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soluzioni qualità della vita cos’è e come migliorarla
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anno II, n.4, luglio 2013
manager e crisi: gestire incertezza e tagli del personale
Idratazione per gli anziani diete speciali per ogni età
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editoriale
quante sfide per chi gestisce team e strutture! anche di fronte alle situazioni più complesse oppure nelle scelte di servizio o assistenza, la qualità della vita è l’obiettivo e la guida
Manager dal volto umano, tagli al personale con attenzione all’etica, management solidale. E anche qualità della vita sia nel privato che al lavoro. Sono tematiche di estrema attualità con ricadute sulla quotidianità molto importanti. Ne parliamo con esperti e le esploriamo passando in rassegna studi e documenti autorevoli, perché sono la base per una gestione del personale e delle organizzazioni che permette una crescita degli individui e delle strutture. Quando la motivazione è supportata e ben coltivata, crescono anche efficacia ed efficienza. E lo stress si riduce.
Soluzioni specifiche Anche nel pieno della crisi che stiamo vivendo da alcuni anni è necessario lavorare per migliorare le performance, non soltanto finanziarie. Lo si può fare prima di tutto non dimenticando l’importanza della formazione del personale. Senza trascurare di far crescere i collaboratori anche nei temi della responsabilità d’impresa. Ci sono poi questioni molto specifiche e al contempo diffuse, per le quali occorrono analisi e soluzioni nuove: l’idratazione degli anziani e le diete speciali. Qui ve ne offriamo alcune. dipietro@soluzionisodexo.it
Direttore Responsabile: Paola Di Pietro Redazione: Francesca Pavesi, Nicla Vozzella Segreteria di redazione: Eleonora Giussani Realizzazione: Giovanna Gianvito Comunicazione - via Redi 10 - 20129 Milano Progetto grafico: Marina Strignano Editore: Sodexo Italia SpA - via F.lli Gracchi , 36 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) Fotolito e stampa: Officina Grafica La Commerciale, viale Rimembranze di Greco, 45 - 20125 Milano Autorizzazione Reg. Tribunale di Milano n° 203 del 13/01/1985 Soluzioni È STAMPATO SU CARTA RISPETTOSA DELL’AMBIENTE GardaGloss, Art di Cartiere del Garda, azienda registrata EMAS
sommario 3 Qualità della vita: concetto 8 un multidimensionale
Manager alle prese con la crisi
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Progresso individuale e qualità della vita
14 Idratazione 17 e terza età Tra salute, ed etica: 21 religione menu
Formazione: e-learning e valori
e diete speciali
management
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Manager alle prese con la crisi, tra scelte difficili e ansie da precarietà da gestire abbiamo affrontato questo tema scottante e di grande attualità con lo scrittore, psicologo e psicoterapeuta dell’istituto minotauro di milano, stefano gastaldi
Sono tempi duri, e la crisi che ormai da alcuni anni sta mettendo alla prova l’economia mondiale chiede continui sacrifici. Il termine più usato, nelle conversazioni tra amici come nei notiziari, è “tagli”, e si riferisce non solo a riduzioni di investimenti o di spese di gestione, ma anche a tagli del personale. Licenziamenti o mancate assunzioni hanno una ricaduta non soltanto su chi li subisce ma anche su chi deve metterli in pratica e su chi teme di essere la prossima “vittima”. Un timore che riguarda le persone a ogni livello della gerarchia di aziende o enti. Cosa può fare un manager per gestire al meglio questa situazione? Stefano Gastaldi - Cominciamo col dire che non è detto che chi taglia non sarà tagliato, e i manager
lo sanno bene. Ecco perché anche loro sono vittime dell’ansia da insicurezza che attanaglia i loro collaboratori. Un’ansia che devono e possono gestire perché altrimenti può minare sia l’efficenza sia la motivazione delle persone. Il problema di questi manager è grave, perché sono nella posizione in cui la sopravvivenza del sistema, quindi la loro stessa sopravvivenza, dipende dal fatto che “uccidano” qualcuno. Naturalmente in senso figurato, lavorativo, anche se il termine rende bene l’idea e identifica in modo appropriato il carico emotivo che la scelta di licenziare porta con sé. Il manager si sente bene quando è l’esecutore di continua a pag. 4
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una politica di vita, cioè quando sceglie chi promuovere e individua i migliori collaboratori per gratificarli, non quando taglia teste. Questa funzione è causa di ansia e stress, è vissuta come un’attribuzione ingiusta: le strutture aziendali e le istituzioni sono fondate sull’appartenenza, sull’adesione, quindi il licenziamento è un atto proditorio, un tradimento del contratto relazionale che c’è tra organizzazione e lavoratore. Il manager non dovrebbe trovarsi nella condizione di fare solo tagli, soprattutto se opera in un’organizzazione in cui non c’è condivisione dei problemi e delle scelte, dove manca una cultura che renda il taglio meno doloroso possibile anche per chi lo subisce, dove il mero calcolo finanziario prevale sul rispetto per le persone. Quindi, se i manager vengono lasciati soli in questa funzione di ridimensionamento del personale entrare in grave conflitto con se stessi a causa del forte stress. Soluzioni - Che tipo di conflitto e come può essere evitato o affrontato? Stefano Gastaldi - Ci sono due modalità fondamentali di reazione al conflitto interiore conseguente alla necessità di licenziare i collaboratori. O i manager diventano cinici, perché sanno che in questo modo salvano la propria posizione lavorativa, e quindi “staccano” ogni legame con la propria par-
te emotiva e affettiva per poter tagliare senza ri-sentimento, oppure vanno in burn-out perché non possono sopportare di causare così tanta sofferenza ad altri e se ne vanno. C’è però una terza modalità di reazione, più “sana” e costruttiva, che consiste nell’aderire all’idea che bisogna fare il possibile per salvare l’azienda, che così può continuare a dare lavoro a un po’ di gente per altri anni. Se l’unico modo per evitare che fallisca è operare dei tagli del personale, allora è necessario procedere, per quanto doloroso possa essere.
Se viene lasciato da solo a gestire i tagli del personale, il manager rischia di diventare cinico oppure di andare in burn out e lasciare tutto. Sono queste le due principali reazioni allo stress.
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In questo caso, però, ogni sforzo è rivolto a operare in modo etico, negoziando le scelte, lasciando a casa chi potrebbe essere meno danneggiato dal licenziamento, naturalmente fatte salve le competenze necessarie da tenere in azienda. Il licenziamento è pesante per tutti, ma non nello stesso modo: ci sono margini di scelta per ridurre il danno, quando non può essere eliminato. Bisogna tenere in considerazione da un lato le competenze e dall’altro le fragilità di ciascuno. Soluzioni - In pratica, come si dovrebbe procedere? Stefano Gastaldi - Quando i dipendenti sono tanti ci si può appoggiare a strutture per la ricollocazione,
management proporre contratti di solidarietà, procedere a una fuoriuscita molto guidata, parlare con i sindacati, dare incentivi, scegliere di lasciare a casa soprattutto le persone più vicine alla pensione e magari sostenerle economicamente fino a quando la raggiungono... Soluzioni - Così però resta tutto sulle spalle, e sulla coscienza, del singolo manager... Stefano Gastaldi - No, è proprio questo il punto cruciale: l’azienda può e soprattutto deve fare in modo che il manager non si senta un mero esecutore e che non sia solo nel prendere queste scelte e nell’applicare queste azioni dolorose. Dal canto suo, il manager non deve accettare di essere lasciato solo e deve essere consapevole del fatto che esiste la possibilità di ottemperare a una necessità aziendale nel rispetto delle persone, che non sono semplicemente costi ma esseri umani. Soluzioni - Accade spesso che il gruppo di lavoro si trovi in una situazione di ansia a causa della sensazione di incertezza: le voci corrono, e forse sono peggio delle notizie sicure e confermate. Come gestire il timore strisciante e diffuso di essere lasciati a casa? Stefano Gastaldi - La mancanza di informazioni e l’esclusione dai processi decisionali accresce ansia e insicurezza, tanto che è anche una strategia di mobbing riconosciuta. Lasciare che si diffonda il timore di un ridimensionamento dei dipendenti è anche un modo per stimolare le persone a dare il massimo e a comportarsi al meglio. Ma in queste condizioni si vive e si lavora male. Sono la conseguenza dell’opacità, della mancanza di trasparenza, che si può anche comprendere nelle strategie aziendali di riduzione del personale. Le per-
sone si aspettano il peggio molto prima che la situazione venga esplicitata e che ci siano informazioni precise a riguardo. In realtà, perché il team funzioni al meglio, il manager ha bisogno di proteggere il proprio gruppo e di condividere con i suoi componenti almeno una parte di informazioni e scelte. La gestione del gruppo e delle sue dinamiche dipende molto dallo stile di management. Se uno è abituato a condividere, a essere trasparente, gli sarà più facile anche superare circostanze critiche, anche solo dichiarando che è un brutto momento, che dispone di poche informazioni in base alle quali propone di procedere in un certo modo e poi di monitorare la situazione ed essere pronto ad affrontare i cambiamenti. Invece i manager più legati a una gestione asimmetrica del potere, basata sul fatto che loro sanno e gli altri no, si ritrovano da soli a gestire le situazioni critiche che riguardano loro stessi e i loro collaboratori. Spesso oscillano tra un maggiore coinvolgimento e il tentativo di trovare un altro lavoro. Quindi da un lato si impegnano a dare il meglio di sé sia per il bene dell’azienda sia per dimostrare il proprio valore e quindi che è nell’interesse dell’azienda garantire la loro posizione. Tuttavia, i manager sono disincantati e sanno che a volte le organizzazioni seguono logiche basate sulla salvezza finanziaria, politiche sulle quali prevale il calcolo, e quindi possono essere comprate o vendute... Per questo si muovono anche verso contesti alternativi, mandano il loro curriculum ai “cacciatori di teste”, si guardano intorno. Certo, l’età è un fattore fondamentale: cambia continua a pag. 6
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molto se la persona in questione ha trent’anni o ha superato i cinquanta. Di nuovo un elemento molto rilevante è l’opacità o la possibilità-capacità di decifrare le condizioni del sistema a cui appartiene, che dipende dal livello di informazioni che gli sono messe a disposizione oltre che dalla sua personale capacità di visione. Naturalmente, più si sale nella scala gerarchica e maggiori sono le conoscenze disponibili e la larghezza di vedute. Soluzioni - Ma quindi cosa si può fare, in concreto, per affrontare questa situazione nel modo migliore? Stefano Gastaldi - Ciò che più aiuta a gestire l’incertezza è accettarla, altrimenti la si subisce e l’ansia aumenta. Il manager può quindi aiutare il suo gruppo di lavoro a conoscere e padroneggiare la situazione, a gestirla e a organizzare politiche individuali e di gruppo. Se si può padroneggiare l’incertezza si possono fare passi e scelte, per esempio cercare lavoro altrove e prepararsi al peggio in modo attivo e proattivo. Il manager stesso può scegliere di accettare un’offerta in un posto nuovo oppure di restare e magari parlare con i suoi superiori e chiedere loro di chiarire la situazione e mettere al corrente il suo staff sulle condizioni dell’azienda o perlomeno sul futuro del settore di cui è responsabile, spiegando che altrimenti la situazione è insostenibile a causa del sentimento di precarietà che impedisce di lavorare bene. In sostanza, gestire l’incertezza vuol dire innanzitutto creare scenari possibili, anche se non ne6 soluzioni sodexo
cessariamente positivi: a un futuro roseo ma illusorio è sempre preferibile un concreto panorama di possibilità realistiche. Bisogna quindi cercare delle vie di vita, anche nelle condizioni più difficili, basate su una condivisione onesta della realtà con il proprio staff: la demotivazione, l’abbandono e le scelte negative derivano dall’oscurità, dalla mancanza di chiarezza e di conoscenza. Solitamente, nelle aziende in cui il processo decisionale e di trasferimento di conoscenze è “sano”, basato su condivisione e discussione, le persone possono fare un bilancio della situazione e, pur con il timore di quel che potrebbe accadere loro, decidere se andare via subito o se seguire la speranza, la voglia di restare, e “rischiare” con l’azienda. Per esempio, sapendo che, se a fine anno si manterrà l’attuale condizione di perdita finanziaria, per pareggiare il bilancio si prevedono tagli del 20%, per lo più ottenuti licenziando il personale, ognuno può fare i propri conti. Un contesto in cui può aumentare l’aggressività e la competitività ma anche la solidarietà e lo spirito di squadra: per questo è importante che il manager governi queste situazioni. In questo caso il manager potrebbe intervenire spronando le persone a lavorare affinché l’azienda vada meglio e quindi la perdita di bilancio sia minore, e di conseguenza lo siano anche i tagli. Inoltre, guidando il suo team a darsi da fare per trovare alternative, cercare scenari personali alternativi, affinché ciascuno possa stare nella si-
management tuazione, gestire l’ansia individuando una strategia individuale e una di gruppo. Per fare ciò, il manager dovrebbe avere un quadro delle situazioni specifiche dei singoli collaboratori: tutto cambia se si è giovani oppure vicini alla pensione, se si ha un mutuo da pagare oppure una buona stabilità economica, se si vive in coppia o si è l’unica fonte di sostentamento per una famiglia numerosa... Cambiano le prospettive, le possibilità, ma anche il carico di angoscia. I manager capaci di leggere i segnali e padroneggiare la situazione, guidando il proprio team nella gestione dell’incertezza verso uno scenario di possibilità, di solito hanno gruppi di lavoro migliori e migliori condizioni per lavorare, minori tensioni e ansie anche di fronte a situazioni oggettivamente critiche. Soluzioni - D’accordo, ma che fare quando i peggiori presentimenti si avverano, quando la situazione da incerta diventa realmente negativa? Stefano Gastaldi - Allora ci vuole un piano alternativo che permetta di restare vivi! Quando la situazione precipita e ci si ritrova senza lavoro e senza sbocchi alternativi, è importante avere altri interessi e risorse. Cosa che per i manager è particolarmente difficile: a loro si richiede un impegno e un coinvolgimento totale e totalizzante sia a livello mentale che di energie e di tempo, quindi non hanno spazio né forze per coltivare interessi e passioni fuori dal lavoro. Certo, magari dopo una vita spesa nella stessa organizzazione, se è vicino alla pensione l’azienda può creare uno “scivolo” e agevolarlo economicamente, ma non ci si può creare una vita propria all’ultimo momento. Per affrontare il vuoto conseguente alla perdita del lavoro, che per di più costituisce l’interesse unico (o quasi) della vita, ci vorrebbe un aiuto, uno psicologo. Che non può certo essere fornito dall’azienda: sarebbe come
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infierire, perché verrebbe vissuto come una presa in giro da parte di chi prima ti licenzia e poi ti consola. Piuttosto, sarebbe utile dare un preavviso tale da permettere di cercarsi un’alternativa. D’altro canto, nella maggior parte dei casi se la condizione manageriale è particolarmente penalizzata sul piano personale e psicologico, lo è molto meno su quello materiale ed economico: proprio perché sono consapevoli di essere in una situazione precaria, dove basta un cambiamento ai vertici dell’impresa per essere sostituiti da altri, hanno stipendi e accordi molto favorevoli, che permettono loro di non mettere in discussione la sopravvivenza. Soluzioni - Insomma, o il pane o le rose... Stefano Gastaldi - Spesso è vero, è così, ma non è detto. Molto sta nelle mani, e soprattutto nella mente, di ciascuno. Anche di fronte allo scenario peggiore l’importante è non chiudere la mente, non vedere solo la morte, la fine, ma anche le prospettive, per sé e per gli altri. Condividere e solidarizzare diventa una chiave ef-
Per superare la crisi bisognerebbe avere interessi e passioni personali, ma spesso ai manager le aziende chiedono un coinvolgimento totale. E farsi una vita quando si perde il lavoro è troppo tardi... ficace per far evolvere le situazioni nella direzione migliore possibile. Certo, come abbiamo già detto, alla base ci dev’essere la consapevolezza: per gestire un’emergenza bisogna innanzitutto sentirla come tale e non negarla né banalizzarla. Ma poi è utile ragionare e affrontare la situazione con il proprio gruppo di lavoro, anche perché farlo per e con gli altri significa farlo anche per e con se stessi. E la consapevolezza della propria precarietà, lo abbiamo visto, è il primo e fondamentale passo per uscirne meglio. stefanogastaldi@inwind.it
Chi è Stefano Gastaldi
Stefano Gastaldi è psicologo e psicoterapeuta. Svolge la sua attività all’Istituto Minotauro di Milano, è docente alla Scuola di psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente e del giovane adulto ARPAD-Minotauro, Presidente del Comitato scientifico dell’Associazione Attive come prima Onlus e membro del Comitato Etico dell’Istituto Europeo di Oncologia. Si occupa da sempre di situazioni traumatiche connesse alla crescita e alle varie transizioni di vita, alla coppia, all’invecchiamento, a malattie gravi e svolge ricerche in campo psicosociale. Autore di saggi e pubblicazioni scientifiche e divulgative, il suo ultimo volume è uscito nel 2013, edito da Mondadori con il titolo “Uomini: se li conosci puoi amarli. Come sta cambiando l’universo maschile e perché è importante saperlo”. soluzioni sodexo 7
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qualità della vita
Qualità della vita, un concetto multidimensionale molti ne parlano, in ambiti e situazioni differenti, gli studiosi la analizzano, tutti ci convivono. cos’è la qualità della vita e come la si può migliorare?
Dai giornali al telegiornale, dalla scuola al posto di lavoro, il tema della qualità della vita è sempre più all’ordine del giorno. In ambiti differenti e in riferimento a situazioni diverse, il concetto torna ricorrente e sempre più di frequente. Ma cosa si intende esattamente con questo termine? Apparentemente la definizione è assai semplice, facilmente comprensibile e ampiamente utilizzata. In realtà, tuttavia, se vogliamo darne una definizione davvero appropriata, la questione si complica. Cosa conta di più in termini di qualità della vita? Avere tanti soldi? Essere sani? Essere soddisfatti professionalmente? Vivere in una città che offre molte opportunità? E, ancora, come si misura il livello di qualità della vita? La qualità della vita è uguale per tutti?
Studi specifici La definizione proposta dal l’Organizzazione Mondiale della 8 soluzioni sodexo
Sanità (OMS) nel 1993 può forse aiutarci ad averne un’idea più precisa: “La Qualità della vita è la percezione che hanno gli individui della loro posizione nel contesto del sistema culturale e dei valori in cui vivono e in relazione ai loro obiettivi, aspettative, standard e preoccupazioni.
mine sono concordi nel considerare la qualità della vita come sinonimo di benessere, salute e soddisfazione e nel pensare che il concetto non possa essere semplificato facendo riferimento solo agli aspetti strettamente materiali o economici. Come dire che ci sono molti altri
“Per molto tempo abbiamo pensato che le alte prestazioni generassero il benessere. Ci eravamo sbagliati: è il benessere che genera prestazioni migliori” (Fabrique Spinoza) È un concetto ampio, che abbraccia in modo complesso diversi ambiti, dalla salute della persona fisica al suo stato psicologico, dal livello di indipendenza alle relazioni sociali, dalle convinzioni personali alla loro relazione con l’ambiente circostante”. Al di là di questa definizione, tutti gli studiosi che oggi si trovano ad analizzare questo ter-
fattori che concorrono a determinare il livello di qualità della vita. Ed è proprio su questi che si concentrano oggi gran parte degli studi. Solo per citare un paio di esempi (avremo modo nei prossimi numeri della rivista di analizzare più approfonditamente alcune teorie e modelli), la Commissione francese sulla misurazione della performance economi-
qualità della vita ca e del progresso sociale ha analizzato l’aspetto multidimensionale della qualità della vita, evidenziando alcuni assi portanti che la deteminano: • condizioni materiali di vita (reddito, consumi e ricchezza) • salute • istruzione • lavoro e attività personali • rappresentanza politica • obblighi e relazioni sociali • ambiente circostante • insicurezza in termini economici e fisici. L’Istituto Sodexo per la Qualità della Vita, in collaborazione con l’Istituto per il Servizio l’Innovazione e la Strategia (ISIS), invece, ha sviluppato un modello innovativo di studio finalizzato a evidenziare le diverse possibili azioni che hanno un impatto
sulla qualità percepita della vita delle persone. Il modello (spiegato nel dettaglio nell’articolo seguente) è in linea, anzi è stato pensato per essere di supporto alla mission e al posizionamento di Sodexo, che è da sempre quello di migliorare la qualità della vita per il progresso degli individui e le performance delle organizzazioni. Lo scopo dello studio è appunto quello di comprendere come le azioni concrete intraprese da un’organizzazione o da un’azienda per migliorare la qualità della vita possano influenzare i progressi individuali; come sia possibile ottimizzare le azioni che sono state decise per una data popolazione; e ancora come si possa ottimizzare l’effetto
La sfida che oggi un’azienda o un’ente si trova ad affrontare è quindi quella di trovare il modo migliore per conciliare la costante ricerca del benessere da parte delle persone con lo sforzo fatto dalla società per incre-
mentare l’efficienza e la produttività dei propri dipendenti in un ambiente sempre più competitivo e internazionale. In sintesi, l’obiettivo è migliorare sia la soddisfazione professionale dei dipendenti sia
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prodotto dalle decisioni aziendali e scegliere quelle prioritarie.
Qualità della vita al lavoro Da una parte le persone, con la loro vita quotidiana, la famiglia, le spese, una vita professionale; dall’altra le aziende, con la necessità dei costi da ottimizzare, degli obiettivi da raggiungere, con le persone da motivare e premiare. In mezzo, anzi sopra tutto questo, la qualità di vita al lavoro, un concetto tutto sommato nuovo ma che, nel corso degli ultimi anni, ha assunto un peso tale da non poter più essere trascurato nei piani d’azione manageriali di qualsiasi azienda o organizzazione.
la performance aziendale. Quando si parla di qualità di vita lavorativa, quindi, si parla di un processo complesso, che coinvolge l’individuo, il lavoro stesso, l’ambiente e le relazioni umane. continua a pag. 10
Il concetto di qualità della vita sul luogo di lavoro è strettamente connesso ad altri temi, come lo stress, la soddisfazione professionale e il benessere. soluzioni sodexo 9
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Diverse definizioni Il termine “qualità della vita lavorativa” è stato usato la prima volta da Irving Bluestone (capo delle negoziazioni con i lavoratori di General Motors nel ‘70) che, alla fine degli anni ‘60 negli Stati Uniti, ha sviluppato un programma per valutare il livello di soddisfazione dei dipendenti e una serie di misure per contribuire ad aumentarne la produttività. Successivamente, sono stati fatti molti studi sul tema; di particolare rilevanza quello condotto in Canada dal Centre de liaison sur l’intervent et la prévention psychosociales (CLIPP) che ha evidenziato tre aspetti centrali che concorrono a determinare
la qualità della vita sul lavoro: • Il lavoro influisce sulle altre sfere della vita ed è parte integrante della qualità della vita nel suo complesso. • La qualità della vita sul luogo di lavoro è una visione soggettiva, che si concretizza in modi diversi a seconda della società, le persone interessate e il Paese. • La qualità della vita sul luogo di lavoro deve tener conto di specifici aspetti dell’individuo, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro e dei rapporti del lavoratore con l’azienda. A differenza della qualità della vita in generale, su quella lavorativa non sono state date definizioni “ufficiali”, anche se risultano particolarmente esplicative quelle di due studiosi: secondo Gilles Dupuis “La qua-
lità della vita lavorativa corrisponde ad una condizione vissuta dall’individuo in un determinato momento nella ricerca dinamica degli obiettivi del suo lavoro, in cui la riduzione del divario che separa l’individuo dagli obiettivi stessi si riflette in un impatto positivo sulla sua qualità generale di vita, sulle sue prestazioni e di conseguenza sul funzionamento complessivo della società”. Più sintetica ma altrettanto efficace la definizione di Jean-Pierre Martel (2004): “La Qualità della vita lavorativa non può essere imposta. È un crescendo continuo e le condizioni di attuazione possono variare a seconda delle dimensioni, della cultura e dei vincoli della società”. pavesi@soluzionisodexo.it
Alcuni strumenti di misurazione della qualità di vita Better Life Index - Sviluppato dall’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo
Sociale, è pensato per misurare la qualità della vita delle economie domestiche sulla base dei fattori più importanti per i cittadini. Può essere utilizzato per confrontare il benessere in più Paesi in base a undici criteri, che l’OCSE ha individuato come condizioni essenziali per l’esistenza e la qualità di vita.
Indice di sviluppo umano (HDI) - è un indicatore statistico della qualità della vita realizzato dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite nel 1990, per valutare il livello di sviluppo umano nei Paesi del mondo. Si basa su una media di tre criteri costituiti dalla speranza di vita alla nascita, dal livello di istruzione e dagli standard di vita correlati al reddito.
Happy Planet Index (HPI) - è un indice economico alternativo al PIL, sviluppato dalla New Economics Foundation (NEF), che tiene conto del benessere umano e degli effetti sull’ambiente. È un indicatore di avanzamento che delinea la misura in cui gli individui riescono ad avere una vita lunga e felice, lasciando le risorse sufficienti alle generazioni future affinché possano fare altrettanto. 10 soluzioni sodexo
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qualità della vita
Il progresso individuale Attraverso il miglioramento della qualità della vita questo il nome dell’innovativo modello sviluppato dall’Istituto Sodexo per la qualità della vita in collaborazione con l’istituto per il servizio, la strategia & l’innovazione
La missione di Sodexo, sin dalla sua fondazione nel 1966, è stata il miglioramento della qualità della vita dei propri dipendenti, dei dipendenti dei propri clienti, degli studenti, genitori, pazienti, anziani... attraverso un’offerta, sempre più ampia e in continua evoluzione, di servizi studiati per rispondere in modo adeguato ai bisogni di volta in volta emergenti. Ed è proprio attraverso la qualità di questi servizi che Sodexo contribuisce quotidianamente al benessere degli individui, al progresso delle loro prestazioni e al miglioramento delle performance aziendali. Per questo è di fondamentale importanza capire sempre meglio cos’è la qualità della vita delle persone sul luogo di lavoro e come il miglioramento di questa possa influire positivamente
sulle prestazioni individuali e su quelle aziendali. Da qui l’idea di costruire uno strumento analitico di comprensione di questo complesso tema: il modello denominato “Il progresso individuale attraverso il miglioramento della qualità della vita”. L’innovativo modello è strutturato intorno a tre fonti cognitive principali: analisi dei risultati di indagini svolte sui clienti, ricerche a tavolino e analisi della strategia applicata da cinque organizzazioni considerate più rappresentative. Le aree su cui lo studio si è concentrato sono tre: • Cinque aspirazioni fondamentali dell’uomo • Quindici aree di azione • Cinque pilastri. continua a pag. 12
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qualità della vita
Le aree di azione
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Le aspirazioni fondamentali Al centro del modello c’è l’individuo visto sotto cinque diverse prospettive: fisica, emotiva, relazionale, intellettuale e professionale. Il modello proposto qui richiama il lavoro svolto da Abraham Maslow, Clayton Alderfer, i grandi principi sviluppati da Frederick Herzberg e quelli di Daniel Pink. I termini utilizzati non sono esattamente gli stessi ma ci sono molte somiglianze tra loro, anche perchè si riferiscono a concetti trasversali e universalmente riconosciuti. Il primo livello è quello fisico, si riferisce cioè a condizioni materiali, requisiti biologici e a tutto ciò che ha a che fare con la salute e la sicurezza. Il secondo livello è emotivo, di natura psicologica, ossia riguardante tutto ciò che ha a che fare con il benessere e la felicità. Il terzo livello si basa sulle relazioni tra persone e sugli scambi connessi ai bisogni sociali, alla necessità di appartenere a una comunità e così via. Il quarto livello è quello intellettuale - concerne cioè le sfide, il rispetto di sé, gli interessi specifici - e il quinto livello è quello strettamente professionale.
Ciascuna area individuata è un mezzo sul quale le aziende possono agire direttamente o attraverso i propri partner per migliorare la qualità di vita dei loro dipendenti. Ogni area può essere ovviamente implementata e possono essere attivate più aree contemporaneamente:
Lo scopo del modello è analizzare come le azioni intraprese da un’azienda per migliorare la qualità della vita possano influenzare i progressi individuali e le performance aziendali
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• Costruzione, progettazione • Manutenzione, pulizia • Nuove tecnologie • Salute, sicurezza e normativa ambientale • Servizi di ristorazione • Sport e servizi per il benessere • Pendolarismo • Organizzazione di eventi ed escursioni • Organizzazione di attività per il tempo libero • Gestione delle relazioni interpersonali • Cura familiare e assistenza • Opportunità di contribuire alla società • Opportunità di apprendimento • Sostegno finanziario e assicurativo • Counseling e coaching.
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qualità della vita I cinque pilastri
Sodexo, un posizionamento unico
La terza area di studio comprende cinque fattori chiave di miglioramento della qualità della vita, che possono influenzare gli individui in modo differente. Sono quindi fattori mutevoli che vengono vissuti in maniera diversa da ciascun individuo:
Il modello sviluppato dall’Istituto è uno strumento di fondamentale importanza per un’azienda come Sodexo, che ha da sempre fatto del miglioramento della qualità della vita la sua mission e il suo punto di forza. Oggi, anche grazie agli studi e alle ricerche prodotte dall’Istituto, Sodexo ha uno strumento in più per spiegare ai propri clienti non solo in che modo i suoi molteplici servizi possano realmente contribuire a migliorare la qualità della vita dei loro dipendenti, ma anche la relazione e lo stretto legame che intercorre tra il miglioramento della qualità della vita e il progresso degli individui e delle prestazioni delle organizzazioni.
• Ambiente fisico • Salute e sicurezza • Tempo libero e divertimento • Vita sociale • Realizzazione personale e prospettive future.
Descrizione del modello Il modello è concepito come tre cerchi concentrici (vedi immagine di apertura dell’articolo):
L’esperienza, le competenze e le conoscenze acquisite da Sodexo nel campo del miglioramento della qualità della vita hanno un impatto positivo e diretto sul business delle aziende clienti.
• quello più interno rappresenta l’individuo con le sue cinque aspirazioni; • in quello più esterno sono elencate le quindici aree di azione che le aziende possono implementare e attivare; • il terzo cerchio, che si trova nel mezzo, descrive i fattori chiave di miglioramento della qualità della vita che, attraverso le azioni compiute dalle aziende, hanno effetti diversi sui singoli individui.
Ma soprattutto possiede una guida per orientare il proprio lavoro nella giusta direzione e per migliorare costantemente non soltanto la qualità della vita di clienti e consumatori finali, ma anche la qualità dei propri servizi e del modo in cui opera. dipietro@soluzionisodexo.it
L’Istituto Sodexo per la Qualità della Vita
Nasce con l’obiettivo di descrivere, misurare, qualificare e quantificare come il miglioramento della qualità della vita abbia un impatto sul progresso individuale e sulla performance delle organizzazioni. Dal 2009, il metodo dell’Istituto è stato quello di acquisire informazioni, in primo luogo attraverso la ricerca e la conoscenza. Molto da allora è stato studiato e ad oggi esiste un database di oltre 700 documenti, articoli, ricerche e biografie. Nel 2010 l’Istituto, in collaborazione con l’Istituto per il Servizio, l’Innovazione e la Strategia, ha pubblicato un primo documento sulla motivazione al lavoro. Attualmente sta finanziando una ricerca con la Queensland University in Australia, in collaborazione con la divisione Marketing e Innovazione di Sodexo remote sites e il team australiano, sulle condizioni di vita dei lavoratori del settore minerario. Un progetto simile a quello realizzato un paio di anni fa con l’Università di Aberdeen sulle condizioni di vita sulle piattaforme petrolifere in mare aperto. L’Istituto sta lavorando inoltre a una ricerca con il Dipartimento di Sodexo Culinary in Francia sulla possibilità di “ben-essere” (da un punto di vista normativo UE) in materia di prodotti e servizi di ristorazione. soluzioni sodexo 13
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la formazione del personale: focus su e-learning e valori aule virtuali, tutor e risorse della rete per Preparare e aggiornare il personale sul lavoro da svolgere e sulla sicurezza, ma anche sui temi e le pratiche della responsabilità sociale.
Qualità di prodotti e servizi, sicurezza sul lavoro, obblighi normativi e motivazione del personale: la formazione è uno strumento che assolve numerosi compiti. Compreso quello di mettere in pratica in modo efficace la responsbilità sociale di un’azienda o di un’istituzione. Per accrescere competenze e aggiornare conoscenze ci sono molti modi, dalle più classiche lezioni frontali al passaggio di saperi all’interno di équipe eterogenee, dai corsi intensivi ai materiali (stampati o audiovisivi) da usare in modo autonomo a domicilio. Fino ai giochi di ruolo e ai seminari esperienziali, come quelli organizzati dall’Istituto dei Ciechi di Milano per persone con competenze visive normali, per stimolare canali di interazione diversi da quelli generalmente utilizzati.
La scelta varia in base ai ruoli del personale coinvolto, al tipo di conoscenze da trasmettere e alle caratteristiche logistiche, strutturali e umane dell’organizzazione. L’e-learning si rivela un metodo adatto per soddisfare molte esigenze, nonché particolar-
Tutto al computer Internet, si sa, annulla le distanze geografiche. Tutt’al più crea distanza tra chi usa il computer e chi no, e al contrario fa sentire vicine persone che si trovano lontane anche centinaia di chilometri una dall’altra.
La formazione serve a migliorare le prestazioni del personale sia attraverso la maggiore competenza derivante dall’apprendimento, sia grazie all’effetto motivante dei corsi.
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mente efficace per aggiornare, esercitare o implementare competenze tecniche già presenti oppure ricevute in un precedente corso in aula. Utilissimo anche per le necessità di strutture decentrate, che devono raggiungere un nutrito numero di piccoli gruppi di collaboratori distribuiti su una vasta area di territorio.
Non è certo (solo) questa la ragione per la quale la tecnologia e la rete sono diventate luogo e strumento efficace e sempre più diffuso per la formazione. L’e-learning usa le potenzialità del web per offrire materiali e processi didattici flessibili e interattivi. Un modo per delocalizzare l’insegnamento e permettere l’autogestione di tem-
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Valori e competenze: il modello Sodexo Sodexo Italia considera la formazione e lo sviluppo professionale una leva strategica fondamentale per la crescita delle proprie persone e per il successo del business, per conseguire la competitività e la flessibilità necessarie in un’era di continuo cambiamento. Parlare di formazione in periodi difficili come l’attuale potrebbe apparire anacronistico, ma per Sodexo è proprio in momenti come questi che è importante attuare una strategia finalizzata alla crescita e al coinvolgimento dei collaboratori. Da sottolineare come, per Sodexo, la formazione debba operare in coerenza e sinergia con le altre leve, all’interno di una vera e propria Politica delle Risorse Umane: Analisi dei ruoli e Skill Inventory, Performance Management, Sviluppo RU e Gestione dei Talenti, Politiche retributive & Rewards. La valorizzazione delle risorse umane è un fattore distintivo e cruciale per Sodexo, che coinvolge tutti i livelli del Management. L’offerta formativa si declina in funzione delle aree di competenza e della seniority di ruolo (la Scuola Sodexo per Responsabili di Sito neo-inseriti ha compiuto quest’anno 14 anni), varcando anche i confini nazionali (il Gruppo offre con il Sodexo Management Institute - una Scuola di Eccellenza manageriale a livello globale). Sodexo sviluppa inoltre programmi di formazione a distanza, ognuno rivolto ad un target specifico, dal top management ai collaboratori impegnati presso i siti. Una curiosità: nel 2007, Sodexo ha iniziato ad affiancare la formazione tradizionale all’e-learning, consegnando a oltre 700 collaboratori della Divisione Scuole di Roma un lettore mp3 con i file audio delle lezioni.
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pi e ritmi di apprendimento. Può prevedere modalità sincrone e asincrone di interazione, ma in ogni caso lascia a disposizione i contenuti formativi affinché possano essere utilizzati per lo studio in ogni occasione.
Pregi e vantaggi L’ambiente del web favorisce la multimedialità, che migliora e agevola la comprensione dei contenuti, e l’interattività con i materiali, grazie alla
quale è possibile personalizzare i percorsi formativi valorizzare l’impegno di ciascuno. Alle spalle di tutto ciò c’è un sistema complesso basato su una piattaforma tecnologica (LMS, Learning Management System) grazie alla quale è possibile tracciare frequenza di accesso e attività dei vari destinatari della formazione, che possono entrare nel proprio “spazio” formativo da qualunque computer, naturalmente alla condizione di
potersi collegare a internet. Ciò permette non soltanto di raggiungere le persone ovunque si trovino, ma anche di lasciare che ciascuno possa scegliere il momento migliore per dedicare tempo alla formazione. Le metodologie disponibili consentono modalità di utilizzo personalizzate, interazione e verifica dei materiali didattici, che si possono realizzare nei formati più diversi. continua a pag. 16
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Ciò offre vantaggi notevoli sia per le aziende titolari della formazione, sia per i destinatari. Oltre all’autogestione spaziotemporale, è possibile costruire percorsi e ritmi di studio personalizzati e integrabili e verificare il proprio livello di apprendimento man mano e in modo semplice attraverso test ed esercitazioni on line. Naturalmente, anche questo duttile sistema ha i suoi punti deboli.
Ostacoli e svantaggi L’e-learning funziona ed è ben accettato e utilizzato, a patto che i destinatari della formazione on line abbiano un buon rapporto con il computer, maneggino senza difficoltà il software necessario e disponga-
no di una connessione a internet. Può essere utile per questo attivare un’assistenza tecnica o una linea verde telefonica di supporto dedicata. Ma è soprattutto la mancanza dell’interazione con altre persone, e in particolare l’assenza di un docente in carne e ossa a costituire talvolta una resistenza o ad aumentare il rischio di abbandono del percorso formativo prima che l’iter sia completo. Il tutor e le azioni di tutoraggio servono ad affiancare gli studenti come farebbe un docente, sia per chiarire dubbi e approfondire gli argomenti di studio, sia per motivare e supportare le persone e il processo di apprendimento. La relazione tra studente e tutor, ma anche degli studenti tra
di loro nelle classi virtuali, è resa possibile da vari mezzi tra cui chat, posta elettronica, forum, videoconferenze, videotutorial. Alcuni necessitano di stabilire tempi comuni di incontro, sospendendo momentaneamente la libertà di gestione e l’autonomia organizzativa tipiche dell’e-learning. Ma si tratta di una sospensione temporanea e che riguarda solo una parte del processo. Possono essere predisposte anche comunicazioni automatiche di rinforzo che suppliscono almeno parzialmente all’assenza del docente, senza tuttavia richiedere orari di accesso fissi e predeterminati alla formazione. gianvito@soluzionisodexo.it
La responsabilità sociale d’impresa nel processo formativo
Pratiche di sostenibilità, come comportamenti volti a non sprecare l’acqua, o a risparmiare energia elettrica. Ma anche modalità di relazione con colleghi e collaboratori, clienti e utenti, improntate al rispetto delle diversità, o meglio ancora alla loro valorizzazione. Anche questi possono essere temi sui quali puntare, nella progettazione di interventi formativi. Si può trattare di singoli moduli all’interno di un programma finalizzato al miglioramento delle competenze operative, oppure di un corso tutto dedicato alla responsabilità sociale, di brevi indicazioni pratiche oppure di complesse analisi su tematiche ambientali o sociali. Qualunque sia l’ampiezza dell’intervento, la formazione alla responsabilità sociale d’impresa accresce la consapevolezza dei destinatari, e può incoraggiarli a riproporre nella loro vita privata i comportamenti virtuosi appresi, amplificandone l’impatto. Dal canto suo, l’azienda ne otterrà sia un vantaggio economico (risparmiare l’ambiente fa risparmiare anche denaro) che un miglioramento della propria reputazione. 16 soluzioni sodexo
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senior
idratazione e terza età: una questione importante talvolta sottovalutata bere è vitale. gli anziani, tuttavia, spesso non assumono liquidi a sufficienza per svariate ragioni. un problema di cui farsi carico quando si assiste un “senior”
La presenza di acqua è indispensabile praticamente per tutte le funzioni dell’organismo, da quelle metaboliche alla regolazione della temperatura corporea. Una buona idratazione protegge da molte malattie, in particolare riduce il rischio di infezioni delle vie urinarie, stitichezza, problemi cardiocircolatori e piaghe da decubito (ulteriori approfondimenti su acqua e salute su www.piaceresalute.it). Aver cura di mantenere in equilibrio il bilancio idrico, integrando l’acqua persa durante il giorno con urina, feci, sudorazione e respira-
zione, è dunque necessario per chiunque, ma lo è ancor di più per le persone anziane. Da un lato perché le loro condizioni fisiche sono più fragili e hanno bisogno di maggior protezione, dall’altro perché l’età altera il meccanismo che contrasta la disidratazione e riduce spesso notevolmente la sensazione di sete. Peraltro, quando si percepisce il bisogno di bere significa che l’organismo ha già in atto un processo iniziale di disidratazione: per questo bisognerebbe bere prima di avvertire lo stimolo della sete. continua a pag. 18
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Le cause aumentano con gli anni Riduzione delle capacità motorie e diminuzione dell’autonomia rendono la persona anziana dipendente da altri anche per quanto riguarda l’idratazione: è chi si prende cura di lei che deve proporre, ricordare e porgere l’acqua. Accorgimenti da mettere in atto con particolare attenzione quando l’anziano è parzialmente autonomo, poiché in questa condizione “intermedia” sembra in grado di gestire i propri bisogni essenziali ma in realtà non lo fa in maniera adeguata, e non sempre chi assiste l’anziano ne ha la corretta percezione e misura. Si può quindi erroneamente confidare nelle capacità individuali, che invece non sono sufficientemente adeguate, tanto sul piano mentale (l’anziano magari è lucido e ben “presente” ma non ha abbastanza memoria per ricordarsi di bere a sufficienza) quanto su quello fisico (pur se le competenze motorie sono conservate abbastanza da permettere alla persona di spostarsi da sola, potrebbe non riuscire a raggiungere il luogo in cui si trovano le bevande ogni volta che è necessario). Anche alcuni farmaci frequentemente prescritti agli anziani possono interagire con lo stato di idratazione, come i diuretici per esempio, oppure i lassativi. Alcune ricerche mostrano un maggior rischio di disidratazione tra le persone che soffrono di incontinenza, probabilmente perché riducono volontariamente l’assunzione di liquidi nel tentativo di contenere tale inconveniente. In que-
sti casi è importante aver cura della loro igiene, cambiarli di frequente e mantenerli asciutti, in modo da attenuare il disagio dovuto al mancato controllo della vescica, e contemporaneamente spronarli a bere più spesso.
Cosa offrire? Acqua, ma non solo L’acqua dev’essere la prima scelta, ne andrebbe consumato circa un litro e mezzo-due al giorno, ma possono essere proposti anche tè, succhi di frutta, spremute, centrifugati, e sono utili per mantenere l’idratazione anche zuppe, minestre e altri cibi liquidi, oltre a frutta e verdura. Ma attenzione: a parte l’acqua, ogni altra bevanda o alimento vanno valutati in base alle
I segnali di una probabile disidratazione sono: secchezza di pelle, bocca, occhi; affaticamento, crampi, ipotensione, cadute, accelerazione dei battiti cardiaci, confusione mentale, infezioni urinarie.
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condizioni individuali, perché potrebbero esserci interazioni con patologie (come frutta e bevande zuccherate con il diabete) o con farmaci (alcuni non sono compatibili con il succo di pompelmo, per esempio). Ci sono poi alcune situazioni fisiche o ambientali che aumentano il fabbisogno di acqua: quando fa molto caldo o si fa movimento aumenta la sudorazione e con febbre, vomito e dissenteria si accresce la dispersione di liquidi; analogo effetto si ha con l’uso di lassativi e diuretici; alcune patologie come diabete e alterazioni legate alla concentrazione di calcio aumentano la diuresi. Labbra e pelle particolarmente secche, affaticamento marcato e debolezza, crampi, mal di
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senior testa sono i primi sintomi di disidratazione. Se il problema peggiora si possono manifestare anche alterazioni della termoregolazione e della vista, nausea e vomito, malessere generale, allucinazioni e confusione mentale, accelerazione dei battiti cardiaci, ipotensione, infezioni urinarie, cadute, fino al rischio di coma e a seri pericoli per la sopravvivenza. Prevenire tutto ciò è necessario, oltre che possibile, soprattutto in una struttura d’accoglienza.
Gusto, varietà e coinvolgimento è necessario intervenire su vari ambiti: ambiente, relazione, assistenza, organizzazione. Agire sull’ambiente significa soprattutto rego-
acqua e bevande al congiuto durante le visite. Cercare di conoscere e di assecondare il più possibile i gusti, compatibilmente con ciò che alla persona è permesso bere in base alle sue condizioni, aiuta a favorire l’idratazione: c’è chi preferisce l’acqua frizzante, chi non ama l’acqua e ha bisogno di correggere il sapore almeno con un po’ di succo di limone, oppure chi beve volentieri soltanto tè e caffè... In ogni caso, variare aromi e tipologie di bevande stimola il gusto e aiuta a raggiungere più facilmente l’obiettivo di una buona idratazione. Alcuni accorgimenti legati alle diverse capacità e ai vari gradi di autonomia e competenza
lare la temperatura per evitare che un caldo eccessivo faccia aumentare la sudorazione e di conseguenza il fabbisogno di liquidi. Sul piano relazionale, soprattutto con le persone in grado di capire, occorre spiegare l’importanza di bere, i rischi della disidratazione e i fattori che possono provocarla, e suggerire anche alcune semplici strategie per bere in quantità sufficiente. Si può per esempio stabilire che entro la giornata bisogna consumare un dato numero di bicchieri oppure tutta una bottiglia da un litro e mezzo (misure che da un lato aiutano l’autogestione da parte dell’anziano, dall’altro favoriscono la verifica dell’operatore). Utile anche incoraggiare i parenti a offrire
degli ospiti possono costituire ulteriori supporti per raggiungere l’obiettivo: per coloro che fanno fatica a portare tazze o bicchieri alla bocca oppure a deglutire può essere utile essere dotati di cannucce per bere . Al contrario, gli anziani con un buon grado di autosufficienza potrebbero essere incentivati a bere di più (e a coltivare la propria autonomia) dalla presenza di distributori d’acqua nei corridoi o di bollitori elettrici corredati di bustine di tè e tisane in camera o nel salone, per prepararsi una bevanda calda quando la desiderano, magari anche nei momenti di insonnia o di noia. continua a pag. 20
L’acqua è la prima scelta, ma per favorire una buona idratazione è utile assecondare i gusti per quanto è possibile, scegliendo tra le varie bevande disponibili, sempre nel rispetto delle condizioni individuali di salute.
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Un valido aiuto: ritmo e ritualità Per quanto riguarda l’ambito dell’assistenza, la somministrazione delle terapie, generalmente piuttosto frequenti e distribuite nella giornata, permette di incrementare i liquidi assunti se si accompagna ogni compressa con un bicchiere d’acqua. Gli operatori che seguono gli anziani nella residenza dovrebbero essere formati e impegnati a identificare i segnali di disidratazione, e a intervenire se necessario in modo appropriato e tempestivo. L’aspetto organizzativo potrebbe focalizzarsi sulla ritualità, per scandire i momenti della
giornata e contribuire anche a favorire l’orientamento temporale dell’anziano. Stabilire veri e propri “riti di idratazione”: almeno un bicchiere d’acqua a pranzo e a cena, una tazza di latte o di tè a colazione, una tisana o un bicchiere di spre-
Scandire la giornata con “riti di idratazione” aiuta a raggiungere la giusta quota di liquidi assunti e dà ritmo alla quotidianità, aiutando così gli ospiti a orientarsi nel tempo. muta a metà mattina e al pomeriggio, la camomilla la sera prima di dormire. In questo modo si aumentano le occasioni per bere, si dà il ritmo e si “riempie” la giornata: l’invito a bere diventa così un piacevole elemento del soggiorno. pavesi@soluzionisodexo.it
Attenzioni speciali per la stagione estiva
Durante la stagione calda, naturalmente, il problema della disidratazione si accentua: si consumano più liquidi, in particolare a causa di quelli persi con la sudorazione necessaria alla termoregolazione, e quindi bisogna introdurne una quantità maggiore. Per questo è utile da un lato cercare di contenere la temperatura ambientale, dall’altro facilitare una maggiore idratazione. Ecco alcuni consigli pratici: • prima di tutto, ovviamente, è necessario stimolare l’anziano a bere di più, acqua soprattutto • programmare l’esercizio fisico e le uscite nelle ore meno calde della giornata • proporre menu leggeri e frazionare i pasti • incrementare il consumo di frutta, verdura e alimenti liquidi • inserire il gelato, quando non ci sono controindicazioni legate a specifiche patologie • ridurre grassi, salumi e bevande alcoliche • in particolare con le persone con seri deficit cognitivi e disturbi comportamentali, vigilare sull’abbigliamento, poiché talvolta questi pazienti tendono a coprirsi in modo sconsiderato e non congruo con le condizioni climatiche • in ogni modo, evitare che gli anziani siano esposti a bruschi sbalzi di temperatura. 20 soluzioni sodexo
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a tavola tra salute, religione e scelte etiche. Menu e diete speciali nelle collettività per definire il menu, oltre agli aspetti nutrizionali, è necessario tenere conto delle diversità individuali. E se fosse un’opportunità per tutti?
Energia per affrontare gli impegni della giornata, soddisfazione del gusto, convivialità... Mangiare è questo e molto altro; coinvolge anche salute, etica, religione. E così le richieste, le esigenze e le necessità alimentari si differenziano e aumentano sempre di più. In particolare nelle collettività, che si tratti di adulti sul posto di lavoro, di malati ricoverati, di bambini a scuola oppure di anziani accolti in strutture dedicate, chi siede a tavola ha specifici bisogni che non sono soltanto nutrizionali. Da un lato la diffusione di allergie e intolleranze, dall’altro la sempre maggiore quantità di persone con culture e religioni diverse, ciascuna con
le proprie prescrizioni che coinvolgono spesso anche il cibo, e infine la crescente attenzione al benessere e alla prevenzione, sono tutti fattori che influiscono sulle scelte e sui bisogni in fatto di alimentazione. La questione ha risvolti diversi a seconda del tipo di consumatori coinvolto. Meno evidente nei ristoranti aziendali, dove ogni commensale si compone il pasto da sé e basta che ci sia una varietà di opzioni sufficiente a coprire le varie esigenze personali, più d’impatto a scuola, perché i menu per i bambini non prevedono scelte e sono definiti dalle Asl. In quest’ultimo continua a pag. 22
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caso, le alternative ai piatti devono integrarsi con il menu fisso e strutturato e rispondere a precisi criteri nutrizionali. Nelle strutture sanitarie e in quelle dedicate all’accoglienza degli anziani l’attenzione è rivolta soprattutto all’influenza del cibo sulla salute, a seconda della patologia e delle competenze alimentari specifiche di ciascuno.
Un osservatorio particolare Con i loro pasti molto strutturati e privi di scelte alternative, i ristoranti scolastici diventano un punto di osservazione privilegiato per quantificare e analizzare il fenomeno. Lo ha fatto Sodexo, nei 1.300 istituti di ogni ordine e grado, pubblici e privati, nei quali gestisce il servizio di ristorazione scolastica. Il risultato? Conferma che la richiesta di diete speciali di vario tipo è in costante aumento: nel 2005 riguardavano circa il 5% del totale dei pasti serviti e nel 2010 erano salite al 7%. Un problema non certo marginale, dunque. E per giunta reso complesso dalla grande variabilità delle esigenze: il 50% delle richieste ha motivazioni legate alla salute (di queste, circa il 13% sono per celiachia) e l’altro 50% è dovuto a norme religiose o scelte etiche. Se poi si aggiungono a queste le diete ospeda-
liere e i bisogni degli anziani non autosufficienti, è evidente che siamo di fronte a un problema davvero complesso. Come far fronte a tante necessità diverse senza rinunciare all’equilibrio nutrizionale, alla difesa della varietà e del gusto, con un’offerta che non differenzi troppo i pasti per non creare fastidiosi confronti, soprattutto tra i bambini?
Alcune soluzioni Naturalmente, è essenziale rispettare i bisogni specifici, che in alcuni casi necessitano di prodotti speciali. Come per le persone celiache, che
La ristorazione scolastica permette più di ogni altra di valutare caratteri e dimensioni del fenomeno: il menu per i bambini è unico e strutturato e le variazioni vanno richieste.
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dispongono di linee di alimenti alternativi, privi di glutine, che possono essere messi a loro disposizione anche nei ristoranti scolastici, aziendali o sanitari. Magari in monoporzione da scaldare al microonde, ma servirebbero accordi tra aziende di ristorazione e industrie alimentari, per garantire disponibilità e sostenibilità (anche economica), dei prodotti. Nel caso delle persone anziane con una riduzione delle competenze e dell’autonomia motoria,
alimentazione che compromette parzialmente e in vario grado le capacità di masticare e deglutire, oppure di portare da sé il cibo alla bocca, è possibile lavorare sulle preparazioni e sulla loro consistenza, in modo da adeguare il pasto alle competenze della persona a cui è indirizzato. Ovunque, ma in particolare nelle scuole, grande attenzione deve essere rivolta a differenziare il meno possibile i piatti proposti salvaguardando equilibrio nutrizionale, varietà ed esigenze particolari. Per la corretta gestione tutte le varianti, che siano di consistenza o di composizione, è necessaria una elevata consapevolezza e una adeguata formazione del personale.
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ti. Il divieto di consumare carni suine per i mussulmani o bovine per gli induisti, l’aumento costante dei vegetariani, solo per citare alcuni esempi, possono essere accomunati da una soluzione unica, adatta a tutti e capace di semplificare l’offerta: un menu vegetariano da inserire tra le scelte quotidiane. Una proposta che si può
La scelta vegetariana, anche se limitata solo al pranzo, unisce esigenze etiche, ambientali e salutiste in un’unica soluzione. Ideale anche per le diete richieste per ragioni religiose.
E se fosse un’opportunità? Ma le richieste di menu speciali, soprattutto per motivazioni etiche o religiose, possono diventare utili stimoli per ripensare l’offerta alimentare complessiva in una chiave salutista e nell’ottica di una maggiore protezione del benessere di tut-
estendere a tutti i fruitori del ristorante, con una scelta libera e consapevole, per aumentare il consumo di frutta, ortaggi e vegetali in genere, come consigliano le maggiori autorità sanitarie mondiali allo scopo di proteggere la salute e ridurre il rischio di malattie cronico degenerative. In questo modo, la soluzione del problema di alcuni potrebbe trasformarsi nell’opportunità di accrescere il benessere di molti. dipietro@soluzionisodexo.it
Anziani a tavola
Sodexo ha realizzato due progetti specifici per i senior con ridotta autonomia, ospiti in strutture specializzate. Uno, per anziani in stato vegetativo o terminale con problemi di malnutrizione e disfagia, prevede pasti con preparazioni sminuzzate o omogeneizzate basate su criteri quali la varietà, l’equilibrio nutrizionale, la digeribilità elevata, la densità energetica, l’appetibilità, la stagionalità, le tradizioni gastronomiche locali e modulati in seguito a verifiche dello stato fisico degli ospiti. L’altro, M’AMA (Modello per l’Alimentazione dei Malati di Alzheimer), è pensato per chi soffre di Alzheimer e demenze, offrendo un adeguamento dei pasti dal punto di vista della composizione nutrizionale e della consistenza, tenendo conto anche di competenze alimentari, gusti e abitudini della persona. soluzioni sodexo 23