Stampa Italiana Ecò - Numero 1 anno 1

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Stampa Italiana Ecò - Anno 1 N. 1 - Ottobre 2021 - Allegato mensile della testata giornalistica Stampa Italiana - Copia gratuita

STAMPA ITALIANA ecò

UNA PARTITA DA VINCERE Efficientamento energetico, bioedilizia e trasporti attenti all’ambiente. Tanti strumenti e progetti in campo. È il momento della svolta



STAMPA ITALIANA ecò Stampa Italiana Ecò Anno 1 N. 1 / Ottobre 2021 Allegato mensile della testata giornalistica Stampa Italiana Registrazione Tribunale di Roma N. 174 del 17 dicembre 2019 Proprietario e direttore responsabile: Andrea Nicosia Editore: Si Informa Srls Sede legale: Via Domokos, 4 20147 Milano P. Iva: 11304160960 Pec: siinformasrls@legalmail.it Direttore editoriale: Valentina Flacchi Vice Direttore editoriale: Mario Caprini Pubblicità: pubblicita.eco@stampaitaliana.online Collaborano: Domenico Cavazzino, Silvia Gambirasi, Giuseppe Motisi, Lorenzo Scalia Art director e progetto grafico: Stefano Salvatori Sede operativa: Piazza Augusto Imperatore 32 Roma Sito internet: stampaitaliana.online Mail: redazione@stampaitaliana.online Stampa: Tipolitografia Quattroventi Srl Via Andrea del Castagno 196 Roma

Superbonus 110%: case più efficienti e sicure a costo zero

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termico, il sisma è tutto ciò che è dovuto a lesioni di intonaco e strutturali. Si interviene con delle reti di fibra rinforzata, malte speciali a base di fibra di carbonio e fibra di vetro per rinforzare le murature stesse».

CONDOMÌNI E VILLE - «Il Superbonus - spiega De Santis - riguarda tutto ciò che è energetico. Dalle caldaie agli infissi fino al cappotto termico e l’isolamento delle coperture. Insomma, tutto ciò che è parte dell’involucro immobiliare esclusi i lavori interni». Possono accedervi condomìni e abitazioni private, come le ville, mentre sono esclusi uffici, alberghi e tutte le categorie commerciali. Entrando nel dettaglio della misura, questa si divide in Eco e Sisma bonus e gli interventi devono permettere all’immobile un salto di almeno due classi energetiche (o il raggiungimento del livello più alto) e la riduzione di una o due classi del rischio sismico. Così, se l’Ecobonus riguarda «tutto ciò che è isolamento

CENTRI STORICI - Tra gli interventi il più richiesto è senz’altro il cappotto termico, in quanto permette di ridurre considerevolmente il dispendio di energia e calore. Purtroppo, però, non è sempre possibile applicarlo. Soprattutto nei centri storici. «In caso di immobili vincolati - spiega De Santis - c’è il problema dell’aumento di spessore della muratura. Quindi le Soprintendenze non rilasciano le concessioni alle attività per poter svolgere i lavori. Per questo stiamo cercando, insieme ad aziende che producono materiale, di trovare un’alternativa. Un’ipotesi allo studio è sperimentare il famoso intonaco termico, diverso dalla misura originaria, ma che permette sempre di abbassare le emissioni e consentirebbe di realizzare i lavori anche su immobili del centro storico». Certamente il tempo per sperimentare non mancherà dato che la misura, come previsto nella la Nota di aggiornamento al Def approvata dal Consiglio dei ministri, è stata prorogata al 2023. La speranza, conclude De Santis, è che in futuro «si arrivi a un Superbonus continuo, probabilmente non al 110 ma al 75%, ma sempre adeguato al sistema ecosisma». Domenico Cavazzino

endere case e condomìni più sicuri ed ecosostenibili. Ecco l’idea alla base del Superbonus 110%, misura introdotta a maggio 2020 con il cosiddetto decreto Rilancio. Si tratta di un meccanismo che permette di effettuare interventi di efficientamento energetico e antisismici che siano, allo stesso tempo, a costo zero per i cittadini. Questo perché lo Stato rimborsa, tramite cessione del credito, il costo dei lavori. Tuttavia, è necessario fare una distinzione: il Superbonus è ben diverso da una ristrutturazione, come ricorda l’architetto Giulio Andrea De Santis, responsabile tecnico di vari team di progettazione in Distretti Ecologici, società specializzata in bioedilizia ed efficientamento energetico.

Prezzo di copertina: Gratuito Mandato in stampa il: 10-10-2021 PUBBLICAZIONE SPONSORIZZATA DA:

Carta prodotta con energia rinnovabile

Sommario

Anaci Ci vorrebbe un Piano Marshall del Superbonus di Silvia Gambirasi Distretti Ecologici Alla scoperta delle case che si autoregolano di Domenico Cavazzino Progettare l’esterno Giardini ecosostenibili: angoli di natura senza sprechi di Domenico Cavazzino Abitare e sport AltIpiani di Arcinazzo: ecco il programma della rinascita di Lorenzo Scalia

Grimaldi La prima flotta green del Mar Mediterraneo di Giuseppe Motisi 12 4

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Autorità Portuale Porti più verdi per città più sostenibili di Domenico Cavazzino

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Newtron «Dateci un’auto tradizionale e la trasformeremo in elettrica» di Giuseppe Motisi

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Seedble Lucia Goracci: «Ecco lo smart working vincente e sostenibile» di Silvia Gambirasi

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Macron Gli stilisti eco del calcio di Lorenzo Scalia

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Ci vorrebbe un Piano Marshall del Superbonus Quando il palazzo ha bisogno di mettersi il cappotto... termico di Silvia Gambirasi

Il presidente dell’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali entra nel dettaglio della misura per gli edifici eco 4

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sostenere costosi lavori di conmali, ma nella realtà le cose non sodominio che fanno bene no andate tanto lisce. I lavori del all’ambiente, con un enorSuperbonus, infatti, non devono me risparmio, se non adprevedere irregolarità e devono dirittura gratis: chi direbessere approvati in assemblea di be di no a una simile offerta? Di condominio. Risultato? Riuniocerto non gli italiani che hanno ni fiume, abusi che spuntavano gioito quando, un anno e mezzo fa come funghi e discussioni da far in concomitanza col decreto Rilanvenire i capelli dritti ai poveri amcio post pandemia, il governo ha vaministratori. Ne sa qualcosa l’ingegner rato il Superbonus 110%, incentivo per Francesco Burrelli, Francesco Burrelli, presidente dell’Arendere più efficienti e sicure le nostre presidente ANACI naci - Associazione Nazionale Ammiabitazioni. Fresco di proroga al 2023, il nistratori Condominiali e Immobiliari provvedimento prevede la possibilità di rea- - che all’inizio, forte della lunga esperienza sul lizzare lavori di efficientamento energetico e campo, aveva espresso perplessità sul provmessa in sicurezza degli edifici, praticamen- vedimento, auspicandone correttivi. Che ci te a costo zero. Una iniziativa che fa bene sono stati, specie sul fronte burocratico, ma all’ambiente, all’edilizia e all’economia, ben forse non abbastanza: «Alcune cose sono miaccolta dall’intero arco costituzionale. Detta gliorate, altre si sono complicate - spiega l’incosì, potrebbe sembrare la panacea per tutti i gegnere -. Fermo restando che l’iniziativa è


Alcune impalcature erette per realizzare il cappotto termico degli edifici, uno dei lavori più gettonati del provvedimento

ottima e apprezzabile, il Superbonus non ha tenuto conto di fattori come l’impennata dei costi dei materiali, con sbalzi dai nove ai trenta euro, e la difficoltà a reperire i ponteggi e le maestranze competenti. Per certe opere di efficientamento, poi, sono indispensabili figure professionali complesse quali l’ingegnere termotecnico e quello strutturale. E chi si occupa di recuperare la documentazione presso gli enti preposti per dimostrare l’idoneità degli edifici? Meno male che è stata varata la proroga al 2023, perché dal punto di vista delle detrazioni fiscali, le aziende devono programmare i lavori a due, tre anni, per non rimetterci».

«La misura deve tradursi in un vantaggio per tutti»

GIRO MILIONARIO Il Superbonus promette di far girare fiumi di denaro. «Le cifre dipendono dalla grandezza dei caseggiati - spiega Burrelli -, si viaggia dai centocinquantamila euro ai tre-quattro milioni, nel caso di complessi particolarmente estesi. Ci sono grossi movimenti di soldi e aziende che devono fare un piano di sicurezza su larga scala, adottando anche le misure anti Covid». Il più grande freno al Superbonus in realtà è rappresentato dagli abusi edilizi, ma quanto ci vuole per farsi rilasciare dai Comuni i documenti richiesti per verificare le irregolarità? «In una metropoli come Roma anche cinque mesi - sostiene il presidente Anaci -, sempre che non ci sia di mezzo la Soprintendenza. Come se non bastasse, a rallentare la macchina ci pensano le assemblee di condominio, considerando che ogni progetto

può essere rallentato da un singolo condòmino. Un esempio pratico? Finalmente si decide di fare il cappotto termico al palazzo, ma poi uno dei proprietari impugna la delibera perché si è accorto che il lavoro “inficia” il suo balcone».

ECO PALAZZI - Va ricordato che il fine ultimo del Superbonus 110% è il risparmio energetico destinato a combattere i cambiamenti climatici. A che punto siamo su questo fronte? «Si procede, ma lentamente. Considerate che in Italia abbiamo oltre un milione e duecentomila edifici condominiali e finora oscilliamo tra il dieci e il venti per cento di complessi coinvolti. Perché l’efficientamento energetico vada a buon fine, inoltre, non basta il cappotto termico, ma bisogna agire sull’efficientamento degli impianti. Il discorso della sostenibilità, insomma, va fatto a trecentosessanta gradi». AUSPICI - Nonostante gli intoppi, anche per Burrelli bisogna insistere e rilanciare: «Il Superbonus non solo va sostenuto, ma deve essere potenziato, bisognerebbe pensare addirittura a una sorta di “Piano Marshall” di diversi anni che copra tutto il territorio. In definitiva deve tradursi in un vantaggio per tutti, in modo che ci guadagni il contribuente, che ottiene il miglioramento energetico del proprio immobile, l’impresa che fa i lavori, che può usufruire del credito d’imposta e soprattutto l’ambiente. Solo così potremo rilanciare l’economia e lasciare ai nostri figli un mondo più pulito».

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Bioedilizia

alla scoperta delle case che si autoregolano di Domenico Cavazzino

Questa metodologia di costruzione si è diffusa inizialmente in nord Europa, in zone caratterizzate da grandi escursioni termiche. Ne spiega i vantaggi Dino Passeri, responsabile della Distretti Ecologici Spa

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na casa che non consumi energia e si au- SOSTENIBILITÀ E SICUREZZA toregoli in base alle temperature ester- Questo nuovo modo di costruire si è sviluppane. Fantascienza? No, semplice realtà to maggiormente in nord Europa per via della se si tratta di un’abitazione o un palaz- presenza di forti escursioni termiche. Quinzo in bioedilizia. Con questo termine si di, ricorda Passeri, «le case sono sempre staintendono tutte le modalità di progettazione te studiate per riuscire a tollerare questi sbalzi che prevedono, nella realizzazione di un edi- senza dover necessariamente ricorrere a rificio, di tenere in considerazione sostenibilità scaldamento o aria condizionata». Inoltre, «il ambientale, riduzione degli sprechi energetici legno essendo un materiale “vivo”, ovviamene degli impatti negativi sull’ambiente. te trattato, non permette la proliferazione Dall’utilizzo di materiali diversi da di muffa quindi è anche anallergico. quelli previsti nell’edilizia tradizioUnito al fatto che aiuta a sviluppanale, alla scelta di fonti di enerre un’edilizia molto più attenta gia rinnovabile con l’utilizzo, ad alla sostenibilità. Oltre a tutta esempio, del fotovoltaico. un’altra serie di parametri. Il leQual è, dunque, il concetto alla gno, infatti, ha un indice di rebase della bioedilizia? Come ci sistenza al fuoco molto più alto spiega Dino Passeri, - responsarispetto ai materiali dell’edilizia bile marketing e relazioni esterne tradizionale». Tutto ciò porta una della Distretti Ecologici Spa, società casa in bioedilizia ad avere un altro specializzata in bioedilizia ed efficienvantaggio rispetto a una normale abitamento energetico - si tratta «da una tazione. «È molto più sicura di una caDino Passeri parte di creare qualcosa che si avvicina responsabile della sa in mattoni che per via dei materiali, il più possibile al naturale e che abbia Distretti Ecologici per la chimica e le temperature che può un impatto minimo sull’ambiente doraggiungere è più pericolosa di una casa ve viene costruita la casa. Dall’altra è andare a in legno. Quest’ultima, se trattata in maniera utilizzare quelle che sono le caratteristiche di adeguata, è quasi impossibile che prenda fuomateriali naturali, come ad esempio il legno, co. Pensate, per esempio, ai banchi di scuola. cercando di sfruttare al massimo tutte le sue Infine, essendo antisismico di per sé, perché proprietà». Come l’autoregolazione del cal- molto più flessibile, il legno è preferibile come do e del freddo, perché indipendentemente tipo di materiale perché permette alla casa o dall’esterno, la temperatura all’interno di una al palazzetto di avere un coefficiente sismico casa in bioedilizia è sempre costante. più elevato».


Tuttavia, la caratteristica principale riguarda la gestione di caldo e freddo. «Costruire una casa in bioedilizia - ricorda Passeri - significa ridurre considerevolmente l’utilizzo di sistemi di riscaldamento e raffreddamento, garantendo un buon ricircolo d’aria. Vicino Roma abbiamo costruito delle case che per la zona in cui si trovano non avrebbero bisogno di alcun sistema di controllo della temperatura perché in casa ci sarebbero stati sempre circa ventidue gradi. È ovvio che in luoghi dove si arriva a meno trenta questo non è possibile, ma in generale sì».

che già possiede grandi caratteristiche danno un risultato meraviglioso». OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI - Insomma, un nuovo modo di costruire che offre quasi solo vantaggi. Le limitazioni, infatti, «sono legate perlopiù alle regolamentazioni. Ad esempio, fino a qualche anno fa, in Italia non si potevano costruire più di un certo numero di piani. Un’altra variabile che rallenta la bioedilizia in Italia riguarda i parametri di costruzione che sono diversi da quelli tradizionali. Questo porta a studiare un progetto in bioedilizia solo chi ha approfondito il tema e in Italia sono in pochi». Un’opportunità, quindi, per tanti giovani che potrebbero orientare i propri studi verso le “costruzioni verdi”. «Il green fino a poco tempo fa è sempre stato visto come un’esagerazione, associato ad estremismi, come una tipologia di edilizia difficile da applicare. Oggi, per fortuna, questo trend sta cambiando. Inoltre, anche i prezzi si stanno abbassando, perché il costo è sempre stato un differenziale e prima la bioedilizia costava di più». Infatti, se è vero che i prezzi devono tener conto di variabili legate alle singole situazioni, ormai si può dire che i costi rispetto all’edilizia tradizionale sono quasi equiparati. E i vantaggi, dal risparmio energetico e la sempre maggior attenzione verso le “costruzioni verdi”, sono destinati irrimediabilmente ad aumentare.

«Una casa in bioedilizia dura di più nel tempo»

NUOVO VS TRADIZIONALE Proviamo allora a confrontare un edificio in bioedilizia con uno tradizionale. I vantaggi, spiega Passeri, sono nettamente a favore del primo. A cominciare dai tempi di costruzione più rapidi, circa quattro o sei mesi contro i circa dodici o diciotto di una normale abitazione. Inoltre, «le proprietà della casa sono eccezionalmente più alte: antimuffa, antincendio, anallergica, antisismica e con un coefficiente energetico estremamente più alto. Dura anche di più nel tempo, perché l’usura dei materiali è molto più lenta dell’edilizia tradizionale». Inoltre, aggiunge, «come Distretti Ecologici stiamo studiando una serie di aggiunte che si possono fare a una struttura in legno. Come delle vernici speciali con proprietà di risparmio energetico. Quindi altri materiali che se uniti a qualcosa

In apertura: una casa di lusso costruita in legno. Sopra: alcuni render di case in bioedilizia

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STAMPA ITALIANA ecò Giardino panoramico a Grottaferrata. Nel tondo: L’architetto paesaggista Fabio Masotta

Giardini ecosostenibili Angoli di natura senza sprechi di Domenico Cavazzino

Luoghi dove rilassarsi supportando, allo stesso tempo, l’ambiente che ci circonda, come spiega l’architetto Fabio Masotta. E si possono recuperare anche spazi come le terrazze dei condomìni 8

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ai come nell’ultimo anno è stato così evidente il vantaggio di vivere in una casa con giardino o un ampio terrazzo. La pandemia ha ridefinito gli spazi degli italiani che ora, sempre più, cercano di tutelare le proprie aree verdi. Una cura che si traduce anche in una attenzione alla sostenibilità. Realizzare un giardino ecosostenibile, infatti, raggiungerebbe il duplice scopo di essere di supporto a noi stessi e all’ambiente che ci circonda. Una soluzione più facile in una villa, ma che può portare ancor più benefici nel caso di un condominio. O con un giardino tradizionale o sfruttando spazi spesso inutilizzati come le terrazze. Come ci spiega l’architetto del paesaggio Fabio Masotta, dello studio “Giardini e Paesaggi”, la prima cosa a cui prestare attenzione è il consumo idrico. «Soprattutto nei contesti urbani dove la disponibilità d’acqua non solo è limitata, ma è legata all’utilizzo di acqua potabile. Molti Comuni, infatti, ne vietano l’utilizzo per l’irrigazione». Un giardino ecosostenibile deve limitare il consumo di acqua potabile,

«ma oggi è molto difficile poter ottenere l’autorizzazione per un pozzo di acqua non potabile, a meno che non si viva in quartieri o consorzi che la forniscano direttamente». Per questo motivo, aggiunge l’architetto, nella realizzazione di un giardino ecosostenibile non è consigliata la scelta di un prato all’inglese per via della grande esigenza idrica. «Bisognerebbe pensare a soluzioni alternative come un prato da parco. Una scelta legata al futuro perché la disponibilità idrica sarà sempre minore nel tempo. Inoltre, la scelta delle piante in fase di progettazione seguirà regole legate al clima in cui si inseriscono».

«Gli immobili con giardino stanno aumentando di valore»

REALIZZAZIONE - La preparazione di un giardino ecosostenibile, sia che si parli di condomìni che di un’abitazione privata, deve cominciare durante i mesi più freschi dell’anno prediligendo quelli autunnali. In questo modo «si permette alle piante di non avere un eccessivo bisogno idrico in un periodo con temperature più basse e la possibilità che la pioggia possa irrigare le piante senza che deb-


bano essere annaffiate di continuo. Inoltre, fare in modo che le piante, specialmente gli arbusti, vengano messi a dimora utilizzando accorgimenti come la pacciamatura. In questo caso la pianta non viene semplicemente messa in terra, ma viene poi ricoperto il terreno con dei teli che riducono la possibilità che possa asciugarsi. Teli che verranno coperti con inerti, come della corteccia, dal valore sia estetico che di manutenzione, evitando che le erbacce crescano tra le piante giovani. Questo porta a utilizzare meno prodotti chimici che servono a eliminare le piante infestanti e aiutano a mantenere il terreno molto più umido utilizzando meno acqua». Un’altra azione per ridurre lo spreco idrico, aggiunge Masotta, è quella dell’irrigazione a goccia. Si realizza mediante «tubi che vengono srotolati sul terreno, con un buco ogni 30 cm, da cui esce quella goccia d’acqua necessaria per irrigare le piante». CONDOMÌNI - La realizzazione di un giardino ecosostenibile non differisce tra una villa o un condominio. Tuttavia i vantaggi, nel secondo caso, sono molteplici. A cominciare dai costi di manutenzione. Il risparmio idrico e il minor numero di cure, infatti, si traducono in costi minori a carico dei condòmini. Inoltre, un’idea innovativa realizzata da “Fabio Masotta Giardini e Paesaggi” e “Studio Urka” propone un nuovo sviluppo per gli spazi condominiali: il progetto Alveari. Si tratta, spiega l’architetto Masotta, di un’idea che nasce per «valorizzare gli spazi comuni dei nostri condomìni che possono essere o i cortili o le terrazze». Luoghi dove poter coltivare un orto, praticare del fitness, o semplicemente rilassarsi immersi nella natura. Tanti piccoli spazi funzionali di forma esagonale, come le celle, appunto, di un alveare. Inoltre, la vegetazione, sia orticola che ornamentale, è dotata di irrigazione automatica. «Questo permetterebbe di dare un valore aggiunto al proprio fabbricato rendendo vivibili migliaia di metri

quadri che oggi sono perlopiù abbandonati sulle nostre case». Inoltre, «abbiamo ipotizzato di poter trasformare parte di questi spazi in agrovoltaico. Cioè un progetto agro-fotovoltaico. Fare in modo tale che dei pannelli fotovoltaici, utilizzati per generare energia, possano essere utili per gestire meglio le coltivazioni orticole». CONDIZIONI E COSTI - Viene da chiedersi se chiunque possa permettersi un giardino ecosostenibile. Per quanto riguarda i costi, questi variano, in primis, dal tipo di piante che si acquistano. Il costo di un giardino, però, non riguarda solo la vegetazione, ma comprende i complementi di arredo, gli impianti di irrigazione, l’illuminazione. Entrando nello specifico dei costi, le spese variano a seconda della superficie di prato presente. «Un prato con un impianto di irrigazione e un piano posato costa tra i 25 e i 30 euro al metro quadro - spiega Masotta - ma i costi possono anche essere più elevati». In ogni caso, un buon giardino di dimensioni medie tra i 200 e i 250 metri quadri, non costa meno di 20mila euro. «Questo senza considerare gli arredi e gli impianti di illuminazione, sennò la cifra può arrivare anche a 40mila euro». In ogni caso, ricorda l’architetto, va considerato il valore aggiunto che il giardino dà a una casa. «Oggi, complici anche i vari lockdown, gli immobili che hanno uno spazio esterno sono gli unici che stanno aumentando di valore».

Sopra: render progetto Alveari su una terrazza. Sotto: esempio di pacciamatura. In basso: brecciolino come alternativa a prato in giardino in ombra

INNOVAZIONI FUTURE - Infine, guardando al futuro e alle possibili innovazioni a corredo di un giardino o uno spazio verde ecosostenibile, un aiuto può arrivare dalla tecnologia. «Esistono dei sistemi di irrigazione che riescono a dare in tempo reale lo stato di umidità del terreno, in modo da capire se è il momento di irrigare o meno». E in futuro potrebbero arrivare sistemi che avvisino sul momento esatto per potare o innaffiare una pianta. «Questo - conclude Masotta - avvicinerebbe anche i più diffidenti al giardinaggio». Sicuramente un’ottima notizia per chi vorrà sviluppare il suo “pollice verde”.

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Altipiani di Arcinazzo: ecco il programma della rinascita di Lorenzo Scalia

Dall’imperatore Traiano ad Audrey Hepburn. L’incredibile passato e un futuro tutto da scrivere. L’architetto Caterina Galli svela le mosse green della Distretti Ecologici Spa 10

L’architetto Caterina Galli

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asseggiare per Altipiani di Arcinazzo può creare un brivido lungo la schiena. Senza che accada niente di particolare. Già, a volte basta la potenza della natura per sentirsi in pace ma incompiuti. Perché qui e ora, in quella che veniva descritta come la “Svizzera italiana” nonostante la vicinanza con Roma, c’è del potenziale inespresso. O meglio: del potenziale che ciclicamente rinasce dalle ceneri o quasi. DA TRAIANO AD AUDREY - Ai tempi dei Romani la zona acquistò importanza grazie all’intuito dell’imperatore Traiano che decise di costruire una residenza estiva per praticare la sua grande passione, la caccia. Più o meno il padel dell’antichità. Oggi, tra l’altro, si possono ammirare i resti dell’abitazione di Traiano. Passato il Medioevo, nel 1700 la popolarità della Locanda di Meo Passeri creò un nucleo abitativo importante e un via-vai di tutto rispetto considerando il periodo storico. Poi il buio e di nuovo la luce. Infatti, più di recente, nel breve volgere di qualche decennio che prende la rincorsa nei ‘60 e atterra all’inizio dei ’90, Altipiani di Arcinazzo registra un altro boom economico con la costruzione di diver-


se ville e palazzine, usate come seconde case da aristocratici, professionisti di diversi settori, personaggi dello spettacolo, politici e imprenditori. Un nome su tutti? Audrey Hepburn. Che nei film si faceva le vacanze romane, ma che nella vita vera preferiva Altipiani di Arcinazzo per ricaricare le pile dalle stressanti trasferte a Hollywood. RINASCITA 3.0 - La zona, adesso, è ripiombata in una sorta di Medioevo per tantissimi motivi, complessi e difficili da elencare. È quasi inutile aggiungere che le ondate di Covid non hanno aiutato l’economia del territorio. Ma la luce si sta riaccendendo con un progetto della Distretti Ecologici che sulla carta ha le potenzialità per ridare un presente e un futuro, dal respiro internazionale, ad Altipiani di Arcinazzo, in prospettiva un posto che non ha nulla da invidiare alle località che ruotano intorno alla Valtellina. «Stiamo lavorando alla rivalutazione e riqualificazione di tutta la zona di Altipiani di Arcinazzo. La presentazione del progetto di fattibilità arriverà nel più breve tempo possibile, tempi amministrativi permettendo», conferma l’architetto Caterina Galli. Insomma, la missione è di riportare questo territorio ai fasti di un tempo, mettendo però in campo i più sofisticati mezzi moderni. Traduzione: bioedilizia, green, risparmio energetico, Ecobonus e Superbonus. Da attivare per case, ville e palazzine nuove e da ristrutturare, ma anche per creare «aree destinate ad attività sportivo-turistiche, che di riflesso faranno girare l’economia del luogo e lavorare i residenti».

Altipiani di Arcinazzo in Italia ma anche e soprattutto all’estero. Puntiamo alla massima visibilità. Questo progetto, una volta presentato e pilotato sui social, raggiungerà anche imprenditori e personaggi stranieri, soprattutto legati al mondo dello sport. Magari gli arabi, di solito molto interessati a luoghi storici e tipologie di progetti come quello su cui sta lavorando Distretti Ecologici», continua Galli.

«Anche calcio, cavalli, pista di pattinaggio e trekking»

GEOGRAFIA E MISSION - Navigatore puntato sul Lazio, direzione sud. «L’area si sviluppa all’interno di tre comuni: principalmente Arcinazzo Romano, Trevi nel Lazio e Piglio. Siamo a quota 850 metri, a metà strada tra Roma e Frosinone. Quindi qui c’è un turismo legato alla mezza montagna perché non ci sono delle altitudini di un certo tipo anche se nelle vicinanze non mancano impianti sciistici. La zona è bellissima, famosa fin dai tempi del periodo romano. Durante la mia carriera ho già avuto esperienze su altre zone di mezza montagna, dei luoghi appunto un po’ a metà. Perché non c’è il mare ma nemmeno le strutture che si trovano nelle Alpi. Le zone dell’Appennino, dunque, soffrono di più perché spesso non hanno la possibilità di emergere, di poter fare affidamento sulle idee come le nostre, che puntano a un palcoscenico internazionale. L’intenzione, quindi, è di far conoscere

In alto: I resti della villa dell’imperatore Traiano. Sotto: alcune delle case da riqualificare

SPORT A 360 GRADI - Già, la nuova veste di Altipiani di Arcinazzo avrà una vocazione sportiva. Totale. Perché, oltre a case, residence e hotel «realizzati sui diktat dell’antisismica», l’idea è quella di far sorgere impianti rivolti a diverse attività ludiche e sportive. Un paradiso per l’uomo della domenica ma anche per i professionisti. «Stiamo pensando a un discorso legato al calcio. Chiaramente l’altitudine è perfetta per i ritiri delle squadre o per gli stage». Di più. «Un altro punto fondamentale riguarda l’equitazione e tutto quello che gira attorno ai cavalli. Poi vogliamo realizzare strutture tipiche della montagna, come per esempio piste per il pattinaggio e percorsi per trekking e bici, così come sentieri per semplici passeggiate. E, perché no, campi per il padel. La stragrande maggioranza delle strutture saranno rimovibili, proprio per andare incontro alla nostra filosofia green». I tavoli tecnici sono già stati attivati. «Le persone coinvolte nel progetto sono molte. Non solo le amministrazioni comunali, ma anche le federazioni e il Coni. Noi di Distretti Ecologici siamo già pronti con geologi, strutturisti, termici, esperti in efficientamento. Insomma, c’è uno staff tecnico poliedrico e competente che ha il sogno di mettere in vetrina l’intera area». La macchina è stata messa in moto: adesso la strada va percorsa tenendo a mente i corsi e ricorsi storici che hanno fatto la fortuna di Altipiani di Arcinazzo durante i secoli. La prossima fermata si chiama Rinascimento.

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GRIMALDI Grimaldi La prima flotta green solca il Mar Mediterraneo di Giuseppe Motisi

Anche il settore della navigazione ricorre all’energia elettrica per alimentare i motori delle imbarcazioni e migliorare così la sostenibilità ambientale. Non è un esperimento ma una realtà

V Eugenio Grimaldi, executive manager del Gruppo Grimaldi

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ia il gasolio, spazio all’elettricità. Anche per il mondo della navigazione è tempo di mettere in soffitta i motori tradizionali, troppo inquinanti per i nostri mari, e di passare a nuove forme di propulsione più rispettose degli ecosistemi acquatici. Ne è convinto uno dei maggiori player al mondo nel settore trasporto merci e passeggeri, ossia l’italianissima Grimaldi che ha ideato, progettato e realizzato un nuovo motore per le maxi navi della sua flotta. Questo propulsore Made in Italy ha una doppia alimentazione, diesel ed elettrica, che garantisce il dimezzamento delle emissioni di CO2 rispetto alle navi di vecchia generazione, e addirittura le azzera mentre sono ferme in porto: durante la sosta in banchina le nuove navi green della Grimaldi possono infatti servirsi dell’energia elettrica immagazzinata da mega batterie al litio dalla potenza totale di 5MWh, le quali si ricaricano durante la navigazione grazie ad appositi generatori e a 350 metri quadri di pannelli solari. In più, i loro motori di ultima generazione controllati elettronicamente sono dotati di un impianto di depurazione dei gas di scarico per l’abbattimento delle emissioni di zolfo e particolato.

Non è dunque fantasia o speculazione astratta quello dell’elettrico che spinge la chiglia di una barca, ma realtà che ha già preso corpo (con piena funzionalità) all’interno di cinque grandi cargo della storica compagnia di navigazione partenopea operanti attualmente nel Mediterraneo. Con una precisazione: questo pokerissimo di navi ecologiche è il primo nucleo di un progetto più ampio e ambizioso, ossia il varo della flotta denominata GG5G (acronimo che sta per Grimaldi Green 5th Generation) composta da ben dodici navi, tutte sospinte da motori alimentati con corrente elettrica e oggi in fase di costruzione in un cantiere cinese che collabora con l’azienda italiana. ECO CATANIA IN SERVIZIO - L’ultima nave ibrida Grimaldi a prendere il largo è stata la Eco Catania, varata lo scorso luglio nel capoluogo etneo e oggi in servizio tra i porti di Genova, Livorno, Catania e Malta. Questo gigante del mare (è una delle navi per il trasporto di corto raggio più grandi ed ecofriendly al mondo, in grado di trasportare ad esempio oltre cinquecento semi-rimorchi) è dunque la quinta della sua categoria e si affianca alla capostipite della flotta GG5G,


la Eco Valencia che è stata la prima della famiglia a entrare in servizio, prendendo il largo dal porto di Livorno a novembre 2020. Tutte le unità della flotta GG5G sono destinate al trasporto merci e presentano numeri record: sono lunghe 238 metri e larghe 34, con una stazza lorda di 67.311 tonnellate e una velocità di crociera di circa 21 nodi. NAVIGARE SENZA INQUINARE - I motori delle dodici unità GG5G utilizzano, come detto, gasolio in navigazione ed energia elettrica in banchina. Tutte le navi sono state e saranno costruite in Cina, grazie ad una partnership tra Grimaldi e il cantiere Jinling di Nanjing: nove di esse verranno quindi impiegate nel Mediterraneo, mentre le altre tre solcheranno i mari del Nord Europa. Dietro questo avveniristico progetto c’è un know-how tutto italiano, visto che i papà della flotta green sono gli ingegneri Dario Bocchetti, manager dell’Energy saving department, e Andrea D’Ambra, Project manager del settore elaborazione batterie dei natanti, entrambi in forza alla Grimaldi. «Sinora sono state consegnate cinque delle dodici navi commissio-

nate al cantiere cinese, le altre sette unità saranno invece consegnate al nostro gruppo entro fine 2022 – spiega l’ingegner Bocchetti -. Sono tutte navi adibite al trasporto di rotabili, prevalentemente semirimorchi e camion ma anche auto a furgoni, le quali a pieno regime contribuiranno a una sensibile diminuzione degli inquinanti in mare». Ad assicurare la riduzione delle sostanze nocive disperse in aria e in acqua dai tradizionali motori che hanno preceduto questa nuova generazione di propulsori, è un meccanismo tanto semplice quanto efficace. «I motori delle navi della classe GG5G sono controllati da un’avanzata centralina elettronica e consumano carburante fossile solo in navigazione - precisa l’ingegner D’Ambra -. In porto, viceversa, sono in grado di realizzare la “Zero Emission in Port®” grazie all’installazione di mega batterie al litio. Quando sono ferme in banchina tutte le utenze elettriche della nave vengono alimentate dall’energia immagazzinata nelle batterie durante la navigazione, senza dunque necessità di utilizzo di motori a combustione interna. L’impianto batterie ha una capacità di 5MWh, pari all’energia immagazzinata in circa novanta autovetture

«Ormeggio pulito a zero emissioni»

Andrea D’Ambra, project manager del settore elaborazione batterie dei natanti. Sotto: Dario Bocchetti, manager dell’energy saving department

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Sopra: Cristina Chiabotto, madrina del Gruppo Grimaldi. Sotto: L’impianto batterie delle navi ha una capacità di 5MWh, pari all’energia immagazzinata in circa novanta autovetture Tesla, e viene ricaricato in navigazione grazie anche a 600 metri quadri di pannelli solari

Tesla, e viene ricaricato in navigazione grazie anche a 600 metri quadri di pannelli solari». CON L’AIUTO DELLA CINA - Costruire le navi in Cina è stata una scelta dettata dal rapporto tra qualità dei prodotti dei cantieri di Nanjing e dalla economicità dei mezzi navali realizzati in questa città. «Stiamo lavorando con vari cantieri cinesi da anni perché sono molto competitivi sia dal punto di vista economico che del prodotto - spiega ancora l’ingegner Bocchetti -. Con particolare riferimento al cantiere Jinling di Nanjing, la nostra collaborazione risale al 2007; abbiamo iniziato con un contratto per la costruzione di sei navi ice-class per la nostra controllata finlandese Finnlines, con una capacità di 4.200 metri lineari di carico rotabile. Le navi della classe GG5G sono navi ro/ro, quindi adibite al solo trasporto di merci rotabili (auto, furgoni, camion, ecc. ndr), e sono le più grandi al mondo della loro categoria con una capacità di carico di oltre 7.800 metri lineari di merci, pari a circa cinquecento trailer (rimorchi ndr)».

«Nuove tecnologie per un trasporto ecosostenibile»

GRIMALDI CHIAMA L’UE - Coniugare lo sviluppo e la sostenibilità ambien-

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tale è l’obiettivo generale delle attività economiche di Grimaldi, e la flotta GG5G ne è un concreto esempio. Tuttavia l’azione del gruppo italiano in ambito green non si ferma qui: come principale rappresentante della categoria delle compagnie di navigazione, la società partenopea interviene da tempo nei confronti delle istituzioni comunitarie per promuovere il varo di flotte meno impattanti dal punto di vista ambientale. «Con le istituzioni comunitarie, in particolare la DG Move della Commissione Europea, stiamo collaborando sia direttamente che attraverso le associazioni di categoria alle quali abbiamo aderito - afferma Bocchetti -. La nostra battaglia è sempre stata quella di promuovere il progresso tecnologico affinché il trasporto marittimo sia una modalità di spostamento maggiormente ecosostenibile. In particolare, riteniamo che i fondi europei vadano destinati a quelle compagnie che investono in innovazione. Una nostra proposta di qualche anno fa alle istituzioni europee è stata quella di vietare l’approdo nei porti comunitari di navi con un’età oltre i trenta anni, stimolando così la loro demolizione e quindi il ringiovanimento della flotta europea».


STAMPA ITALIANA ecò Il presidente Pino Musolino. A destra: Il porto di Civitavecchia visto dall’alto

Porti più verdi per città più sostenibili

Puntare sulla sostenibilità per raggiungere gli standard europei. Ecco la strada da seguire secondo il presidente dell’Autorità portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Pino Musolino. Un modo per migliorare anche la vita degli abitanti delle città portuali

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di Domenico Cavazzino

n un futuro, neanche troppo lontano, i porti e la sostenibilità viaggeranno sulla stessa rotta. Ne è convinto il presidente dell’Autorità portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, Pino Musolino. «O il porto del futuro è green - spiega - o non può essere definito porto affatto. È quasi una questione genetica». Purtroppo, però, l’Italia è indietro, con tanti porti in ambito europeo molto più avanzati, con Rotterdam, Anversa e Marsiglia su tutti. «Come standard europei siamo partiti tardi e da poco. E, fino a tempi recentissimi, in maniera anche abbastanza scoordinata nel senso che ogni porto a seconda anche della sensibilità del proprio presidente e della propria organizzazione di vertice si prestava, più o meno, a iniziative di carattere sostenibile». INVESTIRE - Cambiare marcia è possibile e non servono formule magiche o progetti particolari. Basta seguire alcune best practice già in essere in altri porti d’Europa. A cominciare dagli investimenti fatti. «A Civitavecchia - ricorda Musolino - siamo partiti in

quarta. Abbiamo già cambiato complessivamente il sistema di illuminazione portuale utilizzando lampadine e sistemi a basso utilizzo energetico e stiamo pensando di ricoprire tutte le superfici degli edifici pubblici all’interno del porto con pannelli solari. Inoltre, stiamo disegnando una forma di rete smart che, insieme a un sistema algoritmico previsionale e un’intelligenza artificiale, dovrà calcolare in tempo reale l’allocazione di energia necessaria per far funzionare il porto e ridurre, ove possibile, gli eccessi in maniera tale che non ci sia mai uno spreco. Questo, poi, dovrà essere uno dei progetti che verranno finanziati dal ministero della Transizione Ecologica (MITE) nell’ambito del Pnrr». E le iniziative non si fermano certo qui. Presto, infatti, tutte le automobili di servizio dell’Ente saranno elettriche, grazie a una collaborazione con Enel che permetterà di installare lungo le banchine ventidue colonnine di ricarica.

volge i pescherecci di Civitavecchia e Fiumicino. «Si tratta di un’iniziativa che in Italia facciamo solo noi, mentre in Spagna ci sono già cinquanta porti coinvolti. Raccogliamo delle plastiche che poi vengono utilizzate da Ecoalf, società spagnola con cui collaboriamo, per realizzare dei filati utilizzati nel settore tessile, producendo anche le maschere anti-Covid. In poco più di un anno e mezzo di sperimentazione abbiamo recuperato già quasi mille tonnellate». Non un’unica soluzione, dunque, ma una serie di iniziative per disegnare il porto del futuro. Tanti piccoli accorgimenti che non si fermano alla struttura in sé, ma, come fa notare il presidente Musolino, «siccome la stragrande maggioranza dei porti italiani risiede vicino o letteralmente in seno alle città, è evidente che rendere più verdi i porti significa migliorare la qualità della vita degli abitanti». Il rilancio dei porti italiani, insomma, non può fare a meno di innovazione e sostenibilità. L’alternativa sarebbe un’altra occasione sprecata.

Un’intelligenza artificiale ridurrà lo spreco di energia nei porti

PORTI E CITTÀ - Un’altra collaborazione di particolare rilievo coin-

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STAMPA ITALIANA ecò

Newtron: «Dateci un’auto tradizionale e la trasformeremo in elettrica»

di Giuseppe Motisi

Viaggiare sostituendo il motore a benzina o gasolio? Oggi è possibile grazie alla tecnologia messa a punto dall’azienda del Ceo Nicola Venuto, che promette un futuro sempre più green per la mobilità a quattro ruote 16

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na scossa alla mobilità tradizionale con una modifica del motore che passa dall’alimentazione a combustibili fossili a quella elettrica, senza costringere al cambio della propria amata vettura. A tutto beneficio non solo dell’ambiente ma anche del portafoglio, considerate le agevolazioni riconosciute alle auto con propulsori a corrente. Ad offrire questo mutamento soft adatto a qualsiasi modello di macchina è Newtron, giovane azienda italiana che, prima in Europa nel suo settore, permette di convertire ad elettrico qualunque motore a benzina o gasolio. «La tecnologia elettrica e ibrida della nostra azienda rappresenta la migliore soluzione qualità-prezzo se confrontata ai veicoli nativi elettrici, o addirittura l’unica soluzione per quei modelli non presenti sul mercato, come ad esempio i veicoli commerciali fino a trentacinque quintali», spiega l’ingegner Nicola Venuto, fondatore e Ceo dell’azienda. «Newtron - precisa ancora Venuto - basa la sua forza su un know-how tecnologico e tecnocratico ancora unici in Italia, merito delle donne e uomini che da dieci anni lavorano con passione e dedizione affinché il

nostro Paese diventi protagonista nella sfida globale della mobilità sostenibile». SOGNO AMERICANO - A far scoccare la scintilla che ha avviato il progetto è stata un’esperienza negli States fatta da Venuto circa dieci anni fa. «Nell’estate del 2011 ho fatto un viaggio negli Usa, patria dei veicoli super customizzati, che mi ha fatto riflettere sul futuro che quelle auto con motore endotermico avrebbero potuto ancora avere nel mercato automobilistico moderno - racconta il papà di Newtron -, sempre più propenso ai temi ambientali e alla ricerca di nuove fonti energetiche pulite». È così che al rientro in Italia comincia l’avventura: un piccolo team, qualche rudimentale prototipo di motore elettrico, ma una vastità di progetti e sogni. E soprattutto un obiettivo preciso: «La mission di Newtron era già chiara: la riqualificazione elettrica ed ibrida di tutti i veicoli con motore termico per una nuova mobilità sostenibile». IL PRESENTE - Newtron (acronimo di NEW Traction Rear On) diventa così la prima azienda italiana ed europea ad essere certifica-


ta come costruttore di sistemi di qualificazione elettrica. Ad agosto 2016 arriva quindi il Certificato di conformità della produzione di kit per la riqualificazione dei veicoli fino a 35 t; nel 2017 debuttano invece i marchi Officine Amarcord, per l’elettrificazione di veicoli cult che hanno segnato la storia dell’automobilismo mondiale, e Newtron Sea Tech, per lo sviluppo di sistemi elettrici per imbarcazioni. Attualmente la società conta circa trenta addetti, due sedi operative e un sito produttivo a Villafranca Tirrena e Roma, oltre alle officine autorizzate Newtron Point sparse su tutto il territorio nazionale ed europeo.

ANCHE I CAMION A BATTERIA - I dati sul mercato dell’elettrico nel mondo a quattro ruote parlano di numeri in progressiva ascesa: a livello globale la domanda potenziale di sistemi di conversione EV e PHEV supera il trilione di dollari nel solo segmento dei veicoli commerciali. Questa domanda è spinta sia da una crescente sensibilizzazione ambientale a livello macro, che a sua volta si traduce in più stringenti vincoli alle emissioni di CO2, sia da considerazioni legate allo smog e all’inquinamento nei centri urbani. «Abbiamo predisposto un piano di sviluppo ed espansione con continue validazioni dal mercato automobilistico, mentre crescono i produttori di powertrains tradizionali che richiedono le nostre soluzioni per l’elettrificazione ed ibridizzazione dei veicoli commerciali ed industriali. La nostra mission è perciò quella di diventare un’azienda leader a livello globale nei sistemi e nelle soluzioni di retrofit elettrico ed ibrido per autoveicoli di ogni genere, anche quelli per il trasporto merci, con un’autonoma ed esclusiva capacità nel comparto delle batterie» conclude l’ingegner Venuto.

Sopra: l’ingegnere Nicola Venuto, fondatore e Ceo dell’azienda Newtron

«Elettrico sì, ma poi come smaltiamo le batterie?»

TRASFORMAZIONE ELETTRICA - Il kit di conversione dei motori tradizionali (in gergo definiti endotermici) della Newtron è in grado di trasformare in elettrico o ibrido tutti i veicoli in circolazione, inclusi quelli storici: questo propulsore può infatti dare una seconda vita anche ad automobili ormai in disuso. «All’interno delle città ci si muoverà sempre più con veicoli zero emissioni, e i nostri prodotti da retrofit (riadattamento tecnologico per allungare la vita di un oggetto, ndr), che costano un terzo rispetto a un mezzo elettrico nativo, sono ideali per contribuire a questo processo di riconversione – è l’analisi di Venuto -. La nostra azienda, inoltre, rappresenta un partner tecnologico strategico per le case automobilistiche non ancora pronte ad aggiornare le proprie piattaforme produttive, e quindi impreparate a ridurre le emissioni di CO2 dei propri modelli, con il rischio di dover pagare multe milionarie». Ma quali sono in concreto i vantaggi per un normale automobilista che intenda cambiare tipologia di motore, conservando tutto il resto della propria auto? Su una minicar il kit installato da Newtron può garantire ad esempio circa duecento km di autonomia, mentre i tempi di ricarica variano da circa quattro ore con una fast recharge a otto ore con una normale presa di ricarica domestica.

Nuova vita alla Panda 4x4 Newtron ha messo in campo diversi progetti di recupero e personalizzazione di modelli di vetture fuori produzione che, per le loro peculiarità, sono divenute delle icone. Appartiene a questo ambito progettuale le Fiat Panda 4x4 Electric: sono delle one-off realizzate in esclusiva per Garage Italia Customs Srl, esemplari basati sulla Panda 4x4 prima serie convertite alla trazione elettrica con l’adozione di un power-train capace di percorrere circa 100 km con un pieno d’elettroni (ciclo Wltp), arrivando a toccare una velocità massima di 115 km/h e tempi di ricarica variabili da tre a otto ore.

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STAMPA ITALIANA ecò

Sul fronte lavoro si va verso un sistema ibrido con metà dipendenti a casa e l’altra metà in ufficio

Lucia Goracci: «Ecco lo smart working vincente e sostenibile»

La manager della società di consulenza Seedble ci spiega come organizza il lavoro agile, rispettando l’ambiente

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di Silvia Gambirasi

quello di non scontentare nessuno, magari attraverso forme di turnazione».

i fa presto a dire innoCI GUADAGNA L’AMvazione, un concetto BIENTE - Conseguenpoliedrico e carico za dello smart working, di buoni propositi, balzata agli occhi di tutti spesso più facili a durante i lockdown, è il dirsi che a realizzarsi. Se calo dell’inquinamento, parliamo di innovazioper la serie: meno gente in ne nell’ambito lavorativo, ufficio, meno macchine in però, c’è un’azienda che è giro. «Certo, l’aria era più restata capace di passare dalle spirabile - dice Lucia -, ma ci soparole ai fatti. È Seedble, socieno altre dinamiche, tà di consulenza che offre alle Lucia Goracci, imprese servizi nell’innovazio- Innovation Advisor come il fatto che a casa propria si manne produttiva, ecologica, tecnologica e altro. Tutte variabili ricondu- gia più sano. Vanno nelcibili allo smart working, la modalità di la direzione del “comfort esecuzione del lavoro a casa, invece che ambientale” pure i proin ufficio, stabilita in determinati mo- getti per rimodulare gli menti e situazioni. Una modalità schiz- spazi interni delle azienzata alle stelle con la pandemia da Co- de svuotate di personale, per migliorarvid-19, come spiega Lucia Goracci, che ne l’efficientamento energetico, usando per Seedble svolge il ruolo di “Smart materiali ecosostenibili». Working Designer”. «Nell’ultimo anno e mezzo l’aumento delle richieste di no- VIVA LA FLESSIBILITÀ - Il sestre consulenze, da parte delle aziende greto per far funzionare tutto? «Aumenalle prese con lo smart working, è sta- tare il ventaglio delle scelte cercando di to del settanta per cento. Al momento andare incontro alle esigenze di ognula media è di un cinquanta per cento di no - assicura la Innovation Advisor -. In personale che lavora in ufficio e un cin- questa fase di segmentazione e flessibiquanta a casa». Ma come aiutare le im- lità, mi sono specializzata nella gestione prese in questo passaggio? «Mettendo a delle risorse umane. Insomma, mi adopunto una serie di progetti per organiz- pero per fare in modo che il dipendente zare lo smart working. Il criterio guida è si senta a proprio agio quando usa il pc a

casa. In più, stiamo lavorando a una serie di progetti aziendali volti a garantire non solo la dotazione tecnologica adeguata, ma anche l’assistenza tecnica e l’efficientamento energetico degli spazi casalinghi utilizzati». CERCASI COACH - Se per qualcuno il lavoro a casa è stato una manna dal cielo, per altri è scattata l’astinenza da “macchinetta del caffè”: «Niente paura - avverte Goracci - per chi sente la mancanza delle quattro chiacchiere in corridoio coi colleghi davanti a una tazza fumante, pensiamo alla possibilità di organizzare meeting da remoto o in presenza, brevi e casuali. I progetti di innovazione si stanno poi evolvendo nell’ambito del coaching aziendale, per una migliore gestione, anche da un punto di vista psicologico».

C’era una volta la pausa alla macchinetta del caffè

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IL FUTURO - Lo scenario all’orizzonte è piuttosto fluido. «Sul lavoro prevale un approccio ibrido - conclude Lucia con metà dipendenti in smart working e l’altra metà in ufficio. L’importante è che le imprese si organizzino dal basso, ascoltando le singole esigenze del personale. Solo così si potrà costruire un’azienda salda, capace di sopravvivere ai cambiamenti che il mondo impone».


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STAMPA ITALIANA ecò

Viaggio nell’universo Macron: gli stilisti eco del calcio

di Lorenzo Scalia

Antonio Dalle Fabbriche, quality assurance manager dell’azienda bolognese, racconta il progetto “Macron 4 The Planet”, che che coinvolge la filiera produttiva, magliette comprese

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n nome, una garanzia green: Macron. Chiaramente non stiamo parlando del primo ministro francese - tra l’altro l’omonimia è stata “cavalcata“ mediaticamente quando fu eletto presidente per una campagna pubblicitaria finita sulla prima pagina dell’Equipe, con una mossa da strateghi del marketing - ma del brand italiano specializzato in abbigliamento sportivo che sta frantumando record su record puntando sulla sostenibilità. Sia all’interno dell’azienda che si trova vicino Bologna che fuori. Vestendo sostanzialmente le squadre di calcio e rugby con magliette eco. Questa filosofia - quasi totale e su più livelli - ha visto nascere il progetto “Macron 4 The Planet”. «È un ambizioso progetto che embrionalmente risale al 2017. È già in essere. E sintetizza l’impegno dell’azienda a una maggiore sostenibilità ambientale. È un progetto a 360 gradi che coinvolge tutta la filiera produttiva. A partire dal nostro quartier ge-

nerale, progettato con il criterio del “riduci, riusa, ricicla”, passando per la ricerca e l’utilizzo di tessuti e materiali completamente riciclati, fino al packaging del prodotto. Che prevede box in cartone sostenibile, certificato FSC (Forest Stewardship Council), e polybag in polietilene completamente riciclato e certificato da Global Ricicle Standard», spiega Antonio Dalle Fabbriche, quality assurance manager della Macron. COLOSSO EUROPEO - Da marchio di nicchia ai vertici del settore. La crescita della Macron, negli ultimi anni, è stata pazzesca. Basta leggere il “Club licensing benchmarking report” della Uefa riferito al 2019 e reso noto nel 2020: Macron è risultato il terzo brand per numero di sponsorizzazioni di club calcistici professionistici in Europa, subito alle spalle dei colossi Nike e Adidas, con una quota di mercato di circa il dieci per cento. Adesso si aspetta l’aggiornamento del re-


port ufficiale Uefa, ma la certezza è che Macron sarà sempre lì a contendersi il terzo o quarto posto con Puma. Non proprio gli ultimi arrivati. SERIE A - L’azienda bolognese è in pole position in Serie A. Veste più squadre di tutti e per la precisione cinque: Bologna, Lazio, Udinese, Verona e Sampdoria. La leadership dura da cinque stagioni. Il Bologna è stata la prima a mettersi addosso il brand “di casa”, poi si è aggiunta la Lazio nel 2012, di seguito hanno aderito Udinese e Verona, infine la Sampdoria è entrata nella famiglia. Tutte le squadre hanno magliette eco, cioè fatte con un materiale che «proviene da filato in poliestere riciclato al cento per cento, chiaramente certificato». Nel dettaglio: «Non c’è uno schema preciso. Alcune società, come per esempio Bologna, Lazio e Udinese, hanno optato per una scelta totale. Tutte e tre le magliette, infatti, sono eco. Altri hanno voluto enfatizzare una sola maglia amica dell’ambiente. Come Macron seguiamo e valorizziamo le aspettative dei club».

QUESTIONE LAZIO - La scorsa estate, prima che la nuova maglietta della Lazio fosse svelata, circolava la voce, soprattutto sui social, che potesse essere di colore verde. In contrasto con la storia della squadra più antica della Capitale. Beh, era una fake news. «Non è mai stata presa in considerazione una cosa del genere. Sarebbe stata una scelta abbastanza difficile da giustificare ai tifosi», conferma Dalle Fabbriche. La prima maglietta della Lazio, infatti, è rimasta come da tradizione biancoceleste, ma la sua anima adesso è verde, essendo appunto stata creata con materiali riciclati.

«Vestiamo la metà delle squadre del Sei Nazioni»

SEI NAZIONI - Non solo calcio, of course. Nel rugby Macron è lo sponsor tecnico di tre nazionali (in prima fila c’è chiaramente l’Italia) che partecipano al Sei Nazioni, il più importante torneo del mondo della palla ovale. Traduzione: metà delle squadre ha qualcosa di italiano addosso. È inutile girarci intorno: la crescita della Macron è andata di pari passo con l’at-

La pubblicità apparsa sulla prima pagina dell’Equipe dove si gioca con l’omonimia con Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese eletto il 14 maggio del 2017

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STAMPA ITALIANA ecò

tenzione posta all’ambiente. «Sì, c’è un nesso - sottolinea Dalle Fabbriche - Macron ha un’anima green, come player internazionale nello sportswear l’attenzione è costantemente rivolta alla ricerca e allo sviluppo di prodotti innovativi ed ecosostenibili. Garantendo la migliore performance possibile». «Cuore biancoceleste, anima green». La maglietta della Lazio alla fine è stata presentata così, rispettando la tradizione e i colori sociali della squadra di Roma. Di verde ha solo l’anima: infatti, è realizzata in materiale eco. Lo stesso discorso vale per la seconda e terza maglia, che è total black. Per qualche giorno, sui social, è circolata la voce che la maglia della Lazio potesse essere realmente verde. Questa possibilità non è mai stata presa in considerazione. Sopra: la sede di Macron a Valsamoggia (Bologna)

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FOCUS MAGLIETTE ECO - La filosofia green ha aiutato Macron a rendere sempre più grande la sua fetta di mercato. «Le magliette eco sono sicuramente un plus e un’attrattiva per le società più attente alle tematiche green, soprattutto nel Nord Europa». Il motivo è logico. «Credo che ognuno di noi abbia a cuore il futuro del nostro Pianeta. Banalmente è dove viviamo tutti i giorni. Un modo per partecipare attivamente è la possibilità di indossare abbigliamento tecnico sportivo proveniente da filati riciclati a basso impatto ambientale. Che inoltre garantiscono le stesse caratteristiche tecniche e di performance sportiva. Per questo tantissimi club hanno aderito, scelto e oggi pretendono di indossare capi ecosostenibili. I club inoltre sentono la responsabilità nel veicolare i tifosi ad un acquisto sempre più eticamente re-

sponsabile. Anche da parte dei fan i riscontri sono positivi in termini di richiesta che arriva al nostro e-commerce. Direi che anche questa è una bella realtà». MATERIALI - Sul sito ufficiale di Macron si trovano tre tipi di tessuti diversi: Eco Softlock, Eco Armevo e Eco Flightex. «Ognuno di questi materiali è completamente green. Sono equivalenti a livello di sostenibilità. Infatti provengono da un filato in poliestere riciclato al cento per cento e certificato. La differenza è nel metodo di tessitura. Quindi nella grammatura e nell’aspetto finale del tessuto. Queste caratteristiche conferiscono specificità nell’utilizzo dello sport cui sono dedicati. Quindi calcio, piuttosto che rugby, piuttosto che altri sport». Eco Armevo, per esempio, è indicato per il rugby e deve essere più resistente rispetto a una maglietta da calcio alla luce delle trattenute contemplate nel regolamento. Da segnalare comunque che tutti e tre i tessuti hanno anche la versione classica, non eco. Belle ugualmente, ma senza quel quid che rende le magliette speciali, le punte di diamante dell’universo Macron. Diamanti verdi, logicamente.


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