Stampa Italiana Ecò - Anno 1 N. 0 - Settembre 2021 - Allegato mensile della testata giornalistica Stampa Italiana - Copia gratuita
STAMPA ITALIANA ecò Dino Passeri
Gian Luca Comandini
«Sogno un borgo che si autosostenga energeticamente»
«Bitcoin arriverà a impatto zero: è l’ultima criticità»
Federica Gasbarro
Andrea Abodi
«Saremo in campo con tutte le opportunità possibili»
Tommaso Ghidini
«Anche le missioni spaziali possono contribuire a salvare la Terra»
Vincenzo Scotti
«La sostenibilità va perseguita con elementi concreti»
TOCCA A NOI
«Non si fa abbastanza per il Pianeta. Di questo passo finiremo nel baratro»
Noemi De Santis
«La pandemia ha accelerato la sensibilità verso il riciclo»
Federico Garcea
«Deforestazione? Per combatterla sempre meno tempo»
Allegato mensile della testata giornalistica Stampa Italiana Registrazione Tribunale di Roma N. 174 del 17 dicembre 2019 Proprietario e direttore responsabile: Andrea Nicosia Editore: Si Informa Srls Sede legale: Via Domokos, 4 20147 Milano P. Iva: 11304160960 Pec: siinformasrls@legalmail.it Direttore editoriale: Valentina Flacchi Vice Direttore editoriale: Mario Caprini Pubblicità: pubblicita.eco@stampaitaliana.online Collaborano: Domenico Cavazzino, Silvia Gambirasi, Sara Nicelli, Lorenzo Scalia Art director e progetto grafico: Stefano Salvatori Sede operativa: Piazza Augusto Imperatore 32 Roma Sito internet: stampaitaliana.online Mail: redazione@stampaitaliana.online Stampa: Tipolitografia Quattroventi Srl Via Andrea del Castagno 196 Roma Prezzo di copertina: Gratuito Mandato in stampa il: 10-09-2021 PUBBLICAZIONE SPONSORIZZATA DA:
Carta prodotta con energia rinnovabile
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na squadra affiatata, passione e coraggio in abbondanza, un pizzico di sana follia e ottimismo quanto basta. Il tutto amalgamato con un solo legante: la persuasione di un futuro in armonia con l’ambiente. Questi sono gli ingredienti che compongono l’anima di Stampa Italiana Ecò, il nuovo allegato mensile (gratuito) di Stampa Italiana dedicato all’ecologia e alla sostenibilità. Vi parleremo di - Il nostro progetto – ambizioso, ne siamo consapevoli – ha l’obiettivo di condensare e valorizzare nelle sue ventiquattro pagine iniziative, idee innovative e consigli pratici. Sfogliando il nostro periodico – con la possibilità di leggerci comodamente anche in digitale – troverete tante voci autorevoli che ci aiuteranno a comprendere e analizzare, punto per punto, la transizione ecologica in atto. I settori che affronteremo sono molteplici: dalla bioedilizia, con una particolare attenzione al Superbonus, alle energie rinnovabili; dall’agricoltura al clima, passando per l’ambiente, i trasporti e la ricerca. Uno spazio importante lo dedicheremo alle imprese italiane. Vi metteremo al corrente delle azioni più virtuose di tutte quelle realtà che hanno deciso di adottare delle strategie industriali verdi.
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Nasce Stampa Italiana ecò Una nuova voce per l’ambiente
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Allegato mensile della testata
Stampa Italiana Ecò Anno 1 N. 0 / Settembre 2021
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STAMPA ITALIANA
Stampa Italiana Ecò - Anno 1 N. 0 - Settembre 2021 -
STAMPA ITALIANA ecò
Dino Passeri
Gian Luca Comandini
«Sogno un borgo che si autosostenga energeticamente»
«Bitcoin arriverà a impatto zero: è l’ultima criticità»
Andrea Abodi
«Saremo in campo con tutte le opportunità possibili»
Tommaso Ghidini
«Anche le missioni spaziali possono contribuire a salvare la Terra»
Vincenzo Scotti
«La sostenibilità va perseguita con elementi concreti»
Federica Gasbarro
TOCCA A NOI
«Non si fa abbastanza per il Pianeta. Di questo passo finiremo nel baratro»
Noemi De Santis
«La pandemia ha accelerato la sensibilità verso il riciclo»
Sport e SoStenibilità - Stampa Italiana Ecò parlerà anche di sport. Sappiamo che l’accostamento con l’ecologia e l’ambiente, in un primo momento, potrà non risultare immediato. Forse anche un po’ azzardato. Nulla di più lontano dalla realtà. Anche l’Italia sta cercando di effettuare la sua transizione ecologica nel settore. Finanziamenti e progetti sono già pronti in rampa di lancio per rendere gli impianti sportivi più amici dell’ambiente che li ospita. Il tema è di quelli caldi, anche perché occorre recuperare un divario non indifferente rispetto a quelle Nazioni – come Inghilterra e Stati Uniti – che hanno investito una valanga di quattrini con politiche di lungo respiro nello sviluppo sostenibile dello sport. Ora il processo di cambiamento è iniziato anche nel nostro Paese e noi ve lo racconteremo con dovizia di particolari. Fare rete - Non c’è confronto senza conoscenza. Per questo motivo ci piace pensare a Stampa italiana Ecò come alla partenza di un lungo viaggio interattivo dove poter scambiare opinioni e punti di vista. Non un’altra mera rivista sull’eco sostenibilità, ma uno strumento informativo che – nel suo piccolo – sensibilizzi la società a una maggiore educazione ambientale. Una sfida globale – quella della sostenibilità – che si può vincere solo con azioni concrete. E la corretta informazione è una di queste. Andrea Nicosia
Sommario Dino Passeri «Sogno un borgo che si autosostenga energeticamente» di Domenico Cavazzino 6
Gian Luca Comandini «Bitcoin arriverà a impatto zero: è l’ultima criticità» di Lorenzo Scalia
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Andrea Abodi «Saremo in campo con tutte le opportunità possibili» di Lorenzo Scalia
Federica Gasbarro «Non si fa abbastanza per il Pianeta. Di questo passo finiremo nel baratro» di Silvia Gambirasi
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Noemi De Santis «La pandemia ha accelerato la sensibilità verso il riciclo» di Sara Nicelli
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Federico Garcea «Deforestazione? Per combatterla sempre meno tempo» di Lorenzo Scalia
Tommaso Ghidini «Anche le missioni spaziali possono contribuire a salvare la Terra» di Silvia Gambirasi Vincenzo Scotti «La sostenibilità va perseguita con elementi concreti» di Domenico Cavazzino
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Federico Garcea
«Deforestazione? Per combatterla sempre meno tempo»
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STAMPA ITALIANA ecò
«Editoria cartacea: l’importanza dell’ottimizzazione dei processi»
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l problema del rapporto tra editoria e ambiente è un tema che da tempo appassiona anche i più esperti ambientalisti, ma che difficilmente trova una soluzione a favore di una determinata scelta sulla tipologia del prodotto da utilizzare per soddisfare l’esigenza della più efficace protezione dell’ambiente, che dovrebbe stare a cuore ad ogni utilizzatore del prodotto editoriale. Ci riferiamo alla diatriba tra i sostenitori del cartaceo piuttosto che del digitale, ovvero tra coloro che preferiscono il libro o il giornale cartaceo al dispositivo elettronico (Kindle o pc o smartphone) e viceversa. Il problema è notevolmente complesso e non sembra abbia una soluzione univoca o netta, poiché la valutazione circa la diversa incidenza dei processi produttivi, logistici e distributivi necessari rispettivamente alla creazione del prodotto editoriale cartaceo piuttosto che digitale, dovrebbe tener conto di una tale complessità di aspetti mai considerati
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sino ad ora con metodo scientifico ed esaustivo, nonostante alcuni tentativi siano stati fatti. Per meglio comprendere la complessità dell’argomento basti pensare al confronto tra l’incidenza sull’ambiente che hanno, da una parte la produzione degli strumenti necessari alla lettura di e-book (estrazione delle relative risorse, minerarie e non, uso degli imballaggi, logistica, distribuzione ecc...), e dall’altra la produzione di libri cartacei (sfruttamento degli alberi e/o metodi alternativi per ricavarne carta, imballaggi, logistica, distribuzione ecc...). Tale confronto tuttavia incontrerebbe comunque il limite dell’assenza di un’analisi rigorosa che dovrebbe considerare l’intero processo, dall’estrazione dei materiali fino allo smaltimento del prodotto finale. Invero le filiere percorse al fine della creazione dei due prodotti, cartaceo e digitale, sono talmente differenti da renderne davvero arduo il confronto al fine di individuare quale sia la più sostenibile ecologicamente. Pertanto al fine di un consumo più consapevole
ci appassiona maggiormente la tematica dell’ottimizzazione dei processi esistenti, non intendendo assecondare alcuna delle due fazioni in contrapposizione ed essendo disinteressati allo stesso tema della contrapposizione. Ciò che ci interessa ancor prima, comunque, è lo sviluppo e la diffusione di una mentalità che tenga in buon conto delle ricadute sull’ambiente delle varie attività individuate di volta in volta, proprio al fine dell’ottimizzazione dei processi per renderli ecologicamente sostenibili. Sono proprio tali principi, quelli che conducono all’ottimizzazione del processo, che abbiamo voluto adottare nella creazione e nella disseminazione di Stampa Italiana Ecò, ponendo l’attenzione, ad esempio, nella scelta degli elementi primari e nella collaborazione con un partner che è massimamente impegnato nella diffusione di una mentalità ecologica, come Distretti Ecologici Spa. Valentina Flacchi Mario Caprini
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«Un futuro verde all’altezza delle aspettative»
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uesta rivista nasce da una visione, un pensiero condiviso, un percorso comune che ha avvicinato la nostra azienda, Distretti Ecologici Spa, alla splendida realtà di Stampa Italiana. Questo connubio darà vita, a partire da questo numero zero, ad un magazine nuovo e fresco, una voce, ma soprattutto, una visione differente sul mondo del green, dell’ecologia e della sostenibilità. Noi di Distretti Ecologici lavoriamo da tanti anni nel mondo della bioedilizia e della sostenibilità in campo immobiliare e delle costruzioni. Un’esperienza che ci ha condotti inevitabilmente verso le opportunità dell’Ecobonus. Tutta la strada percorsa fino ad oggi ci ha aperto degli scenari verso un mondo a misura d’uomo, verso un mercato adatto alle esigenze del Pianeta e verso un’imprenditoria etica, che non chiude gli occhi di fronte alla realtà ma che si adatta, trova soluzioni, dà risposte ai problemi. Il nostro viaggio all’interno di vari settori del mondo del lavoro ci ha mostrato un futuro all’altezza delle nostre aspettative e ci ha convinti di volerlo raccontare. È solo quando abbiamo incontrato Stampa Italiana, però, che abbiamo trovato la giusta voce per farlo. Ora abbiamo un’idea, un obiettivo e un mezzo per raggiungerlo. Il magazine che state leggendo, in versione cartacea o digitale, vuole raccontare quel mondo, quell’insieme di realtà che costruiscono un
nuovo futuro, senza i paraocchi dell’idealismo, ma con la concretezza del lavoro, delle possibilità, delle migliaia di opportunità che le nuove tecnologie ed i nuovi approcci offrono oggi al mercato. Vogliamo raccontare un cambiamento possibile, un modo di vivere che non strida con la realtà, che rimanga inclusivo e non elitario, né a livello economico né a livello ideologico. Tra queste pagine, quindi, daremo spazio a tutte quelle persone, quelle aziende e quelle realtà che si prodigano e si impegnano in questo senso. Racconteremo tutto ciò che già esiste e tutto ciò che è possibile, daremo la voce ai professionisti, agli addetti ai lavori, daremo voce all’innovazione e alle opportunità. La nostra intenzione
è tutta qui, essere un riferimento per tracciare una strada in un ambito ancora troppo settorializzato. Facciamo tutto ciò perché, di questo futuro, ne siamo convinti. Il futuro è green e lo è per forza di cose. Lo è per l’insostenibilità dei vecchi modelli, perché ormai siamo arrivati al limite estremo e perché un futuro sostenibile funziona meglio, per le imprese, per le persone, per il Pianeta. Il futuro è green perché è giusto così e perché è possibile che lo sia. Noi vogliamo raccontarlo e siamo convinti che è esattamente quello che vorrete leggere. Tutti abbiamo bisogno di credere ancora nel domani, ed il futuro di cui abbiamo bisogno è adesso. Andrea Passeri Distretti Ecologici
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STAMPA ITALIANA ecò
Dino Passeri
«Sogno un borgo che si autosostenga energeticamente»
di Domenico Cavazzino
Il responsabile di Distretti Ecologici Spa spiega i vantaggi del Superbonus e gli sviluppi futuri legati all’efficientamento energetico per le abitazioni
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ggi non è più possibile pensare all’edilizia esclusivamente in maniera tradizionale. È necessario, infatti, guardare alle nuove abitazioni puntando a progetti che mettano al primo posto le nuove tecnologie e l’efficientamento energetico. Così come per le misure che permettono di intervenire su costruzioni già esistenti migliorandone le prestazioni. «Finalmente spiega Dino Passeri, responsabile marketing e relazioni esterne di Distretti Ecologici Spa, azienda specializzata in bioedilizia e nell’efficientamento energetico - il concetto di green sta cambiando. Oggi, nel disastro del Covid, il mondo si sta adeguando a qualcosa che doveva già essere. Tutto quello che si sta facendo col Superbonus è passato come conseguenza della pandemia anche se in realtà si tratta di necessità che esistono da tempo. A partire dai patti di Kyoto fino al recente G20 si è continuato a sottolineare l’importanza di raggiungere determinati obiettivi in termini di efficientamento energetico e abbattimento delle
emissioni». Intervenire in questa direzione è certamente più facile per le nuove costruzioni. In buona parte dell’Europa la bioedilizia ha preso piede da tempo, così come in alcune zone del nord Italia. Inoltre, grazie al Superbonus 110 per cento «si è focalizzata l’attenzione su ciò che si può fare per l’esistente, intervenendo su palazzi vecchi e riportandoli a livelli di efficienza importanti».
«Una misura per ripartire in modo rapido ed efficiente»
SUPERBONUS - Un’iniziativa nata da un lato come sostegno all’economia, allo scopo di far ripartire il comparto edile, e dall’altro per poter raggiungere una serie di obiettivi legati all’efficientamento energetico. Nel dettaglio, lo Stato rimborsa al 110 per cento, tramite credito fiscale, i costi dei lavori su un condominio o un’abitazione singola. Inoltre, poiché non tutti hanno bisogno di questo credito, c’è la possibilità di “rivenderlo” a una serie di soggetti, dalla ditta che ha svolto i lavori fino a una banca o un istituto finanziario. «Un grande vantaggio - spiega Passeri in quanto le aziende che vogliono intervenire
sono tranquillizzate dalla garanzia del credito e questo porta un grande beneficio all’Italia. Sia perché rimette in moto un intero sistema economico, sia perché si migliorano le condizioni di tanti edifici». Nell’ottica di un futuro sostenibile «il Superbonus rappresenta uno strumento che permette di operare in maniera intelligente, rapida ed efficiente». GLI INTERVENTI - La misura si divide in Ecobonus e Sismabonus. Nel primo caso, «gli interventi svolti su abitazioni e condomini sono perlopiù gli stessi, anche se nel condominio si può intervenire anche sulle zone comuni. Ad esempio, in una villa, si interviene sugli elementi che incidono di più sull’efficientamento energetico senza dover distruggere la casa e ricostruirla. Da un intervento sugli infissi, al tetto, fino al fotovoltaico. Oppure il cappotto termico, quel rivestimento che si può fare intorno a una casa o un condominio che permette di migliorare la prestazione energetica impedendo la dispersione del calore. Altri interventi possono riguardare la domotica che aiuta a controllare gli apparecchi della casa gestendo al meglio l’energia, la sostituzione delle caldaie e si possono anche installare le colonnine di ricarica per le macchine elettriche. Inoltre, nei condomini, si può intervenire anche su elementi come la facciata o il tetto». Per quel che concerne il Sisma bonus, si parla di tutte le misure che vanno a migliorare la sicurezza antisismica di un edificio. I tempi di un intervento, una volta raccolta la documentazione necessaria, variano dai quattro ai sei mesi per i condomini, mentre nel caso di un’abitazione possono volercene anche soltanto due. «Distretti Ecologici - sottolinea Passeri - è stata tra le prime aziende a occuparsi di Superbonus e ad aprire i cantieri. Attualmente conta già una quindicina di cantieri aperti con quasi cinquecento unità immobiliari già chiuse e una previsione, per fine 2022, di arrivare intorno alle cinquemila unità». FUTURO - Ormai l’attenzione alle tematiche green e all’ambiente è sempre più diffusa. «Oggi si studiano gli impianti di aerazione insieme al fotovoltaico e alla domotica. Si stanno integrando tutta una serie di tecnologie e idee che prima esistevano soltanto come realtà a se stanti. Tutto questo, inoltre, può
essere applicato anche su larga scala, perché un sistema di gestione dell’energia o delle luci, non è applicabile solo a una casa, ma anche a una comunità energetica, una città o un paese. Il concetto è lo stesso. Non è impossibile, quindi, che un paese diventi autonomo energeticamente. Se tutte le case avessero il fotovoltaico, ad esempio, potrebbero autosostenere se stesse e l’intera città». Per quanto riguarda Distretti Ecologici, invece, «stiamo approfittando di questo periodo per fare tanta ricerca e sviluppo. Partendo dall’Ecobonus stiamo studiando come standardizzare degli interventi cercando le formule più efficienti che possano nel tempo essere portate a più realtà possibili». Infine, conclude Passeri, «uno dei progetti a cui abbiamo sempre pensato è quello di costruire da zero un borgo che rispetti delle caratteristiche estetiche che non si allontanano dalle bellezze italiane, ma che al contempo si autosostenga, producendo energia non solo per le singole case, ma anche per tutta la comunità».
Grazie al Superbonus 110 per cento si possono realizzare una serie di interventi di efficientamento energetico. Nella foto, dei lavori in Largo Pietro Germi a Roma
Una vita per... Dino Passeri è un imprenditore, consulente ed esperto di marketing e comunicazione. Co-fondatore di Slowl.it Srl, società di consulenza e sviluppo per start-up e piccole e medie imprese, e di Personal Branding Formula, unico Hub italiano di contenuti e servizi dedicati al personal branding. Da questo progetto è nato il libro “Personal Branding Formula” di cui è co-autore. È inoltre responsabile
marketing presso Distretti Ecologici Spa azienda specializzata nella bioedilizia, efficientamento energetico ed energie rinnovabili che nell’ultimo anno ha focalizzato il suo business sulle opportunità legate al Superbonus 110 per cento per i condomini, portando la società ad affermarsi tra le uniche aziende d’Italia ad essere specializzate negli interventi sui Grandi Condomini (anche superiori alle cinquecento unità).
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STAMPA ITALIANA ecò
Andrea Abodi «Saremo in campo con tutte le opportunità possibili» di Lorenzo Scalia
Il presidente del Credito Sportivo traccia la strada per un futuro più green. L’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa ma siamo ancora in tempo per recuperare il gap
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ostenibilità ambientale e sport: una partita da giocare. In corsa. E sotto di un gol. Perché c’è un gap da colmare tra l’Italia e il resto d’Europa quando si mette il focus sugli impianti e più in generale gli stadi delle piccole e grandi città. Dal Tardini di Parma fino al Veneziani di Monopoli. Da San Siro fino al Massimino di Catania. Perché la sabbia nella clessidra scappa via veloce. Secondo dopo secondo. «Dobbiamo imprimere una svolta. Ma è necessario un impegno costante, sistemico e sistematico, assistito da un progetto nel quale si sentano coinvolti tutti i portatori d’interesse», spiega Andrea Abodi, presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo. Una banca pubblica che si definisce “sociale per lo sviluppo sostenibile dello sport e della cultura”. Che sotto la gestione Abodi ha messo il concetto ambientale al centro della sua mission. «E’ uno dei temi qualificanti, direi inevitabile». Di più. «Non è una questione di etichetta, di comunicazione o di marketing, ma di consapevolezza e di convinzione dell’importanza delle tematiche ambientali anche nelle infrastrutture sportive e culturali, e al tempo stesso del ruolo e dei doveri di uno strumento pubblico come il nostro, che deve
necessariamente essere in sintonia con l’agenda della Nazione». STRUTTURE - In Inghilterra il Tottenham è stato nominato il club più green della Premier. A Londra sfruttano il cento per cento di energia rinnovabile a zero emissioni con tecnologie specifiche per alimentare il centro d’allenamento. Nel New White Hart Lane, inoltre, hanno installato un sistema capace di efficientare l’uso dell’energia necessaria per l’illuminazione risparmiando sui consumi nei periodi di bassa attività. Scendendo di categorie c’è l’esempio del Forest Green Rovers: un nome, un programma. In cantiere hanno un piccolo stadio (cinquemila posti) che si chiamerà Eco Park: il progetto porta la prestigiosa firma di Zaha Hadid. In Italia si fa ancora poco, troppo poco. Anche l’Allianz Stadium (Juventus) o la Dacia Arena (Udinese), strutture più o meno recenti, non reggono il confronto. «Se parliamo di impianti realizzati con modalità e materiali ecosostenibili, che producono e consumano energia da fonti rinnovabili, magari con un saldo attivo, che limitano il consumo dell’acqua e la recuperano, che raccolgono i rifiuti in modo differenziato
e, magari, li smaltiscono sul posto, beh impianti così, con questo modello integrato, in Italia non ce ne sono, ma basta andare in giro per l’Europa per vederne in quantità industriale, di tutte le dimensioni. Questo è un dato che dovrebbe farci riflettere, per dimostrare concretamente di aver compreso la lezione che ci stanno impartendo gli altri che hanno capito da tempo l’inevitabile necessità e l’oggettiva convenienza della sostenibilità, ambientale e non solo, anche nello sport. Di sicuro, il Credito Sportivo svolgerà un ruolo sempre più attivo e propositivo per mettere nelle migliori condizioni i titolari e i gestori di impianti pubblici e privati di comprendere il senso civico e l’utilità economica della ecosostenibilità». FUTURO - Abodi, quindi, traccia la strada: «La qualità ambientale degli impianti e delle infrastrutture che finanzieremo, da qui al 2030, rappresenterà una priorità quotidiana per il Credito Sportivo e per i suoi clienti, che saranno messi nelle migliori condizioni per comprenderne la necessità e l’utilità, anche attraverso una serie di incentivi finanziari che già abbiamo messo a disposizione di soggetti pubblici e privati». Non solo. «Mai come in questo momento, e su vari fronti, siamo artefici del nostro destino. Serve una strategia decennale di settore, con effetti quotidiani, insieme alle altre istituzioni sportive e di governo, sostenendo l’elaborazione dei progetti, promuovendo iniziative e misure, concentrando gli sforzi, coordinando gli strumenti, pianificando gli in-
terventi, valutando e comunicando gli impatti. Sarà necessario semplificare anche le procedure, pur mantenendo alto il controllo per evitare comportamenti non conformi alle norme, per evitare che anche la burocrazia diventi un limite, a volte un alibi». INCENTIVI - Il Superbonus 110 per cento, come ha confermato l’Agenzia delle Entrate, non è previsto per gli impianti sportivi. O meglio: è usufruibile solamente nella zona degli spogliatoi. Abodi chiede che la norma venga corretta e ampliata: «Mi auguro che tutti gli incentivi fiscali vengano utilizzati in modo intensivo e, a questo proposito, credo sia opportuno estendere il Superbonus 110 per cento all’intero impianto sportivo e non solo agli spogliatoi, dove si concentra una percentuale minima delle inefficienze energetiche. Il Credito Sportivo sarà in campo con tutto il portafoglio delle opportunità: dalle misure incentivate a disposizione degli enti locali e territoriali - Sport Energia Comune - e dei privati, all’advisory per lo sviluppo dei progetti e del partenariato pubblico-privato, alla nuova misura per la gestione dei crediti fiscali. In senso generale, sui temi in questione le prospettive per il futuro e il senso dell’urgenza le hanno tracciate l’Enciclica “Laudato Si” e quella che considero, con il dovuto rispetto, l’enciclica laica, l‘Agenda 2030 dell’Onu. Due riferimenti che indicano la strada, molto di più di una semplice bussola. Adesso tocca a noi». Insomma, il Credito Sportivo c’è. Ma non va lasciato solo a combattere per il rilancio del cantiere Italia.
In Inghilterra il Forest Green Rovers sta per costruire uno stadio futuristico da cinquemila posti che si chiamerà Eco Park: il progetto è firmato dall’architetto Zaha Hadid
«Il Superbonus va esteso all’intero impianto»
Una vita per... Andrea Abodi è un manager italiano che ha iniziato la carriera, dopo la laurea alla Luiss in Economia, da direttore marketing in Italia della multinazionale americana McCormack Group. Correva l’anno 1987. Successivamente ha ricoperto cariche prestigiose in Img Media, Media Partners Group, Coni Servizi Spa, Astral Spa e Arcea Spa. Lo sport, sotto diverse sfaccettature, copre gran parte del suo curriculum. Dopo aver guidato con successo la fase finale dei Mondiali di baseball, ha coordinato come direttore marketing le attività utili alla Candidatura Olimpica e Paralimpica di Roma per i Giochi del 2004 e del 2020. Per sette anni è stato presidente e consigliere federale della Lega Nazionale Professionisti Serie B. Attualmente ricopre il ruolo di presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo.
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STAMPA ITALIANA ecò di Silvia Gambirasi
Secondo lo scienziato, tra i massimi dirigenti dell’Esa, non esiste prospettiva migliore di quella cosmica per monitorare lo stato di salute del nostro Pianeta
M Tommaso Ghidini «Anche le missioni spaziali possono contribuire a salvare la Terra» 10
entre sulla Terra si dibatte di cambiamenti climatici e sostenibilità ambientale, procede spedita nel mondo la corsa alla conquista dello spazio. Il cosmo non è più l’inaccessibile frontiera che ha ispirato libri e film di fantascienza, ma una realtà, per ora appannaggio di un pugno di astronauti miliardari, che in futuro potrebbe essere alla portata di tutti e rivelarsi persino preziosa per la salvaguardia del Pianeta. Ma come? Ce lo spiega l’ingegner Tommaso Ghidini, capo della divisione di strutture, meccanismi e materiali dell’Agenzia Spaziale Europea, tra i protagonisti del recente GeckoFest, il festival dedicato ai temi del cambiamento climatico, appena svoltosi nel borgo perugino di Marsciano: «Le missioni spaziali sono cruciali per la salvaguardia ambientale - spiega-. Viviamo cambiamenti di portata globale e c’è un solo modo per coglierli appieno: esaminarli da quell’osservatorio privilegiato che è lo spazio. Le missioni satellitari ci consentono di auscultare il battito del Pianeta, monitorarne i parametri vitali, misurare la qualità dell’aria, identificando i gas inquinanti, quindi direttamente nocivi, e quelli come la CO2, il metano o l’ossido di azoto che portano a conseguenze secondarie, ma sempre insidiose quali l’effetto serra. Dati incontrovertibili da fornire ai capi di governo per intervenire sui mutamenti climatici». COSMO PULITO - Eppure, da quando, sessant’anni fa, è iniziata la conquista dello spazio, anche quest’ultimo, come la Terra, si avvia a diventare una discarica di detriti: «A questo proposito - aggiunge l’ingegnere - sono orgoglioso di un programma dell’Esa, il Clean space, che ha l’obiettivo, tra gli altri, di ripulire lo spazio dai detriti spaziali e di occuparsi delle impronte che lasciamo sulla Terra, mentre tentiamo di raggiungere le stelle. Alcuni dei materiali o dei processi produttivi coi quali realiz-
ziamo satelliti e razzi sono cancerogeni o hanno un alto impatto ambientale, con produzione di CO2 durante la lavorazione. La sfida è sviluppare alternative verdi che abbiano le stesse prestazioni dei gemelli inquinanti».
di andata e ritorno da Marte. Il robot Perseverance della Nasa è atterrato a febbraio sul suolo marziano per raccogliere campioni di rocce, minerali, sabbia e accumularli in contenitori di acciaio che lascerà cadere durante il suo cammino. Un secondo robot, dell’Esa, ripercorrerà le orme del predecessore e collezionerà il suo lascito di contenitori. Li riporrà in una palla da football americano che poi depositerà nell’ogiva di un razzo già assemblato sul suolo marziano per lanciarla in orbita attorno al pianeta. Qui un satellite la afferrerà “al volo” e la riporterà sulla Terra usando propulsori elettrici». Un vero miracolo, non c’è che dire, ma sempre con un occhio all’ecosostenibilità: «Trovo virtuoso e lungimirante - conclude lo scienziato - che queste missioni siano regolamentate dal nostro ufficio Planetary Protection, destinato a garantire che qualunque sonda o rover planerà sulla superficie marziana o di qualsiasi altro pianeta che visiteremo non ne contamini l’ecosistema».
«Missione su Marte... Con andata e ritorno»
TURISMO ORBITANTE Non solo le missioni delle agenzie internazionali, anche il turismo spaziale, di cui si è fatto un gran parlare dopo le recenti incursioni spaziali dei tycoon Elon Musk e Jeff Bezos, rischia di avere un impatto negativo sull’ambiente, per via dell’enorme quantità di propellente utilizzato. C’è da correre già ai ripari? «Per ora il numero di voli nello spazio, anche considerando quelli turistici, non è tale da destare preoccupazione - spiega Ghidini -, ma ricordo che, sempre tra gli obiettivi di Clean space, c’é lo sviluppo di propellenti “puliti”. Va detto che alcuni di quelli utilizzati, per esempio da Musk, lo sono già. Razzi a idrogeno e ossigeno liquidi sono puliti, producono acqua; in più continuiamo a lavorare sui propellenti chimici più pericolosi per trovare sostituti “verdi”». Sta di fatto che il numero degli aspiranti astronauti è in aumento, sempre che l’Esa sia pronta ad accogliere le domande: «Prontissima! Per noi la crescita degli aspiranti astronauti che vogliono diventare esploratori con l’Esa è motivo di grande soddisfazione. A testimonianza di quanto volare nello spazio sia l’obiettivo di moltissimi concittadini, ecco le cifre prodotte dalla nostra ultima selezione di astronauti Esa: ventiduemila domande, un record, se confrontato con le ottomila del 2008. In più, per la prima volta nella storia della navigazione spaziale, voleremo con un astronauta disabile, perché lo spazio deve diventare davvero di tutti». PIANETA ROSSO - Intanto è corsa alla conquista del Pianeta Rosso, una sfida affascinante che vede L’Esa in pole position: «Con Mars Sample Return stiamo realizzando la prima missione
In alto, da sinistra, un satellite orbitante, un’immagine di Marte, il pianeta rosso, e un panorama di Spina, Borgo Castello di Marsciano (Perugia) che ha appena ospitato la terza edizione del Geckofest, rassegna dedicata ad ambiente e cambiamenti climatici. Tema conduttore, la Terra come casa dell’uomo, scrigno di risorse da gestire con saggezza. Una non stop di talk, spettacoli e dibattiti per riflettere sul nostro rapporto con il Pianeta, che ha visto la partecipazione di personalità del calibro dello scienziato Tommaso Ghidini, del giornalista Beppe Severgnini e di Stanislao de Marsanich, Presidente dei Parchi Letterari Italiani
Una vita per... Tommaso Ghidini, emiliano di Fidenza, classe 1974, è capo della divisione di strutture, meccanismi e materiali dell’Agenzia Spaziale Europea, divisione che, con laboratori e centri di calcolo di livello mondiale, garantisce l’integrità strutturale dell’intera gamma di programmi e missioni spaziali dell’Esa. Dopo il dottorato di ricerca conseguito in Germania e prima di raggiungere l’Esa, ha lavorato in Airbus, sui maggiori programmi civili e militari dell’industria aeronautica europea. Portavoce ufficiale dell’Esa, è attivo nella divulgazione scientifica e tiene speech in tutto il mondo. Collabora pure col dipartimento di meccanica del Politecnico di Milano e, parallelamente alle attività istituzionali, coltiva la grande passione per il volo.
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STAMPA ITALIANA ecò
Vincenzo Scotti «La sostenibilità va perseguita con elementi concreti» di Domenico Cavazzino
L’amministratore delegato di For Green Spa SB sottolinea l’importanza per le aziende di un percorso sostenibile che porti a modelli di business etici, sociali e di contribuzione
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a strada verso una piena sostenibilità energetica non è più solo un’idea, ma un percorso che sempre più aziende intraprendono ogni giorno. In molti casi, unendo le forze per un futuro più green. Questa è la strada intrapresa da ForGreen, società nata a Verona nel 2009, che da più di venti anni opera nel campo dell’energia sostenibile. Un percorso che, dieci anni dopo, l’ha portata a diventare Società Benefit. Questo, ci spiega l’amministratore delegato di ForGreen Spa SB, Vincenzo Scotti, «vuol dire perseguire una o più finalità di beneficio comune e operare in modo responsabile. Ed è anche la connotazione dell’articolo 3.1 dello statuto della società. Questo poi si manifesta nel fatto che la logica del profitto viene coordinata ad una cultura che è in grado di generare ricadute positive sulla comunità operando in maniera responsabile».
tualmente, ce ne sono sei che coprono tutto il territorio nazionale e, il 9 settembre, è stato festeggiato il decennale dalla nascita della prima comunità. Si tratta, spiega Scotti, di «un nuovo modo di fare impresa. Quello che vediamo nelle comunità energetiche è anche la massima espressione del nostro essere società benefit perché attraverso questo modello riusciamo a fare impresa generando benefici diffusi e bene comune. La comunità energetica è ad oggi la possibilità dal nostro punto di vista di avere una modalità partecipativa al settore dell’autoproduzione e dell’autoconsumo collettivo. Quindi servono sicuramente una progettualità ampia da un punto di vista etico, economico, finanziario, ma quello che riteniamo fondamentale è l’elemento gestionale. Una comunità energetica è assimilabile a una società che per generare benefici utili, deve essere anche in grado di avere al suo interno quegli elementi di competenza tecnica e gestionale per far sì che il modello sia sostenibile anche economicamente». Le comunità di ForGreen si divido-
«Le comunità energetiche sono un nuovo modo di fare impresa»
COMUNITÀ ENERGETICHE - Questo modus operandi si traduce alla perfezione col modello delle comunità energetiche. At-
no tra cooperative energetiche, dedicate a individui e comunità energetiche per aziende che hanno una connotazione giuridica più vicina alla società di capitali. In totale comprendono circa tremila aderenti tra persone fisiche e aziende. LE CERTIFICAZIONI - Il plus fornito da ForGreen agli aderenti alle comunità energetiche è dato dalle certificazioni rilasciate che, sottolinea Scotti, rappresentano «il primo passo per far sì che l’azienda a cui forniamo energia possa spendersi questo valore in termini di sostenibilità». Esistono diversi livelli di certificazione. «In primis quello di fornire il dato dei chilowattora consumati attraverso le certificazioni del sistema italiano. In secondo luogo andare a computare l’impatto che ha questa fornitura di energia verde legato alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. In terzo luogo abbiamo inserito anche una certificazione a livello europeo con l’adesione, dal 2016, al meccanismo e alla piattaforma di Ekoenergy. Si tratta di una Ong finlandese che ormai è uno standard a livello europeo. Attraverso i loro sistemi di certificazione garantiscono ulteriormente alle aziende che utilizzano l’energia di ForGreen, che questa energia ha determinati criteri e che la nostra non è una certificazione autoreferenziale. Inoltre Ekoenergy attraverso i sistemi di certificazione ricava dei contributi sugli iscritti alla piattaforma, con i quali alimenta un fondo per il clima e uno per l’ambiente. Attraverso questi fondi si occupa di sviluppo di progetti, anche di elettrificazione, in Paesi in via di sviluppo». E, aggiunge, «all’azienda ol-
Una vita per... Inizia la carriera nel 1991 nel settore informatico e gestionale Ict, per passare alle telecomunicazioni. Nel 2002 intraprende il percorso nel settore energetico e ambientale nell’azienda Multiutility Spa, dove ricopre diversi ruoli nella direzione commerciale e nello sviluppo di progetti di marketing ambientale. Dal 2012 al 2014 è Ad della società quando entra nel Gruppo Dolomiti Energia. Dopo una breve esperienza del 2015 come Ad di Europe Energy Gas & Power Spa , arriva in ForGreen Spa SB come amministratore delegato e direttore dell’area Mercati, per impostare, gestire e promuovere lo sviluppo dei modelli di comunità energetiche e delle attività attraverso l’evoluzione della transizione energetica dell’operatore, dei modelli e dei prosumer. Contestualmente ricopre gli incarichi di presidente delle cooperative WeForGreen Sharing, Energyland e Ad di EGreen Chain Srl.
tre al computo mensile dell’impatto benefico derivante dalla partecipazione a una comunità energetica, ogni anno emettiamo un certificato di attestazione della riduzione di questo impatto in termini di CO2 e sull’essere sostenibile. Questo viene accompagnato dall’utilizzo di un logo che serve poi per spendersi a sua volta i criteri di sostenibilità». FUTURO SOSTENIBILE - Insomma, sembra che ormai sempre più aziende, da qui in avanti, sceglieranno la strada della sostenibilità. «Con una distinzione - precisa Scotti -. La sostenibilità va tramutata e dimostrata in maniera ed elementi concreti. La concretezza sta nel rendere fruibili i dati che testimoniano l’essere sostenibile di un’azienda, perché la sostenibilità non è un obiettivo fine a se stesso. È un percorso di miglioramento e di coerenza continua nelle azioni e nei modelli di business». Per questo, guardando al futuro, è sempre più importante puntare sulle energie rinnovabili. «È fondamentale sia rispetto al contributo che questa produzione e questo consumo possono dare al miglioramento dei cambiamenti climatici che in termini di transizione ecologica. Quindi nel breve periodo bisogna realizzare modelli per aziende e persone che facciano rendere conto dei vantaggi, non soltanto economici, ma anche da un punto di vista di impatto molto più ampio: territoriale, sociale, ambientale. Perché queste ulteriori leve, oltre quelle economiche, sono quelle che consentono poi di ampliare la visione affinché non siano soluzioni solo di breve, ma anche di medio e lungo periodo. Così da vedere la sostenibilità come il business del futuro, ma pensandoci anche in maniera etica, sociale e di contribuzione». Qualcosa, quindi, da non fare solo per se stessi, ma anche a favore dell’ambiente in cui viviamo.
I loghi delle certificazioni energetiche rilasciate da ForGreen ed Ekoenergy
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STAMPA ITALIANA ecò
Gian Luca Comandini «Bitcoin arriverà a impatto zero: è l’ultima criticità» di Lorenzo Scalia
Il professore spiega la situazione attuale e i risvolti futuri legati alla regina delle criptovalute. Tra vulcani, criceti e l’asse che va dalla Cina all’America
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e Bitcoin fosse un romanzo, allora sarebbe un giallo. Ogni criptovaluta lo è, almeno fino a un attimo prima di fare previsioni sul futuro, perché poi tutto prende forma e restano solo candele più o meno alte. È un giallo che sorprende – tra cinguettii, rumors e pump – con un meccanismo che funziona come un orologio impazzito, caratterizzato dalla smania di fare refresh per vedere a fine giornata cosa succede, a quanto arriva la quotazione. Sopra o sotto i cinquantamila dollari? Il bello è che non esistono confini, almeno sulla carta.
valute in Italia. Più nel dettaglio: «Tanti computer di tante persone devono risolvere dei puzzle matematici. Che hanno bisogno di corrente. Mano a mano che i puzzle vengono risolti, la rete ha sempre più bisogno di energia per la volta successiva. Quindi ci vuole sempre più energia elettrica per poter sostenere il meccanismo». Ma le cose stanno cambiando. Pure velocemente. «Sono convinto che si arriverà a tendere all’impatto zero. La vera sfida della community Bitcoin è trovare il modo per far funzionare tutto senza inquinare. È l’ultima criticità importante che è ancora rimasta in piedi».
COME L’ARGENTINA - Dietro Bitcon, però, c’è un altro mondo. Poco conosciuto. Un sistema che impatta pesantemente sull’ambiente. Si stima, infatti, che la rete Bitcoin consumi la stessa quantità di energia dell’Argentina. «Per farla funzionare, infatti, serve un’enorme potenza computazionale», spiega Gian Luca Comandini, professore universitario e massimo esperto di blockchain e cripto-
IL REPORT - Lo scorso luglio è diventato di dominio pubblico il primo report del Bitcoin Mining Council, dove si legge che oltre il cinquanta per cento dell’energia elettrica consumata in Nord America per minare Bitcoin deriva da fonti rinnovabili. «Non a caso il prezzo è schizzato dopo la diffusione del report – continua Comandini –. Elon Musk, inoltre, è tornato indietro sui suoi passi in di-
«Presto la soluzione: le migliori menti al lavoro»
retta mondiale dicendo che potrebbe riaccettare Bitcoin per comprare Tesla. Anche Jack Dorsey, l’inventore di Twitter, ha confermato che Bitcoin sarà la moneta del futuro. Una moneta ecosostenibile». In Cina, dall’altro lato, la corsa all’oro digitale sta per esaurirsi per i divieti che arrivano da Pechino. «Tantissime centrali a carbone vengono abbandonate o stanno chiudendo proprio perché il mining si sta spostando verso altri tipi di energia, più ecofriendly. Bitcoin impattava troppo sull’ambiente perché le centrali della Cina venivano riaccese dopo anni di inutilizzo solamente per minare». EL SALVADOR - La prima nazione al mondo a introdurre Bitcoin come moneta legale è stata El Salvador. Accanto al dollaro, dunque, la regina delle criptovalute. Laggiù, nel piccolo Paese tra il Guatemala e l’Honduras, ritengono di poter sfruttare i vulcani per dare benzina verde alla rete Bitcoin. «Sì, è fattibile. Perché, in realtà, ovunque ci sia possibilità di generare energia, c’è possibilità di far funzionare la rete Bitcoin e quindi creare potenza computazionale. Va bene tutto: il sole, il vulcano o il vento. Anche un criceto che muove la ruota può essere utilizzato per minare. Ricordo il caso limite di un matematico, qualche anno fa, che ha provato a minare Bitcoin risolvendo puzzle matematici con una matita e un foglio. A mano. È uno sforzo al limite dell’impossibile. Lui comunque ci è riuscito». FIDUCIA - È chiaro che i vulcani e la loro potenza non li compri al supermercato. Per abbassare i consumi serve un sistema unico, sicuro, affidabile. Su scala mondiale. «Tra i vari geni del
Una vita per... Gian Luca Comandini è un imprenditore, divulgatore tecnologico e professore universitario italiano classe 1990. Nel 2019 Forbes l’ha inserito nella celebre lista degli Under 30 che cambieranno il futuro. Lavora anche per la Rai, sia in radio che in tv. In giovane età ha fondato delle società di consulenza ed è membro della task force governativa che ha il compito di delineare la strategia nazionale in ambito blockchain. Le criptovalute sono l’altro grande interesse di Comandini: questa passione l’ha spinto a diventare editore di Cointelegraph Italy, uno dei portali di informazione più autorevoli del settore. È proprietario di una squadra di calcio che milita in Seconda Categoria, a Roma: si chiama Vesta. Si tratta del primo club italiano e il secondo al mondo a inserire sulla maglia il logo Bitcoin.
mondo che si stanno mettendo in gioco arriverà prima o poi una soluzione. Ne sono convinto. Quello che è certo, a differenza di altri sistemi tradizionali come la carne che mangiamo o le automobili che guidiamo, sistemi che consumano molto più di Bitcoin, è che nessuno sta facendo nulla per migliorare, nonostante le soluzioni siano a portata di mano. Invece la community blockchain e la community Bitcoin stanno lavorando senza sosta per risolvere la situazione. Sono mosse anche da valori etici che in altri sistemi non ci sono. Ogni giorno, quindi, andrà sempre meglio». BLOCKCHAIN - L’altra parolina magica è blockchain. La Treccani la identifica così: «Tecnologia basata su una catena di blocchi che registrano e gestiscono le operazioni contabili accessibili solo agli utenti di ciascun nodo, per assicurarne la tracciabilità». Comandini conferma che attraverso la blockchain si risolveranno i grandi e i piccoli problemi, anche in relazione alla sostenibilità ambientale: «Agli inizi, infatti, la blockchain è stata accostata all’economia circolare. È molto portata alla sostenibilità, non solo energetica. Quindi io penso che in futuro, se il mondo raggiungerà un livello accettabile di sostenibilità, sarà anche e soprattutto grazie alla tecnologia emergente della blockchain. Ma poi c’è bisogno anche di tanto altro, non basta la blockchain. Penso all’intelligenza artificiale, così come ai valori umani che ormai purtroppo non ci stanno più insegnando a scuola. Tutte queste cose insieme faranno la differenza». Traduzione: stiamo vivendo un’altra rivoluzione. Perché la macchina non va da nessuna parte senza l’uomo e i suoi valori. E viceversa.
El Salvador è una nazione del Centro America affacciata sull’Oceano Pacifico: nonostante le piccole dimensioni ha venticinque vulcani sul suo territorio
Bitcoin è nato nel 2009: il valore è determinato unicamente dalla leva domanda e offerta. Da pochi centesimi è passato alla quotazione record di circa 65 mila dollari
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STAMPA ITALIANA ecò
Federica Gasbarro «Non si fa abbastanza per il Pianeta. Di questo passo finiremo nel baratro» di Silvia Gambirasi
La green influencer, alter ego nostrano di Greta Thunberg, lancia l’allarme sui cambiamenti climatici e invoca un’alleanza planetaria come quella contro il Coronavirus, per porvi un freno 16
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iovani e tutela dell’ambiente, un binomio che due anni fa ha trovato il suo simbolo planetario in Greta Thunberg, la ragazzina svedese che ha sollecitato i grandi della Terra a prendere coscienza dei cambiamenti climatici e a darsi da fare per preservare il Pianeta per le generazioni future. Innocente, tenace, battagliera, ha fatto da apripista per milioni di ecologisti in erba, come la nostra Federica Gasbarro, studentessa in Scienze biologiche, nonché green influencer con migliaia di follower al seguito. Una ragazza come tante che, a un certo punto della sua vita, ha deciso di spendersi in prima persona per porre un argine alla distruzione del Pianeta. Tutta colpa di Thunberg? «Non solo - racconta lei -, un po’ prima che Greta balzasse agli onori delle cronache, già seguivo workshop e conferenze sull’ambiente alla mia università, insomma avevo percepito l’assoluta gravità della situazione climatica. Di lì a poco, ho scoperto l’iniziativa ambientalista Friday for Future Italia, il movimento di studenti pronti a scendere in piazza contro il riscaldamento globale, e ho detto: ragazzi sono dei vostri». Da allora, per lei, due libri, varie
ospitate in tv e il lusinghiero inserimento tra “I 100 giovani italiani leader del futuro 2021” da parte di Forbes Italia. Eppure, nonostante questi traguardi, continuano a chiamarla la “Greta italiana”. «All’inizio la cosa mi lasciava perplessa – confessa lei – dicevo: ok Greta, ma io sono Federica. Poi ho capito che era un onore e ora questa cosa mi inorgoglisce. In fondo io, lei e tutti gli altri studenti che scendono in piazza per l’ambiente, stiamo solo cercando di fare la differenza». AMBIZIONI - Un’opportunità per fare la differenza sarà offerta ai giovani dallo Youth4Climate, congresso che dal 28 al 30 settembre riunirà a Milano quattrocento ragazzi chiamati a elaborare proposte concrete sulla questione climatica. Questi elaborati verranno presentati sia alla Pre-COP 26 (Conferenza delle Parti sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite), in programma sempre a Milano dal 30 settembre al 2 ottobre, che alla vera e propria COP26 di Glasgow prevista dall’1 al 12 novembre. A rappresentare l’Italia allo Youth4Climate ci sarà proprio Federica, con l’altro giovane am-
bientalista nostrano Daniele Guadagnolo. «Ce la metteremo tutta per far valere con ambizione e audacia le nostre ragioni – promette Gasbarro – e spero che il documento che produrremo sia preso in considerazione dai potenti, al di là dei dubbi e delle riserve che lo accompagneranno e che saranno per noi una spinta a fare meglio». PROSPETTIVE - Buoni propositi a parte, a che punto siamo sui cambiamenti climatici e dove stiamo andando? La green influencer, su questo, non le manda a dire: «Siamo a un punto critico, stiamo andando verso il baratro e pure di corsa. Pensate alle emissioni zero: nonostante le misure intraprese, continuiamo a inquinare agli stessi ritmi di prima. Evidentemente i provvedimenti non sono adeguati alla gravità della situazione: è come voler curare con un antinfiammatorio qualcuno che necessita di un’operazione». Ma allora, il boom delle auto elettriche? «Per carità, sono un passo avanti rispetto a quelle a benzina perché non emettono CO2, ma l’energia di ricarica da dove viene? Dalle fonti fossili, che a loro volta inquinano? Non certo dall’eolico o da altre forme di energia sostenibile. Vogliamo parlare della batteria? Anche sorvolando sui materiali coi quali è assemblata, come si smaltisce? Sia chiaro, non sono contro l’elettrico, ma ho la sensazione che il mondo non abbia capito che fin quando non rendiamo pulito ogni step della filiera e non finanziamo la ricerca per produrre cose in modo sostenibile, stiamo messi male». Non solo siamo in ritardo sui provvedimenti per l’ecosostenibilità, ma sembra che l’umanità non abbia tratto alcuna lezione dalla pandemia da Coronavirus. «Proprio così – spiega Federica –. Col primo lockdown mi ero illusa che il mondo sarebbe diventato più buono, ma poi, uscendo di casa e guardando mascherine e guanti gettati a terra, ho capito che non era cambiato niente».
INVESTIMENTI - Una cosa è certa, per tutelare l’ambiente ci vogliono investimenti: quale migliore occasione del Recovery Fund europeo, in cospicua quota destinato al Belpaese? «Se sfruttato bene, sarebbe una manna dal cielo – assicura –. Investire fondi nella transizione ecologica è fondamentale, a condizione che smetta di essere un concetto astratto e diventi concreta, venga “messa a terra”. Magari incentivando le piste ciclabili o altre iniziative, forse banali ma efficaci. Ma il punto è: lo vogliamo davvero politicamente? Su questo ho qualche dubbio...».
Federica Gasbarro posa con Greta Thunberg, la giovane ambientalista svedese che ha dato il là a Fridays for Future, il movimento di protesta studentesco contro i cambiamenti climatici
«Elettrico sì, ma poi come smaltiamo le batterie?»
SPERANZE - In attesa che i potenti si diano una mossa, sta ai singoli agire: «Se le persone non avessero gettato plastica ovunque, la Terra non sarebbe la discarica che è. Il potere del singolo è enorme. Mi scrivono studenti fuori sede che si pongono il problema di quale mezzo di trasporto per tornare a casa inquina meno. Pur stando con i piedi per terra, perché la vita mi ha insegnato che ha sempre l’ultima parola, io non smetto di sperare. Ho fatto dell’ambiente e della natura la mia missione di vita e mi auguro che a COP26 si prenda una decisione unanime. Per combattere il Covid è stato fatto uno sforzo planetario, e allora perché non trovare la stessa unità di intenti per salvaguardare il meraviglioso Pianeta che ci ha dato la vita?».
Sopra, Federica Gasbarro sorride all’Onu a New York, dove è stata invitata assieme ad altri quattrocento giovani scesi in campo per l’ambiente: «Lo meritiamo in quanto ragazzi, in quanto volto di una generazione che si vuole ribellare e che sta davvero lottando per questo cambiamento»
Una vita per... Attivista per il clima, scrittrice, iscritta a Scienze biologiche: è così che si racconta alle migliaia di follower che la seguono sui social network Federica Gasbarro, studentessa romana di origini abruzzesi e green influencer, classe 1995. In procinto di ultimare la tesi di laurea presso l’università capitolina di Tor Vergata, Federica ha iniziato a occuparsi di tematiche ecologiche contestualmente alla giovane attivista svedese Greta Thunberg, alla quale viene
spesso associata. Sintomatico il titolo dei libri che ha trovato il tempo di scrivere tra un esame e una manifestazione: Diario di una Striker e Io e Greta dalle piazze all’Onu. Amante dei viaggi e delle emozioni forti, Federica si divide fra laboratori di biologia, pubblicazioni, manifestazioni per il clima, congressi e apparizioni televisive, tutto finalizzato a promuovere la lotta ai cambiamenti climatici, che è diventata la sua ragione di vita.
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STAMPA ITALIANA ecò
Noemi De Santis «La pandemia ha accelerato la sensibilità verso il riciclo» di Sara Nicelli
La founder di Junker analizza come stanno cambiando le dinamiche di un settore complesso: i vecchi paradigmi si scontrano di fronte alla digitalizzazione
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nni fa c’erano poche regole e come va va. Sveglia posposta, occhi richiusi. «Se la vede la prossima generazione», avrà detto qualcuno che conta. Eppure ci sono incontri strambi e baciati dal destino, succede quando il tempo dà un appuntamento preciso a due eventi, diametralmente opposti, che devono per forza di cose convivere: il lockdown e il ciclo della spazzatura. «La pandemia ci ha dato un’accelerata pazzesca. Si può parlare di un’esplosione delle coscienze nei confronti dei rifiuti e del riciclo. La digitalizzazione e le banche dati, poi, hanno velocizzato i processi», spiega Noemi De Santis, founder di Junker, l’app più scaricata e utilizzata in Italia che aiuta i cittadini a fare la raccolta differenziata.
«Il processo è in corso e già si vedono i risultati»
DOPPIA SPINTA - La differenza l’hanno fatta in primis i cittadini, giovani e meno giovani. Se fuori dalla mura domestiche si viveva la corsa al lievito per impastare la pizza, dentro casa una delle attività principali consisteva
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nel mettere a posto armadi e cantine, trovando vecchi giochi, articoli sportivi in disuso e vestiti vintage. «E’ stato divertente vedere aumentare le ricerche di alcune parole chiave. Questo ha portato a una maggiore presa di coscienza di quanti rifiuti facciamo, di quanto è importante e oneroso andarli a smaltire. Anche perché non si poteva andare da nessuna parte durante le chiusure. Insomma, il lockdown ha sensibilizzato ancora di più sull’argomento». L’altra spinta, molto forte, è arrivata dall’alto. «Arera, infatti, ha cominciato a produrre una normativa molto stringente a favore della trasparenza e della tracciabilità. E anche del coinvolgimento degli utenti, attraverso la raccolta dei pareri dei cittadini. Se capiscono perché devono fare la raccolta differenziata, se aderiscono, se il servizio è di loro gradimento e tanto altro. Queste direttive hanno creato un pandemonio. Potete immaginare il sovraccarico di lavoro per chi gestiva i rifiuti…». Per De Santis la raccolta porta a porta (Pap), comunque, resta la via maestra. «E’ un sistema che garantisce un flusso puli-
to. L’unico modo per separare i rifiuti è ancora il cervello umano, magari aiutato da Junker. ll Pap fatto bene è quello con il sacchetto tracciato. Può risultare complesso all’inizio, ma è anche quello che rimette in circolo i soldi e quindi l’intera filiera funziona».
fiducia è altissima. «Perché siamo all’inizio di una nuova era. Noi siamo già campioni di raccolta e riciclo. Ma non basta riciclare, poi devi rimettere tutto in circolo. Riusare gli scarti. Con gli impianti esistenti e del futuro abbiamo le chiavi del successo in mano».
OPERATORI - All’estero, nei Paesi più attenti all’ambiente, una manciata di aziende si spartiscono il territorio nazionale per la raccolta dei rifiuti. Mentre da noi «c’è un’estrema polverizzazione», continua De Santis. «Lavorano piccoli operatori che hanno appalti per uno o due comuni e grandi operatori come Ira o Iren. I piccoli sono andati in difficoltà, ad alcuni è anche saltato il budget. Non erano preparati. C’è stata tanta confusione. Però si sono accesi i riflettori e si è fatta luce su alcune situazioni che non erano del tutto limpide». Ma le cose stanno cambiando. «Siamo nel pieno della rivoluzione. È già in corso grazie agli sforzi di Arera, Conai e ministero dell’Ambiente. Esiste l’obbligo per gli operatori di accorparsi per collaborare e gestire i cicli della raccolta e dello smaltimento. Negli ultimi due anni abbiamo assistito a diverse fusioni».
FOCUS CAPITALE - Roma, come molte città del centro e del sud Italia, non brilla. La missione di trattare rifiuti non riciclati sotto il muro dei 100 kg per abitante al momento è utopia. E poi mancano gli impianti. «Roma gestisce molto denaro. I rifiuti sono un argomento caldo, scottante, difficile, in cui la malavita o alcune cricche organizzate ancora tengono una presa forte. Ma a Roma si può e si deve fare di più. Ci vogliono amministrazioni che non corrano dietro a gruppi di voti o promesse elettorali, ma che prendano decisioni. E sblocchino situazioni che sono incancrenite da anni. Servono degli impianti di ultima generazione sul territorio, utili anche in ottica lavoro. Se avranno il coraggio di amministrare, cioè prendere decisioni e portarle avanti, allora Roma uscirà dal baratro». Adesso tocca a uno tra Michetti, Raggi, Gualtieri o Calenda provare a liberarsi dalle sabbie mobili. Del resto, sono loro i candidati principali che si giocano la poltrona più ambita del Campidoglio nelle elezioni di inizio ottobre.
REGIONI - Già, lo smaltimento. Per legge ogni regione italiana dovrebbe chiudere il ciclo all’interno del suo territorio: dentro i confini, dunque, raccolta e trattamento attraverso gli impianti. Dell’indifferenziata ma non solo. «Alcune regioni sono molto vicine all’obiettivo, altre molto lontane. Una a caso è la Sicilia che non ha proprio impianti sul territorio. Per cui deve mandare tutti i rifiuti fuori dall’isola sostenendo una spesa mostruosa. Il Lazio pure sta messo malino. La regione ha dei progetti per mettere degli impianti per il trattamento ma non ci riesce perché i comuni non li vogliono sul proprio territorio. La situazione è molto complicata. Però l’obiettivo è arrivarci. E a colpi di leggi e sanzioni ci stiamo arrivando. Forse ci riusciremo anche prima di dieci anni. Il processo è in corso e si vedono già dei risultati». La
Scansionando il codice a barre di un prodotto da gettare, Junker lo riconosce, lo scompone nelle materie prime e indica in quali bidoni vanno gettate le varie parti
Una vita per... Laureata in Diritto internazionale alla Luiss, è uno dei soci fondatori di Giunko Srl, start-up innovativa creatrice di Junker, la piattaforma smart diventata un’eccellenza della platform economy applicata alla raccolta differenziata e l’economia circolare. Nata dal basso, senza investimenti, Junker ha ricevuto diversi premi, anche internazionali, ed è la più diffusa app del suo settore, con oltre mille comuni abbonati e una popolazione servita di dodici milioni di abitanti tra Italia e Svizzera. Con lo stesso team ha creato Farmosa, start-up dedicata all’abbattimento del rischio in terapia per i pazienti ricoverati. In Giunko è responsabile della comunicazione e del marketing digitale. In passato ha svolto il medesimo ruolo per aziende ed enti, realizzando campagne di comunicazione nazionali su temi quali salute, previdenza e diritti umani.
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STAMPA ITALIANA ecò
Federico Garcea «Deforestazione? Per combatterla sempre meno tempo»
di Lorenzo Scalia
Da un videogioco alla realtà: il Ceo e founder di Treedom racconta un business fuori dagli schemi, che è diventato un antidoto contro il disboscamento
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ad un certo punto si è chiesto: «Perché no? Perché non provarci?». Succede nella vita di chiunque: c’è un momento in cui bisogna decidere in che direzione andare. Dunque: svolta a U e ci ha provato. Era il 2010, aveva 25 anni, lavorava in banca e come tanti ragazzi aveva fatto un po’ di tutto per portare dei soldi a casa. Anche il mago. La folgorazione a Federico Garcea arriva mentre simula la vita di un contadino con Farmville, il browser-game scaricato da oltre trenta milioni di persone. Piantare alberi virtuali non gli bastava. Così è “scappato“ in Africa, ha studiato alcuni meccanismi e da lì a poco tempo ha lanciato l’italianissima Treedom, azienda fiorentina (all’epoca una start-up) che permette a tutti - privati e imprese - di piantare alberi in Italia e nel mondo seguendone lo sviluppo. Un modello che in tanti hanno provato a copiare (male). ANTIDOTO - Treedom, quindi, si è imposta come antidoto contro la deforestazione. Un preoccupazione su scala globale che riguarda l’Ecuador come la Sicilia, il Kenya
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come il Nepal. Basta leggere i risultati del rapporto State of the World Trees, pubblicato da Botanic gardens conservation international, organo dello Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) e di riflesso dell’Onu: in sostanza dice che un albero su tre è a rischio estinzione. «Il tempo a disposizione è sempre meno e l’incalzare dell’aumento di concentrazione di CO2 in atmosfera spinge sempre più soggetti, pubblici e privati, a porsi la questione di un riequilibrio - spiega Garcea - In questo senso gli alberi sono un alleato decisivo e la consapevolezza di ciò è sempre più diffusa. Questo scenario potrebbe spingerci all’ottimismo, tuttavia ci sono fattori macro - come l’aumento della popolazione mondiale a ritmi esponenziali, così come gli effetti degli stessi cambiamenti climatici - che rappresentano sfide per il futuro verde del Pianeta. Per vincerle occorre un ripensamento generale del modello di sviluppo, che a dirsi sembra facile, ma in pratica…». La pandemia ha rallentato il problema. Lo stop però è stato momentaneo. «Se in alcune fasi delle chiusure seguite al diffondersi della
pandemia, c’è stata una pausa anche nelle attività di deforestazione, il business as usual è tornato rapidamente ai livelli pre-chiusure», sottolinea Garcea. ITALIA E NON SOLO - L’estate inevitabilmente ha visto aumentare l’attenzione mediatica al tema del disboscamento: ha preso intere pagine sui giornali e i primi servizi nei tg nazionali e locali. Negli ultimi mesi le news si sono moltiplicate. Treedom lavora principalmente all’estero ma non ha mai dimenticato il legame col nostro Paese: «Finora abbiamo piantato oltre trentamila alberi in Italia, in progetti che, pur contando meno alberi rispetto ad altri che abbiamo in altri Paesi del mondo, sono altrettanto significativi. In tutti i nostri progetti cerchiamo sempre di realizzare benefici ambientali e sociali. Per questo in Italia collaboriamo con associazioni che siano in grado di dare un ulteriore valore alla piantumazione di alberi. È il caso, ad esempio, della cooperativa Beppe Montana, del circuito di Libera Terra, con cui abbiamo piantato circa settemila alberi su terreni confiscati alle mafie. Altri progetti sono stati realizzati, ad esempio, in Veneto, per contribuire a riforestare una delle zone colpite dalla tempesta Vaia del 2018, ed in Basilicata, nel suggestivo scenario del Parco delle Chiese Rupestri del Materano». In generale si viaggia a ritmi impressionanti grazie a un lavoro di squadra che mette in campo competenze diverse, dallo stratega del marketing al manager forestale, una figura che somiglia a Indiana Jones. «Abbiamo piantato oltre due milioni di alberi in diciassette Paesi del mondo, in Asia, Africa, America ed Europa. Per piantare il primo milione abbiamo impiegato quasi dieci anni, per piantare il secondo milione c’abbiamo messo poco più di un anno. Ora l’obiettivo è di arrivare a dieci milioni di alberi nei prossimi tre anni».
LA SEDE DI FIRENZE - Il quartier generale di Treedom si trova dentro i confini di Firenze. E’ un luogo immerso nella natura, dove si lavora e non solo. Al netto dei lockdown, un posto che permette agli oltre cinquanta dipendenti di staccare la spina dal caos quotidiano e di focalizzarsi sugli obiettivi. Per Garcea è un vanto: «Se vogliamo un mondo più verde, allora dobbiamo iniziare dal luogo in cui lavoriamo; per questo la nostra sede si trova in un’antica villa fiorentina immersa in un giardino di ulivi e alberi da frutto, con tanto di orto e arnie per le api. Vogliamo mantenere un rapporto quotidiano con la natura, per rafforzare il nostro legame con il senso ultimo del nostro lavoro». Già, un modello di business forgiato fuori dai soliti schemi, capace di attirare l’attenzione di aziende del calibro di Toyota, Hyundai, Gucci, Timberland, Salvatore Ferragamo, Ebay, Microsoft, Allianz, Dell e Credit Suisse. Società che hanno piantato alberi attraverso la squadra di Treedom e la sua filosofia totalmente green.
Una fase della piantumazione d’agrumi in Sicilia, nei terreni confiscati alla mafia, grazie alla collaborazione tra Treedom e la cooperativa Beppe Montana
«Nella nostra sede ulivi, alberi da frutto, orto e api»
Una vita per... Nato a Firenze, laureato in Scienze politiche alla Cesare Alfieri, ha fatto esperienze di lavoro in Italia, Danimarca e Spagna, facendo le cose più svariate: cuoco, mago, impiegato e analista finanziario. A 25 anni Federico Garcea lascia il lavoro in banca per andare a seguire un progetto di sviluppo rurale in Africa. Nasce lì la voglia di combattere la deforestazione, ma l’ispirazione che ha portato alla nascita di
Treedom, nel 2010, è venuta grazie al gioco online Farmville che permetteva di curare una fattoria digitale, spendendo soldi veri per piantare alberi virtuali. L’idea è stata quella di fare un passo in più e creare una piattaforma che permettesse a chiunque di piantare alberi veri. Finora Treedom ha piantato oltre due milioni di alberi nel mondo e non si ferma. Il fatturato del 2020 è di oltre nove milioni di euro.
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Executive Consulting & Legal Security è agenzia territoriale Milano 1 di E.N.Bi.Form. Ente Nazionale Bilaterale e Organismo Paritetico. E.N.Bi.Form. intende erogare servizi e prestazioni per i datori di lavoro e i lavoratori nel campo della sicurezza sul lavoro, della formazione e del welfare E.N.Bi.Form. è costituito in modo paritetico da sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro, maggiormente rappresentativi sul piano nazionale come disposto dal sistema legislativo italiano. E.N.Bi.Form. costituisce lo strumento per il coordinamento e lo svolgimento delle attività in materia di occupazione, mercato del lavoro, formazione e qualificazione professionali
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