Stampa Italiana Ecò - Anno 2 N. 2 - febbraio 2022 - Supplemento mensile della testata giornalistica Stampa Italiana - Copia gratuita
STAMPA ITALIANA ecò
START Idee, progetti e finanziamenti sono al nastro di partenza. Grazie alle nuove sinergie fra pubblico e privato, l’economia circolare ha conquistato il cuore produttivo del Made in Italy. La rivoluzione verde è appena iniziata
STAMPA ITALIANA ecò Stampa Italiana Ecò Anno 2 N. 2 - febbraio 2022
ECCO I FONDI PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
Giorgetti: «Un segnale concreto»
Supplemento mensile della testata giornalistica Stampa Italiana Registrazione Tribunale di Roma N. 174 del 17 dicembre 2019 Proprietario e direttore responsabile: Andrea Nicosia Editore: Si Informa Srls Sede legale: Via Domokos, 4 20147 Milano P. Iva: 11304160960 Pec: siinformasrls@legalmail.it Direttore editoriale: Valentina Flacchi Vice Direttore editoriale: Mario Caprini Pubblicità: pubblicita.eco@stampaitaliana.online Collaborano: Domenico Cavazzino, Nicodemo Lanti, Leonardo Nesi, Sara Nicelli, Gabriele Samuelli, Lorenzo Scalia Art director e progetto grafico: Stefano Salvatori Sede operativa: Piazza Augusto Imperatore 32 Roma Sito internet: stampaitaliana.online Mail: redazione@stampaitaliana.online Stampa: Tipolitografia Quattroventi Srl Via Andrea del Castagno 196 Roma Prezzo di copertina: Gratuito Mandato in stampa il: 4-02-2022 PUBBLICAZIONE SPONSORIZZATA DA:
Carta prodotta con energia rinnovabile
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nvestimenti e transizione ecologica: un asse dove l’Italia sembra indirizzata a voltare pagina. Adesso il foglio è bianco. E va scritto. Al meglio, chiaramente. L’inizio dell’anno, da che mondo è mondo, è dedicato ai buoni propositi, alla programmazione del futuro. In questa chiave va letto il pacchetto di misure messo a punto dal ministero dello Sviluppo Economico per sostenere e rafforzare con oltre 2,5 miliardi di euro gli investimenti in startup e Pmi innovative. Le missioni sono due. La prima: favorire la crescita di un ecosistema di innovazione. La seconda: accompagnare i processi di transizione ecologica e digitale. Traduzione: mettere le basi per un sistema Italia capace di strizzare l’occhio al futuro. Senza paura di fallire.
dal Ministero in attuazione al decreto infrastrutture. A questa quota vanno aggiunti i 550 milioni del Pnnr. E in più ci saranno altri 600 milioni stanziati da parte di Cdp e investitori terzi. Una spinta del genere non si era mai vista in relazione alle startup e alle piccole e medie imprese in Italia. «Sono molto soddisfatto per queste iniziative che arrivano dopo un lungo confronto perché sviluppano una sinergia tra Mise e Cdp che può portare a risultati interessanti per lo sviluppo delle startup e delle piccole e medie imprese innovative. Vogliamo dare un segnale concreto, importante e immediato per accompagnare le imprese italiane verso la vittoria della sfida con la transizione ecologica che se non è affrontata con lungimiranza ed equilibrio lascerà sul suo percorso morti e feriti in termini di aziende chiuse e persone che restano senza lavoro. Dalla collaborazione già sperimentata con Cdp ci aspettiamo risultati importanti per lo sviluppo e la crescita dell’economia italiana», ha detto il ministro Giancarlo Giorgetti.
GIORGETTI - Il ministero dello Sviluppo Economico ha assegnato le risorse a Cdp Venture Capital Sgr, controllata al 70 per cento dal Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), che ha il compito di attirare nuovi investitori, nazionali ed internazionali, e far crescere il mercato del venture capital in Italia. Cdp Venture Capital, quindi, avrà a disposizione i 2 miliardi di euro stanziati
GREEN NEW DEAL ITALIANO - Gli investimenti industriali finalizzati alla realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione per la transizione ecologica e circolare potranno contare su agevolazioni finanziarie e contributi a fondo perduto. Sono stati infatti stanziati 750 milioni in relazione agli ambiti di interventi del green new deal italiano. «La sostenibilità ambientale è decisiva per il nostro futuro ed è un obiettivo da perseguire e raggiungere», ha sottolineato il ministro. Gabriele Samuelli
Sommario
Distretti ecologici Affrontare le difficoltà con la strategia di Domenico Cavazzino 12
Economia circolare Cento realtà del Made in Italy di Nicodemo Lanti
River cleaning La soluzione italiana contro l’inquinamento di Lorenzo Scalia 14
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CNR - CAI Rifugi sentinelle per studiare l’atmosfera di Domenico Cavazzino 6
Maxa Climatizzazione e green di Sara Nicelli
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Clima e infrastrutture Giovannini: «Puntare su sviluppo sostenibile» di Leonardo Nesi 9
Agrovoltaico La risposta al caro energia di Domenico Cavazzino
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Semaforo intelligente Moveax: l’azienda italiana che sfida Google di Lorenzo Scalia 10
My Soccer Player La telecamera intelligente per lo sport di Lorenzo Scalia 20
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STAMPA ITALIANA ecò
Economia circolare
Ecco il Made in Italy che guarda alla qualità e all’innovazione di Nicodemo Lanti
Un dossier realizzato da Fondazione Symbola in collaborazione con Enel presenta 100 realtà italiane e le loro iniziative in ambito sostenibile
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I
classici modelli di produzione non sono più sostenibili. Le aziende devono intraprendere con decisione un percorso di transizione verso l’economia circolare. Solo così, infatti, è possibile contrastare la carenza di materie prime che nell’ultimo periodo, aggravata anche dalla crisi pandemica, ha colpito la maggior parte del Pianeta. Una strada percorsa da molte aziende italiane, come dimostra l’ultimo rapporto realizzato dalla Fondazione Symbola in collaborazione con Enel col patrocinio del ministero della Transizione ecologica (MiTe). La ricerca, dal titolo “100 Italian Circular Economy Stories”, presenta altrettanti e più casi di economia circolare presenti sul territorio nazionale, considerati particolarmente significativi per la solidità delle soluzioni adottate e l’originalità delle stesse. L’obiettivo finale è la riduzione delle emissioni di CO2 e il risparmio energetico ottenibili grazie al riciclo e a un ampio uso di materiale rinnovabile. «L’Italia - spiega Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola - può dare un contributo importante alla sfida alla crisi climatica in tanti settori in cui è già protagonista, a
partire dall’economia circolare. Siamo il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti ben superiore a tutti gli altri grandi Paesi europei: risparmiamo così 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio all’anno e circa 63 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. La carenza di materie prime ci ha spinto ad utilizzare quella fonte di energia rinnovabile e non inquinante che è l’intelligenza umana. Abbiamo così costruito un sistema più efficiente. Le cento realtà di questo dossier spiegano perché, come è scritto nel Manifesto di Assisi, “affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro”». La concentrazione più alta è in Lombardia con 57 aziende selezionate, seguita da Emilia Romagna (27), Veneto e Toscana (24). Subito fuori dal podio il Piemonte e il Lazio, rispettivamente con 22 e 17 società individuate dalla ricerca.
«L’Italia può dare un contributo importante alla sfida alla crisi climatica»
I PIÙ VIRTUOSI - Si tratta, in ogni caso, solo di una parte del panorama italiano. Se si
parla di economia circolare, infatti, il nostro è il Paese più virtuoso d’Europa con una percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti pari al 79,4 per cento. Seguono Germania e Francia con il 69 e il 66 per cento, mentre la media dell’Unione europea è pari al 49 per cento. Le circa 117 milioni di tonnellate riciclate sono impiegate come materiale nei settori di edilizia e infrastrutture (il 50 per cento pari a 59 milioni di tonnellate) e nell’industria manifatturiera (il 33 per cento che corrisponde a 39 milioni di tonnellate). Grazie a questa componente di materia derivante dal ciclo nazionale dei rifiuti, a cui si aggiungono i materiali provenienti dal recupero interno delle industrie e quelli importati, l’industria italiana raggiunge un tasso di circolarità (rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie - prime e seconde - impiegate) pari a circa il 50 per cento. Inoltre, l’Italia risulta il più efficiente tra i grandi Paesi dell’Unione Europea nel consumo di materia. Un traguardo raggiunto grazie alle 270,5 tonnellate di materiali utilizzati per milione di euro prodotto, dato quasi dimezzato rispetto a dieci anni fa e molto inferiore se confrontato con quello tedesco (333,9). CENTO REALTÀ - Esaminando il contenuto del dossier la ricerca ha esaminato vari settori selezionati in base alla loro rilevanza rispetto al contesto economico nazionale, considerando il ruolo strategico riconosciuto ad alcuni di essi dalle politiche europee sulla sostenibilità ambientale. Le 100 storie riguardano altrettante realtà che spaziano dall’agroalimentare alla moda, dagli imballaggi alla meccanica fino al legno d’arredo, all’edilizia e alla finanza, senza dimenticare l’elettronica e la chimica. A legare le varie società che operano in questi differenti ambiti è la ricerca di un’efficienza energetica e un utilizzo consapevole dei materiali. Risultati raggiunti innovando sin dalle fasi di progettazione, con approcci di eco-design per allungare la vita dei prodotti, guardando a nuovi modelli di consumo. Questo si ripercuote positivamente sui costi di produzione e sulla competitività delle aziende stesse. Francesco Starace, Direttore Generale e Amministratore Delegato Enel, parla così del lavoro realizzato con la Fondazione Symbola: «Prosegue il racconto di eccellenze made in Italy composto da imprese, centri di ricerca, realtà del mondo associativo che quotidianamente lavorano per ridurre nei processi produttivi rifiuti e inquinamento, ricercano e progettano prodotti duraturi, riutilizzabili, riparabili o riciclabili, cercando una nuova sintesi tra bellezza e sostenibilità.
L’applicazione dei principi dell’economia circolare lega diverse filiere in un processo di simbiosi industriale, dove lo scarto di un’impresa, o di un comparto, diventa materia prima per un’altra; un approccio decisivo per affrontare la crisi climatica e che al tempo stesso aumenta la competitività, generando opportunità commerciali ed economiche oltre che benefici ambientali e sociali». Cento realtà per raccontare un made in Italy che guarda alla qualità e all’innovazione in chiave sostenibile.
Sopra, la copertina del dossier “100 Storie italiane di economia circolare”
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STAMPA ITALIANA ecò
CNR-CAI Rifugi sentinella per studiare l’evoluzione dei cambiamenti climatici di Domenico Cavazzino
L’accordo darà vita a una struttura lungo tutta la Penisola che permetterà di ottenere un quadro reale e aggiornato sullo stato del clima e dell’ambiente sulle nostre montagne
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na rete di osservatori per studiare il clima (e non solo) a un passo dal cielo. Con questo obiettivo nasce l’accordo tra CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e CAI (Club Alpino Italiano) per la creazione dei Rifugi Sentinelle del Clima. Si tratta di 19 strutture, di cui quattro del CNR e 15 rifugi alpini del CAI che, insieme, costituiranno un organismo preposto al monitoraggio meteo-climatico lungo tutta la Penisola. Un progetto che nasce da lontano, precisamente l’11 dicembre 2019, giorno della firma dell’accordo. Un momento simbolico, ricorda Paolo Bonasoni, ricercatore e responsabile dell’osservatorio climatico del CNR, perché in quella data ricorre ogni anno la giornata internazionale della montagna. L’iniziativa, seppur rallentata dall’avvento della pandemia, è andata avanti con la creazione di un comitato di indirizzo composto da tre membri del CNR e altrettanti del CAI a cui poi si sono aggiunti altri specialisti che hanno iniziato a lavorare sul progetto.
I VANTAGGI - I rifugi del CAI saranno così aperti al monitoraggio dei principali parametri meteorologici ed all’attività scientifica, come già avviene negli Osservatori climatici del CNR. I vantaggi, ci spiega Paolo Bonasoni, sono diversificati. «Quello iniziale è che i rifugi del CAI sono molti di più, naturalmente. Alcune di queste strutture hanno già delle stazioni meteorologiche che misurano la temperatura, l’umidità, la pressione e l’intensità del vento. Tutti dati che saranno poi acquisiti da un server centrale. Inoltre, questi rifugi sono rappresentativi non solo di un contesto strettamente locale, ma di un’area anche più vasta così come lo sono i quattro osservatori CNR a cui è anche demandato il compito di misurare la composizione dell’atmosfera oltre alla parte meteorologica». La nuova rete di osservatori, che costituirà una vera e propria dorsale dalle Alpi alla Sicilia, permetterà di acquisire informazioni in un’area particolarmente sensibile come il bacino del Mediterraneo. Questo, insieme ad altri luoghi come l’Artico o l’Himalaya viene chiamato Hot-spot
«Questi rifugi possono rappresentare un valore aggiunto»
Climatico, termine per indicare luoghi considerati “punti caldi” per via delle loro problematiche ambientali. «L’Italia diventa un po’ un termometro che va a “conficcarsi” nella regione mediterranea. È l’unica nazione che ha questa possibilità. Da qui nasce l’idea di iniziare questa tipologia di misurazioni dedicandoci un po’ all’alta quota per capire come, purtroppo, non troppo bene stiamo andando. Tra dieci, 20 e 30 anni, ci saranno dati che saranno di rilievo per comprendere questo andamento. L’altro aspetto importante riguarda la possibilità che questi rifugi diventino anche luoghi di sensibilizzazione e diffusione della ricerca scientifica congiunta, come del rispetto per la montagna. Così come esiste il discorso di citizen science, si potrebbe pensare quasi a una “mountaineer science”, dedicata alle persone che frequentano la montagna sia per averne più rispetto da un punto di vista ambientale, ma anche climatico. Inoltre, chi riceve queste informazioni le porta con sé quando rientra a casa. Quindi si tratta di un valore aggiunto che questi rifugi possono rappresentare». CRISI DEI GHIACCIAI - Il compito principale, però, riguarderà lo studio del clima e i suoi mutamenti. A cominciare dalle Alpi. «Una situazione di criticità - spiega Bonasoni - che conosciamo bene, data dal riscaldamento termico. I ghiacciai come ben sappiamo non godono di ottima salute. Si tratta di un 60 per cento in meno della superficie nell’ultimo secolo e mezzo. Caso estremo quello della Marmolada, che ha perso in 100 anni un volume di circa il 90 per cento». Il dirigente del CNR ricorda la preoccupante situazione in cui versano i ghiacciai al di sotto dei tremila metri. «Non voglio usare la parola estinzione, ma la realtà è questa. Rimangono solo alle quote più alte dei massicci più imponenti. E questo porta in circolo altre problematiche. Come quella della
ricchezza dell’acqua che deriva un po’ da queste fonti. I dati che verranno raccolti sono importanti per tracciare un trend riguardante l’aumento della temperatura piuttosto che gli aspetti legati all’umidità, al suolo e quant’altro permetterà di tracciare delle previsioni. Scenari in grado di capire l’evoluzione di quello che ci aspetta».
«L’atmosfera non ha confini. Non si possono fermare le emissioni con un muro»
EMERGENZA CLIMA - Il riscaldamento globale, infatti, è un problema che non riguarda solo il nostro Paese. In questo caso, ricorda Bonasoni, è importante la corretta informazione per contrastare il fenomeno delle fake news. «Proprio per questo l’IPCC (The Intergovernmental Panel On Climate Change), panel intergovernativo voluto dalle Nazioni Unite,
In apertura, l’osservatorio CNR sul Monte Cimone. In questa pagina, da sopra, il Rifugio Gastaldi (CAI) in Piemonte, il Rifugio Plateu Rosa in località Testa Grigia (Valle d’Aosta) e l’Osservatorio CNR sul Monte Cimone
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STAMPA ITALIANA ecò Nella foto, il Rifugio Capanna Margherita sul Monte Rosa. Sotto, la mappa dei Rifugi Sentinelle del Clima in italia
pubblica il suo report che è un po’ una “Bibbia del clima”. Si tratta di volumi consultabili liberamente dal sito IPCC. Lo scorso anno la temperatura della Terra è stata quella del sesto anno più caldo mai registrato. Gli ultimi otto anni sono stati, in pratica, i più caldi dal 1880. Secondo il Copernicus Climate Change Service - C3S, programma coordinato dalla Commissione europea, il 2020 a livello mondiale è stato di 1,25 °C al di sopra del periodo pre-industriale. Si tratta dell’anno più caldo dell’Europa mai registrato. Le conseguenze di queste mutazioni vanno da periodi di piogge torrenziali e inondazioni ad aree che bruciano, non ultima la California, in modo particolarmente intenso dovuto anche a fenomeni siccitosi importanti. Il problema dei ghiacciai: sappiamo che c’è una parte di terreni in alta quota o dove il permafrost, questo terreno congelato, col rialzo termico si sta sciogliendo. In alcune aree questo contiene ancora grosse quantità di metano che con lo scioglimento finiranno nell’atmosfera». Un simile scenario richiede azioni immediate. «Dall’ottimizzare la raccolta differenziale a un uso ottimale dei mezzi privati di trasporto e dei mezzi pubblici. Inoltre, la riduzione di quelli che sono i composti o le emissioni dovute alla CO2, ma non sono le uniche cose. D’altra parte quello che abbiamo sull’altro lato della bilancia è un Pianeta che sta diventando sempre più invivibile. Quindi bisogna cercare di muoversi in una direzione sostenibile. Da Parigi all’enciclica “Laudato si” di Papa Francesco i richiami ci sono sempre
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stati, non ultima la Cop26 di Glasgow. A volte però non si riesce a percepirne la gravità». Le possibilità di invertire la tendenza ci sono, ma è necessario uno sforzo comune. Allo stato attuale, purtroppo, prosegue il ricercatore, «limitare i danni sarebbe già per alcuni aspetti una buona
cosa. L’atmosfera non ha confini, quindi non si possono fermare le emissioni con un muro. Chernobyl, per chi se lo ricorda, insegna». INIZIATIVE FUTURE - I Rifugi Sentinelle del Clima avranno quindi anche una funzione informativa. «Al di là della parte operativa, ci si pone anche lo scopo di informare correttamente chi andrà in visita o percorrerà i sentieri montani». E le iniziative tra CNR e CAI proseguiranno anche in futuro. «È già attiva un’altra progettualità estremamente importante che riguarda la terapia forestale. Un modo diverso per provare a vivere la foresta e quanto legato ai sentieri del CAI che si lega alla parte di scienza ad opera del CNR. Ad esempio, spiegando quali sono i composti organici volatili, benevoli per la salute, emessi dalla natura». Per preservare l’ambiente, in fondo, basta partire da questo.
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Clima e Infrastrutture
Giovannini (Mims): «Uno sviluppo sostenibile non è più rinviabile» Eventi climatici estremi, secondo le stime, provocheranno danni alle infrastrutture per due miliardi di euro all’anno entro il 2030
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di Leonardo Nesi
umentare la sostenibilità delle infrastrutture riducendo, allo stesso tempo, i danni dovuti ai cambiamenti climatici. Un risultato da raggiungere anche grazie all’utilizzo di strumenti finanziari innovativi volti a coinvolgere capitali privati nella transizione ecologica e la decarbonizzazione del settore dei trasporti. Queste tematiche sono il contenuto di due rapporti elaborati dalle Commissioni di studio istituite ad aprile 2021 dal ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini. Si tratta di “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità” e “Investire in infrastrutture: strumenti finanziari e sostenibilità” curati dai professori Carlo Carraro e Fabio Pammolli. «Il cambio di paradigma verso uno sviluppo sostenibile non è più rinviabile - ha sottolineato il ministro Giovannini – così come un forte investimento per rendere resilienti al cambiamento climatico le infrastrutture e i sistemi di mobilità del nostro Paese». IMPATTO ECONOMICO - Come riportato nel rapporto sul clima, il nostro Paese in futuro subirà, in base alle proiezioni, “un sostanziale aumento in frequenza e intensità di eventi climatici estremi”. Freddo e ondate di calore passando per siccità e incendi, fino a esondazioni fluviali e costiere e tempeste di vento. L’impatto economico di questi eventi sulle nostre infrastrutture raggiungerà i due miliardi di euro annui nel 2030 per salire fino a cinque entro il 2050. Le proiezioni, inoltre, evidenziano come i rischi climatici, in valori assoluti, interesseranno maggiormen-
te il nord Italia per via della densità di infrastrutture potenzialmente esposte alle intemperie. Tuttavia, a causa delle variazioni più pronunciate degli eventi climatici estremi, l’aumento del rischio climatico sarà relativamente più marcato al sud Italia. Questo, senza adeguate contromisure porterà a un aumento delle diseguaglianze economiche regionali. POSSIBILI SOLUZIONI - Per una sorta di legge del contrappasso, i cambiamenti climatici estremi colpiscono maggiormente infrastrutture e mobilità, settori di cui sono la diretta conseguenza. Il rapporto, infatti, ricorda come “il trasporto stradale è responsabile per il 93 per cento delle emissioni domestiche dirette di gas-serra del settore dei trasporti”. Le possibili soluzioni proposte vanno da innovazioni di tipo strutturale e tecnologico (come ad esempio
la copertura stradale con asfalto drenante) alla riduzione delle emissioni inquinanti, per quel che riguarda gli obiettivi di decarbonizzazione, favorendo il trasporto sostenibile e migliorando l’efficienza energetica dei veicoli. Inoltre, incentivare e migliorare il trasporto su ferro e la produzione di energia da fonti rinnovabili. «Nel corso dell’ultimo anno – ha ricordato il ministro – il ministero ha già intrapreso numerose azioni in questa direzione, coerentemente con il cambio di nome. Ma tutto ciò non basta: abbiamo bisogno di stimolare investimenti nella stessa direzione da parte del settore privato e per questo dobbiamo creare nuove forme di partnership pubblicoprivato e spingere le imprese ad adottare nuovi criteri di valutazione dei loro investimenti, che tengano conto degli impatti ambientali e sociali».
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MOVEAX
L’azienda italiana che sta sfidando Google di Lorenzo Scalia
Il Ceo Lorenzo Giustozzi: «Stiamo sviluppando un sistema di semafori intelligenti volto ad ottimizzare i flussi veicolari, ridurre i tempi d’attesa ai semafori e le relative emissioni inquinanti» 10
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n pezzo di Silicon Valley sta a Roma. Mountain View? Macché. Niente montagne e cime tempestose, niente leoni marini e baie, Moveax, che fa parte dell’associazione Roma Startup, è in linea d’aria a due passi dal Cupolone. Il quartier generale dell’azienda, infatti, si trova in via della Stazione di San Pietro, a ridosso della Città del Vaticano e non lontano dal centro storico. Lì dentro, dietro agli schermi di pc ultramoderni, nasce la magia, la voglia di andare oltre sviluppando software ma anche occupandosi di sicurezza informatica e blockchain: Moveax, del resto, ha tanti progetti in piedi. E con uno in particolare sta sfidando Google sui semafori intelligenti.
cosa perché attraverso sensori e telecamere, che servono al sistema per raccogliere informazioni, regola il tempo del verde, dell’arancione e del rosso per migliorare la viabilità, per gestire il traffico delle macchine e il flusso dei pedoni. I semafori intelligenti, dunque, sono uno strumento utile per ridurre l’inquinamento ma anche per migliorare la qualità della vita di chi sta al volante. Si stima, giusto per far capire l’entità del problema, che più di dieci giorni della vita di un cittadino medio romano sono interamente “sprecati“ nel traffico della Capitale.
La sede della startup romana si trova a pochi passi da San Pietro
COSA SONO - I semafori tradizionali sono gestiti da timer settati in modo tale che le luci restano accese per un tempo predeterminato, a prescindere da cosa accade (incidente, ingorgo o altro). Il semaforo intelligente è un’altra
SOLUZIONE ITALIANA - Si chiama Smart Traffic Light. È una soluzione tutta italiana che a breve andrà a competere con i semafori intelligenti messi a punto da Google, di cui al momento si sa pochissimo in termini di caratteristiche tecniche. «Moveax ha sviluppato un sistema di semafori intelligenti volto ad ottimizzare i flussi veicolari, ridurre i tempi d’attesa ai semafori, e ridurre le relative emissioni inquinanti. Come è noto le auto ferme
con il motore acceso sono tra le maggiori fonti di inquinamento. Il sistema - oggi in corso di ulteriore raffinamento e validazione in collaborazione con il Centro di Ricerca per la Logistica e i Trasporti dell’Università La Sapienza di Roma - ha dimostrato ottime performance in ambiente simulato, con riduzioni significative dei tempi di attesa e delle emissioni», ci spiega Lorenzo Giustozzi, Ceo di Moveax. I risultati di Smart Traffic Light - iniziati otto mesi fa e seguiti passo dopo passo dall’Head of Innovation di Moveax Mirko De Maldè - sono stati sorprendenti. Forse sono andati anche oltre le aspettative iniziali, di quando l’idea era nella testa e non dentro un codice complesso. «Le simulazioni hanno dimostrato la capacità del sistema di contribuire a ridurre fino al 40 per cento le emissioni di Co2 e soprattutto di NOx e PMx». SMART CITY - Una cosa è certa: le metropoli del futuro (e non solo) saranno presto dotate di semafori intelligenti. E il mercato, almeno in Italia, è ancora vergine. O meglio: siamo ancora a zero o quasi. Il nostro Paese finora ha fatto poco per ridurre in maniera drastica il traffico e l’inquinamento nelle città più densamente popolate. Ma è notizia di pochi mesi fa (era dicembre) che Roma Capitale, attraverso il sindaco Roberto Gualtieri, ha praticamente chiuso un accordo con Google per avviare la sperimentazione dei semafori intelligenti, che saranno installati in alcuni incroci particolarmente critici della città. Da quello che è filtrato si tratterebbe di piazzale Appio, via del Porto Fluviale e via Cristoforo Colombo. La sperimentazione potrebbe partire già a giugno del 2022. Ma risulta difficile dire come andrà. Di certo Moveax va avanti per la sua strada e non si preoccupa dalla concorrenza americana, forte dei risultati ottenuti dal suo software. «Le opportunità sono tantissime e noi ci siamo. E poi non c’è solo Roma. Presto ci dedicheremo all’hardware. Siamo convinti di quello che stiamo facendo», sottolinea Giustozzi.
l’altro ricopre il ruolo di direttore di Blockchain Education Network Italia, la più grande associazione italiana per la divulgazione, lo studio e la ricerca della tecnologia blockchain. C’è un’altra cosa importante da sottolineare: l’età media dei dipendenti di Moveax - quasi tutti ingegneri, sviluppatori e matematici - è bassissima, ampiamente sotto i trent’anni. Tra una partita alla play e un lavoro di squadra hanno vinto bandi e quindi sviluppato progetti sia per il settore pubblico che privato, come per esempio per Terna, il Comune di Chiavari e ItTaxi. Già, è stato proprio il team romano ad aver realizzato l’app con oltre un milione di download che copre 87 città e che registra ogni mese oltre 245mila corse di taxi. Numeri oggettivamente mostruosi per una giovane realtà che strizza l’occhio al mercato nazionale e internazionale.
«Il discorso sul metaverso ci interessa e pure parecchio...»
In apertura, il Ceo Lorenzo Giustozzi. Sopra, un particolare di un semaforo. Nelle altre foto gli uffici della Moveax
SUPER TEAM - Moveax non è un azienda come le altre. Basta dare uno sguardo alla sede principale, in particolare alla sala relax, dove in bella mostra ci sono un trofeo vinto a calcetto, joystick della playstation, uno schermo enorme e, immancabile, un esemplare di Oculus, il visore per la realtà virtuale. «Perché il discorso sul metaverso ci interessa e pure parecchio…», afferma Giustozzi, giovanissimo Ceo che tra
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EDILIZIA Distretti ecologici: «La strategia è il segreto per affrontare le difficoltà»
* SPONSOR
di Domenico Cavazzino
L’aumento di cantieri aperti ha portato a una carenza di materie prime. Una difficoltà, spiega il co-founder Lorenzo Bonfili, che si combatte con un’adeguata programmazione 12
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arola d’ordine efficientamento. L’obiettivo dei prossimi tempi, infatti, sarà quello di ridurre il consumo energetico a partire dalle nostre abitazioni. Così i classici metodi di approvvigionamento devono lasciare il passo alle nuove tecnologie green e alle energie rinnovabili. Un solco tracciato dalle iniziative legate alla transizione ecologica (o energetica). Oggi, ci spiega Lorenzo Bonfili, Co-founder e Direttore Commerciale della Distretti Ecologici Spa, società che opera nel campo della bioedilizia e dell’efficientamento energetico, «ci troviamo davanti a una nuova rivoluzione industriale, o meglio una rivoluzione energetica. Dobbiamo imparare a consumare meno, perché il mondo è sempre lo stesso ma le persone aumentano sempre di più». Una situazione che porta, inevitabilmente a un aumento del prezzo dell’energia e alla necessità di ridurre i consumi per contenere i costi. «Si può fare sfruttando le fonti rinnovabili, lavorando sull’efficientamento dell’involucro degli appartamenti e sui nostri
stili di vita. Ormai siamo di fronte alla necessità di una transizione energetica importante. L’obiettivo sarà quello di consumare sempre meno energia e di produrne, grazie alle fonti rinnovabili, in maniera sempre più pulita». DIPENDENZA ESTERA - E quando si parla di efficientare i consumi delle abitazioni, case o condomini, la misura più famosa nel nostro Paese è senza dubbio il Superbonus 110%. Tuttavia, la stragrande quantità di cantieri aperti nel nostro Paese ha portato, in alcuni casi, a rallentamenti dovuti alla carenza di materiali che, sul cantiere di un condominio, può portare a uno stop anche di mesi con conseguenze, oltre che temporali, anche economiche. «Purtroppo - spiega Bonfili - oggi come sistema aziendale italiano non abbiamo la forza di riuscire a essere autonomi. Una parte dei nostri materiali proviene sempre dall’estero. Non abbiamo ancora una filiera tutta italiana di produzione di materia prima e quando,
come in questo caso con il Superbonus, c’è un evento che fa aumentare vertiginosamente la domanda, non si riesce più a soddisfare l’offerta». Una situazione aggravata dalla pandemia che ha colpito un po’ tutte le aziende. «Con il Covid si è dimezzato un po’ tutto. Aziende che prima avevano linee di produzione che a pieno ritmo realizzavano oltre 200 caldaie giorno, oggi ne producono 90 e avranno bisogno di tempo prima di riuscire a tornare ai massimi regimi».
potto termico. Si tratta di un pannello di polistirene espanso oggi di difficile reperimento». Al cappotto termico si legano anche i problemi per la sua installazione: a causa del gran numero di cantieri scarseggiano anche i materiali per i ponteggi necessari per realizzare l’intervento sulla facciata di un palazzo. Dall’esterno si passa all’interno delle abitazioni, dove i lavori più richiesti riguardano l’impianto termico. «Ad esempio, è difficile reperire tutte le caldaie che il mercato richiede. Noi, come Distretti Ecologici, già un anno e mezzo fa abbiamo fatto accordi importanti con le più grandi case produttrici italiane ed europee per non trovarci scoperti. Una strategia che oggi sta dando i suoi frutti permettendoci di non avere troppe difficoltà, grazie a una filiera molto snella e collaudata». Per fortuna ogni problema ha una soluzione. E in questo caso la parola chiave è pianificazione. «È l’unico strumento che abbiamo - sottolinea il dirigente - per abbattere il rischio di trovarsi in problematiche importanti. Programmare un intervento a quattro o sei mesi di distanza ci dà uno spazio temporale che permette di risolvere tutte le problematiche».
«Oggi ci troviamo davanti a una rivoluzione energetica»
UNA MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA - La pandemia, inoltre, ha permesso a tutti di rendersi conto dell’importanza del luogo in cui si vive. Bonfili a questo proposito sottolinea come nessuno abbia un ambiente davvero sano all’interno della sua abitazione. «Non ci rendiamo conto dell’inquinamento che possiamo generare tra le mura domestiche. Senza gli strumenti giusti l’aria che respiriamo dentro una casa può essere addirittura meno salubre dell’aria che respiriamo su un autostrada. E questo perché non si considera l’importanza di sanificare e purificare gli ambienti. Oggi sono molti gli strumenti che possono migliorare il comfort e il benessere della casa senza disperdere energia». Inoltre, aggiunge, «anche in ottica futura continuiamo a operare per difenderci dall’ingresso del freddo. Andando avanti, però, le temperature sono destinate a crescere e quindi servirà ancora di più l’isolamento dall’esterno per proteggerci, stavolta, dal caldo, o i consumi aumenteranno vertiginosamente». I MATERIALI PIÙ RICHIESTI - Entrando nel dettaglio degli interventi più richiesti, ricorda Bonfili, «il prodotto del momento è l’isolamento in polistirene, il cosiddetto cap-
In apertura e qui sopra, a sinistra, lavori sulla facciata di un condominio per migliorarne l’efficienza energetica. A destra, la sostituzione di una caldaia
IL FUTURO - Infine, se una buona strategia di programmazione permette di affrontare al meglio le difficoltà, un altro aiuto viene dall’innovazione. Attualmente, spiega Bonfili, «stiamo studiando e testando materiali e tecnologie all’avanguardia che ci permetteranno di essere sempre più efficienti nei nostri interventi portando risultati sempre più efficaci ai nostri clienti. Sempre - conclude - con un occhio all’impatto positivo che possiamo portare a tutti noi e “la natura ci ringrazia”».
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RIVER CLEANING La soluzione italiana contro l’inquinamento di Lorenzo Scalia
Vanni Covolo, Ceo e proprietario del brevetto: «Sogno di installare il sistema in ogni angolo del mondo, dall’Indonesia fino agli Stati Uniti, per regalare un futuro alle prossime generazioni»
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rginare il problema dell’inquinamento delle acque (mare e fiumi) con dei dispositivi in plastica riciclata e riciclabile, senza consumare energia e in maniera ecosostenibile. Per di più a basso costo. Un traguardo possibile per Vanni Covolo, Ceo e proprietario del brevetto River Cleaning, da quando ha deciso di mettere da parte l’azienda che produceva componenti di plastica nel settore automotive per buttarsi, anima e corpo, su un progetto green «che funziona alla grande, che ci ha già dato grandi risultati nei test effettuati».
corso dello stesso anno. «Non sono giovane, non ho problemi economici e non guido una startup: ho speso milioni di euro di tasca mia per realizzare un’idea. Il sogno è di installare il sistema in ogni angolo del mondo, dall’Indonesia fino agli Stati Uniti, per regalare un futuro alle prossime generazioni», aggiunge il Ceo. DISASTRO - I numeri del disastro ambientale sono oggettivi e impattano sulla vita di milioni di persone e di animali: ogni anno più di otto milioni di tonnellate di plastica finisco nei mari secondo un rapporto del WWF. Non solo. Più di 33mila bottigliette di plastica finiscono nel Mediterraneo ogni minuto. Nel report si legge: «L’inquinamento marino dovuto alla plastica è un problema globale e transfrontaliero. Grandi rifiuti di plastica o microplastiche sono stati rilevati in ogni angolo degli oceani e del Pianeta, senza che confini nazionali possano trattenerli. I rifiuti di plastica prodotti da ogni Paese possono finire virtualmente ovunque nel mondo. Questo è il motivo per cui il problema dell’inquinamento marino da pla-
«Ho speso milioni di euro di tasca mia per realizzare un’idea»
GLI INIZI - Prima della pandemia, prima della conseguente crisi che ha investito l’Italia e il mondo intero, Vanni Covolo ha smesso di produrre pezzi per Ferrari, Aston Martin, Lamborghini e Porsche (giusto per citare alcuni clienti) per scommettere su una visione: risolvere la piaga che affligge il pianeta Terra, cioè l’inquinamento delle acque, in particolare dei fiumi. Il primo brevetto River Cleaning, infatti, è stato registrato nel 2018 ed è stato presentato per la prima volta alla fiera Ecomondo di Rimini nel
fiume alle imbarcazioni. «Riusciamo a intercettare quasi il 90 per cento dei rifiuti galleggianti: nessun dispositivo arriva a questo target. Anche perché i sistemi della concorrenza non riescono a intercettare oggetti che hanno un peso specifico vicino a quello dell’acqua a differenza di quello mio».
stica non può essere risolto a livello nazionale o regionale o solo con misure volontarie. Richiede un’azione coordinata, una responsabilità condivisa e un approccio comune». E la colpa di tutto ciò è principalmente dell’uomo. «Il Coronavirus non è niente in confronto al disastro che possono causare nanoplastica e microplastica. Si stima, tra l’altro, che ogni settimana, per colpa dell’inquinamento del mare e dei fiumi, un uomo ingerisce l’equivalente di una carta di credito. Ho creato River Cleaning per farlo diventare un riferimento globale nella lotta contro l’inquinamento», dice Covolo.
DIFFICOLTÀ - Insomma, l’idea c’è. E funziona guardando le prove svolte nel Brenta e nella zona di Vicenza. Ma la strada da fare è ancora lunga. «Ho provato a coinvolgere multinazionali come per esempio Coca Cola, ma senza successo. Perché di queste cose se ne occupa direttamente la casa madre che sta in America. È chiaro che non ho i mezzi e le conoscenze per presentare il mio sistema ai brand più importanti o operatori come Fincantieri. Non potevo presentarmi al bando per pulire il Gange senza un supporto solido dal punto di vista economico. Quindi, in questo momento, cerco delle imprese che vogliono affiancarmi nel progetto. Sono fiducioso», spiega Covolo che ha negli occhi l’entusiasmo di un ragazzino che ha tra le mani qualcosa di speciale.
In alto, render del progetto e il team di River Cleaning
Vanni Covolo, Ceo e fondatore di River Cleaning
EVOLUZIONE - Il team di River Cleaning non si è fermato. E ha messo a punto anche un altro sistema che, oltre ad essere in grado di fermare i rifiuti plastici, riesce a intercettare i rifiuti oleosi attraverso un plug-in posizionato nella parte inferiore delle “boe“. «Può funzionare anche nel Canale di Suez per evitare disastri ambientali che puntualmente accadono. Infatti, il sistema si può adattare a qualsiasi situazione e il fatto che passano grandi navi non è un problema. Lo stesso discorso vale se posizionato nella foce di un fiume o in mezzo a un canale, così come prima delle dighe idroelettriche. Va solamente settato nella maniera corretta», conferma Covolo, sottolineando l’elasticità della sua invenzione. Perché, mai come in questo caso, la plastica può diventare un alleato contro… la plastica (e non solo).
«Intercettiamo quasi il 90 per cento dei rifiuti galleggianti»
NEL DETTAGLIO - Il sistema è costituito da una serie di dispositivi galleggianti in plastica (riciclata e riciclabile), posizionati diagonalmente sul corso del fiume. Messi in fila, così in diagonale, permettono di intercettare i rifiuti plastici, di passarli da “boa“ a “boa“, e di trasportarli sulla riva del fiume, in una sorta di area di stoccaggio. I pro sono parecchi: l’invenzione made in Italy è a impatto zero sull’ecosistema acquatico, si autoalimenta, non si arrugginisce, inoltre è autonoma perché va avanti di giorno e di notte senza bisogno della mano umana. In più permette la navigabilità del
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STAMPA ITALIANA ecò
MAXA:
quando la climatizzazione abbraccia il green di Sara Nicelli
* Inserzionista
Simone Ferroli, Ceo di Advantix: «La tutela dell’ambiente è uno dei valori sui quali si fonda il nostro modo di agire e lavorare. Vogliamo sentirci parte attiva nella salvaguardia dell’ambiente e della Terra»
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volte i numeri dicono tutto. O quasi tutto. Un po’ come nel calcio. Già, il valore delle aziende made in Italy si misura anche in base alle vendite messe a segno nel mondo, ma anche in base alla rete che sostiene l’intero giro d’affari. Bandierine sparse un po’ ovunque, gente che se ne intende a bordo e via. «Qualità e quantità», direbbe un vecchio cronista sportivo. Frase che si può cucire addosso a Maxa Air Conditioning, società che è arrivata a circa due milioni di impianti installati nel mondo. E che non intende interrompere una storia ritoccata sempre verso l’alto fin dal giorno della fondazione, dal quel lontano 1992. L’azienda veneta, del resto, è presente in oltre 35 Paesi, conta più di 50 agenzie e più di 300 centri assistenza sul territorio italiano. La mission è rivolta a più priorità, unite tra loro: sostenibilità, benessere umano e comfort abitativo. Non a caso Maxa, specializzata nella climatizzazione invernale ed estiva, ha dotato di impianti all’avanguardia ospedali, uffici, stadi, scuole, hotel, teatri, università e fabbriche, più o meno grandi. E chiaramente case, ville e palazzi.
INNOVAZIONE - Come detto, la sostenibilità ambientale è una delle mission di Maxa, player che in Europa ha pochi rivali. A confermarlo è Simone Ferroli, Ceo di Advantix: «La tutela dell’ambiente è uno dei valori sui quali si fonda il nostro modo di agire e lavorare. Vogliamo sentirci parte attiva nella salvaguardia dell’ambiente e della Terra. La nostra mission come Maxa è di evitare di aumentare il già elevato riscaldamento globale e promuovere un’attenta politica di riciclaggio dei componenti dei nostri prodotti». La realtà è questa: Maxa punta sull’innovazione, trova soluzioni green, le mette in campo e poi i competitor prendono spunto per restare al passo di chi traccia una nuova strada. «Noi sviluppiamo prodotti che puntano al risparmio energetico attraverso l’utilizzo di gas ecologici che riducano la possibilità di dispersione del gas nell’ambiente. Dal 2002 utilizziamo il gas refrigerante R410A nei nostri climatizzatori, diventato poi un master per tutti i nostri competitor. Successivamente abbiamo introdotto il gas refrigerante R32, un gas fluorurato a basso valore di GWP, pari a 675, che permette di realizzare impianti fino a 7 kg di gas».
CRESCITA - Ricerca e sviluppo sono gli imperativi che hanno accompagnato Maxa verso la crescita. «Investiamo nella ricerca e nello sviluppo di sistemi di riscaldamento a pompe di calore nelle abitazioni ed in sistemi di recupero del calore che permettono di ottenere un notevole risparmio energetico. Infatti, rispettiamo la direttiva RoHS 2002/95/CE, la quale prevede il divieto e la limitazione di componenti che utilizzino piombo, mercurio, cadmio e cromo. L’iscrizione al consorzio di riciclo condizionatori Ridomous garantisce un’attenta politica di riciclaggio dei componenti degli apparecchi per la climatizzazione di uso domestico».
che nella vita quotidiana dell’azienda per sensibilizzare e portare avanti la nostra politica di rispetto dell’ambiente. Una delle attività è stata quella di eliminare la plastica nei nostri uffici, dai contenitori alle bottiglie d’acqua, anche nella scelta della carta da utilizzare preferiamo sempre materiale riciclato». PRODOTTI - La gamma di prodotti Maxa è ampia, diversificata, adattabile a qualsiasi progetto. Del resto, l’impianto di una casa in montagna non può essere lo stesso di quello utilizzato, per esempio, per il circuito di Catalogna, lì a Montmeló, a po- In apertura, Simone chi chilometri da Barcellona. Ferroli, Ceo di Advantix Quello del Politecnico di Tunisi non può avere la stessa portata di una palazzina residenziale a Bitonto, o di un ristorante sul lungomare della Sicilia. Ma quali sono i prodotti Maxa più green? «Sicuramente va nominata tutta la nostra nuova gamma di pompe di calore con gas R32, un gas ormai presente sul mercato da qualche anno che si caratterizza per essere un gas virtualmente privo di elementi tossici, e di non essere infiammabile». Il futuro, intanto, è tracciato. Alcuni progetti messi in cantiere sono concentrati su un gas ancora più ecofriendly e amico dell’ambiente. «Per quanto riguarda la nostra evoluzione di prodotti stiamo progettando e testando una nuova gamma di pompe di calore che possa utilizzare un gas che ha ancora meno impatto ambientale: il propano». Probabilmente la storia si ripeterà: Maxa inventa e poi il mondo gli andrà dietro.
«Stiamo testando una nuova gamma di pompe di calore che utilizzano il propano»
TOTAL GREEN - Verde fuori, ma anche dentro. Nel quartier generale di Arcole si ragiona in questa ottica da anni, anche quando il termine sostenibilità non andava “di moda“ e non era al centro dei dibattiti politici. «Abbiamo portato il nostro credo green anche all’interno della nostra azienda, installando nel 2011 un impianto fotovoltaico, che ci permette di soddisfare il nostro fabbisogno energetico». Il discorso chiaramente è più ampio. Riguarda l’intera organizzazione aziendale. «Sicuramente è importante sviluppare progetti e prodotti volti alla salvaguardia dell’ambiente creando anche delle policy interne di sensibilizzazione sui dipendenti, al rispetto dell’ambiente e a tenere sempre una particolare attenzione ai rifiuti e agli scarichi o consumi di energia che una azienda produce nel corso del suo processo produttivo. Noi ci impegniamo a 360 grandi an-
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AGROVOLTAICO La soluzione contro il caro energia di Domenico Cavazzino
Le cave dismesse o non più attive presenti sul territorio nazionale potrebbero prestarsi con successo a un uso alternativo con finalità agricole, energetiche e sociali
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aumento dei costi energetici influisce soprattutto sull’economia di famiglie e imprese. E se nel primo caso le stime parlano di aumenti fino a 1000 euro l’anno, le conseguenze del caro energia non risparmiano le aziende con l’aumento dei costi di produzione e del prezzo finale. La strada fin qui intrapresa non è più sostenibile a lungo andare e si impone la ricerca di fonti di energia alternative. Una strada tracciata, in primis, dal governo con il via alla transizione ecologica. Da qui la ricerca di modalità alternative per l’approvvigionamento di energia che ha portato a una partnership tra Coldiretti, Anie Rinnovabili (federazione confindustriale che raggruppa le imprese operanti nel settore delle fonti rinnovabili elettriche), Anepla (Associazione Nazionale Estrattori Produttori Lapidei e Affini) e il Consorzio Cascina Clarabella (unione di cooperative sociali che si occupano di disabilità psichica e fisica). L’accordo siglato da queste quattro associazioni mira alla trasformazione di vecchie cave dismesse in parchi da destinare all’uso agrovoltaico, favorendo così la transizione a un modello energetico sostenibile, rispettoso
dell’ambiente e che abbia anche una finalità sociale. L’agrovoltaico è un sistema ancora poco diffuso in Italia. Permette, grazie all’utilizzo di tecnologie innovative di conciliare la produzione di energia elettrica con l’agricoltura. I vantaggi vedono, in primis, la riduzione delle emissioni di CO2. Inoltre, gli aspetti positivi interessano anche la qualità e la gestione del suolo e i consumi. Un’unione virtuosa fra comparto agricolo ed energie rinnovabili con ripercussioni vantaggiose per le aziende e per tutta la filiera. Questo concetto è stato spiegato, al momento dell’accordo anche da Ettore Prandini, presidente di Coldiretti: «L’idea - ha affermato - è unire in un connubio virtuoso la produzione agricola e quella di energia rinnovabile, senza che l’una tolga spazio all’altra come è successo nel recente passato. Con il vantaggio di rendere le aziende agricole più competitive perché si riducono i loro costi di approvvigionamento energetico e si migliorano le prestazioni climatico-ambientali».
«Unire in un connubio virtuoso la produzione agricola e quella di energia rinnovabile»
FENOMENO IN CRESCITA - La scelta delle cave dismesse o non più attive non è
casuale. Infatti, queste aree si prestano bene ad un uso combinato, agricolo ed energetico. Inoltre, a differenza di altri luoghi in cui la legge non lo prevede, possono accedere ad incentivi anche nell’ipotesi di una destinazione urbanistica ad uso agricolo. Il cosiddetto Decreto Semplificazioni assegna così alle cave un ruolo di primo piano nell’ambito della produzione di energia da impianti fotovoltaici. Anche i numeri fanno propendere per questa direzione. Nel nostro Paese, il numero di cave dismesse è in crescita e sono già diversi anni che si discute su una loro destinazione alternativa. Già nel periodo pre-pandemia erano oltre 1600 i Comuni con almeno una cava abbandonata o dismessa. Inoltre, nel 2021 il loro numero era cresciuto di 727 unità rispetto al 2017. Oggi, su tutto il territorio nazionale, si trovano più di 14mila cave e molte aree sono compatibili per ospitare parchi da destinare all’uso agrovoltaico. Come spiegato da Claudio Bassanesi, presidente di Anepla, «La maggior parte delle aree di cava dismesse era dedicata all’estrazione di ghiaia e sabbia per il settore delle costruzioni. Il loro terreno permette di realizzare impianti fotovoltaici con semplici sistemi di fissaggio e palificazioni facilmente rimovibili e riciclabili in futuro. Inoltre la stragrande maggioranza sono ubicate in terreni che hanno ancora la destinazione urbanistica agricola. L’agri-voltaico è ancora poco diffuso in Italia, ma è conosciuto e teorizzato da tempo in tutto il resto del mondo. Offre l’opportunità di rispondere sia al fabbisogno energetico che a quello della produzione alimentare».
l’utilizzo agricolo dei terreni. Infine, Coldiretti e il Consorzio Cascina Clarabella individueranno i progetti sociali di agricoltura e allevamento da destinare sui terreni. Alla base di tutto c’è la collaborazione con le comunità locali affinché gli interventi di valorizzazione delle cave abbiano ricadute economiche e sociali positive per i territori coinvolti. «I nuovi sistemi agrovoltaici – ha sottolineato Alberto Pinori, presidente di Anie Rinnovabili – saranno dotati di tecnologie innovative che permettono di conciliare la produzione agricola con quella elettrica. Questo connubio avrà importanti risvolti per il Paese in termini di sostenibilità ambientale ed economica per la valorizzazione del territorio». Non bisogna poi dimenticare le finalità sociali che danno al progetto un valore ancora più ampio. A questo proposito, Carlo Fenaroli, presidente di Cascina Clarabella, ha ricordato: «Restituire ad un uso agricolo le cave abbandonate aprirà nuove opportunità di sviluppo economico per i luoghi interessati e avrà un’importante ricaduta sociale. Le nuove realtà agricole promuoveranno il lavoro di persone con fragilità psichiche, secondo il modello virtuoso che da trent’anni promuoviamo in Cascina Clarabella». Risparmio energetico, abbattimento dei costi e finalità sociali: un trittico vincente per un progetto in grado di portare valore al Paese contribuendo, allo stesso tempo, al rilancio di due comparti fondamentali.
In apertura, una cava di ghiaia Qui sopra, un pannello fotovoltaico e una cava di marmo. In basso, i rappresentanti delle quattro associazioni alla firma dell’accordo. Da sinistra: Claudio Bassanetti (Anepla), Ettore Prandini (Coldiretti), Emilio Cremona (Anie Rinnovabili), Carlo Fenaroli (Cascina Clarabella)
REALIZZAZIONE - Le quattro associazioni collaboreranno così alla creazione di nuove aree con finalità agricolo-energetiche. Inizialmente, Anepla valuterà le aree idonee alla riconversione. Una volta individuate Anie Rinnovabili si occuperà della progettazione, selezionando le tecnologie innovative per la realizzazione degli impianti fotovoltaici senza compromettere
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MY SOCCER PLAYER
La telecamera intelligente al servizio dello sport di Lorenzo Scalia
Il Ceo Federico Besteghi: «Adesso siamo in Serie A di calcio e basket e inoltre abbiamo la fortuna di avere una partnership con un’azienda importante come Distretti Ecologici»
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uattro ingegneri romani al lavoro. E un’idea - nata tre anni fa ma messa in commercio da meno di un anno - che si è trasformata in un algoritmo. «Lungo, complesso, unico. Tra l’altro per scrivere il codice c’è voluto tantissimo tempo perché siamo partiti da zero», ci tiene a sottolineare Federico Besteghi, Ceo di My Soccer Player. Si tratta di una nuova tecnologia che si sta facendo strada nel mondo del calcio, del basket, del tennis fino ad arrivare al pattinaggio artistico e alla pallamano. Basta uno stadio, un’arena. E va in onda lo show. È una rivoluzione digitale che, partendo dal basso, è arrivata ai massimi palcoscenici nazionali: infatti, sia il Venezia che il Torino si sono dotati della telecamera di My Soccer Player. «I primi a darci fiducia sono stati Gianluca Caruso, Simone Perrotta e Max Tonetto della Jem’s, adesso siamo in Serie A di calcio e basket e inoltre abbiamo la fortuna di avvalerci di una partnership con un’azienda importante come la Distretti Ecologici». La sensazione è che
siamo all’inizio di una rivoluzione digitale nel segno del made in Italy e dell’intelligenza artificiale. «Perché il sistema è addestrato a riconoscere i movimenti e soprattutto è ancora migliorabile», commenta Besteghi. COME FUNZIONA - Semplice e lineare. My Soccer Player fa un’infinità di cose sostanzialmente attraverso una telecamera fissa con quattro ottiche (gira a 4K) che viene installata al centro del campo e che riprende a 180°. La telecamera, in parole povere, fa da regia senza operatori per eventi live e salva i dati delle squadre e dei singoli giocatori. Insomma, è utile sia in ottica coaching ma anche per promuovere il talento e per prevenire gli infortuni. «Hai tutto quello che succede in campo sempre a disposizione. Il video, infatti, viene mandato sul server attraverso un cavo, dentro al server è installato il nostro algoritmo, che è un codice in grado di prendere quel flusso video e sostanzialmente svolge la regia in base a dei parametri assegnati».
«Hai tutto quello che succede in campo sempre a disposizione»
Un esempio? «La nuvola dei giocatori, quindi la telecamera inquadra una zona piuttosto che un’altra in base al movimento della nuvola. Sembra che ci sia un operatore video quando invece non c’è. È l’algoritmo a fare la regia: esegue lo zoom perché il gioco è fermo, punta un determinato giocatore che va in contropiede perché gli altri corrono nella stessa direzione. Ci sono pagine e pagine di codice scritte. L’algoritmo restituisce l’autoproduzione dell’evento. Che già così è molto interessante perché hai la possibilità di registrare 24 ore al giorno quello che fai in campo e di lavorarci successivamente. Perché diamo in dotazione anche un software che permette di zoomare, ingrandire, vedere nel dettaglio, fare dei tag, una sorta di bandierina su gol, parate, falli o punizioni. C’è una funziona automatica per la quale hai gli highlights in tempo reale. Non solo: ci possono essere tag mirati alla performance per sapere quante palle hai perso a centrocampo o quanti tackle sono stati fatti. È una possibilità manuale. Utile poi ad analizzare la performance con i ragazzi». DIFFERENZA - Siamo davanti a una tecnologia diversa rispetto alla concorrenza che si vede in giro. «Le altre aziende usano codici scritti sul pallone. Si segue la sfera e per certi aspetti funziona anche perché devi inserire molte meno variabili. Poi però succede che entrano due palloni in campo, che c’è il calciatore rasato e il sistema lo scambia con la palla. Problemi che capitano. Il nostro codice è unico nel suo genere e non va in tilt. Abbiamo ricevuto i complimenti dal Torino, inoltre il Trieste Basket ha realizzato una rubrica sul nostro sistema con degli approfondi-
menti». My Soccer Player ha già sfondato quota 100 installazioni e nel medio periodo (tre anni) ha ampiamente alla portata la missione di realizzare 500 installazioni. «Siamo partiti con la commercializzazione sotto Covid, ciononostante abbiamo avuto una buona risposta e oggi siamo in Serie A, Serie B e Serie C di calcio, nel massimo campionato di basket e poi abbiamo una serie di clienti tra i dilettanti che hanno a disposizione la stessa tecnologia dei club pro a costi sostenibili. Insomma, My Soccer Player può servire a tutti i livelli, anche a chi si occupa di settore giovanile».
Nella foto in bianco e nero, Il Ceo Federico Besteghi
«Siamo partiti con la commercializzazione sotto Covid»
L’IMPORTANZA DEI DATI - I dati sono il futuro. La cosa più preziosa: una sorta di oro digitale. Pure nello sport. My Soccer Player si pone come la “macchina“ che li estrapola e li mette a disposizione di allenatori, match analist, medici, fisioterapisti, club, dirigenti e operatori di mercato, magari per scovare il nuovo baby fenomeno. «La prima scrematura la può fare la tecnologia, che comunque è al servizio dell’uomo. C’è chi usa la tecnologia bene e chi
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la sua meglio. Perché alla fine è sempre l’essere umano che fa la differenza», spiega Besteghi. Del resto, gli osservatori di calcio prima analizzano video e poi si muovono in giro per l’Italia e per il mondo per i report. Ma My Soccer Player è soprattutto uno strumento utile per migliorare le performance dei più giovani. «Nel calcio è importante sapere a che velocità va la palla, nel tennis di quanto la pallina va sopra la rete e così via. Perché si punta sempre di più alla perfezione. Applicare i dati ai ragazzi giovani può dare grosse soddisfazioni. Infatti, un classe 2008 in un anno ha un potenziale margine di miglioramento del 140 per cento da solo. Perché per esempio cresce in centime-
tri. Immaginiamo di intervenire lì sulla tecnologia in termini di metodologia e poi sulla prevenzione di infortuni, sul discorso posturale, il carico e lo scarico. È tutto veramente stimolante e sono già arrivate delle soddisfazioni». Nel dettaglio. «C’era un ragazzo di 15 anni molto bravo. Da destra era velocissimo mentalmente, da sinistra toccava tre volte la palla e poi la dava via. Visionando le immagini un nostro fisioterapista si è accorto che aveva un problema al bacino. Il ragazzo è stato curato e adesso non perde più i tempi di gioco. Non sappiamo dove arriverà, se sfonderà nel calcio oppure no, ma il fatto che sta bene e gioca meglio ci riempie d’orgoglio».
«C’è chi usa la tecnologia bene e chi la usa meglio»
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In alto, la telecamera di My Soccer Player