Tablet Roma Ottobre 2015

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IDROKINESITERAPIA FISIOTERAPIA IN ACQUA

L’idrokinesiterapia è una prestazione riabilitativa basata sul movimento in acqua a temperatura controllata. Essa sfrutta l’effetto antidolorifico e decontratturante dell’acqua calda che, unito alla maggiore semplicità del movimento dovuta alla diminuzione del 90% del peso corporeo sulle articolazioni e sulla colonna vertebrale, permette di curarsi in un ambiente rilassante e controllato. La temperatura dell’acqua combinata con la ridotta forza di gravità favoriscono il rilassamento muscolare innalzando la soglia del dolore e migliorano l’irrorazione sanguinea con evidenti benefici per il sistema muscolo articolare e neurologico.

Chi deve sottoporsi a idrokinesiterapia? La fisioterapia in acqua è consigliata a chi segue programmi riabilitativi-fisioterapici, sia per quanto riguarda il recupero da patologie ortopediche che neurologiche. Per quanto riguarda le patologie ortopediche il trattamento può essere intrapreso in fase precoce, onde evitare complicanze date dall’immobilità prolungata. Nel caso delle patologie neurologiche il trattamento viene adattato a quelle che sono le necessità del paziente e l’obiettivo diventa migliorare equilibrio e coordinazione, riducendo anche la spasticità (aumento del tono muscolare originato da una lesione del cervello o del midollo spinale).

Quando sottoporsi ad idrokinesiterapia? - nel contesto di programmi riabilitativi - dopo interventi chirurgici neurologici ed ortopedici - per riprendere in maniera corretta i movimenti spontanei - dopo lunga immobilità o in caso di sovrappeso - nelle patologie ortopediche croniche o post acute - nelle patologie neurologiche croniche o post acute

Quali sono i risultati ottenuti? I risultati sono evidenti da subito: - rilassamento muscolare - sollievo dal dolore -mantenimento o miglioramento della mobilità articolare - recupero della deambulazione -miglioramento della circolazione arteriosa e linfatica - aumento della forza muscolare - riduzione del peso corporeo in pazienti in sovrappeso

La riabilitazione in acqua viene inoltre spesso associata alla normale riabilitazione fuori acqua; questa associazione permette di ottenere risultati più durevoli con meno componenti traumatiche durante il trattamento.

Che differenza c’è tra idrokinesiterapia e acquagym? La prima è un’attività riabilitativa e la seconda è un’attività sportiva. Nell’idrokinesiterapia la temperatura della piscina, differentemente da quelle comuni, è controllata tra i 32° e i 34°, questo aiuta ad alleviare il dolore, riducendo lo spasmo muscolare e favorendo la distensione. Il paziente in acqua si muove con agilità e disinvoltura, di conseguenza anche da un punto di vista psicologico acquisisce fiducia migliorando sensibilmente i margini di guarigione. Il rapporto terapista/paziente deve essere, soprattutto all’inizio, estremamente personalizzato, in modo da poter svolgere esercizi mirati e controllare da vicino eventuali posture scorrette. Gli esercizi devono essere modulati sul paziente e non possono essere uguali per tutti. Inoltre i controlli dell’acqua richiesti per le piscine riabilitative con autorizzazione sanitaria sono a garanzia del paziente, per evitare complicanze in fase riabilitativa.

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Hanno collaborato a questo numero Alessandra Bassetti, Giorgia Conti, Annamaria De Calisti, Lanfranco Di Paolo, Barbara Donzella, Valentina Ecca, Massimo Gallus, Simona Gitto, Cristina Ippoliti, Federica Lorenzetti, Marco Lungo, Giulia Migani, Veronica Militano, Lorenzo Sigillò, Emanuela Sirchia, Laura Ventura, Antonietta Zorzi

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TABLET ROMA

ANNO 3 NO 32 OTTOBRE SOMMARIO

Sara Papa il pane vivo

Primo Piano 9-11

Alla scoperta della birra

Vini Oli E Birra 18 La sfida della corsa in terra straniera!

Tablet Run 23 Il gruppo sanguigno, la chiave che chiarisce i nostri malesseri …

Benessere 30 Vivere in campagna. E perché non lavorarci?

Città Dei Mestieri 50



[Editoriale] La caduta degli dei Da qualche giorno è sulla bocca di tutti. Lo scandalo Volkswagen che coinvolge il mondo intero ha dell’incredibile. Incredibile perché è una truffa continuativa (almeno dal 2009) e scientifica. Vale a dire che il management della casa automobilistica di Wolfsburg ha immesso sul mercato automobili che non solo inquinano più del dovuto, ma montano una centralina elettronica appositamente programmata per nascondere il grado effettivo d’inquinamento. Di scandali, dove più gravi e dove più lievi, ce ne sono stati, ce ne sono tuttora e sempre ce ne saranno in un mondo che volge le sue maggiori attenzioni al profitto. Riesce pur tuttavia difficile immaginare che a perpetrare scandali di tali dimensioni e gravità siano uomini di una Nazione, quella tedesca, che ha fatto da sempre del rigore, della serietà e della qualità la propria identità e il proprio biglietto da visita. Paradossalmente il vero scandalo è questo! Un popolo che ragiona in ogni contesto internazionale con rigidità teutonica e che fa le barricate attraverso il proprio ministro dell’economia, Wolfgang Schäuble, quando si parla di flessibilità del lavoro, di aiuti ai profughi che fuggono dalla guerra, d’investimenti per il rilancio dell’economia pan-europea che però, escluderebbero la Germania poiché - unica in Europa - si trova in un florido momento congiunturale anche grazie alla vendita di milioni di auto del marchio nazionale più famoso, benché realizzato con truffe subliminali ai danni degli altri Stati membri della UE (e non solo). Eh già. Qualcosa da oggi si è davvero rotto irreparabilmente. Il tedesco dovrà scendere da quel piedistallo che egli stesso aveva contribuito a crearsi guardando gli altri dall’alto in basso, forse seguendo inconsciamente le parole del proprio inno nazionale: “ Germania sopra tutti “! Dispiace vedere una caduta così rovinosa da essere ricordata per generazioni, checché ne dica la cancelliera Merkel, minimizzando. In fondo l’Unione europea si basa “anche” e non “solo” sulle forze della Germania. Ma a questo punto, visto che non siamo poi così diversi, se la “locomotiva Italia” con tutti i suoi conclamati pregi e difetti, si trovasse a guidare oltre che culturalmente anche economicamente i 28 Paesi della UE, non dovremmo scuotere più di tanto le suscettibilità dei Paesi del centro e nord Europa! Il mondo cambia. Noi stiamo cambiando con riforme richieste dall’Unione europea ma mai realizzate negli ultimi trent’anni. I tedeschi cambiano, adeguandosi alle deprecabili furbizie levantine, per mietere ancora più successi, senza che ce ne sia effettiva necessità. Ed ora, a parte le multe miliardarie che la Volkswagen dovrà pagare a mezzo mondo, è giusto ripartire miscelando un po’ le origini ed il modus operandi dei diversi popoli europei, con la creazione, finalmente, degli Stati Uniti d’Europa, unici, forti e solidali. Solo così potremo dimenticare, accettando al tempo stesso i grandi pregi e le (ahimé grandi) debolezze di ciascuno, fuse in un solo denominatore comune: “Europa über alles”. Il Direttore, Stefano Quagliozzi

TABLET Roma. Periodico a distribuzione gratuita iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Roma al n°296/2012 del 19.10.2012

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[Primopiano]

elaborate, causa il diabete e malattie cardiovascolari, e ci rende intolleranti, ormai non sappiamo nemmeno l’origine effettiva di quello che ingeriamo. Molto spesso le intolleranze sono dovute all’uso sfrenato di pesticidi e diserbanti che vengono assimilati dalla terra e a cui le piante diventano resistenti, e questa resistenza rende necessario un maggior uso di trattamenti. Ecco perché il nostro organismo si difende rendendoci allergici alle farine e al lievito.

Il PANE è buono quando è “VIVO” Massimo Gallus incontra Sara Papa

Lievito Madre Vivo, è il suo ultimo libro edito da Gribaudo disponibile sugli scaffali di tutte le librerie. Sara è una donna straordinaria, ci siamo conosciuti qualche tempo fa mentre la assistevo ad un corso di panificazione in una scuola della Capitale. Quando incontri persone come Sara Papa sai che ti lasciano qualcosa, e proprio da quella collaborazione è nata una stima che ancora oggi ci consente di sentirci per un saluto e qualche messaggio whatsApp! Un paio di settimane fa mi ha chiamato per invitarmi alla presentazione del suo nuovo libro Il Lievito Madre Vivo, alla Feltrinelli di Roma dove un fiume di persone sono intervenute per festeggiare insieme ad una grande Chef il suo nuovo capolavoro. Alla presentazione sono intervenuti tantissimi ospiti e gente che segue Sara in TV e nei corsi. Sono intervenuti ospiti illustri, come Sveva Sagramola conduttrice RAI di successo e la sua amica, la Presidente della Camera Laura Boldrini, che hanno parlato di Sara e di tutto il suo percorso che l’ha portata al quarto libro e ad una serie di successi televisivi e di corsi in tutta Italia.

Quale è il tuo messaggio per chi vuole avvicinarsi ad una cultura del vero pane? Il mio obiettivo è quello di invitare tutti a tornare a mangiare un pane fatto con grano italiano, dove c’è un controllo maggiore rispetto all’estero. Mi riferisco soprattutto al pane che arriva dall’Est, congelato, prodotto anche due anni prima, che finisce nei forni della grande distribuzione, venduto sempre caldo. Il pane dei nostri nonni era semplice gli ingredienti sono farina ed acqua e lievito madre.

Sara posso dire che in parte vivi per il lievito Madre? No! Il Lievito Madre è un regalo della Natura, che non si compra, risultato dell’unione di farina ed acqua e di una fermentazione naturale frutto dell’azione dei microrganismi presenti nell’aria che si vanno a nutrire degli zuccheri semplici presenti nella farina. Torniamo alle origini! Il pane è un alimento semplice che non fa male e lo possiamo fare in casa.

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Sara cosa rappresenta per te il pane? Perché spesso non ha il sapore di cui parli? Il pane è il primo alimento dell’uomo, questo libro ci porta a fare una riflessione su ciò che mangiamo. Ho centrato tutto sul lievito vivo, come si vede nell’introduzione del libro e come ho faccio sempre nelle trasmissioni a cui partecipo, mettendo l’accento su tutto ciò che ha perso la sua origine. Partendo dal pane, ma anche tanti altri prodotti che oggi sono nella grande distribuzione e non hanno più origine dal prodotto primario. Il pane che troviamo molto spesso non ha più il sapore del vero pane: è gommoso, ed è grasso perché è realizzato con farine estremamente

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Quando ci siamo visti l’ultima volta ad un corso stavi mangiando un panino, che pane era? Il pane che mangio ogni giorno è fatto con farina integrale e Lievito Madre: il pane nasce in modo semplice e naturale questo è come dovrebbe essere sempre. Cara Sara la domanda di rito, progetti per il futuro? Penso di scrivere un altro libro, e poi ci sarà come l’anno scorso, la mia partecipazione al programma televisivo Geo&Geo su Rai 3, e sarò in giro per l’italia per presentare il libro e i corsi che trovate sul sito www.sarapapa.eu Cosa consigli ai nostri lettori per farsi il pane da soli? Il pane preparato in casa con ingredienti genuini ha un sapore ineguagliabile, reso ancora migliore dalla soddisfazione che si prova nel creare con le proprie mani un alimento antico, simbolo per eccellenza del cibo. Cosa regaliamo ai lettori di TABLET ROMA? La ricetta del mio lievito madre naturalmente e tutte le info sul mio sito www.sarapapa.eu Batteri e lieviti si trovano normalmente nell’aria e su ogni superficie: alla presenza di un impasto di acqua e farina questi microorganismi cominceranno a moltiplicarsi in modo costante, favoriti dalle condizioni ambientali. La “demolizione” dell’amido in zuccheri è operata da enzimi presenti naturalmente nella farina o addizionati, spesso sotto forma di malto. I lieviti utilizzano lo zucchero, ottenendo energia e producendo etanolo e CO2. Quindi daranno inizio a una fermentazione, trasformando gli zuccheri in amidi ed emettendo enzimi in grado di demolire l’amido per nutrirsene. Nel lievito madre, oltre ai saccaromiceti, sono presenti anche i lactobacilli, batteri responsabili della trasformazione dello zucchero in acido lattico (e/o acido acetico) e, di conseguenza, dell’acidificazione dell’impasto. Pertanto nella lievitazione naturale accanto alla fermentazione alcolica, operata dai saccaromiceti, avviene una fermentazione di tipo acido, che conferisce al pane gusto e aroma particolari. La microflora di un lievito madre non è mai la stessa, ma risulta diversa a seconda delle condizioni di lavorazione e delle materie prime utilizzate. Possiamo dire, quindi, che la microflora che si otterrà con la miscela di farina e acqua, dipenderà dai microrganismi presenti nei cereali (quindi nella farina)

Ingredienti: 200 g di farina macinata a pietra, 100 g di acqua Impastate la farina con l’acqua fino a ottenere una consistenza omogenea. Date all’impasto la forma di una palla e fatelo riposare in un contenitore, coperto con pellicola per alimenti e in un luogo riparato, a una temperatura ambiente di 22-24 °C per 72 ore o finché non avvenga la fermentazione. Il tempo di fermentazione dipende dalla qualità del tipo di farina utilizzata e dalla temperatura dell’ambiente. Procedete poi con il primo rinfresco (che farete la sera): prelevate 100 g dall’impasto fermentato impastatelo con 200 g di farina e 100 g di acqua. Lasciate riposare per 24 ore. Fate un rinfresco al giorno per altre quattro volte con le stesse modalità. Dal 6° giorno fate un rinfresco ogni 12 ore. Continuate con questi rinfreschi fino a che il lievito non giunge a giusta maturazione, o fino a che non sentirete più un odore acido; il lievito dovrà triplicare il proprio volume in 4 ore a una temperatura di 28°C circa. A questo punto il nostro lievito è pronto per preparare il pane. Per un chilogrammo di impasto basteranno 200 g di lievito: il restante andrà rinfrescato con pari quantità di farina e il 40-50 % di acqua. Da questo momento il lievito va conservato in frigorifero a 4-5 °C in un contenitore ermetico fino alla successiva panificazione.

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Il lievito madre contiene un numero elevatissimo di microrganismi (100 miliardi di saccaromiceti e 2.000 miliardi di lattobacilli per chilo di impasto) che si moltiplicano stimolando una lievitazione ottimale in grado di sopraffare eventuali agenti patogeni e dando al prodotto finale una lunga conservazione, evitando così la necessità di aggiungere conservanti, il più delle volte nocivi.


I rinfreschi Se non si ha la possibilità di fare spesso il pane, il lievito madre va comunque rinfrescato per mantenere il giusto rapporto tra i microrganismi; per garantire un’alternanza delle fasi occorre effettuare dei rinfreschi, cioè aggiungere acqua e farina, il cui scopo è apportare nuovi nutrienti ai microrganismi che provvederanno ad avviare una nuova fermentazione. I rinfreschi consentono inoltre di evitare che il pane lieviti poco e acquisti un sapore acido. Per ovviare a questo inconveniente bisogna stimolare e rivitalizzare con una certa frequenza la lievitazione alcolica, rinfrescando il lievito. Almeno ogni 5-7 giorni, per garantire la vitalità dei lieviti, occorre aggiungere farina in quantità pari al peso del lievito e acqua (40-50% della farina), che nutrendo i microrganismi, daranno il via a una nuova fermentazione. È importante fare i rinfreschi sempre con la stessa farina, per dare costanza al lievito apportando gli stessi microrganismi, poiché cambiando tipologia di farina, si introdurrebbero individui diversi, alterando l’equilibrio della microflora originale della madre. Esistono centinaia di ceppi di lievito madre; questi cambiano da un ambiente all’altro in base alle condizioni ambientali e alle materie prime utilizzate Non è necessario, a parer mio, adoperare farine di forza, come la tanto decantata farina Manitoba, ma è sufficiente scegliere farine macinate in modo tradizionale e di buona qualità.

Questo libro svela tutti i segreti per usare la pasta madre con risultati eccellenti e senza difficoltà, ma non solo: spiega anche l’importanza della farina, dell’acqua, della temperatura e di tutto ciò che concorre alla perfetta lievitazione e cottura di un prodotto da forno. Dopo il successo dei suoi precedenti volumi, Sara Papa mette a disposizione la sua esperienza nell’arte della panificazione; per tornare a un pane vivo, genuino, buono, che si conservi anche per 10 giorni.

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fotografie di Vincenzo Lonati

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di Giorgia Conti

La Rosa del Dessert

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SPIDER CAKE POPS

Il nostro modo di festeggiare Halloween sono questi gustosi ragnetti al cioccolato tanto spaventosi quanto buoni!!! Ingredienti (per circa 20 ragnetti):

Procedimento:

impasto: 500g di biscotti secchi (io uso i digestive) 1 macchinetta di caffè da 3 tazze (senza zucchero)(se preferite mettere meno caffè, sostituite parte di esso con del latte) 250g di zucchero a velo 150g di mandorle sbriciolate o 100g di amaretti 130g di burro morbido 1 bicchierino di liquore “amaretto” (facoltativo) 70g di cacao amaro

Unite gli ingredienti in modo da ottenere un impasto morbido ma fermo: il bello è che non dovete cuocere nulla!. Realizzate le palline e ponetele in freezer per 5 minuti. Nel frattempo fondete la cioccolata per immergervi la punta degli stecchi da cake pop prima di inserirli nelle palline. Al contrario dei soliti cake pops, questi saranno “rovesciati” cioè avranno lo stecco al di sopra, a simulare la ragnatela da cui si calano i ragnetti. Rimettete tutto in freezer e preparate un piccolo contenitore con il cacao con il quale cospargete i cake pops prima di riporli in frigo. Ora sono pronti per la decorazione!

Decorazione: Cacao zuccherato per la copertura Perline argentate o metallizzate Rotelle di liquerizia Stecchi da cake pops Cioccolato fondente 20 g

Iniziate anche questa volta preparando le zampette: srotolate una rotella di liquerizia ed ottenete dei segmenti di circa 3 cm. Dividete in due per la lunghezza ed avrete già due zampine. Ripetete per ottenere sei zampe per ogni ragnetto.

Con uno stecchino praticate dei buchi abbastanza ampi e, utilizzando la cioccolata fusa come colla, inserite gli occhi (le perline argentate) i e le zampette all’interno.

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Eccone uno terminato!

foto: www.robertacanu.com

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Lo faccio in casa



[Saper mangiare] di Marco Lungo

Il Giorno Dopo è Più Buono Ci sono dei motivi scientifici o vicini ad essi che facciano comprendere il perché, dopo una giornata almeno, certi piatti siano “migliori”? Vediamo, io ci provo a dare qualche spiegazione, poi ditemi che ne pensate voi. Innanzitutto, partirei da quello che sembra un paradosso: ma come, e soprattutto al Sud, la pasta piace al dente ma, se la mangio addirittura il giorno dopo, come può mai piacermi di più?

Beh, questo è semplice da capire. Il passaggio della pasta nel forno, infatti, la essicca da buona parte dell’acqua di cottura, quindi “fotografa”, in un certo senso, la situazione di gelatinizzazione degli amidi e di consistenza della pasta, soprattutto negli strati superficiali, quindi rimane in uno stato molto simile alla cottura al dente anche per giorni, anzi, addirittura la pasta che era passata di cottura in origine, in un bel timballo assurge a nuova dignità, però sempre il giorno dopo, per quello che ho detto. A caldo, c’è ancora troppa umidità in giro. Ho detto “gelatinizzazione degli amidi”, e adesso mi spiego: è il nome che ha, scientificamente, il processo attraverso cui gli amidi della pasta secca vengono portati ad avere una configurazione molecolare che si dice “caotica” e, in tale forma, risultano più digeribili per il nostro organismo. Questo si ottiene immergendo la pasta secca in acqua calda ad almeno 70 gradi circa, per un tempo più o meno lungo in funzione dello spessore della pasta. Ecco perché la pasta si cuoce. O avete notizia di qualcuno che si mangia la pasta così, come uscita dalla scatola, condita e portata in tavola? E le frittatine e similari al forno? Meglio, una sana melanzana alla parmigiana, va’, tanto per accettare una sfida pesante? In queste non c’è la pasta, quindi? Secondo me, a parte che ovviamente il giorno dopo non si ha a che fare con le temperature di un qualcosa appena uscito dal forno, cosa che già di per sé irrita subito le papille gustative ed il palato tutto, penso che i processi siano diversi e siano anche in comune con le paste di cui parlavamo prima. Credo che il passaggio dei condimenti, anzi, no, meglio, il loro permeare lentamente le verdure con il tempo, tempo che sicuramente non è passato appena sono state fatte, sia la chiave per comprendere meglio il fenomeno. Non mi spingerei oltre pensando che, appunto, un bell’insieme di verdure che si siano intrise a fondo dei sapori e degli aromi dei condimenti, diano ben altra soddisfazione rispetto a quando il piatto sia stato appena sfornato. Aromi, odori, sapori… sì, però perché un piatto freddo dovrebbe averne di più? Proviamo a ragionare. La questione del percepirli, è legata al fatto che essi siano ovviamente prima di tutto presenti, e che poi siano in qualche

modo messi a contatto con i nostri organi del gusto. Ora, quello che avviene in un piatto caldo è che alcuni veicoli sono attivi, o sono proprio i componenti volatili di alcuni elementi che ci fanno spesso dire “Che buon profumino” quando entriamo in cucina o ci portano il piatto in tavola. In un piatto freddo, questo non accade. Quello che accade, invece, è che la parte di batteri comunque presente e che in presenza di formaggi soprattutto, sviluppano a loro volta ulteriori sapori rispetto al momento della cottura. Non pensate che, con la cottura, muoiano tutti. Certo che accade, almeno negli strati superficiali (al centro di un cibo di un certo spessore, cotto nel forno, spesso non si raggiungono temperature di sterilizzazione), però poi non è che il cibo finisce in una camera sterile. Già lo stare all’aria o anche solo il toccarlo con coltello e forchetta, che non sono sterili ovviamente, induce l’inizio di una attività batterica in loco, che poi si nutre di quello che trova come ingredienti del nostro piatto e, in funzione di alcuni processi, produce degli elementi che noi percepiamo al gusto e/o all’olfatto. Quindi, se noi sforniamo una teglia di un qualcosa dal forno, lo sporzioniamo, lo mettiamo sui piatti, lo mangiamo o assaggiamo anche solo in teglia, riportiamo delle colonie batteriche sul nostro cibo, facendo sì che esso non sia più pressoché sterile come dovrebbe essere dopo decine di minuti in forno ad alta temperatura. E che cosa succede quando, il giorno dopo o dopo ancora, lo riscaldiamo per mangiarlo di nuovo? A questo punto, abbiamo capito che ci sono più prodotti di attività batterica in giro, quindi più aromi potenziali, e perciò il calore riattiva quella fase di veicolazione che si presenterà quindi più carica di profumi e, perciò, più ricca del giorno precedente. Potremmo parlare anche dei sistemi per riscaldare, sì, tipo il microonde. Preferirei, però, parlarne prima o poi a parte di quest’ultimo, perché ne sento di tutti i colori al riguardo, con sfondoni assolutamente inaccettabili ma detti da persone che addirittura stanno in televisione e che, quindi, ciò che dicono diventa Verità Inattaccabile. Invece di fare più chiarezza al riguardo del microonde, con gli anni siamo andati sempre peggio. Giusto in Italia, Paese con ormai spirito critico del tutto assopito, può succedere una cosa del genere.

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“Il giorno dopo è più buono”. Praticamente, una Verità Assoluta quando parliamo di pasta al forno come nella migliore tradizione napoletana, o frittate con verdure o pizze rustiche. Sono cose che la maggioranza di noi accetta senza riserve, direi, no? Sì, però, perché è così? In effetti, a prima vista non sembrerebbe possibile che lo sia, di primo acchitto tutti siamo portati a pensare che una cosa fresca, appena uscita di cottura, sia meglio di una “passata”, eppure in molti casi non è così.

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[Vini, Oli e.... Birra ] di Laura Ventura / redazione di Learn&Practice

Alla scoperta della birra

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Questo mese vi proponiamo di entrare con noi nel magico mondo della birra. La birra non è solamente l’accostamento, che molti credono “ideale”, con un altro piatto esclusivo italiano la pizza!!! La birra è una delle più antiche e diffuse bevande alcoliche al mondo! La sua presenza è universale e non incontra alcun ostacolo sociale. Iniziamo con l’accompagnarvi in un breve viaggio storico. Le sue origini rimangono misteriose. C’è chi sostiene sia nata in Mesopotamia, chi in Egitto, chi nelle isole Orcadi, chi addirittura a Malta. Forse però la cosa più significativa non è “quando” è nata ma il fatto della “casualità”. Difatti la scoperta della fermentazione dei cereali è stata involontaria e ha dato vita ad una varietà di birre veramente notevole per l’epoca. Inizialmente due erano i principali cereali utilizzati: orzo (birra sikaru) e farro (birra karunnu). Forse molti non sanno che esisteva addirittura una legge, Codice di Hammurabi, che condannava a morte chi non rispettava le regole per la fabbricazione e chi non aveva l’autorizzazione per venderla. C’era anche un aspetto religioso; infatti la birra veniva solitamente offerta e bevuta durante i funerali per celebrare il defunto e durante le feste propiziatore alle divinità. La sua valenza indubbiamente ricopriva anche un aspetto religioso per molte popolazioni: Babilonesi ma anche per Greci, Etruschi e Romani. Nell’antico Egitto era considerata addirittura una medicina o come un valido sostituto del latte materno! I faraoni inoltre avevano trasformato la produzione della birra artigianale in una produzione industriale. E’ durante il Medioevo che la birra raggiunge il massimo della diffusione grazie ai monasteri dove veniva prodotta. Venendo a tempi più moderni, nel nostro Paese la prima fabbrica di birra nacque nel 1789, in Piemonte, e appena pochi anni dopo, nel 1814, Vittorio Emanuele I introdusse la prima tassa di fabbricazione sulla birra. La produzione della birra è molto cambiata nel corso dei secoli non solo rispetto ai vari processi biochimici che intervengono nella sua preparazione ma anche rispetto agli ingredienti di base che compongono questa bevanda. Il cereale più usato dalla notte dei tempi è stato l’orzo; oggi esistono birre di frumento, di segale, di riso, di mais e di altre ancora.

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Vediamo ora quali sono gli ingredienti per la sua preparazione. Acqua: Minerale naturale, microbiologicamente pura e minimamente mineralizzata. Malto: il più usato è il malto d’orzo, ovvero l’orzo germinato. Vengono poi usati anche frumento, mais e riso. Il malto conferisce il corpo, il gusto, i profumi e la struttura alla birra. Luppolo: è l’ingrediente amaricante e aromatizzante. È anche un conservante naturale perché ricco di antiossidanti. Oltre al luppolo nella storia sono stati utilizzati anche altri tipi di additivi: la frutta, le piante e le spezie. Lievito: trasforma gli amidi in zuccheri e gli zuccheri in alcool. Esistono due tipologie di lieviti utilizzati: I lieviti a bassa fermentazione Saccharomyces carlsbergensis. Questi funghi scoperti quasi per caso dai birrai del sud della Germania che mettevano le loro birre a maturare nelle grotte delle Alpi agiscono a temperature comprese fra 7 e 13 °C. I lieviti ad alta fermentazione Saccharomyces cerevisiae che si trova nei fusti dei cereali e nella bocca dei mammiferi. Si tratta del tipo di fermentazione che si incontra normalmente in natura, ed agisce a temperature di tra 12 e 24 °C. La produzione vera e propria si compone poi di diversi processi: Maltatura: Si tratta semplicemente di far germogliare il chicco di cereale Ammostamento: il macinato viene mescolato con l’acqua calda, ottenendo il mosto Filtrazione del mosto: per separare la parte liquida da quella solida Cottura: il mosto viene bollito e vengono aggiunti anche gli aromi (luppolo ed eventuali altri aromi): Fermentazione primaria: il malto bollente viene fatto raffreddare fino ad una temperatura che può essere, a seconda del tipo di birra, circa 5°C (bassa fermentazione) o circa 20°C (alta fermentazione).con l’aggiunta di ossigeno e lieviti diversi a seconda del tipo di fermentazione Dopo tutte queste fasi la birra viene messa a riposare a bassa temperatura per 30 - 45 giorni e la fase successiva e terminale del processo è l’imbottigliamento. Per i successivi due mesi viene lasciata maturare. Le birre si dividono in tre grandi famiglie: Birre Lager (gran parte delle birre attualmente in commercio); Birre Ale (meno diffuse in Italia); Birre Lambic o a fermentazione spontanea. Nel nostro prossimo incontro andremo a conoscerle più da vicino. Vi aspettiamo!



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Tablet Incontra A cura della Redazione

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DAVIDE SAGLIOCCO. Uno Chef con il Cuore Siamo al Mercato di Testaccio dove incontriamo Davide Sagliocco durante le riprese di “Love Your Local Market”, per il quale lo Chef è Testimonial qui a Roma. Si tratta di una Campagna Internazionale, ideata dai membri del W.U.W.M. - World Union of Wholesale Markets Organizzazione Mondiale dei mercati all’ingrosso, che ha lanciato l’iniziativa denominata Amo il mio Mercato, promossa a Roma da “Cuor di CAR”, il Centro Agroalimentare Romano, per sensibilizzare il consumatore affinchè torni nei mercati rionali a fare la spesa. Davide qui dimostra come fare la spesa e scegliere i prodotti giusti e di stagione per il piatto che poi preparerà davanti a un nutrito pubblico di romani.

Ma chi è Davide Sagliocco? Classe 1973, si appassiona alla cucina sin da giovane. Inizia a viaggiaremolto presto, collezionando diverse esperienze di vita fondamentali per il successo nella sua professione attuale: chef e docente di tecnica di cucina. Matura importanti esperienze sia in Italia che all’estero e preziosi sono gli incontri con alcuni chef, per una riflessione profonda sulla cucina tradizionale, il suo principale nucleo di interesse, accostato all’arte del ricevere e al savoir vivre contemporaneo. Un approccio fresco, autentico e naturale capace di trasformare la cucina casalinga in qualcosa di straordinario ogni giorno, da cui nascono piatti semplici ma raffinati.

Un aggettivo per definire il tuo stile in cucina? La mia cucina non è fatta di sole ricette ma è stile, vita, e tradizione. La tradizione è la stella polare che mi guida ogni giorno: riprodurre i ricordi di una volta nel piatto, ecco la mia mission golosa. Quello che mi piace della cucina è la sua versatilità. Ti serve davvero poco per fare qualcosa di buono: pomodori, pasta, fantasia e… il gioco è fatto! Fondamentale è che ogni azione sia dettata dal cuore, cucinare è un modo di dare, donare. Quand’è che secondo te un piatto può dirsi perfetto? Un piatto può dirsi perfetto quando trova l’equilibrio nel sapore, cottura e tradizione del territorio, ma soprattutto quando lo chef riesce a trasmettere amore, ospitalità e condivisione al commensale: ciò che cerco di fare io ogni giorno con la mia cucina.. Cosa quali sono stati i tuoi maestri ? Tutti sono maestri, chiunque mi abbia trasmesso un qualcosa e abbia arricchito il mio bagaglio personale lo considero maestro. Da mia madre con la sua passione per la cucina. Infine i tuoi progetti per il futuro: hai un’aspirazione forte che vorresti realizzare? Sono sempre stato aperto a nuove sfide e frontiere per quello che mi riguarda la gastronomia e di progetti per il futuro ne ho veramente molti e devo dire che non mi stanco mai di cercare nuovi spunti e idee. Mi ritengo una persona ambiziosa, al passo con i tempi che ama confrontarsi con altre culture. Ho tante idee e progetti tra cui quello di scrivere un libro che non parli solo di ricette, ma di persone, culture e tradizioni,quello di continuare nell’insegnamento. La didattica mi ha dato la possibilità di infondere ai miei allievi emozioni, profumi, amore per la cucina, gli stessi sentimenti che mi ha trasmesso mia madre per il cibo e la buona tavola. La mia più grande aspirazione è quella di aprire una scuola di cucina alla portata di tutti, specialmente per le persone che hanno difficoltà sociali.

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Sei testimonial della Campagna Internazionale promossa a Roma da “Cuor di CAR”. Come si valorizza e si acquista un prodotto considerato difficile da inserire a tutto pasto? Innanzitutto è necessario possedere una buona conoscenza del prodotto, sapere come è stato fatto e quali sono i pregi e difetti per poi meglio decidere cosa si può ottenere spremendo al massimo le qualità organolettiche dello stesso. 
Durante il mio lavoro, mi piace pensare che ci sono molte persone che non sono a conoscenza delle numerose sfaccettature che si nascondono dietro ciò che acquistano e quindi non conoscono un utilizzo alternativo se non quello del normale uso quotidiano. Partendo da questo presupposto si apre tutto un lavoro di ricerca, di accostamenti, conoscenze e sperimentazioni allo scopo di tirar fuori il meglio da quel prodotto per

poi riuscire a portare in tavola una nuova idea.
Ovviamente la “comunicazione” gioca un ruolo importantissimo, nel senso che occorre informare bene il consumatore finale sull’utilizzo alternativo di un prodotto, e quindi prepararlo a nuove ispirazioni in cucina.
Il mio consiglio è quello di non perdere di vista le proprietà organolettiche, perché è li che si nascondono gli elementi su cui puntare per valorizzarlo e inoltre è fondamentale tenere d’occhio l’utilità che gli viene attribuita, perché nessuno vuole un prodotto che sia difficile da comprendere e lavorare.

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Tablet Run La rubrica per i runners di Lorenzo Sigillò

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La sfida della corsa in terra straniera! È una delle sfide più affascinanti per un runner, è la corsa in terra straniera! Dopo aver assaporato le sfide primaverili romane e le avventure nelle gare dal clima mite dello stivale italico, molti cominciano ad assaporare il gusto della “passeggiata” all’estero. C’è chi ne fa un’ossessione ed una preparazione mirata, chi invece solo una bella vacanza sportiva e Tablet Run non poteva cogliere occasione migliore per parlare delle tre corse più famose del mondo. New York non ha bisogno di presentazioni, è La Corsa, l’Evento sportivo più partecipato al Mondo. Il clima del primo di novembre potrebbe essere ancora piacevole per un viaggio nella Grande Mela. Se avete ancora una mezza idea però, dovete cominciare a progettare l’appuntamento del 2016, perché iscriversi non è proprio semplicissimo. Si deve infatti richiedere la partecipazione con molto anticipo e avere un tempo ufficiale secondo la tabella prevista dal regolamento, in relazione all’età. Altrimenti si può partecipare ad un vera e propria lotteria (simile alla Green Card con cui si può ottenere la cittadinanza statunitense!) o affidarsi a tour operator e siti specializzati: si paga un bel pò ma si vola a NY! Per alcuni è l’obiettivo di una vita, per altri un appuntamento annuale, per qualcun altro una follia, ma di sicuro là sarà il vostro centro dell’universo. Se il vostro desiderio di America e Running è fortissimo, si può bissare o scegliere l’altra maratona americana per eccellenza, ci si può cimentare con la più antica tra le corse annuali: è Boston, la colorata, multietnica, vivace, un appuntamento con la storia dal 1897! Quella che si terrà il prossimo 18 aprile sarà la 120esima edizione, rigorosamente di lunedì e a cui si potrà partecipare sempre tramite timing o pacchetto. Ad Atene, l’8 novembre, si correrà La Maratona, l’Autentica, dove tutto cominciò e dove si respira un’aria davvero speciale. In alcuni punti vi sembrerà di essere indietro nel tempo e questa sensazione è quella che vi spingerà avanti chilometro dopo chilometro sotto gli occhi attenti

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degli antichi dei. Si corre lungo lo stesso percorso del messaggero Phiedippides di 2500 anni fa, ma se non siete maratoneti niente paura, perché “quattro passi” nella storia si possono fare anche con la 10 o la 5 km con arrivo nel Panathinaikos Stadium. Come avrete capito non è facile partecipare alle corse più belle, bisogna cominciare a progettarle con diversi mesi di anticipo, sia per i più preparati o i più pazzi, per chi si è allenato duramente o semplicemente per organizzare una vacanza a corollario. Per i neofiti, vi consigliamo di affidarvi agli operator leader nel settore viaggio e corsa, come born2run, ovunquerunning.com o terramia.com, oppure chiedere alle società sportiva del vostro quartiere. Ed infine Tablet Run vi presenta la chicca di stagione: la maratona del Mediterraneo! Si tratta di tappe durante una crociera con la nave MSC Preziosa: 1a tappa 10,6km a Civitavecchia, 2° tappa 21km a Palma de Mallorca ed il 4 novembre 3tappa finale di 10,595 km a Valencia! Info su (www.maratonadelmediterraneo.com). Nei prossimi numeri non mancheranno le segnalazioni per altre bellissime corse in giro per il mondo ma intanto, se proprio non ve la sentite di volare, per gli amanti dei ‘soli’ 10km val bene la classica ‘corsa dei santi’, il 1 novembre, a San Pietro. Invece il 18 ottobre consigliamo a Villa Pamphili una sgambata con ricavato benefico per la seconda edizione della “Corri per Medici Senza Frontiere”, con gara competitiva di 7,5 km e non competitiva di 2 km. Stay Tablet, Stay Run!



[Le uscite del mese] di Cristina Ippoliti

AL CINEMA

“La prima luce” di Vincenzo Marra Riccardo Scamarcio torna al cinema già a partire dall’ultima settimana di Settembre. È possibile vederlo interpretare il ruolo di protagonista nel lungometraggio “La prima luce”, che porta l’autografo di Vincenzo Marra, mentre al suo fianco ci sono gli attori Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla e Luis Gnecco. Scamarcio è Marco, un avvocato di origini pugliesi, innamorato della bellezza tutta sudamericana di Martina. Insieme hanno un bambino di sette anni, di nome Mateo. Una relazione che si va deteriorando di ora in ora, di giorno in giorno, tra le profonde sofferenze interiori di Martina, e la quasi involontaria indifferenza di Marco, totalmente assorbito dal suo lavoro e dalle sua preoccupazioni. La donna, piano piano, coltiva in cuor suo il desiderio sempre più forte di tornare nel suo Paese natale, decisa a portare con sé, però, il piccolo Mateo. Quando Martina annuncia le sue intenzioni a Marco, lui non la prende sul serio, incapace di riconoscere quell’ultima richiesta di aiuto e di ascolto. Così Mateo si ritrova a quindicimila chilometri dal padre, e Marco rimane a Bari da solo. Un film drammatico, che mette in luce non solo le difficoltà tipiche di numerosi rapporti, ma ben più nitidamente le problematiche derivanti da un sistema legale che spesso, nel corso delle separazioni, dà più valore al ruolo materno che a quello paterno, e, allo stesso tempo, tutela maggiormente i cittadini del proprio Paese che gli stranieri, lasciando a Martina il ruolo di corpo estraneo in Italia, di “immigrata”, bel prima di quello di donna.

IN LIBRERIA

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“So che sei qui” di Clèlie Avit In uscita in tutte le librerie nelle ultime settimane “So che sei qui”, un romanzo che racconta la storia di una giovane donna di trent’anni, Elsa. La protagonista del libro adora la montagna e le gite in alta quota. Ed è proprio a causa di questa passione che ora si trova in un letto d’ospedale, dopo una brutta caduta da una parete ghiacciata. La sua vita è sospesa, appesa a un filo: è, infatti, in coma da venti settimane. È in grado di sentire tutto, rumori, odori, parole, discorsi, ma nessuna delle persone accanto a lei se ne accorge. Un giorno, per errore, entra nella sua stanza un ragazzo sconosciuto. Thibault non sa nulla della storia di Elsa, ma inizia a parlarle, conosce i suoi amici, qualcosa nella ragazza addormentata che profuma di gelsomino. Lei gli sembra così dolce, ed qualcosa lo tiene legato magneticamente alla sua stanza. Giorno dopo giorno torna a farle visita, senza che però Elsa possa rispondergli. Non può domandargli di starle accanto anche il giorno seguente, non può confessargli di sentire la stretta della sua mano, o il calore della guancia

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di lui appoggiata a quella di lei. Un amore che fa accelerare i battiti di entrambi, ma Thibault non sa che Elsa non si risveglierà più, perché a breve medici e parenti la staccheranno dalle macchine che la tengono in vita. Eppure la sorte riserva loro ancora delle sorprese.

MUSICA

Pop-Up di Luca Carboni Pop-Up è il nuovo attesissimo album di Luca Carboni disponibile a partire dal 2 Ottobre per Sony Music, su iTunes e nei negozi di dischi. Una sorta di viaggio verso il futuro, con solide radici nel pop anni ’80, già anticipato dal primo singolo trasmesso in radio fin dall’estate che si è appena conclusa. Luca lo stesso è una canzone che racconta i nostri giorni, in un mondo che sta cambiando, la cui realtà è sempre più frammentata, nella quale è difficile ritrovarsi, sempre costretti a cambiare, a riadattarci, ormai irriconoscibili, anche se sempre gli stessi.


Associazione Sportiva Dilettantistica

affiliata FSI Federazione Scacchistica Italiana

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Ad Ostia la “Scuola” Giovanile Specializzata Christian Palozza Alessandro Bione Nicole Colella Candidato Maestro (U14) Prima Nazionale (U14) Seconda Nazionale (U12)

2° Campionati Regionali FSI ‘15 (U14) 2° Campionati Provinciali FSI ‘15 (U14) 1° Campionati Provinciali FSI ‘14 (U14) 1° Campionati Regionali FSI ‘14 (U14) 2° Campionati Regionali FSI ‘13 (U12)

Leonardo Vilona

Seconda Nazionale (U16)

3° Campionati Regionali FSI ‘15 (U16)

Federico Casagrande Flavio Palozza Terza Nazionale (U16)

1° Campionati Regionali FSI ‘15 (U12)

David Maselli Terza Nazionale (U10)

Prima Nazionale (U16)

1° Campionati Provinciali FSI ‘15 (U10) 2° Campionati Provinciali FSI ‘14 (U10)

Andrea Alfarano

1a Campionati Provinciali FSI ‘14 (U14F)

2° Campionati Italiani (1N/15m) FSI ‘14

Seconda Nazionale (U14)

Daniel Maselli Seconda Nazionale (U14) Terza Nazionale (U14)

Emanuele Carlo Seconda Nazionale (U12)

1° Campionati Provinciali FSI ‘15 (U12) 2° Campionati Regionali FSI ‘15 (U12) 2° Campionati Provinciali FSI ‘14 (U12)

1a Campionati Provinciali FSI ‘14 (U12F) 2a Campionati Regionali FSI ‘14 (U12F)

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1a Campionati Regionali FSI ‘15 (U12F) 3a Campionati Provinciali FSI ‘15 (U12F)

Velia D’Albenzio

2a Campionati Provinciali FSI ‘15 (U12F)

Laura Ciaffi

1a Campionati Provinciali FSI ‘15 (U12F) 1a Campionati Provinciali FSI ‘14 (U12F)

1° Campionati Regionali FSI ‘15 (U10) 2° Campionati Regionali FSI ‘14 (U10) 3° Campionati Regionali FSI ‘13 (U8)

Alessandro Seccia

Valentina Milillo

2a Campionati Provinciali FSI ‘15 (U10F) 2a Campionati Provinciali FSI ‘14 (U10F)

Debora Pascolini

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Filippo Casagrande 3° Campionati Provinciali FSI ‘15 (U10)

2° Campionati Provinciali FSI ’15 (U10) 2° Campionati Regionali FSI ’15 (U10) 1° Campionati Regionali FSI ‘14 (U8)

Flavio Battista

2a Campionati Italiani FSI ‘15 (U10F) 1a Campionati Provinciali FSI ‘15 (U10F) 1a Campionati Regionali FSI ‘15 (U10F) 3a Campionati Regionali FSI ‘14 (U10F) 1a Campionati Provinciali FSI ‘14 (U10F) 5a Campionati Italiani FSI ‘14 (U10F)

3° Campionati Regionali FSI ‘14 (U8)

3° Campionati Regionali FSI ‘15 (U10)

Sbrenna Alessandra Di Maulo Giulio 1° Campionati Provinciali FSI ‘14 (U8)

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Dipendenza da shopping? Sono sette i segnali per identificarla. Uno studio dell’Universita’ di Bergen in collaborazione con la Stanford University, l’Ucla e la Nottingham Trent University pubblicato su Frontiers in Psychology, ha realizzato una vera e propria scala di misurazione della ‘sindrome da shopping’. 1. pensare sempre allo shopping; 2. comprare per migliorare l’umore; 3. l’impatto negativo dei tanti acquisti sulle attività giornaliere, come lavoro o scuola, 4. bisogno di comprare sempre di più per ottenere sempre lo stesso grado di soddisfazione, 5. voler acquistare meno ma non riuscire a farlo, 6. sentirsi male se per qualche motivo viene impedito di fare shopping, 7. l’idea che comprare tanto abbia compromesso il proprio benessere. Basta avere quattro ‘segnali’ su sette per essere a rischio di dipendenza da shopping. Vi ricordate il libro di SUSKIND “Profumo”? Ecco che una start up francese lancia sul mercato, a partire da questo mese di ottobre, dei speciali flaconi con i quali si può catturare e conservare l’effluvio dell’amato. Particolari ricerche scientifiche e tanto tempo per riuscire a immettere sul mercato un prodotto che già vanta centinaia di ordinazioni da tutto il mondo, al costo di 560 euro per una sola boccetta! Si è allungata la vita dell’essere umano. Ed è proprio per questo motivo che la vita comincia a 50 anni e non più a 40. Studi hanno stabilito che a questa età la felicità diventa stabile. Secondo i dati raccolti, fino a 15 anni si è piuttosto contenti, ma il livello di soddisfazione declina bruscamente fino a poco dopo i 20 anni, poi continua a scendere gradualmente fino attorno ai 35 anni. Da allora rimane a livelli minimi fino ai 50 anni, quando finalmente comincia a migliorare stabilmente, fino a raggiungere il massimo a 80 anni. (fonte ANSA.IT) Modelli da non seguire Purtroppo i modelli televisivi e non solo, che sollecitano una una cattiva educazione alimentare spingono oggi i ragazzi molto giovani ad approcciarsi in seguito a diete fai da te. Passaparola fra i compagni di classe o della palestra, ricerche sul web, ma anche riviste e giornali, per ritrovare la linea e apparire al meglio, il più rapidamente possibile. A 13 anni “il 22% dei maschi e il 28% delle femmine ha fatto almeno una dieta. Ma il problema è che il 40% ha scelto da solo cosa e quanto mangiare, il 30% si è affidato a fonti non specialistiche e solo il 30% è andato dal medico”. Incubo pidocchi Cosa fare dunque contro i pidocchi? “Niente panico: i prodotti efficaci ci sono, funzionano e la procedura è relativamente rapida. Nonostante gli allarmi, poi, non ci sono super-pidocchi resistenti: se non si riesce a vincere un’infestazione la ‘colpa’ è del fatto che in classe qualcuno trascura il problema, così gli insetti continuano a propagarsi. Secondo me il ritorno puntuale di questi parassiti è dovuto quindi in parte alla mancanza di controlli, in parte anche alla crisi. Basta un bimbo che non fa il trattamento per infettare in poco tempo tutta una classe. Ormai abbiamo una vasta scelta di spray, oli e shampoo ad hoc, efficaci e non troppo aggressivi per la cute e i capelli dei piccoli, che sono però anche piuttosto costosi. Così capita che i genitori rinviino il trattamento, o ricorrano a più economici metodi della nonna e al fai da te. Per non parlare di mamme e papà ‘distratti’, che dimenticano di fare controlli regolari della testa del bambino”. (Fonte ADNKRONOS Salute)



[+Benessere] di Veronica Militano

Il gruppo sanguigno, la chiave che chiarisce i nostri malesseri …

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Da diversi studi è risultato che due persone su tre dichiarano di non star bene e hanno malesseri come irritabilità, disturbi del sonno, cefalea, meteorismo. Cosa capita a quei pazienti che pur lamentadosi a ragione, non sono effettivamente malati, ma presentano dei disturbi ? Si tratta di oltre la metà della popolazione che termina ogni visita medica senza essere stata capita: “il gruppo sanguigno è la chiave che schiude la porta sui misteri della salute, della malattia, della longevità, della vitalità fisica ed emozionale”. Il Dott. Peter D’Adamo sostiene che i gruppi sanguigni sarebbero lo specchio in cui è possibile leggere il passato dei nostri antenati e la maratona evolutiva della specie umana segnata dalle scelte alimentari. Nei gruppi sanguigni sono programmate le nostre capacità di adattamento, soprattutto a livello dei sistemi digerente e difensivo. La conoscenza del profilo del proprio gruppo sanguigno orienta verso un programma alimentare e uno stile di vita basati sulla consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, con la possibilità di una scelta corretta dei cibi adatti e di quelli da evitare. Non esistono diete e stili di vita giusti o sbagliati in assoluto, ma scelte corrette o scorrette in relazione al codice genetico individuale. Si parte dall’iniziale comparsa del “cacciatore – raccoglitore”, probabilmente appartenente al gruppo 0, che circa 150 mila anni fa si occupava di caccia e raccolta di erbe, radici e frutta, alla comparsa dell’ “agricoltore”, probabilmente del gruppo A quando circa 60 mila anni fa l’uomo diventava stanziale e produceva cibo con la coltivazione e l’allevamento di animali, per arrivare a circa 15 mila anni fa al “pastore – nomade”, probabilmente del gruppo B, con lo sviluppo della pastorizia e l’impulso della migrazione. Fino a circa 1000 anni fa del gruppo AB, il “moderno”, il risultato di mescolanze fra gruppi diversi. Quindi, 4 gruppi sanguigni non avrebbero fatto la loro comparsa sulla terra contemporaneamente, ma secondo la sequenza 0, A, B, AB. La determinazione del gruppo sanguigno di appartenenza è fondamentale per evitare che le trasfusioni siano incompatibili. La trasfusione fra gruppi incompatibili comporta fenomeni di “agglutinazione” (un processo con cui le cellule aderiscono le une alle altre per la presenza di un collante chia-

mato agglutina) che possono causare la morte del ricevente. Il gruppo sanguigno a cui apparteniamo rappresenta un legame con i nostri antenati: secondo l’interpretazione proposta dal Dr. D’Adamo le intolleranze alimentari esprimono l’incapacità dei soggetti appartenenti a un determinato gruppo sanguigno di digerire normalmente certi cibi, principalmente per la presenza di sostanze dannose capaci di innescare fenomeni minimi di agglutinazione. È importante fare riferimento al proprio gruppo sanguigno, risultato dell’adattamento della specie umana a un certo contesto alimentare che ha consentito la sopravvivenza ai nostri antenati, ma che continua a condizionarci … Le stesse reazioni gravi di agglutinazione che mettono in pericolo la vita dei soggetti che ricevono trasfusioni da persone appartenenti a un gruppo sanguigno incompatibile, si verificherebbero in piccola parte quando introduciamo alimenti ricchi di sostanze che hanno una struttura chimica simile a quella degli antigeni del sangue incompatibile. Queste sostanze sarebbero in grado di provocare fenomeni dannosi progressivi. La teoria che fa capo a Peter D’Adamo ha caratterizzato quattro profili dietetici per ognuno dei gruppi sanguigni … <segue nel prossimo numero …>

Veronica Militano Specialista in Naturopatia e Riflessologia Plantare - veronicamilitano@libero.it

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[Proctologia alla mano]

La Rettorragia

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erminata la pausa estiva, riprendiamo con lena lo svolgimento della rubrica “proctologia alla mano”. Questo mese ci interessiamo ad un sintomo frequentemente evocato al proctologo e che ingenera, nei pazienti, importanti preoccupazioni La Rettorragia, termine con il quale si indica la perdita di sangue dall’ano, è difatti paventata dai pazienti che la ritengono sempre essere un esclusivo sintomo di patologie tumorali. Nella realtà si può affermare che quasi tutte le patologie dell’ano e del canale anale possono dar luogo all’emissione di sangue, di conseguenza, ancor di più di sempre, il consiglio, alla presenza del sintomo sangue, è quello di rivolgersi al più presto allo specialista che potrà distinguere le varie situazioni ed attuare la strategia migliore. Lo scopo di questa rubrica, comunque, è quello di gettare alcune basi di conoscenza, ed allora: il sangue rosso vivo, scarso, che si vede durante l’evacuazione, e/o il sangue rosso vivo anche abbondante, che si vede durante l’evacuazione (si tenga presente sempre che una goccia di sangue che cade nella’acqua simula una grande perdita) è un sintomo generalmente ascrivibile a patologie benigne infiammatorie. Il sangue rosso scuro e/o commisto alle feci depone per una origine “alta” del sanguinamento. La presenza di muco, di perdite “rosate” o di stimoli evacuativi ripetuti necessitano di accertamenti clinico- strumentali.

Roberto Federici medico chirurgo

Dott. Roberto Federici Specialista in Chirurgia generale

Proctologia

(emorroidi, ragadi anali, fistole)

CHIRURGIA AMBULATORIALE DELLE ERNIE INGUINO-CRURALI Centro Salus Casalpalocco, Piazza Filippo il Macedone 23 (Centro comm.le Le Terrazze) tel. 06.50.91.53.05 e-mail rf@robertofederici.it


[L’avvocato risponde] A cura dell’ avvocato Federica Lorenzetti federicalorenzetti@libero.it

La responsabilità civile per danni cagionati da cose in custodia

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Salve a tutti e ben ritrovati. In questo articolo vi voglio parlare della responsabilità civile, prevista e disciplinata dal Legislatore all’art. 2051 del codice civile, la quale si configura ogni qualvolta vengano subiti danni procurati da cose soggette a custodia da parte di terzi. In tali ipotesi, si concretizza il diritto per chi ha subito i predetti danni, di richiederne il risarcimento che sarà commisurato in ragione dell’effettiva entità lesa. Un tipico esempio scolastico, può essere rinvenuto quando ci troviamo a cadere rovinosamente a terra all’interno di locali a causa di oggetti mal custoditi ovvero abbandonati nella loro manutenzione, si pensi ad esempio sopra una scala mobile mal funzionante, ovvero in ragione della presenza di buche non riparate e occultate, e così potrebbero essere descritti numerosi esempi che cristallizzano tale fattispecie. In tutti questi casi, sul soggetto titolato ad avere la custodia delle cose che hanno arrecato danno è ascrivibile, quanto meno, una condotta colposa, che può realizzarsi per mancata manutenzione, per mancata vigilanza, oppure per aver omesso l’applicazione delle norme sulla sicurezza dei luoghi aperti al pubblico, potendosi così applicare quanto disposto dagli artt. 2043 e 2051 c.c.. e rendendo il soggetto terzo incolpevole nella possiiblità di ottenere i risarcimento del danno. In punto di diritto, occorre evidenziare come la Corte di Cassazione abbia cristallizzato il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale e dei criteri da adottare per la sua personalizzazione ribadendo come il predetto risarcimento del danno alla persona debba essere integrale essendo compito del giudice accertare l’effettiva

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consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli. Sempre nella predetta sentenza la Corte ritiene che si debba pervenire ad una valutazione unitaria del danno che tenga conto sia di quello morale che di quello biologico, concernendo sempre diritti costituzionalmente garantiti e prevedendone, per l’effetto, la risarcibilità (dei danni definiti “non patrimoniali”) in presenza di una responsabilità oggettiva quale quella che può essere configurata in capo al custode.



[Storie dai municipi di Roma] di Barbara Donzella

La casa del gufo e del ragno

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Le giornate in ospedale erano senza fine, cicliche, anestetiche. Nel silenzio ovattato, lacerato solo dal lamento delle ruote dei carrelli che contenevano i pasti, la mia finestra inquadrava le camere dei piccoli degenti del reparto di pediatria, illuminate ed addobbate per Halloween. Era il 31 di ottobre, lo ricordo come fosse oggi, quando passate da poco le otto di sera, due infermieri piombarono nella stanza ricoverando, nel letto di fianco al mio, una donna priva di sensi, che si diceva fosse stata ritrovata all’interno del vecchio luna park dell’Eur. Indossava un leggero abito di cotone a fiori, alquanto anomalo per la stagione in cui eravamo ed aveva una mano ferita, che uno dei sanitari medicò con una fasciatura. Due giorni dopo tornò alla vita e vedendomi chiese dove si trovasse e da quanto fosse lì. Pareva disorientata, forse a causa dell’incidente, perché insisteva nel dire che fossimo ai primi di luglio, seguitando a raccontare una storia senza senso. Stava percorrendo in auto Viale dell’Artigianato, quando la sua vettura si fermò in mezzo alla carreggiata, su quella strada un po’ in pendenza, così tirò il freno a mano e scese a cercare aiuto. Davanti a sé c’era il LunEur, con le insegne illuminate, le giostre in funzione e l’ingresso principale aperto al pubblico. Mi parve un racconto inverosimile, visto che sapevo per certo che il luna park aveva chiuso i cancelli nell’aprile 2008 e che, nonostante fosse stata più volte annunciata la sua riapertura, i lavori erano quasi del tutto fermi. I rami, come aggrovigliate ragnatele, avevano oramai catturato il cielo, mentre le giostre, le aiuole ed il laghetto erano stati inghiottiti dalla terra e non rimaneva che una grande e desolata piana di fango. La donna che avevo di fronte sosteneva, invece, di aver visto Nessie sferragliare sulle piccole rotaie sospese sul laghetto e le cabine della ruota panoramica e del Rotor in movimento, benché in giro non vi fosse nessun’altro visitatore oltre lei. Poi, attirata dalla voce distorta, che proveniva da un altoparlante all’esterno della Magic House, si avvicinò a quell’attrazione. Quella casa la ricordo bene anche io, perché mi aveva sempre messo una

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certa inquietudine addosso e non c’ero mai voluta entrare, per via delle assurde storie che si diceva vi fossero accadute. In cima al tetto imperavano due animali giganteschi, un gufo dai grandi occhi mobili ed un ragno con enormi zampe che, come aghi piegati e conficcati in un portaspilli, parevano indicarti. Mentre ero assorta in questo pensiero, senza che me ne accorgessi, la donna riprese il racconto. Varcato l’ingresso, una nebbia densa ed animata, come uno sciame di insetti dall’odore di borotalco ammuffito, cominciò ad invadere la stanza, avvolgendola ed impedendole di vedere dove stesse andando. Nell’oscurità, procedendo su un pavimento molle e sconnesso, attraverso una specie di labirinto, giunse davanti ad una teca in plexiglass, dove al posto della solita riproduzione di Freddy Kruger c’era una bimba di poco più di tre anni, dalla pelle bianca come porcellana, capelli neri ed occhi come frammenti ingialliti.La cosa inquietante era che pareva che qualcuno avesse cucito su quel minuscolo corpo zampe da ragno. Per via del vetro, non si sentiva la voce della piccola, ma leggendo le sue labbra sembrava dicesse “Portami via!”. Allarmata, la donna cominciò a chiedere aiuto, ma nonostante le proteste nessuno arrivava, così aprì la scatola, corse dentro e prese la bambina tra le braccia. Non appena si voltò, vide la porta chiusa dall’interno con un filo arrugginito, annodato più volte su se stesso e lo strinse, nel tentativo di scioglierlo. Era come se una lama stesse tentando di sezionare la sua mano, così mollò la presa e gridò con tutte le sue forze, ma dalla bocca non uscì alcun suono. Poi d’improvviso qualcosa la colpì allo stomaco, gelandole il sangue ed il respiro si bloccò per un momento, mentre, dalle gambe sino alla testa, uno strano senso di debolezza cominciava ad insinuarsi. Sentendosi trascinare inesorabilmente verso il basso, la donna chiuse gli occhi, tirò un profondo respiro e strinse la bimba, che in quel tetro costume che pareva vuoto al suo interno, si avvinghiò sorridendole e sussurrando qualcosa. L’ingresso del medico ci interruppe. L’uomo guardando la mia vicina di letto disse: “Buonasera signora Solari!” e poi proseguì: “Non si preoccupi, i suoi valori sono nella norma e le ferite alla mano guariranno in qualche settimana. A proposito, anche la bambina sta bene!” “Meno male, avete chiamato i suoi genitori?” disse la paziente, sollevata. Il dottore interdetto dichiarò: “Genitori? Da quel che leggo qui sulla cartella clinica non c’era nessuno, oltre lei, sul luogo del suo ritrovamento!” e concluse: “Io mi riferivo alla sua gravidanza. Mi scusi, forse non voleva sapere il sesso!”. La donna restò immobile, contemplando con uno sguardo smarrito le proprie mani ed infine la sua voce sottile e sfilacciata mormorò: “Quale gravidanza?”.



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Un posto tranquillo

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“CONOSCIAMO IL METODO FEUERSTEIN” (parte seconda) Attraverso le domande intenzionali, attiva il pensiero del bambino e facilita il suo apprendimento sia cognitivo che emotivo. Una volta che il bambino ha utilizzato (potenziandole) le sue funzioni cognitive/emotive nella fase definita di “elaborazione”, egli produce una risposta (in uscita) che ulteriormente potenzia e cristallizza le funzioni sulle quali si sta lavorando, che sono opportunamente veicolate dal mediatore (la seconda H), con l’obiettivo finale di “generalizzare” quanto appreso. Questa fase del processo si chiama “bridging”, cioè “creare ponti”, generalizzare. Cosa comporta tutto ciò? Feuerstein definiva il disfunzionamento cognitivo come MANCANZA DI APPRENDIMENTO MEDIATO. Per lui la modificazione cognitiva strutturale può essere provocata proprio tramite la creazione di situazioni “ad hoc”, dove il mediatore lavora per conoscere e ristrutturale il pensiero dell’individuo. Come si può vedere, la mediazione non è solo attività di interazione che produce ristrutturazione cognitiva, ma anche modalità di comunicazione positiva, che permette di stabilire relazioni funzionali e positive, ricche ed intenzionali. Questo significa, dunque, anche ristrutturazione e potenziamento degli aspetti emotivi del bambino, ambito sicuramente di grande importanza per un sano sviluppo dell’individuo in crescita. Il PAS di Feuerstein, di cui abbiamo accennato nel Tablet di Settembre, è un Programma di Arricchimento Strumentale che viene utilizzato come supporto a una mediazione altamente intenzionale, che consenta di agire su ogni aspetto della struttura cognitiva dell’individuo e di stabilire i prerequisiti necessari per costruire un sistema cognitivo ed emotivo, che meglio si adatti alla complessità. Il mediatore svolge un’azione di facilitazione dello sviluppo delle potenzialità nascoste. Tutti possiamo diventare mediatori, nel senso inteso da Feuerstein: per i nostri figli, alunni, ragazzi che incontriamo nelle nostre attività di educatori o animatori. Certamente, psicologi, insegnanti ed educatori necessiteranno di seguire un training formativo completo (e lungo!). E i genitori? Non potranno, ovviamente, usare gli strumenti del PAS in un intervento “terapeutico”, ma potranno imparare i principi e i modi della mediazione, così da poterla usare nella quotidiana relazione educativa con i propri figli. Il Metodo ha infatti come punto di forza il fatto di essere aperto, generalizzabile, altamente integrabile con altri approcci terapeutici, riabilitativi, educativi. Molto diffuso ed utilizzato all’estero, in Italia è ancora in fase di espansione, ma sono ormai molte le scuole e gli insegnanti che vogliono saperne di più sul Feuerstein. E, con la mia Associazione A.S.I.A. Onlus abbiamo come obiettivo proprio quello di contribuire a questo processo di maggiore conoscenza ed espansione.

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Lo scorso numero di Tablet abbiamo cominciato a presentare il Metodo Feuerstein. Abbiamo detto che è un metodo volto al potenziamento delle competenze cognitive ed emotive e che si basa su due pilastri teorici: la modificabilità cognitiva strutturale e l’esperienza di apprendimento mediato. Nello scorso articolo è stato approfondito il primo pilastro, cioè quello della modificabilità cognitiva strutturale, che sostiene che ogni individuo è modificabile nella sua struttura e che l’intelligenza non è un elemento biologico statico, dato una volta per tutte alla nascita, ma che essa può essere insegnata e quindi anche imparata. Questo mese approfondiremo il secondo pilastro teorico: L’ESPERIENZA DI APPRENDIMENTO MEDIATO. Abbiamo già accennato che, per Feuerstein, la mediazione svolge un ruolo importantissimo nello sviluppo cognitivo degli individui, poiché l’apprendimento avviene non soltanto in seguito all’esposizione diretta del soggetto agli stimoli ma soprattutto grazie all’azione di un mediatore che coinvolga in un rapporto educativo efficace. Ma di cosa intende parlare Feuerstein quando parla di MEDIAZIONE? Si intende con mediazione, l’attività svolta da un adulto di organizzare, prevedere e analizzare le interazioni necessarie all’educabilità cognitiva dei bambini e/o ragazzi. Le competenze cognitive vengono organizzate dal bambino sulla base di esperienze di apprendimento, che risultano adeguate se ben mediate da un altro essere umano, che generalmente è appunto un adulto. Questi, interponendosi tra il bambino e l’ambiente, interpreta e rielabora la realtà dello stimolo e agisce in modo che tutte le informazioni diventino CONOSCENZE. Ciò significa che offre ai discenti la possibilità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall’ambiente. La conseguenza di questa azione di mediazione è che il discente si rende autonomo nell’apprendimento e capace di adattarsi con flessibilità a tutte le nuove situazioni. Nella “psicologia classica” (fisiologica, comportamentista, cognitivista, ecc), troviamo l’altrettanto classico modello S-O-R, cioè Stimolo, che arriva all’Organismo che a sua volta produce una Risposta. Il modello che invece Feuersten propone è il seguente: S-H-O-H-R. Viene introdotta l’H, che sta per Human Mediator: egli interviene prima che lo Stimolo arrivi all’Organismo e anche dopo, cioè quando l’Organismo deve produrre una Risposta. In che modo? Il mediatore propone “in entrata” stimoli selezionati, graduali ed ordinati, finalizzati proprio al potenziamento delle funzioni cognitive emergenti o carenti, così da lavorare sulla modificazione strutturale.

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[+Eventi Roma] di Valentina Ecca

Pochi eventi ma buoni sono quelli che la Capitale offrirà al proprio pubblico nel mese di Ottobre Passando al teatro gli eventi interessanti proposti sono alcuni grandi classici. Il primo si terrà al Globe Theatre e sarà in scena fino all’11 ottobre. Si tratta della rappresentazione di “Sogno di una notte di Mezza Estate” per la regia di Riccardo Cavallo. Un’altra grande opera di Shakespeare sarà in scena a Roma dal 22 ottobre; trattasi del “Riccardo III”. Ad interpretare “il più malvagio dei malvagi” un intenso Massimo Ranieri. Lo spettacolo andrà in scena al teatro Ambra Jovinelli. Il mese di ottobre presenta anche delle mostre importanti per la nostra città; come quella che si terrà al Palazzo delle Esposizioni da questo mese fino a febbraio 2016. Il titolo di una di esse è “Impressionisti e moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington”. Ben 62 dipinti dei più importanti pittori dell’impressionismo arriveranno a Roma per una mostra epocale. Altro evento interessante e non consueto si terrà sempre al Palazzo delle Esposizioni e avrà il titolo di “Russia on the road (1920-1990)”.

La mostra presenta circa sessanta dipinti provenienti da musei come la Galleria Tret’jakov o il Museo di Stato russo. La rassegna prende in esame quasi un secolo di storia dell’arte russa, in gran parte coincidente con l’esperienza sovietica. I dipinti saranno in esposizione dal 15 ottobre al 12 dicembre 2015. Pochi ma buoni gli eventi che caratterizzeranno questo primo mese di autunno nella Capitale.

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Un po’ sottotono il mese di ottobre per quanto riguarda gli eventi musicali che investiranno la Capitale. I grandi nomi però non mancano; si parte con Joe Satriani il 7 ottobre all’Auditorium Parco della Musica. Il geniale chitarrista americano, famoso per aver formato alcuni dei miglior chitarristi degli anni ’90 come Steve Vai e Kirk Hammet dei Metallica, arriva in Italia. Il progetto che porterà sul palco è “The Shockwave Tour” che, per la prima volta, arriva nei teatri. Per gli amanti della musica italiana saranno imperdibili i concerti di Max Pezzali l’8 ottobre al Palalottomatica e, sempre nella stessa location, il 14 e 16 ottobre i live di Eros Ramazzotti. Due concerti interessanti si terranno, purtroppo, nella stessa data; il 23 ottobre. Bisognerà scegliere tra il live all’Atlantico di Roma de I Ministri, band rock tra le più influenti della scena italiana. Dopo due anni di assenza e con un album registrato a Berlino tornano i tre milanesi doc; il primo singolo estratto dall’album “Balla quello che c’è” promette sonorità nuove e racconta l’alchimia perfetta dei tre musicisti. La seconda scelta viene dal Belgio, è stata special guest di Prince e Band Of Horses e ha venduto un milione di copie col suo album di debutto. Si chiama Selah Sue, ha ventisei anni e suonerà all’Orion Live Club il 23 ottobre.-

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[Sistema Binario] di Simona Gitto

Samsung Galaxy s6 edge+: la nuova sfida dalla Corea Gb e quella interna da 64 Gb (non espandibile, però), sono affiancate da un processore octa-core da 2,1 GHz + 1,5 GHz, e supportate dal sistema operativo Android Lollipop 5.1. L’aspetto più caratteristico del Samsung Galaxy s6 edge+, disponibile nei colori Black Sapphire e Gold Platinum, resta comunque il display dalla doppia curvatura, che rende in certi aspetti più intuitivo e immediato l’utilizzo di alcune funzionalità come S-Voice e People Edge (che comunque necessitano anche di parte dello schermo piatto). Sfiorando il bordo si può raggiungere immediatamente un contatto impostato come preferito, inviare messaggi, effettuare chiamate, o anche solo avviare applicazioni. Sicuramente le differenze con il suo predecessore, il Samsung Galaxy s6 Edge ci sono: 1 Gb di RAM in più, ma una memoria interna che arriva al massimo a 64 Gb e non a 128, la batteria molto più potente ma l’assenza di sensore a infrarossi. Per il resto, sembra comunque conservare l’essenza e gran parte delle caratteristiche del “vecchio” s6 Edge. E anche il prezzo non è dei più bassi, si parla di 939 € per il modello da 64 Gb (839€ per quello da 32 Gb), ma sicuramente si tratta principalmente di una sfida in campo aperto con l’acerrima nemica Apple e il suo quasi omonimo iPhone s6 plus, una sfida che quanto a premesse e allo sviluppo di nuove funzionalità rimane ancora aperta.

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Può essere considerato un phablet qualsiasi dispositivo non si possa semplicemente inquadrare sia in una definizione di smartphone, sia in quella di tablet, ma che presenti caratteristiche (positive, beninteso) di entrambe. Un phablet ha le stesse funzioni di chiamata che si possono trovare in uno smartphone, ma dimensioni che normalmente non superano i 7’’, che quindi fanno sì che lo si possa avvicinare ad un tablet, e che consentono una facilità maggiore nella navigazione web. Scegliere un phablet al posto di un comune smartphone o di un più grande tablet equivale ad avere in mano una versatilità non indifferente che può essere comoda nell’uso quotidiano. Una riprova viene dalla casa sucoreana Samsung, che ha implementato le specifiche tecniche e le funzionalità del suo ultimo Samsung Galaxy s6 edge, aggiungendo quel “plus” che cambia decisamente le carte in tavola. Samsung Galaxy s6 edge+ può, infatti, vantare diverse migliorie, tra le quali una batteria di maggior durata (sicuramente uno degli aspetti più apprezzabili), uno schermo dual-edge, Super AMOLED da 5,7’’, capacitivo e protetto da Gorilla Glass 4, con una risoluzione Quad HD da 2560x1440 pixel e 518 ppi , una fotocamera avanzata con sensore posteriore CMOS da 16 megapixel provvisto di autofocus e flash e quello anteriore CMOS da 5 megapixel (oltretutto uno stabilizzatore ottico dell’immagine consente di realizzare foto nitide e video impeccabili senza alcun tipo di “tremolio”). Subito sotto il display segue l’unico tasto fisico ancora una volta provvisto della funzione di lettore di impronte digitali. Se, come premesso, la batteria da 3000 mAh garantisce una notevole capacità di durata “sotto sforzo”, il che implica avere un’autonomia di conversazione di circa 20 ore, o di 10 ore navigando in rete, la sua vera utilità è nella possibilità di ricaricare il dispositivo in modalità wireless in circa 120 minuti, che evita di doversi separare anche solo un secondo dal phablet (che poi di “secondo” si parlerebbe, dato che la ricarica veloce permette di avere il 100% di carica in soli 90 minuti). Le memorie RAM da 4

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TENDENZE Di Cristina Ippoliti

Giocare con i capelli. Tagli corti per acconciature chic!

Per questo autunno inverno 2015/2016 ritornano i capelli corti e scalati. Durante le ultime sfilate non ci sono state mezze misure, o chiome extra lunghe oppure tagli corti se non cortissimi. Frange, riga centrale o capelli scalati rinnovano il look e lo stile femminile. Ma vediamo i più cool e alla moda. Anni ‘70/’80 per uno stile un pò punk rock, che propone versioni audaci con tagli corti scalati, all amaschietta o carrè spinti che sfiorano appena le orecchie acconciati con spray volumizzanti sulle punte e fissati con gel: la scalatura, in questo caso, gioca con la parte alta della chioma per dare la massima corposità al taglio. Le ragazze più giovani possono azzardare delle ciocche colorate di blu, rosa o viola. Effetto bagnato anni ‘80. Gli hairstylist, per l’inverno 2016, presentano lo stile Wet Down ovvero “bagnato e sleek’ davanti e il Wet Back. Nel primo caso è essenziale avere un viso regolare e abbinare l’acconciatura ad una frangia very short e irregolare. Nell’effetto bagnato posteriore, i capelli sono pettinati tutti all’indietro e si possono cotonare nella parte più alta. Stile spettinato o disordinato: sui corti scalati è facile giocare con lunghezze e ciuffi sfilatissimi da pettinare dietro le orecchie o da portare lateralmente per creare un valido mood retrò.

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Stile da collegiale. Ciuffo molto corposo spostato di lato e piega liscia, creano quel giusto binomio che piace alle donne alla ricerca di uno styling elegante e vintage. In questo caso la scalatura rimane molto soft e poco accennata, della serie c’è e non si vede.

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[+Moda e design] di Alessandra Bassetti

Tutti pazzi per le borse ! Ovvero cosa andrà questo inverno. Se i diamanti sono i migliori amici delle donne, le borse non sono da meno. Passione di ciascuna di noi, per quante se ne possano possedere, non sembrano mai abbastanza, insomma ad una borsa non si dice mai di no! Ed allora sorge spontaneo chiedersi cosa possa accadere questo inverno nell’universo delle borse? In generale la prossima stagione sarà caratterizzata dal trionfo delle misure ridotte. La vera novità è proprio nella “taglia”, Infatti, tutti i modelli classici, le icone, vengono reinterpretate in misure mini, e volendo (o meglio potendo) in materiali preziosi, una parola sola : coccodrillo! Inutile dire che l’effetto è strepitoso. Fendi, Yves Saint Laurent, lo stesso Valentino sono per le mini size... Sulle passerelle trionfano gli zaini, sia nella versione più elegante, così come lo propone Valentino, forma ridotta ed impreziosito da borchie, nel suo modello rockstud, ma lo zaino convince anche nella sua versione sportiva, Alexander Wang lo realizza nel suo classico pellame martellato, irresistibile. Elegante e dal sapore vintage lo zaino di Gucci con i il manico in bambù, un classico bestseller degli anni 90’ ancora attualissimo. Ovviamente il più desiderato tra gli zaini, rimane inutile dirlo, quello di Chanel. Tra le borse terribilmente trendy è anche la bucket bag, il secchiello, divertente, spiritosa , da utilizzare quotidianamente, una versione deliziosa è quella di Tory Burch.

Wang - zaino martellato

Clutch logata - Louis-Vuitton

una borsa da personalizzare con le patch di ogni colore e forma, idea geniale! Preparatevi saremo invase dalle toppe, sui jeans, sulle felpe e non solo, tenete a mente il suggerimento Riguardo poi a nuovi modelli destinati a diventare delle icone, la maison Dior ci regala una borsa da non lasciarsi sfuggire, destinata a diventare una bestseller: la Diorama, linee squadrate, colori delicati , con hardware deciso, sofisticata al punto giusto, l’unico neo è che ricorda un pò troppo la Boy di Chanel, ma ad ogni modo “l’interpretazione” Dior non è niente male. Louis Vuitton propone tra le novità un mini clucth che riproduce un piccolo baule Vuitton,una borsina veramente deliziosa ed anche estremamente costosa: anche intorno ai tremila euro.

Zaino - Gucci

Dior - Diorama

Paula Cademartori Petite-Faye

Tra le proposte più interessanti c’è poi la “petit Faye” , bag dedicata a Faye Danaway. Creazione della talentuosa Paula Cademartori, giovane stilista brasiliana. La bella Paula vive in Italia dal 2005 ha partecipato al concorso promosso da Vogue ‘Who ‘a the next’ , ha collaborato con maison Versace e più finalmente ha creato un marchio tutto suo di scarpe e borse. Borse colorate e solari come la terra d’origine. Aggraziate e spiritose, curate nei particolari, è caratterizzate da bellissime fibie , che ne fanno dei piccoli gioielli, l’unico difetto a parere della sottoscritta: il prezzo quasi duemila euro. Il costo elevato ne fa sicuramente in prodotto di nicchia, e le mette in competizione con grandi firme Fendi , Chanel Celine, un azzardo? Il tempo ce lo dirà, per adesso una cosa è certa: brava Paula la vera novità di questo inverno sei tu!

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Ma se vogliamo essere all’ultima moda, per le più giovani e non solo non ditory burch mentichiamo anche sulle borse di applicare delle patch, ovvero delle toppe. Anya Hindmarch, stilista amata anche dalla bella Kate Middelton d ‘Inghilterra, permette di ordinare

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I Figli Del Cuore

Facili istruzioni per un difficile compito:essere genitore adottivo/parte seconda di Antonietta Zorzi

Prosegue dal mese scorso sulle pagine di TabletRoma questa rubrica che non vuole essere un vademecum sull’adozione per due semplici motivi: il primo è che sarebbe impossibile stilare nero su bianco delle regole che dettino cosa fare e cosa non fare, la burocrazia sappiamo, ha varie sfaccettature. Il secondo, più semplice, è che l’idea di far nascere questa rubrica l’ho avuta nel momento stesso in cui ho iniziato il percorso adottivo quando, mi dicevo, avrei tanto desiderato trovare tra i media una cosa simile a quella che voglio fare qui e cioè, meno ufficialità e più praticità! Sono una “mamma in attesa”, fiduciosa che, quest’attesa, sarà fruttuosa. Vi racconterò di come si inizia e che lo scalare la montagna della burocrazia, in realtà, vi risulterà compito ben più semplice di come pensate. Vi confiderò piccoli segreti per “sopravvivere” alle eterne attese, ad appuntamenti interminabili e a tante cose ancora sperando di saper donare anche un po’ di sana leggerezza e serenità, ingredienti fondamentali per affrontare questo splendido, seppur difficile, viaggio. ...prosegue dal numero di TabletRoma di Agosto/Settembre

E si ha l’impressione di iniziare davvero…

Dopo tanto pensare, capire e riflettere…arriva il momento in cui bisogna agire: armatevi di telefono, carta, penna e tanta pazienza. In tutta Italia più o meno le procedure da seguire sono le stesse, io in particolare descriverò quelle delle regione Lazio, dove sono residente. Ha inizio così il nostro terzo passo, ben fermo e assestato! Si inizia con una telefonata all’Asl di appartenenza, chi risponde dovrebbe in linea di massima saperci dire cosa fare, come contattare l’assistente sociale e, se abbiamo fortuna, conoscere il luogo e le date dove avvengono gli incontri per ottenere l’attestato di partecipazione al corso per l’adozione. Questo corso dal 2009 è obbligatorio e si tratta di uno o più incontri (a discrezione dei servizi sociali del posto) formativi/informativi. Sostanzialmente serve per ricevere nozioni generali sull’adozione nazionale e internazionale, cosa fare a livello burocratico e, con l’ausilio di uno psicologo, valutare i vari aspetti dell’essere genitore adottivo. Questi corsi solitamente sono di gruppo e avrete modo così di conoscere altre coppie che, come voi, hanno questo desiderio. Per esperienza personale posso dire che l’aver conosciuto gli altri partecipanti al corso, aver condiviso con

i figli del cuore

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loro tante paure, dubbi e speranze, è stata un’esperienza formativa e molto particolare. A distanza di mesi continuiamo a sentirci tutti (siamo 4 coppie) e vederci quando c’è l’occasione per farlo. Durante il corso vi verrà fornito (o almeno si spera!!!) un modulo da compilare con i vostri dati che, assieme all’attestato di partecipazione al corso e al consenso da parte dei vostri genitori (futuri nonni adottivi) all’adozione da parte vostra di un bambino, andrete a consegnare presso il Tribunale per i minorenni della vostra città. Il giorno in cui consegnerete tutto questo…segnatelo sul calendario perché sarà il giorno in cui ufficialmente partirà la vostra domanda di adozione!

Il giorno che arrivò quella busta gialla… Che emozione…

Un giorno vi arriverà a casa una busta gialla da parte del Tribunale per i Minorenni. Questa busta arriverà a casa vostra circa un mese dopo aver consegnato la domanda. Il vostro desiderio sarà messo nero su bianco. La vostra domanda è stata accolta e quindi…esistete nell’archivio adozioni! La busta gialla per me e mio marito ha un grande valore…andò lui a prenderla nella cassetta della posta e me la mise davanti al viso, io gli chiesi: “che cos’è?!” ed un attimo dopo lessi Tribunale per i Minorenni…scoppiai in lacrime e ci abbracciammo per dieci minuti! E’ sciocco…nel senso che, giuridicamente quella busta vuol dire poco, ma l’emozione fu tanta comunque. Da quel giorno diventa ufficiale e noto alla comunità che siete intenzionati ad adottare un bambino (con noto non voglio dire che troverete la pubblicità di voi per il quartiere ovviamente!) la stessa comunicazione arriverà all’assistente sociale della vostra zona e ai Carabinieri di appartenenza e, qualche tempo dopo verrete contattati dai Servizi Sociali per i colloqui. Potrebbero far visita a casa vostra anche i Carabinieri, a noi per esempio hanno telefonato, quindi non preoccupatevi, è tutto nella norma! I vari incontri con l’assistente sociale durano circa quattro mesi e seguono un percorso più o meno simile in tutto il territorio. Di questo vi parlerò la prossima volta…intanto vi auguro di provare la stessa emozione che ho provato io tenendo in mano quella busta gialla!

continua....

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[Ass. Musicale Corelli] di Lanfranco Di Paolo

L’ Associazione “Corelli” punta sul talento Sono ormai più di vent’anni che l’Associazione “A.Corelli” è attenta alla valorizzazione del talento musicale di molti ragazzi ed alla creazione di opportunità perché il loro percorso artistico sia pieno di successi, sia a livello locale che nazionale. La “Corelli” già dalla nascita, si avvale di numerosi insegnanti con grande esperienza e professionalità, scelti con cura dai vari Conservatori Italiani, per preparare e sostenere i propri allievi. Il Maestro Gaetano Patrizio Sbriglione (Baritono), insegnante della scuola Corelli, può infatti, vantare di aver pre-

suo talento, preparandosi insieme alla stessa a numerosi concorsi tra cui il “Festival di Castrocaro 2015” qualificandosi semifinalista. La Corelli pone da sempre anche uno sguardo alla ricerca di talenti già formati, per aiutarli in un percorso di crescita e lancio, avvalendosi di compartecipazioni di strutture e associazioni del settore, che l’affianca in questi percorsi formativi. L’artista Andrea Tortolano interprete/cantautore è stato infatti, scoperto dal Maestro Sbriglione, che l’ha aiutato ad iscriversi al concorso del Festival: “La Rotta del talento 2015”, scritto e realizzato dalla manager Vita Livia Bradascio, ottenendo il 1° posto e che l’ha portato ad ottenere una borsa di studio per partecipare al festival di Castrocaro Terme “Voci nuove volti nuovi” edizione 2015. Nello stesso periodo Andrea, ha ottenuto il 1° posto all’ottavo “Concorso canoro interpreti musica leggera italiana” nella città di Cosenza, con la Cover “Sole Spento” duettando, con l’artista Omar Pedrini di fama nazionale e internazionale. Andrea Tortolano grazie a queste numerose opportunità, oggi può essere orgoglioso, di lavorare in un progetto di lancio nella produzione di suoi brani musicali diretti artisticamente da Gianni Errera, produttore discografico, musicista, compositore e arrangiatore. I ragazzi che hanno superato le audizioni de “La Rotta del talento 2015” si esibiranno il 14 novembre 2105 alle ore 20:00 presso il teatro San Carlo da Sezze, sito in Via di Macchia Saponara 108 (Acilia ), cantando gli inediti scritti durante il corso di formazione . Crediamo dunque, che un talento abbia la capacità di scoprire a sua volta un talento, ed è per questo che l’Associazione “Corelli” può considerarsi una scuola “talentuosa”, che contribuisce a valorizzare la cultura italiana, attraverso il suo intuito ed esperienza artistica.

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parato giovani talentuosi, che nel giro di pochi mesi si sono potuti esibire su numerosi palchi musicali di manifestazioni e concorsi nazionali. Basti pensare che allievi, come Gianmarco Rossi (14 anni) e Valentina Bonfitto (17 anni), sono stati protagonisti di concorsi ed ospiti di manifestazioni sul litorale Romano. Arianna Spagno, a soli dieci anni, dimostra il proprio talento superando le audizioni per il coro di voci bianche del Teatro dell’Opera, anche lo stesso Michelangelo Vizzini (16 anni) già esordiente della trasmissione “Io Canto” trasmessa su Canale 5, ha scelto l’Associazione Corelli per valorizzare il

Associazione Arcangelo Corelli - Carla Angelini Segreteria 06.5663282 - 347.9637630 info@associazionecorelli.com

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[Mestieri ] A cura della Citta’ dei Mestieri

Vivere in campagna. E perché non lavorarci? Sempre più persone scelgono di occuparsi di agricoltura Lasciare la città per andare a vivere in campagna. Un sogno di molti, una tendenza che qualche anno fa ha visto una vera e propria trasmigrazione lontano dal caos ed alla ricerca di aria pura e cibi genuini. E se in passato la scelta era relativa soltanto alla dimora, all’ambito familiare, oggi è tutto diverso. Spesso infatti chi sceglie di andare a vivere in campagna, fa anche una scelta relativa al proprio lavoro. Giovani che non trovano una occupazione e sono appassionati di agricoltura; meno giovani che fanno una scelta di vita all’insegna del verde. A queste aspirazioni/necessità, vanno incontro una serie di iniziative a carattere comunale, regionale e statale. Sono sempre di più infatti i bandi che riguardano questo settore; ed in proposito, proprio lo scorso anno, il Comune di Roma, ha pubblicato un bando per l’assegnazione di terreni. “Roma città da coltivare”, questo il titolo del programma destinato candidati al di sotto dei 40 anni di età, ai quali, tramite lo stesso bando, sono state assegnate aree in affitto per 15 anni (Tenuta della Cervelletta, Tenuta Redicicoli, Tor de’ Cenci, Borghetto San Carlo). Un bando peraltro che ha visto in precedenza, il censimento di numerose aree agricole abbandonate o addirittura occupate illegalmente. Un bando “finalizzato alla tutela e al recupero produttivo dell’Agro Romano mediante sviluppo di aziende agricole multifunzionali”.

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L’OPERATORE DI AGRITURISMO E NON SOLO Come in tutti i mestieri e in tutte le professioni, non ci improvvisa. Tra le nuove figure in questo settore c’è l’operatore agrituristico, colui che conduce e gestisce un agriturismo, tra i luoghi più in voga per trascorrere le sospirate ferie. In un’azienda agricola c’è spazio alla ricettività e alla ristorazione ed è per questo che chi opera in questo ambito deve occuparsi della coltivazione dei prodotti e dell’allevamento degli animali (si sceglie l’agriturismo oltre che per la tranquillità anche per il cibo genuino). Accanto alla parte pratica di questo mestiere c’è anche la parte amministrativa: la gestione economico/amministrativa, progetti e piani per migliorarsi, l’ospitalità, l’arredo. Tutto deve poter tornare e contribuire alla riuscita dell’impresa. Ecco quindi le competenze e la formazione. Almeno un diploma superiore è fondamentale; serve poi la passione e la conoscenza degli aspetti legati all’agricoltura. In ogni caso per esercitare questa attività occorre il rilascio di un’autorizzazione comunale, con tanto di verifiche. Ci sono poi gli aspetti giuridici legati al codice civile. Ci sono inoltre le varie forme per avviare un’impresa agricola: si va dalle cooperative alle società di capitali, dai consorzi alle federazioni di categoria. Molto interessante è la Legge 141 (agricoltura sociale) in vigore dal 23 settembre 2015, grazie alla quale sono state approntate nuove disposizioni che riguardano l’aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento sociolavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni

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essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate. La legge, si propone, nel rispetto dei principi previsti dalla Costituzione e delle competenze regionali, di promuovere “l’agricoltura sociale, quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l’accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”. La legge prevede: • l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati, persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale; • prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e immateriali dell’agricoltura; • prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l’ausilio di animali e la coltivazione delle piante; • iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità animale, anche attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche. La legge prevede interventi da parte di enti pubblici quali le regioni, con la promozione di specifici programmi per il completo inserimento delle persone in difficoltà. Ed ancora, è previsto da parte di mense scolastiche ed ospedaliere, la richiesta di forniture di provenienza “agricoltura sociale”. Inoltre, gli enti pubblici territoriali prevedono criteri di priorità per favorire lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nell’ambito delle procedure di alienazione e locazione dei terreni pubblici agricoli e possono dare in concessione, a titolo gratuito, anche agli operatori dell’agricoltura sociale i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Altra novità è l’istituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dell’Osservatorio sull’agricoltura sociale, nominato con decreto del Ministero stesso. I compiti a cui sarà preposto l’osservatorio sono quelli di definire le linee guida in materia di agricoltura sociale e assumere le funzioni di monitoraggio, al fine del coordinamento delle iniziative con le politiche rurali e comunicazione.

DOVE FORMARSI AGRITURIST – www.agriturist.it CONFAGRICOLTURA – www.confagricoltura.it (cercare nelle sedi quella più vicina) inoltre Confagricoltura organizza corsi per conto della regione Lazio attraverso bandi che vengono pubblicati ogni anno COLDIRETTI – www.lazio.coldiretti.it



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[Scadenzario Fiscale

Anna Maria De Calisti commercialista - Marta Montini consulente del lavoro

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Lo Studio De Calisti A.M. e Montini M. saluta tutti i Lettori che si inoltrano nello scadenzario fiscale di Ottobre 2015. La prima scadenza è il pagamento dei contributi per i datori di lavoro domestico. Il pagamento che va dal 1° ottobre al 12 ottobre, secondo la nuova circolare Inps, potrà essere versato esclusivamente secondo le seguenti modalità: a) rivolgendosi ai soggetti aderenti al circuito “Reti Amiche” (tabaccherie); b) online sul sito internet “www.inps.it”, nella sezione Servizi on line – Elenco di tutti i servizi - Pagamento contributi lavoratori domestici; c) telefonando al Contact Center 803.164, tramite utilizzo di carta di credito; d) utilizzando il bollettino MAV. Lo Studio rammenta, che per l’anno 2015, l’INPS ha suddiviso i contributi per i datori di lavoro domestico in due tabelle scindendo il tipo di contratto applicato da tempo indeterminato a quello a tempo determinato con l’aggiunta del contributo addizionale. Si prosegue poi con la scadenza del giorno 16 ottobre per coloro che hanno deciso di rateizzare i versamenti che derivano dalla dichiarazione dei redditi Unico/2015 ed Irap/2015, pertanto coloro che sono in possesso di partita IVA e le persone fisiche, dovranno effettuare tale versamento relativo ad Irpef, Irap, Ires, Iva, adeguamento studi di settore ed eventuale acconto della cedolare secca sugli affitti. Lo Studio rende noto che avendo dipendenti o collaboratori occasionali, la scadenza del 16 ottobre prevede: IRPEF, Ritenuta d’acconto, contributi INPS. Inoltre, entro il 16 ottobre coloro che sono titolari di Partita Iva e si trovano sotto un regime IVA mensile dovranno effettuare il versamento. Chi non ha potuto pagare omettendo imposte e ritenute (non versate o versate in misura insufficiente entro il 16 settembre 2015), con l’opportuno calcolo può ravvedersi entro il 16 ottobre. Con la scadenza del 26 ottobre coloro che ne sono soggetti, devono presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat. Inoltre entro il 26 ottobre i contribuenti potranno presentare attraverso i Caf e gli Intermediari il Mod. 730/2015 integrativo a modifica di quello originario.

Lo Studio ringrazia per l’attenzione dei lettori e rimane a disposizione, per ogni ulteriore chiarimento. In qualità di CAF CGN lo Studio è abilitato a fornire ulteriori servizi tra cui: 730 per coloro che sono dipendenti, collaboratori, pensionati - ISEE, RED, Detrazioni ecc. - Gestione Badanti e Colf - Successioni Studio De Calisti Anna Maria - Via Leonardo Mellano 72 - 00125 Roma tel. 06/52352585 cell. 3333087137 e-mail: amdec@libero.it




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