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Votato ai minori

La vocazione educativa dell’Associazione, la sua policy e le progettualità sviluppate sul tema infanzia e adolescenza nel tempo degli abbandoni post Covid, di drop out e calo demografico crescenti. Come riprenderci i bambini?

Sono trascorsi oltre 30 anni dalla ratifica italiana della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che nel 1989 riconobbe i bambini come aventi diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. Tra questi diritti erano espressamente indicati quelli all’educazione, al tempo libero e al gioco, temi che interpellano ieri come oggi il Centro Sportivo Italiano, che riconosce come suo ambito di riferimento privilegiato proprio la promozione sul territorio di attività ludiche, sportive ed educative prevalentemente finalizzate alla crescita di bambini, adolescenti e giovani. Una sfida antica, che oggi si amplia e si rinnova per le complicazioni dettate da nuove circostanze. Non bastava il drop out, il fenomeno dell’abbandono precoce dello sport da parte dei ragazzi alle soglie dell’adolescenza, fenomeno che da anni indebolisce alle radici tutta l’attività sportiva e che si stenta a contenere. Nel tempo sono state svolte numerose indagini per misurare le dimensioni e le cause dell’abbandono precoce, con cifre che non sempre concordano.

Ante Covid il drop out era stimato in circa il 30% dei preadolescenti che qualche sport avevano praticato fino ai 12-13 anni. In una stima più precisa effettuata nelle scuole secondarie di 1° grado l’abbandono riguarderebbe il 25%, percentuale che sale nelle scuole superiori al 35%. Se guardiamo all’extra scuola, gli attivi pre-Covid che praticavano sport erano il 73% nella fascia 6-13 anni, il 59% in quella 14-19 anni. Con l’avvento della pandemia però gli abbandoni sono stati molto elevati: il 48% tra i piccoli, il 30% tra i ragazzi. Ora le cose si sono complicate ancora e bisogna fare i conti con due altri “nemici” dello sport giovanile: il Covid e il calo demografico, a cui probabilmente dovremo aggiungere la crisi economica, con livelli di povertà che già nel 2021 avevano raggiunto il massimo storico con 5,6 milioni di persone in difficoltà assoluta, di cui 1,4 milioni minorenni.

Il Covid19, con la chiusura prolungata di palestre, campi da gioco e piscine, e con le regole di distanziamento imposte a chiunque, ha di fatto provocato una sospensione più che biennale di tutta l’attività sportiva e non solo giovanile. Tantissimi praticanti sono rimasti a casa e tantissime società hanno chiuso i cancelli per non dover tenere tutto “acceso” (si pensi al riscaldamento delle piscine) in mancanza di tesserati. Cosa succederà all’apertura della nuova stagione, sperando che il Covid sia stato sconfitto e non sia andato semplicemente in vacanza per sfuggire al caldo estivo? Chi ha abbandonato, per scelta o per costrizione, tornerà a popolare i luoghi della pratica sportiva? E come incideranno i nuovi fattori economici e sociali generati dalla pandemia e non solo? Le ricadute psicologiche delle restrizioni dovute al Covid, ad esempio, hanno avuto un impatto sulla psiche, dichiarato in particolar modo dall’83% delle bambine e bambini appartenenti alla fascia 6-13 anni e dall’85% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Tra coloro che hanno dovuto smettere di fare sport, i sentimenti maggiormente provati dai giovani italiani sono: tristezza (55% tra i giovanissimi e 69% tra i ragazzi), apatia (53% tra i giovanissimi e 58% tra i ragazzi), ansia (40% tra i giovanissimi e 56% tra i ragazzi) e irascibilità (46% tra i giovanissimi e 43% tra i ragazzi).

Contrastare stanchezze, paure e problemi, generando nuovi entusiasmi e voglia di partecipazione, è possibile innovando, esplorando nuovi territori e nuovi strumenti. Una strada, questa, che il CSI ha già iniziato a percorrere prima che il Covid cominciasse a fare paura. Così è stato per il progetto Safe, varato insieme alla Comunità Papa Giovanni XXIII, ad Azione Cattolica, e all’Università di Bologna, finanziato dall’Unione Europea, con l’obiettivo di accogliere ed educare minorenni in ambienti sicuri, innanzi allo spettro di abusi, violenze e maltrattamenti, sexting, gambling, grooming, mascolinità e stereotipi di genere ed aggressioni fisiche e verbali. In due anni sono state formate ed informate 1184 persone, in 27 province di 13 regioni italiane, appartenenti ad organizzazioni religiose che hanno rapporti regolari con più di 46.300 bambini. Sui temi dell’infanzia e dell’adolescenza il CSI è oggi molto attivo con una serie di specifiche progettualità (vedi box) intese a migliorare la qualità di vita dei minori.

Una “fotografia” scattata da Save the Children è quella di giovani generazioni su cui non si è investito a sufficienza e che, a causa della pandemia, hanno sofferto l’isolamento e la perdita di relazioni, e a cui è urgente fornire risposte concrete. Molte ombre incombono sui minori a rischio. Viviamo un paese in cui la percentuale di Early School Leavers – cioè ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione - raggiunge il 13,1% (a fronte della media europea del 9,9%) e quella di NEET – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione - raggiunge il 23,3% (media europea 13,7%).

Ragazzi che potrebbero invece dare tanto allo sviluppo e alla ripresa del Paese e che non sono messi in condizioni di contribuire. Anzi, in alcune città si registra l’emergere di bande giovanili dedite ad aggressioni, rapine, bullismi, spaccio di droghe, frutto evidentemente di azioni educative deboli o assenti, a cui lo sport potrebbe fornire “vitamine” importanti. Ragazzi che sembrano estranei all’ambiente sociale di riferimento, come se non abitassero più le città ma i loro “contenitori”, come la casa, la scuola, i luoghi dello sport e quelli della famiglia. Hanno scarsa mobilità, hanno perso la dimensione urbana e vivono in una sorta di bolla di sicurezza che non li porta lontano da casa, con il rischio, per molti, di vivere segregati in periferie prive di opportunità. Lo scenario della ripartenza somiglia dunque ad un bollettino di abbandoni, decrementi, domande di senso spesso senza risposta. Più che campi di azione locali sono praterie in perenne espansione, nel vuoto di politiche giovanili adeguate. Praterie però che, per quanti agiscono nel sociale, rappresentano un invito irresistibile a calarsi in nuove sfide.

Tanti progetti CSI per essere al servizio dei più piccoli

Oggi il CSI, grazie in particolare al meticoloso lavoro dell’Area Welfare della Presidenza Nazionale è votato ai minori in tante progettualità. Da EECEME - European Early Chilhood Education Movement Experts, il progetto finanziato dall’Unione Europea, che prevede l’organizzazione di training per operatori sportivi, per la promozione dell’attività motoria di base per la fascia d’età zero-sei a “ZPORT - Social Generation 5.0”, ammesso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al finanziamento di iniziative e progetti di rilevanza nazionale, che intende sviluppare in 20 regioni italiane politiche sociali che promuovano benessere, socialità, integrazione, inclusione e uno stile di vita attivo per un target giovanile privilegiato (preadolescenza e adolescenza) con particolare riferimento a scuola, parrocchia, oratorio. Dal progetto Easy Sport, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per lo sport (di cui parliamo in una apposita pagina) all’ultimo arrivato con Save the Children Italia Onlus capofila e Centro Sportivo Italiano APS partner, insieme alla UISP. Si tratta del neonato “STePS – Un passo avanti per la costruzione di un Sistema di Tutela e Protezione dei minori nello Sport” e finanziato dal DPF - Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Aumentando così la produzione ed adozione di policies, procedure e strumenti di Child Safeguarding (CSG) in organizzazioni sportive nazionali che operano in favore di minori.

“Dal 2012 il CSI si è dotato di una sua specifica policy, costituendo una Commissione Nazionale per la tutela e il benessere dei minorenni in ambito sportivo

È arrivato il 12° Rapporto CRC. Dal CSI il contributo sul capitolo “sport”

È ritornato dopo un anno di pausa, il consueto rapporto di aggiornamento che il Gruppo CRC (Convention on the Rights of the Child – CRC) pubblica annualmente in occasione del 27 maggio, anniversario della ratifica della CRC in Italia. Il Rapporto, come sempre, copre tutta la vasta gamma di diritti riconosciuti dalla CRC, si compone di 52 paragrafi con altrettanti approfondimenti. Quello, il settimo capitolo, relativo a Educazione, Gioco e Attività Culturali ha coinvolto nella stesura e nell’analisi il CSI, una delle oltre 100 associazioni del Network, con il rinnovato impegno di monitorare lo stato di attuazione della CRC in Italia e restituire una fotografia in grado di riassumere le sfumature della condizione delle persone di minore età nel nostro Paese. In sintesi Famiglie, Scuola, Servizi stanno vivendo un affaticamento che mette in luce la necessità di un supporto e di un investimento ormai non più rinviabile. Povertà minorile e cambiamenti climatici sono fenomeni che il Gruppo CRC continua a monitorare con crescente preoccupazione alla luce dei dati disponibili che mostrano come le misure sinora adottate non siano sufficienti e non abbiano generato l’impatto sperato. Tuttavia l’infanzia e l’adolescenza sono entrate con maggior attenzione nell’agenda politica, anche grazie al ruolo di sentinella svolto dal Terzo Settore: si parla in maniera più strutturata di accoglienza nelle emergenze, di servizi educativi per la prima infanzia, di scuola, di salute mentale e benessere dei più giovani. La legge di Bilancio 2022 ha finalmente introdotto i primi Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) per asili nido e trasporto degli studenti con disabilità stanziando risorse. A partire da marzo 2022 è diventato operativo l’Assegno Unico e Universale, volto a razionalizzare le misure in essere ed estendere il sostegno a tutti i genitori con figli fino a 18 anni o 21 anni (e senza limiti di età in caso di figli con disabilità). https://gruppocrc.net/tipo-documento/pubblicazioni/

“Tra chi ha smesso di fare sport, tristezza, apatia e irascibilità sono i sentimenti maggiormente provati dai giovani italiani

OFFSIDE: il drop out sportivo nella Generazione Z

Dalla ricerca “OFFSIDE: il drop out sportivo nella Generazione Z” – promossa, nell’ambito dei progetti finanziati nel 2020 da Sport e Salute, da ASC e CSI è stata evidenziata una “ricerca-azione” volta alla maggiore e più articolata conoscenza relativa alla partecipazione dei giovani alle attività sportive e al conseguente dimensionamento del fenomeno del dropout sportivo in età giovanile, con un approfondimento delle cause, di natura personale, sociale o economica, che sottendono all’abbandono. In un’ottica di insieme, la mappatura restituisce alcune evidenze interessanti. Tra queste, si rileva che nelle scuole secondarie di 1° grado, attualmente 2 studenti su 3 svolgono sport (67%), mentre il 25% dichiara di aver smesso, principalmente a causa del Covid-19; solo l’8% dichiara di non aver mai praticato attività sportiva. Questa percentuale diminuisce alle superiori, dove, 1 studente su 2 svolge attività sportiva (56%), mentre il 35% dichiara di aver smesso, e il 9% di non aver mai praticato sport. Altro discorso per i praticanti sportivi, dove l’81% esercita con regolarità da più di 5 anni la stessa disciplina sportiva e circa 1 su 5 (18%) pratica lo stesso sport da meno di 2 anni. I 3 target hanno in comune, tra le discipline sportive maggiormente praticate, gli sport di squadra (calcio 23% sia per le medie che per i praticanti, e 13% per le superiori, volley 18% per i praticanti e 10% per entrambe le scuole di I° e II° grado, e basket); a seguire per gli sport individuali come il nuoto 10% sia per medie e superiori, e 8% per i praticanti. Dall’analisi delle motivazioni per età, si nota che sia nelle scuole di I° che di II° grado, la motivazione principale dell’abbandono è la mancanza di tempo (18% per le scuole medie) e l’aumento degli impegni (29% per le superiori), seguita dal cambiamento degli interessi (15% medie e 13% superiori). Emergono sia per le scuole secondarie di primo che di secondo grado anche altre motivazioni significative come:

• costo troppo elevato;

• la troppa fatica/impegno;

• genitori in disaccordo con la pratica.

Il tempo diventa una motivazione dell’abbandono anche per il target degli sportivi, attorno ai 14/15 anni (specialmente per le ragazze), contestualmente con il passaggio alle scuole superiori; il non sentirsi pronto rappresenta la principale motivazione di abbandono per le fasce più giovani, specie maschili; altre motivazioni sono piuttosto trasversali ad eccezione dei motivi di salute che si evidenziano tra i 14 e 15 anni.

“Battiamo il silenzio” La campagna del Dipartimento per lo Sport

Dal 6 giugno anche il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio, con l’impegno diretto del sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali, ha lanciato a Roma la campagna “Battiamo il silenzio”, per implementare politiche efficaci di tutela dei minorenni e promuovere ambienti sicuri e sani nello sport. Un lungo studio partito dall’analisi di quanto fatto all’estero, in particolare dalle linee guida della Fifa, ampliato poi con il lavoro congiunto di 26, tra enti ed associazioni del mondo sportivo e della tutela dell’infanzia in Italia, fra cui il CSI, ha dunque prodotto importanti materiali formativi a garanzia degli sportivi minorenni e politiche di promozione di ambienti sicuri e sani. Pubblicazioni, webinar, vademecum, sono già consultabili sul sito web del progetto “Battiamo il Silenzio”, alla cui presentazione era presente il capo del Dipartimento per lo sport, Michele Sciscioli che ha ringraziato il network associativo componente il tavolo tecnico istituito dal Governo.

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