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Ai confini del mondo
from Storie sconfinate
by sscmi
di Martina Porretto
Personalmente, ho trovato molto difficile il trasferimento da Palermo fino a Piacenza: il Sud e il Nord sono luoghi molto diversi, dopotutto. Non dico di non apprezzare, almeno in parte, questa città e questa scuola; quello che intendo dire è che sento una sorta di mancanza interiore. Mi manca Palermo, mi manca il suo caos, mi manca camminare in centro tra bancarelle piene di braccialetti, tra locali esterni sempre strapieni, mi manca il giardino che visitavo spesso con i miei vecchi compagni, mi mancano i miei nonni e mi manca la mia migliore amica. Non mi è mai piaciuto condividere i miei pensieri, esprimere le mie emozioni con altre persone; non l’ho mai fatto né con la mia migliore amica né con la mia famiglia, perciò scrivere la mia esperienza mi risulta non poco difficile. Ho sempre amato scrivere, ma in questo momento mi sento a disagio. Anche a Palermo era così: il primo anno non mi sentivo molto a mio agio nella mia vecchia classe. Tuttavia, durante il secondo anno, capii che c’erano persone disposte a parlarmi, a conoscermi, ad aprirsi con me e permettere a me, proprio a me, l’asociale — così ero chiamata — di aprirmi con loro. E nonostante il poco tempo passato con loro, consideravo quella classe un ambiente sereno, un posto al quale finalmente appartenevo.
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E poi, eccola lì, quella notizia che rovinò tutti i progressi che avevo fatto con i miei coetanei: «Il trasferimento è stato anticipato, raggiungerete i vostri genitori a fine dicembre». «Ah...», fu il mio primo pensiero, poi «no», e poi «non voglio» e… «non adesso che ho stretto amicizia con Silvia». Silvia era la mia compagna di banco, per mesi l’avevo ascoltata parlare di un ragazzo che le piaceva. Non amavo particolarmente l’argomento «ragazzo» ma tenevo a lei. Mi manca, Silvia.
Mi chiedo spesso cosa faccia mia nonna: anche se ho il suo numero, anche se ci chiamiamo a ogni ora del giorno, sento di non parlarle da secoli, sento di essere come ai confini del mondo.
© 2023, Biblioteche del Comune di Piacenza e Associazione La Matita Parlante, Storie sconfinate, Erickson, www.ericksonlive.it
Mia nonna era sempre stata la mia confidente, una spalla su cui piangere quando sentivo di non potermi fidare di nessuno, la mia migliore amica. Quando sentivo di sprofondare nello sconforto, di aver bisogno di un abbraccio e di parole dolci per alleviare quei sentimenti che tanto odiavo, lei era lì. Con le braccia spalancate, il sorriso ironico, gli occhiali neri dalle stanghette scolorite, gli strani capelli biondi di due tonalità differenti, gli occhi che comunicavano tutto senza che dalle labbra uscisse alcun suono.
Non avevo mai realizzato di essere lontana da casa fino al momento in cui salii le scale della scuola, fino a quando non chiesi informazioni riguardo a dove si trovasse la classe e non misi piede in quell’aula, all’apparenza così grande, piena di sconosciuti su cui ero sicura di non poter contare, pronti a giudicarmi e a discriminarmi per via delle mie origini mediterranee.
Parlando con alcuni ho deciso di rivedere i miei pregiudizi, parlando con altri ho deciso di misurare le parole, rivolgendomi a loro solamente per lo stretto necessario.
Non penso di aver trovato il mio posto, almeno non ancora, ma sono sicura di riuscirci. Quando accadrà mi guarderò indietro, ripensando a tutte le difficoltà, a tutto lo sconforto e a tutta la tristezza accumulata. Sorriderò, sorriderò talmente tanto da cancellare anche queste parole: andrò avanti, vivrò a pieno la mia nuova vita e non mi guarderò più alle spalle.
© 2023, Biblioteche del Comune di Piacenza e Associazione La Matita Parlante, Storie sconfinate, Erickson, www.ericksonlive.it