Stampa Italiana Ecò Numero 3 Anno 2

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Stampa Italiana Ecò - Anno 2 N. 3 - marzo 2022 - Supplemento mensile della testata giornalistica Stampa Italiana - Copia gratuita

STAMPA ITALIANA ecò

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STAMPA ITALIANA ecò

AMBIENTE E COSTITUZIONE

Stampa Italiana Ecò Anno 2 N. 3 - marzo 2022 Supplemento mensile della testata giornalistica Stampa Italiana Registrazione Tribunale di Roma N. 174 del 17 dicembre 2019 Proprietario e direttore responsabile: Andrea Nicosia Editore: Si Informa Srls Sede legale: Via Domokos, 4 20147 Milano P. Iva: 11304160960 Pec: siinformasrls@legalmail.it Direttore editoriale: Valentina Flacchi Vice Direttore editoriale: Mario Caprini Pubblicità: pubblicita.eco@stampaitaliana.online Collaborano: Domenico Cavazzino, Nicodemo Lanti, Giuseppe Motisi, Gabriele Samuelli, Lorenzo Scalia Art director e progetto grafico: Stefano Salvatori Sede operativa: Piazza Augusto Imperatore 32 Roma Sito internet: stampaitaliana.online Mail: redazione@stampaitaliana.online Stampa: Tipolitografia Quattroventi Srl Via Andrea del Castagno 196 Roma Prezzo di copertina: Gratuito Mandato in stampa il: 4-03-2022 PUBBLICAZIONE SPONSORIZZATA DA:

Carta prodotta con energia rinnovabile

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L’Italia avanza sulla strada dello sviluppo sostenibile

o scorso 8 febbraio 2022 sarà, per due diversi motivi una data da ricordare. Mentre Stefania Costantini e Antonio Mosaner vincevano la medaglia d’oro nel curling alle Olimpiadi di Pechino, veniva approvata un’importante riforma legislativa: la tutela dell’ambiente è ora un principio fondamentale della nostra Costituzione. Una decisione storica che rende il nostro Paese uno dei più impegnati sui piani dello sviluppo sostenibile in quanto, fino ad ora, non c’erano mai stati impegni di questo tipo. Basti pensare che nella prima stesura della Carta Costituzionale nel 1947 non ci sono riferimenti diretti alla difesa dell’ambiente e le prime introduzioni risalgono alla modifica del Titolo V nel 2001. In quel caso si parlava di competenze istituzionali, mentre l’ultima riforma modifica gli articoli 9 e 41 della Costituzione inserendo la tutela dell’ambiente fra i principi fondamentali. Un passaggio non di poco conto che ha fatto sì, come ricordato anche dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani (nella foto, fonte MiTe), che l’8 febbraio divenisse «una giornata epocale». L’importanza del momento è sottolineata anche da un tweet di Palazzo Chigi: «È una giornata storica per il Paese che sceglie la via della sostenibilità e della resilienza nell’interesse delle future generazioni».

mativo data la quasi unanimità del voto (precedentemente, al Senato, aveva ottenuto la maggioranza dei due terzi dell’Aula). Nel dettaglio, la riforma dell’articolo 9 attribuisce alla Repubblica la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi che si aggiunge alla già prevista tutela del patrimonio paesaggistico e del patrimonio storico e artistico della Nazione. Inoltre, specifica esplicitamente un principio di tutela per gli animali. L’articolo 41, invece, integra salute e ambiente come principi da tutelare, nell’iniziativa economica, al pari della sicurezza, della libertà e della dignità umana. Sempre lo stesso articolo, prevede anche che le istituzioni attraverso le leggi, i programmi e i controlli, possano orientare l’iniziativa economica pubblica e privata non solo verso fini sociali ma anche verso quelli ambientali.

LE MODIFICHE - Il provvedimento, approvato in via definitiva alla Camera con 468 voti a favore, non sarà soggetto a referendum confer-

NUOVE GENERAZIONI - In un momento come questo, dove il nostro Paese sta affrontando un percorso di transizione ecologica questa decisione, ha ricordato il ministro Cingolani, diventa un passaggio imprescindibile. «Per le azioni che facciamo oggi e per le conseguenze che ci saranno in futuro sulle prossime generazioni, questa conquista è fondamentale e ci permette di avere regole ben definite per proteggere il nostro Pianeta». La pietra è stata lanciata verso il bersaglio del rink (campo da gioco del curling) e ora tocca a noi conquistare la medaglia d’oro della sostenibilità. Domenico Cavazzino

Sommario

Distretti ecologici Efficientamento energetico, etica e sport di Lorenzo Scalia 12

Indipendenza energetica Cercare nuove vie di approvvigionamento di Domenico Cavazzino 4

Alps Blockchain L’acqua diventa potenza di calcolo di Lorenzo Scalia

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CNR IIA Mobilità: sarà elettrica e a metano di Giuseppe Motisi

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Daikin Dal Giappone all’Italia per l’ambiente di Gabriele Samuelli

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Mangrovia Il marketplace sostenibile di Domenico Cavazzino

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Biogas Il futuro energetico porta all’oro blu di Giuseppe Motisi

Green Hero Crowdfunding verde: più investimenti di Nicodemo Lanti 10

Football industry Ortenzi (Bip): «La tecnologia è la chiave» di Lorenzo Scalia 20

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Indipendenza Energetica

L’Italia (e non solo) deve cercare nuove vie di approvvigionamento

di Domenico Cavazzino

In un’ottica di maggior libertà del nostro Paese e dell’intera Unione Europea è necessario superare la dipendenza estera sul fronte energetico. Dalle rinnovabili allo sviluppo di nuove tecnologie ecco come prosegue il percorso della transizione ecologica 4

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uale sarà nei prossimi mesi il percorso della transizione ecologica? Il recente conflitto russo-ucraino sembra aver messo un freno alle iniziative di sviluppo sostenibile, non solo per il nostro Paese, ma per tutta Europa. Se al momento le sanzioni economiche non riguardano le forniture di gas proveniente dalla Russia, allo stesso tempo in Italia, per evitare possibili problematiche all’approvvigionamento energetico, si parla di riaprire le centrali a carbone. Una sorta di controtendenza rispetto alla strada tracciata dal Green deal europeo e agli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030, fino al target “emissioni zero” del 2050. Nel dettaglio, per quanto riguarda il nostro Paese si parla di un abbandono progressivo del carbone per la produzione di energia elettrica, per raggiungere entro il 2030 il 33 per cento in meno delle emissioni di CO2 nei settori non ETS (Emission Trading System, ossia trasporti, settore civile, agricoltura, rifiuti e piccola industria). Un obiettivo da raggiungere mediante la realizzazione di impianti e infrastrutture sufficienti a mantenere il sistema elettrico. Eppure, a prima

vista, gli ultimi avvenimenti internazionali sembrano mettere uno stop o quantomeno dei rallentamenti al percorso. DIPENDENZA ESTERA - Effettivamente, dal punto di vista energetico, l’Italia nonostante una diminuzione negli ultimi anni, “soffre” di dipendenza estera. Come risulta dall’ultima “Relazione sulla situazione energetica nazionale” realizzata nel 2021 dal MiTe (i dati si riferiscono al 2020) il nostro Paese soddisfa il 73 per cento delle sue esigenze energetiche grazie alle importazioni nette. L’approvvigionamento energetico italiano, si legge, «è costituito per il 40 per cento dal gas naturale, per il 33 per cento dal petrolio e per il 20 per cento dalle fonti energetiche rinnovabili».

Il governo lavora per mitigare l’impatto di eventuali problemi energetici

GAS RUSSO - Il problema principale riguarda la nostra dipendenza dalle forniture di gas russo. Un dato evidenziato anche dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso della sua informativa alle Camere a inizio marzo. Attualmente, ha ricordato il Premier, «l’Italia importa circa il 95 per cento del


Sopra, l’Aula di Montecitorio. A sinistra, il premier Mario Draghi durante il suo discorso di informativa alle Camere (foto da governo.it). Sotto, una conduttura del gas

gas che consuma e oltre il 40 per cento proviene dalla Russia». Numeri che non riguardano solo il nostro Paese. Come riportato in un’analisi dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) «nel 2021, l’Unione Europea ha importato dalla Russia 155 miliardi di metri cubi di gas naturale, pari a circa il 45 per cento delle importazioni di gas dell’UE e vicino al 40 per cento del suo consumo totale di gas». Visti i dati, verrebbe da pensare a un’immediata crisi in caso di chiusura dei rubinetti, ma Draghi ha provveduto a tranquillizzare su questo punto, in quanto anche nel caso di un’ipotetica interruzione immediata di flussi di gas dalla Russia questa non comporterebbe problemi nel breve termine. Attualmente, ha aggiunto, «l’Italia ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie». Inoltre, «il governo è al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche».

to Draghi in un altro passaggio del suo discorso, «saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altre capacità di importazione». Attualmente, ha proseguito il presidente del Consiglio, «le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto l’incremento di importazioni di gas da altri fornitori come l’Algeria o l’Azerbaijan; un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevederebbero comunque l’apertura di nuovi impianti». E sulla necessità di ricercare nuove modalità di approvvigionamento energetico si è espresso anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. A margine di una riunione del Consiglio europeo dei ministri dell’energia a Bruxelles, ha ricordato come in merito alle scorte di gas l’Italia ha «già accelerato. Si chiama controflusso, si inizia ad anticipare un po’ gli stoccaggi. Questo problema ce l’hanno tutti perché vorremmo tutti farci trovare più preparati possibile per l’inizio del nuovo inverno». Per Cingolani bisognerà concentrarsi sullo stoccaggio

La dipendenza da altri Paesi è un limite alla libertà e alla prosperità

CAMBIO DI PASSO - Le misure allo studio ci consentiranno quantomeno di ridurre la dipendenza dalle forniture russe. Come ha spiega-

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delle risorse nei prossimi sei o sette mesi, ma «nel frattempo stiamo facendo un’operazione che ci liberi» dalla dipendenza del gas russo. DI FRONTE A UN BIVIO - Tuttavia, ogni crisi nasconde un’opportunità e questa, dal punto di vista della transizione ecologica, potrebbe essere una grande occasione. L’Italia è di fronte a un bivio: accantonare temporaneamente il progetto di sostenibilità energetica o accelerarlo? La domanda è retorica. Per raggiungere l’obiettivo è necessario, come sottolineato dallo stesso Draghi, diversificare le fonti di approvvigionamento a prescindere da quanto accadrà nei prossimi tempi, in quanto la dipendenza da altri Paesi è un limite alla libertà e alla prosperità dell’Italia. E se il gas «rimane un utile mezzo per affrontare la transizione», il futuro è delle energie rinnovabili come ad esempio il biometano su cui si investirà per svilupparlo. IL DECALOGO - Sul fronte europeo, invece, le soluzioni per ridurre la gas-dipendenza dell’Ue sono contenute in uno studio dell’Aie. Si tratta di un piano in dieci punti che forni-

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sce una serie di misure pratiche per ridurre di oltre un terzo la dipendenza europea dal gas russo entro un anno, sostenendo allo stesso tempo la transizione ecologica e il ricorso a un approvvigionamento energetico sostenibile in modo sicuro e conveniente. Le azioni principali del decalogo Aie «includono la non firma di nuovi contratti per il gas con la Russia; massimizzare le forniture di gas da altre fonti; accelerare la diffusione di energia solare ed eolica; sfruttare al meglio le fonti energetiche a basse emissioni esistenti, come il nucleare e le rinnovabili; intensificare le misure di efficienza energetica nelle case e nelle imprese». A questi passaggi si aggiungono la necessità di adottare misure fiscali volte a proteggere i consumatori più vulnerabili sui costi elevati dell’elettricità; sostituire le caldaie a gas con le pompe di calore; sensibilizzare i consumatori incoraggiandoli a ridurre temporaneamente di 1°C la temperatura del termostato. Non rimane che mettere in pratica la teoria e attendere i risultati. In ogni caso, il momento di agire è adesso e su questo punto siamo tutti d’accordo. In fondo, se non ora quando?

L’energia eolica è una delle fonti rinnovabili da sviluppare per raggiungere l’indipendenza energetica


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CNR

Le auto del futuro saranno elettriche e a metano

Guidare una macchina a metano, sia esso fossile o bio, contribuisce a ridurre i cambiamenti climatici. È la conclusione a cui sono giunti i ricercatori del CNR studiando modelli di mobilità con motori alimentati a gas naturale

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di Giuseppe Motisi

l ritorno della bombola a metano nell’auto per la decarbonizzazione e la riduzione dei gas serra. È la ricetta indicata dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del CNR per contrastare il fenomeno dell’innalzamento delle temperature. «Il trasporto in ambito urbano può essere efficientemente decarbonizzato già oggi con la mobilità elettrica, mentre risulta molto più complesso elettrificare i trasporti pesanti su lungo raggio – spiega Valerio Paolini, ricercatore del CNR Iia -. In questa nicchia il biometano dovrebbe trovare impiego come vettore energetico, almeno in questo primo decennio di transizione. Sostituire benzina e gasolio con biometano (o con metano) può comportare un leggero miglioramento della qualità dell’aria locale, soprattutto in termini di polveri sottili e biossido di azoto. Ma il maggior beneficio ambientale del biometano si ha a livello globale, perché permette di ridurre le emissioni di gas serra e contribuisce quindi a contrastare il cambiamento climatico».

RIFIUTI E GAS - Un altro elemento che gioca a favore del metano è il suo legame con i rifiuti organici: una grande quantità di frazione umida in discarica può essere infatti un ingombro

che si trasforma in ricchezza, specie in contesti come Roma in cui lo smaltimento dell’immondizia è da tempo in emergenza. «Chiariamo subito che il biometano da solo non può eliminare il problema dei rifiuti a Roma – aggiunge Paolini -. Ma almeno per la frazione umida dei rifiuti urbani esistono da decenni tecnologie consolidate che permettono di recuperarne energia (biometano) e fertilizzanti (compost), con evidenti vantaggi economici e ambientali. E infatti nelle altre città l’umido è generalmente considerato una risorsa: non è un caso che ogni anno il Lazio esporta oltre 240mila tonnellate di umido fuori regione».

da modello nel suo settore. Il motivo del suo successo è nella sua sinergia agricoltura/energia: nell’impianto altoatesino dai reflui zootecnici si ricavano innanzitutto fertilizzanti, per prevenire l’inquinamento da nitriti del terreno. Allo stesso tempo i fertilizzanti organici vengono restituiti all’agricoltura, alla frutticoltura e alla viticoltura, mentre l’acqua generata dalla lavorazione dei reflui, primo impianto europeo ad operare in tal senso, è depurata e successivamente immessa nell’adiacente fiume Isarco, priva di sostanze inquinanti. Senza tralasciare un’interessante prospettiva per le esigenze di metano delle abitazioni. «Al momento i nostri biocarburanti sono destinati all’autotrazione – spiegano i responsabili di Wipptal -. Se il Governo con un nuovo decreto autorizzativo ci desse la possibilità dell’impiego del biometano anche per usi civili, come riscaldamento e cucina, per noi si aprirebbe sicuramente una nuova alternativa».

«Più metano meno gas serra»

L’ESEMPIO DI WIPPTAL - Un concreto esempio di come trasformare efficacemente gli scarti organici in risorse energetiche e fertilizzanti viene dalla Biogas Wipptal di Bolzano, che alla Conferenza internazionale di Glasgow 2021 sui cambiamenti climatici ha rappresentato l’Italia come azien-

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Biometano

Le nuove strade dell’energia portano all’oro blu di Giuseppe Motisi

Sono sempre di più gli impianti che trasformano scarti agricoli e organici in gas naturale equivalente a quello fossile ed utilizzabile nell’autotrazione, nel riscaldamento e nella cucina

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o usiamo per scaldarci, cucinare, produrre energia elettrica e girare in auto. E per soddisfare il 95 per cento circa delle nostre necessità energetiche di gas naturale lo acquistiamo all’estero, in primis dalla Russia, anche se potremmo estrarne di più dai giacimenti italiani pagandolo quasi un decimo del prezzo attuale (fonte: ministero della Transizione ecologica). Ma esiste anche un’altra via: quella della produzione del metano dagli scarti agricoli e zootecnici e dai rifiuti organici, elementi di nessun valore da cui già oggi siamo in grado di generare l’oro blu dei nostri giorni, ossia il metano nella sua forma bio. Un modello di economia circolare che pone l’Italia, grazie ai suoi circa 1.500 impianti di biogas, ai vertici della speciale classifica tra i Paesi più avanzati in tema di generazione di metano da biomasse agricole. E che in tempi di tensioni internazionali e aumenti dei costi dei combustibili fossili potrebbe giocare un ruolo decisivo nelle strategie di approvvigionamento energetico sul medio e lungo termine.

«Il biometano potrebbe soddisfare il 13 per cento del fabbisogno di gas naturale»

GAS A PORTATA DI MANO - Sono diversi gli enti e le associazioni di imprese che portano avanti l’idea che si possa arrivare

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a soddisfare la domanda interna di gas naturale senza ricorrere a trivellazioni e, contestualmente, rispondendo alle stringenti esigenze di contenimento dei costi dei consumi energetici degli italiani, specie in questo delicato periodo di tensioni internazionali. «La tecnologia della digestione anaerobica e la produzione di biogas rappresentano un unicum nel quadro delle fonti rinnovabili: esse, infatti, sono caratterizzate da una flessibilità negli usi senza paragoni rispetto alle altre forme di produzione da fonti rinnovabili – spiegano gli esperti del Consorzio italiano biogas, la prima aggregazione volontaria del nostro Paese che riunisce aziende agricole produttrici di biogas e biometano da fonti rinnovabili, le aziende o società industriali fornitrici di impianti, tecnologie e servizi per la produzione di biogas e biometano -. Non solo il biogas può essere immagazzinato rappresentando così una fonte programmabile, ma il suo utilizzo può essere vario e oltremodo flessibile: si spazia dalla produzione di elettricità alla produzione di energia termica, oppure al suo impiego nei trasporti e nell’autotrazione». Ma quale è la differenza tra biogas e biometano? «Il biometano è il risultato di un pro-


cesso di upgrading del biogas, che a sua volta si ottiene dalla digestione anaerobica di biomasse agroindustriali, tipo appunto sottoprodotti agricoli, zootecnici, frazione organica dei rifiuti – spiegano i tecnici del Consorzio italiano biogas -. In Italia sono operativi più di 1.500 impianti di biogas, di cui 1.200 in ambito agricolo. Potenzialmente il nostro Paese potrebbe produrre al 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13 per cento dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale». RIFIUTI URBANI E ORO BLU - Le prospettive di produzione di biometano sono ancora più interessanti e suggestive se collegate allo smaltimento dell’immondizia, in particolare del Forsu, ossia la Frazione organica residua dei rifiuti urbani, tema su cui da tempo lavora il Consorzio italiano dei compostatori, cioè la rete degli impianti che recuperano gas da questa tipologia di rifiuti. «Dal 2020 sono 12 gli impianti di digestione anaerobica e compostaggio italiani, quasi tutti soci Cic, in grado di produrre biometano esclusivamente dal trattamento dei rifiuti organici della raccolta differenziata e di immettere il biometano nelle reti nazionali di trasporto o distribuzione, per essere valorizzato nel settore dell’autotrazione – affermano i responsabili del Cic -. Secondo le nostre stime, un’ipotesi realistica indica in 200, 250 milioni di m3 la produzione nazionale di biometano da rifiuti entro il 2025». MOTORI A METANO - Gli scenari di decarbonizzazione indicano traguardi spesso difficili da raggiungere abbandonando da subito benzina e gasolio, mentre l’ipotesi di convertire a metano, magari bio, i motori di auto e camion è una prospettiva che aiuterebbe da subito l’ambiente, alleviando inoltre le sofferenze degli automobilisti alla pompa di benzina. «Secondo le stime di Federmetano i consumi di gas naturale per autotrazione relativi all’anno 2021 si aggirano intorno agli 870 mln/Sm3 – spiega Dante Natali, presidente dell’associazione dei distributori italiani di gas naturale per auto -. Federmetano rappresenta un quarto della rete italiana degli impianti per la distribuzione del metano uso autotrazione e annualmente effettua rifornimenti a più di 15 milioni di veicoli. Nel 2020 il 20 per cento di metano usato in autotrazione era di origine bio, e circa 2,04 mld

di km sono stati percorsi dagli 1,088 milioni di veicoli a gas naturale attualmente circolanti in Italia a impatto zero, percentuale che è pari al 30 per cento per il 2021. Risultati importanti che certamente devono essere incrementati a fronte del biometano che si andrà a produrre da qui al 2026, pari a circa 3,5 mld/Sm3 per tutti gli usi nel trasporto pubblico locale, nel trasporto leggero e in quello pesante». Ma il futuro è una sfida ancora aperta in tema di ricorso a questo gas che, va ricordato, produce meno inquinanti in atmosfera in confronto a benzina e gasolio. Una sfida su cui Federmetano è coinvolta in prima linea per sensibilizzare e convincere il governo a sostenere la diffu3 sione di metano e biometano nel traffico veicolare privato e pubblico. «Da mesi Federmetano sollecita l’attenzione del governo sulla crisi dei prezzi del gas naturale – aggiunge il presidente Natali –. Tuttavia è necessario che trovino applicazione anche le altre istanze che stiamo portando avanti dall’inizio della crisi, ossia la riduzione dell’Iva dal 22 al 5 per cento anche per il metano a uso autotrazione. Auspichiamo anche interventi strutturali che possano portare il Paese a godere di una indipendenza energetica e che rendano in futuro non più ripetibile la crisi attuale».

Sopra, un impianto di biogas

«Entro il 2025 potremo produrre dai rifiuti 250 milioni di m di metano italiano»

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GREEN HERO

Crescono gli investimenti in progetti di crowdfunding ambientale

di Nicodemo Lanti

Un sondaggio realizzato dall’International Center for Social Research per la piattaforma Ener2Crowd ha evidenziato l’aumento di persone disposte a investire i propri capitali nel crowdfunding, soprattutto se si parla di progetti green 10

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li italiani dicono sì alla finanza green. Negli ultimi anni è aumentata la considerazione verso il tema dei cambiamenti climatici portando allo stesso tempo a una crescita dell’interesse da parte di imprese, istituti di credito e investitori verso iniziative e operazioni a favore del clima. Una tendenza che si conferma anche nel caso di altre forme di investimento. Almeno una persona su due, infatti, sarebbe pronta a investire nel crowdfunding ambientale. In questo caso, la raccolta fondi “dal basso” è finalizzata a combattere la direzione intrapresa dal cambiamento climatico grazie allo sviluppo di interventi concreti e misurabili dove il fattore determinante è dato dalla partecipazione di tutti e la condivisione collettiva dei benefici. È questo lo scenario evidenziato dal sondaggio “Crowdfunding 2022” realizzato dall’International Center for Social Research (ICSR) per Ener2Crowd, piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico. L’indagine, realizzata a febbraio 2022, ha riguardato un campione di 4mila individui (equamente divisi tra uomini e donne) in età compresa tra i 18 e i 75 anni. Oggi, oltre il 64 per cento degli italiani conosce il crowdfunding come strumento di raccolta fondi e alme-

no il 26 per cento è interessato ad investire in questo campo. Inoltre, quando c’è di mezzo l’ambiente, l’italiano si trasforma in una sorta di “Green Hero”: nel caso di investimenti “verdi”, infatti, la percentuale degli intervistati che investirebbe nel crowdfunding è pari al 48 per cento. I NUMERI DEL CROWDFUNDING - In base all’analisi dell’ICSR la percezione del crowdfunding nel nostro Paese è in continua ascesa. Più di due terzi del campione sono consapevoli della possibilità di donare o raccogliere fondi grazie all’online. E se si considerano le donne nella fascia d’età sotto i 27 anni la percentuale sale all’86,6 per cento. Come spiega Niccolò Sovico, CEO e co-founder di Ener2Crowd.com, «nel crowdfunding sono incluse una molteplicità di possibilità, includendo le donazioni ed il “reward crowdfunding”, ma è per quanto riguarda più specificamente gli investimenti (equity o lending) che si è verificato il boom dell’ultimo anno». Analizzando gli altri dati della ricerca, risulta come per gli uomini la fascia d’età con la percentuale più alta è quella degli under 27 (pari al 26,4 per cento). Seguono i millennial (tra i 27 e i 40 anni) al 25,6 per cento, la Generazione X (dai 41 ai 56 anni) al

La percezione del crowdfunding in Italia è in continua ascesa


25 per cento e i baby boomer (dai 57 ai 75 anni) al 24 per cento. E se in questo caso le percentuali cambiano progressivamente con l’età, lo stesso non accade per le donne. Qui si parte dalle native digitali al 33 per cento a cui seguono le millennial, anch’esse come gli uomini al 25,6 per cento, proseguendo con le appartenenti agli anni del boom economico al 24 per cento. Chiudono le appartenenti alla generazione X con il 22,4 per cento. In sostanza, riassume Giorgio Mottironi, CSO e cofounder di Ener2Crowd, «dal punto di vista demografico, sono i più giovani e le donne sia a comprendere meglio il crowdfunding che ad essere interessati ad investirvi».

mente alte per i nativi digitali (donne al 55 per cento e uomini al 50,6). E i numeri salgono ulteriormente se si considera la fascia dei baby boomer (in questo caso le percentuali di uomini e donne sono rispettivamente 56 e 60,4 per cento).

Sopra, la tabella del sondaggio ICSR riferita ai “Green Hero”

GLI EROI DELL’AMBIENTE - Ma chi sono questi investitori dall’animo verde? Il profilo del Green Hero è quello di una persona con età di circa 46 anni e una disponibilità media di capitali da investire pari a 14.200 euro all’anno che ha già contribuito a finanziare la transizione energetica. Un quadro che raffigura tutti coloro che, nel pieno della loro vita professionale, scelgono di investire parte del proprio capitale per un futuro più verde e sostenibile per le prossime generazioni. Inoltre, esaminando le differenze di genere, risulta che i Green Hero donne (circa il 20 per cento del totale) hanno un’età media di 48 anni e investono in media 11500 euro all’anno. Cifra che sale a 14500 euro se si parla del capitale di investimento degli uomini che hanno un’età media di 46 anni. Gli investitori attenti all’ambiente non sono tutti qui. L’insieme comprende anche i nati tra l’inizio degli anni ’80 e la fine degli anni ’90. I cosiddetti millennial, infatti, hanno una forte propensione a contribuire al benessere del Pianeta tramite gli strumenti offerti dalla finanza partecipativa. Analizzando i numeri, gli uomini di questa categoria sono al 45 per cento mentre la percentuale delle donne sale al 48,4 per cento. Per contro, si riscontrano numeri più bassi tra gli appartenenti alla generazione X: in questa categoria il crowdfunding green è scelto dal 39,6 per cento degli uomini e dal 29,6 per cento delle donne.

Il Green Hero sceglie di investire il suo capitale per un futuro sostenibile

INVESTIMENTI VERDI - E il lending crowdfunding (ossia un prestito tra privati, per lo sviluppo di iniziative imprenditoriali, realizzato su apposite piattaforme online) è una delle vie considerate dalle persone per investire i propri capitali. Considerando le cifre totali si parla di somme molto alte che ammonterebbero a circa 4.200 miliardi di euro di cui, secondo le stime, 1.500 miliardi fermi sui conti correnti. In questo caso, spiega Giorgio Mottironi, «Anche solo il 10 per cento di questa ricchezza, pari a circa 70 mila euro pro-capite, investita nella sostenibilità ambientale ed energetica porterebbe ad una crescita oltre il 6 per cento all’anno, più dell’intera economia cinese prima del Coronavirus». E parlando di ambiente, l’analisi dell’ICSR evidenzia come nel caso in cui le iniziative di crowdfunding siano legate a investimenti green, la percentuale di quanti sono propensi ad aderire si attesta al 48 per cento. Le percentuali sono particolar-

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DISTRETTI ECOLOGICI

Simonacci: «Portiamo gli impianti sportivi nella fase 2.0»

* SPONSOR

di Lorenzo Scalia

L’architetto dell’azienda romana: «Con noi i centri diventano green, costano meno a livello di gestione, quindi sono sostenibili, inclusivi, moderni, utili a dare alle nuove generazioni la base per una rivoluzione culturale che parte dal basso» 12

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fficientamento energetico, etica e sport. Un trittico che Distretti Ecologici - l’azienda che ha l’anima green e un cuore a forma di pallone - ha sposato per rendere l’Italia un Paese moderno, sulla scia di Inghilterra, Svezia, Norvegia e Danimarca. Perché qui da noi c’è una spiccata cultura sportiva di base, basta vedere il medagliere delle Olimpiadi o i trofei vinti negli sport di squadra, ma non è sostenuta dall’impiantistica. A volte è ferma al 1960. E nella migliore dell’ipotesi bloccata al 1990, ai tempi di Notti Magiche e Totò Schillaci. Quando il cemento armato era un must have e l’efficientamento energetico delle parole sconosciute ai più. «Il nostro modo di lavorare è indirizzato a trasportare le strutture sportive nella fase 2.0, per cui diventano green, costano meno a livello di gestione, quindi sono sostenibili, inclusive, moderne, utili a dare alle nuove generazioni la base per una rivoluzione culturale che parte dal basso».

natore di calcio, segue la crescita di bambini in una società dilettantistica di Roma, la Vis Aurelia. Lo fa per etica e passione . Nel tardo pomeriggio. Anche quando piove d’inverno, il mercoledì come la domenica mattina. Insomma, progetti, carte, allenamenti e partite sono il suo pane quotidiano. «Ogni impianto ha le sue necessità, le sue problematiche e le sue particolarità - spiega Simonacci - La base dell’efficientamento energetico si fa sull’impiantistica e sull’utilizzo per 365 giorni l’anno degli spazi».

Ogni impianto ha le sue necessità e le sue problematiche

L’ARCHITETTO - A parlare è Paolo Simonacci che di professione fa l’architetto negli uffici della Distretti Ecologici. Tra un progetto e l’altro si mette la tuta e si trasforma in alle-

CONSUMI SOSTENIBILI - Ma cosa deve avere un impianto per essere green e al passo con i tempi? «Deve garantire a livello di efficientamento energetico dei consumi sostenibili nell’arco delle quattro stagioni. Perché ogni stagione porta consumi completamente differenti. Anche se dicono che non esistono più le quattro stagioni, esistono eccome, perché i numeri parlano chiaro». Più nel dettaglio: «Per una piscina non possiamo accontentarci di abbassare i consumi. Ma va pensata anche in versione estiva, quando sulla carta è meno utilizzata perché la gente lascia la città


o va al mare. Noi ragioniamo in ottica europea: la piscina infatti può essere utilizzata diversamente, per esempio per ospitare eventi o feste. Come? Magari pensando a una copertura apribile, oppure utilizzando maggiormente un’illuminazione naturale rispetto a quella artificiale». SVOLTA GREEN - Le bollette ultimamente picchiano duro sui bilanci di chi gestisce circoli, campi da calcio, da padel, così come piscine o centri dedicati all’ippica o al rugby. Alcuni rischiano di abbassare la saracinesca nel giro di qualche mese. «L’innalzamento dei consumi è una problematica molto attuale, che sta mettendo in crisi molte realtà che avevano già fatto i conti con le chiusure del lockdown - continua Simonacci - I gestori, infatti, non hanno più scelta, ma il bisogno urgente per sopravvivere di abbattere i consumi ai quali sono esposti, modernizzare e digitalizzare gli impianti per gestirli al massimo del potenziale. Quindi, più che un passaggio verso il green spontaneo, è necessario reagire ed adeguarsi, che poi in fondo è la chiave di lettura affinché le cose si facciano e pure bene. Quando c’è il bisogno si muovono tutti quanti i player nella stessa direzione e Distretti Ecologici è lì, pronta ad arrivare a risultati di efficientemento straordinari».

normativa dell’Ecobonus, riusciamo addirittura a produrre parte dell’energia e indirizzarla per coprire altre spese. Non tutti gli impianti riescono a fare cogenerazione. Nella maggior parte dei casi bisogna sostituire gli impianti obsoleti con quelli di ultima generazione». Ma come funziona? «Si tratta di un motore alimentato in maniera sostenibile che, lavorando tante ore, riesce ad andare non solo in copertura di quello che è il consumo, quindi il fabbisogno che può avere un impianto, ma in sovrapproduzione e quindi destinare il di più all’illuminazione, ai sistemi che trasportano l’aria all’interno delle piscine oppure al riscaldamento sottostante i campi da gioco».

Possiamo dimezzare i consumi e quindi le spese

COSTI DIMEZZATI - È chiaro che dipende dall’intervento che si va a fare sull’impianto sportivo: perché non si parla di cambiare una caldaia e stop, ma di una vera e propria transizione green. Simonacci conferma: «Con gli strumenti che abbiamo a disposizione, nei casi migliori, possiamo abbassare più del 50 per cento i consumi e quindi le spese. E paradossalmente anche con interventi non così invasivi rispetto a tanti altri. Perché parliamo di impiantistica, di gestione di impianto, localizzata e finalizzata alle strutture già presenti». Un altro capitolo riguarda i pannelli fotovoltaici. «Distretti Ecologici è una delle società con il maggior studio sull’utilizzo del fotovoltaico termico, quello di ultima generazione. Riusciamo a far funzionare, attraverso una tecnologia certificata a livello internazionale, i pannelli solari e farli rendere di più del 50 per cento degli stessi che da normativa vengono per esempio passati all’interno dell’Ecobonus. Insomma, siamo più avanti…». COGENERAZIONE - Ma il focus non si limita solo ai pannelli solari, ai materiali innovativi e una ristrutturazione generale. «Attraverso l’impianto di cogenerazione, non inserito nella

In apertura, la creazione di un nuovo impianto sportivo green. Sopra, l’architetto Paolo Simonacci

Green e sport nel dna Distretti Ecologici è l’icona dell’azienda virtuosa: l’etica e la sostenibilità sono la struttura portante dell’impresa, al limite dello stakanovismo. Lavorare con un ideale è quello che si chiama “qualità della vita”. Vivere questa realtà è quasi un sogno e il risultato è una conseguenza naturale, così come è stato un passaggio naturale sostenere la football industry. Dalla Serie A fino alle piccole realtà di quartiere. Distretti Ecologici, infatti, è main sponsor dello Spezia e back sponsor della Salernitana. L’azienda romana, con la famiglia Passeri in prima linea, inoltre, detiene il 20 per cento delle quote dell’Ascoli,

club in piena corsa per i playoff in B. Nelle serie minori ecco il sostegno a Grosseto e Latina. Ma l’impegno è rivolto anche al calcio femminile (Decimoquarto) e una lunga serie di società dilettantistiche, la base della piramide sportiva.

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STAMPA ITALIANA ecò

Alps Blockchain

E l’acqua diventa potenza di calcolo per minare Bitcoin di Lorenzo Scalia

Quattro anni fa Francesca Failoni (Cfo) e Francesco Buffa (Ceo) hanno fondato una startup a Trento che riesce a dare nuova vita alle centrali idroelettriche. Fatturano 18 milioni di euro e il futuro è dalla loro parte: «Guardiamo al mercato internazionale »

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idanno vita alle centrali idroelettriche, trasformando la potenza dell’acqua in potenza di calcolo, che poi serve per minare Bitcoin senza inquinare il Pianeta. Lo fanno con un modello di business unico. E sostanzialmente non hanno competitor. Cosa ha permesso ad Alps Blockchain di diventare una delle realtà più innovative e più interessanti del panorama delle startup made in Italy. A quattro anni dalla fondazione – supportata agli albori da un contributo a fondo perduto di Trentino Sviluppo e dal coraggio di privati, in primis Tecnoenergia – la piccola realtà si è fatta grande, tanto che si parla di un fatturato di 18 milioni di euro. Un numero che potenzialmente si potrebbe moltiplicare in un amen.

tentare di sviluppare Google quando i computer ancora non c’erano. E quindi abbiamo pensato di partire dall’infrastruttura, dall’attività di mining. Da lì ci siamo scontrati con il problema energetico. Nel senso che potevamo fare innovazione tecnologica quanto volevamo, ma con il costo dell’energia in Italia non sarebbe stato sostenibile nel lungo periodo».

«All’inizo c’era il problema energetico»

UN PONTE GREEN - Alps Blockchain, guidata dai giovanissimi Francesco Buffa (Ceo) e Francesca Failoni (Cfo), di fatto è un ponte tra la tecnologia della blockchain e l’ecosistema dell’energia rinnovabile: la mission finale è rendere l’attività di mining sostenibile, eliminare il concetto che Bitcoin è nemico dell’ambiente. «L’idea di partenza era quella di creare qualcosa di valore sulla tecnologia blockchain, senza sapere esattamente cosa - ricorda Failoni - Facendo dei test, studiando le possibili applicazioni e i vari usi, abbiamo capito che creare un applicativo sullo tecnologia era un po’ come

COME FUNZIONA - Poi il colpo di genio. «Siamo andati all’interno di una centrale idroelettrica, quindi abbiamo installato una mining farm fatta su misura sulla produzione dell’impianto che andava ad autoconsumare l’energia prodotta cercando di utilizzarla il più possibile. Siamo partiti con un primo test e ci siamo accorti che mettendo macchi-


nari che autoconsumavano un megawattora al giorno, quell’energia veniva valorizzata 150 euro a megawattora, mentre il mercato al produttore dava 50 euro. Da lì, grazie al passaparola, ci siamo espansi in varie centrali idroelettriche: adesso siamo presenti in 18 e contiamo entro la fine dell’anno di arrivare a quota 32. Cerchiamo di seguire il flusso di produzione andando a non prelevare mai energia dalla rete proprio per una questione di sostenibilità del nostro progetto. Perché noi vogliamo usare energia al 100 per cento rinnovabile e non solo utilizzarla, ma valorizzarla».

pubbliche che non vogliono nel loro processo produttivo avere a che fare con le criptovalute. Loro, infatti, si limitano a venderci la potenza di calcolo in euro e noi poi ci occupiamo di tutto il resto. In sostanza Alps Blockchain immette nuova liquidità nel sistema delle rinnovabili, che è un po’ di nicchia. Insomma, in questo modo i produttori non basano più esclusivamente il loro business sugli incentivi statali».

«Guardiamo anche al mercato estero»

MACCHINARI - Dispongono della tecnologia ASIC (Application Specific Integrated Circuit), la più efficiente per l’algoritmo SHA-256, che poi è quello per la blockchain di Bitcoin. Parliamo dei modelli più recenti e migliori sul mercato. «Perché è fondamentale per noi la parte dell’efficenza energetica», spiega Failoni. Alps Blockchain non mina direttamente Bitcoin, si ferma un passo prima. Infatti, «le centrali producono potenza di calcolo, un servizio che vendono a noi che ci poniamo come intermediari con le pool farm: questo servizio, quindi, lo rivendiamo a chi va a fare effettivamente e concretamente l’attività di mining, anche e soprattutto per una questione normativa». Di più. «Tra i nostri clienti, del resto, ci sono anche aziende pubbliche e para

PROSSIMI PASSI - Di fronte i founder di Alps Blockchain hanno l’infinito o giù di lì. «Stiamo lavorando per portare il nostro modello di business anche fuori dai confini italiani. Basti pensare che ci sono molti Paesi con impianti funzionanti che vengono spenti. È un gran peccato dal nostro punto di vista…». Un altro obiettivo è immenso: «Vogliamo vendere la potenza di calcolo ai privati. Quindi diventare un’azienda che non vende solo b2b ma contiamo di arrivare a vendere un prodotto alle persone, basato sulla tecnologia esistente, su qualcosa che esiste, di fisico. E in maniera sostenibile. Stiamo studiando come fare per offrire ai nostri clienti un prodotto trasparente e sicuro». Impianti di proprietà? «Non ne abbiamo al momento, non è così semplice, ma in futuro la speranza è di riuscire pure in questa impresa».

In apertura e qui in alto a sinistra, la centrale Veneto. Sopra, Mining Farms Trentino (Val di Non) © Foto di Riccardo Rizzo e Alessio Coser

Al centro, Francesca Failoni (Cfo) e Francesco Buffa (Ceo) dell’Alps Blockchain. © Foto di Giulia Brozz

POLITICA - Nei palazzi della politica, a Roma, si parla di blockchain, si creano tavoli e si discute, ma non si è ancora arrivati a una regolamentazione ufficiale, lineare, completa. «È un mondo che per la politica è assolutamente nuovo, dove è necessario appoggiarsi a qualcuno che ne capisce, che ci sta dentro. Ma da quello che stiamo vedendo l’interesse della politica per la blockchain e le criptovalute c’è – chiude Failoni – Secondo il mio parere è urgente rendere trasparente la parte burocratica e fiscale. Servono regole chiare per debellare il sommerso e le situazioni poco limpide».

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STAMPA ITALIANA ecò

INNOVAZIONE Dal Giappone

all’Italia pensando all’ambiente di Gabriele Samuelli

* Inserzionista

Andrea Grassi, marketing director di Daikin Italia: «Le ambizioni sono alte. Nei prossimi anni vogliamo mantenere la leadership del settore e fare ulteriori passi avanti verso il green planetario»

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saka (da leggere rigorosamente con l’accento sulla “o”), una delle principali città del Giappone, è famosa per l’acquario, il castello, le luci e i canali di Dotonbori, ma anche perché qui sorge la casa madre di Daikin, azienda leader a livello globale del settore condizionatori, tra l’altro l’unica al mondo che produce sia macchinari che refrigeranti. A Osaka (da rileggere con l’accento sulla “o”), poi, i cittadini sembrano caratterialmente e mentalmente più aperti nei riguardi degli stranieri: sono incuriositi dal “diverso”, dagli amici europei e americani, vogliono parlare, conoscere, scambiare esperienze. Insomma, sentono l’esigenza di essere inclusivi, dei perfetti padroni di casa. Cosa che a Tokyo e Kyoto non succede. O almeno non così, non in maniera così evidente.

presenta se rilasciato nell’ambiente», spiega Andrea Grassi, marketing director di Daikin Italia. In sostanza i giapponesi l’hanno progettato per il bene del Pianeta, l’hanno messo a punto con i suoi sviluppatori dell’innovazione e, invece di tenerselo stretto e/o speculare, hanno “regalato” i brevetti ai concorrenti tracciando una nuova strada, più green. Oggi l’R32 lo utilizzano tutti e rappresenta una grossa fetta del venduto. «Stiamo parlando di 97 brevetti ceduti a titolo gratuito, anche ai più acerrimi concorrenti - sottolinea Grassi - Non è facile trovare un’azienda che opera così generosamente senza tra l’altro dare molto risalto alla cosa dal punto di vista mediatico. Oggettivamente è stato un cambiamento epocale per l’intera industry. L’R32 è stata un’innovazione di Daikin ma non è ancora entrata a pieno regime, però crediamo che in futuro, nel giro dei prossimi due anni, possa diventare uno standard al 100 per cento per il nostro settore».

L’R32 rappresenta un cambiamento epocale per l’intera industry

GAS R32 - Questa caratteristica, di apertura totale verso l’esterno, potrebbe essere una chiave di lettura per spiegare la mossa che ha fatto Daikin nel 2015 con il gas R32, «refrigerante che è diventato un nuovo standard dato che ha un impatto ambientale del 70 per cento in meno rispetto ai gas usati precedentemente secondo il GWP (Global Warming Potential, ndr), indice che misura il rischio che rap-

FUORI E DENTRO - La concretezza, come sempre, vale più delle parole. Daikin è green fuori e dentro l’azienda. «Abbiamo un’attitudine e un’attenzione all’ambiente da sempre - continua Grassi - In Europa, giusto per citare un esempio, siamo l’unico player


che riprende il gas vecchio (R410) dagli impianti e lo ricicla a proprie spese. Dietro c’è un’organizzazione di tecnici, i migliori sul mercato. Invece di prendere il gas e smaltirlo, che è un rifiuto pericoloso, i tecnici specializzati lo portano in centri appositi che Daikin ha organizzato per ridargli una nuova vita. Su temi più grandi Daikin ha dei target globali, che sta centrando. Citando il nostro amministratore delegato posso dire che Daikin ha fatto più di Tesla per l’emissione fattiva di CO2. Le ambizioni sono alte. Nei prossimi anni vogliamo mantenere la leadership del settore e fare ulteriori passi avanti verso il green planetario». Ma anche nelle piccole cose si cerca di fare la differenza. «Siamo passati ad un approccio plastic free nelle nostre sedi. Durante le riunioni usiamo la brocca per l’acqua evitando le bottigliette di plastica. Alla fine basta semplicemente organizzarsi. La stessa cosa avviene per i catering, stiamo attenti a utilizzare soluzioni che abbiano un impatto tendente allo zero e che siano riciclabili».

si migri sempre di più verso un’energia pulita, rinnovabile, come il solare, l’eolico e via dicendo». Di più. «Un’altra cosa importante da far capire ai consumatori è che a volte non è neanche necessario accendere i riscaldamenti. Si possono usare degli split che d’estate fanno aria condizionata, ma che nelle mezze stagioni o nei picchi di domanda invernale possono funzionare in caldo. Quindi, invece di accendere i termosifoni, che hanno bisogno di tempo perché vanno a regime lentamente, basterebbe accendere un climatizzatore letteralmente pochi minuti prima di entrare a casa e le persone beneficerebbero di un caldo avvolgente in pochissimi minuti. Va sottolineato che un condizionatore di ultima generazione, rispetto a uno che si acquistava dieci anni fa, consuma in freddo la metà, mentre in caldo il paragone non si può neanche fare. I sistemi aria-aria sono veloci, green e in linea generale si può risparmiare sui costi delle bollette, che rappresentano una problematica attuale in tutto il mondo, Italia compresa».

In apertura, Andrea Grassi, marketing director di Daikin Italia

In futuro si migrerà sempre di più verso un’energia pulita e rinnovabile

SISTEMI DEL FUTURO - L’innovazione è di casa: il mondo sta andando in una direzione e Daikin sta provando ad anticipare i tempi mettendo in commercio prodotti di qualità, performanti, ma anche soprattutto amici dell’ambiente. «Particolarmente green sono i nostri split, ma in generale le pompe di calore. I sistemi del futuro saranno con pompa di calore con R32, lo stiamo vedendo anche per quello che sta succedendo nel mondo, la questione gas è complessa e richiede un equilibrio geopolitico che è instabile anche alla luce di quello che sta avvenendo in Ucraina. Quindi, in prospettiva, l’attesa è che

La storia parte dal 1924 Daikin Industries, Ltd. è la multinazionale giapponese leader mondiale nei sistemi di climatizzazione, riscaldamento e purificazione dell’aria per applicazioni residenziali, commerciali, alberghiere e industriali. Con più di 90 centri di produzione e oltre 85.000 dipendenti, Daikin è presente in oltre 150 Paesi in tutto il mondo. Fondata nel 1924, Daikin vanta una posizione di leadership sul mercato

grazie al costante impegno dell’azienda nel perseguire obiettivi di innovazione, attraverso lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia per ciò che attiene sostenibilità, efficienza energetica e riduzione delle emissioni di CO2. In Italia opera Daikin Air Conditioning Italy Spa, con tre sedi operative sul territorio nazionale: la principale è a Milano, le altre due si trovano a Genova e Roma.

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STAMPA ITALIANA ecò

MANGROVIA Aiutare l’ambiente partendo dal basso di Domenico Cavazzino

Due giovani imprenditori, Gabriele Chini e Mauro Brescia, hanno scelto di intraprendere, grazie alla loro piattaforma, un’azione educativa verso gli utenti sensibilizzandoli all’acquisto di prodotti plastic free

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avorare per un mondo più sostenibile partendo dal basso. A cominciare dai consumatori. Si potrebbe riassumere così l’idea alla base di Mangrovia, startup creata da due giovani imprenditori, Gabriele Chini e Mauro Brescia. A farli incontrare, ci raccontano in un’intervista, è stata la loro passione comune per la sostenibilità. Anzi, la loro potrebbe essere definita una vera e propria missione. Infatti, per concentrarsi appieno sulla loro idea entrambi hanno scelto di abbandonare le loro precedenti occupazioni: Gabriele ha lasciato il suo lavoro in IBM, mentre Mauro ha interrotto il suo percorso di dottorato all’università di Tor Vergata. Il progetto, spiegano i due soci, si sviluppa a partire da novembre 2020, con il lancio del marketplace a luglio 2021. «L’idea – ricorda Gabriele Chini – è partita da un mio progetto iniziale su un prodotto fisico sostenibile, ma ancora non legata a un e-commerce. Ho avuto la possibilità di partecipare a Dock3 un percorso per startup legato a Uniroma3, dove avevo la possibilità di creare un team per questo progetto. Però creare un team per realizzare un prodotto fisico

non mi sembrava il percorso più adatto. Così, avendo fatto io stesso un percorso personale e cambiato le mie abitudini di consumo e acquisti nel quotidiano, ho iniziato a pensare a un marketplace, qualcosa legato agli acquisti quotidiani. Mi sembrava un’idea più semplice da portare avanti, anche se poi ho scoperto che non lo era (ride, ndr). È durante questo percorso, però che ho conosciuto Mauro e insieme abbiamo deciso di portare avanti Mangrovia». Il nome è stato scelto pensando a qualcosa che coniugasse natura e sostenibilità. «Non volevamo essere banali - prosegue Chini - scegliendo nomi come Ecoshop o qualcosa di simile. Ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che le mangrovie assorbono tantissima CO2, addirittura quattro volte in più rispetto alle foreste tradizionali. E rispecchiava molto quello che volevamo fare».

«Le mangrovie assorbono CO2 quattro volte in più rispetto alle foreste tradizionali»

RICONOSCERE LA SOSTENIBILITÀ - Alla base del progetto, oltre alla volontà di presentare nel sito solo prodotti Plastic Free, c’è l’idea di risolvere una serie di problematiche che coinvolgono quanti decidono di


abbracciare appieno una vita green: come riconoscere un prodotto sostenibile? Questi oggetti, infatti, sono del tutto uguali ad altri che utilizzano materiali plastici. «Dopo aver intervistato molti utenti – spiega Mauro Brescia – abbiamo capito che questo è uno dei problemi principali e stiamo provando a risolverlo. Per questo stiamo lavorando a un algoritmo che impari a riconoscere quali sono i prodotti sostenibili. Quando sarà sviluppato qualsiasi prodotto sul marketplace avrà uno score. E l’utente potrà scegliere i criteri stessi con cui generarlo. Un voto di sostenibilità da modellare a seconda dei pesi che uno dà ai diversi assi. Ogni prodotto ha diversi aspetti che vanno valutati a livello di sostenibilità. Dagli ingredienti al materiale, il packaging, la provenienza e la distanza rispetto all’utente perché lo stesso prodotto avrà un impatto diverso se trasportato a 50 o 800 km». L’algoritmo, inoltre, sarà legato alla blockchain. «Abbiamo iniziato a creare una sorta di certificazione - spiega Chini Utilizziamo la blockchain Cardano anche per un fatto di efficienza energetica, perché rispetto alla blockchain di Bitcoin utilizza il 99,9 per cento di energia in meno per operare. Quindi una scelta sostenibile anche in quel senso».

questi prodotti non riesce ad avere una effettiva visione dell’apporto positivo per il Pianeta». Questo voler sensibilizzare gli utenti non si limita agli acquisti sulla piattaforma, ma è impresso in tutto l’universo Mangrovia. Ne sono una prova i post sui social con cui i due founder cercano di sensibilizzare i follower sull’importanza di comportamenti sostenibili per la difesa dell’ambiente. SOSTENIBILITÀ E IMPRESA - La scelta di puntare sulle persone ha un motivo ben preciso. «Abbiamo deciso di seguire un approccio people over profit - sottolinea Gabriele Chini - perché pensiamo che a lungo termine non ci sarà una scelta se fare qualcosa solo a livello imprenditoriale o green. Semplicemente saranno le persone stesse che sceglieranno sempre qualcosa di più sostenibile a un’alternativa. Tutte le iniziative hanno temi legati alla sostenibilità. Non è possibile fare un progetto e pensare solo alla sostenibilità o al profitto. Si può andare avanti con entrambi e noi ci stiamo provando». La sostenibilità, aggiunge Mauro Brescia, «è importante a prescindere. È la strada che dovrebbe intraprendere l’umanità. La nostra soluzione diventa partire dal basso, dall’utente, ed è quello che ha spinto Mangrovia a nascere. Non c’è un match specifico tra sostenibilità e imprenditorialità. L’unica risposta è l’innovazione. Più entra in gioco più ci sono possibilità di impresa nella sostenibilità». Per raggiungere dei risultati, però, bisogna iniziare a cambiare le nostre abitudini, come iniziare ad adottare atteggiamenti plastic free anche se «difficilmente arriveremo a zero plastica. Viviamo in un mondo che non lo sarà né adesso né fra 100 anni». Certamente, però, si può lavorare per ridurla, anche se, conclude «il momento per cominciare era ieri».

In apertura, una veduta aerea di una foresta di mangrovie, Sopra, da sinistra, Gabriele Chini, CEO e Co-founder di Mangrovia, lo store online, Mauro Brescia, CFO e Cofounder di Mangrovia. Sotto, il logo della startup Mangrovia

«La sostenibilità è importante a prescindere. È la strada che dovrebbe intraprendere l’umanità»

GREEN E NO PROFIT - Attualmente, la piattaforma ospita perlopiù prodotti per la casa e la cura della persona, anche se per il futuro l’obiettivo dei due fonder è allargare l’e-commerce anche a tante altre categorie. «Ci arrivano tantissime richieste - aggiunge - sia per la vendita di prodotti che richieste per le no profit. Mangrovia è un marketplace di prodotti sostenibili e senza plastica. Inoltre, doniamo il tre per cento di ogni ordine a una No Profit scelta dal cliente durante il pagamento. È anche una visione del contributo che porta, perché spesso chi compra

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STAMPA ITALIANA ecò

IVAN ORTENZI «La tecnologia è la chiave per rigenerare la football industry»

di Lorenzo Scalia

Il chief innovation officer di Bip: «Le squadre di calcio hanno prima assunto il digital manager, poi hanno creato le media house, adesso devono assumere il metaverso director. Perché i club a breve dovranno iniziare a gestire due spazi...» 20

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uando il campionato era fermo per il Covid la vita dell’italiano medio - almeno in quella fascia d’età che andava dai 6 ai 90 anni - era appassionante come il segnale orario Rai. Poi però la luce si è riaccesa: palla al centro, l’arbitro fischia e si passa (almeno) un’ora e mezza d’aria, dimenticandosi dello stress sempre in pressing. È il momento in cui torni bambino e puoi andare fuori di testa per un gol o un contro fallo su una rimessa laterale. “Toglietemi tutto ma non il pallone”, è questa la prospettiva del tifoso. Che poi, alla fine dei conti, è un cliente, un fan che «compra un’emozione, compra un’esperienza e quindi compra un valore estetico di fatto un eOTT (over the top) delle nostre vite da appassionati di sport», spiega Ivan Ortenzi, chief innovation officer di Bip e responsabile dei contenuti innovativi del Social Football Summit, il principale evento italiano dedicato alla football industry.

meri pazzeschi, che rendono la vita dell’italiano medio speciale quando scende in campo la squadra del cuore: parliamo di un modello di business che ha un peso significativo del Pil mondiale (circa 1,5 per cento) e del Pil nazionale (tra il 3 e il 5 per cento). Non solo, secondo l’Annual Review of Football Finance il valore del calcio europeo ammonta a 25 miliardi di euro. Eppure “il pallone è malato”, scrivono adesso, come scrivevano anche prima e dopo Calciopoli. Il Covid - è un dato di fatto - non ha migliorato la situazione.

Il valore del calcio europeo è di 25 miliardi di euro

NUMERI - Già, la football industry - «mi piace chiamarla così al di là del romanticismo», dice sorridendo Ortenzi - e i suoi nu-

NUOVE REGOLE - «Così come altri settori anche il calcio ha subìto le conseguenze della pandemia: i bilanci dei club, in media, hanno segnato mediamente meno 30 per cento. Dal punto di vista economico il mondo del pallone, oggi come oggi, non è sostenibile. Cosa si può fare? È logico dire aumentiamo i ricavi e abbassiamo i costi. Ma va capito come fare». Dall’alto, dal quartier generale di Nyon, si attendono grandi novità a stretto giro. «La Uefa entro l’estate emetterà le regole


sul nuovo fair play finanziario che entreranno in vigore progressivamente nel 2023 e già si inizia a parlare di salary cup per tutti, di indice di liquidità che deve valere per tutti e di tante altre linee guida che cercheranno di arginare i costi. Magari si proverà a capire come regolamentare il problema dei procuratori che ricevono risorse senza rimetterle in circolo nel sistema. In Europa alcuni suggeriscono di guardare all’America, alle loro regole e alle loro leghe. Ma quello è un modello chiuso. Non c’è un ascensore sociale. In Europa, invece, c’è un sistema aperto al cui interno si stanno formando delle strutture chiuse. La Premier League, dati alla mano, si sta allontanando dal resto del mercato. Di fatto si può considerare già una Superlega. Inoltre, bisognerà agire sul piano della qualità e dell’innovazione del prodotto, delle regole del calcio: io, per esempio, sono un estimatore del tempo effettivo, del time out, dell’espulsione a tempo e del Var a chiamata».

do Lo chief innovation di Bip, si chiama tecnologia. «Le squadre di calcio riusciranno a recuperare terreno grazie alla tecnologia. I club sempre di più dovranno integrare la tecnologia nei differenti asset del modello di business. Nel frattempo, bisogna sperare di recuperare il fatturato attraverso il match day, quando ci sarà la possibilità di aprire gli stadi ai tifosi al 100 per cento».

«Bisogna gestire gli asset in modo efficace»

CHIAVE PER L’IMMEDIATO - «Se fossi presidente di un club sarei contento di fare parte in modo diretto di questo mondo. Perché avrei delle squadre, quindi un prodotto, dei canali di comunicazione, un territorio, dei valori e ovviamente dei contenuti. Si tratta di gestire tutti questi elementi come veri e propri asset aziendali, in maniera coerente con il proprio mercato di riferimento. Certo, non posso dire che il presidente del Foggia abbia le stesse possibilità e problematiche del suo collega del Milan o del Como. Però tutti devono gestire gli asset in modo efficace ed efficiente in riferimento al proprio mercato attuale e potenziale», continua Ortenzi. La chiave di volta, secon-

METAVERSO E NON SOLO - Nft, Fan Token, eSport e metaverso: sono alcuni termini che stanno flirtando con il pallone. Alcuni da anni,

In apertura, il chief innovation officer di Bip, Ivan Ortenzi. Sopra, una veduta del Foro Italico, nelle altre foto, dei momenti del Social Football Summit con Bobo Vieri e Giovanni Carnevali (dirigente del Sassuolo)

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STAMPA ITALIANA ecò

«Abbiamo deciso di ascoltare l’ecosistema calcio» altri da una manciata di mesi. «Nuove generazioni, nuovi target, nuovi clienti, nuovi fan. O meglio: nuovi comportamenti dei tifosi. All’interno dell’universo cripto ma anche virtual c’è massa critica, si tratta di un segmento interessante che tra l’altro serve anche per diversificare il fatturato. Ma forse il punto più interessante riguarda gli spazi, quindi il metaverso. Le squadre di calcio hanno prima assunto il digital manager, poi hanno creato le media house, adesso devono assumere il metaverso director. Perché i club a breve dovranno iniziare a gestire due spazi, come hanno già iniziato a fare il City e il Tottenham. In un prossimo futuro acquisteremo sia i biglietti della partita allo stadio che quelli nel metaverso. Lo stadio digitale finora l’abbiamo conosciuto come la partita in televisione. Ma lo stadio del futuro, grazie alle nuove tecnologie, diventerà uno spazio di esperienza digitale e di contenuti. Magari attraverso il visore potremo vedere gli allenamen-

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ti o entrare negli spogliatoi all’intervallo». Ma andremo ancora allo stadio nel 2030? E nel 2050? «Tra otto anni sicuramente, ma avremo più tipologie di stadio. L’esperienza però sarà “passiva”. Nel 2050 non lo so perché non ho la palla di vetro. Ma di certo saremo dentro lo stadio digitale e saremo spettatori attivi, probabilmente potremo dire ai giocatori cosa fare». L’IMPEGNO DI BIP - Aiutare i club ad anticipare il futuro sotto il profilo manageriale e gestionale: Bip fa questo, in sintesi. «Bip ha scelto di occuparsi della football industry e della sport industry indicativamente da 4 anni - ricorda Ortenzi - Così come abbiamo fatto con tutti gli altri settori dove siamo entrati siamo partiti da due presupposti. Il primo: abbiamo stabilito all’inizio che in questo settore la tecnologia avrebbe avuto un alto impatto. Il secondo: nel calcio c’è un fenomeno che noi chiamiamo polarizzazione, infatti si

stanno creando differenze nel modello di business, nella piramide. Adesso chi fattura di più vince di più, chi spende di più si può indebitare di più perché ci sono modelli di governance che lo possono consentire. Quando si polarizza un modello di business se ne generano diversi e quindi si fa innovazione. Abbiamo studiato e scelto un posizionamento un po’ diverso rispetto ad altri colleghi che stanno nel calcio da più tempo. Loro fanno analisi, noi abbiamo cercato di capitalizzare le analisi e di trasformarle in modelli di applicazione manageriale. Inoltre, abbiamo scelto di ascoltare l’ecosistema calcio. Quindi insieme agli amici di Social Media Soccer dall’inizio siamo partner nell’organizzazione dell’evento del Social Football Summit che quest’anno andrà ancora in scena allo stadio Olimpico per la quinta edizione. La nostra speranza è quella di trattare il calcio come industry e di contribuire alla crescita manageriale di questo settore».




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