TabletRoma Ottobre 2020

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Editoriale di Stefano Quagliozzi

direttore responsabile

BENE COMUNE. MA CHE STRANO CONCETTO E’ MAI QUESTO? In questo difficile periodo di Covid-19 la scuola ha riaperto i battenti dopo una pausa forzata di sei mesi. Ripresa che c’è stata tra mille polemiche e strascichi di discussione, con contrapposte fazioni di chi voleva un riavvio delle lezioni anticipato ma con collegamenti da casa, chi voleva invece una partenza ancora ritardata per prudenza, ma con ripresa delle lezioni tradizionali, in presenza. Come al solito l’Italia, formata da una compagine composita di persone poco inclini ad andare tutte assieme in una direzione, si distingue in certe occasioni dai comportamenti uniformi e forse anche più equilibrati di altri popoli. E’ come quando durante i mondiali di calcio si parla della Nazionale e si trovano come d’incanto sessanta milioni di Commissari Tecnici pronti a suggerire la formazione ideale per la vittoria finale di una delle più seguite competizioni sportive. Questo atteggiamento di frammentazione dei comportamenti è sicuramente più un punto di debolezza che un punto di forza della straordinaria stirpe italica. Un altro sport nazionale è quello di sparare a zero sulle decisioni altrui, senza prenderne in esame neppure parziali aspetti che spesso sono invece da salvare. Come si diceva una volta, parlando del bagnetto della prole: “c’è il rischio di gettare via il bimbo con tutta l’acqua sporca”! Sono ricorrenti anche i detti “Piove!... governo ladro!” oppure “Non piove!... governo ladro!”. Insomma, vada come vada la colpa di tutto è del governo, anche se si avvale di qualificati pool di esperti che consigliano, indirizzano, suggeriscono il da fare in emergenze come questa di cui non si ricordano, a memoria d’uomo, analogie. Bisogna infatti andare indietro almeno 100 anni, ai tempi della “spagnola”, quella terribile influenza che decimò milioni e milioni di persone in ogni angolo del globo. Ma torniamo alla scuola. Il governo ha dato delle linee guida che come noto riguardano l’obbligo di distanziamento, igiene, sanificazione, regolamentazione nell’uso delle mascherine, divieto di assembramento, ingressi a scuola sfalsati per evitare i incontri tra studenti di classi diverse prima delle lezioni. Ciascuna scuola ha deciso come affrontare questa pandemia in base ai metri quadrati delle classi, agli spazi disponibili e a quelli reperiti durante l’estate disponendo, in molti casi, ingressi differenziati per orario o piuttosto dimezzamento delle classi e lezioni alternate in presenza e da casa, distanziamento tra chi è a scuola per evitare di portare per sei ore consecutive la mascherina e di respirare anidride carbonica anziché ossigeno. Queste misure, stringenti ma necessarie in un momento di straordinaria urgenza sanitaria, possono aiutare i nostri ragazzi ad uscire indenni da un periodo che ricorderemo a lungo e che i nostri figli ricorderanno a loro volta raccontandolo ai loro nipoti. In definitiva mi piacerebbe che la politica fosse meno “strillata” e più concreta, qualcosa per cui la gente che si impegna in questa avventura, riuscisse a prodigarsi per migliorare davvero la vita di altre persone, senza badare prioritariamente ai vantaggi che una tal cosa ben fatta possa dare agli avversari di turno, se il proprio mandato magari è in scadenza poco dopo. Ricordo con stupore e con grande ammirazione quando alcuni amici francesi mi

raccontarono negli anni ’80 della costruzione del quartiere de la “Defense” a Parigi (equivalente al nostro SDO mai realizzato). Come tutti i grandi progetti di ampio respiro, che hanno necessità di anni nel vedere la luce prima della realizzazione, anche questa faraonica pianificazione si alternò per diversi mandati, anche di forze politiche contrapposte, che all’insediamento tuttavia confermavano i progetti altrui e li portavano avanti come fossero stati propri. Con grande rispetto per il denaro dei contribuenti. Qui da noi basti pensare alle cose dette e smontate dalle diverse amministrazioni comunali anche solo per la realizzazione dello stadio della Roma a Tor di Valle. Dopo anni siamo ancora al si fa… non si fa… forse si fa ma con la tal variante. Ebbene questa capacità (e devo dire serietà) dei nostri non sempre simpatici cugini d’oltralpe è una delle prerogative che mi piacerebbe avessero i nostri politici, spesso meno inclini a fare, piuttosto che ad essere pronti a demolire le idee altrui, a prescindere dalla loro bontà, solamente perché provenienti da una fazione che non è la propria, con il risultato che, in Italia, assistiamo sempre più a una politica costruita sulla polemica che sui fatti concreti. E purtroppo, è triste dirlo, ma l’amara considerazione che viene da fare è che proprio a partire dalla nostra classe politica (che per giunta dovrebbe essere l’esempio) troppo spesso viene a mancare il vero senso del Bene Comune, base fondante dei valori della nostra Costituzione. E come diceva Renzo Arbore in un noto spot pubblicitario degli anni ’90: “meditate gente…meditate”!


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TABLET ANNO 8° N°84 Ottobre 2020 SOMMARIO

8 PRIMO PIANO INTERVISTA AL DOTT. VITO SGRO 14 + DESIGN IKEA APRE ALL’USATO

22 TABLET NATURA TEMPO DI MIGRAZIONI

24 APS SOTTO AL MARE LITORALE E BIODIVERSITÀ

28 UN POSTO TRANQUILLO THE SOCIAL DILEMMA

34 LA RICETTA DEL MESE CHEESE CAKE ALLE FRAGOLE

NEGOZIO

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Primo Piano di Cristina Anichini

Intervista a

Vito Sgro

un medico dallo sguardo lontano Il mancato arresto del virus Covid-19 continua a preoccupare gran parte di noi, nonostante abbia una portata virale inferiore alla scorsa primavera. Siamo tutti informati sulle regole e sui comportamenti corretti da adottare, ma dubbi e perplessità ancora non ci abbandonano. Per questo motivo abbiamo pensato di porre delle domande sull’argomento ad uno dei medici più conosciuti e apprezzati del nostro territorio, il dott. Vito Sgro.

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Vito è medico di famiglia pediatra, di Casalpalocco, dove esercita la professione da tanti anni. Nato a Roma nel 1958 da papà medico e mamma farmacista, Vito ha la medicina nel sangue, la passione, l’amore per il prossimo e la competenza, tutte caratteristiche che fanno di lui un bravo medico. Uno spazio grande nel suo cuore lo occupa l’amore per l’Africa. Forse perché la mamma è stata una profuga dalla Tunisia, quando durante la guerra molti italiani hanno dovuto lasciare i paesi africani per poter mantenere la propria nazionalità, e tanto gli ha raccontato della sua infanzia e giovinezza. Oppure perché da circa 30 anni si reca nei paesi subsahariani del continente, a sostegno di popoli bisognosi con organizzazioni mediche umanitarie. Di queste esperienze ne ha scritto tre libri bellissimi, l’ultimo in uscita in questi giorni. Quest’anno sarebbe dovuto partire per l’Etiopia, nella città di Wolisso, dove dal

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2000 c’è un ospedale costruito dagli italiani, ma a causa di un incidente non è potuto andare. Vito quanto ti manca l’Africa? Tanto! Considera che mio figlio è nato in Africa il 12 dicembre del 1991, tra poco sono 29 anni. Erano i primi anni che andavo in Africa e il mio progetto era quello di trasferirmi con la famiglia, ma le cose non vanno sempre come si ipotizzano. In tutti questi anni ho fatto una ventina di missioni. L’Africa è uno stato mentale, uno stile di vita, un’esperienza spirituale. Quando cominci a conoscerla bene vieni rapito dalla sua semplicità, dai suoi sorrisi, dagli odori e dai colori. La vita è

prevalentemente rurale e la sua essenza è rappresentata dal poter riuscire a sopravvivere. Tutte le popolazioni dell’Africa subsahariana, che è quella che conosco, sono accomunate dal saper vivere con semplicità e serenità nonostante ci sia una povertà che spezza il cuore a chi come noi ritiene di essere più fortunato. Anche se dovremmo rivedere il concetto di mondo ‘fortunato’, noi occidentali che viviamo così stressati. Hai notizie aggiornate sulla situazione sanitaria di questo immenso continente? Raccogliendo le informazioni che mi arrivano dai colleghi che sono lì e con i

quali sono settimanalmente in contatto, sembra che i numeri in Africa (sempre la zona subsahariana) siano molto bassi. Le misure che stanno prendendo sono in linea con quello che facciamo noi. Se fossi partito per l’Etiopia avrei dovuto rispettare la quarantena. Questa volta siamo considerati noi i potenziali untori, noi europei, gli americani e i cinesi che hanno fatto ormai dell’Africa una loro colonia. Rispetto al virus fanno molta attenzione ma non hanno tamponi e test sierologici; i costi per loro sono troppo elevati, pertanto i dati non sono attendibili. Certamente l’impatto di questa malattia è decisamente inferiore rispetto a quanto sta accadendo da


noi. Non è una certezza assoluta ma è probabile che dipenda dall’età molto giovane della popolazione africana: si pensi che il 60% della popolazione dell’area equatoriale è under 18, e i giovani sono più resistenti al coronavirus. Inoltre la mancanza di particelle inquinanti (rispetto, per esempio, alla nostra pianura padana) e l’impossibilità di fare screening di massa, forniscono numeri bassi. Veniamo a noi. Vorremmo con te fare un po’ di chiarezza su quello che sta succedendo. La pandemia non è ancora finita, molti Paesi paventano nuove chiusure. In Europa si contano decine di migliaia di nuovi contagi ogni giorno e l’ autunno sembra non promettere bene. Dopo un’estate passata in modalità ‘rilassamento’ le notizie ci stanno fornendo quotidianamente dati di ripresa dei contagi e l’abbassamento dell’età media dei contagiati. Questo aumento è dovuto al numero crescente di esami (tamponi, test sierologici, ecc.) oppure sta arrivando la cosiddetta onda di ritorno? Certamente c’è un’ondata di ritorno. Sono presente in una chat che conta circa 180 medici di Roma, una bella fetta di medici di base. Ci confrontiamo su tante questioni inerenti la pandemia. C’è tanta confusione e viviamo una situazione abbastanza stressante. Qualcuno sostiene che i medici di famiglia non abbiamo lavorato durante il lockdown e invece siamo stati sotto pressione, abbiamo vissuto momenti di profonda frustazione, di stress e di malessere. La pandemia ha comportato dei cambiamenti rispetto al nostro fare medicina.

Per rispondere alla domanda ti dico che l’aumento crescente dei tamponi e dei test ha permesso di individuare molte persone positive: di queste molte sono asintomatiche, oppure presentano pochi sintomi a testimonianza che il virus in questa fase stagionale ha perso molto della sua virulenza, ossia della sua capacità di indurre malattia grave. Perché allora tutto questo accanimento? Forse perché è un virus nuovo di cui si sa poco. Perché non si sa neanche se chi lo ha contratto si è fatto un’immunità duratura o no. Perché la paura che il freddo dell’autunno e dell’inverno possa riscatenare una situazione paragonabile a quella di marzo e aprile mette un angoscia a tutti. Perché il ricordo di quanto successo con la pandemia della spagnola, quando una seconda ondata fu infinitamente più grave della prima, è spaventoso. Tutte queste cose, che riguardano anche la storia della medicina, impongono una cautela che dobbiamo per forza osservare. Puoi fare chiarezza sui vari metodi di accertamento e qual è attualmemnte il più valido? I metodi sono svariati. Quello attualmente più validato è il tampone nasale e faringeo, cosidetto molecolare, che nella nostra zona fanno a Casalbernocchi. Il responso richiede molte ore e quindi dovendone trattare moltissimi si prendono dei tempi di risposta nell’ordine di giorni. Ciò a volte comporta che individui poi risultati negativi abbiano dovuto rispettare l’isolamento in attesa dei risultati. Nonostante ciò non sono sempre affidabili, perché sono test operatore-dipendenti. Significa che se il medico non entra in profondità fino quasi ‘a toccare il cervello’ (come si non si hanno grandi certezze. I test che sono stati messi a nostra disposizione sono estremamente fallimentari. Si parla tanto di quello salivare e hanno cominciato ad usarlo in alcuni centri. Non ancora nella nostra zona. E’ stato validato ma non so che attendibilità abbia. Non credo che sia molto differente dagli altri in termini di validità. Di certo non è invasivo come gli altri. Come si sta comportando questo virus rispetto ad altri virus influenzali che colpiscono le popolazioni ogni anno? La speranza di tutta l’umanità è che si comporti come altri virus influenzali. Cioè che come in una curva Gaussiana normale ci sia stato un picco e un plateau e che adesso, anche se con una lentezza esasperante, si vada verso una forte riduzione se non una sua scomparsa definitiva. Però è anche vero che è la prima volta che un virus con queste caratteristiche compare sulla terra, ed è una cosa da non dimenticare. Quindi non sappiamo se risponderà alle regole che caratterizzano gli altri virus, oppure se viceversa ha una

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dice volgarmente) in modo prolungato e molto fastidioso, non riesce a raccogliere una secrezione adeguata. Si rischia di avere dei falsi negativi. Ho esempi di miei pazienti che hanno dovuto ripetere i test più volte prima di poter rientrare a lavoro tranquilli. Tutti gli step di un paziente devono essere comunicati dal medico di famiglia al SISP che è l’organo che rilascia il benestare di rientro al lavoro. Il servizio è ovviamente sotto organico per smaltire tutte le pratiche pregiudicando i tempi di risposta. Poi ci sono i sierologici, e ce ne sono di vario tipo. Quelli che sono stati validati possono essere qualitativi o quantitativi. Nel primo caso ti dicono se hai avuto un passaggio anticorpale, nel secondo ti indicano la carica virale. Anche con questi test sono molto numerosi i falsi positivi e i falsi negativi, intorno al 20-25%, non poco. Paradossalmemte non andrebbero fatti però anche questi hanno una valenza di tipo statistico, quindi con la loro rapidità di risposta possono valutare su una fetta di territorio quale può essere il grosso del movimento. Siamo ancora in una situazione in cui

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propria esistenza o un proprio modello. Lo stiamo sperimentando tutti per la prima volta, medici e non medici. Quello che possiamo dire è che in questa fase ha perso molto della sua virulenza e quindi dobbiamo augurarci che prosegua così.

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Sta arrivando il periodo caldo dei vaccini. Il Ministero della salute ha inserito l’obbligo del vaccino anti influenzale agli over 65 e al personale sanitario. Si consiglia fortemente la vaccinazione anche ai bambini dai 6 mesi ai 6 anni di età. Un modo per proteggere tutti, soprattutto i più

deboli, ma dall’altro, nel caso dei bambini, eviterebbe il formarsi degli anticorpi. Qual è il tuo parere di medico? Da quando si è introdotta la possibilità di vaccinare i propri assistiti ho sempre partecipato alla campagna vaccini. Ti do solo un dato veloce: quando lavoravo gomito a gomito con mio padre, prima dell’avvento dei vaccini, il periodo invernale era devastante per il numero di visite domiciliari che dovevamo fare agli ammalati. Da quando ci si vaccina per l’influenza questo dato si è marcatamente ridotto. Se la domanda è ‘Questi vaccini funzionano?’ la risposta è senza dubbio sì! Analogamente potrei dirti che più popolazione si vaccina e più ne possiamo beneficiare tutti. Le categorie più a rischio devono essere preservate. E sono i broncopneumopatici, i grossi fumatori, gli asmatici, i cardiopatici, gli oncologici, i diabetici e tutte le persone con malattie croniche che danno immuno depressione. Poi tutte le categorie di lavoratori sempre più a rischio che sono gli insegnanti, i medici, i sanitari, gli infermieri, il personale che lavora nei supermercati. Insomma quest’anno la forbice di coloro che devono essere vaccinati si è allargata enormemente. I bambini dai 6 mesi ai 6 anni, pur essendo io un pediatra e lavorando in Africa come pediatra, valutando i benefici delle vaccinazioni (non quelli antinfluenzali che lì non si fanno), non posso dire che non sono d’accordo ma questa fascia di età è molto protetta dall’influenza così come dai rischi di coronavirus. Il vaccino è per proteggere

i nonni, una categoria a rischio. Questo è un ambito in cui ognuno può avere delle opinioni personalissime. Ho sempre pensato che le vaccinazioni fossero una cosa buona, ma non ti nego che se ne sentono di tutti i colori tra cui una buona fetta di persone che parlano di complotti, di controlli e interessi di case farmaceutiche, che percepiano con un forte sospetto. Io penso che a questo punto dobbiamo fare un grande respiro, fare un passo indietro e un atto di umiltà rimettendoci a chi ne sa più di noi cercando di individuare le persone a cui possiamo dare la nostra fiducia. Al momento mi sento di consigliarlo e per quanto riguarda i bambini così piccoli direi che forse limiterei il vaccino a quelli hanno dimostrato negli anni passati una certa fragilità o che hanno patologie croniche. Però è un parere del tuttto personale che non mi sento di voler rendere universale. E sul vaccino anti Covid? E’ il parere che darei anche su altri virus cangianti. Il virus è in continua trasformazione e lo sforzo planetario della ricerca è quello di individuare una sequenza dell’RNA (che sarebbe l’equivalente del DNA dell’uomo,) che sia immodificabile, ciò per poterlo attaccare ed impedirne la replicazione. Io credo che ognuno di noi debba smettere di sentirsi un tuttologo e di poter rappresentare la realtà senza avere le adeguate competenze. Come durante le partite di calcio quando vogliamo dire al coach quello che deve fare, soprattutto a gioco finito. E nel campo sanitario e in una situazione così delicata ancora una volta dobbiamo


fare un atto di umiltà e far fare a chi ne sa più di noi, ma non senza mantenere uno stato di allerta e di giudizio critico e costruttivo. Per quanto riguarda il mio parere personale credo sia leggittimo dare fiducia ai nostri governanti, altrimenti non se ne esce più, valutando i passi che vengono fatti e che ci vengono proposti. Tanti Stati stanno lavorando in collaborazione tra loro alla produzione di un vaccino. Anche l’Italia è tra questi e i risultati sembrano molto incoraggianti.

Ci sono molte persone che si stanno attenendo alle regole generali del distanziamento fisico, igenizzazione, mascherina, ma anche molte che forse non hanno ben compreso la forte capacità di trasmissione di questo virus, soprattutto tra i giovani. Vogliamo ribadire quelle che sono le norme comportamentali corrette da seguire, soprattutto per i ragazzi? - Uso della mascherina - Distanziamento sociale - Lavaggio frequente delle mani

Non abbiamo molto di più da fare almeno fino a quando non si sarà individuato un vaccino o altre strategie per arginare il virus. Nonostante l’essere umano sia spinto ad una naturale socializzazione, questi pochi accorgimenti dobbiamo metterli in atto in maniera ancora più seria. Credo si debba veramente cercare di stringere i denti. Verosimilmente questa nuova ondata finirà alla fine della prossima primavera quando passerà la stagione fredda, quindi

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ancora un autunno, un inverno e una primavera da superare. Solo allora riusciremo a capire realmente quali sono state le caratteristiche che ha avuto questa pandemia. Nel frattempo proseguono gli studi per mettere a punto un vaccino e magari per approntare nuovi test più pratici, più rapidi e più sicuri. Quello che dobbiamo fare tutti è ricordarci di essere prudenti. Soprattutto i giovani, più difficili da inquadrare perché per antonomasia pensano di essere immuni e immortali. Il sacrificio è forte, molta gente è arrabbiata e frustrata, soprattutto quelli che hanno perso il lavoro, gli imprenditori che stanno vedendo affievolire attività ridenti, e chi già stava in difficoltà ora è maggiormente toccato da questa crisi epocale. Dobbiamo avere la massima comprensione per tutti. Come sanitario devo dire: ‘ragazzi mettiamocela tutti’ guardiamo avanti con speranza, non perdiamo di vista che noi siamo gli artefici di quello che sarà. Ognuno nel proprio microcosmo deve osservare le regole in maniera più attenta possibile. Alcune domande non hanno purtroppo risposta perchè non sapppiamo tutto anzi sappiamo poco. Almeno quelle poche regole vanno divulgate, messe in atto e celebrate quotidianamente fino a quando qualcuno in televisione dirà ‘la guerra è finita’ e come si dice in chiesa ‘finalmente scambiatevi un segno di pace’ perché tornerà il momento in cui lo si potrà fare senza doverci passare l’amuchina fra le dita.

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Tablet musica di Francesco Valente

L’Editing Audio Le tracce audio nella gestione digitale, detto in maniera semplice, non sono altro che le tracce fisiche dei singoli strumenti registrati con la possibilità di poterle visualizzare e manipolare con estrema facilità. Tecnicamente per poter fare in modo che un computer e il relativo software (DAW ) possano gestire un segnale che nasce in fisico (analogico ) in modo digitale bisogna avere uno strumento che permetta questa conversione, cioè una scheda audio, capace di accogliere un segnale e trasformarlo in numeri. Ma di questo parleremo nello specifico nel prossimo articolo. La possibilità di poter ‘vedere’ sotto forma di onda ciò che è stato registrato ha aperto le porte ad infinite possibilità, che in passato in realtà si facevano ugualmente, ma ad orecchio e sul nastro con dei pericolosi taglia e incolla irreversibili, mi riferisco per esempio ad andare ad individuare il punto di attacco preciso di una singola nota e poterlo di conseguenza lavorare magari mettendolo a tempo, tagliare una parte di troppo, ma gli esempi da fare sono tantissimi. La facilita con cui si può operare sull’audio ha aperto le porte ad un nuovo modo di creare e produrre, partendo da alcuni vantaggi magari non proprio condivisi, alla photoshop per intenderci, alla scoperta di infinite possibilità creative che di contro hanno portato il modo di produrre musica più in là verso orizzonti impensabili. L’utilizzo di queste tecniche ha portato allo sviluppo di ulteriori strumenti digitali per la manipolazione del suono come la possibilità di modificare il Pitch (altezza di una nota) o lo Stretch (lunghezza di una nota ). Bè vi lascio immaginare solamente la possibilità di velocizzare un brano ormai registrato perché troppo lento... errore spesso comune, ma invece di rifarlo.... mica male no?!? Chiaramente ciò che non facciamo di persona impegnandoci lo paghiamo caro. Mi riferisco, per fare un esempio non musicale, a fare i calcoli con la calcolatrice, disimpariamo a contare a mente, e questo è vero, ma oramai è tutto così veloce che pensare di fare sedute di prova come facevano i Beatles con quei budget a

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disposizione non è più pensabile, e un po’ di nostalgia c’è e comunque nessuno ce lo vieta, e avendo la consapevolezza che se Mozart fosse nato oggi avrebbe usato il computer per esprimere il suo talento compositivo, mi fa riportare tutto ad un pacificatore equilibrio.. e stop! daje computer. Oltre a modificare tempo e lunghezza di un evento audio e tutte le infinite possibilità di questa natura, duplicare, spostare e invertire note, alle tracce audio possono essere applicati effetti di varia natura che ne modificando il suono originale per cui è stato ripreso lo strumento, si chiamano plug in e sono strappasti e strabuzzati spesso credendo che ci possano far svoltare un suono... e spesso invece lo fanno, quindi dipende.. ma sono incredibilmente potenti e stimolanti. Nel prossimo articolo andremo un po’ più nello specifico tenendo presente che la pratica e l’esperienza sono difficili da spiegare a parole e che le cose da imparare sono tantissime



+Design

di Alessandra Lino creativaseriale@gmail.com www.creativaseriale.com 335.64.94.985

IKEA:

IL COLOSSO DEL DESIGN APRE IL PRIMO STORE DELL’USATO Ne avevamo già parlato, ma oggi la sfida green economy che il colosso svedese Ikea aveva più volte anticipato, attraverso iniziative e campagne annuali, sta prendendo forma. Che il vento stia davvero cambiando? L’annuncio del mese è che Ikea aprirà il suo primo store dell’usato in Svezia entro la fine del 2030. Il second hand store si troverà nel centro commerciale ReTuna, nella località di Eskilstuna e comunicherà direttamente con un vicino negozio Ikea, del quale rivenderà i prodotti leggermente danneggiati o riparati con cura. Si tratta di un progetto pilota che, se andrà bene, potrà essere portato anche altrove. L’obiettivo di questo nuovo progetto è trasformare l’intera produzione in un business circolare entro il 2030. Il colosso svedese aveva già dichiarato di voler iniziare a riciclare mobili in tutto il mondo, sposando iniziative eco-compatibili in linea con le buone politiche ambien-

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tali. “Se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi in termini di sostenibilità dobbiamo metterci alla prova e mettere alla prova le nostre idee nella pratica” questo è quanto dichiarato, durante un’intervista, da Jonas Carlehed, direttore dell’area sostenibilità di Ikea Svezia. Avviando un modello di business circolare, l’azienda ridurrà il suo impatto climatico del 70% entro il 2030. Non è un caso che Ikea abbia scelto ReTuna per aprire il suo primo negozio di seconda mano. ReTuna è un centro commerciale dove tutto ciò che i negozi vendono è riciclato o prodotto in modo sostenibile. Mentre i lavori per aprire lo store sono già iniziati, Ikea si sta occupando di riparare mobili in stock leggermente danneggiati durante i trasporti e contemporaneamente sta raccogliendo l’usato dei clienti che hanno voglia di devolvere i propri mobili per una giusta causa: far rivi-

vere agli oggetti una seconda vita. Forse qualcuno di voi ricorderà che già lo scorso anno, l’azienda svedese, aveva avviato un altro progetto pilota con la campagna: Un mondo migliore inizia a casa. Il progetto cercava di sensibilizzare i clienti a vivere una vita più sostenibile già all’interno delle loro case, promuovendo attività dedicate al tema del riciclo. La campagna evidenziava quanto i piccoli gesti quotidiani, come ridurre gli sprechi di cibo, scegliere borse della spesa riutilizzabili o asciugare i panni all’aria, potessero portare a grandi risultati. Tra le varie iniziative c’era anche la possibilità dei clienti di poter riconsegnare, al colosso svedese, mobili in buono stato in cambio di nuovi buoni d’acquisto. Che Ikea tra qualche anno diventi il nuovo greenstore internazionale del design popolare? Quali saranno i cambiamenti che il colosso svedese attuerà e quali gli obiettivi che riuscirà a raggiungere?



Tablet Sociale a cura di Giuseppe Menzio

Finalmente! “Nuova Acanto” è ripartita venerdì 2 Ottobre, quando nell’area verde del CSP si sono ritrovate oltre 80 persone, molti Soci che hanno rinnovato l’iscrizione, ma anche nuovi amici a cui diamo il benvenuto. L’ultimo nostro incontro risaliva al 28 Febbraio, poi la chiusura dal 5 Marzo, tanti eventi cancellati, speranze di ripresa, e poi la bella idea di ritrovarci almeno una volta prima delle vacanze il 23 Giugno al Golf Club “Marediroma”.

di incursioni, attentati, violenze da parte di Al Qaeda e dell’Isis. Inoltre anche recentemente è stato teatro di colpi di stato, di tumulti e di grave instabilità politica. Seguiranno due conferenze che toccano filoni essenziali dell’offerta di “Nuova Acanto” : l’arte con il sommo Raffaello e la musica con “L’uccello di fuoco”, l’opera di Stravinskj che segnò una svolta decisiva nella storia del balletto. Maggiori dettagli sugli eventi di Ottobre sono disponibili nel “calendario” pubblicato anche su Facebook.

Siamo ripartiti con tutte le cautele del caso, sia da parte dell’ associazione che da parte di ciascuno, qualche obbligo in più, come la necessità di prenotare tutti gli eventi (incluse le riunioni / conferenze del venerdì pomeriggio), la mascherina, la distanza, mani, sanificazione, ecc. ma l’avvento di “tempi migliori” dipende anche dalla voglia di reagire di tutti noi e molto dall’autodisciplina. Abbiamo anche ripreso le gite in giornata, il 7 Ottobre, visitando Subiaco, un luogo che unisce in modo armonioso storia, arte, paesaggio, spiritualità, con i due bellissimi monasteri di Santa Scolastica e di San Benedetto, e dopo pranzo, il centro storico, il ponte e il convento di San Francesco.

Si stanno elaborando per Novembre varie altre idee, ma certamente la loro realizzazione concreta dipenderà dall’evoluzione della pandemia, dal nostro rispetto delle regole, e dalla gestione pratica degli ostacoli e dei vincoli che frenano le nostre iniziative.

Bansky, “Girl with balloon”.

Il 16 Ottobre la prima conferenza nel salone del CSP, con la nuova sistemazione realizzata per rispettare le norme anti-Covid e che riduce notevolmente la capienza, rendendo quindi necessaria la prenotazione. Un viaggio in Mali, un paese dell’Africa che era tra i più affascinanti, ma che purtroppo da anni è diventato “off limits” a causa

Possiamo anticipare che riprenderemo i concerti al Parco della Musica (Vasily Petrenko dirigerà l’Orchestra di Santa Cecilia nell’esecuzione dell’”Incompiuta” di Schubert); che programmeremo una visita alla mostra su Bansky al Chiostro del Bramante; che, se farà più fresco, potremo considerare la tradizionale mostra fotografica con polenta; che speriamo di riuscire finalmente a “sognare le pecore elettriche”, conferenza rimandata più volte che ha come tema uno degli aspetti più inquietanti dei nostri tempi, e cioè l’impatto della tecnologia sull’individuo e sulla società.

“ In piroga sul Niger (da un viaggio in Mali)

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Piccola storia della Posta a cura di Giuseppe Menzio

I “ballons montés” (1870) Nel corso della guerra franco-prussiana del 1870-71, dopo la pesante sconfitta di Napoleone III a Sedan, le truppe prussiane a partire dal 19 Settembre 1870 circondano ed assediano Parigi, dove nel frattempo viene proclamata la repubblica. Il durissimo assedio si concluderà il 28 Gennaio del 1871 con la resa della Francia. Poco dopo Guglielmo I si fa incoronare imperatore del “Deutsches Reich” nella Reggia di Versailles (il massimo dell’umiliazione per i francesi!).

I palloni però, come tutte le mongolfiere, andavano dove il vento le portava… non era possibile decidere la rotta, salvo indovinare il vento giusto al momento del lancio; poi si poteva solo andare su o giù, di nuovo cercando di scegliere la direzione favorevole del vento. Furono lanciati in tutto 66 palloni; qualcuno atterrò nel bel mezzo delle linee nemiche, alcuni furono abbattuti, un paio naufragarono nella Manica, uno arrivò addirittura in Norvegia (!), un vero record di

Tuttavia si può dire che, date le circostanze, il sistema funzionò bene. E’ una vicenda appassionante sulla quale sono state fatte molte ricerche e scritti molti documenti. Le lettere partite con i “ballons montés” rappresentano oltre che dei rari documenti postali, dei veri “ pezzetti di storia”...

A fianco; una stampa dell’epoca in cui, oltre a due mongolfiere, si vedono, in basso a destra, degli uomini con le gabbie nelle quali sono rinchiusi i piccioni viaggiatori in procinto di essere imbarcati. In alto; una cartolina a colori con una ragazza che “dialoga” con un piccione; sullo sfondo una Parigi invernale con la neve. - Il francobollo con cui le Poste francesi hanno commemorato nel 1970 il centenario dei “ballons montés”. Sotto; una lettera partita “par ballon monté” con due francobolli da 40 cent., effigie di Napoleone III, diretta nientemeno che a Mosca, timbro di partenza : 9 Dec.(18)70. Molto rara.

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Per inciso va ricordato che l’Italia approfittò del fatto che la Francia in quella situazione non poteva certo più pensare a proteggere il papato e aveva precipitosamente ritirato le sue truppe da Roma per impiegarle nella difesa di Parigi. Il 20 Settembre del 1870 i bersaglieri, con la breccia di Porta Pia, espugnano la città che entra così a far parte del Regno d’Italia. Durante l’assedio di Parigi il governo francese si era trasferito a Bordeaux. Per far uscire notizie e corrispondenza superando il blocco dei prussiani, furono usati con successo i piccioni viaggiatori, alle cui zampette venivano legati dei piccoli rotoli con documenti microfilmati, assicurando dei discreti collegamenti, in particolare con Tours e Poitiers (ad oltre 300 km da Parigi). I piccioni viaggiatori erano chiusi in gabbie che poi venivano caricate su delle mongolfiere, i cosiddetti “ballons montés”, “montati” perché a bordo c’era anche almeno un uomo che aveva tra l’altro il compito di aprire le gabbie e lasciare che i piccioni spiccassero il volo per raggiungere la loro meta, non appena la mongolfiera fosse arrivata oltre le linee nemiche. Sui palloni vennero imbarcate, oltre ai documenti dello stato, anche delle lettere vere e proprie, scritte da privati cittadini, seppure su moduli di formato ridotto per limitarne il peso. Si può dire che siamo in presenza del primo caso di posta aerea della storia, avvenuto in circostanze davvero eccezionali.

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distanza per quei tempi. Potete immaginare lo stupore dei vichinghi che avranno sicuramente pensato all’arrivo di extraterrestri…



Tablet Bike di Luca Santagà - fb avventure in bici ph di Davide Loreti

L’anello misterioso... Siamo un popolo straordinario. Italiani brava gente, si diceva una volta, ed è ancora così. Una nazione con tanti pregi, e rispetto ad altre, con pochi difetti. A volte

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però, ci facciamo prendere la mano: pensate alla pandemia che ha colpito tutto il mondo e all’ effetto che ha avuto sulla gente, ma soprattutto sulla psicologia di una nazione che per decenni ha visto protagonisti milioni di allenatori di calcio e che in poco tempo è stata catapultata in una realtà ignota e difficile. Ricordate? A marzo tutti virologi. Ad aprile tutti economisti.

A maggio, tutti al mare e tanti saluti al virus, il quale continua a campeggiare tra noi in barba a quello che pensiamo di lui. C’è stato un momento, proprio al termine del lockdown, in cui ho pensato che tanta gente avesse fatto una scelta sana, quella di usare la bicicletta, anche e soprattutto per tutelare la propria salute. Mi sbagliavo, ovviamente, è stato un fuoco di paglia. In bici sono rimasti quelli che ci andavano anche prima del virus. Nonostante questa falsa partenza, è stato comunque un segnale forte, abbastanza per testimoniare che il vero cambiamento deve necessariamente partire dalla gente. Se qualcosa ci ha insegnato questa emergenza, è che anche se chi ci amministra è obbligato a proteggerci, siamo i migliori amici di noi stessi, scegliendo il modo migliore per farlo. Andare in bici è considerato di gran lunga uno degli sport più sicuri in assoluto. Così l’estate è trascorsa, tra preoccupazioni e speranze; chi ha potuto è andato in vacanza, ma chi non ha potuto si è visto recapitare come premio di consolazione una bella pista ciclabile. Niente affatto male come premio; Ostia ha compiuto un passo epocale guardando per una volta al futuro invece che aggrapparsi ad un passato che oramai sa di muffa. Tutti contenti, allora. Nemmeno per sogno! Una schiera di laureati su Facebook, fortunatamente in minoranza, ha tirato fuori ogni genere di critica: pericolosa, inutile, mal disegnata e peggio costruita ecc. Quindi un agosto con tanti ingegneri urbanistici sotto l’ombrellone, con il ditino sul telefono e l’astio nel cuore. Pazienza. Virus e ciclabili a parte, la verità è questa: chi vuole andare in bici, lo fa e basta, senza se e senza ma. Con la mountain bike si può arrivare dappertutto, ma se vogliamo fare un giro tranquillo con la famiglia,


riparo dal traffico. Un tratto lo percorriamo addirittura sotto un lungo cavalcavia per sbucare proprio davanti al passaggio ciclabile dove si attraversa via Palmiro Togliatti. Incredibile. Mi piace un sacco questa situazione che potrebbe essere definita come giungla metropolitana. Transitiamo ad un certo punto sul lungo piazzale di una stazione ferroviaria dall’aria deserta e sotto un cavalcavia ci copriamo perché ha appena iniziato a piovere. Uno scroscio intenso, ma fortunatamente breve. Siamo quasi a metà del nostro giro, pedalare in questo modo non è affatto faticoso, ma quasi stordisce la rapidità con la quale cambia il nostro panorama. Dopo il piovasco, Il sole fa capolino e squarcia le nuvole nere regalandoci grandi sprazzi di cielo azzurro intenso. La notte precedente, in questa zona, ha diluviato alla grande e notiamo alcuni sottopassi allagati

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anche in città, posso consigliarvi una vera e propria chicca, che in pochi conoscono. Non voglio fare un torto a chi ha creato un percorso così bello e vario, ma in realtà più di qualcuno si intesta la paternità di questo progetto. Si tratta del GRAB, un itinerario che rappresenta una sorta di Grande Raccordo Anulare per le bici, che a differenza di quello per le auto, è un percorso ricco di fascino e di angoli misteriosi e bellissimi della Capitale. Il giro, come accennavo è ad anello, quindi ha poca importanza da dove lo si inizia, misura quasi 50 chilometri e si presta ad ogni tipo di utenza. Non ci sono pendenze significative, l’unica difficoltà semmai, è rappresentata dalla traccia. Senza un GPS (anche lo smartphone va bene) si rischia di sbagliare strada ma soprattutto di perdere scorci unici della nostra splendida città. Quindi, muniti di traccia, noi di Avventure in Bici, iniziamo a pedalare dalle Terme di Caracalla in direzione Appia Antica per entrare subito nel Parco della Caffarella. Il pomeriggio è nuvoloso ed il cielo, verso il mare è gravido di pioggia, si sente in lontananza un sordo brontolio e questo non fa che aggiungere quel pizzico di incertezza che come spesso affermo, è il sale della vita. La nostra rotta taglia dritta il parco, ma noi deviamo un poco a destra per fare rifornimento d’acqua alla sorgente Egeria, in via dell’Almone. Riempite le borracce, puntiamo la prua verso il Parco di Torre Fiscale. Qui le nuvole disegnano sfondi suggestivi e misteriosi tra gli archi dell’ antico acquedotto, ci fermiamo per qualche foto ma le cose da vedere sono tante e quindi proseguiamo. La cosa più intrigante di questo itinerario è sicuramente la varietà degli scenari: un momento pedali in un parco tra antiche vestigia, e dopo pochi metri attraversi quartieri più o meno sconosciuti pieni di murales, scalinate e sottopassi; il traffico è scarso nelle vie secondarie; è mercoledì pomeriggio eppure le auto sono poche. Pedaliamo lentamente per le stradine silenziose del Quadraro e in pochi minuti eccoci nel Parco Archeologico di Centocelle. Eppoi rampe, parcheggi, viuzze; chi ha creato questo percorso non ci fa mancare nulla e allo stesso tempo ci tiene al

con tanto di pompieri e vigili. Uno svincolo (chiuso al traffico) et voilà: attraversiamo il ponte sul fiume Aniene per inoltrarci nella Riserva Naturale omonima. Che spettacolo grandioso! Il parco è veramente esteso, sembra di essere in mezzo al nulla ed invece siamo a Roma; il fondo è scivoloso anche se il sentiero rimane ben battuto e sempre visibile. Seguiamo il letto del fiume per qualche chilometro veramente godibile per poi sbucare da un cancello…in piena città. Alla nostra sinistra, si staglia Ponte Tazio, nel cuore del quartiere Montesacro. E ancora, le nostre ruote sono su un’altra bella ciclabile asfaltata di fresco, che ci traghetta, sempre nel verde, all’attraversamento di via Salaria. Qui attenzione: la scalinata che attraversata via Salaria porta al livello inferiore, sembra facile da scendere in bici. Non lo è. Si prende rapidamente velocità e dietro la curva ad angolo c’è una sorpresa a forma di ringhiera alta un metro. Non si perde nulla a fare la scalinata a piedi, anche perché subito dopo si apre davanti ai nostri occhi lo spettacolo strepitoso che è Villa Ada. Chi la conosce sa che questo posto è un capitolo a parte. Chi non la conosce rimane a bocca aperta. Il suo laghetto, le stradine, i suoi sentieri che si inerpicano sulla collina nel verde più fitto sono irresistibili per chi ama la mountain bike, per di più noi attraversiamo il parco nel tardo pomeriggio dopo la pioggia, questo lo rende profumato e praticamente deserto. Imbrunisce, noi sbuchiamo tutti infangati ai Parioli e andando verso il Lungotevere qualcuno ci guarda come se fossimo alieni. Un po’ per la verità lo siamo, e devo dire che ci siamo divertiti a farci un selfie, a pallini marroni proprio davanti alla Galleria Nazionale di Arte Moderna. Non importa se siamo infangati fino al midollo, quando agganciamo la pista ciclabile del Tevere per arrivare di nuovo a Caracalla, siamo talmente soddisfatti del nostro giro che cominciamo a progettare alcune varianti e soste nei posti che più secondo noi si prestano ad approfondimenti ed esplorazioni. Un giro facile, bello, e con più di un pizzico di cultura, che non fa mai male. Facile da organizzare e pieno di quelle fontanelle che non ti lasciano mai a bocca asciutta. Come la nostra amata, intramontabile bicicletta.

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Tablet Natura Alessandro Polinori - Vice Presidente Lipu - BirdLife Italia Responsabile Centro Habitat Mediterraneo Lipu Ostia

Fenicotteri, foto di L.Sebastiani

AUTUNNO,

tempo di migrazioni

Autunno, tempo di migrazioni per molte specie di uccelli in tutto il mondo, impegnate nel loro periodico spostamento stagionale, da Nord a Sud, ovvero dai luoghi di riproduzione a quelli di svernamento. Un viaggio incredibile, narrato da film, libri e documentari, in grado di affascinare artisti e poeti in ogni epoca e che, in passato, veniva osservato per cercare di prevedere quello che sarebbe accaduto, mentre oggi viene studiato dai più grandi scienziati per capire quale sarà il futuro del pianeta ed avere indicazioni importanti sugli effetti dei cambiamenti climatici e sull’inquinamento. Un viaggio, la cui durata dipende dal tragitto da percorrere, dalla velocità di volo e dalle pause compiute lungo l’itinerario e che può avere una durata variabile, a seconda delle specie, da una settimana a ben quattro mesi. Una specie “campione nella specialità migrazioni” è quella rappresentata nel logo di BirdLife International (il network mondiale di associazioni di cui la Lipu è partner per l’Italia), ovvero l’incredibile sterna artica o codalunga, un uccello del peso di circa 100 grammi, capace di compiere un volo migratorio da record, dall’Artico all’Antartico e viceversa. Secondo uno studio di Carsten Egevang ed altri, quest’affascinante volatile, nel corso di una vita media di 29 anni, può spostarsi per tanti chilometri quanti ne occorrono per andare dalla Terra alla Luna per sei volte (circa 2.400.000 km).

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La migrazione degli uccelli supera ogni confine, per un viaggio che può avvenire di notte o di giorno. Alcune specie, come falchi, rondoni e rondini preferiscono migrare principalmente di giorno, mentre altre, come ad esempio le allodole, scelgono di volare di notte, anche per evitare predatori come i rapaci. Un viaggio lunghissimo, con spostamenti dai 10 ai 1000 ed oltre km al giorno, nella maggior parte dei casi con una quota di crociera inferiore ai 600 metri, ma che

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Giovani Cigni reali al CHM Lipu Ostia - foto di Alessandro Polinori

talvolta può addirittura superare gli 8000 metri, portando alcune specie ad incrociare persino aerei di linea. Lungo questo impegnativo itinerario per la sopravvivenza, gli uccelli migratori devono affrontare una moltitudine di ostacoli e pericoli, sia di origine natura-

Spatole al CHM Lipu Ostia - foto di Flavia Carbonetti

le, come i predatori, le condizioni meteo avverse e le montagne, che artificiale, come i pericolosi vetri degli edifici che causano improvvise collisioni, le reti dei bracconieri e i fucili dei cacciatori. Si calcola che, nel solo bacino del Mediterraneo, ogni Piovanelli maggiori, foto di Roberto Parmiggiani


anno ben 25 milioni di uccelli vengano uccisi dai bracconieri, in buona parte uccelli migratori, spesso specie rare e a rischio estinzione. In questo triste classifica, purtroppo, l’Italia ottiene un non lodevole piazzamento d’onore, con la seconda posizione per numero di animali uccisi, dopo l’Egitto e prima di Siria, Libano e Cipro.

Ed è anche il momento in cui le guardie venatorie ed i volontari della Lipu sono impegnati, sul campo, a proteggere il viaggio di questi meravigliosi animali ed impedire che, dallo stretto di Messina alle valli bresciane, passando per le isole del Mediterraneo, i colpi di fucile interrompano la poesia del loro viaggio per sempre…

Ma il periodo della migrazione è anche il momento più emozionante per tutti gli appassionati di natura, che amano praticare il birdwatching (ovvero l’osservazione degli uccelli in natura attraverso l’utilizzo di un binocolo) e la fotografia naturalistica. In autunno, infatti, è possibile incontrare anche specie incredibilmente carismatiche quali fenicotteri rosa, cicogne, ibis, insieme a vere e proprie rarità, osservabili soltanto di passaggio alle nostre latitudini.

Per essere aggiornati sul programma completo è sufficiente seguire la pagina Facebook “Centro Habitat Mediterraneo Lipu Ostia” o scrivere all’indirizzo chm.ostia@lipu.it. Ripartiamo dalla Natura, vi aspettiamo in oasi! Per info: alessandro.polinori@lipu.it - www.lipu.it

Cavalieri d’Italia al Chm - foto di Franco Baccelli

Tablet Territorio

di Flavio Bergonzini

Le variazioni di temperatura sul Lazio (diviso per comuni) negli ultimi 50 anni.Maggiormente interessate le province di Roma e Latina con un aumento compreso anche tra 3,5 e 4° C. Fonte: EDJ Net su dati Copernicus e ECMWF.

nella provincia di Roma e Nord Latina. Come detto in precedenza questo aumento termico paradossalmente è stato associato a fenomeni sempre più scarsi e comunque brevi ma intensi.Risulta infatti secondo alcune stazioni meteo private del nostro litorale un accumulo totale che va dai 150 ai 200 mm da inizio anno, ossia una quantità di precipitazioni da deserto. Settembre è andato avanti così grazie anche a cupole anticicloniche di matrice Afro ad Azzorriana che hanno portato stabilità atmosferica un surriscaldamento della superficie Marina è comunque un assenza di precipitazioni.speriamo tutti ma anche per quanto riguarda il settore idrogeologico e floreale, in un ottobre un po’ più piovoso per poter pareggiare almeno il bilancio idrico molto negativo in questi ultimi mesi.

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Che settembre fosse iniziato e avesse continuato, con un trend termico sopra Media, ce ne siamo un po’ tutti accorti, ma che addirittura avremmo toccato picchi di oltre 30 gradi con punte di 35 all’interno, effettivamente non ce lo aspettavamo. Associato a questo fenomeno del sopra Media termico, nelle zone che dopo vi elencherò, abbiamo avuto anche una scarsissima quantità di precipitazioni, se non molto locali ed intense ma comunque non sufficienti a garantire un bilancio idrico positivo per le nostre falde acquifere. Dalla prima grafica si evince secondo uno studio del centro Copernicus in collaborazione con ECMWF che è il centro di elaborazione metrologica Europea, negli ultimi 50 anni un incremento dai 3 ai 5 gradi centigradi soprattutto

Un caldo settembre

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SOTTO AL MARE

Associazione di promozione sociale Ad aprile del 2019 nasce “Sotto al mare”, un’associazione di promozione sociale, dalla passione e la determinazione di chi l’ha fondata e che vive grazie a ricercatori e volontari che dedicano a questa piccola realtà tempo ed energia. Da giugno deello stesso anno l’APS sotto al mare dà il via ad un progetto ambizioso e prezioso: Delfini del Litorale romano, uscite di eco turismo. Le uscite di eco turismo si svolgono nel tratto di mare antistante Ostia, Fiumicino e Torvaianica, su un gommone di 6 m (“mamma uno”) in compagnia di uno staff preparato ed appassionato composto da biologi e naturalisti competenti e qualificati. Si parte dal canale dei pescatori di Ostia (dal rimessaggio Nautica Fabietti) per proseguire dirigendoci verso una delle due aree di discontinuità, rispetto al circostante e monotono fondo sabbioso, presenti all’interno della nostra area di studio. La prima è rappresentata dalle due piattaforme petrolifere (non estrattive): R1 e R2 che si trovano a largo di Fiumicino in prossimità della Foce del Fiume Tevere. Queste due costruzioni rappresentano l’unico substrato duro in una distesa di sedimenti sabbiosi in un’area ricchissima dei nutrienti derivanti dal fiume; tutto questo fa sì che questa sia una zona molto ricca dal punto di vista biologico; non fanno eccezione i predatori (come i delfini) che sovente incontriamo in quest’area. La seconda area di discontinuità è rappresentata dall’area marina protetta (AMP) Secche di Tor Paterno, un hotspot di biodiversità incredibile: una montagna che si erge dal fondo marino dai 50 fino ai 18 mt di profondità, ricchissima di biodiversità, meta indiscussa di subacquei e appassionati. “sotto al mare” ha siglato con l’ente regionale gestore dell’AMP (Roma Natura) un protocollo d’intesa che rappresenta un importante traguardo per contribuire a far conoscere e valorizzare questa area marina e nell’ottica del raggiungimento di importanti obiettivi comuni di divulgazione e sensibilizzazione sul territorio. (FOTO2) Durante le nostre uscite è possibile incontrare tutti gli animali che hanno un contatto, anche occasionale, con la superfice del mare, nel pieno rispetto della loro libertà e nell’ottica di una relazione uomo-animale completamente sostenibile; un’attività coinvolgente e formativa per regalare alle famiglie, agli appassionati o a semplici curiosi l’emozione dell’incontro con i delfini ma non solo. La specie di delfino che incontriamo durante le nostre uscite di eco turismo è il Tursiops truncatus (tursiope), una specie di delfino costiera che trova nell’area del litorale romano condizioni favorevoli che ne determinano una presenza costante nel tempo (alta fedeltà all’area). Durante le nostre uscite, oltre ai delfini, è possibile osservare mobule, pesci luna, tonni, uccelli marini e molto altro ancora, specie altrettanto interessanti e bisognose di tutela ed attenzione. “sotto al mare”, inoltre, è parte integrante del tavolo tecnico-scientifico dell’Osservatorio Ambientale: lo strumento operativo di partecipazione qualificata sui temi ambientali di cui il Municipio Roma X si è dotato. Insieme ad altri esperti abbiamo creato un “codice etico volontario di comportamento in presenza di specie marine selvatiche” contenente informazioni per il riconoscimento delle principali specie marine pelagiche che è possibile incontrare lungo le nostre coste e le regole di buona condotta da adottare in presenza di questi animali. La conoscenza favorisce il rispetto: conoscere la fauna marina che popola il nostro mare ed avere la consapevolezza di come intervenire su ciò che ne rappresenta un pericolo sono obiettivi importanti che la nostra associazione si prefigge di raggiungere con il proprio lavoro.

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In questa rubrica dedicata alla nostra associazione condivideremo con voi i nostri incontri e le nostre scoperte, vi faremo conoscere le specie che abitano il nostro mare e cercheremo di contribuire alla valorizzazione del nostro territorio. Per informazioni scrivere a: info.sottoalmare@gmail.com oppure telefonare al 351.59.94.449 Facebook: https://www.facebook.com/sottoalmare/ www.sottoalmare.it Instagram: apssottoalmare


IL NOSTRO LOCKDOWN a cura di Laura Ventura

Vogliamo raccontarvi il nostro lockdown. E’ stato un periodo difficilissimo…lasciare le 64 caselle e non poter più mettersi in gioco…chiudere senza avere idea di quello che sarebbe stato…annullare tutte le attività, i Campionati Scolastici, quelli Italiani previsti a giugno in Sicilia e tutti i tornei in giro per l’italia. Ma noi abbiamo deciso che questa doveva essere un’opportunità, un momento di crescita e anche di riflessione, un momento in cui reinventarsi per dare una spinta forte al momento della riapertura….idee, prospettiva, volontà…tutto quello che uno scacchista ha nel sangue!!! Immediatamente sono state messe in campo tutte le risorse. Sono iniziate immediatamente le attività on

line su piattaforma digitale…ma questo lo hanno fatto in tanti. Noi ci siamo spinti oltre. Abbiamo sfruttato al meglio il mondo del web organizzando attività nazionali ed internazionali che altrimenti sarebbero state improbabili da proporre. Grande soddisfazione è stata organizzare tornei internazionali con altri circoli sparsi nel mondo: Spagna, Francia, Russia. Ma anche circoli italiani come Bologna, Asti, Palermo. Tutto questo grazie all’organizzazione dei Maestri Nicolò Napoli, Francesco e Leonardo. Da subito il circolo di Ostia Scacchi ha messo in moto la sua formidabile macchina fatta di collaborazione ma soprattutto amore per le 64 caselle. Le attività sono state continue e coinvolgenti riuscendo a mantenere quel ritmo ed interesse per tutti i suoi iscritti

che arrivano a più di cento. Oltre questo però si è anche lavorato per far crescere le stelle che ad Ostia Scacchi sono nate e cresciute in questi anni. L’investimento è stato sui ragazzi che in questo periodo hanno frequentato i corsi di Dirigente Sportivo, Istruttore ed Istruttore Avanzato. I nostri futuri Maestri! Ma ci siamo dilettati anche in eventi “mondani” come l’incontro con alcune star del cinema italiano appassionate di scacchi che hanno dedicato un pomeriggio a giocare amabilmente con i nostri ragazzi e non. Naturalmente la battuta di arresto con le attività svolte presso le scuole si è sicuramente fatta sentire. Ostia Scacchi infatti vanta una storia all’interno delle realtà scolastiche del X Municipio. L’impossibilità di proseguire ci ha messi a dura prova…gli incontri con i “nostri” ragazzi ci sono mancati. Istituzionalmente invece siamo riusciti a coinvolgere realtà aziendali multinazionali facendole interessare alle nostre attività. Oggi infatti Ostia Scacchi vanta tra i suoi partner ben quattro aziende oltre oceano. Abbiamo deciso di investire anche nella sede. Già avevamo iniziato lo scorso anno cercando di dare quel tocco in più…abbellendo se possibile e rendendo gli spazi ancora più accoglienti. Ma stiamo facendo ancora altro per poter riprendere ad ottobre le nostre attività rispettando le indicazioni di distanziamento e di tutela per tutti i nostri soci. Insomma non siamo stati con le mani in mano ma abbiamo “creato ponti” per il futuro sapendo di poter contare su un gruppo di Maestri coeso e appassionato ed i nostri iscritti che condividono la nostra passione e che non vedono l’ora di tornare in presenza a sfidarsi sulle amate 64 caselle. Che altro dire….non resta che venirci a conoscere e farsi travolgere da questa nostra realtà…sicuramente vi daremo scacco matto!!!

www.ostiascacchi.it

Facebook e Instagram Ostia Scacchi - Asd

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Dott. Roberto Federici Specialista in Chirurgia generale Proctologia

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Il Taiji Quan, più facilmente conosciuto come Tai Chi, vanta delle origini molto antiche ma soltanto negli ultimi decenni le sue virtù l’hanno fatto annoverare tra le migliori discipline per il mantenimento della salute psicofisica: viene infatti da sempre chiamata Arte di Lunga Vita. Molto spesso questa disciplina viene consigliata dal medico, per alleviare i disturbi della colonna vertebrale, le tensioni muscolari o l’osteoporosi. Si è dimostrato molto utile anche per lenire i dolori della fibromialgia e a conferma di ciò e di molti altri benefici (come la regolarizzazione della pressione e l’innalzamento delle difese immunitarie) ci sono numerosi studi scientifici. Le persone che arrivano per lenire qualche acciacco scoprono un mondo lontano e meravi-

movimenti sono collegati alla respirazione. Nell’ultima parte della lezione si studierà la parte più affascinate del taiji quan “la forma” una sequenza concatenata di movimenti che richiamano le posizioni marziali. L’esecuzione dei passi del taiji quan è molto utile nell’aumentare l’equilibrio ed il radicamento mentre la pratica della forma è qualcosa di unico nel suo genere: nella sua bellezza senza tempo assorbe completamente il praticante e rapisce l’osservatore. La scuola del Bozzolo di Seta è guidata dal Maestro Nazzareno De Cave che vanta ventisette anni di insegnamento ininterrotto. Nazzareno è un esperto conoscitore del taiji della famiglia Chen ( il lignaggio più antico ) e dello stile della famiglia Yang ( lo stile della corte imperiale). I corsi sono divisi in tre livelli : principianti, intermedi ed avanzati per poter seguire al meglio gli allievi. Si lavora per piccole classi dove le persone vengono seguite ognuna in base alle proprie necessità e caratteristiche. Dal terzo anno di pratica si inizia lo studio delle forme con armi in particolare la raffinata arte della spada. Tutti gli insegnati della scuola hanno

glioso, celato da un diverso modo di muovere il corpo che apre le porte ad una diversa percezione di sé stessi. Ma perché questa disciplina riesce a sostenere la persona, quali sono le caratteristiche che la rendono così particolare? Il Taiji nasce come arte marziale appartenete agli stili interni del Kung Fu. Quello che però è stato maggiormente portato in Italia non riguarda tanto il combattimento quanto le azioni benefiche sul corpo e sulla mente. I suoi movimenti sono distensivi ed anti stress, il corpo acquisisce flessibilità e grazie ai suoi movimenti ampi e lenti abbinati con il respiro. Questo permette di essere approcciato da tutti dai dieci anni in su!

seguito un lungo percorso di formazione e sono rico-nosciuti dal Coni. I corsi si tengono il lunedì mattina alle 9,30 ed alle 11,00 ed il martedì pomeriggio alle 17,45 ed alle 19,15, la frequenza è di una volta la settimana. Le classi sono a numero chiuso nel rispetto delle normative per il contenimento del Covid19. Da venerdì 17 ottobre nuovo corso Taijii principianti dalle ore 17,30 alle 18,45 Per partecipare alla lezione è necessario chiamare il 3453836529. Quando il tempo lo permetterà le lezioni saranno tenute all’aperto nel parco di via Giuseppe Viner per godere degli spazi aperti e beneficiare del rapporto con la natura. La filososfia orientale non sostituisce la pratica medica alla quale è rimandata la salute e la cura della persona

La lezione viene scandita in momenti precisi: la prima parte è dedicata al rilassamento attivo in piedi, questo è un momento molto importante perché svolge un importante ruolo di riallineamento posturale propriocettivo. La posizione di base del taiji è particolarmente indicata per allungare la colonna vertebrale e scaricare il peso sulle gambe donando maggiore stabilità. La posizione di base del taiji si rivelerà molto utile da assumere ogni volta che sentiremo la necessità di alleggerire la colonna o ci sentiremo contratti, comoda da assumere quando siamo costretti in una fila, o sui mezzi pubblici. La seconda parte è dedicata alla ginnastica medica cinese (relativa alla medicina cinese, la stessa dell’agopuntura) per un’azione di scioglimento articolare e riequilibrio energetico i


Un posto tranquillo a cura di Giulia Migani

Dott.ssa Giulia Migani Psicologa, Psicoterapeuta, Analista transazionale socio-cognitiva Mediatore Feuerstein Basic e Standard I livello Associazione Hikikomori Italia Onlus - Area psicologica Referente Roma Sud info e contatti; giuliamigani@yahoo.it tel. 338.38.39.479

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Ha scalato velocissimamente la classifica dei film più visti su Netflix. Tutti ne parlano e molti ne scrivono. A me ne ha parlato un giovane paziente in seduta, turbato da quanto ascoltato e visto. Per cui non ho potuto fare a meno di vederlo io stessa, con attenzione. “The Social Dilemma” è un docufilm del regista Jeff Orlowski, che racconta i pericoli dei social network e i cambiamenti che stanno generando nella nostra società. Tutti ce ne rendiamo conto: pensieri e gruppi estremisti, fake news, teorie complottiste, diffusione di haters… sono fenomeni che conosciamo. Orlowski fa spiegare tutto questo proprio ai personaggi che hanno progettato Facebook, Google, Instagram, Twitter, Pinterest e altre piattaforme, che hanno creato gli smartphone che possediamo e poi li hanno riempiti di contenuti per cui non possiamo smettere di tenerli sempre in mano. Raccontano che inizialmente intendevano i social come “una risorsa al servizio del bene” e che essi hanno effettivamente creato delle cose meravigliose, per esempio riunendo famiglie lontane o aumentando la solidarietà in numerosi ambiti, dalla donazione di organi alla ricerca dell’animale domestico smarrito… ma in seguito qualcosa è accaduto: “Eravamo partiti con altre intenzioni, poi la situazione ci è sfuggita di mano”. In estrema sintesi cosa afferma “The Social Dilemma”? Che, per interessi economici, i colossi della Silicon Valley, che tanto tempo fa creavano e vendevano software e prodotti per i computer, adesso hanno cominciato a vendere un altro tipo di prodotto, e cioè gli utenti, le persone. Noi. In che senso? Nel senso che “vendono” i nostri interessi, preferenze, emozioni, tempo e, infine, personalità. Come? Attraverso l’elaborazione di sofisticatissimi algoritmi, che hanno come obiettivo finale quello di “tenere le persone incollate allo schermo il più a lungo possibile” e così generare guadagni e che, per raggiungere questo scopo, sono in grado di leggere, memorizzare e riproporre i dati più attrattivi e coinvolgenti per noi tutti. La frase che più emotivamente impatta, vedendo il documentario, è proprio questa: “Se non stai pagando per il prodotto, allora il prodotto sei tu”. E’ la nostra atten-

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zione il prodotto. Ricordate The Truman Show? Viveva in una vita-fiction creatagli intorno, totalmente inconsapevole di essere il “prodotto” che veniva venduto nel più grande reality mai realizzato. In teoria, oggi, siamo tutti un po’ come lui: indifese marionette nelle mani dei potenti elaboratori di algoritmi che ci “dirigono”, ci manipolano. Il docufilm mostra come tutto ciò avvenga; la manipolazione del comportamento umano è un meccanismo studiato con chirurgica precisione che funziona in questo modo: raffinati algoritmi prima coinvolgono l’utente proponendo cose che gli interessano, poi lo incollano allo schermo in una sorta di incantesimo da cui non riesce a uscire, usando le strategie di tecnologia persuasiva. Si chiama rinforzo positivo intermittente ed è lo stesso principio delle slot machine: si tira giù la leva, si aggiorna e compare il contenuto che più ci interessa. Il cervello è gratificato dal piacere che prova e quindi ripete l’azione ancora e poi ancora, per continuare a provare piacere. E mentre siamo “ingaggiati” a dare attenzione

ai contenuti piacevoli e impieghiamo il nostro tempo in questo scorrimento infinito, il social network propone e vende pubblicità. L’algoritmo ha raggiunto l’obiettivo: ci propone contenuti interessanti, ci costringe a vederli inviandoci continue notifiche che non possiamo fare a meno di “aprire”, poi tenta di influenzarci proponendocene altri similari e, un passo per volta, diventiamo prede ambite da propagandisti e inserzionisti. In questo articolo non intendo in realtà fare una recensione al documentario di Netflix. Ci hanno già pensato: lo hanno criticato definendolo un fallimento, un’occasione sprecata, un film di denuncia che utilizza per pubblicizzarsi lo stesso sistema che poi denuncia, per cui siamo “costretti” a guardarlo, un documentario brutto, riduttivo e semplicistico. Il mio intento è raccontare la mia esperienza, la mia riflessione: la frase che più mi ha colpito è stata quella pronunciata da Jaron Lanier, uno dei creatori della realtà virtuale e adesso acceso oppositore, autore del libro


“Ten arguments for deleting your social media accounts right now” (“Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”) il quale afferma che è un po’ semplicistico affermare che il prodotto siano le persone e la loro attenzione: “è il graduale, impercettibile cambiamento del tuo comportamento e della tua percezione ad essere il prodotto. E questo il prodotto, non c’è nient’altro in ballo, è l’unica cosa dalla quale possano trarne profitto”. E se un tale sottile livello di manipolazione nel cambiamento di percezione e comportamento può essere considerato in parte trascurabile qualora spinga me, adulta, ad acquistare la borsa di una marca piuttosto che di un’altra, diventa preoccupante quando “il cambiamento di percezione e comportamento” riguardi magari persone poco equilibrate che possano trasformarsi in stalkers o haters di qualcuno o, ancor più, ragazzi e adolescenti, fragili camminatori di un percorso già così difficile verso la ricerca e costruzione di una integra, solida, congruente identità. Coloro che hanno talmente bisogno di piacere per potersi piacere da soli, di essere riconosciuti per riconoscersi loro stessi, di appartenere per potersi identificare… che… dove vanno oggi a cercare tutto questo? Nei social, appunto. Nei commenti ai post e alle storie, nei like ricevuti, nei followers… ricompense a breve termine che confondiamo con il valore e la verità. In una società dove l’attribuzione di senso e valore sembra essere sempre più ancorata ai concetti contrapposti di vincente/perdente, l’essere IN oppure OUT è dunque determinato dal successo che ci viene riconosciuto dai social. Essi sfruttano la vulnerabilità della psicologia umana facendo leva su uno dei bisogni più profondi dell’individuo: piacere, essere riconosciuto, essere parte di. Tutti abbiamo ormai accettato che la risposta/conferma ai nostri bisogni ci arrivi dai social. Anche noi adulti,

siamo sinceri: se pubblico la foto di una torta che ho cucinato, di sicuro andrò a controllare quanti Like ci sono sotto la mia foto. E’ quella che viene chiamata ricompensa dopaminergica (ne scriverò meglio prossimamente), di cui abbiamo talmente necessità da diventarne dipendenti. Proprio riflettendo su tutto ciò, sono rimasta turbata dal momento del film in cui si parla dell’aumento di casi di depressione e ansia negli adolescenti statunitensi e vengono presentati dati preoccupanti: dal 2010/2011, sono aumentati del 62% i casi di ricovero per comportamenti autolesionistici nella fascia dai 15 ai 19 anni e del 189% nella fascia dai 10 ai 14 anni; anche i casi di suicidio sono cresciuti in modo esponenziale: del 70% dai 15 ai 19 anni, del 151% tra i 10 ai 14 anni. Solo colpa dei social? Forse concorrono altre cause, come la crisi economica, della società, della famiglia… però è un dato che inquieta profondamente e la mia sensazione è che sia strettamente legato proprio alla nascita e crescita dei social. Perché se prima non piacevamo o eravamo presi in giro dai compagni di classe era sì doloroso, ma contenuto e in qualche modo si superava. Adesso invece il discorso è enormemente amplificato: esiste il cyber-bullismo, terrificante perché la violenza

(fisica e psicologica) può arrivare da qualunque parte, da chiunque, impossibili da identificare e da contenere con delle difese. Facebook & Co. hanno creato un mondo dove (soprattutto per i giovani) se non sei apprezzato sui social automaticamente significa che non hai valore e se sei preso di mira l’unica cosa che puoi fare è sparire, toglierti di mezzo. Una delle frasi più forti del docufilm è questa: “Ci siamo evoluti in modo che ci interessi il parere delle persone della nostra tribù, perché è importante. Non ci siamo evoluti per ottenere l’approvazione sociale di diecimila persone ogni cinque minuti…”. Che però è quella di cui non possiamo più fare a meno. Se ne può uscire? Gli ultimi minuti del film lanciano dei messaggi di ottimismo e qualche suggerimento. Il primo è che i legislatori prendano in mano la situazione e che si arrivi ad una regolamentazione che possa invertire la rotta. Ma, in attesa che questo avvenga, qualcosa possiamo farla anche da soli. Prima cosa: consapevolezza. Informiamoci e diventiamo consapevoli di cosa stiamo usando e come lo stiamo usando. Seconda cosa: educazione. Educhiamo soprattutto i più giovani ad un uso monitorato, moderato e consapevole dei social. E poi interroghiamoci… se i ragazzi sono tanto attratti dai contenuti delle varie piattaforme non sarà anche perché non trovano da altre parti (per esempio in famiglia) momenti e situazioni da cui sentirsi attratti? È solo una provocazione… però sentendo quanti dei miei giovani pazienti mi dicono che non hanno niente di cui parlare con le loro famiglie, un piccolo dubbio mi viene… Infine, per quanto riguarda “The Social Dilemma” … va visto? Oppure no per appunto “opporci” al fatto che siamo “spinti” a guardarlo”? A voi la scelta… libera? Forse non del tutto ma, almeno, consapevole.

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NEWS

Municipio X a cura di Emanuela Sirchia

Casa della Cultura

un luogo pubblico per imparare e praticare le Arti

Avviato il percorso partecipativo per la creazione di uno spazio multifunzionale Un luogo dove poter convogliare tutte le realtà del Municipio X che si adoperano per la promozione della Cultura intesa come conoscenza delle Arti e dei mestieri che ruotano attorno alla musica, al teatro e all’arte. La Casa della Cultura vuole essere tutto questo: uno spazio pubblico, un laboratorio di idee e di iniziative per soddisfare la richiesta dei cittadini del territorio. E quanto interesse abbia suscitato il progetto lo si è visto venerdì 11 settembre, nel corso dell’assemblea pubblica che si è tenuta al Parco XXV novembre 1884 ad Ostia. Un incontro al quale hanno preso parte un centinaio di persone in rappresentanza di numerose associazioni.

Quello appena avviato è un percorso partecipativo che si deve in primo luogo all’acquisizione, da parte dell’Amministrazione lidense, della location: l’ex Chiquipark di via Calenzana ed ex Mercato agroalimentare San Fiorenzo nel quartiere Stella Polare. Un percorso tormentato quello di questa struttura che dopo la dismissione del plateatico è stata occupata e solo dopo la conversione in Punto Verde Qualità è stata trasformata in uno spazio ludico. Risolta anche la questione del PVQ, e dopo una serie di atti amministrativi, l’edificio è diventato comunale a tutti gli effetti con una delibera approvata all’unanimità dal Parlamentino lidense nel dicembre 2019 e, da quel momento, è partito l’iter progettuale, bloccato in primavera a causa della pandemia. “Per l’Amministrazione - ha spiegato la Presidente del Municipio X Guliana Di Pillo in sede di Assemblea - sarebbe stato molto semplice fare un bando e attendere il vincitore. Non è così. Questa è una idea che nasce dalla grande richiesta di spazi dove svolgere attività culturali; ognuno deve mettere la propria idea che insieme, con altri incontri, cercheremo di valutare, dando una veste finale. La Casa della Cultura non sarà un luogo da dividere in tanti ambiti, dove ognuno si prende la parte sua. Dovrà essere gestito in maniera pubblica, dove il cittadino potrà entrare e godere delle iniziative. Che sia un ambito di integrazione - ha specificato Di Pillo- dove ragazzi disabili possano studiare ed in imparare insieme agli operatori dei laboratori culturali”. Numerose le proposte avanzate sia verbalmente che con il supporto di un modulo distribuito ai presenti. E numerose quelle giunte via mail. Tutto sarà al vaglio di tavoli tecnici appositamente istituiti al quale prenderanno parte anche i componenti della Consulta per la Crescita Culturale, un Organismo municipale, fucina di idee e proposte come è logico che sia per un bene comune quale è la Cultura.

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Vivaio Municipale dal sogno alla realtà

Sorgerà nella zona Madonnetta e sarà un luogo dove studiare le piante per conoscerle e rispettarle Uno dei Municipi più verdi della Capitale dove parchi e giardini non si contano tanto sono numerosi. E ai quali fa da cornice la pineta di Castelfusano, patrimonio inestimabile. Come inestimabile è il valore delle aree presenti nei vari quartieri del Municipio X. Da questo punto di vista, in questi ultimi anni, oltre alla ristrutturazione e riapertura di numerosi parchi preclusi da tempo come ad esempio quello situato davanti alla stazione del Lido Centro. Il giardino dedicato a Paolo Orlando ha trovato nuova vita lo scorso dicembre. Esempio di cantieri aperti recentemente, quello di Stagni di Ostia che si chiamerà “dei Girini”. Tra gli spazi da recuperare, con progetti già avviati, il Clemente Riva, situato al centro di Ostia. Tra i progetti dell’Amministrazione lidense ce ne è uno particolarmente interessante che rivoluzione l’idea di spazi da vivere all’insegna del verde. Il Vivaio municipale, come spiega il vice Presidente ed Assessore all’Ambiente, Territorio e Sicurezza Alessandro Ieva, sarà un ambito dove poter costruire insieme un’dea che abbracci la conoscenza e la vita delle piante e, allo stesso tempo, un laboratorio dove poter assistere a corsi specifici così da conoscere le varie tipologie di fiori, piante grasse etc… Non si tratta di un vivaio inteso come insieme di piante soltanto da vedere ma di un vero e proprio Centro di Educazione Ambientale (CEA). E c’è di più, sarà anche la nuova sede del Servizio Giardini municipale. Insomma, una rivoluzione pubblica che consentirà di creare un filo diretto tra cittadini ed Amministrazione e che, grazie alla conoscenza porti alla cultura ed al rispetto del verde. L’area individuata è quella situata in zona Madonnetta dove è lo spazio acquisito dal Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale e dove peraltro esisteva un vivaio a gestione privata. Del progetto a vasto raggio fa parte il coinvolgimento delle scuole, dei singoli cittadini, dell’Osservatorio Ambientale Municipale. Ed ancora, come ha annunciato l’Assessore Ieva, un luogo dove ognuno possa donare una pianta o un albero che avrà nuova vita nei parchi del nostro territorio e che porterà proprio il nome del donatore. Un sogno che diventa realtà.


Tablet Viaggi di Luca Santagà

ph di Antonietta La Rocca

APPREZZAMI L’ ASINO! A volte sono proprio felice di sbagliarmi. Quando spengo il motore dell’auto e mi affaccio alla reception penso: non è possibile che nulla sia cambiato, ma già trovare Mimmo seduto alla scrivania con un gran sorriso mi fa stare meglio. Sono a casa. O meglio, sono nel mio rifugio preferito lontano da casa. Il Camping Acapulco è il posto dove ho i più bei ricordi della vita, e che si ostina, nonostante il resto del mondo lo faccia, a non cambiare mai. Siamo ai confini meridionali del Parco Nazionale del Cilento, nel Golfo di Policastro. A poco più di quattro ore di macchina dalla Capitale esiste questo angolo di paradiso, che i primi giorni di settembre è semideserto e quasi tutto per noi. La rituale passeggiata dalla reception fino allo chalet che Mimmo ci riserva tutti gli anni proprio in riva al mare, ci consente di scambiare due chiacchere. Io sono felice come un bambino in una pasticceria e mi piace pensare che lui mi consideri un amico e non un cliente. Ci conosciamo da una vita. Ulivi secolari ombreggiano il campeggio silenzioso e ne approfittiamo subito per fare il primo di una lunga serie di bagni nel mare calmo e cristallino. Lo sguardo corre subito alle montagne che ci circondano. A sinistra occhieggia lontano il Cristo di Maratea, a destra lo sguardo si ferma su Punta degli Infreschi. Noi siamo giusto nel mezzo, su una spiaggia di ciottoli infinita e tranquilla. Quest’anno, Antonietta ed io abbiamo deciso di camminare. Vogliamo esplorare a piedi quei posti che vediamo da lontano, mentre siamo stesi sotto l’ombrellone, così ci informiamo sui sentieri più belli,

che portano a spiagge con nomi intriganti come Canale di Mezzanotte o Spiaggia degli Angeli. Siamo incuriositi dal nome del sentiero che percorreremo tra poco e appena parcheggiata l’auto nel porto di Sapri ci viene svelata la crudele storia di questa antica via sospesa tra rocce e mare. “Apprezzami l’asino” effettivamente è un nome curioso. La prima parte di esso è un vialetto ombreggiato nella macchia mediterranea, con numerose panchine affacciate sul golfo e che alcune indicazioni definiscono “Sentiero degli Innamorati”. Più avanti il cammino si fa impegnativo: il sentiero serpeggia a picco sulla scogliera. La bellezza e la pace di questo posto ci obbliga a fermarci ogni pochi metri per fare qualche foto, ed a riflettere su ciò che succedeva qui nell’antichità: la storia narra che quando lo stretto sentiero era l’unica via di comunicazione tra Acquafredda e Sapri, poteva capitare che due viandanti, con i rispettivi asini carichi di merci si incontrassero frontalmente. Come è noto, gli asini non si muovono all’ indietro e quindi la prassi prevedeva che all’animale in peggiori condizioni, o più anziano venisse dato un prezzo, e una volta trovato l’accordo tra i due viandanti, lo sfortunato asino veniva scaricato dalle merci e gettato dalla scogliera per consentire all’altro di passare. Terrificante. Istintivamente, guardiamo giù e vediamo solo acqua trasparente ma devo confessare che siamo turbati al pensiero che un luogo così bello sia stato anticamente teatro di tanta crudeltà. Continuiamo in silenzio, persi nei nostri pensieri fino al Canale di Mezzanotte: un piccolo fiordo largo appena pochi metri e con una deliziosa spiaggetta di

ciottoli. Un bagno ristoratore e poi indietro verso il nostro chalet. In totale abbiamo camminato per circa tre ore sotto un sole gagliardo ma ogni volta che il sentiero si avvicinava al mare ne abbiamo approfittato per stemperare il calore entrando in acqua. Spensierata e diversa l’ esperienza del giorno successivo. Abbiamo cambiato versante: ora siamo nei pressi di Scario e vogliamo arrivare alla spiaggia della Molara. Lasciata la cittadina, si sale su un facile sentiero verso Torre Spinosa, dopo qualche chilometro di cammino la si supera, e si gira a sinistra, in ripida discesa che fortunatamente è provvista di gradini di legno e che ci traghetta su una delle più belle spiagge che abbia mai visto. Una freschissima grotta che chiude la spiaggia sulla sinistra, è la cosiddetta ciliegina sulla torta. Percorso facile, adatto a tutti e nemmeno tanto faticoso. Camminate nel verde alternate a bagni in spiagge meravigliose. Ecco il trekking leggero nel Golfo di Policastro. I pochi giorni di vacanza scorrono con rapidità impressionante ma quest’anno, con Mimmo siamo d’accordo che ci vedremo anche in primavera. Ed io già non vedo l’ora. Paradiso Acapulco, aspettaci!

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Tablet Scuola a cura di Diana Di Sebastiano

Continuità, appartenenza e comprensione Gioia, ansia, preoccupazioni. Sono tante le emozioni che hanno accompagnato questo anomalo inizio di un nuovo anno scolastico, condizionato dalla persistente presenza del coronavirus; settembre è stato un mese particolarmente caldo: il rientro a scuola è stato complesso per tutti, alunni, famiglie, Dirigenti Scolastici, insegnanti e personale ATA: ci siamo trovati di fronte a disposizioni sanitarie e rigidi protocolli da rispettare, soluzioni organizzative inusuali e regole di distanziamento che hanno ridefinito molti aspetti della vita di ognuno di noi. Il cambiamento determinato dal coronavirus, anche nella scuola, ha avuto un impatto molto forte sulla quotidianità che ha reso tutti più fragili, ansiosi e apprensivi. La scuola dovrebbe essere il luogo in cui turbare culturalmente le menti dei giovani e infiammare il loro intelletto. In tempi di Covid, le menti sembrano turbate piú dalla paura che dalla cultura. La confusione organizzativa che ha caratterizzato i giorni precedenti l’avvio delle lezioni permane nel sistema e, a distanza di alcune settimane dalla riapertura della scuola, molti ancora sono i dubbi che permangono riguardo l’efficacia dei provvedimenti presi per assicurare una ripresa in sicurezza. Agli antichi e drammatici problemi che la scuola si trascina, oggi se ne aggiungono di nuovi, formando una miscela che rischia di infiammare il precario sistema dell’istruzione.

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Dal canto suo la scuola ha dato davvero il massimo in questi mesi; in alcuni istituti l ’o r g a n i z z a z i o n e interna - seppure con gli scarsi mezzi a disposizione - è stata impeccabile: segnaletica ovunque, distanziamento fra gli alunni garantito, massima attenzione alla pulizia, orari di ingresso ed uscita differenziati per evitare assembramenti; tutto è stato definito e protocollato per garantire un’efficace gestione della scuola. Organizzazione non vuol dire però ritorno alla scuola di prima. Nulla è come prima. La mensa, per alcuni alunni, sarà quasi sempre in classe; la condivisione dei materiali, comune in tutte le scuole, non ci sarà più, non ci saranno i progetti, i laboratori, le uscite didattiche e gli scambi culturali. Ed è in questo contesto che la scuola riveste un ruolo sempre più importante: i soggetti più vulnerabili sono gli alunni e riconoscere i loro bisogni risulta fondamentale da parte delle istituzioni scolastiche. In primis il bisogno di continuità, in quanto un’emergenza come questa è la rottura di un equilibrio. Si ha il bisogno di ristabilire una quotidianità per sentirsi di nuovo protetti e non

aver timore del futuro, percepito come incerto nel caos stesso dell’emergenza. Gli insegnanti hanno così il ruolo di far sentire che la vita riprende ed i bambini e i ragazzi possono vivere loro giornata e la loro quotidianità in maniera positiva. A questo bisogno si aggiunge il bisogno di appartenenza e di fiducia: sentirsi parte di un gruppo, rafforzare il legame con la scuola, sentirsi accolti e protetti diventa un must se si vuole superare l’emergenza. Non ultimo va considerato il bisogno di ascolto e comprensione: spesso le emergenze ci fanno sentire impotenti e dover interiorizzare nuove regole, se non adeguatamente spiegate e condivise, diventa difficile e a volte fonte di rabbia e frustrazione. Il cambiamento a cui siamo chiamati richiede adattamento, un adattamento rapido e consapevole, un cambiamento che si può avere uniti per essere più forti. La parola chiave è dunque cooperazione e comunicazione; ed è questa l’unica via per trasformare la nostra vulnerabilità in una risorsa positiva.


L’Avvocato risponde

a cura dell’Avvocato Federica Lorenzetti lorenzettiavv@gmail.com tel. 06.56.30.52.41

Il diritto dei nonni. Salve a tutti e ben ritrovati all’interno di questo sportello. Questo mese voglio parlarvi del diritto di visita dei nonni in favore del minore/nipote ad esclusiva tutela del diritto ad avere un rapporto continuativo con i propri ascendenti. Il Legislatore, precisamente, se ne occupa nell’articolo 317 bis del codice civile il quale sancisce come gli ascendenti (nonni) abbiano diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. Di conseguenza, l’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto, può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore (presso il Tribunale per i Minorenni) affinchè siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. “I provvedimenti sono adottati su ricorso al Tribunale per i minorenni competente; il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero; dispone, inoltre, l’ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.” Tale riconoscimento, ad avviso di chi scrive, ben rispecchia una giusta evoluzione sociale ove anche ai nonni, spesso concreti attori/protagonisti

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nell’accudimento e nella crescita dei propri nipoti, è stato riconosciuto dalla normativa un diritto cristallizzato a tutela del prezioso rapporto parentale. La Suprema Corte ha, invero, avuto occasione più volte di affermare che “il genitore, nel corretto esercizio della potestà sul figlio minore, non può, senza plausibile ragione in relazione al preminente interesse del minore medesimo, vietargli ogni rapporto con i parenti più stretti, quali i nonni, tenuto conto del potenziale danno a lui derivante dall’ostacolo a relazioni affettive che sono conformi ai principi etici del nostro ordinamento, ove mantenute in termini di frequenza e di durata tali da non compromettere la funzione educativa spettante al genitore stesso. Pertanto, a fronte di un siffatto comportamento, deve riconoscersi a detti nonni la facoltà di ricorrere al giudice per conseguire un provvedimento che assicuri loro un rapporto con il nipote, sia pure nei limiti sopra specificati e sempreché non vengano dedotte e provate serie circostanze che sconsiglino il rapporto medesimo”. Ciò che viene dunque riconosciuto, finalmente, è la salvaguardia dell’interesse del minore a non essere privato nel suo percorso di crescita e formazione dell’apporto e della frequentazione degli ascendenti, poiché i nipoti hanno diritto a frequentare i nonni, soprattutto quando hanno con gli stessi relazioni significative e durature nel tempo. Il bagaglio di memoria e di affetto di cui i nonni sono portatori va dunque non solo preservato, ma valorizzato e distinto da quello genitoriale, anche in situazioni di particolare difficoltà, ed ove necessario con l’aiuto di personale esterno. Allo stesso tempo, gli ascendenti sono tenuti a provvedere al mantenimento dei nipoti nell’ipotesi in cui i genitori non siano in grado di farlo, equiparando così, per quanto possibile e con le dovute e disciplinate differenziazioni, il ruolo e l’importanza del ramo parentale in funzione dell’interesse supremo di tutelare i minori ed i loro inviolabili diritti.

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Scadenzario Fiscale Anna Maria De Calisti commercialista

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La prima scadenza è il pagamento dei contributi per i datori di lavoro domestico. Il pagamento che va dal 1° ottobre al 10 ottobre, secondo la nuova circolare Inps, potrà essere versato esclusivamente secondo le seguenti modalità: a) rivolgendosi ai soggetti aderenti al circuito “Reti Amiche” (tabaccherie); b) online sul sito internet “www.inps.it”, nella sezione Servizi on line – Elenco di tutti i servizi - Pagamento contributi lavoratori domestici; c) telefonando al Contact Center 803.164, tramite utilizzo di carta di credito; d) utilizzando il bollettino MAV. Lo Studio rammenta, che anche per l’anno 2020 l’INPS ha suddiviso i contributi per i datori di lavoro domestico in due tabelle scindendo il tipo di contratto applicato da tempo indeterminato a quello a tempo determinato con l’aggiunta del contributo addizionale. Lo Studio rende noto che avendo dipendenti o collaboratori occasionali, la scadenza del 16 ottobre prevede: IRPEF, Ritenuta d’acconto, contributi INPS. Inoltre, entro il 16 ottobre coloro che sono titolari di Partita Iva e si trovano sotto un regime IVA mensile dovranno effettuare il versamento. Si prosegue poi con la scadenza del giorno 16 ottobre per coloro che hanno deciso di rateizzare i versamenti che derivano dalla Dichiarazione dei Redditi 2020 ed Irap 2020 (anno d’imposta 2019). Pertanto, coloro che sono in possesso di partita IVA , dovranno effettuare il versamento riguardo Irpef, Irap, Ires, Iva, eventuale acconto della cedolare secca sugli immobili dati in affitto.

non ha potuto pagare omettendo imposte e ritenute (non versate o versate in misura insufficiente entro il 16 settembre 2020), con l’opportuno 16 Chi calcolo può ravvedersi entro il 16 ottobre. il 20 ottobre si dovrà pagare in unica soluzione l’imposta di bollo relativa alle fatture elettroniche emesse nel terzo trimestre dell’anno riportando 20 Entro nel pagamento la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo ai sensi del D.M. 17 giugno 2014. Inoltre entro il 20 ottobre i possessori di Partita IVA dovranno trasmettere in via telematica la dichiarazione trimestrale IVA riepilogativa delle operazioni effettuate nel trimestre precedente e contestuale versamento dell’Iva dovuta in base alla stessa. L’obbligo di comunicazione sussiste anche in caso di mancanza di operazioni nel trimestre.

il 26 ottobre i contribuenti potranno presentare attraverso i Caf e gli Intermediari il Mod. 730/2020 integrativo a modifica di quello originario 26 Entro come da disposizioni vigenti. Inoltre con la scadenza del 26 ottobre coloro che ne sono soggetti, dovranno presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat.

informano i lettori che il 30 ottobre è possibile regolarizzare i versamenti di imposte non effettuati o effettuati in misura insufficiente entro il 30 30 Sisettembre 2020, con maggiorazione degli interessi legali e della sanzione ridotta a un decimo del minimo (ravvedimento breve).

Scade il 31 ottobre 2020 il termine per l’invio della dichiarazione dei sostituti d’imposta modello 770/2020 (periodo d’imposta 2019) tale scadenza slitterà al 2 novembre 2020.

Lo Studio offre servizi di consulenza del lavoro

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