Stampa Italiana Ecò - Anno 2 N. 1 - gennaio 2022 - Supplemento mensile della testata giornalistica Stampa Italiana - Copia gratuita
STAMPA ITALIANA ecò
OCCASIONE UNICA
L’Italia sta giocando la partita decisiva: in palio un futuro più verde, sostenibile, digitale e inclusivo. Dal PNRR investimenti per 191,5 miliardi di euro per dare uno schiaffo alla crisi sanitaria che ha messo in ginocchio l’economia del Paese
STAMPA ITALIANA ecò Stampa Italiana Ecò Anno 2 N. 1 - gennaio 2022 Supplemento mensile della testata giornalistica Stampa Italiana Registrazione Tribunale di Roma N. 174 del 17 dicembre 2019 Proprietario e direttore responsabile: Andrea Nicosia Editore: Si Informa Srls Sede legale: Via Domokos, 4 20147 Milano P. Iva: 11304160960 Pec: siinformasrls@legalmail.it Direttore editoriale: Valentina Flacchi Vice Direttore editoriale: Mario Caprini Pubblicità: pubblicita.eco@stampaitaliana.online Collaborano: Domenico Cavazzino, Giuseppe Motisi, Gabriele Samuelli, Lorenzo Scalia Art director e progetto grafico: Stefano Salvatori Sede operativa: Piazza Augusto Imperatore 32 Roma Sito internet: stampaitaliana.online Mail: redazione@stampaitaliana.online Stampa: Tipolitografia Quattroventi Srl Via Andrea del Castagno 196 Roma Prezzo di copertina: Gratuito Mandato in stampa il: 7-01-2022 PUBBLICAZIONE SPONSORIZZATA DA:
Transizione ecologica, Giardiello (ONET): «Il futuro è delle comunità energetiche»
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ensando alle tante saghe fantascientifiche potremmo considerare questo 2022 come l’anno 1 della Transizione. Stiamo parlando, ovviamente, della transizione ecologica che dovrà portare il nostro Paese e non solo a modificare sostanzialmente, nei prossimi tempi, l’approvvigionamento di energia. I settori interessati sono molteplici. Si parla di efficientamento energetico nelle costruzioni (la misura “principe” è il Superbonus 110%), nel settore dei trasporti e nella produzione di energia con il ritorno del dibattito sul nucleare. Senza dubbio, però, il processo richiederà non uno, né dieci, ma molti più anni. ORA O MAI PIù - Quel che è certo, tuttavia, è l’opportunità per il nostro Paese che viene grazie al PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) e alla grande quantità di fondi che verranno stanziati. Si tratta, spiega Pasquale Luca Giardiello (nella foto), presidente dell’Osservatorio Nazionale Efficienza e Transizione energetica (ONET), di un fatto irripetibile. «Non è mai successo che ci fossero così tanti fondi e un potenziale così grande. È un’opportunità irripetibile per l’Italia. Credo che nel Paese non ci siano precedenti di un investimento così ampio da poter fare sul piano infrastrutturale e non solo». Tuttavia, aggiunge, lo scetticismo di molti verso la transizione energetica è comprensibile. «Se non si fa rete, se non vi è un dialogo continuo tra le varie parti, si crea solo caos. E a volte ciò che arriva al cittadino è
Sommario
PNRR Sei missioni per cambiare l’Italia di Gabriele Samuelli Civita di Bagnoregio Il borgo è in corsa per i fondi di Lorenzo Scalia
Carta prodotta con energia rinnovabile
Trasporti Tutte le innovazioni del Gruppo FS di Domenico Cavazzino Innovazione e tecnologia Comandini: «È l’ultima chiamata» di Lorenzo Scalia Superbonus 110% Passeri: «Ora si può programmare» di Domenico Cavazzino
un’informazione non chiara. Serve una campagna di sensibilizzazione molto forte all’interno del Paese. A volte si parla di transizione energetica come un argomento molto complesso, invece va semplificato facendo capire che è qualcosa di essenziale». MOBILITà SOSTENIBILE E COMUNITà ENERGETICHE - Inoltre, il presidente Giardiello, ricorda due punti su cui lavorare: la mobilità elettrica e le comunità energetiche. Nel primo caso, sottolinea, «esistono differenze abissali fra nord e sud. Sul mondo della mobilità ci sono incentivi importanti per l’acquisto di auto elettriche, però se poi abbiamo Comuni dove ancora non c’è presenza delle colonnine di ricarica allora c’è un’incompatibilità fra le due cose. Dunque, occorre prima strutturare il Paese per supportare la mobilità elettrica». Il secondo caso è legato all’installazione dei pannelli fotovoltaici. «La comunità energetica - ricorda - è un gruppo di persone o di Enti che condividono la stessa cabina elettrica. Vengono dati degli incentivi dall’Europa affinché l’energia prodotta dal pannello fotovoltaico invece di essere immessa nella rete esterna, rimanga nella rete interna. Viene corrisposta una cifra per ogni kilowattora erogato e riutilizzato dalla stessa comunità. Quindi la creazione di una comunità sociale oltre che energetica. Sarà questa - conclude - la vera rivoluzione dei prossimi anni». Domenico Cavazzino
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Federmetano Natali: «Annulliamo le emissioni di Co2» di Giuseppe Motisi 14
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Alia «Trasformeremo i rifiuti in biometano» di Giuseppe Motisi 16
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Economia circolare NextChem: «Puntiamo sull’innovazione» di Giuseppe Motisi 17
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CNR-Nanotec Ecco l’evoluzione del fotovoltaico di Domenico Cavazzino
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Trastevere Calcio Betturri: «Presto un nuovo stadio a Roma» di Lorenzo Scalia 20
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STAMPA ITALIANA ecò
PNRR: sei missioni per cambiare l’Italia di Gabriele Samuelli
Dall’efficienza energetica alla mobilità sostenibile. Dentro al Piano sono tante le parole chiave: innovazione, tecnologia, turismo, gestione dei rifiuti, cultura, istruzione e famiglia
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uattro lettere per dare una sterzata all’Italia, per proiettarla verso un futuro verde, sostenibile, digitale e più inclusivo: PNRR. Un acronimo che sta per Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Traduzione: una valanga di soldi, in arrivo dall’Unione Europea, stanno per essere investiti in più settori - pubblici e privati - dopo la crisi sanitaria che ha messo in ginocchio l’economia del Paese. Un’economia che era già fragile prima della pandemia. Come indicatore basta vedere la crescita del Pil, che dal 1999 al 2019 è salita del 4,2 per cento. Nulla in confronto a Francia (22,1) e Germania (21,3). Il Coronavirus, poi, è stato una specie di tsunami che ha spazzato via posti di lavoro e messo in ginocchio la produttività generale. Insomma, siamo davanti a un bivio per tentare di colmare il gap, per lasciare alle prossime generazioni un’Italia con una pubblica amministrazione efficiente e digitalizzata, con trasporti e immobili più moderni, con i sistemi sanitario e giudiziario più vicini alle esigenze dei cittadini. E’ un dentro o fuori, il match ball per avvicinarsi alla reale transizione ecologica e
di riflesso agli obiettivi globali ed europei al 2030 e 2050. Gli investimenti complessivi, infatti, saranno di 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026. La macchina, infatti, è già in moto. Da sottolineare che 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. Il PNRR include sei missioni (e sedici componenti): digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
È un dentro o fuori il match ball per avvicinarsi alla reale transizione ecologica
INNOVAZIONE E TURISMO - L’obiettivo primario della prima missione è la modernizzazione digitale delle infrastrutture di comunicazione del Paese, nella pubblica amministrazione e nel suo sistema produttivo. Una sezione è dedicata ai settori che hanno reso grande e famosa in tutto il mondo l’Italia: il turismo (in particolare i borghi) e la cultura. Due concetti che, tra l’altro, si legano tra di loro pensando alle città d’arte e all’immenso patrimonio artistico (vedi i patrimoni Unesco) che abbiamo sul territorio nazionale.
A sinistra, la tabella sull’allocazione delle risorse a missioni
TRANSIZIONE ECOLOGICA - La missione numero due, con i suoi investimenti e riforme complessi, è a carico del Mise. Comprende interventi trasversali: l’agricoltura sostenibile, l’economia circolare, programmi di investimento e ricerca per le fonti di energia rinnovabili, lo sviluppo della filiera dell’idrogeno e la mobilità sostenibile. La componente numero tre è dedicata all’efficienza energetica e riqualificazione degli edifici. Qui entrano in gioco l’Ecobonus e il Sismabonus fino al 110%. Perché il patrimonio immobiliare pubblico e privato rappresenta la base per il futuro. Tante, poi, le iniziative che vanno ad arginare i problemi scaturiti dal dissesto idrogeologico, dalla deforestazione e dall’inquinamento delle acque dei mari e dei fiumi.
ISTRUZIONE E RICERCA - Scuola e università rappresentano il fulcro della quarta missione: gli investimenti saranno sui percorsi dei giovani e delle loro famiglie. Quindi focus sul diritto allo studio ma anche una mano tesa alle famiglie che avranno una maggiore capacità di investire nell’acquisizione di competenze avanzate. Questa missione prevede anche un sostanziale rafforzamento dei sistemi di ricerca di base e applicata e nuovi strumenti tecnologici. Ma anche alloggi per studenti universitari e l’aumento di importo e beneficiari delle borse di studio.
Scuola e università rappresentano il fulcro della quarta missione, dedicata ai giovani
MOBILITÀ SOSTENIBILE - Treni e navi in vetrina. La terza missione ha il proposito di ampliare l’alta velocità ferroviaria nazionale ma anche di potenziare e migliorare la rete ferroviaria regionale, mettendo al centro del progetto il Sud che è oggettivamente indietro rispetto al Nord. Gli investimenti sui porti saranno massicci: la mission è far diventare il sistema portuale competitivo e sostenibile soprattutto in chiave ambientale per sviluppare il traffico marittimo e renderlo più “centrale“ in ambito europeo. Una voce è riservata al ruolo dei porti italiani del Sud. Un altro intervento importante riguarda la messa in sicurezza e il monitoraggio digitale di viadotti, ponti e cavalcavia nelle aree più a rischio. Perché la tragedia del Ponte Morandi è una ferita ancora aperta e impossibile da dimenticare.
INCLUSIONE E COESIONE - Sono tre i pilastri della quinta missione: una revisione strutturale delle politiche attive del lavoro, un rafforzamento dei centri per l’impiego e la loro integrazione con i servizi sociali e con la rete degli operatori privati. I beneficiari finali saranno le persone con disabilità o non autosufficienti, famiglie con fragilità economiche e sociali, ma anche i genitori di uno o più figli. Particolare attenzione sarà data al mondo dell’imprenditoria femminile. A sinistra, le specifiche sulle risorse destinate alla Missione 2 - Rivoluzione verde e Transizione Ecologica
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Civita di Bagnoregio Il borgo è in corsa per i fondi Profili: «Ecco la mia visione…» di Lorenzo Scalia
Il sindaco: «Il PNRR è un’opportunità economica e sociale che può aiutare quel mondo che ci ritroveremo tra le mani dopo la pandemia. Allargare la promozione turistica in luoghi molto belli come i borghi è un privilegio 6
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n miliardo di euro. È la fetta del PNRR destinata ai borghi italiani: si tratta dell’investimento più sostanzioso di tutto il comparto cultura. Insomma, sta per arrivare una pompata mai vista nelle casse di alcuni piccoli comuni che di solito non sono abituati a fare i conti con troppi zero, uno in fila all’altro. Roba da mal di testa. Il Mic, infatti, ha già dato il via alla fase attuativa a dicembre e quindi ha già delineato due strade per assegnare i fondi: in freddo burocratese ha suddiviso in Linea A e Linea B il piano di rilancio dei borghi.
alberghi diffusi, centri di ricerca, residenze sanitarie assistenziali ma anche per creare postazioni per nomadi digitali o per chi lavora in smart working. La Linea B, invece, ha una dotazione finanziaria maggiore, arriva a 580 milioni di euro complessivi. Ma è finalizzata alla realizzazione di progetti di rigenerazione sociale e culturale in oltre duecento borghi storici: ognuno dovrebbe ottenere poco più di un milione e mezzo di euro, più un’altra quota se ci si presenta in forma aggregata. E’ chiaro che la differenza è netta. Perché la Linea A mette sul piatto una cifra praticamente dodici volte superiore a quella della Linea B.
Il piano di rilancio dei borghi mette sul piatto una cifra enorme: un miliardo di euro
DUE VIE - La Linea A stanzia 420 milioni di euro a un ristrettissimo numeri di borghi: per la precisione 21, uno per ogni regione o provincia autonoma. Ciò significa che chi vince incassa un assegno di 20 milioni di euro per un progetto pilota che interverrà su infrastrutture e servizi nel campo della cultura, del turismo, del sociale o della ricerca, come scuole o accademie. Non solo. I soldi potranno essere utilizzati per la creazione di
IL SINDACO DI CIVITA - In corsa per ottenere i 20 milioni di euro c’è un borgo della regione Lazio che non ha bisogno di troppe presentazioni: si tratta di Civita di Bagnoregio. Un gioiello incastonato nella provincia di Viterbo che tra l’altro sta portando avanti la candidatura per diventare patrimonio Unesco. Civita di Bagnoregio, di recente, è finita
sui barattoli della Nutella, la Tim poi l’ha scelta per girare uno spot. Di più. Il borgo medievale, lassù sospeso fra le nuvole, si è trasformato anche in set per i film di Totò, Garrone e Fellini. Inoltre, il regista Hayao Miyazaki (il Walt Disney versione Asia) si è ispirato all’originalità del borgo per Laputa, uno dei suoi lungometraggi d’animazione. Alla guida di Bagnoregio e della frazione di Civita c’è il sindaco Luca Profili, 32 anni, che tra l’altro ricopriva il ruolo di vicesindaco già dall’età di 25 anni. «Il PNRR è una grande opportunità - spiega il primo cittadino - perché il fatto che siano coinvolti i comuni è un bene: storicamente, infatti, sono i maggiori e i migliori investitori pubblici del Paese. Se andiamo al sodo sono quelli che portano a termine i progetti. Insomma, il PNRR è un’opportunità economica e sociale che può aiutare quel mondo che ci ritroveremo tra le mani dopo la pandemia, che spero finisca quanto prima. Allargare la promozione turistica in luoghi molti belli come i borghi è un privilegio quasi esclusivo dell’Italia, che altri Paesi, anche vicini, non hanno». NEL DETTAGLIO - Ma cosa ha in mente Profili se la scelta ricadrà su Civita? «Il nostro punto di forza è che il percorso è già iniziato, non partiamo da zero. La visione e le idee non ci mancano: verrano portate avanti a prescindere, con modi e tempi diversi, ma è palese che il PNRR ci darebbe una spinta incredibile alla progettazione legata alla candidatura Unesco. Di base l’intento è di non lasciare Civita ristretta ad una visita di due ore e stop. Quindi vogliamo arricchire e ampliare l’offerta turistica con l’apertura del Musa (Museo dell’Anima di Civita), la creazione di percorsi bike e trekking nelle vallate, l’inaugurazione di una scuola alberghiera che potrebbe consentire una maggiore occupazione giovanile rispetto alle attività che hanno aperto negli ultimi anni. Inoltre bisogna pensare al rafforzamento della
nostra immagine, coinvolgendo i privati. E alla ristrutturazione di edifici bellissimi che si affacciano sul nostro borgo. Poi c’è tutto un discorso ancorato alla ricerca, ai problemi di Civita, in primis il dissesto idrogeologico. Anche le fragilità possono diventare un punto di forza». USA, CINA E ITALIA - Un dato spicca tra tanti: due turisti su dieci di Civita, prima dell’esplosione della pandemia, erano cinesi. «Ho segnali dall’Asia positivi, i contatti li abbiamo mantenuti. Lì hanno una grandissima voglia tornare in Italia. La stessa cosa si può dire dei turisti americani, che tengono l’Italia nel cuore. Secondo me ci ritroveremo un turismo maggiore una volta che si tornerà a viaggiare nella normalità. Perché uno degli aspetti non negativissimi degli ultimi anni è il fatto che molti italiani hanno riscoperto le bellezze del Paese non potendo andare all’estero per le vacanze. C’è una maggiore consapevolezza di quanto vale il nostro territorio». L’ultima battuta è riservata ai tempi del PNRR: «Sembrano lunghi invece sono molto corti. Questi soldi potrebbero accompagnare la crescita. Ma la liquidità è a debito, quindi se non si spende bene la beffa sarà doppia. Tutte le componenti devono cogliere l’istante, il minuto, per non sbagliare una virgola», chiude Profili, sindaco di uno dei borghi più belli d’Italia.
«I turisti cinesi e americani hanno una grande voglia di tornare nel nostro Paese»
Sopra Luca Profili, sindaco di Bagnoregio e della frazione di Civita
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FS ItalIane
Infrastrutture sostenibili, nuovi mezzi ed efficientamento energetico di Domenico Cavazzino
Obiettivo del Gruppo FS è il raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050. Un traguardo da raggiungere anche grazie agli investimenti supportati dal PNRR che nel solco della transizione ecologica prevede un passaggio a una mobilità sempre più sostenibile e integrata 8
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a mobilità verde corre su ferro. Infatti, oltre alle tante iniziative come gli incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi, anche le ferrovie hanno da tempo intrapreso un percorso verso una mobilità sostenibile. In questo caso si parla del grande sforzo fatto dal Gruppo FS per il miglioramento delle sue infrastrutture, non solo per quel che riguarda i mezzi. Investimenti che verranno supportati dal PNRR che nel solco della transizione ecologica prevede un passaggio a una mobilità sempre più sostenibile e integrata. Per questo il Gruppo FS riceverà oltre 24 miliardi di euro che saranno destinati al progetto e alla realizzazione di una nuova infrastruttura ferroviaria da realizzare entro il 2026, rafforzando nello stesso tempo il comparto già esistente. Inoltre, obiettivo del Gruppo è il raggiungimento della carbon neutrality entro il 2050. I punti su cui si concentreranno gli interventi riguarderanno l’accessibilità, la digitalizzazione, la resilienza ai cambiamenti climatici oltre all’integrazione e all’interconnessione con i corridoi europei. A questo proposito, in occasione degli Stati Generali della VIA (Va-
lutazione di Impatto Ambientale) e della VAS (Valutazione Ambientale Strategica), l’amministratore delegato del Gruppo FS, Luigi Ferraris, ha affermato: «Un’infrastruttura ferroviaria nasce già sostenibile, perché abilita la sostenibilità del sistema Paese. In questo contesto di riferimento si devono considerare le valutazioni ambientali, le quali assicurano che piani, programmi e progetti siano portati avanti nel rispetto dell’ambiente, della qualità della vita e dello sviluppo, valutando preventivamente possibili conseguenze, e non a posteriori». COME SUONA TRENITALIA - Gli investimenti del Gruppo permetteranno, quindi, il rinnovo della flotta, in particolare dei treni per il trasporto regionale. La svolta green è iniziata con il varo dei nuovi treni Rock e Pop. Caratteristica di questi nuovi mezzi è la loro riciclabilità quasi al cento per cento unita a un basso consumo energetico ed emissioni ridotte. Inoltre, gli ampi spazi per il trasporto delle bici favoriscono l’integrazione di mezzi di trasporto sostenibili, oltre a stazioni in grado di accogliere mezzi di trasporto a impatto zero. Per quanto riguarda i treni Rock, si tratta dei
nuovi mezzi per il trasporto regionale ad alta capacità. Sono stati realizzati da Hitachi Rail Italy per Trenitalia, unendo il meglio della tecnologia giapponese e italiana. I materiali utilizzati hanno una riciclabilità superiore al novantacinque per cento e le materie prime utilizzate provengono perlopiù dal riciclo. Inoltre, l’impatto ambientale di 5 grammi di CO2eq li rende i mezzi di trasporto meno inquinanti del Paese. Viaggiano sullo stesso binario della sostenibilità anche i treni regionali Pop, realizzati dalla francese Alstom. Riciclabili fino al novantasette per cento, consumano il trenta per cento di energia in meno rispetto alla precedente generazione. OFFICINE ED EFFICIENTAMENTO - Una delle modalità per raggiungere l’obiettivo della carbon neutrality è quella di ridurre o tagliare del tutto i costi elettrici. Traguardo raggiungibile anche grazie al fotovoltaico. Questa tecnologia, infatti, ben si sposa con gli impianti di manutenzione del Gruppo. Si tratta di capannoni per la manutenzione dei treni dalle dimensioni importanti (la lunghezza ricorda quelle delle piste di atletica) che permettono quindi, l’installazione di numerosi pannelli. Il fotovoltaico, infatti, è la realtà più diffusa tra le 56 officine di Trenitalia. Tra queste, quella maggiormente all’avanguardia è l’impianto di manutenzione corrente (IMC) dei treni Alta Velocità dello Scalo San Lorenzo a Roma. Qui gli interventi nell’ottica della sostenibilità riguardano la produzione di energia da fonti rinnovabili (vedasi il fotovoltaico) e interventi di efficientamento energetico. Infatti, se viene prodotta energia in eccedenza rispetto ai consumi dell’officina, questa viene restituita alla rete del gestore. Gli altri interventi di sostenibilità consistono nell’installazione di lampade LED a basso consumo e sistemi di corretta gestione luci (“building automation”). Il risultato è una riduzione dei consumi per l’illuminazione pari al cinquantatré per cento nel periodo tra il 2017 e il 2019. Completano il quadro due colonnine di ricarica per il parco veicoli dell’officina, interamente elettrico. E la strada dell’efficientamento energetico nel comparto della manutenzione prosegue con vista sul 2024. Per allora, infatti, saranno 24 le officine di Trenitalia con impianti di produzione da rinnovabili. Attualmente, a Mestre si sta sperimentando l’uso dell’energia geotermica, mentre a Cagliari il mini eolico.
FS A DUBAI - Infine, per comunicare gli sforzi sulla mobilità sostenibile messi in atto dal Gruppo è stato scelto un palcoscenico d’eccezione: quello dell’Expo di Dubai. All’interno del Padiglione Italia, infatti, FS ha allestito un’installazione di tipo immersivo nella sezione finale del percorso espositivo: un’ambientazione di suoni e immagini su uno schermo lungo 27 metri ispirato al tema della bellezza dove il meglio della tecnologia infrastrutturale del Gruppo FS, coniugata con sostenibilità e innovazione, si fonde con i paesaggi italiani. Inoltre, fino al termine dell’Esposizione Universale (il prossimo 31 marzo), sui binari italiani correrà un Frecciarossa 1000 con la livrea che richiama il simbolo e i colori del Padiglione Italia.
«Un’infrastruttura ferroviaria nasce già sostenibile, perché abilita la sostenibilità del sistema Paese»
In apertura, nel riquadro, l’amministratore delegato del Gruppo FS, Luigi Ferraris. Qui nella pagina, da sopra, I treni regionali Pop, Rock e il Frecciarossa 1000 dedicato al Padiglione Italia ad Expo Dubai
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Innovazione e tecnologia
Comandini: «È l’ultima chiamata»
di Lorenzo Scalia
Il professore: «Se andiamo a vedere tutte le tecnologie attuali, se consideriamo internet qualcosa del passato, la blockchain è in testa. I dati sono il nuovo oro» 10
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odernizzare l’Italia. Partendo dal settore pubblico e impostando investimenti sulle digitalizzazioni delle grandi amministrazioni centrali, degli avvisi pubblici e delle infrastrutture. E poi tante altre bellissime voci compongono la sfera del PNRR dedicata all’innovazione: abilitazione e facilitazione migrazione al Cloud, potenziamento dell’identità digitale, MaaS (Mobility as a Service) e cybersecurity. «Non so in quale altra maniera, se non con così tanti fondi a disposizione, si può impostare un salto di qualità per l’Italia. Certo, il salto di qualità poteva essere graduale, intrapreso anno dopo anno, ma non si è fatto perché l’Italia è sempre stata fanalino di coda in tema innovazione. Oggi ci troviamo in una situazione quasi disperata. Questa, quindi, è l’unica e ultima possibilità per far evolvere tutto il sistema Paese», dice
Gian Luca Comandini, imprenditore, professore universitario e membro della task force del Mise per la blockchain. BLOCKCHAIN - Ma è chiaro che non si possono non prendere in considerazione intelligenza artificiale, blockchain e internet of things quando si va in slalom sul discorso innovazione. Perché «se andiamo a vedere tutte le tecnologie attuali, se consideriamo internet qualcosa del passato, la blockchain è proprio in testa. È assolutamente la prima voce. Basta vedere tutti i bandi pubblicati in Italia e in Europa sulla tecnologia: la blockchain è sempre al centro». Già, perché i dati sono la nuova frontiera, il nuovo oro dell’era ultramoderna. «Esattamente come internet, la blockchain è una tecnologia trasversale. Quindi, ovunque nello specifico ci sia bisogno di gestire il con-
«Con i fondi del PNRR si può impostare un salto di qualità reale»
trollo o le transazioni all’interno di una grossa mole di dati, solo la blockchain può farlo in sicurezza e con un’elevata tracciabilità. Qualsiasi altra tecnologia può essere manomissibile e quindi può incorrere in hackeraggi, corruzioni, errori umani e così via. Orami, nel terzo millennio, ciò che vale più di tutto sono i dati. E sempre di più sarà così. Il mondo è sempre più a misura di dato e meno umano, anche se poi l’uomo ha la sua comodità dall’utilizzo di questi dati. Quindi dobbiamo avere il coraggio di adattare, applicare e comprendere tecnologie fatte su misura per i dati. Come ad esempio la blockchain». DALL’ALTRA PARTE DEL MONDO - Ritornando alla sfera pubblica c’è il caso di El Salvador: il piccolo Stato centroamericano, infatti ha legalizzato Bitcoin da qualche mese come moneta. Insomma, ha aperto una corsia, una breccia, «dimostrando che anche i governi possono cavalcare le nuove tecnologie». Comandini si sofferma sul significato geopolitico della mossa del governo salvadoregno, passata in sordina: «Una volta che il primo ministro Bukele ha iniziato a parlare di Bitcoin e investire pesantemente anche attraverso le riserve del Paese, il fondo monetario internazionale ha contattato Bukele e El Salvador ricordando loro che il Paese aveva un bond da un miliardo con il fondo e di fatto ricattandoli. Dicendo loro: “Smettete di avere a che fare con Bitcoin o non vi aiutiamo“. El Salvador invece di farsi ricattare, ha rifiutato il bond con il fondo monetario internazionale e ha fatto un accordo con Bitfinex, una delle piattaforme cripto più utilizzate al mondo. E ha istituto il Volcano Bond. Ha utilizzato il vulcano, un’enorme risorsa di proprietà, mettendolo come base di corrente di energia per minare Bitcoin e ha sfruttato la piattaforma Bitfinex per raccogliere lo stesso un miliardo di dollari di bond. Non attraverso il fondo ma attraverso milioni di utilizzatori di Bitcoin nel mondo. Così ha raggiunto lo stesso l’obiettivo. Con la differenza che non è più sotto scacco di un unico ente dato che quel miliardo l’ha ricevuto da tantissime persone che non possono esercitare un potere o un controllo sul debito. L’hanno fatto per speculazione ma anche per aiutare un Paese in difficoltà. Quando altri Paesi in difficoltà scopriranno questo sistema, quando ci saranno altre situazioni come in Argentina, Zimbabwe, Venezuela o Iran, ricorreranno a questa tecnologia». Il programma di Bukele è molto vasto: in cantiere ci sono diversi
disegni di legge e da più fonti si ritiene che il fine ultimo del governo salvadoregno è di permettere a tutte le istituzioni di investire in Bitcoin. ETNA - Comandini esclude che in Italia si possa replicare la mossa di El Salvador, sfruttando l’energia dei vulcani italiani, con l’Etna in testa (è il più grande d’Europa). «Sulla carta è un’energia sostenibile e può essere sfruttata. Però va ricordato che El Salvador ha fatto quello che ha fatto perché è un Paese piccolo. Tra l’altro dando la possibilità a chi lavora all’estero di mandare i soldi in patria senza intermediari, solamente attraverso Bitcoin. Senza pagare le commissioni il Pil crescerà per forza di cose. Bukele è un leader giovane, ha studiato queste tecnologie e non ha paura di applicarle perché non deve rendere conto a nessuno. In un Paese come l’Italia è molto difficile realizzare tutto ciò, è praticamente impossibile mettere d’accordo le forze politiche e gente di una certa età che non conosce la materia». In attesa delle criptovalute di Stato («un futuro vicino legato comunque alle banche centrali»), il mondo intero guarda in casa El Salvador: se Bitcoin sale - come ha fatto sistematicamente da quando è nato - la piccola Repubblica potrebbe diventare una nuova potenza. In caso contrario resterà ai margini del pianeta.
«È difficile replicare in Italia quello che ha fatto El Salvador»
Sopra: Gian Luca Comandini, in una delle sue conferenze
Il profilo Twitter di Nayib Bukale, Presidente di El Salvador
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SUPERBONUS 110% Provvedimento confermato. Passeri: «Ora si può programmare» di Domenico Cavazzino
La norma, introdotta col Decreto Rilancio, coniuga la ripresa economica con la necessità di efficientare le abitazioni del nostro Paese. Il direttore generale della Distretti Ecologici Spa spiega le principali novità 12
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uando si parla di efficientamento energetico non si può non parlare di Superbonus 110%. Questa misura, introdotta col cosiddetto Decreto Rilancio, permette di intervenire su condomini e abitazioni per migliorarne la sicurezza e l’efficienza energetica. Come ricorda Dino Passeri, direttore generale della Distretti Ecologici Spa, «l’efficientamento energetico, è ormai tra le priorità di ogni Paese. Dall’abbattimento delle emissioni di CO2 alla decarbonizzazione la strada da seguire è chiara. Come aveva fatto intendere la stessa Comunità europea con la proposta di vietare la vendita o l’affitto di case in classe G. L’idea non ha avuto seguito, ma il messaggio che conteneva era ben chiaro. La direzione è questa ed è ormai irreversibile». È sulla scia di questa esigenza che in Italia è nato il Superbonus 110%. «L’Italia - ricorda Passeri dopo il Covid e i vari lockdown aveva bisogno di una misura che stimolasse anche il tessuto economico, coniugando la ripresa con l’effi-
cientamento degli edifici. L’obiettivo primario, però, è quello dell’efficientamento energetico del nostro parco immobiliare. Anche perché circa il 40 per cento di tutta la produzione di CO2 riguarda le abitazioni residenziali, quindi intervenire su questo comparto vuol dire dare un significativo cambiamento dell’impatto che abbiamo sull’ecosistema». PROROGA AL 2025 - La misura del Superbonus è stata prorogata dall’ultima manovra di bilancio fino al 2025. I primi due anni, fino al 2023, sempre al 110 per cento (per i condomini), mentre scende al 70 per cento nel 2024 e al 65 per cento nel 2025. «Un’ottima notizia - commenta Passeri - perché permette di fare dei programmi un po’ più a lungo termine. I molteplici cambiamenti alla norma negli ultimi 18 mesi, infatti, hanno spesso generato confusione a livello di informazioni e per gli operatori del settore. Inoltre, anche le persone hanno la possibilità di informarsi
meglio. Sono circa nove milioni e mezzo le famiglie potenzialmente interessate al Superbonus». Un’altra modifica è quella della cancellazione del tetto Isee alle villette per accedere al provvedimento (per tutto il 2022). L’unica condizione è aver completato il 30 per cento dei lavori entro il prossimo 30 giugno. «Se fosse rimasto il tetto dei 25mila euro - prosegue il dg della Distretti Ecologici - probabilmente almeno l’80 per cento dei progetti oggi in essere non sarebbero stati più fattibili». Un’altra novità riguarda l’installazione delle colonnine di ricarica per le auto elettriche. Se gli interventi sono collegati a lavori trainanti (come ad esempio l’isolamento termico delle superfici), le detrazioni vanno dal limite di 2mila euro per le villette ai 1500 euro per i condomini con non più di otto unità immobiliari (una colonnina per abitazione) e a 1200 euro nel caso in cui siano più di otto. Gli altri interventi possibili grazie alla misura di efficientamento energetico sono quelli del cappotto termico, degli infissi, il cambio di caldaie, pompe di calore o del riscaldamento centralizzato se si parla di condomini, fino all’installazione di pannelli fotovoltaici. Senza dimenticare la possibilità di migliorare la sicurezza degli edifici dal punto di vista sismico. Il Superbonus, infatti, si divide in Eco e Sisma Bonus. E a questo proposito è importante sottolineare come la norma sia confermata al 110% fino al 2025 nei Comuni che, dal 2009, sono stati colpiti da eventi sismici.
Realizziamo degli ascensori che sostituiscono i ponteggi, le famose “bilance” che si mettono davanti alle facciate per poter montare il cappotto termico. Le aziende più strutturate possono contare su rapporti commerciali e strategici che riescono a sopperire alla carenza di materie prime rispetto a realtà meno organizzate e più piccole che rischiano di andare in difficoltà».
In alto, alcune colonnine di ricarica per le auto elettriche Sotto, interventi ammessi col Superbonus 110%
AGIRE OGGI - In ogni caso, conclude Passeri, si tratta di fare «un investimento che si ripaga da solo nel tempo. Perché intervenire sull’efficientamento della casa oggi, vuol dire avere un risparmio in bolletta domani. E aumenta il valore delle abitazioni dal 15 al 30 per cento se non di più in alcuni casi. Inoltre, visti i progetti della Comunità europea, è certo che questo tipo di interventi prima o poi andrà fatto. Oggi esiste il Superbonus che anche al 70 o al 65% è comunque un’agevolazione importante. Il rischio è dover affrontare un domani questi lavori senza le agevolazioni che ci sono oggi».
«È sempre importante rivolgersi a realtà strutturate»
MATERIE PRIME - L’ultimo anno, in particolar modo, ha visto emergere una problematica dovuta alla mancanza di materie prime. Una situazione nata dall’improvvisa ripartenza dei cantieri dopo un lungo periodo di stop. «All’improvviso - ricorda Passeri - è iniziata ad aumentare la richiesta di forniture, di tutto quello che è legato al mondo del Superbonus e questo ha messo in difficoltà anche tutte le aziende produttrici, non solo nel settore dell’edilizia. Basti pensare al settore dell’automotive dove mancano i chip per le auto. Per esempio, nel settore edile si fatica a trovare il ferro per i ponteggi. Ecco perché è importante rivolgersi a realtà strutturate. Noi di Distretti Ecologici abbiamo, da diversi anni, accordi commerciali con alcuni dei principali fornitori sul territorio. Da Maxa a Daikin Italia fino Kerakoll e molti altri, che ci permettono di avere la garanzia di accedere ai materiali. In alcuni settori, inoltre, ci siamo messi persino a produrli.
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STAMPA ITALIANA ecò
FEDERMETANO «Annulliamo le emissioni di CO2, riduciamo l’effetto serra e creiamo occupazione» Dante Natali, presidente di Federmetano
di Giuseppe Motisi
Puntare sul biometano prodotto con scarti di agricoltura, zootecnia e rifiuti organici per alimentare i motori di auto e veicoli pesanti viaggiando spediti verso la decarbonizzazione: è la ricetta di Federmetano per rimettere in moto il Paese 14
U
n giacimento di gas naturale pronto per essere estratto senza danni all’ambiente, praticamente illimitato e immediatamente utilizzabile per tutti i motori di auto, camion e furgoni. Non è l’incipit di una favola green, ma la prospettiva (concreta) di produzione e distribuzione del biometano, ossia il metano prodotto da scarti dell’agricoltura, della zootecnia e dei rifiuti organici impiegabile per le esigenze dell’autotrazione. Un gas 100 per cento naturale che Federmetano, l’associazione di categoria dei distributori di metano per auto in Italia, già consegna nei suoi circa 1.500 punti vendita sparsi in tutta la penisola per le necessità di automobili e veicoli commerciali; e che se adeguatamente incrementato, promosso e distribuito porterebbe immediati benefici all’ambiente, come dimostrato dagli studi scientifici di innumerevoli e svariati enti di ricerca. «Il gas naturale è la
soluzione a portata di mano per traguardare nell’immediato la sostenibilità ambientale – afferma Dante Natali, presidente di Federmetano -. Già nella sua accezione fossile, il metano è meno impattante rispetto agli altri carburanti tradizionali, poiché contribuisce drasticamente al calo degli inquinanti locali PM10, PM2,5, NOx e SOx. Quanto alle emissioni climalteranti CO2, secondo uno studio dell’Adac (Automobile club tedesco) in Germania le automobili alimentate a gas naturale risultano emettere meno CO2 rispetto agli stessi modelli con altre alimentazioni, anche ibride, e sono assolutamente competitive con le auto elettriche».
«Il biometano è un esempio di connubio tra mondo agricolo e tecnologia industriale»
BIO È MEGLIO DI FOSSILE - Il metano per alimentare i motori delle macchine non è certo una notizia insolita, ma l’innovazione che Federmetano intende portare avanti consiste appunto nella sua versione
bio: se prima questo gas poteva essere ricavato solo estraendolo dal sottosuolo, dove presente e con conseguenze impattanti per l’ambiente, oggi la tecnologia consente all’uomo di crearlo artificialmente sfruttando degli elementi di scarto che sarebbero altrimenti abbandonati a se stessi: i rifiuti organici. «Il biometano è un combustibile 100 per cento rinnovabile e totalmente made in Italy – spiega il presidente Natali –. Un mirabile esempio di economia circolare che consente di ottenere energia dagli scarti, poiché il biogas è prodotto da matrici quali Forsu (Frazione organica del rifiuto solido urbano ndr), fanghi di depurazione, reflui zootecnici, scarti agricoli e biogas di discarica. Il biometano è utilizzabile esattamente come il Cng (gas naturale compresso) e Lng (gas naturale compresso) di origine fossile, ma con emissioni di CO2 pari a zero». E per i più scettici che già guidano una vettura con motore a metano tradizionale, il presidente dell’associazione dei distributori italiani di gas sottolinea un fondamentale elemento tecnico: «Il biometano funziona su ogni veicolo attualmente alimentato a gas naturale, senza necessità di modifiche motoristiche. È inoltre una soluzione in grado di soddisfare molteplici esigenze di trasporto, da quello leggero a quello pesante su distanze di migliaia di chilometri». AGRICOLTURA + INDUSTRIA = BIOMETANO Artefici della produzione del gas naturale sono due settori economici di norma distanti tra loro, ma che in questo caso diventano inevitabilmente…alleati! «Il biometano costituisce un raro esempio di perfetto connubio tra mondo agricolo e tecnologia industriale, che ha immediate ricadute sull’economia del territorio – specifica Natali –. Una grande opportunità per tutti di crescita e sviluppo in un contesto di economia circolare, con notevoli benefici anche in termini occupazionali». In questa dinamica
Mappe dei distributori di biometano compresso per auto bioCNG (sopra) e di metano liquefatto LNG e bioLNG (sotto) © OpenStreetMap contributors
è sicuramente l’ambiente a beneficiare per primo del riutilizzo dei rifiuti generati dall’uomo non solo in ambito agricolo, ma anche urbano: nel ciclo produttivo del biogas compaiono infatti i rifiuti organici urbani e i gas delle discariche, che vengono raccolti e lavorati per divenire quindi metano naturale. «È importante che i cittadini comprendano che il biometano contribuisce a risolvere concretamente problemi di interesse collettivo, per i quali non esistono soluzioni altrettanto valide – chiosa Dante Natali -. Pensiamo alle emissioni di metano in atmosfera: con il biometano riusciremmo a risolvere tale criticità. Come? Non dimentichiamo che tali emissioni sono inevitabili perché conseguenza di processi fisiologici legati alla vita sul Pianeta, oltre che di attività antropiche come quelle agricole e di produzione alimentare. Ebbene, utilizzare il biometano nei trasporti, in sostituzione dell’equivalente ‘fossile’, vorrebbe dire recuperare un inquinante e trasformarlo in energia. Il biometano pertanto consente non solo di annullare le emissioni di CO2, ma permette anche di intercettare il gas prima della sua dispersione in atmosfera e, quindi, di ridurre efficacemente l’effetto serra. Il biometano è oggi l’unica soluzione a emissioni negative di CO2, un risultato che l’elettrico non può ottenere». LA RETE DI DISTRIBUZIONE - Se però non siete convinti della bontà del metano come alternativa a benzina e gasolio, magari spaventati da una ipotetica carenza di punti vendita, è ancora una volta Federmetano, che rappresenta proprio i distributori sul territorio nazionale, a fugare qualsiasi dubbio. «Oltre a rappresentare un vettore energetico virtuoso, il biometano è dotato di un’infrastruttura esistente e capillare composta di circa 1.500 punti vendita, che non richiede ulteriori investimenti ed è pronta anche per le future miscele metano/idrogeno, consentendoci perciò di guardare molto avanti nella transizione energetica» conclude Natali.
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STAMPA ITALIANA ecò
ALIA «Trasformeremo i rifiuti
in compost e biometano»
Dalle colline del Chianti non solo vino, ma anche biometano e compost di qualità: a Montespertoli, comune dell’hinterland fiorentino, si sta ultimando il più grande biodigestore d’Italia, impianto di raccolta e trattamento di rifiuti organici che si trasformano in gas naturale
È
di Giuseppe Motisi
conto alla rovescia per il taglio del nastro del biodigestore dei record: ancora pochi mesi e l’impianto di Montespertoli in provincia di Firenze, attualmente il più grande d’Italia, verrà completato ed inizierà a produrre biometano e compost dagli scarti alimentari e agricoli conferiti in questa struttura. A pieno regime il biodigestore fiorentino gestito da Alia, società che si occupa dei servizi ambientali della Toscana centrale, arriverà a produrre undici milioni di metri cubi di metano naturale e 25.000 tonnellate di compost destinato a fertilizzare campi, orti e vigne. I lavori, finanziati da Alia con 30 milioni di Euro, partiti nel 2020 e incappati in diversi stop causati dalla pandemia da Covid-19, sono dunque al rush finale e hanno riguardato l’ampliamento del preesistente impianto di compostaggio di Montespertoli, che è stato anche dotato delle ultime tecnologie in campo di recupero e lavorazione della frazione organica delle im-
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mondizie; all’orizzonte c’è quindi un innovativo biodigestore che promette di funzionare in totale sicurezza: tutta la procedura di trasformazione dei rifiuti avverrà al chiuso, in ambiente sigillato, senza produrre emissioni in atmosfera. «Si tratta, in sostanza, di un ammodernamento tecnologico del già presente impianto di compostaggio, che diventerà ancora più efficiente, migliorando le opportunità di riciclo dei rifiuti organici e biodegradabili, producendo carburante pulito, senza emissioni – spiegano i responsabili di Alia -. Grazie al biodigestore, i rifiuti organici differenziati nelle nostre case, attraverso un avanzato processo produttivo, saranno trasformati in biometano, con benefici per la qualità dell’aria e dell’ambiente. La digestione anaerobica è un processo biologico naturale per mezzo del quale, in carenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas». QUANDO I RIFIUTI DIVENTANO FONTI RINNOVABILI Ingerirà rifiuti e sfornerà combustibile
e fertilizzanti, riducendo la percentuale di organico conferito in discarica e liberando i mezzi di raccolta dell’immondizia di Alia dalla schiavitù del pieno di gasolio: i camion dell’azienda saranno infatti alimentati con il biometano prodotto direttamente dai rifiuti che trasporteranno. È questo, in sintesi, il primo ambizioso obiettivo del progetto del biodigestore di Montespertoli, che strizza l’occhio anche al comparto agricolo visto che dai medesimi rifiuti si otterrà fertilizzante di alta qualità; il materiale ‘digestato’, che avrà dato precedentemente origine al biogas, verrà poi miscelato con sfalci e potature per essere avviato alla fase di compostaggio, e dare infine vita al compost. «Questo sviluppo permetterà ad Alia di avere autosufficienza per il recupero della frazione organica, anche in previsione delle trasformazioni dei servizi di raccolta – concludono i responsabili dell’azienda fiorentina -, rispondendo quindi in maniera ecologicamente sostenibile al problema della gestione dei rifiuti ed incrementando posti di lavoro sul territorio».
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NextChem «Puntare sull’innovazione per chiudere il ciclo della gestione rifiuti» Il comparto industriale della Toscana tenta il rilancio attraverso la carta dell’economia circolare e il riciclo chimico dei rifiuti, un’inedita tecnologia di reimpiego degli scarti delle discariche già testata in Giappone di Giuseppe Motisi
L’
aiuto a un comparto in difficoltà, quello dell’industria alle prese con le sfide della transizione ecologica, arriva da un settore che non ti aspetti, ossia quello dei rifiuti, grazie a una nuova tecnologia che punta a dare nuova vita alla frazione non riciclabile degli scarti urbani che potrà essere trasformata in energia, proprio per le necessità produttive del settore secondario. È la proposta avanzata dalla NextChem, società italiana del gruppo Maire Tecnimont che opera nel campo della chimica ‘verde’ e delle tecnologie per la transizione energetica, per sostenere le industrie della Toscana sul fronte della decarbonizzazione; un’operazione che non prevede il ricorso a nuove fonti energetiche, ma semplicemente la valorizzazione di quell’esistente che non ha alcuna prospettiva di una ‘second life’: i rifiuti non riciclabili. Dalla spazzatura opportunamente lavorata con una procedura messa a punto da NextChem, è infatti possibile ottenere
energia pulita da mettere in rete per le necessità delle imprese manifatturiere. Una (quasi) inesauribile fonte di energia generata per procedimento chimico, e non destinata al classico termovalorizzatore. «La tecnologia di conversione chimica per la produzione di molecole circolari è un’innovazione di NextChem che si basa su processi consolidati – spiega Pierroberto Folgiero, Ceo di NextChem -. È una soluzione che contribuisce sia alla riduzione dello smaltimento dei rifiuti in discarica, sia alla decarbonizzazione dell’industria e dei trasporti». LE DOTI NASCOSTE - Per comprendere quali possano essere gli scenari di semi-indipendenza energetica proposti da NextChem qualora si applicasse la tecnologia di conversione chimica alla spazzatura che non è possibile avviare al riciclo, ecco qualche dato: ogni anno in Toscana si generano 2,28 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, cui si aggiungono almeno altre 10,1 milioni di tonnellate di rifiuti
speciali; una congerie di immondizia che in larga parte è gestita con difficoltà, soprattutto la frazione abbandonata tal quale in discarica. Ed è proprio l’avvio al trattamento chimico l’uovo di Colombo per una gestione dei rifiuti e una industrializzazione accomunati dalla sostenibilità. «La presenza di industrie storiche da riconvertire e l’infrastruttura logistica esistente suggeriscono l’individuazione di soluzioni che possono portare la Toscana all’avanguardia nella transizione ecologica e, al contempo, rispondere ad esigenze di tutela e sviluppo occupazionale», spiega Fabrizio Di Amato, presidente del gruppo Maire Tecnimont. In concreto NextChem ha avanzato un progetto di un ‘Distretto circolare verde’ che vedrebbe al centro delle attività proprio il riciclo chimico, soluzione tecnologica che permette di spezzare la struttura chimica dei rifiuti non riciclabili per ottenere molecole più piccole, re-impiegabili appunto come elementi di partenza per nuovi prodotti o carburanti sostenibili.
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CNR-Nanotec Dal silicio ai perovskiti: ecco l’evoluzione del fotovoltaico
di Domenico Cavazzino
Lo sfruttamento dell’energia solare avrà un ruolo centrale nella transizione energetica. Da qui nasce lo studio dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche su alternative al silicio nello sviluppo di materiali per il fotovoltaico emergente 18
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er ottenere l’indipendenza energetica dovremo vivere circondati da specchi? Forse non sarà necessario. Oggi, uno degli strumenti principali utilizzati per migliorare l’efficientamento energetico di case e condomini, ma non solo, è quello dell’utilizzo di pannelli fotovoltaici. In media, un pannello può produrre tra i 200 e i 300 watt di potenza, con alcuni che arrivano intorno ai 450. Tuttavia, l’installazione richiede grandi spazi liberi e, ovviamente, con una buona esposizione al sole per raggiungere una produzione efficiente di energia. Dovremo quindi rassegnarci a vedere campi “sepolti” sotto chilometri di pannelli fotovoltaici? È possibile, al netto di dimensioni contenute, aumentare la potenza o perlomeno l’efficienza dei dispositivi? La risposta arriva dalla ricerca. Come ci spiega Silvia Colella, ricercatrice dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nanotec), «Le soluzioni del fotovoltaico, cosiddetto di terza generazione, su cui stiamo lavorando sono proprio una soluzione a questa problematica perché prevedono la fabbricazione di pannelli, di moduli
fotovoltaici che siano molto meno impattanti sul paesaggio e sul suolo perché non si tratta di moduli rigidi, come possono essere quelli attuali in silicio, ma di vernici fotovoltaiche che possono essere stampate su una qualsiasi superficie. Possono, quindi, essere integrate all’interno di edifici già esistenti». NUOVI MATERIALI - Tra le possibili applicazioni, aggiunge la ricercatrice, «si pensa addirittura a delle finestre smart che possano produrre energia. L’idea di questo tipo di fotovoltaico è essere integrato negli edifici esistenti piuttosto che richiedere una quantità di suolo dedicata esclusivamente a quello». I materiali allo studio da parte del Cnr-Nanotec si chiamano perovskiti di alogenuro metallico. «Sono tra i materiali più promettenti e in pochi anni hanno rivoluzionato questo settore, raggiungendo efficienze di conversione della luce solare in energia elettrica maggiori del 25 per cento per dispositivi in scala di laboratorio, superando quelle del silicio policristallino (materiale principale utilizzato nei pannelli fotovoltaici)». La particolarità di questi materiali
«La transizione energetica dovrebbe essere una sinergia delle tecnologie a disposizione»
li rende, «quando vengono depositati in forma di film sottile, come una pellicola, una vernice che si può immaginare anche di depositare ad esempio su un foglio flessibile, di plastica». E allo studio ci sono anche altre soluzioni. Ad esempio, si parla di «materiali polimerici, cioè delle plastiche conduttive, che hanno delle efficienze un po’ più basse però possono sempre essere depositati con delle tecniche di stampa. Quando dico stampa intendo proprio a Ink Jet quindi tecniche diffuse di stampa su larga area, anche già esistenti che possono essere convertite o comunque adattate a stampare un tipo di inchiostro diverso rispetto a quello classico». Attenzione, però, non immaginatevi di poter realizzare pannelli fotovoltaici con la stampante di casa. Si tratta comunque, ricorda la dottoressa Colella, «di sostanze chimiche che hanno bisogno di essere maneggiate da personale qualificato, però possono essere rese fruibili, nel momento in cui vengono isolate dall’ambiente esterno, anche solo con una pellicola protettiva. Non stiamo parlando di qualcosa che sta in casa. Si tratta sempre di un dispositivo elettronico che ha bisogno di avere delle connessioni elettriche, una struttura di supporto che richiede personale qualificato e anche un trattamento dei materiali idoneo». Sicuramente, la sfruttabilità di questi materiali è notevole perché potrebbero integrarsi, producendo energia, con qualsiasi superficie purché questa abbia una adeguata esposizione al sole. «Ci sono anche soluzioni semitrasparenti che possono consentire di integrare queste pellicole, questi dispositivi sulle finestre. Quindi di rendere la finestra conduttiva». ABBATTIMENTO DEI COSTI - Insomma, il futuro sembra quello di orientarsi verso l’utilizzo e l’applicazione di nuovi materiali. Attualmente, invece, sembra non sia possibile aumentare più di tanto l’attuale potenza energetica generata dai pannelli fotovoltaici. Ormai, ci spiega la ricercatrice del CNR, «è più una questione di fruibilità e di abbattimento dei costi di produzione a parità di potenza generata, perché comunque la tecnologia al silicio è una delle più energivore che ci possano essere a livello di produzione». Per trovare modelli più potenti bisogna…lasciare il Pianeta. «Applicazioni a potenze molto elevate sono in genere anche quelle più costose che sono poi quelle dedicate, ad esempio, allo spazio. Ci sono delle celle solari fotovoltaiche che sviluppano una potenza elevatissima, ma non sono dedicate a delle applicazioni di tipo civile».
TECNOLOGIA IBRIDA - Guardando ai prossimi tempi, attualmente ci sono alcune società europee nate come spin-off universitarie che stanno sperimentando le nuove tecnologie e che prevedono la possibilità di ottenere risultati adatti alla commercializzazione entro pochi anni. Non ci sarà, però, una dismissione della tecnologia al silicio, ma probabilmente una coesistenza se non di più. «Si sta lavorando molto sulla tecnologia ibrida tra il silicio, usato nei pannelli fotovoltaici attuali, con questi materiali nuovi per avere una cella fotovoltaica molto più efficiente che sviluppi una potenza più elevata. Questo è un passaggio intermedio rispetto a quel che può essere lo sviluppo di un pannello esclusivamente a base di perovskiti». In ogni caso, «si tratterà di sistemi che diventeranno complementari rispetto al silicio, così come per tutte le tecnologie green. La transizione energetica - conclude Silvia Colella - dovrebbe essere una sinergia di tutte le tecnologie che abbiamo a disposizione».
Sopra, soluzione di precursori della perovskite e dispositivo fotovoltaico fabbricato presso i laboratori del Cnr-Nanotec (credits Francesco Bisconti). Sotto, i modelli di celle solari fotovoltaiche dalla potenza più elevata sono dedicati allo spazio
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IL TRASTEVERE SOGNA
Betturri: «Presto un nuovo stadio dentro Roma»
di Lorenzo Scalia
Il presidente del club capitolino: «Abbiamo già individuato la zona: si trova nelle vicinanze di via Bravetta. Niente cemento armato. Saranno impiegati materiali come il legno». Costo dell’operazione di circa tre milioni di euro 20
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ccelerata Trastevere. Il club di uno dei rioni più famosi di Roma ha impostato le basi per costruire uno stadio dentro la città: sarebbe il secondo più importante, alle spalle solamente dell’Olimpico. Considerato che il Flaminio è in completo stato di abbandono. E ragionando sul fatto che Roma e Lazio sono ancora in alto mare con i progetti degli stadi di proprietà. «Abbiamo già individuato la zona: si trova nelle vicinanze di via Bravetta», spiega il presidente Pier Luigi Betturri. Ancora: «I tempi di realizzazione però non saranno brevi. Secondo me impiegheremo almeno tre anni prima di inaugurarlo e poterci correre dentro». Quasi inutile dire che l’idea è di mettere a punto uno stadio moderno, al passo con i tempi, utilizzando materiali eco e inserendo pannelli solari e led di ultima generazione. Insomma, green fin dalla posa della prima pietra. «Chiaramente la struttura non sarà in cemento armato ma saranno impiegati materiali inusuali, come per esempio il legno trattato. Vogliamo uno sta-
dio 4.0, piccolo e confortevole, per giocare in Serie C», continua il numero uno del Trastevere. Il costo dell’operazione del nuovo impianto, che avrà una capienza di almeno duemila posti, è di circa tre milioni di euro. Una cifra che non spaventa il Trastevere perché i bilanci del club sono in ordine. «Il Trastevere Calcio non è una società normale. Ha tutta una sua immagine e delle attività a margine numerosissime che contribuiscono a non rendere il bilancio negativo. Ci sono diverse entrate ma anche molte uscite. Cerchiamo sempre di tenere i numeri sotto controllo. Con questo tipo di politica riusciamo a fare campionati sempre di un certo livello. Anche in ambito femminile, dove abbiamo le carte in regola per salire in Serie B».
«Vogliamo uno stadio piccolo e confortevole per giocare nel campionato di Serie C»
LUNGA STORIA - È stata la culla di Francesco Totti. La squadra che l’ha accolto e poi lanciato verso una carriera stellare. Sia in maglia giallorossa che azzurra nazionale. Ma anche una creatura allenata da Fulvio Bernardini, autentica leggenda della Capitale e non solo. Il
Trastevere Calcio è considerato a mani basse la terza squadra di Roma da quando la Lodigiani è scomparsa dal radar dei professionisti: lo dice la storia (la fondazione risale al 1909), lo dice il più recente cammino di rinascita, lo dicono i personaggi che ciclicamente hanno fatto grande il club che rappresenta il Rione. DIECI ANNI - Alla guida del Trastevere c’è il presidente Pier Luigi Betturri, che esattamente dieci anni fa ha fatto rinascere la società iscrivendola al campionato di Terza Categoria. La scalata nelle gerarchie pallonare è stata rapida e veloce. Così tanto che il Trastevere versione Serie D rappresenta una certezza quando iniziano i campionati minori. Attualmente gioca le partite interne al Trastevere Stadium, impianto che si trova all’interno di Villa Doria Pamphilj. Un gioiello che però non può ospitare le partite di Serie C: è impossibile da omologare per diversi motivi, in primis a causa della posizione e della grandezza di spalti e rettangolo verde. Come è noto, infatti, a Roma, in questo momento, non ci sono stadi adatti a squadre professionistiche se si esclude l’Olimpico, tra l’altro già occupato da Roma e Lazio e con costi di gestione importanti. Dunque: se il Trastevere sale di un’altra categoria non ha una struttura attualmente dentro la città e quindi non si può iscrivere in Serie C. «Ma noi quest’anno, come in passato, puntiamo a vince-
A destra, il presidente Pier Luigi Betturri
re. Certo, adesso c’è la Recanatese davanti a noi in classifica, ma se facciamo le cose per bene possiamo chiudere la stagione al primo posto e salire», ci dice il presidente Betturri. In caso di promozione, quindi, «siamo anche disposti ad andare a Rieti o Latina, in alternativa fuori dalla regione Lazio, in attesa di vedere nascere il nostro nuovo stadio».
«Il Trastevere Calcio non è in vendita. Non bastano neanche dieci milioni di euro»
FONDI AMERICANI - Non è un mistero. Più volte dei fondi americani hanno provato a prendere informazioni in Italia per mettere le mani sul Trastevere Calcio. «Alcuni fondi vogliono investire nel calcio italiano perché probabilmente pensano che nel futuro ci saranno dei ritorni importanti. Sono attratti dalla storicità, da ciò che è antico. Trastevere è un brand noto in
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Sopra, da sinistra, il presidente Betturri con Gianni Infantino (Fifa), e Francesco Ghirelli (Lega Serie C), all’interno del Trastevere store
tutto il mondo. Siamo una società che ha uno store nel cuore della città e che dispone già del Trastevere Stadium». Ma una cosa è certa: «Il Trastevere Calcio non è in vendita - conferma Betturri - Non bastano neanche dieci milioni di euro perché stiamo parlando di una di quelle cose che non si vendono. E’ un po’ come se mi offrissero la stessa cifra per il mio gatto Arturo, al quale tengo tantissimo. Non si può dare via in cambio di denaro: è una questione di affetto, di famiglia, di passione». SUCCESSO - Cambiano giocatori, allenatori e componenti della dirigenza, ma il risultato è sempre lo stesso: il Trastevere, infatti, ha collezionato negli ultimi cinque anni sempre
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posizioni da “Champions League“, non avendo mai chiuso la stagione al di sotto del quarto posto. L’anno scorso ha addirittura vinto i play off dopo aver centrato il secondo posto. Ma il salto in Serie C non si è materializzato per il problema stadio. Anche adesso le cose stanno andando oltre le aspettative nonostante la rivoluzione totale e un ruolo chiave cambiato. Il diesse Mattiuzzo, in estate, è passato all’Ostia Mare (non è stato l’unico) e al suo posto è subentrato il giovanissimo Flavio Maria Betturri, il figlio del presidente. Una mossa azzeccata alla luce dei risultati della squadra, che è profondamente cambiata. «Flavio Maria ha fatto tanta gavetta e adesso sta raccogliendo i frutti dei sacrifici - chiude il numero uno del club Non era facile sostituire Mattiuzzo e ricostruire una rosa competitiva. E’ un ragazzo che si è sempre impegnato, partendo dal basso. Se ho paura che in futuro vada in una società importante? Le persone devono camminare con le proprie gambe, se lo chiamano da un’altra parte e lui ritiene giusto andare, non ci vedo niente di male». Insomma, uno dei segreti del Trastevere è sapersi reinventare, fuori e dentro il campo (gli addi di Lorusso e company non hanno pesato più di tanto), trovando risorse sempre nuove, capaci di lavorare per un obiettivo comune: sbarcare tra i pro crescendo anno dopo anno, programmando e investendo sulle strutture e sugli uomini.