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Lo sport, un diritto costituzionale

Approvata in prima deliberazione, la modifica dell'art. 33 della Costituzione

di Francesca Boldreghini

Questo il testo del disegno di legge costituzionale (C. 3551), approvato il 22 marzo scorso, in prima deliberazione, dal Senato della Repubblica. Se il procedimento di modifica della Costituzione dovesse andare a buon fine – e siamo solo all’inizio – lo sport entrerebbe finalmente nella Costituzione. Ad oggi, infatti, solo l’“ordinamento sportivo” trova menzione diretta nell’articolo 117 - quello che regola la ripartizione della competenza legislativa tra Stato e Regioni - tra le materie di legislazione concorrente di cui al comma 3, quelle, cioè, in cui spetta alle Regioni legiferare, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Di tutt’altro significato l’inserimento dello sport, o meglio dell’“attività sportiva”, nell’art. 33, parte I (diritti e doveri dei cittadini), titolo II (rapporti etico-sociali) della Costituzione.

La collocazione sistematica della modifica costituzionale ne chiarisce subito la portata innovativa, eleggendo lo sport a diritto sociale. La disciplina di tali diritti, accanto ai più tradizionali diritti di libertà, rappresenta una novità della Costituzione italiana del 1948 rispetto al precedente Statuto Albertino: è lo Stato sociale, che affonda le sue origini nel secondo dopoguerra, e che si fonda su interventi di assistenza e di sicurezza sociale.

La modifica costituzionale dell’art. 33 sancirebbe un vero e proprio impegno dello Stato a promuovere e a tutelare la pratica dell’attività sportiva come parte integrante del diritto di cittadinanza, al pari del diritto all’istruzione, della tutela della salute, della tutela della famiglia e dei servizi sociali. Non a caso, il testo del nuovo comma fa espresso riferimento al valore sociale dello sport. Ed è proprio sul piano della lettera della norma, che troviamo il senso giuridico dell’innovazione costituzionale. L’attività sportiva, in tutte le sue forme, da quella professionistica a quella dilettantistica, è riconosciuta e tutelata non solo e non tanto per il suo ruolo di promozione del benessere psicofisico dell’individuo, certamente indubbio, ma anche e soprattutto per il suo valore educativo, un valore cui è peraltro dedicato l’intero testo dell’articolo 33, che elegge la formazione culturale a garanzia essenziale di un ordinamento democratico.

Lo sport viene dunque ad essere riconosciuto come parte essenziale dell’educazione dell’individuo, concetto peraltro già ben noto agli antichi greci, che suddividevano l’educazione in tre principali discipline - la grammatica, la ginnastica, e la musica - e che trova nell’Educazione Fisica delle scuole italiane dei tempi d’oggi una timida prosecuzione. Interessante anche l’ordine del giorno, approvato e accolto dal Governo, che evidenzia il ruolo dello sport rispetto ai disabili, alla scuola, alla funzione inclusiva e alla promozione e tutela della salute, impegnando la politica ad agire in tal senso.

Ma quali sarebbero gli effetti concreti di una simile modifica costituzionale? I giuristi sanno bene che le affermazioni costituzionali non sono solo proclami di principi a cui tendere e in cui sperare per una società più giusta. Al contrario! I principi costituzionali sanciscono specifici diritti e doveri dei cittadini e concreti impegni giuridici per le istituzioni: è lo Stato di diritto, nato con la fine dell’assolutismo, nell’Europa della fine del XVIII secolo, in cui il diritto è al di sopra dello Stato, come suo fondamento e limite. E così, l’art. 33, nel riconoscere la libertà di arte e scienza, definisce anche un quadro normativo in cui la cultura non è solo “riconosciuta” ma anche “promossa” (art. 9 Cost.), un impegno, questo, che assume connotati giuridici precisi nel successivo art. 34, che dispone l’accesso libero alla scuola e, allo stesso tempo, la sua obbligatorietà, insieme al sostegno per i meritevoli bisognosi.

Ecco, quindi, che riconoscere in Costituzione il valore dello sport significherebbe non altro che impegnare lo Stato a un sostegno concreto - normativo, organizzativo e finanziario - per consentire l’effettiva e sempre più ampia partecipazione alla pratica sportiva di tutti i cittadini, a partire dai giovani e dalle categorie più deboli. La strada è ancora lunga: la modifica della Costituzione è stata approvata solo in prima deliberazione al Senato e alla Camera, e il 21 aprile è giunto alla Camera dei deputati, partendo dall’esame in Commissioni Affari Costituzionali.

Solo dopo l’approvazione di entrambe le Camere, con due successive deliberazioni, ad intervallo non minore di tre mesi e a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera in seconda votazione, la legge di revisione costituzionale sarà adottata. Per l’entrata in vigore, se la maggioranza non sarà di 2/3 dei componenti, bisognerà attendere i tempi dell’eventuale referendum costituzionale (da proporsi entro tre mesi dalla pubblicazione della legge). Comunque vadano le cose, modifica costituzionale o meno, certo è che il Centro Sportivo Italiano (CSI) - anticipando esattamente il nuovo testo dell’art. 33 - continuerà a promuovere lo sport come educazione alla vita e strumento di aggregazione sociale, come nella sua missione fin dagli anni della sua fondazione. Era il lontano 1944 (ma la sua prima cellula - la Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane, FASCI - risale al 1906) e la Costituzione Italiana – promulgata nel 1947 - non era ancora stata scritta.

Non mettere in movimento l’anima senza il corpo, né il corpo senza l’anima, affinché ciascuno dei due divenga equilibrato e sano. (Platone)

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