazione e benessere
e gli insegnanti di quei cibi salutari proposti nel menu, che spesso non sono comuni nei pasti in famiglia. Ormai è risaputo, i bambini stabiliscono un rapporto non soltanto organolettico con il cibo: indipendentemente dal gusto, rifiutano ciò che non conoscono. Proprio come se fosse uno sconosciuto di cui non ci si può fidare. In particolare, le ricette che a casa non vengono mai preparate, a scuola restano nel piatto. E del resto, per ogni bambino i modelli e le guide sono la mamma e il papà! I programmi di educazione alimentare servono anche a superare questo ostacolo: le attività più diffuse hanno proprio lo scopo di allargare il ventaglio di alimenti apprezzati dai bambini. Per riuscirci, bisogna tenere in considerazione il gusto e il disgusto, la percezione dei sapori e il ruolo dei cinque sensi, così come della cultura, delle emozioni e degli affetti, della psiche, dell’esperienza e dell’apprendimento. E anche il fatto che ogni bambino è diverso dagli altri: occorrono quindi approcci diversi, per rispettare le caratteristiche di ciascuno.
Diventare cittadini migliori Il momento del pasto a scuola ha quindi un valore educativo particolare e importante, che ha lo scopo di orientare i bambini verso sani stili di vita, capaci di proteggerli in futuro da numerosi problemi di salute tra cui l’obesità (oggi purtroppo molto diffusa fin dall’infanzia) e le malattie degenerative. Ha inoltre l’obiettivo di contribuire a renderli
cittadini migliori, facendone dei consumatori consapevoli, una volta diventati adulti. E non è tutto. Che ci sia una connessione tra alimentazione e benessere è ormai cosa nota, lo è meno l’impatto ambientale di ciò che mangiamo e la relazione diretta tra lo stato dell’ambiente e quello della nostra salute. Eppure si tratta di una connessione forte e importante. Fin da piccoli è utile imparare le basi della sana alimentazione, ma anche quelle dell’ecocompatibilità, a cominciare dalla riduzione degli scarti di cibo. L’educazione alimentare assume quindi uno spessore ampio, che parte dal cibo e tocca continua a pag. 10
Obiettivi e strumenti La scuola è senza dubbio il luogo ideale per:
alla salute e a comportamenti rispettosi dell’ambiente • educare e degli altri competenze per compiere buone scelte future in ogni • sviluppare aspetto dello stile di vita. È necessario farlo con progetti:
per età • differenziati integrati nella ruotine didattica • basati su attività e stimoli per tutti i soggetti coinvolti • nel processo educativo la sinergia tra educazione ed esperienza, gioco • sfruttando e comunicazione, offerta nutrizionale e formazione, e quindi tra tutte le componenti in campo, sia del settore pubblico che di quello privato.
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educazione e benessere
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molti argomenti ad esso legati, più o meno direttamente, tra cui: • piacere (gusto e disgusto) • conoscenza e confidenza (buono da pensare/buono da mangiare) • ambiente (consumi, sprechi, rifiuti) • territorio e tradizioni (le proprie e quelle degli altri).
Imparare dalla natura I bambini partecipano più volentieri alle attività dinamiche e alle proposte ludiche: stanno già tutto il giorno seduti ad ascoltare le lezioni. Per rendere l’educazione alimentare coinvolgente e divertente bisogna programmare attività concrete, che comprendano gioco e movimento, esperienze sensoriali e affettività, etica e solidarietà, socializzazione e contatto con la natura. Una visita in cascina o un piccolo orto scolastico sono tra le attività più efficaci per favorire il consumo di alimenti sani, come gli ortaggi, e l’adozione di comportamenti virtuosi verso l’ambiente circostante. Infatti, la natura esercita sui bambini una forte attrazione su cui si può far leva.
bienti fondamentali della loro vita, restando disorientati, sia per estendere i benefici dell’educazione alimentare anche agli adulti. Ciò avviene in due direzioni complementari: da un lato i genitori vanno informati con attività e materiali appositamente realizzati, dall’altro vengono convolti dai figli, che “portano a casa” quello che hanno imparato a scuola, migliorando le scelte e i comportamenti di tutta la famiglia. Naturalmente, i bambini sono i destinatari privilegiati dell’educazione, ma anche agli adulti possono essere utili interventi specifi-
Una visita in cascina o un piccolo orto scolastico sono tra le attività più efficaci per favorire il consumo di cibo sano, come gli ortaggi, e comportamenti virtuosi verso l’ambiente.
Non dimenticare gli adulti Infine, occorre coinvolgere anche insegnanti e genitori, sia per creare una continuità scuola-casa ed evitare che i bambini trovino azioni e contenuti discordanti nei due am-
ci, come quelli sui sani stili di vita. Tanto più oggi, che messaggi, notizie e informazioni ci giungono in continuazione e da ogni dove. Contenuti a volte presentati in maniera da catturare la nostra attenzione, dandoci una sensazione di affidabilità, anche quando in realtà si tratta di informazioni inattendibili. Difficile valutare la serietà dei messaggi. Per questo servono seri e verificati programmi di informazione, educazione e comunicazione pensati per tutti gli adulti (non solo per i genitori), capaci di emergere nell’oceano mediatico in cui siamo immersi. dipietro@soluzionisodexo.it
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“così contribuiamo al benessere presente e a quello futuro dei tanti bambini che seriviamo” cosa succede quando una società di Ristorazione e servizi, consapevole delle sue opportunità e delle sue responsabilità, organizza programmi di educazione alimentare? ecco una panoramica delle idee e dei progetti di Sodexo.
Sfatiamo un pregiudizio: le società di ristorazione non fanno solo da mangiare, hanno responsabilità e opportunità per promuovere la salute e la sensibilità ambientale, per aiutare i bambini a conoscere e a compiere scelte consapevoli. E anche per raggiungere le famiglie, ampliando gli effetti benefici derivanti da conoscenza e consapevolezza. Sodexo mette in gioco la sua esperienza internazionale e la sua specializzazione locale e di
segmento. La nostra mission, “migliorare la qualità della vita”, ci rende ben più che semplici fornitori di pasti: il nostro team del Segmento Scuole, insieme agli esperti interni di qualità e sicurezza e al Comitato Scientifico Sodexo, ha realizzato molti moduli di educazione alimentare, pensati per favorire conoscenza e convivialità e studiati per coinvolgere, divertire e incuriosire bambini e ragazzi delle varie fasce d’età. Niente lezioni ma giochi didat-
tici, che spesso comprendono anche un po’ di attività motoria: così la partecipazione attiva è assicurata. Molti interventi hanno lo scopo di stimolare i bambini a prendere confidenza con alcuni alimenti in genere poco apprezzati, come verdure e legumi, poiché è noto che la conoscenza dei cibi riduce il rifiuto a tavola. Qualche esempio? Proponiamo giochi didattici, gare a squadre, orti scolastici, visite alle fattocontinua a pag. 12
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educazione e benessere continua da pag. 11
rie didattiche, menu di festa e di scoperta (di cibi particolari o di altre culture), differenziando le attività per le varie fasce d’età. Ecco solo alcuni esempi, scelti tra le numerosissime attività proposte.
Per i più piccoli
saggio della novità con fiducia e consapevolezza attraverso la scoperta dei cinque sensi, messi in gioco in svariate attività divertenti. Inoltre, proponiamo iniziative come “Chi ben comincia...”: la
squadra a spiegazioni teoriche sui principi e fondamenti che costituiscono la piramide alimentare. L’obiettivo è far conoscere i gruppi di alimenti e gli abbinamenti corretti, la funzione dei principi nutriti-
Siamo convinti che cominciare dall’infanzia è fondamentale affinché gli adulti di domani abbiano le competenze per proteggere la loro salute e quella dell’ambiente.
Ai bambini delle sezioni Primavera e della Scuola dell’Infanzia proponiamo filastrocche e storie dedicate al cibo, per giocare con le parole e con i suoni e per scoprire il piacere di mangiare divertendosi. Durante l’incontro i bambini hanno l’opportunità di vedere e di assaggiare i cibi conosciuti nelle letture. I più grandicelli della Scuola dell’Infanzia sono stimolati a trasformare gli alimenti in personaggi fantastici. Come per magia una mela e un pomodorino diventano una coccinella, un finocchio diventa elefante e una melanzana, con qualche altra verdurina, un bellissimo pinguino. Alla fine, i bambini non resistono alla voglia di assaggiarli e di conoscerne altri per dare libero sfogo alla creatività.
Alla Scuola Primaria Con i bambini della Scuola Primaria si punta sull’esperienza sensoriale. Li invitiamo all’as-
prima colazione a scuola, per sottolineare l’importanza di questo pasto, spesso trascurato. Oppure come l’anticipo a metà mattina della frutta solitamente prevista a fine pasto, per offrire uno spuntino sano e favorire un maggior consumo di frutta, offrendola quando ancora lo stomaco non è troppo pieno.
Anche per i più grandi Per i ragazzi della Scuola Secondaria il progetto prosegue con “La piramide alimentare in palestra”, un gioco per far conoscere l’importanza di variare gli alimenti consumati ogni giorno, per assicurare il giusto apporto nutritivo all’organismo. L’incontro si sviluppa alternando i giochi di
vi e il significato della forma della piramide.
Think Green Junior Oltre ai moduli di educazione alimentare, alcune nostre particolari offerte si articolano integrando menu, allestimenti, materiali e attività educative rivolte a un sano stile di vita che si estende anche al rapporto rispettoso con l’ambiente. Una di queste è Think Green Junior, che si pone come obiettivo la salvaguardia dell’ambiente e della salute umana attraverso la creazione di un ristorante scolastico eco-sostenibile a ridotto impatto ambientale. Gli obiettivi di Think Green Junior sono: • aiutare i nostri piccoli commensali a mangiare in modo
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sano pensando al pianeta; • coinvolgere i genitori in un progetto che li porterà a “fare del bene alla famiglia e all’ambiente”; • supportare i nostri clienti nel migliorare la qualità della vita della cittadinanza. Il ristorante Think Green è pensato per offrire ai bambini che vi entrano un’esperienza educativa e di meraviglia al tempo stesso. C’è una parete a lavagna e l’area del “Grande Albero”, che come un “grande saggio” fornisce ai bambini (e agli adulti che frequentano il ristorante) approfondimenti e spunti di riflessione su alimenti poco conosciuti e su azioni che tutti possiamo compiere per rispettare l’ambiente. Vengono inoltre organizzati giochi, attività e mostre temporanee in cui tutti possono esporre e disegnare. Le iniziative e gli strumenti per coinvolgere bambini e genitori sono molti: • una campagna di informazione su diverse tematiche, quali alimentazione, ambiente e salute, riduzione dei consumi di carne, stagionalità degli alimenti, riduzione degli avanzi, corretta gestione della raccolta differenziata e altro ancora; • giornate di Condivisione a
tema, nell’occasione di ricorrenze mondiali per la salute dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente, con attività specifiche. Sono previste iniziative rivolte anche al personale: • corsi di formazione e azioni di sensibilizzazione specifiche su alimentazione e ambiente, riduzione dei consumi di carne, stagionalità degli alimenti, corretta gestione della raccolta differenziata, uso dei detersivi a basso impatto ambientale,
risparmio idrico ed energetico, e così via; • poster e adesivi promemoria con istruzioni sulle ecoabitudini, da appendere in cucina. Siamo convinti che cominciare dall’infanzia sia fondamentale affinché gli adulti di domani abbiano le competenze per proteggere la loro salute e quella dell’ambiente. venturini@soluzionisodexo.it Direttore Relazioni Esterne Sodexo Italia
Le basi del progetto di Sodexo Gli obiettivi dei progetti di educazione alimentare sono:
nell’ambito scolastico i principi di una corretta e razionale • divulgare alimentazione in età scolare anche alle famiglie, precise linee guida e suggerimenti pratici • fornire, per una gestione globale, sana ed equilibrata di tutte le “occasioni alimentari” nell’arco della giornata mettere a disposizione degli insegnanti contributi e spunti utili per affrontare il tema in termini didattici all’interno dei loro programmi collaborare con i responsabili scolastici a trasformare sempre più il servizio della refezione scolastica in un momento educativo.
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Il progetto di educazione alimentare di Sodexo si sviluppa in moduli, in modo che gli argomenti possano essere trattati in funzione della fascia di età a cui vengono proposti. La metodologia scelta per la conduzione degli incontri è interattiva: si alternano momenti didattici frontali a esperienze dirette, laboratori e proposte ludiche. Gli incontri prevedono la presenza e la collaborazione dei docenti per integrare le iniziative dedicate alla corretta alimentazione con le attività didattiche e stimolare le capacità cognitive dei bambini coinvolti.
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aziendee esenior sanità istituzioni
il burnout: la sindrome da stress di chi opera in ambito socio-sanitario conoscere di che si tratta, individuarne sintomi e caratteristiche, distinguere il burnout dallo stress (che può essere positivo o negativo) sono i primi passi necessari per intervenire con la prevenzione o la cura.
Si chiama sindrome da burnout, o più semplicemente burnout, significa letteralmente “consumarsi bruciando” ed è ciò che accade a chi svolge professioni di cura che richiedono un costante e stretto contatto con persone malate, disabili, anziane. Occorre ricordare però che il burnout può manifestarsi anche in persone che per lunghi periodi e senza sosta sono costrette a occuparsi dei propri familiari sofferenti. Se da un lato le professioni che si svolgono in ambito socio-sanitario - medici, infermieri, oss, assistenti sociali - possono apparire quelle che consentono di relazionarsi con altri esseri umani nel modo più intenso e coinvolgente, dall’altro l’approccio empatico che le caratterizza sottopone gli operatori ad un forte stress che può degenerare. Quando supera il livello di guardia, tale stress può trasformarsi in ciò che gli esperti definiscono burnout e che
si manifesta con una serie di sintomi psicofisici molto diversi - talvolta apparentemente scollegati fra loro - che costituiscono proprio l’esito patologico di un processo stressogeno.
Colpisce chi svolge professioni di cura e accudimento di persone malate, disabili e anziane, ma anche chi assiste per lunghi periodi i propri familiari. Tuttavia è necessario distinguere il burnout dallo stress. Quando è stress.... È importante riconoscere che lo stress ha anche una funzione positiva - si parla in tal caso di eustress - in quanto serve per sollecitare un approccio “a pieno regime” in determinate situazioni: pensiamo per esempio alle gare sportive o alle prestazioni intellettuali, ai medici in pronto soccorso o ad altre circostanze in cui bisogna esprimere al meglio le proprie potenzialità. Vi è
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poi uno stress negativo – definito distress – che si verifica quando la continua sollecitazione esterna (eventi sociopolitici come le guerre, condizioni professionali, situazioni relazionali) o interna (il permanere di uno stato emotivo come la rabbia o la tristezza) finiscono per esaurire le capacità psicofisiche di risposta. Quando lo stress è legato all’ambito professionale possono manifestarsi atteggiamenti di rifiuto verso il lavoro e questo può costituire un primo campanello d’allarme. Lo stress sul lavoro si manifesta con sintomi emotivi, come ansia, stanchezza mentale, irritabilità, rabbia, tristezza; cognitivi, con diminuzione dell’autostima e del senso di efficienza di sé che può favorire errori, calo dell’attenzione, percezione dell’ambiente come ostile; comportamentali, come impegno incostante, scarsa attività, aumento della dipendenza da sigarette e da alcolici.
... e quando è burnout Lo stress da lavoro si trasforma in burnout quando coinvolge professionisti - ma talvolta anche volontari e individui impegnati nell’accudimento dei propri familiari malati - che si trovano costantemente a contatto con persone sofferenti di patologie degenerative o a prognosi infausta. Il burnout in genere si manifesta con il crollo delle energie psichiche, della motivazione, dell’autostima, che sfociano in una perdita di controllo e di efficienza. Sovente si aggravano disturbi già presenti che possono riguardare l’apparato gastrointestinale (stipsi o diarree, gastriti e coliti), il sistema nervoso centrale (emicrania, cefalea), la sfera sessuale (impotenza, calo della libido), o si presentano manifestazioni esantematiche (orticarie, dermatiti, psoriasi), disturbi del sonno (insonnia o continui risvegli, ma anche alterazioni del ritmo sonno/veglia), disturbi dell’appetito, diminuzione delle difese immunitarie, cardiopatie, diabete.
Esistono alcune tabelle - la più nota e disponibile in versioni più o meno simili è la MBI (Maslach Burnout Inventory) - che, in base al punteggio assegnato alle singole risposte in una griglia di intervista, consentono di diagnosticare il burnout. Quando la diagnosi è certa, è indispensabile rivolgersi a un professionista esperto - medico psichiatra o psicoterapeuta - che possa aiutare il professionista a ritrovare il proprio equilibrio. L’ideale però sarebbe agire in prevenzione, sviluppare delle strategie per alleggerire il carico psicofisico. Ma non solo, sarebbe importante applicare queste strategie all’intero reparto o meglio all’intera struttura dove la persona lavora, in modo che non si manifesti la patologia e non si renda necessaria la cura. Nicla Vozzella, counselor
Le fasi della sindrome Gli esperti hanno individuato quattro fasi che portano all’insorgenza della sindrome da burnout. un grande entusiasmo idealistico verso il lavoro. L’aiutare 1 C’è gli altri muove e motiva il professionista. L’entusiasmo spesso scivola in aspettative non realistiche e di onnipotenza.
una sorta di stagnazione, l’operatore non è più 2 Compare soddisfatto del proprio lavoro, si sente frustrato dagli inevitabili “insuccessi” professionali e sviluppa un senso di forte delusione.
la frustrazione. È il momento in cui la sindrome 3 Aumenta del burnout si aggrava, compare un senso di inutilità a cui
spesso si aggiunge lo scarso riconoscimento dell’ambiente lavorativo. In questa fase può cominciare l’assenteismo, anche a causa di disturbi preesistenti che si aggravano.
caratterizzata dal graduale disimpegno emotivo 4 èe comportamentale. C’è una totale disaffezione al lavoro, un senso di fallimento dilagante e la tendenza a notare e ingigantire gli aspetti negativi della professione.
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sindrome da burnout: interventi di prevenzione e approcci di cura come nella maggior parte delle situazioni, la prevenzione è il modo migliore di affrontare il problema, o meglio di evitare che si presenti. si può fare molto per proteggere chi opera nelle strutture socio-sanitarie.
Il burnout è causa di un malessere generalizzato che coinvolge la persona in ogni ambito dell’esistenza (corpo, mente, spirito, relazioni), un malessere che può essere prevenuto intervenendo in modo sistematico e funzionale nell’ambiente dove la persona lavora e aiutando i singoli operatori a gestire e dissolvere lo stress prima che raggiunga livelli di guardia. Innanzitutto occorre “prepa-
rare il terreno”, cioè creare un ambiente di lavoro dove i ritmi non siano troppo serrati e dove possa essere mantenuta alta la motivazione grazie a un riconoscimento non solo professionale, ma anche economico del lavoro svolto. Una volta creato l’ambiente adeguato per lavorare serenamente, è importante che il personale possa parlare di “come si sente”, esternando
i propri vissuti e le difficoltà che incontra trovandosi a stretto contatto con persone sofferenti, affette da patologie inguaribili o da malattie degenerative o con disabilità gravi.
Uno spazio protetto per rielaborare La miglior prevenzione consiste proprio nel creare uno spazio e un tempo per l’ascolto, dove il lavoratore possa sentirsi protetto e li-
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sanità e senior bero da qualsiasi coinvolgimento rispetto alle dinamiche situazionali e relazionali della professione. L’obiettivo è quello di consentire alla persona di disidentificarsi non solo dalla situazione stressante (per esempio dal caso di un paziente incurabile, tanto più quando si tratta di un bambino) ma anche dal proprio ruolo (il medico, l’infermiere, l’oss, l’assistente sociale, il volontario). Si tratta quindi di imparare a mettere una “sana distanza” dalle situazioni che possono aumentare il livello di stress. Ciò non significa non empatizzare col malato, tutt’altro, significa piuttosto accogliere l’altro restando “centrati”. Significa creare uno spazio in cui far entrare il malato e la sua malattia, ma circoscrivere quello spazio così da poterne uscire quando se ne sente il bisogno in modo da non restare “invischiati”.
concentrarsi sul respiro, per esempio, aiuta a restare nel “qui e ora” senza deprimersi o andare in ansia - e può essere altrettanto utile avere a disposizione qualcuno con cui parlare di come ci si sente. L’ideale sarebbe poterlo fare con persone addestrate ad alleviare il carico emotivo, restituendo al professionista la centratura e la capacità di disidentificarsi sia dal ruolo sia dalle situazioni. È altrettanto utile, in mancanza di una persona appositamente formata, trovare
neutralizzare gli esiti conclamati della sindrome e ripristinare la capacità psicofisica di reagire all’ambiente e alle situazioni.
Le cure per chi soffre di burnout In questi casi, uno psicoterapeuta o uno psichiatra adeguatamente formati possono aiutare la persona, per esempio, con una tecnica chiamata EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing). Con l’EMDR, sfruttando i rapidi movimenti oculari, si
La miglior prevenzione consiste proprio nel creare uno spazio e un tempo per l’ascolto, dove il lavoratore possa sentirsi libero e protetto. L’obiettivo è quello di disidentificarsi.
Confrontarsi senza sentirsi giudicati Per attuare in modo adeguato questo approccio può giovare avere a disposizione uno spazio per meditare -
uno spazio e un tempo - così che si possa dare una forma “ritualizzata” al momento per confrontarsi con i colleghi del reparto o dell’equipe e, in una sorta di “automutuoaiuto”, esprimere i propri vissuti in modo autentico senza giudizio verso di sé né verso gli altri. La cura del burnout invece deve essere affidata a specialisti in grado di proporre trattamenti che possano
fa appello alla capacità del sistema neuropsicologico di curare i traumi sbloccando e accelerando la capacità di recuperare, connettere e rielaborare le informazioni. Questa capacità di rielaborazione è una dotazione naturale esattamente come lo è la capacità del corpo di guarire le ferite fisiche. Purtroppo a volte questo meccanismo “si inceppa”. Ciò continua a pag. 18
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avviene in genere quando i traumi sono troppo violenti, o si susseguono velocemente, o si ripetono e persistono elementi esterni concomitanti che inibiscono la capacità naturale a farvi fronte. Questo caso può verificarsi, per esempio, quando - come accade nell’ambito sanitario ospedaliero - si ha a che fare quotidianamente con la morte, o si è sottoposti a turni di lavoro incessanti, lavorando di notte e alterando i ritmi di
sonno/veglia, e si perde così la capacità di rielaborazione e di recupero di cui si è naturalmente dotati.
narsi in modo empatico anche verso se stessi, rispettando le proprie difficoltà e i propri limiti. Per esempio
Avere a che fare quotidianamente con la morte ed essere sottoposti a turni di lavoro incessanti e che alterano il ritmo sonno-veglia può far perdere la naturale capacità di rielaborazione e recupero . Il modo migliore quindi per prevenire il burnout non è evitare il coinvolgimento empatico con i pazienti o con i loro familiari, ma è il relazio-
prendendosi delle pause, facendosi aiutare, trovando dei modi efficaci per dissolvere lo stress accumulato. dipietro@soluzionisodexo.it
Un progetto concreto di prevenzione Counseling “on demand” è un progetto dell’Associazione Antropica che ha proprio lo scopo di prevenire il burnout nelle strutture sanitarie. La prevenzione è lo strumento più efficace per impedire che gli operatori sviluppino la vera e propria malattia e abbiano bisogno di cure mediche o di una psicoterapia. La presidente dell’Associazione, Nicla Vozzella, è una counselor che dopo aver lavorato per alcuni decenni nell’ambiente sanitario con altre mansioni, ha sviluppato un progetto per prevenire il burnout con l’impiego del counseling. Perché il counseling? Perché come approccio preventivo non “patologizza” e se osserviamo il mondo che ci sta intorno possiamo renderci conto di come sia necessario depatologizzare gli interventi di salutogenesi (pensiamo alla medicalizzazione del parto, per esempio). L’approccio del counseling ha come presupposto la convinzione che ciascun individuo abbia in sé le risorse per auto-aiutarsi, solo che a volte queste risorse sono cristallizzate. L’intervento del counselor va visto quindi come un catalizzatore che libera queste risorse e le rende nuovamente disponibili. Per saperne di più: associazione@antropica.it
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l’approccio di sodexo permette di ridurre il turnover, spesso causato dal burnout abbiamo intervistato i responsabili del segmento sanità di sodexo italia, per capire come hanno affrontato il problema del burnout nei confronti dei loro dipendenti. un’esperienza concreta dove la qualità della vita del personale contribuisce alla soddisfazione dei clienti.
Leader mondiale nei Servizi di Qualità della Vita, Sodexo opera in molte strutture sanitarie e residenze per anziani, offrendo svariati servizi tra i quali anche quelli assistenziali. “Uno dei problemi più frequenti che ci pongono i nostri clienti è quello del turnover - ci spiega Claudio Ceresa, Direttore vendite - dovuto soprattutto al burnout. La nostra soluzione passa da una grande attenzione al clima, ai turni di lavoro, alla progettazione di momenti formativi, alla motivazione e al senso di appartenenza. E funziona!”. “Un altro strumento importante è la disponibilità a offrire il part-time: il 90% del personale sono donne, spesso separate e con figli a carico - precisa Katia Francalanza, Responsabile commerciale -. Fondamentale anche lavorare sull’organizza-
zione, in modo da ridurre al minimo le notti per ciascun operatore e dare a tutti il necessario riposo. Inoltre, rileviamo costantemente i bisogni formativi per integrarli nei corsi”.
Questione di Qualità In Sodexo, l’approccio al burnout viene affrontato soprattutto da chi si occupa di Qualità e Sicurezza: un gruppo di esperti a cui Sodexo tiene in modo particolare. Mario Marchetti, Responsabile Q. & S. del segmento Sanità, afferma: “Ovviamente è utile intervenire su ritmi di lavoro e turni, ma bisogna tenere presente che alla base di tutto c’è il contesto in cui le persone lavorano, l’inevitabile coinvolgimento con il dolore dei pazienti e i problemi degli ospiti. Tanto è vero che ci è capitato di affrontare il pro-
blema anche con personale non sanitario: ricordo in particolare un cameriere che lavorava in una struttura oncologica e che ci ha chiesto di essere trasferito altrove perché non riusciva più a sopportare il dolore dei pazienti, soprattutto dei bambini. Per supportare le nostre squadre ci confrontiamo con la Direzione sanitaria della struttura, promuoviamo incontri con psicologi ed esperti, arricchiamo i corsi di formazione per il personale con moduli dedicati al burnout e ai metodi più adeguati per gestire le richieste, spesso pressanti, di pazienti e ospiti. L’obiettivo è mantenere l’equilibrio personale, conciliare compiti e tempi di lavoro con le esigenze dei degenti e rispondere loro in modo da non farli sentire trascurati”. redazione@soluzionisodexo.it
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interferenti endocrini: quando l’inquinamento influenza i nostri ormoni... è una delle nuove emergenze sanitarie: si tratta di sostanze inquinanti molto diffuse, capaci di interagire con il nostro sistema endocrino alterandone le funzioni. con conseguenze anche serie sulla salute.
Si trovano in molti oggetti di uso comune e frequente: nella plastica e negli scontrini, nei prodotti per l’igiene personale e della casa, nei tessuti per l’abbigliamento, solo per fare alcuni esempi. Gli interferenti endocrini sono sostanze inquinanti che interferiscono con gli ormoni provocando vari effetti dannosi sull’organismo, a cominciare dalla riduzione della capacità riproduttiva fino ad alterazioni dello sviluppo nervoso e del comportamento. Recenti studi mostrano che gli interferenti endocrini hanno delle responsabilità anche per molti altri disturbi, come quelli che fanno parte della sindrome metabolica (diabete, ipercolesterolemia, obesità) e le cardiopatie.
Tutti siamo direttamente coinvolti, ma i danni maggiori avvengono in quelle fasi della vita in cui il sistema ormonale è più “dinamico”: gravidanza, infanzia, adolescenza. Veniamo molto facilmente a contatto con questi inquinanti usando prodotti e oggetti che li contengono. Poiché sono presenti anche nei pesticidi usati in agricoltura, si trovano nelle acque superficiali e profonde, dove permangono a lungo.
Esperti a confronto Per tutte queste ragioni la comunità scientifica ha lanciato l’allarme e gli studiosi stanno affrontando l’argomento, alla ricerca di dati utili ad arginare il problema. L’Istituto Superiore della Sa-
nità ha stilato un decalogo per la prevenzione, nell’ambito del Progetto Previeni, e la sezione italiana dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment) ha recentemente organizzato un convegno per riunire esperti che affrontano questo tema da diversi punti di vista, favorendo un utile confronto. “Interferenti endocrini, ecosistemi e salute pubblica”, questo il titolo dell’incontro che si è svolto all’Università Bicocca di Milano, con il sostegno di Sodexo, azienda leader nei Servizi per la Qualità di Vita, da sempre sensibile al benessere delle persone e dell’ambiente. Argomenti che affronta con il supporto del Comitato Scientifico Sodexo, un organismo indipendente di cui ISDE fa parte.
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La parola ai relatori del convegno Contaminanti diffusi e pericolosi
Bisogna monitorare i corsi d’acqua
“Abbiamo voluto affrontare un tema che investe i consumatori, il grande pubblico che usa cosmetici, prodotti per l’igiene, cibo che contengono contaminanti potenzialmente molto pericolosi poiché contribuiscono allo sviluppo di patologie come obesità e tumori”.
“Le sostanze che interferiscono con il nostro sistema ormonale si trovano in molti prodotti di uso comune. Ne rileviamo la presenza come inquinanti nei corsi d’acqua, dove restano in modo permanente. Il monitoraggio delle acque è necessario, ma non è sempre facile avere i dati: ottenerli è complesso e costoso”.
Celestino Panizza, Medico del lavoro, Coordinatore ISDE Lombardia
Relazione tra salute umana e ambientale “Il convegno ha messo in luce la stretta relazione che esiste tra salute dell’ecosistema e salute umana. E in questo modo ha implicitamente evidenziato l’urgenza di politiche pubbliche focalizzate sulla prevenzione e sulla precauzione in materia di salute pubblica”. Carlo Modonesi, Professore di Ecologia umana, Università degli Studi di Parma, ISDE Italia
la gravidanza e nell’infanzia, momenti in cui gli ormoni giocano un ruolo chiave”. Alberto Mantovani, Dirigente di Ricerca, ISS (Istituto Superiore di Sanità) Roma
Grandi pericoli anche da piccole dosi “Oggi sappiamo che non è la dose che fa il veleno come si è creduto per secoli. Piccolissime dosi di sostanze chimiche di sintesi si trovano nel nostro ambiente di vita fin dal concepimento, e da sole o come miscela con altre alterano il nostro stato di salute. È come se fossimo pesci di acqua dolce che si ritrovano a vivere nel mare”.
Pietro Paris, Dirigente di Ricerca, ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Roma
Molti rischi, specie per gravide e bambini “Alcuni inquinanti interferiscono con i nostri ormoni: non solo danneggiano la fertilità ma sono anche responsabili di un aumentato rischio di cancro e della sindrome metabolica (diabete, ipercolesterolemia, obesità). L’aspetto critico è rappresentato dall’esposizione a queste sostanze durante
Fiorella Belpoggi, Direttore Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni, Istituto Ramazzini, Bologna
Occorre intervenire sui lavoratori esposti “La capacità di colpire numerosi organi e sistemi, continua a pag. 22
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principalmente quello riproduttivo e la tiroide, rende sempre più inderogabile prodisporre protocolli sanitari idonei a valutare gli effetti a lungo termine di queste sostanze sui lavoratori esposti e colmare le carenze normative”. Fabrizio Giannandrea, Medico del Lavoro, ASL 2 Abruzzo, Chieti
sostanze perfluoroalchiliche (PFOA), usate in particolare su pentole antiaderenti, carta oleata, tessuti antimacchia. Nella popolazione veneta oggetto della nostra ricerca abbiamo riscontrato un aumento di disturbi cardiovascolari come cardiopatie, ictus e ipertensione, delle malattie della tiroide, di diabete e ipercolesterolemia”.
Mortalità da interferenti endocrini “Senza alcun aiuto delle autorità sanitarie e politiche, a costo zero, ISDE ed ENEA hanno realizzato un’indagine sulla mortalità basandosi su dati ISTAT (1980-2011), che ha dimostrato un aumento della mortalità del 20% in Comuni inquinati da interferenti endocrini a livelli molto inferiori a quelli dichiarati tollerabili dall’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare)”.
Edoardo Baj, Medico del Lavoro, Presidente ISDE Milano
Una ricerca sulla popolazione veneta “Abbiamo indagato sulle conseguenze dell’inquinamento, in particolare dell’acqua, da parte di alcune sostanze molto diffuse: i composti perfluorurati (PFAS), usati nei detergenti, in pitture e vernici, nel trattamento di superfici metalliche, carta e cartone, pelle e tessuti, e le
menti sicuramente biologici”. Sergio Bernasconi, Professore di Pediatria, Università degli Studi di Parma
L’impatto degli accordi internazionali “Gli accordi commerciali sono giuridicamente vincolanti e, avendo vasta influenza anche su altri settori di intervento, hanno il potenziale per migliorare scambi commerciali e standard di sicurezza, ma solo se puntano ad armonizzare gli standard verso le pratiche migliori, e non andare a scatenare la corsa verso il basso, come le attuali versioni di TTIP e CETA ci mostrano”.
Vincenzo Cordiano, Medico ematologo, Coordinatore ISDE Veneto
Come ridurre il rischio per i bambini “Come pediatra, a un genitore direi di informarsi, di parlare con il proprio pediatra di riferimento per avere una conoscenza diretta dei rischi. Ma soprattutto lo inviterei a mettere in atto misure di prevenzione forse banali ma senz’altro utili. Solo pochi esempi tra i molti possibili: usare contenitori di vetro e non di plastica per cibi e bevande, scegliere tessuti non trattati come ignifughi per l’abbigliamento, preferire ali-
Federica Ferrario, Responsabile Agricoltura di Greenpeace Italia
L’importanza dell’informazione “Siamo convinti che diffondere la conoscenza sia importante affinché le scelte consapevoli di ciascuno possano ridurre il rischio. È ciò che facciamo da anni, guidati dal nostro Programma Better Tomorrow Plan, che ha come pilastri la salute delle persone e la tutela dell’ambiente. Un piano che orienta le nostre azioni e che prevede il coinvolgimento di tutti i nostri interlocutori con varie inziative, tra cui il sostegno dato da Sodexo a questo convegno”. Edoardo Venturini, Responsabile Relazioni Esterne Sodexo Italia
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Come possiamo difenderci dai danni provocati dagli interferenti endocrini? anche se l’inquinamento è provocato in buona parte da industria e agricoltura, le scelte di ciascuno di noi ne possono ridurre l’impatto e possono influire positivamente sulla riduzione dei rischi. ecco alcune scelte efficaci per proteggere la nostra salute e l’ambiente.
Limitare il contatto e l’utilizzo di oggetti e prodotti contenenti interferenti endocrini è il primo e fondamentale gesto di prevenzione che tutti possiamo attuare. Va sottolineato che i bambini sono particolarmente esposti ai rischi per la salute provocati da queste sostanze, innanzitutto perché il loro organismo, e in particolare il loro metabolismo, è ancora immaturo e quindi meno capace di eliminare queste sostanze. Inoltre, i bambini hanno uno sviluppo più veloce e una maggiore aspettativa di vita, che comporta un tempo maggiore di esposizione agli inquinanti. Ai quali sono peraltro maggiormente esposti rispetto agli adulti: giocano per terra, mettono in bocca gli oggetti, respirano ad altezza di tubo di scarico delle auto. Per questo medici ed esperti rivolgono particolare attenzione ai bambini. Ciò non toglie che i consigli per la riduzione del contatto con gli interferenti endocrini siano rivolti a tutti, adulti compresi. I rischi per la salute sono molti, lo abbiamo visto, ma per fortuna possono essere ridotti
con scelte e abitudini adeguate. Ecco un utile elenco ripreso dal Decalogo ISS e dai suggerimenti degli esperti.
In cucina • Ridurre drasticamente l’utilizzo della plastica, in particolare il PVC, soprattutto per quanto riguarda i contenitori per i cibi (attenzione ai biberon: non utilizzare quelli vecchi in policarbonato perché contengono una sostanza oggi vietata: il bisfenolo A). In ogni caso, non usare contenitori in plastica usurati o danneggiati, e non riutilizzare quelli monouso. Fare attenzione alle etichette prima di usare contenitori di plastica per cibi o bevande caldi (eventualmente raffreddarli prima di travasarli) e prima di metterli in lavastoviglie: non tutti sono adatti. • Seguire le indicazioni in etichetta per l’uso di carta oleata e da forno, pellicola e alluminio (per esempio, la pellicola non va usata per alimenti grassi come i continua a pag. 24
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formaggi, la stagnola non è adatta a cibi acidi come il pomodoro). Evitare di utilizzare padelle, pentole e altri utensili trattati come antiaderenti se sono graffiati o danneggiati; meglio scegliere quellli in ceramica o in acciaio inox. Eliminare con cura le parti bruciacchiate dai cibi ed evitare o limitare la cottura alla griglia e il consumo di alimenti affumicati. Privilegiare frutta e verdura di stagione, meglio se priva di pesticidi. Lavare bene i vegetali prima del consumo. Ridurre drasticamente gli alimenti conservati e gli insaccati. Utilizzare la cappa aspirante e arieggiare bene la cucina quando si cuociono gli alimenti.
• Evitare oggetti, prodotti e componenti d’arredo in PVC morbido. Attenzione soprattutto alle attrezzature per neonati e bambini, come fasciatoi, passeggini, tappetini; se non fosse possibile evitarli, aver cura di ricoprirli con tessuti naturali, in modo da evitare che i bambini entrino in contatto diretto con questa sostanza. • Prediligere tessuti naturali ed evitare quelli antimacchia, idrorepellenti o ignifughi per l’arredo domestico (moquette, rivestimenti) e l’abbigliamento personale.
I rischi per la salute sono molti, soprattutto per i bambini. Per fortuna possono essere limitati facendo scelte e adottando abitudini adeguate, come quelle indicate dagli esperti e riportate qui.
In bagno • Evitare i prodotti per l’igiene personale e per la bellezza contenenti parabeni. In casa • Limitare la combustione di candele e incenso ed evitare il fumo di sigarette. • Arieggiare bene gli ambienti domestici quotidianamente.
• Sostituire gli involucri danneggiati o lacerati di oggetti imbottiti in schiuma, come divani, materassi, sedili di auto. In ufficio • Limitare l’uso di oggetti di cancelleria o altri prodotti in PVC morbido. • Limitare l’utilizzo e il contatto diretto con carta termica o chimica, come quella di scontrini, gratta e vinci... dipietro@soluzionisodexo.it
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lotta agli sprechi alimentari: una coalizione internazionale di grandi aziende, con il wwf Nel mondo coesistono grandi sprechi di cibo e intere popolazioni che soffrono la fame. Combattere gli sprechi alimentari è una responsabilità di tutti. Alcune grandi aziende hanno cominciato ad affrontare concretamente il problema, insieme.
Viviamo in un mondo dove più del 30% di ciò che produciamo non viene poi consumato. Allo stesso tempo, più di 800 milioni di persone soffrono la fame. Solo in Europa, ogni anno vengono sprecate circa 88 milioni di tonnellate di cibo, con costi correlati stimati in circa 143 miliardi di euro. Un quarto del cibo sprecato a livello globale sarebbe sufficiente a sfamare 870 milioni di persone, ovvero il 12% dell’attuale popolazione mondiale. Che è in continua
crescita: secondo stime autorevoli, raggiungerà i 9,6 miliardi di persone nel 2050. Lo spreco di cibo è dunque una questione etica, con risvolti economici e ambientali, che richiede un impegno immediato per trovare una soluzione.
Una coalizione globale ed efficace Lavorare per un mondo senza sprechi alimentari è responsabilità di tutti, ma per ottenere risultati concreti bisogna
mettere in comune energie e idee. Questo ha spinto Ardo, McCain, PepsiCo, SCA, Sodexo, Unilever Food Solutions e WWF a unire le forze per combattere insieme lo spreco alimentare creando l’International Food Waste Coalition, IFWC, nell’aprile del 2015, con la comune convinzione che le aziende, collaborando all’interno della catena di valore, rappresentino l’opportunità continua a pag. 26
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più efficace per avviare un vero e proprio cambiamento. L’intento della Coalizione è anche essere d’esempio per altre aziende e organizzazioni affinché adottino programmi globali per la riduzione degli sprechi. Un altro obiettivo della Coalizione è prendere in esame le normative che favoriscono od ostacolano la lotta contro gli sprechi alimentari. Per esempio, al momento non vi è una legge uguale in tutta l’Unione Europea che disciplini il trasferimento di responsabilità tra il donatore e chi riceve le donazioni di cibo.
Agire su tutta la filiera Gli studi evidenziano che lo spreco di cibo si verifica in ogni fase della filiera, dalla produzione al consumo: raccolta, conservazione, trasporto, preparazione, servizio, consumo e così via. L’insieme dei membri dell’IFWC ha la più estesa presenza geografica nel mondo per i servizi di ristorazione e ha la possibilità di intervenire in ogni fase della filiera. L’IFWC coinvolge tutti gli organismi aderenti invitandoli ad assumersi la proprie responsabilità nella lotta contro
lo spreco di cibo e ad adottare una strategia globale. Certo, esistono già numerose organizzazioni e iniziative per la lotta contro gli sprechi alimentari, ma la particolarità dell’IFWC consiste nell’approccio sull’intera filiera, con un focus sulle azioni concrete per massimizzare l’impatto collettivo. L’obiettivo è unire il meglio degli approcci esistenti, aggiungere nuovi elementi e sfruttarli insieme lungo tutta la catena del valore.
Il primo passo: a scuola! Sodexo è tra i primi aderenti all’International Food Waste Coalition, e ha assunto subito un ruolo attivo e di primo piano: una delle prime iniziative della coalizione è stata avviata nel campo della ristorazione scolastica, dove si
stima che circa il 20-30% del cibo preparato venga buttato via. Il progetto coinvolge alcune scuole europee, e italiane in particolare, in cui Sodexo opera. “La riduzione degli sprechi alimentari nel settore della ristorazione è un nostro impegno da sempre, per il quale ora abbiamo degli alleati. Con questo progetto vogliamo capire in quali fasi si verificano i maggiori sprechi e aumentare la consapevolezza di bambini e insegnanti su questo tema. Perché educare i bambini all’attenzione allo spreco permette di instaurare un circolo virtuoso anche nelle famiglie future”, dichiara Edoardo Venturini, Direttore Relazioni Esterne e Project Manager Sodexo per il progetto IFWC in Italia. dipietro@soluzionisodexo.it
L’IFWC Nata il 28 aprile 2015, l’International Food Waste Coalition (IFWC) è un’associazione senza fini di lucro, con sede a Bruxelles. La Coalizione è auto-finanziata dalle quote d’iscrizione e dalle donazioni dei membri che ne fanno parte (Sodexo, Ardo, McCain, PepsiCo, Sca, Unilever). Con oltre un milione di dipendenti e la più estesa presenza geografica nel mondo nel settore della ristorazione, i membri dell’IFWC sono impegnati nella riduzione dello spreco di cibo lungo tutta la catena del valore.
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Skool, il programma IFWC per la riduzione degli sprechi alimentari nelle scuole IFWC PUNTA SULLE SCUOLE CON LA CONVINZIONE CHE PER RISOLVERE QUESTO PROBLEMA DAI RISVOLTI ETICI, ECONOMICI E AMBIENTALI SIA NECESSARIO AGIRE SULLA CULTURA. E CELEBRA IL SUO PRIMO ANNO DI VITA CON L’ESTENSIONE A NUOVE SCUOLE DEL RIUSCITO PROGRAMMA PILOTA.
L’International Food Waste Coalition continua a promuovere la collaborazione all’interno della catena di valore. Lo fa con azioni concrete e incentrando la discussione sulla riduzione degli sprechi di cibo. Un impegno particolare è quello riservato al programma mirato all’azione, SKOOL, avviato lo scorso anno scolastico e pensato per aiutare le scuole a ridurre il problema dello spreco alimentare.
Cominciare nelle scuole: il progetto di IFWC con FAO Ogni anno nelle scuole vengono sprecate quantità considerevoli di cibo. Oltre a fornire ai bambini le conoscenze necessarie e consi-
gli utili per ridurre gli sprechi, IFWC desidera inoltre mettere a disposizione degli insegnanti e del personale del servizio di ristorazione appositi pacchetti didattici interamente realizzati a cura della FAO per mettere in pratica misure di riduzione degli sprechi. Damien Verdier, Presidente IFWC, ha dichiarato: “Insieme, i membri della Coalizione rappresentano la più grande entità dal punto di vista della copertura geografica nel settore dei servizi di ristorazione. Abbiamo definito una strategia unica per creare un futuro più sostenibile per le persone e per la società in cui viviamo, da attuare mediante collaborazioni all’interno continua a pag. 28
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della catena di valore e l’adozione di programmi mirati all’azione, tra i quali anche il programma SKOOL. Abbiamo scelto di dedicare il nostro sforzo iniziale alle scuole in virtù del fatto che i bambini rappresentano il futuro e sono i soggetti migliori su cui puntare per attuare dei cambiamenti. Il nostro lavoro congiunto fornirà una visione chiara e consentirà di creare un futuro senza sprechi alimentari”. Nel 2016, in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), IFWC ha conseguito un importante risultato con SKOOL, il primo programma mirato all’azione che aiuta le scuole ad adottare un approccio globale per la riduzione dello spreco alimentare e consente ai bambini di svolgere un ruolo attivo nel cambiamento.
Kostas Stamoulis, Vice Direttore Generale A.I., Dipartimento Sviluppo Economico e Sociale della FAO, afferma: “Il problema dello spreco alimentare potrebbe essere più complesso da affrontare di quanto sembri, poiché richiede dei cambiamenti nel modo in cui valutiamo e consumiamo il cibo. I nostri attuali modelli di consumo non sono sostenibili. Lo spreco alimentare è direttamente corre-
Le scuole partecipanti hanno raggiunto nel complesso una riduzione media dello spreco alimentare del 12%. Il che significa aver evitato circa 2 tonnellate di cibo sprecato e quasi 5 tonnellate di emissioni di CO2 in meno.
Il problema è culturale, la soluzione è l’educazione Questa fase pilota è stata attuata all’interno di sei scuole in Francia, Italia e Regno Unito tra gennaio e luglio 2016. In sei mesi sono stati coinvolti nell’iniziativa quasi 2.800 bambini e ragazzi e 5.000 famigliari. Le scuole partecipanti hanno raggiunto nel complesso (cucina e refettori) una riduzione media dello spreco alimentare del 12%. Il che significa aver evitato circa 2 tonnellate di cibo sprecato e quasi 5 tonnellate di emissioni di CO2 in meno. La fase pilota ha inoltre fornito importanti dati relativi allo spreco alimentare nelle scuole per un periodo di tempo significativo (in media 45 giorni).
lato al comportamento del consumatore, che evolve costantemente ed è influenzato da numerosi fattori, inclusi quelli di natura culturale e sociale. La consapevolezza da parte del consumatore è quindi un elemento basilare per migliorare le nostre capacità di programmazione, acquisto e consumo alimentare. Una corretta educazione su queste tematiche nelle scuole e nell’ambito delle iniziative politiche rappresenta un importante punto di partenza”.
Al lavoro per estendere il progetto a tutti Dal mese di settembre 2016, SKOOL è entrato in una fase di estensione il cui scopo è incrementare il numero di Paesi europei che prendono parte al programma. A partire dall’anno scolastico 2017-2018 verrà fornito libero accesso in Europa all’intero programma tramite una piattaforma online. venturini@soluzionisodexo.it Direttore Relazioni Esterne Sodexo Italia
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Responsabilità sociale
Progetto Skool, un anno in una scuola italiana: l’esperienza di Calcinato Commenti e valutazioni degli insegnanti, lavori dei bambini... facciamo il punto su questo progetto a partire dalla sua reale applicazione in una scuola primaria della provincia di Brescia.
Una delle sedi in cui è stato realizzato il Progetto Skool in Italia è la Scuola Primaria “Pedrini e Carloni” di Ponte San Marco, frazione di Calcinato, in provincia di Brescia. Hanno partecipato tre insegnanti, con il coordinamento della maestra Francesca Mustica, e tre classi, coinvolgendo un gruppo di 22 bambini di 7 anni, e due di 19 bambini di 8 anni, per un totale di 60 bambini. Alla scuola sono stati forniti dei materiali che comprendono una guida per l’insegnante, una presentazione stampata e una narrata, un filmato per i bambini, poster e schede per attività di proseguimento. Skool si articola in vari moduli
di attività, che sono state svolte in classe, durante l’orario delle lezioni curriculari.
Le attività svolte Sotto la guida degli insegnanti, i bambini hanno realizzato disegni, compilato schede e composto testi sulle cause e le conseguenze degli sprechi, e sui modi concreti per limitarli. Nelle immagini che illustrano questa pagina si possono vedere alcuni esempi degli elaborati dei bambini. Che mostrano come gli alunni abbiano compreso che lo spreco non solo è un problema etico e ambientale in sé, ma è anche una causa dell’inquinamento ambientale. Tema che trova i bambini molto
sensibili, in particolare quando tratta delle condizioni dell’ambiente in cui vivono, delle aree verdi, degli animali. In conclusione del progetto è stato proiettato un video, che è piaciuto molto ai bambini e “è stato utile per fare il punto sulle attività e verificare se i bambini coinvolti nel progetto hanno realmente imparato le informazioni sui rifiuti alimentari”, secondo gli insegnanti. I quali, nella scheda di valutazione finale del progetto, lo hanno valutato in modo molto positivo nei contenuti e nei materiali. Tanto che si sono dichiarati molto interessati a ripetere l’esperienza nei prossimi anni, coinvolgendo altre classi.
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aziende e istituzioni responsabilità sociale
Gestione energetica intelligente: una vittoria per l’ambiente, per le persone e per le imprese Sebbene il miglioramento delle prestazioni energetiche sul posto di lavoro possa essere una strada in salita, Sodexo ha quello che serve per affrontare la sfida: un’ampia esperienza tecnica e una comprensione profonda delle aspettative e dei comportamenti dei dipendenti.
Le persone sono la risorsa più potente per ridurre le emissioni di carbonio sul posto di lavoro: è questa l’idea guida per la gestione intelligente dell’energia. E per sfruttare al meglio questa risorsa preziosa, le persone devono essere consapevoli di come le azioni e le abitudini individuali possono contribuire, insieme a quelle di tutti gli altri, ad accelerare o a rallentare i cambiamenti climatici.
estratto per essere trasformato in elettricità. Questa si snoda lungo chilometri di linee elet-
temperatura in uno spazio climatizzato, il risparmio energetico è maggiore dell’unità non
Quando i dipendenti sanno quanta energia consuma un’azienda e l’effetto domino che si sviluppa lungo la catena energetica, un ampio senso di responsabilità si diffonde in tutto l’ufficio.
Seguire il sentiero energetico L’impronta di carbonio comincia a formarsi dal momento in cui un pezzo di carbone viene
triche, entrando in abitazioni e uffici e illuminando le stanze: così si brucia energia, si crea gas a effetto serra e infine si danneggia il nostro ambiente. Ma quando un impiegato si ricorda di spegnere la luce in una sala conferenze vuota o regola in modo corretto la
consumata a livello aziendale. Perché si risparmia anche l’energia utilizzata per produrre e distribuire quell’unità. Quando un’azienda riduce i suoi consumi di un’unità di energia elettrica, a livello globale vengono effettivamente risparmiate in media tra 1,2 e 1,5 unità.
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responsabilità aziende e istituzioni sociale
Uniti per un obiettivo comune
Un posto di lavoro migliore, Un buon programma di ge- un mondo migliore stione energetica deve riconosce la necessità di cambiare cultura e comportamenti aziendali. Rafforzare la consapevolezza e la conoscenza sono componenti fondamentali del cambiamento. Quando i dipendenti sanno quanta energia consuma un’azienda e l’effetto domino che si sviluppa lungo la catena energetica, un ampio senso di responsabilità si diffonde in tutto l’ufficio. Le iniziative semplici, come la visualizzazione dell’attuale consumo energetico dell’ufficio accanto ai consumi dei mesi precedenti, possono motivare i dipendenti a risparmiare energia. Il feedback e il monitoraggio possono essere condivisi anche sui siti web aziendali, tramite app dedicate per smartphone o su video posti in aree molto frequentate. L’impegno dei dipendenti aumenta anche quando gli individui sono incoraggiati a partecipare attivamente al processo. Si potrebbe per esempio prevedere la nomina di un “energy champion” volontario all’interno di una comunità, per aiutare a trovare modi coinvolgenti per identificare e ridurre gli sprechi energetici.
Un altro modo sicuro per coinvolgere i dipendenti è quello di considerare la gestione energetica come una questione di qualità della vita. Dopo tutto, la gestione intelligente dell’energia può migliorare vari aspetti dell’ambiente fisico. Immaginate di lavorare in una stanza con diversi dispositivi elettronici, dai computer alle stampanti ad altri tipi di macchine. Queste attrezzature quando funzionano generano calore, che può ridurre il comfort ambientale. Gli studi dimostrano infatti che se la temperatura interna è troppo elevata la produttività diminuisce. Semplici cambiamenti nelle abitudini, come spegnere computer che non sono in uso o affidarsi alla luce naturale quando possibile, possono fare una grande differenza nella riduzione del consumo energetico e creare un ambiente più gradevole per i dipendenti.
La linea di fondo E se salvare il pianeta e alzare il morale dei lavoratori diligenti non basta, la gestione intelligente dell’energia può segnare una tappa significativa negli obiettivi di un’azien-
da. Innanzitutto, l’Agenzia Usa per la Protezione Ambientale (EPA) stima che un programma standard di sensibilizzazione sul posto di lavoro può portare a un risparmio complessivo del 3 per cento sulla bolletta energetica dell’azienda. Ma è solo la punta dell’iceberg: oggi circa il 30 per cento dell’energia viene sprecato o utilizzato in modo inefficiente. Secondo l’EPA, se l’efficienza energetica è migliorata anche solo del 10 per cento, potrebbe comportare un risparmio di 20 miliardi di dollari. Inoltre, i consumatori sono attratti da aziende che mostrano una responsabilità verso l’ambiente. Lo studio Nielsen svolto su 30.000 persone in 60 Paesi ha indicato che il 55 per cento dei consumatori on-line afferma di essere disposto a pagare di più per prodotti e servizi forniti da aziende impegnate in azioni con impatto sociale e ambientale positivo. Tenendo conto di questi vantaggi, non c’è da meravigliarsi se i decisori in tutto il mondo - dal 71 per cento in Australia al 93 per cento in Cina e in India - considerano la gestione energetica molto o estremamente importante per le loro organizzazioni. Tratto da www.qualityoflifeobserver.com
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qualità della vita
quali fattori contribuiscono all’aumento dell’impegno nel luogo di lavoro? L’indagine di Steelcase e IPSOS offre un panorama inedito sul ruolo che il luogo di lavoro svolge sull’impegno dei dipendenti. “Engagement and the Global Workplace”, che ha analizzato 12.480 dipendenti in 17 Paesi, svela uno scenario globale basato su un campione molto vasto. Impegno è oggi una delle parole più ricorrenti e discusse nell’ambito lavorativo. Le aziende sanno che la loro capacità di competere in un panorama globale sempre più agguerrito richiede dipendenti coinvolti, produttivi, creativi e innovativi. Ma quali sono le chiavi per aumentare l’impegno dei dipendenti? Lo studio condotto da Steelcase e IPSOS individua il luogo di lavoro come fattore cruciale.
Essere soddisfatti del posto di lavoro produce impegno La correlazione è chiara e semplice: più i dipendenti sono soddisfatti del loro posto di lavoro, più tendono ad essere impegnati. C’è di che essere preoccupati di questo, visto che solo il 13% della forza lavoro globale è molto soddisfatto e quindi anche molto impegnato. L’11% ha un’opinione del tutto opposta, ed è fortemente insoddisfatto e altrettanto disimpegnato. Se consideriamo che il disimpegno è contagioso, comprendiamo il forte interesse delle aziende a cambiare la situazione e aumentare la soddi-
sfazione dei dipendenti. Sulla base dei risultati dell’indagine, ci sono molte similitudini tra i dipendenti più soddisfatti. Per cominciare, quasi tutti (il 97 per cento) hanno riferito di pensare in modo positivo al proprio posto di lavoro e di essere felici di andare a lavorare. I dipendenti impegnati hanno anche descritto l’ambiente lavorativo come un luogo che consente loro di socializzare, di concentrarsi facilmente, di muoversi liberamente e di favorire il lavoro agile. Per quanto riguarda l’atmosfera, questi dipendenti notano che le aziende in cui lavorano si interessano al loro benessere, alla loro salute e sicurezza e che hanno dei programmi di riconoscimento per il loro lavoro.
Se i dipendenti controllano la loro esperienza lavorativa La capacità di avere un certo livello di controllo sul proprio spazio di lavoro è un altro fattore chiave per la soddisfazione e l’impegno dei dipendenti. Lo studio ha rivelato che responsabilizzare i dipendenti e dargli la possibilità di dire
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qualità della vita la loro su dove e come svolgere il proprio lavoro sono fattori chiave. Infatti, i più impegnati sono coloro a cui è lasciata la possibilità di spostarsi facilmente in ufficio a seconda del tipo di lavoro o del progetto che seguono. Ad esempio, i dipendenti possono lavorare alla propria scrivania, cercare una zona tranquilla quando hanno bisogno di concentrarsi, spostarsi in uno spazio collaborativo per le attività di gruppo e, naturalmente, socializzare in una zona comune durante la pausa. L’80 per cento dei dipendenti molto impegnati è in grado di scegliere dove lavorare, contro solo il 14 per cento dei dipendenti molto disimpegnati. Allo stesso modo, il 98 per cento dei lavoratori altamente impegnati afferma di essere in grado di concentrarsi facilmente, rispetto al 14 per cento di quelli nella posizione opposta della classifica.
Ancora “incatenati” alle scrivanie Dato che la mobilità è considerata importante, non sorprende che i dipendenti più soddisfatti siano anche quelli con maggiori probabilità di avere dispositivi portatili, come telefoni cellulari, laptop e tablet. Le aziende, però, hanno molta strada da fare in questa direzione. A livello mondiale, l’86 per cento dei dipendenti dispone di un telefono fisso e l’80 per cento utilizza i computer da tavolo, mentre solo il 39 per cento dispone di portatili e telefoni cellulari, e anche meno, il 14 per cento, ha un tablet. Considerando che il tipo di tecnologia fornita ai dipendenti può dare loro
la possibilità di scegliere di lavorare in diverse aree all’interno o anche all’esterno dell’ufficio oppure può limitare le loro opzioni, questo elemento contribuisce notevolmente alla loro soddisfazione e, in ultima analisi, al loro impegno.
Non c’è una misura adatta a tutti Mentre lo studio ha prodotto importanti conoscenze globali che possono servire da linee guida per le aziende di tutto il mondo, è importante riconoscere che le abitudini, i livelli di impegno e le preferenze possono differire notevolmente tra Paesi, culture ed economie diverse. Ad esempio, oggi la più comune configurazione dell’ufficio combina spazi comuni e privati (46 per cento); tuttavia ci sono varianti tra un Paese e l’altro. Nel Regno Unito, l’ufficio open space domina (49 per cento) rispetto alle stanze singole (14 per cento). Invece in Germania è l’esatto contrario, con uffici singoli (54 per cento) molto più popolari degli open space (19 per cento). Un altro punto interessante evidenziato dallo studio è che nei mercati emergenti, dove le opportunità sono maggiori, i dipendenti tendono ad essere molto più energici, ottimisti e impegnati rispetto ai loro omologhi nelle economie più sviluppate. In breve, le aziende che sono orientate a cambiare devono essere consapevoli delle proprie specificità culturali, comprendere le differenze globali e considerare cosa funzionerà bene nel loro ambiente specifico. Tratto da www.qualityoflifeobserver.com
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