TABLET ROMA
ANNO 4 NO 39 MAGGIO 2016 SOMMARIO
PRIMO PIANO 6 Le bollicine
LA RICETTA DEL MESE 10 Asparagi, Lusso Primaverile
TABLET RUN 18 Anche i runners piangono…
DECALOGO BENESSERE 31 Pole dance
TabletRoma è distribuito da Tablet Distribuzione in tutte le principali attività commerciali, sportive e di servizio e parziale porta a porta nei quartieri di Casalpalocco, Axa, Infernetto, Acilia, Dragona, Ostia, e presso i nostri partners. É inoltre distribuito nei quartieri del Torrino, Eur e Spinaceto TabletRoma Reg. Trib. di Roma n° 296/2012 del 19/10/2012 WWW.TABLETROMA.IT editore Tablet Edizioni di Cristina Anichini Via Difilo 41 - 00124 Roma - P.I. 13042831001 C.F. NCHCST66E63H501F anichini@tabletroma.it direttore responsabile Stefano Quagliozzi - quagliozzi@tabletroma.it community manager Cristina Ippoliti - tabletromasocial@yahoo.com progetto grafico tablet ADV Maurizio De Vincentiis impaginazione e grafica Marco Flore stampa Poligraf s.r.l. Via Vaccareccia, 41/b - Pomezia - tel. 06 9106822 pubblicità 340.340.69.70 Rita Chiodoni - pubblicita@tabletroma.it - ritachiodoni@libero.it direzione e redazione redazione@tabletroma.it tablet eventi Massimo Gallus - eventi@tabletroma.it mob. 334.39.22.475 Hanno collaborato a questo numero Serenella Argentieri, Giorgia Conti, Annamaria De Calisti, Barbara Donzella, Valentina Ecca, Simona Gitto, Cristina Ippoliti, Federica Lorenzetti, Valentina Mele, Giulia Migani, Giuseppina Montaruli, Davide Sagliocco, Lorenzo Sigillò, Emanuela Sirchia.
VIAGGIO DEL MESE 46 Il fumo negli occhi delle luci rosse di Amsterdam
MESTIERI 50 Quattro borse di studio per ricordare Flavio Cocanari
Impianti a gas
É consentita la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari solo se autorizzata in forma scritta da Tablet Edizioni di Cristina Anichini. Parte delle immagini presenti su questa rivista sono fonte Internet e sono utilizzate solo a fini informativi. Poichè non è stato possibile risalire ai titolari dei diritti, secondo la legge vigente, la redazione si scusa per la mancata citazione rimanendo a disposizione di qualsivoglia richiesta e precisazione da parte dei titolari stessi. La collaborazione a questo mensile è da ritenersi libera e gratuita salvo diversi accordi.Del contenuto degli articoli, degli annunci economici e pubblicitari sono legalmente responsabili i singoli autori. Gli articoli pervenuti anche se non pubblicati non si restituiscono. La Direzione si riserva il diritto di non pubblicare il materiale pervenuto o di effettuare gli opportuni tagli redazionali. Si ringraziano i partners commerciali per il contributo alla pubblicazione e alla diffusione di questo periodico. Finito di stampare il 3 aprile 2016
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Editoriale di Stefano Quagliozzi
Motore cultura: avanti tutta Maggio è un mese particolare. È il mese delle rose, della festa della mamma, il mese dedicato alla Madonna, il mese che ingloba la festa dei lavoratori, che avvia alla bella stagione estiva, il mese che prelude al periodo dell’anno deputato alle vacanze, al mare al sole, al godere delle lunghissime giornate diurne. Ma quest’anno il mese di maggio ci regala anche una novità inaspettata, la novità che in tempi di crisi non ti aspetti, novità che - speriamo vivamente - possa portare con sé, in un futuro assai prossimo, la visibilità di quello che lo stanziamento di un’enorme massa di denaro può provocare in senso positivo sul nostro inestimabile quanto unico patrimonio culturale e artistico. Mi riferisco allo sblocco da parte del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) di ben 3,5 miliardi di euro di cui uno per la ricerca e la cultura. Un’azione forte e coraggiosa, voluta da Palazzo Chigi, dal MiBACT, e dal MIUR, destinata ad avere eco perché di azioni simili non si ha notizia nel nostro Paese a memoria d’uomo. I Beni Culturali in Italia sono sempre stati la cenerentola della politica, troppo spesso considerati solo zavorra per i costi dovuti alla loro conservazione e tutela. Il Ministero di riferimento è senza portafoglio (quelli di serie “B” per capirsi) e spesso veniva assegnato in passato anche a politici del tutto estranei al mondo della cultura, o come contentino per quegli esponenti di partito che rimanevano fuori dal “gioco” dell’assegnazione delle poltrone di governo che storicamente contano, per prestigio e per risorse manovrate. Negli ultimi vent’anni, anche con la scusa della crisi, la politica ha scelto di tagliare piuttosto che investire; conferma ne è che solo pochi anni fa l’Italia investiva per la Ricerca e lo Sviluppo circa la metà della media UE e un quarto rispetto ad alcuni Paesi scandinavi. E le cose non sono migliorate. Alla deludente posizione in classifica che il Bel Paese ha accumulato nel tempo, si sono aggiunti ulteriori tagli di fondi per la scuola - che solo ultimamente ha avuto nuove risorse - come anche ai Beni Culturali, tanto che in passato l’eccesso di tagli a tale dicastero ha indotto ministri della Repubblica alle dimissioni, non potendo far fronte con le poche risorse stanziate a gestire l’ordinaria amministrazione, fosse anche solo per ad arginare i crolli delle meraviglie di Pompei ed Ercolano. Meraviglie che il mondo intero ci invidia e che sotto la spinta delle grandi “piogge monsoniche italiane” dovute ai cambiamenti climatici, hanno provocato la perdita di tesori d’inestimabile valore anche per mancanza di fondi dedicati alla prevenzione, al recupero e al restauro a salvaguardia dei siti archeologici e delle opere d’arte. Oggi, finalmente, con questa programmazione compiamo un passo importante verso la salvaguardia della nostra storia, della nostra identità, del nostro orgoglio nazionale d’essere i discendenti dei migliori artisti, architetti, navigatori, poeti, inventori, eroi, scienziati, navigatori e trasmigratori che hanno reso grande il nome dell’Italia per secoli nel mondo, e che tutt’oggi abbiamo il piacere e l’onore di ricordare. Per dovere di cronaca è bene rammentare che in pole-position per la destinazione delle ingenti risorse stanziate per la cultura da oggi al 2020, vi sono proprio Pompei ed Ercolano, la Cittadella di Alessandria, la Reggia di Caserta e gli Uffizi di Firenze. Con ottimismo vogliamo auspicare, dunque, che novità come questa siano solo l’inizio di un percorso che finalmente tenga nella giusta valenza il nostro Patrimonio artistico e archeologico da considerare il vero volano della ripresa e dello sviluppo economico attraverso un turismo culturale davvero unico nel suo genere.
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P rimopiano di Raffaella Palpini
Le bollicine! L’incantevole fenomeno fisico della legge dell’ equilibrio termodinamico, un necessario e costante equilibrio tra le molecole di gas e di anidride carbonica. Quando apriamo la bottiglia il gas presente sotto il tappo si disperde velocemente e l’equilibrio si rompe: nel vano tentativo di ristabilirlo il gas presente nel liquido prende la via di fuga verso l’alto... ed eccole! Le bollicine!
Ma quando nasce il vino spumante e dove? È credenza generale che la sua apparizione sia da attribuire alla Francia e al famoso monaco Don Perignon. Ma non è proprio così. Già nel 1000 a.c. si parla di “... una coppa ove spumeggiava un vin... coppa sostenuta dalle mani del Dio, Javhé!”. Passiamo poi alla Grecia, all’Egitto e a Roma.
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Ma lo spumante come lo conosciamo noi? Ci sono bollicine e bollicine ed ecco la sorpresa: lo Champagne come lo conosciamo oggi fu una scoperta tutta inglese! Il successo che questo nettare riscosse a Londra convinse i francesi a cercare di duplicare il vino effervescente. Lo Champagne deve considerarsi non la geniale scoperta del singolo ma il frutto di un progressivo sviluppo negli anni legato a più persone. Il miglioramento che indubbiamente apportò il monaco fu sostituire la botte con la bottiglia ma soprattutto è doveroso riconoscere al cellario Dom Perignon i giusti meriti ad iniziare dalla grande conoscenza dei vitigni. Egli comprese l’importanza della potatura delle viti, la selezione dei grappoli in vendemmia; a lui si deve il riconoscimento della necessaria maturità delle uve - quasi impossibile nella Champagne dato il clima - e la maestria con cui imparò a mescolare le uve in percentuali idonee prima della pressatura; l’intuizione di abbandonare i vini “grigi” e dedicarsi alla vinificazione in bianco, separando raspi e bucce, di uve rose miscelate a seconda di annata.
Introdusse il concetto di Cuveé cioè il mettere insieme mosti provenienti non solo da uve differenti ma anche da zone differenti. Il suo cruccio rimasero però sempre le bollicine, anche perché fino al 1834 il vino della Champagne, la famosa regione francese l’unica a potervi fregiare della dicitura “Champagne”, restava rosso e fermo ma soprattutto non era amato dai francesi. Fu nel 1859 che Pasteur scoprì che a trasformare gli zuccheri in alcol e gas sono dei microrganismi: i lieviti saccaromiceti. Per cui solo dopo questa data possiamo parlare di un Metodo Champenoise nel senso odierno; prima di allora, infatti, non c’erano aggiunte di zucchero e lieviti per indurre la fermentazione.
Ma qual è la differenza con il vino frizzante? Un vino frizzante è qualcosa di molto simile: la differenza principale sta nella sovrapressione. Ma non solo altra differenza fondamentale è tra quelli naturali e quelli artificiali. I vini spumanti di qualità possono essere prodotti con due metodi ed entrambi partono da un vino base, la rifermentazione avviene invece: - Metodo Classico (tradizionale, champenoise): usato per la produzione dello Champagne e degli spumanti di maggior qualità, prevede la rifermentazione del vino in bottiglia. Al vino base viene addizionata una miscela di vino, zucchero e lieviti selezionati (il cosiddetto liqueur de tirage) in grado di far partire la rifermentazione in bottiglia. Il vino viene poi imbottigliato e lasciato a fermentare in cantina per un periodo variabile che può arrivare a 2-3 anni, in posi-zione inclinata verso il basso. Le bottiglie vengono agitate e ruotate periodicamente per in modo da far affluire le fecce verso il tappo. Il vino rifermentato presenterà un tasso alcolico superiore a quello di partenza di circa 1,2% vol e la presenza di anidride carbonica sotto forma di acido carbonico (le famose bollicine). Grazie alla fermentazione dei lieviti, lo spumante assume il caratteristico aroma di crosta di pane.
Ma tra Champagne e Spumante Italiano? Solo i vini prodotti in territori situati a circa 150 km da Parigi possono fregiarsi del nome Champagne in etichetta. La produzione di questi vini viene fatta solamente con il metodo Champenoise. I vitigni utilizzati per produrre champagne sono tradizionalmente di tre varietà diverse: Chardonnay, vitigno bianco che conferisce la finezza tipica del prodotto finito; Pinot Nero e Pinot Meunier, vitigni a bacca rossa (che vengono ovviamente vinificati in bianco) responsabili della pienezza e dell’aroma fruttato. Fermentati separatamente, i vini delle tre varietà vengono assemblati in campioni di proporzioni diverse, scelte dopo una opportuna degustazione. Questa miscela dovrà costituire la cuvée,cioè il vino di base definitivo che sarà poi trasformato e che deve avere un modesto grado alcolico (non superiore a 11% vol). Nell’80% degli champagne in commercio non compare l’indicazione dell’annata in etichetta, questo perché spesso l’assemblaggio prevede la presenza di vini di due o più annate diverse al fine di ottenere un vino più armonico e omogeneo. Lo champagne millesimato, invece, è prodotto con uve provenienti da un’unica vendemmia. Spumanti italiani Gli spumanti italiani utilizzano la denominazione spumante, con l’eventuale aggiunta della scritta “fermentazione in bottiglia” o “metodo tradizionale” o “metodo tradizionale classico” in riferimento al sistema di lavorazione, che in questo caso è quello Champenoise. I più famosi spumanti italiani sono prodotti in Franciacorta, in Lombardia, sotto la DOCG omonima, questi sono i vini italiani che più si avvicinano agli champagne francesi. Anche in Trentino, con denominazione “Trento DOC”, vengono prodotti spumanti di qualità, più delicati e fruttati dei Franciacorta e dunque più lontani come gusto agli champagne. A questo punto cosa dire? Cin cin!!! Un omaggio al grande Alfons Mucha in mostra fino a settembre al Complesso del Vittoriano, che ha disegnato mirabili etichette dei migliori champagne.
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Al termine del periodo di fermentazione in bottiglia, le fecce vengono allontanate stappando velocemente la bottiglia e facendole uscire, spesso congelando il collo della bottiglia in modo tale da solidificare le fecce, oppure con metodi più sofisticati come la filtrazione isobarica sotto CO2 (il vino viene travasato e filtrato in un ambiente sotto pressione, in modo tale che non perda l’anidride carbonica presente al suo interno). La bottiglia viene poi rabboccata con il cosiddetto “liquore di spedizione” (liqueur d’expedition) costituito da vino bianco finissimo, acquavite e saccarosio. In base alla quantità di liqueur aggiunto, gli spumanti si suddividono, secondo la norma comunitaria (Regg. 2332/92 e 2333/92 CEE) in: extra brut, brut, extra dry, sec o secco, demisec o abboccato, dolce per quantitativi sempre maggiori. Se nel liqueur non è presente saccarosio, sarà indicato Brut Nature, Dosage Zèro oppure Pas Dosé. - Metodo Charmat (Martinotti): caratterizzato da tempistiche e costi inferiori. Con questo moteodo la rifermentazione avviene in autoclave e il sedimento di lieviti viene eliminato per filtrazione isobarica prima dell’imbottigliamento. È un metodo industriale per vini di qualità inferiore, inventato nel Bordeaux, che richiede costi di manodopera inferiori e tempi più brevi. Data la rapidità della lavorazione, si evidenziano ancora nel vino gli aromi e le caratteristiche dei vitigni di origine, per questo si prestano bene al metodo Charmat il Moscato e il Prosecco I vini frizzanti naturali sono prodotti di solito con metodo Charmat. I vini spumanti e frizzanti artificiali, di qualità inferiore, sono invece ottenuti addizionando il vino con anidride carbonica.
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Una buona notizia per tutti coloro i quali hanno rinnovato in passato prestiti contro cessione del quinto dello stipendio. Nel caso di rinnovi o comunque estinzioni anticipate, gli istituti finanziari – più frequentemente nel passato – non hanno riconosciuto gli oneri assicurativi e le commissioni bancarie per il periodo non goduto. La normativa vigente e tutta la recente giurisprudenza, impone invece alle banche il rimborso, delle somme già trattenute in origine, per la quota parte di periodo rimanente alla scadenza dalla data di estinzione. Ne parliamo con Paolo Chianta Amministratore Unico di Rimborso del Quinto, la società di consulenza legale e finanziaria che si occupa esclusivamente di questa particolare attività. In cosa consiste il vostro servizio? RdQ esamina la contrattualistica, effettua il conteggio degli oneri non goduti, si occupa di tutte le procedure previste da Banca D’Italia per la presentazione della richiesta di rimborso alle banche. Chi ha diritto a questi rimborsi? Tutte le persone che hanno rinnovato la cessione del quinto o delega di pagamento negli ultimi 10 anni. Con molta probabilità la banca non ha riconosciuto, al momento del conteggio di estinzione anticipata, gli oneri non goduti relativamente alle commissioni finanziarie, bancarie e assicurative. Quali sono i tempi effettivi di rimborso? Variano rispetto alle oltre 180 banche, oltre alle assicurazioni, che hanno operato nel corso degli anni su questi finanziamenti, possiamo affermare mediamente circa 50gg. . A quanto ammontano i rimborsi? Possono variare di molto: gli importi pagati all’inizio in termini di commissioni e premi assicurativi (vita e impiego) e le rate rimanenti alla scadenza sono i principali fattori che determinano gli importi. Diciamo che la media aritmetica su un campione ormai vasto è di circa 1.800,00 € a pratica. Ci sono clienti che hanno ottenuto il rimborso anche su 7 pratiche…. Cosa deve fare il cliente? È molto semplice: si deve mettere in contatto con noi, poi insieme ricostruiremo i movimenti negli ultimi 10 anni. Se non ha conservato la contrattualistica provvederemo noi a richiedere copia. In pratica una volta rinviata firmata la docu-
mentazione che gli inoltreremo, RdQ provvederà ad istruire la pratica senza spese o anticipi; solo nel caso di effettivo rimborso, verrà riconosciuta una commissione fissa sull’importo ricevuto dal cliente. Nulla è dovuto in caso di insuccesso, peraltro molto raro. Scoprite quanto è semplice, veloce e conveniente con Rimborso del Quinto! I rimborsi sono consistenti, quindi una sola raccomandazione: dal momento che il periodo di prescrizione è 10 anni alla data dell’estinzione, affrettatevi!!! E BUON RIMBORSO A TUTTI!
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L a ricetta del mese di Davide Sagliocco
Primavera di Riso agli Asparagi con Capesante
Asparagi, Lusso Primaverile Poco calorici, ricchi di vitamine e sali minerali. Prelibati e preziosi, sono coltivati ancora oggi soprattutto a mano. L’asparago è un ortaggio davvero molto prezioso grazie alle sue proprietà organolettiche. Esso infatti favorisce la diuresi. Ce ne sono diverse varietà: l’asparago bianco dal sapore più delicato, quello violetto, e il più comune asparago verde dal gusto più intenso. L’asparago è quindi un ingrediente che si presta a tantissime ricette. Da originali pancake salati, a torte salate, risotti o paste. Con sfumature di colore, sapore e consistenza nette e inconfondibili. Consigli in cucina…. Controllate le punte degli asparagi, se sono ben serrate gli asparagi sono freschi. Risotto si, ma con regole…. Ci sono alcune regole che bisogna seguire per cucinare al meglio il risotto, come l’attenzione a mescolare solo quando si aggiunge il brodo per la cottura e la tostatura che non può mai mancare. Bisogna conoscere le varietà di riso per scegliere quelle giuste per il risotto. Il Vialone nano, il Baldo, l’Arborio e il Carnaroli hanno chicchi grandi e si prestano molto bene a risotti normali o all’onda.
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Microvegetali dall’Olanda Prodotto da molte aziende olandesi, i micro vegetali sono piantine giovani usate dagli Chef per decorare i piatti a livello estetico e dare aromi insoliti. Che in questo risotto ammorbidiscono il gusto deciso della capasanta cruda condita con scorza di limone, olio extravergine, sale e pepe.
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Cosa ci serve per quattro persone 320 g di riso Carnaroli 200 g di punte di asparagi il succo di un mezzo limone non trattato 50 g di olive taggiasche essiccate (per dieci minuti al microonde) 40 g di parmigiano 30 g di burro 150 ml di olio di oliva extravergine 30 g di micro vegetali 10 g di sale 20 g di pepe un litro di brodo vegetale Cosa ci serve per la crema di asparagi un mazzetto di asparagi verdi un cucchiaio di bicarbonato Cosa ci serve per le capesante otto capesante 5 g di scorza di limone non trattato 50 ml di olio extravergine di oliva polvere di liquirizia 2 g di sale 2 g di pepe Mettiamoci al lavoro Pulite gli asparagi, tagliateli a pezzi e cuoceteli in una pentola un litro di acqua e il bicarbonato per dieci minuti. Scolateli senza buttare l’acqua e passateli in un mixer da cucina fino a ottenere una crema omogenea, se necessario unite l’acqua di cottura. Sgusciate le capesante, privatele del corallo rosso e tagliatele a cubetti. Condite con la scorza di limone, sale, pepe e olio e tenetele da parte. Preparate il risotto. In una casseruola scaldate poco olio, aggiungete il riso e fatelo tostare brevemente, salando e pepando. Continuate a cuocere aggiungendo il brodo a poco a poco. Arrivati a metà cottura unite la crema di asparagi e portate a cottura. Aggiungete le punte di asparagi sbollentate, togliete dal fuoco e mantecate con il burro e il parmigiano. Suddividete il risotto nei piatti e condite con le olive taggiasche essiccate e sbriciolate, la scorza di limone, le capesante, spolverizzate al momento con un pizzico di liquirizia in polvere e i micro vegetali.
Lo faccio in casa
di Giorgia Conti Tel. 339 7268608 email: larosadeldessert@gmail.com Facebook: La Rosa del Dessert Instagram: La Rosa del Dessert
Banana bread Avete comprato troppe banane e adesso ne avete ancora tre che sono arrivate a maturazione eccessiva per essere mangiate così come sono? È il momento di trasformarle in un gustosissimo Banana Bread, dolce americano, principe dei brunch domenicali, ottimo con il latte ma anche con il tè, un vero jolly del riciclo gustoso! Questa ricetta, regalatami tanti anni fa dalla mia amica Giada, è imbattibile!
Ingredienti: 150g zucchero di canna 120g burro fuso 2 uova 200g banane maturissime 100g farina 00 70g farina integrale ½ bustina di lievito Buccia di limone bio oppure cannella
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Procedimento: Emulsionare le uova con lo zucchero di canna, aggiungere il burro, le farine ed il lievito, grattare la buccia di un limone ed infine inserire le banane schiacciate con una forchetta. Infornare il composto a 170° in forno ventilato (fare la prova stecchino) e gustare a temperatura ambiente!
Tutti pazzi per i corsi! Sono partiti i corsi organizzati dallo Chef Emanuele Vizzini e dal suo staff. Nelle cucine e nei locali del Ristorante I Gobbi sono cominciati i corsi professionali e semi professionali aperti a tutti, sia per coloro che vogliono intraprendere la carriera di cuoco, e poi di Chef, sia per coloro che sono interessati a scoprire e a imparare i trucchi giusti per la preparazione di un menu’ e di alcuni piatti della cucina nazionale e internazionale. Per i corsi professionali lo scopo è quello di formare personale che possa essere inserito nel mondo del lavoro, in strutture alberghiere e ristorative, settore sempre in espansione con grande richiesta di addetti in cucina e in sala. I corsi sono aperti a uomini e donne di ogni età. I corsi semi professionali e amatoriali sono dedicati invece a coloro che vogliono imparare a cucinare e a curare piatti particolari e migliorare il proprio bagaglio culinario casalingo, per le cene e i pranzi di interesse familiare. Sono aperte le iscrizioni. Le ore di impegno e i costi dipendono dal grado di corso che si intende percorrere. Ogni corso affronterà comunque tutte le tipologie di portata, dalla carne al pesce, ai primi piatti, i contorni, gli antipasti e la pasticceria, imparando anche
di Cristina Ippoliti
l’utilizzo accurato dei macchinari, fino ad arrivare alla preparazione e presentazione del piatto. Verranno spiegati per tutti i cibi, soprattutto la carne e il pesce, i vari metodi di cottura, la scelta degli alimenti, i tagli della carne e le qualità di pesci che si scelgono secondo il mese e la stagione. È così che si possono imparare ad apprezzare, a cucinare e a valorizzare alcune tipologie di alimenti ad alto potenziale nutritivo spesso poco presenti sulle nostre tavole. Non si tralasceranno affatto aspetti importanti come la presentazione dei piatti anche attraverso la pratica di intaglio della frutta e della verdura, riconoscerne i sapori e gli odori e valutare quando e come acquistare i prodotti in base alla stagionalità e alla provenienza. Per i corsi professionali sono previsti degli stage sia in loco che fuori sede. Sono altresì previsti corsi in lingua straniera. I docenti sia per i corsi professionali che per quelli semi professionali sono lo Chef Emanuele Vizzini, il suo braccio destro Claudio Zarroli, e il loro staff, ognuno specializzato in vari aspetti della cucina. Negli ultimi anni, anche grazie al proliferarsi di molti programmi televisivi a tema culinario, sono aumentati i corsi di cucina, soprattutto a carattere semi professionale e professionale, ma non tutti sono all’altezza delle aspettative dei corsisti, soprattutto per coloro che vogliono intraprendere un percorso professionale che possa permettere alla fine di essere inseriti in un contesto lavorativo nel settore della ristorazione. Con lo Chef Vizzini e il suo staff le garanzie ci sono tutte. Segnaliamo ai nostri lettori che lo Chef Emanuele Vizzini è docente di chimica alimentare presso il distaccamento italiano di Roma e provincia della Walker University in Nevada. Per info e prenotazioni: Ristorante I Gobbi 06/50933953 - CasalPalocco
la preparazione della cucina, il rispetto degli ambienti di lavoro,
Le uscite del mese di Cristina Ippoliti
AL CINEMA
Non il classico lungometraggio, non la solita commedia. Questo mese vi voglio parlare di un documentario: Leonardo da Vinci - Il genio a Milano. Il docufilm, in sala dal 2 Maggio, ci permette di conoscere il soggiorno cittadino dell’artista, offrendo la chiave per trasformare in quadri cinematografici i numerosi scenari leonardeschi di Milano, grazie alla regia di Luca Lucini e Nico Malaspina. Tra gli interpreti ricordiamo Vincenzo Amato, Cristiana Capotondi e Alessandro Haber, Gabriella Pession, Paolo Briguglia. Uomo d’ingegno e talento universale del Rinascimento italiano, Leonardo da Vinci incarnò in pieno lo spirito universalista della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell’arte e della conoscenza. Fu pittore, scultore, architetto, ingegnere, matematico, anatomista, musicista e inventore, ed è probabilmente il più conosciuto tra i protagonisti della cultura di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Da sempre viene definito come Il Genio Universale per la sua vivace curiosità e per la sua mente speculativa, che lo hanno portato a spaziare in ogni campo del sapere umano del suo tempo: dalle invenzioni e creazione di macchine all’architettura, alla botanica, alla fisiologia, alla fisica, alla filosofia, alle lettere, alla pittura ed alla scultura.
IN LIBRERIA:
In questi anni di dubbi, di difficoltà, la lettura non è più così di moda. Ma chi ha detto che non ci si possa prendere una pausa dagli impegni, mentali e fisici, di tutti i gironi, per provare a tornare alle filosofie antiche, per una boccata d’aria fresca, per avere un’occasione per riflettere su se stessi e su ciò che ci circonda? Il libro di questo mese ce ne dà l’opportunità. Una raccolta di massime di saggezza di Confucio, in uscita a metà Maggio, a cura di Paolo Santangelo, per Newton Compton Editori. Da più di due millenni la dottrina di Confucio rappresenta un modello e un’ispirazione per milioni, miliardi di donne e uomini. Mentre in India predicavano Buddha e Mahavira e in Iran Zarathustra, mentre a Gerusalemme fioriva il profetismo ebraico e in Grecia operavano i primi grandi filosofi, Confucio diffondeva la sua concezione morale − in cui si fondono un ideale di armonia interiore ed esteriore e la volontà di un costante impegno sociale. E per i suoi insegnamenti sceglieva un linguaggio semplice, diretto e concreto, la forma di brevi battute, lo humor di un epigramma, l’allusività di un apologo, perché un sistema organico e una teoria articolata avrebbero impoverito e travisato l’infinita ricchezza.
MUSICA:
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“Black Cat”. È questo il titolo del nuovo album di Zucchero, in uscita dopo cinque anni da “Chocabeck”. Per godersi il nuovo disco dal vivo, imperdibili i dieci appuntamenti all’Arena di Verona nel Settembre 2016. Si tratta di show speciali in cui ripercorrerà i momenti più importanti della sua carriera e che saranno gli unici appuntamenti italiani del tour mondiale dell’artista. In ognuna delle dieci serate Zucchero porterà in scena uno spettacolo unico grazie alla partecipazione di un ospite sempre diverso. Inoltre dal 16 al 28 Settembre, Verona si trasformerà nella “città di Zucchero” grazie a iniziative che mirano a consolidare il rapporto tra l’artista e la città. Verrà, infatti, allestita nei pressi dell’Arena una mostra interamente dedicata a Sugar, una retrospettiva per celebrare, attraverso immagini e parole, una tra le carriere più importanti della musica italiana e non solo.
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TLaablet Run rubrica per i runners di Lorenzo Sigillò
ANCHE I RUNNERS PIANGONO… Come si torna da un infortunio?
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Questo mese non troverete scritto di quanto sia piacevole correre nei mesi primaverili e neanche i buoni propositi dei neofiti. No, questa volta Tablet è non Run e si mette dalla parte di chi soffre e di chi queste sensazioni non le respira da un po’: gli infortunati! “Tieniteli tu i consigli” cantava Ligabue, ormai vi siete fatti male ed è inutile piangere sul latte versato. Lo sappiamo che è frustrante stare a guardare, che è bello tifare gli amici, ma stare fuori fa davvero male e l’obiettivo, durissimo, è solo quello di tornare. Stronger, Faster, Harder è così che vogliamo sentirci alla fine di un recupero da un infortunio. Ma non sarà facile, la voglia di bruciare le tappe è sempre il peggior nemico e la ricaduta è un macigno da evitare per non tornare a lavorare il doppio, sia psicologicamente che fisicamente. Dopo il conforto di eventuali radiografie ed ecografie, il primissimo passo sarà una corsa leggera di massimo mille metri, dove se avvertite anche un minimo dolore, sarà il caso di fermarsi ed approfondire ancora il quadro clinico. Appurata la buona forma generale, la ripresa va temporizzata in base ai giorni di stop subiti. Tra le tante tabelle consigliate, Tablet Run vi propone una base-line quasi sempre valida: fino a 4-5 giorni di pausa solo i professionisti si considerano disallineati dalle loro attività, pertanto val la pena variare le nostre abitudini solo dopo uno stop superiore. Fino ai dieci giorni di inattività sarà sufficiente una prima uscita blanda ed una diminuzione del passo di 5-10” al km, fino ad una ripresa completa dopo tre allenamenti. Dopo i 10 giorni e fino ad un mese di stop, comincia la necessità di un recupero quanto meno proporzionato al periodo di sosta. Se siete stati fermi per un periodo X, quello è lo stesso lasso di tempo su cui tracciare la ripresa della vostra preparazione; infatti, vanno aumentati gradualmente - tra il 10 ed il 20% tra un’uscita e l’altra – l’intensità e la lunghezza dei percorsi. Con una pausa superiore al mese, la voglia di spaccare il mondo comincerà ad essere palese, ma purtroppo dovrete aspettare ancora: no a salite, discese, sterrati e itinerari impervi; sì, invece, a camminate veloci e corse base da principianti, che dovranno durare almeno 4 settimane. Se il vostro infortunio vi ha bloccato più di tre mesi, dovrete ragiona-re come un neofita vero e proprio partendo da zero, meglio ancora se seguiti da una tabella preparata da uno specialista. Non va dimenticato che in un periodo di riposo forzato, un cattivo nemico
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può essere anche l’aumento del peso, da tenere quindi sotto controllo assieme ovviamente ad un’alimentazione meno dedicata al solito reintegro di energie. Considerate che ogni chilo acquisito, può equivalere a 3km di velocità da recuperare e che sopra i 5 chili andrà decisamente rivista la vostra preparazione. Non dimenticate, inoltre, che quando siete infortunati per la corsa, altri sport possono aiutarvi a mantenere uno stato psicofisico accettabile, come il nuoto, la bici, la “palestra” e persino alcuni tipi di ginnastica posturale, dolce, meditativa. Non sottovalutate, infatti, anche il bisogno di stimoli della vostra mente. Ed infine il consiglio anti-ricadute: quando vi sentite tornati al top, rallentate! Avete letto bene, fermatevi bruscamente e regredite per due-tre uscite, vi aiuterà a non bruciare le tappe sovraccaricando il vostro corpo in ripresa e sarete più certi del vostro recupero al di là delle sensazioni personali. In bocca al lupo a chi è infortunato, a chi sta recuperando e chi è pronto per nuove sfide. Per chi sarà già pronto a maggio, segnaliamo l’ormai famosa Race for The Cure, 5km dedicati alla lotta contro il tumore al seno dell’associazione mondiale Susan G.Komen, nella sua 17esima edizione che si correrà a Roma il 15 maggio con partenza ed arrivo al Circo Massimo (anche a Bari il 22 Maggio, a Bologna il 25 settembre ed a Brescia il 16 ottobre). La 4a edizione della Rincorriamo la pace con “Emergency”, sarà protagonista invece della Pineta di Castelfusano, a Ostia, il 22 maggio: 10 km per la competitiva e 4km per la Fun Run. Ed infine scavalliamo a giugno per segnalarvi, il primo del mese, la suggestiva Alba Race. La settima edizione della gara partirà alle 5.30 del mattino dal Parco del Foro Italico, per concludersi 6.600 metri dopo all’interno dello Stadio Olimpico. Menzione a parte per la speciale Wings for Life World Run: l’8 maggio ci sarà anche la tappa italiana della corsa contro il tempo che si svolge contemporaneamente in tutto il mondo, a Milano per la prima volta dopo due edizioni a Verona. La gara è unica del suo genere, con il traguardo che ti insegue anziché aspettarti, sotto forma della famigerata catcher car! Ne avrete sentito parlare ed ha un fascino che giustifica la passione che sta alimentando nel corso degli anni la partecipazione anche in Italia, trovate tutte le info su www.wingsforlifeworldrun.com/it . Stay Tablet, Stay Infortunato, Lotta-Combatti-Torna e… Stay Run!
S istema Binario di Simona Gitto
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In anni non troppo lontani sembrava impossibile che l’uomo potesse viaggiare nello Spazio. Figuriamoci quanto deve essere stato assurdo ed emozionante, in questo senso, l’allunaggio del ’69 per le persone di allora. Oggi non solo ci siamo spinti oltre, ma pensare di potere, in un futuro relativamente prossimo, “colonizzare” un nuovo pianeta, non è più solo fantascienza. Ricordo, ad esempio, che quando vidi al cinema “The Martian”, l’ultimo capolavoro firmato Ridley Scott, sul finire dello scorso anno, rimasi molto incuriosita e in un certo senso affascinata dalla possibilità che degli astronauti un giorno potessero sbarcare su Marte. Ancora meglio, che un povero Matt Damon disperso e abbandonato erroneamente dai compagni potesse sopravvivere coltivando qualcosa di così comune sul nostro pianeta come le patate. Tant’è che uscita dalla sala pensai: “quanto c’è di realistico in questo film? È davvero possibile che su un pianeta inospitale (atmosfericamente parlando) come Marte possa crescere qualcosa?”. Anche quando si pensa di non poter avere risposta perché “dopotutto è solo un film” arriva una bella smentita dalla NASA, che pare stia lavorando in collaborazione con l’International Potato Center a Lima, alla possibilità che un giorno si possano davvero coltivare le patate su Marte. In Perù, nel deserto Pampas de La Joya, sfidando l’ostacolo comune sia al film che alla realtà, ovvero far attecchire la vita nel bel mezzo di un clima arido, sono stati ricreati prototipi di serre che dovrebbero essere costruite su Marte per testare le chances di crescita di una sessantina di varietà di patate. In sostanza, prima che la coltivazione vera e propria sul suolo rosso cominci, gli scienziati pensano di far arrivare i tuberi sul pianeta all’interno di tubi refrigerati; una volta a destinazione potrebbero essere piantati da macchinari appositi in un’atmosfera controllata, prima dell’arrivo degli uomini. Quando diciamo sfida non scherziamo: Marte, infatti, è un pianeta caratterizzato da una grande quantità di radiazioni, temperature che raggiungono mediamente i -60° C, poca gravità, ma soprattutto poco ossigeno e tanta ma tanta anidride carbonica. Le patate, invece, hanno dalla loro un bel vantaggio, ovvero una grande adattabilità a climi variabili oltre ad una composizione nutritiva che include vitamina C, zinco, ferro, grandi quantità di carboidrati e proteine. Caratteristiche che fanno ben sperare. Ma nonostante questo, sono stati considerati anche i casi in cui il suolo di Marte possa mettere i bastoni tra le ruote, prevedendo in questo frangente la possibilità di
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optare per coltivazioni idroponiche o aeroponiche (con nutrienti trasportati via acqua o aria alle patate). Gli esperimenti condotti dalla Nasa, in tal senso, aiuterebbero non solo a capire se la coltivazione di cibo sia effettivamente qualcosa di realistico su Marte, ma anche di permettere, un giorno, di poter colonizzare il pianeta rosso, e di poter fare a meno di trasportare il cibo dalla Terra, producendolo in loco. Questo sicuramente favorirebbe la riduzione di rischi e di costi relativi al trasporto, appunto. Ma chi pensa che la sperimentazione porterebbe benefici solo ed unicamente in ambito spaziale si sbaglia. In realtà, se le patate riuscissero a crescere su un pianeta come Marte e se si sviluppassero coltivazioni su larga scala in contesti aridi sarebbe possibile estendere la produzione di questo alimento anche in zone del nostro pianeta caratterizzate dalle stesse problematiche climatiche, così portando cibo anche dove non cresce nulla. Ok, non si sconfiggerebbe la fame nel mondo, ma sicuramente sarebbe un enorme passo avanti in tale direzione. La vera sintesi di queste riflessioni piene di speranza arrivano direttamente da Joel Rank, responsabile della comunicazione del CIP (International Potato Center), che si è concentrato proprio su questo particolare risvolto della sperimentazione: “ Se saremo capaci di far crescere patate in condizioni estreme, come quelle di Marte, allora potremo salvare vite sulla Terra”. E noi non possiamo che essere assolutamente d’accordo con lui, e sperare che ciò accada.
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Intervista ad Helen Creswell (Counselor) a cura della redazione La incontriamo per farci spiegare chi è un counselor e come questa professione sia diversa da quella di psicoterapia. “Quando un individuo già si sente male - Helen commenta - la confusione tra i ruoli potrebbe scorraggiarlo a cercare l’aiuto di cui necessita” Quando una persona sta male, confusa, agitata, ansiosa, alienata, terrorizzata, o quando ha dubbi sull’autostima, o è incerta sulla propria identità, allora è richiesta la comprensione. La compagnia dolce e sensibile di un atteggiamento empatico fornisce l’illuminazione e la guarigione. In tali situazioni, la profonda comprensione, credo, sia il dono più prezioso che si può dare ad un altro. Carl Rogers Con questa frase del celebre psicologo americano approcciamo la nostra conoscenza al mondo di Helen Creswell, Counselor integrativo, che professa nel suo studio di CasalPalocco, al Centro Commerciale Le Terrazze. La incontriamo per farci spiegare bene chi è un counselor, poichè sembra che ci siano delle difficoltà e confusioni a capirlo e com’è diverso da uno psicoterapeuta e inoltre Helen nota che quando una persona si sente già male, questa mancanza di chiarezza può scoraggiare l’individuo a cercare l’aiuto di cui necessita. Una formazione adatta specificamente al Counseling Helen si è formata alla CIPA, Scuola di Counseling Integrato per la Professione d’Aiuto della Università degli Studi di Roma Tor Vergata, e riconosciuta dall’Associazione Nazionale di Counselor Relazionali (ANCoRe) conseguendo il Diploma di Counselor ad Approccio Relazionale in Counseling Integrato. È socio di ANCoRe, appartenente alla Federcounseling, l’organizzazione che detta da le regole dal punto di vista dei valori e della deontologia da seguire. Questa federazione fa parte della EAC, European Association for Counselling. La formazione si basa su corsi triennali presso una scuola accreditata come quella dell’Università di Tor Vergata. Helen utilizza un metodo integrato che si ispira ai principali modelli teorici della psicologia e delle scienze umane, perciò se l’obiettivo o il problema di affrontare fa parte del compito di un counselor, può scegliere quale approccio o tecnica di utilizzare in base al cliente. Cos’è il Counselor? È una figura professionale che accompagna un individuo lungo un percorso che ha come obiettivo la risoluzione di un problema. A differenza di uno psicoterapeuta, il counselor lavora sul qui e ora, e non sul passato. Il primo approccio è di carattere valutativo per capire se è corretto un percorso di counseling oppure se la persona presenta una patologia o ha bisogno di approfondire il suo passato. Nell’ultimo caso verrebbe indirizzata ad uno psicoterapeuta, più idoneo al lavoro da fare. Il counselor non ha la pretesa di curare patologie, ma lavora solo con persone che hanno un momento tran-
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sitorio di difficoltà, un pro-blema relazionale, un piccolo trauma, problemi sul lavoro, nell’ambito scolastico, una decisione o scelta difficile da fare, che hanno bisogno di essere ascoltate e accettate senza giudizi o che in un determinato momento mancano di motivazioni. Insieme il Counselor e il cliente formulano un obiettivo, (non si parla di una diagnosi e di una terapia) e il Counselor lavora con il cliente per raggiungere quell’obiettivo che spesso rappresenta uno stato di miglioramento della propria vita in quel momento, grazie all’aiuto di una persona obiettiva ed esterna. Il counselor è una via di mezzo tra il rimanere isolati e la psicoterapia, quando non è necessario esplorare troppo il passato, e può essere adatto un percorso meno profondo. Il Counseling. I principali fondamenti del counseling sono basati sull’empatia, sulla corrispondenza tra persone, senza giudizi e pregiudizi. Si parte dal presupposto che la persona che si ha davanti abbia tutte le risorse personali necessarie per andare avanti e raggiungere i propri obiettivi, solo che in quel momento non le vede e ha necessità di qualcuno che lo aiuti a diventare più consapevole di quello che sono le proprie capacità e di quali potrebbero essere le proprie scelte. Si lavora molto a livello emotivo. Spesso si chiede alle persone come si sentono nel momento in cui raccontano un problema, affinchè le emozioni vengano riconosciute, accettate e convalidate poichè fanno parte di noi e la loro emersione è spesso di aiuto nel capire noi stessi e nell’elaborare ciò che succede intorno, aiutando anche a trovare la strada migliore. Inoltre il setting o il luogo in cui si affronta un percorso di counseling è un posto tranquillo in cui la persona può sentirsi protetta e a suo agio in contesto di assoluta privacy. Un aspetto importante del lavoro di Helen è l’uso dell’arte, sotto qualsiasi forma, come mezzo di comunicazione quando un individuo per diversi motivi che vanno dall’ incapacità di esprimersi a problemi oggettivi di linguaggio, non riesce a esternare il proprio problema. Il disegno o altro rappresentano in quel momento una finestra che permette al counselor di entrare nel mondo della persona che ha di fronte, che lo aiuta a capire cosa sta succedendo, senza dare una intepretazione. Questo è per Helen un gioiello, un tesoro che la persona in quel momento sta donando. Molte di queste esperienze Helen le vive quando una volta a settimana porta la sua professione al servizio di un centro profughi, dove spesso, non parlando la stessa lingua, sono i disegni che aiutano a comunicare. Per altre informazioni o per chiedere un appuntamento siete invitati a contattare Helen, cell: 333 2284093 o mandare un email a helen@cresco-io.com (vedete sotto).
Helen Creswell Counselor regolamentata ai sensi della L.4/2013 (art.1 comma 3) "per professioni non organizzate in ordini o collegi." Iscritta al Registro dell'Associazione Nazionale Counselor Relazionali (A.N.Co.Re.) con n.355 dal 2016. Cell: +39 333 228 4093 Email: helen@cresco-io.com Website: www.cresco-io.com
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L E M A N I R A C C O N TA N O … Le mani non nascondono…
A volte mi guardo le mani e penso a tutte le storie che ci sono dentro. A quello che loro hanno visto e che gli occhi non sanno raccontare. Andreamaugeri
Molte donne sanno come sia difficile avere belle mani e come sia difficile mantenerle tali. Le mani lavorano, indicano, spiegano, “parlano”, accarezzano, seducono. Perciò rivelano - ancor più chiaramente del viso - le tracce del tempo che passa: la loro pelle, infatti, invecchia 5 volte più velocemente di quella del volto. Col passare del tempo la cute delle mani si assottiglia mettendo in risalto e facendo affiorare i vasi sanguigni. Compaiono macchie, la pelle perde . elasticità, si verificano cambiamenti che probabilmente una parte delle nostre lettrici già ben conosce. Il ringiovanimento delle mani è utile per risolvere un aspetto molto comune e trascurato: le mani tradiscono l’età! E a volte lo fanno anche in modo impietoso per cui eliminare i segni di invecchiamento del tempo è importante quanto curare il proprio viso. Eppure spesso sono proprio le mani, quando sono belle e curate, a dare della persona in generale un’immagine sofisticata e piacevole, riuscendo a mettere in secondo piano anche una figura non proprio perfetta. Per contrastare l’effetto del tempo sulle nostre mani, oltre una buona cosmesi quotidiana, è importante agire in senso preventivo e correggere quegli inestetismi che sono espressione dello scorrere del tempo.
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Mestieri A cura della Citta’ dei Mestieri
L’INIZIATIVA
Quattro borse di studio per ricordare Flavio Cocanari Cristina, Virginia, Roberto e Massimo, premiati alla presenza del Prefetto Vulpiani e del direttore di direzione, Gabriella Saracino Seconda edizione per le Borse di studio intitolate a Flavio Cocanari. L’iniziativa, curata dall’associazione Amici di Flavio Cocanari, della quale è presidente Mario Conclave, anche quest’anno ha individuato quattro ragazzi frequentanti le scuole medie del territorio del municipio X. Quattro ragazzi che si sono distinti per profitto e per comportamento. A loro vanno le borse di studio di 500 euro
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l’una, somma che consentirà di proseguire serenamente il loro percorso di studi. La cerimonia di consegna si è tenuta nella Sala Formazione della Città dei Mestieri, della quale l’associazione è partner. Cristina, Virginia, Roberto e Massimo, questi i nomi dei ragazzi premiati, molto emozionati, erano accompagnati da genitori ed insegnanti altrettanto emozionati. Così come lo erano gli eccezionali ospiti che hanno preso parte all’evento. Su tutti, il Prefetto Domenico Vulpiani che si è dichiarato particolarmente contento di prendere parte ad “Una iniziativa positiva che coinvolge giovanissimi
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del territorio. Per me, un ambito singolare tra le tante situazioni di ogni giorno”. Eh sì, una situazione del tutto diversa rispetto al difficile quotidiano da seguire da quando è Commissario straordinario del Municipio X, sciolto per infiltrazioni mafiose. Proprio Vulpiani, parlando di solidarietà, ha centrato in pieno lo spirito dell’associazione Mario Conclave che quando ha istituito il premio e quando ha fondato l’organismo, ha ripercorso la storia di Flavio Cocanari, che della solidarietà ha fatto un percorso di vita. Flavio, nativo di Lecce, da quando aveva conosciuto Ostia, se ne era innamorato tanto da scegliere di viverci. E si era dedicato agli emarginati, ai più deboli della società, a quanti si sono trovati nella condizione di dover vivere per strada, senza una casa ed un affetto. Molta attenzione Flavio aveva anche per i bambini, soprattutto quelli con disagio sociale. Il suo testamento spirituale è stato raccolto dagli amici, dalle tante persone che lo hanno conosciuto e che oggi proseguono in qualche modo il suo cammino, in suo nome. Ed ecco allora le borse di studio per supportare i più giovani. Per tornare alla premiazione, il Prefetto Vulpiani si è complimentato con lo staff dei Servizi Sociali ed in particolare con lo staff di Città dei Mestieri “centro all’avanguardia nell’orientamento al lavoro e alla formazione”. Anche il Direttore di Direzione Socio-Educativa, Gabriella Saracino, si è dichiarata molto soddisfatta per il lavoro svolto. “Una scelta non facile - ha spiegato il direttore Saracino - frutto della grande sinergia tra associazione e Servizi Sociali. Il merito di questi quattro ragazzi è anche quello delle famiglie e delle scuole Mozart, Giovanni Paolo II, viale Vega e Marco Ulpio Traiano”. Sollecitati dal Prefetto e dal direttore Saracino, i protagonisti di questa giornata, hanno svelato ognuno qualcosa di sé. Cristina, 12 anni, seconda media, ama la matematica e il disegno, Virginia, 12 anni, seconda media, ama la matematica; Roberto, 12 anni, prima media, predilige la geografia e il francese, Massimo, 12 anni, seconda media aspira a frequentare la scuola alberghiera.
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Decalogo benessere di Vaalentina Mele
POLE DANCE
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L’avete vista vincere in diversi talent show, l’avete vista in diversi video stupefacenti su siti internet, l’avete vista praticare da ragazze dal corpo statuario, ma anche da ragazze più prosperose e abbondanti. L’avete vista praticare a ragazzi con movenze leggiadre e femminili, ma anche a ragazzi possenti e virili. Ultimamente l’avete anche vista praticare ad una donna di 70 anni e lì vi si è accesa la lampadina: che sia uno sport adatto a tutti? Esatto! La Pole Dance è una disciplina sportiva adatta a chiunque abbia voglia di provarla. Vedo da qui la vostra mente lavorare: sono mesi ormai che la parolina “palestra” frulla nei vostri pensieri; è ora di andare, la prova costume si avvicina e nonostante a settembre vi siate ripromesse che avreste iniziato subito, per poter aver quel corpo che tanto desiderate, siamo a Maggio e ancora non ci avete messo neanche un piede dentro. Ogni sabato vi dite “lunedì inizio”, ma poi quando arriva l’orario l’idea della sala pesi, della noia sul tapis roulant, della fatica dei piegamenti vi fa preferire altro. Ed ora siete qui con Tablet in mano a chiedervi “E se iniziassi uno sport completamente diverso e del tutto nuovo?”, ma un miliardo di domande vi passano per la testa. Come poter avere risposta? Semplice, continuate a leggere. 10 vero o falso sulla Pole Dance. ( Un miliardo di vero o falso non potevo proprio scriverli, accontentatevi). 1- É come la Lap Dance. Assolutamente FALSO. Sfatiamo questo fastidioso e banale luogo comune. Non basta che una ragazza stia vicino ad un palo per parlare di Lap Dance. Sono due cose totalmente diverse. La Pole dance si pratica in una palestra o in una scuola di danza e non in un night club; si paga per poterla praticare, non si viene pagati e alimenta il piacere di chi la pratica, non dello spettatore. Detto questo, se una volta esperte volete praticarla in un locale notturno siete liberissime di farlo, ma posso essere abbastanza sicura nel dirvi che chi vi guarderà non avrà molto interesse per le acrobazie che sapete fare. 2- Dona una muscolatura eccezionale. Assolutamente VERO. Qui la parola chiave è “eccezionale” e non dovete prenderlo come un’esagerazione ma proprio in senso letterale. La muscolatura che vi formerà questa disciplina non ve la potrà mai dare un allenamento quotidiano di 3 ore in sala pesi, anche perché chi lo farebbe mai. Quando vi allenate con la Pole Dance il vostro corpo sforza ogni muscolo in un modo diverso di quando sollevate un peso, qui occorre imparare a sollevare il proprio corpo e trattenerlo in determinate posizioni. In più la gran voglia di riuscire a compiere quella figura che vi piace tanto vi spingerà sforzarvi molto di più di quanto fareste con la serie di piegamenti sulle braccia, che diciamo la verità dal quinto in poi sono solo accennati, tanto per arrivare a 10. 3- Non si fatica. Vero e Falso. In realtà è principalmente falso, perché è uno sport in cui si fatica molto, ma questa passa in secondo piano. Lo scopo è quello di riuscire, quindi non importa se è la milionesima volta che ci trasciniamo su e invertiamo sforzando gli addominali, le braccia e tutto il resto
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del corpo bisogna provare una figura troppo bella! 4- Serve impegno e costanza. Vero. Naturalmente dovrete impegnarvi e praticarlo con costanza e dedizione se volete degli ottimi risultati. Non vi aspettate di riuscire a fare mirabolanti acrobazie il secondo giorno, vi serve un po’ di tempo e un po’ di allenamento, però capita spesso che dopo aver provato una presa moltissime volte senza successo e averci quasi rinunciato, all’improvviso, senza una motivazione apparente vi verrà benissimo. 5- Si fa con i tacchi. Falso. O meglio dipende un po’ dalla tipologia che preferite. In linea di massima è uno sport che si pratica a piedi nudi, perché anche la pelle del piede serve per fare attrito in determinate prese e figure, ma vi sono delle lezioni molto più coreografiche in cui si usano le scarpe con il tacco. Quindi se siete adepte dei tacchi e li usate anche per andare in spiaggia questo è lo sport per voi, se invece non li usate neanche nelle cerimonie questo è sempre lo sport per voi. 6- Riempie il corpo di lividi. Vero. Dipende molto dal vostro tipo di pelle, se siete portati ad avere dei lividi, agli inizi ve ne ritroverete molti. Vengono spesso considerati trofei di battaglia, se ci si allena bene si avranno poi i lividi il giorno dopo, fa parte del gioco. Il punto è che i lividi sono temporanei, le soddisfazioni sono per sempre. 7- Serve avere già una buona muscolatura. Falso. Può iniziare a praticarlo chiunque, sia chi ha sempre fatto sport nella sua vita, sia chi non ha mai visto una palestra neanche da lontano e crede che un bilanciere sia un uomo della Bilancia. 8- Aumenta la flessibilità. Vero. Parte importante di questa attività è l’allungamento, lo stretching, che viene puntualmente eseguito in ogni lezione e con il passar del tempo vi darà ottimi benefici in ogni campo della vostra vita. Avete presente quando dovete chinarvi per raccogliere qualcosa in terra, senza fare lo squat, e vi sentite tirare tutto il polpaccio? Ecco, non accadrà più. 9- Instilla una sana competizione. Vero. Non parlo della competizione da gara agonistica che vi fa sperare che l’altra/o si rompa una gamba. No, intendo la sana competizione che parte da dentro, dopo aver visto la vostra compagna che fa quella presa che volete tanto fare senza riuscirci e la riprovate riuscendoci subito. 10- Accresce l’autostima. Vero. Impegnarsi in qualcosa, vedere i risultati sul proprio corpo da subito, riuscire a fare cose che in pochi sanno fare e acquisire una potenza non tipica fa sentire meglio con se stessi e con gli altri. Insomma quando vi ritrovate davanti a quell’individuo che per bellezza, o successo, o cultura vi farà sentire inferiori potrete sempre pensare “Ma tu sei in grado di fare la bandiera su un palo?”.
Tendenze
di Giuseppina Montaruli, visagista
Le Labbra Ciao a tutti. Oggi vi parlerò di labbra e di quanto è importante truccarle idratarle e proteggerle. Spesso mi è accaduto di vedere labbra sottili, spigolose, secche e quindi non idratate e molto spesso non valorizzate. Sin dai tempi antichi le donne davano tanta importanza al trucco labbra. Oggi invece vengono ritenute volgari se truccate. Io penso invece che truccarle incornicia la propria bellezza! Il contorno labbra si può correggere con una matita che si chiama banana di colore ocra. Si devono annullare con un correttore beige, disegnarle con la matita ocra, fissarle con una cipria in polvere e poi scegliere il rossetto desiderato. Se avete le labbra molte secche, idratatele con un burro cacao: consiglio un prodotto miracoloso che si chiama carmess; spesso lo propongo anche quando ci sono forti secchezze e herpes. Anche i rossetti in commercio sono tanti: quelli opachi, lucidi e idratanti, indelebili opachi e un po’ metallici, gloss colorati e trasparenti; matitoni labbra delicati e coprenti. “Oh mio Dio cosa scelgo?” Innanzi tutto compro quello adatto alla mia età, alle mie labbra e alla disinvoltura che ho nell’indossarlo. Se hai un colore olivastro scegli rossetti aranciati, bronzati, i rosati e i rossi. Se hai un incarnato chiaro utilizza i colori forti e se sei mora usa rossetti opachi e poco appariscenti. Con le labbra secche evita gli opachi o passaci sopra un burro cacao o un gloss trasparente. Quando usi rossetti opachi o luminosi utilizza per il contorno matite dello stesso colore o poco più scure, dopo applica il rossetto. Esistono anche i rossetti indelebili: ottimi sono quelli della prestige da me venduti che hanno una lunghissima tenuta a prova di bacio.. Ci sono poi i matitoni rossetti che sono un po’ lucidi e rimangono più delicati dando colore alle proprie labbra. Infine i gloss: li consiglio in estate con l’abbronzatura o passati dopo i rossetti. Ritengo che applicare un rossetto sulle labbra rende femminile, colorato e più fresco il proprio volto. Spesso mi capita di vedere le signore adulte con dei rossetti e io apprezzo e ammiro il loro volersi bene!!! Sempre per ogni consulenza dò ampia disponibilità’. Buon trucco a tutte!!!!! Giuseppina Montaruli - Visagista Freelance c/o Centro Estetico Somawell - Parchi della Colombo 349/7861613 giusymont@gmail.com
Epilazione Laser a cura di IC Center Il sogno di ogni donna è di dire addio in modo definitivo ai peli superflui, sogno in realtà ormai condiviso anche da molti uomini. Le metodiche di depilazione oggi usate sono molte, il laser a diodo rappresenta la nuova frontiera dell'epilazione definitiva affidata alla tecnologia del laser. L'apparecchiatura infatti genera un raggio laser di una particolare lunghezza d'onda in grado di attraversare la cute ed essere assorbita dai pigmenti dei peli all'interno dei bulbi piliferi, con conseguente aumento della temperatura e distruzione definitiva delle cellule germinative del bulbo stesso, ottenendo quindi un risultato QUASI definitivo tramite il principio del la fototermolisi selettiva, la zona trattata infatti non resta quasi mai definitivamente glabra ed è importante ricordare che una singola seduta non risolve nulla, i trattamenti vanno ripetuti a circa un mese di distanza l’uno dall’altro; il laser infatti è attivo solo sui peli in fase di ricrescita, e in genere sono necessarie almeno 7/8 sedute. Bisogna aggiungere che alcune aree rispondono meglio e garantiscono un risultato più rapido e definitivo: le ascelle, l’inguine e le gambe ad esempio; mentre altre al contrario non sempre danno i risultati sperati perché più sensibili all’influenza ormonale: il sottomento ed il labiale superiore. Proprio per questo non è mai possibile palare di depilazione definitiva.
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Musica all’Highlands di Marta Casalini - Bambinidiroma.com L’Highlands Institute è una scuola paritaria di Roma di ispirazione cattolica, parte di una rete internazionale di oltre 170 scuole e 7 Università. Questo Istituto scolastico accompagna gli studenti in un percorso completo dalla Scuola dell’Infanzia, fino al Liceo. La scuola dell’infanzia rappresenta il primo gradino del percorso di formazione, si muovono i primi passi alla ricerca dello sviluppo armonico e completo della persona nel rispetto e nella valorizzazione dei ritmi evolutivi, delle capacità e delle differenze di ciascuno. Un aspetto innovativo e al quale l’Highlands Institute dedica molta attenzione è il ruolo della musica nella formazione del bambino. Abbiamo fatto alcune domande al maestro di musica Roberto Pivotto per approfondire questo argomento. Che ruolo riveste l’insegnamento della musica nella scuola dell’infanzia? Nella scuola dell’infanzia la musica è di vitale importanza. Per un bambino di 3, 4 e 5 anni avere la possibilità di sperimentare, conoscere, manipolare, giocare nel mondo del suono, del ritmo, del rumore è assolutamente prioritario, formativo. È in questi anni che si sviluppa una coscienza ed una sensibilità verso il bello, verso il linguaggio universale, puro, meraviglioso della musica. Quali sono le caratteristiche del programma? Il nostro è un programma che si snoda in un percorso di tre anni. Il primo anno possiamo dire che abbiamo un rapporto ancestrale con la musica, partiamo dal ritmo, dal rumore, dalla percussione, dalla conoscenza di quelli che sono gli elementi naturali del nostro fare musica. Si passa poi al secondo anno in cui abbiamo un approfondimento sul linguaggio, quindi si introduce il concetto di scrittura della musica, il concetto delle note, del contenitore pentagramma, della chiave di violino. Anche se i bambini non saranno in grado di leggere nel dettaglio tutte le note e tutti questi elementi, cominciano però a sapere che la musica è un vero e proprio linguaggio. Nell’ultimo anno dell’infanzia approfondiamo il discorso sul suono e ci avvaliamo dei mezzi più contemporanei e vicini a loro di visualizzazione sonora, di forma dell’onda con il computer, con queste nuove tecnologie di cui loro sono assolutamente padroni. Quindi facciamo un lavoro che parla di come è fatto un suono, non nelle sue caratteristiche fisiche più complesse, ma di come il suono si muova all’interno di una stanza, di un teatro; dell’importanza dell’aria, dell’orecchio e cerchiamo di associarlo in combinazioni anche visive. Per tutti e tre gli anni c’è un approccio molto vivo, molto attento riguardante il coro, la messa in voce, la respirazione, il cantare insieme, sfruttando le possibilità che abbiamo di cantare
in pubblico, preparando delle canzoni, lavorando sulle canzoni, sulla memorizzazione di un testo, sull’intonazione di gruppo, sull’ascolto reciproco, sul concetto di silenzio, su tutti questi elementi fondamentali che nel corso dei tre anni e nella pratica settimanale del coro sicuramente offrono delle grandissime opportunità ai nostri piccoli studenti. Un altro aspetto molto importante, che è riservato ai bambini del secondo e terzo anno dell’infanzia, è la conoscenza ravvicinata di strumenti sinfonici. Si parte nel secondo anno analizzando le differenze tra i piccoli e i grandi di ogni famiglia dell’orchestra sinfonica fino ad arrivare alla conoscenza dei tutte le famiglie dell’orchestra sinfonica. Realmente entrano in classe e realmente si mostrano ai bambini, dal vivo, facendo vedere come si suonano questi strumenti, facendoglieli toccare, ascoltare e facendoglieli vivere in maniera veramente molto molto diretta. Come nasce questa proposta? Questa proposta nasce dalla necessità, dalla volontà di mantenere fede alla linea del nostro istituto di fornire una formazione integrale. E la musica in questo è elemento principe in quanto unisce la parte scoiale, la parte di gruppo all’individuo, all’individualità, all’essere unici all’interno di un tutto. Stimola al raggiungimento del concetto del bello e dunque del bene, spinge verso un messaggio positivo di partecipazione, di gioia, di speranza e di gioco. La musica è una proposta altamente formativa nel nostro Istituto a cui viene data una grandissima importanza. Che difficoltà ci sono e come si superano? Come in tutti i percorsi ci sono delle difficoltà che nascono dalla sperimentazione. È vero che ci sono tanti libri scritti su come fare e su cosa fare, ma è sul campo che si operano delle decisioni e delle scelte e le difficoltà stanno proprio li. Tante volte può anche capitare di dover aggiustare il tiro, di dover cambiare in tempo reale il percorso per fare arrivare meglio un concetto o con più efficacia una particolare tematica. Questo non ci spaventa, anzi ci dà lo stimolo per crescere perché credo che l’importanza sia quella di crescere con i propri allievi ed è lì che si superano le difficoltà.
Highlands Institute Viale della Scultura, 15 00144 - Roma -Zona Eur Tel. 06 902271 - Fax 06 90227210 infanzia@highlandsroma.com www.highlandsroma.com
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Un posto tranquillo Dott.ssa Giulia Migani Psicologa / Psicoterapeuta Analista transazionale socio-cognitiva Mediatore Feuerstein PAS Basic e Standard I livello EMAIL: giuliamigani@yahoo.it
Il legame di attaccamento e la “base sicura”
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Qualche tempo fa giornali e media hanno parlato diffusamente di una sentenza del Tribunale dei Minori di Roma di permettere ad un partner di una coppia omosessuale di adottare il figlio biologico dell’altro partner, figlio nato in Canada (con maternità surrogata) circa 4 anni prima. Il caso ha fatto scalpore, non solo perché entrambi i partner erano uomini ma anche perché solo pochi giorni prima era stato “fatto fuori” il discorso della stepchild adoption dal Decreto Legge sulle unioni civili. La domanda che imperava… Ma come? Un figlio con due genitori maschi? E dopo che “la legge” ha detto che questa cosa non si può fare? Volendo saperne di più, sono andata a cercare articoli che parlassero della motivazione della sentenza del Tribunale Minorile. La quale è stata la seguente: interesse primario è preservare il diritto del minore alla continuità affettiva. In questo articolo non è mia intenzione affrontare questioni di decreti legge o esprimermi se sia “morale” o “immorale” far nascere un figlio da un utero in affitto e farlo crescere da due uomini… il mio intento è invece quello di dare senso alla motivazione data dal giudice minorile: “preservare la continuità affettiva del minore”. E per fare questo, voglio cominciare da un dato di realtà: c’è un minore che, come sia nato sia nato, comunque è nato. Esiste. Ed ha circa 4 anni. E per 4 anni ha vissuto sempre con delle persone che lo hanno cresciuto e, suppongo, amato. E quelle persone, in questo caso, sono 2 maschi. Ed allora... cosa vuol dire preservare la sua continuità affettiva? La psicologia parla di attaccamento, che definisce come “un sistema dinamico di atteggiamenti e comportamenti che contribuiscono alla formazione di un legame specifico fra due persone, un vincolo le cui radici possono essere rintracciate nelle relazioni primarie che si instaurano fra bambino e adulto”. La teoria dell’attaccamento prende le mosse dai lavori di John Bowlby, psicanalista inglese, che rappresentano il punto di partenza dei successivi studi sulla relazione madre-bambino. Bowlby cominciò le sue ricerche osservando il comportamento infantile presso una struttura per bambini disadattati, con storie di deprivazione e istituzionalizzazione, sottolineando l’importanza della relazione esistente tra cure materne adeguate e salute mentale del bambino. Egli dimostrò come il legame di attaccamento non fosse soltanto un’esigenza infantile, ma un bisogno fondamentale che accompagna l’individuo “dalla culla alla tomba”. Bowlby fu influenzato dalle ricerche dell’etologo Lorenz sul fenomeno dell’imprinting e dagli studi di Harlow sulle scimmie: i piccoli di scimmia preferivano un surrogato materno (una parte metallica ricoperta da un panno morbido e peloso), a cui rimanevano aggrappati per la maggior parte del tempo, piuttosto che un cilindro metallico nudo che forniva cibo. Evidentemente, per i piccoli era preferibile il contatto corporeo piuttosto che l’approvvigionamento di cibo. Egualmente, negli studi di Lorenz si osservò come, negli anatroccoli, si sviluppasse un legame di attaccamento anche senza l’intermediazione del cibo. Questi studi dimostrarono che l’attaccamento non è collegato prettamente al nutrimento, ma si tratta di un bisogno primario fondamentale. Bowlby (1988) definì in questo modo il comportamento di attaccamento: “forma di comportamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un altro individuo differenziato o preferito, ritenuto in genere più forte e più esperto, in grado di affrontare il mondo in modo adeguato. Questo comportamento diventa molto evidente
ogni volta che la persona è spaventata, affaticata o malata, e si attenua quando si ricevono conforto e cure.” I bambini dimostrano il loro attaccamento attraverso schemi comportamentali di base: il sorriso, il pianto, l’aggrapparsi e la suzione. Tali schemi sono innati e istintivi e la loro funzione, adattiva, è quella di assicurare al bambino protezione e adeguate cure parentali per la sopravvivenza. Bowlby introdusse il concetto di “base sicura”: “la caratteristica più importante dell’essere genitori: fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato”.. Mary Ainsworth, una collaboratrice di Bowlby, elaborò una situazione sperimentale, la Strange Situation, per determinare il tipo di attaccamento tra madre e figlio: il bambino veniva sottoposto a situazioni che potevano generare “stress relazionale”, attivando diversi stili di comportamento: esploratorio; prudente, timoroso; socievole; arrabbiato, resistente. Ciò ha portato a definire 4 tipi di attaccamento tra la figura principale di accudimento (la madre o altri che ne fa le veci) e il bambino: attaccamento sicuro, insicuro-evitante, insicuroambivalente e disorganizzato. Gli studi sull’attaccamento sono proseguiti, concentrandosi sulla relazione tra tipi di attaccamento e creazione di Modelli Operativi Interni (cioè modelli mentali circa la figura di attaccamento, modello del sé, degli altri e del mondo, che faranno da filtro per l’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente e da guida per le relazioni future) o anche, per esempio, relazione tra tipi di attaccamento e disturbi di personalità. Si può comprendere l’importanza di un accudimento adeguato che determini un legame di attaccamento sicuro. Infatti, i bambini con attaccamento sicuro vivono le figure di accudimento come base sicura: sono indipendenti e autonomi nell’esplorazione dell’ambiente e sanno di poter contare su una figura di attaccamento pronta ad accoglierli e a confortarli La base sicura permette al bambino di esplorare l’ambiente con serenità e di promuovere un senso di fiducia in se stesso e nel mondo che, progressivamente, ne favorisce l’autonomia. Ecco, allora, il senso di preservare la continuità affettiva di quel minore: egli ha creato il suo legame di attaccamento con le figure che lo hanno cresciuto ed accudito. Di solito si tratta di una madre e un padre, ma in questo caso sono stati due uomini, che il minore riconosce oggi e riconoscerà in futuro come propria base sicura da cui partire per esplorare il mondo, con fiducia ed autonomia.
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Storie dai Municipi di Roma di Barbara Donzella
SETTE X UNO = UNO
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Si dice che, per ogni uomo, ci siano sette donne. Non ho ben chiaro perché, ma stamattina mi sono svegliata con questo pensiero in testa. Che poi, se fosse vera la prima affermazione, non esisterebbe alcun uomo perfetto, o meglio, esisterebbe, ma sarebbe in comproprietà con altre sei donne. Ecco allora riunioni mensili, magari con qualcuna di loro in collegamento skype, per pianificare orari e modalità di visita di costui. Con chi passerà i weekend e le vacanze lunghe? E i rapporti coi parenti chi li intratterrà, e quando sarà malato, chi se lo dovrà accollare? Converrà nominare un Consiglio di Amministrazione o delegare tutto ad un Amministratore unico, che si occupi sia della gestione ordinaria che delle emergenze? Questi dubbi, uniti alla mia scarsa propensione al lavoro di squadra e pigrizia congenita, che porta le persone come me a non farsi, esattamente, in quattro per trovarsi qualcuno, mi hanno convinto che il vero numero perfetto sia Uno. Un signore che conosce Sara, la mia coinquilina - ma che, evidentemente, non ha mai conosciuto me - ha detto, però, che “l’uomo è un animale sociale” e così lei s’è convinta che ci sia speranza proprio per tutti. “Vedrai, è simpaticissimo!” ha mugugnato ieri mattina, masticando un biscotto inzuppato nel caffellatte e poi: “Gli ho detto stasera alle sette a Campo dei Fiori, accanto alla statua di Giordano Bruno.” “Ma che fai, organizzi senza neanche chiedermelo? E se avessi già un impegno improrogabile con qualcun altro?” Nel silenzio della cucina, quell’ultima frase si è involata come un pallone pieno d’elio che, bucatosi in un punto imprecisato, ha fatto sì che Sara cominciasse a ridere fin quasi a strozzarsi. Poi si è ricomposta e ha concluso: “Dai, che sarà mai un aperitivo. E se proprio non ti piace, ringrazi e pace.” Ringrazi e pace dice lei. Facil e a dirsi, ma chi ringrazio? Sono passati oltre quaranta minuti dall’orario dell’appuntamento e di questo sedicente genio della stand up comedy, neanche l’ombra. Nel frattempo, però, un ragazzo nordafricano mi ha già venduto un paio di calzini di spugna, dei fazzolettini, un accendino e un puntatore laser. “Sorella, se aspetti così tanto non promette bene” mi ha detto lui pietosamente, mentre si intascava i miei ultimi 5 euro. “E tu che ne sai che sto aspettando qualcuno?” “Si capisce. E poi quelle fighe si fanno aspettare, tu, invece…Non si fa, eh no!” “Hai ragione. Ma io mi diverto così, che ci vuoi fare.” “E, poi, che penserà se ti vede con tutta ‘sta roba in mano.”, “Ma se sei stato tu a vendermela per forza!”, ho risposto incredula. “No, io ti ho solo chiesto di comprare qualcosa. Poi ho capito che a te ‘ste
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cianfrusaglie piacevano e ne ho approfittato.” Seppur contrariata non ho potuto fare a meno di fissarlo divertita. “Sei furbo, sai?”, ho detto ammirata. “Se non c’hai fantasia mica campi con questo lavoro.”, ha spiegato lui, mostrandomi un luminoso sorriso. Nel momento in cui ho annuito, una mano si è poggiata sulla mia spalla ed una voce trafelata ha detto: “Scusa, per caso sei Irene, l’amica di Sara?”. Voltandomi ho visto un tizio con la barba, una maglietta con un’immagine stampata e un paio di pantaloni stretti come collant a compressione graduata con il risvoltino sulla caviglia, attendere una mia conferma. “Sì, sono io”, ho risposto, senza troppa convinzione, a quella fotocopia di bohémien metropolitano. “Sono Claudio, piacere! Scusami ma ho dovuto parcheggiare sul Lungotevere!” e m’ha abbracciato come avessimo fatto il servizio civile assieme. Poi aggrottando le sopracciglia alla vista del ragazzo al mio fianco, con freddezza gli ha chiesto: “Scusa, hai bisogno?” “In realtà mi stava illustrando le sue interessanti strategie di marketing per polli.”, ho precisato io. Lo sguardo perplesso e vuoto del mio interlocutore, una sorta di stupore infantile, come quando si guarda per la prima volta un animale di una razza sconosciuta, mi ha fatto capire che sarebbe stato l’appuntamento più lungo della mia vita. Ho salutato il mio spacciatore di oggetti inutili, che ha risposto agitando la mano e mi sono allontanata. Dopo un’ora abbondante di monologo e due aperitivi, ho capito quanto sia stata miserrima la mia vita, sino a quel momento, per non aver avuto un orto in casa e conosciuto tutti i gruppi musicali indipendenti del momento, il cinema alternativo e la letteratura nord americana dagli anni ’50 ad oggi. “Sai, io sono un artista”, ha proseguito lui ostentando una finta indifferenza. “Ah davvero, e di cosa ti occupi?” “Sono un artista concettuale, spazio in vari ambiti. Sai, non mi piace essere incasellato, la trovo una cosa fascista” “Hai ragione non si fa, è da maleducati!” ho risposto ironicamente, ma lui non ha colto e ha continuato a fissarmi. Io, invece, sono stata attirata dall’immagine nera che campeggiava sul cotone bianco della sua t-shirt. “Ti piace Banksy?” ho detto indicando il disegno, stupita d’aver trovato un punto d’incontro. “Chi?” ha risposto lui guardandosi senza capire. “Quello sulla tua maglietta. Banksy, dico, la street art…Vabbè, lascia perdere.”
Giordano Bruno, a capo chino, sembrava persino più sconsolato di me. Ho anche sperato di essere colta da un principio di infarto per avere una buona scusa per conquistare la porta, ma nulla, neanche una piccola aritmia. Ero lucida e presente come al solito. A sorpresa, invece, è stato lui a toglierci dall’impasse. Continuando a guardarmi, si è avvicinato come dovesse dirmi qualcosa di importante e poi abbassando il volume della voce, di modo che m’accostassi per capire cosa stesse per dire, ha mormorato candidamente: “Ti va se andiamo da qualche altra parte, tipo da me?”. Finalmente! La prima battuta decente di tutta la serata, peccato che lui dicesse sul serio. Sarebbe stato più verosimile che un alieno, appena arrivato da qualche lontana galassia, avesse annunciato: “Popolo della Terra abbiamo deciso di conquistare il vostro pianeta perché siete degli stupidi. Arrendetevi senza fare resistenza. Fine delle trasmissioni.”, piuttosto che si fosse potuta realizzare quella richiesta. Dopo aver inspirato profondamente ho scandito: “Mi dispiace, ma ho un impegno improrogabile” e ho allargato le braccia in segno di cordoglio. “Se vuoi t’accompagno, basta che mi dici dove devi andare.” “No grazie! È qui vicino, faccio due passi a piedi.” “Va bene. Comunque mi ha fatto molto piacere conoscerti, sei una bella persona, mi piacerebbe rivederti” ha detto lui. “Certo!” ho mentito. Ci siamo congedati, ma prima m’ha abbracciato, baciandomi sulla guancia un’ultima volta, come un volontario che sta per partire per
un missione di pace senza ritorno. Poi mi sono diretta verso Via del Pellegrino e sono entrata nella “libreria del viaggiatore”, aspettando che la strada fosse libera. “Ti sei divertita sorella?”, mi ha chiesto qualcuno entrato subito dopo di me. Era il ragazzo nordafricano di prima, che ancora gironzolava cercando di piazzare l’ultima vendita della giornata. “Non mi sono mai divertita tanto. Mi stavo sentendo male dal ridere!” “Immagino. Senti, lo vuoi un libro di leggende del mio paese?” “Grazie, ma mi hai spennato, ricordi?” “Vabbè, non fa niente te lo regalo. Tieni!” e mi ha allungato un libricino con scritto: “Leggende d’Africa”. “Se proprio insisti. Allora facciamo che quando ricapito da queste parti ti offro un caffè.” “Ci conto.”, ha risposto lui e stringendoci la mano, ci siamo guardati per un momento. Con la coda dell’occhio ho notato l’anello al suo anulare. “Sposato?” ho chiesto. “Per ora sei mogli, ma al mio paese! Poi chissà…” e sorridendomi: “La conosci la storia delle sette spose?” “Veramente no.” “È nel libro che ti ho dato, è la prima. La prossima volta che ci vediamo mi dici cosa ne pensi.” “Va bene.” Più tardi, giunta a casa, sono sprofondata nel divano, ma prima di crollare addormentata ho preso in mano il mio regalo, l’ho sfogliato sino ad arrivare alla prima storia e ho cominciato a leggere. Si dice che, per ogni uomo, ci siano sette donne…
A quattro zampe di Erika Sartori
Cinque domande a Xenia Prelz, ideatrice, fondatrice e presidente della Fondazione Prelz onlus di Campagnano Xenia, mi racconti un episodio particolare che ci parli di come è iniziata la tua relazione con il cane? È stato quando mio padre mi ha portato da Budapest una” foxina” tutta arruffata e me l’ha messa in braccio. Avevo cinque anni. Mi ricordo che l’ho chiamata Susi ed è diventata la mia unica ed inseparabile compagna di giochi, in quella casa solitaria, dove vivevamo in tempo di guerra. La vestivo, la mettevo nella carrozzella… ero una bambina sola con Susi. È stata l’unica amica della mia infanzia. Posso senz’altro affermare che la vicinanza dei cani è stata costante durante tutta la mia vita. Intorno ai miei quarant’anni sono venuta a vivere a Campagnano. Era il periodo nel quale mi stavo separando da mio marito. A quell’epoca mi sono dedicata ai cavalli per una decina d’anni. Comunque anche allora mi occupavo “abbondantemente” di presenze canine. Nell’85 ho aperto la pensione per cani e i trovatelli hanno cominciato ad aumentare, finché ho deciso di fare qualcosa che potesse garantire a loro un futuro, per quando io non potrò più occuparmene direttamente. È così che nel 2000 nasce la Fondazione Prelz onlus.”
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Perché una Fondazione? Mi lascia sperare che nel futuro il mio lavoro, diciamo la passione della mia vita, avrà un seguito. Qui ci sono due attività. La Pensione che fornisce ai cani più fortunati un luogo sicuro, quando i padroni si allontanano o non sono più in grado – per vari motivi – di occuparsi di loro. La Pensione aiuta la Fondazione ad occuparsi dei randagi. In particolare privilegiamo le femmine e i cuccioli che sono i più vulnerabili. Li alleviamo, li curiamo, li sterilizziamo e cerchiamo loro un’adozione. Con il tempo ho costruito una Clinica veterinaria, che mi consente di curare e sterilizzare i cani in loco e fornire anche un servizio analogo alle associazioni e ai gruppi di volontariato, in maniera che possano usufruire dei nostri servizi veterinari con un modesto rimborso delle spese vive. Qual è il tuo sogno per il suo futuro? Mi piace pensare che tutto questo impegno possa continuare. Fornire un aiuto verso chi ha più bisogno nel tempo che verrà. Voglio sperare che il randagismo si riduca, che le campagne di sensibilizzazione aumentino, che la coscienza e il senso di civiltà degli umani possa migliorare.
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Quali suggerimenti daresti con la tua grande esperienza ai padroni dei cani, perché non umanizzino troppo il loro compagno e allo stesso tempo se ne prendano cura in modo equilibrato? Rispettare la loro natura, sono cani e non bambini. Sembra un concetto semplice e riduttivo, ma non lo è. Fa parte del rispetto che dobbiamo agli “altri”, (cani e umani) che ogni giorno di più, pare si stia affievolendo. Cosa significa abbandonare? Essere dei vigliacchi. Che vale anche nella vita: non volersi assumere la propria responsabilità. In questi anni ho assistito personalmente a scene pietose: persone in grado di raccontare storie “strappacore” pur di riuscire a “mollare” il povero cane diventato improvvisamente un ingombro. Io non dico “non abbandonatelo”, perché chi lo vuole abbandonare, lo farà comunque, ma dico in modo chiaro e senza mezzi termini: “pensateci bene prima di prendere un cane”.
Il sito della Fondazione Prelz onlus è www.adottauncane.it
Da anni presenti su tutto il territorio di Roma e provincia. • Attività di educazione di base per cuccioli, cuccioloni e cani adulti. • ri-educazione, correggendo comportamenti problematici che derivano da una non corretta gestione del cane. Lavoriamo sia a domicilio sia all’aperto, in campo. • Organizziamo puppy class (per una corretta impostazione della relazione tra proprietario e cucciolo, dai due ai sei mesi), junior class (per i cuccioloni dai sei mesi in su) e classi di socializzazione (per cani adulti) • Svolgiamo attività ludico-ricreative e laboratori per bambini, con l’ausilio del cane • Organizziamo seminari tematici su argomenti di cultura cinofila.
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Io sto con le Coccinelle Era l’ormai lontano 25 aprile 2015, quarantacinquesima edizione della giornata della Terra, che Learn&Practice insieme a Tablet iniziavano l’avventura di “Io sto con le coccinelle”. Il progetto di educazione e sensibilizzazione ambientale che ha preso vita all’interno dell’Istituto “Fanelli/Marini” di Ostia Antica prosegue ed arriva alla sua seconda edizione. Il progetto nasce dalla volontà di far conoscere ai più piccoli, così che tramettano ai più grandi, le possibilità immense che la natura offre per difendersi. Ecco la voglia di far conoscere i “bio-riparatori” quale valida alternativa ai pericolosi e dannosi pesticidi chimici sempre più utilizzati. La coccinella si trasforma, agli occhi dei nostri ragazzi, da semplice “portafortuna” carina e colorata in qualcosa che aiuta la natura, le piante (da frutto e non) e gli alberi liberando dagli insetti dannosi come gli afidi. Grazie agli incontri con le “ormai” classi di seconda che ci hanno seguiti lo scorso anno abbiamo ripreso il nostro discorso… ed eccoci ripartiti! Come potevamo mancare…la bella stagione arriva e noi siamo qui con le nostre “Coccinelle”. È ripartito il progetto “Io sto con le Coccinelle” e non solo – seconda edizione.
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Le novità quest’anno sono molte. Abbiamo pensato di rendere il nostro “laboratorio all’aria aperta” più immediato ed “osservabile”. È per questo motivo che abbiamo deciso di “coltivare” i nostri afidi, cibo preferito delle nostre amiche coccinelle. Il 24 aprile insieme alla nostra vecchia conoscenza, i ragazzi della II C, abbiamo piantato all’interno della scuola in una parte del giardino, le nostre piantine di finocchiella selvatica. Questa specie di pianta, particolarmente adatta all’attacco degli afidi, farà da allevamento. I ragazzi potranno in questo modo osservare da vicino quello che normalmente accade in natura in maniera attenta e costante. Oltre a piantumare, in seguito, potranno osservare da vicino le piantine cresce e ospitare i famigerati afidi. Aspetteremo con pazienza fino a quando potremo finalmente liberare di nuovo le nostre larve. A quel punto il ciclo si chiuderà. Le nostre larve si nutriranno degli afidi e diverranno coccinelle che potranno trovare ospitalità, durante la stagione invernale, nelle dimore che i ragazzi lo scorso inverno hanno creato per loro e che sono state posizionate nel giardino accanto alle piante. Estremamente soddisfatti del nostro lavoro fatto fino ad ora i ragazzi hanno continuato a seguirci con entusiasmo e curiosità dimostrando di aver recepito tutte le informazioni che, nella precedente edizione e all’inizio di questa, sono state trasmesse. Ancora una volta i ringraziamenti alla Dirigente Dott.ssa Tiziana Ucchino e alla Maestra Dott.ssa Michela Tardioli non possono mancare. Un grande grazie va anche ad un nostro affezionato, il Centro Agricolo Lopez, che ha fornito gratuitamente le piantine di finocchiella. Alla prossima puntata per scoprire cosa è accaduto…..
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Musica di Valentina Ecca
Long live the kings!
Principali cause di morte delle rockstar: 3) L’alcol 2) La droga 1) Il 2016 cit. Spinoza.it
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La battuta dissacrante di una delle pagine facebook più seguite in Italia è comparsa sulle homepage di più di settecento mila utenti. Così ci siamo fatti una risata anche sull’ultima illustre morte nel mondo della musica; quella di Prince. Già questo 2016 non sta portando fortuna alle rockstar. Siamo partiti con un tremendo 10 gennaio in cui il duca bianco, David Bowie, c’ha salutato dopo una lunga malattia. Fino al 21 aprile giorno in cui anche Prince ha lasciato il mondo attonito. David Gilmore, Madonna, Bruce Springsteen e Lady Gaga hanno omaggiato questi due grandi artisti durante alcune performance da brivido. Il mondo della musica, tutto, sì è stretto intorno al dolore delle famiglie e gli amici di sempre hanno rilasciato interviste condite da aneddoti e lacrime. Quello che, però, lascia davvero sorpresi è la partecipazione delle persone comuni. La rete è piena di video di fans disperati difronte alle case dei loro beniamini. Portano fiori, candele e improvvisano veglie funebri. I social network sono i veri protagonisti del cordoglio: post di celebrazione, foto commemorative, video e canzoni celebri condivise a ripetizione riempiono il web. Tutti ci sentiamo in dovere di dire qualcosa come se non facendolo mancassimo di sensibilità. Nel 2016 il dolore esiste solo se lo condividi? Sembra proprio sia così; e gli eventi come la dipartita dei personaggi pubblici del nostro cuore ne sono la conferma. Gli aspetti di questo fenomeno sono due: positivo poiché indica che l’umanità ha ancora un’anima e non spende le proprie energie solo egoisticamente; negativo perché anche il lato più intimo, quello della tristezza per la perdita di qualcuno d’importante, è diventato un pretesto per esibirci. La soluzione qual è? Non esiste. Esiste però la capacità di ridimensionare sé stessi e di tornare a vivere la vita nella realtà e non solo attraverso uno schermo e dietro la tastiera di un computer. Esiste la bellezza della musica di gente come Prince e David Bowie che in ogni singola nota hanno messo anima e genialità e per questo non moriranno mai. Esiste il tempo da passare ad ascoltare i loro dischi, a leggere i loro testi e a conoscerli davvero attraverso l’unica cosa che hanno voluto lasciare al mondo: la loro musica. Solo così si potrà dire di essere dispiaciuti, solo così si potrà dire di averli ascoltati e capiti.
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L’ avvocato risponde a cura dell’avvocato Federica Lorenzetti
La revoca dell’assegno divorzile se l’ex coniuge ha una nuova famiglia di fatto. Salve a tutti e ben ritrovati. Nell’articolo di questo mese voglio parlarvi delle recentissime sentenze della Corte di Cassazione che di fatto pongono nuovi principi fondamentali per stabilire se e quando l’ex coniuge, in sede di divorzio, abbia o meno il diritto di godere dell’assegno divorzile; ciò anche alla luce del decreto Cirinnà e delle importanti innovazioni dal medesimo apportate al nostro assetto societario e alla previsione dei patti di convivenza. Con un’innovativa sentenza del 3 aprile 2015, n. 6855, difatti, la Cassazione, afferma chiaramente il principio in base al quale, ove il coniuge divorziato, abbia una nuova famiglia di fatto, venga meno il presupposto per affermare e riconoscere in suo favore una somma di denaro mensile quantificata quale è l’assegno divorzile. Tale sentenza risulta essere di estrema importanza in quanto la Corte di Cassazione, prende in considerazione l’istituto della “famiglia di fatto”, definendola non come mera convivenza more uxorio (“fuori dal matrimonio”) ma come vera e propria “famiglia”, portatrice di valori di solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli, e che trova da sempre un riconoscimento nell’art. 2 della Costituzione Italiana. Pertanto, ove l’ex coniuge concorra alla formazione di una “famiglia di fatto” con il nuovo partner, si deve considerare risolto ogni eventuale legame Riceviamo e pubblichiamo: COMUNICATO STAMPA Elezioni del nuovo CdA del Consorzio Axa, Comitato Elettorale Lista AXA VIVA Martedì 19 mattina si è svolta la Conferenza Stampa convocata dal “Comitato Elettorale Axa viva –Insieme per agire” per esporre le linee del programma sostenuto dalla propria lista alle elezioni previste per il prossimo mese di giugno. “Il Consorzio per i Consorziati che lo finanziano con le proprie quote in un’Axa sicura, pulita ed al passo con i tempi”, è il motivo conduttore della campagna che il Comitato intende promuovere per individuare i Consorziati a cui affidare l’amministrazione del Consorzio Axa per i prossimi quattro anni (2016-2020). Da oggi e sino al termine ultimo utile per presentare la propria lista di candidati, il Comitato avvierà una campagna di comunicazione capillare porta a porta del proprio programma, invitando ciascun Consorziato a collaborare con il Comitato, candidandosi, fornendo proposte e anche critiche al programma, o sostegno e fiducia con il proprio voto alla lista AXA VIVA.
e la passione di ciascuno. Impiegati, professionisti, im prenditori, pensionati, manager, tutti volontari che, come ha giustamente rivendicato la Pre sidente Avv. Manuela Di Sario in apertura di Conferenza Stampa, hanno scelto di vivere in questo quartiere perché “è uno dei quartieri di Roma che ha come caratteristica principale quella della residenzialità” Nei prossimi giorni sarà distribuito agli oltre 3000 Consorziati Axa la lettera d’invito a collaborare ed il Programma sintetico proposto dal Comitato con le indicazioni ed i riferimenti utili per tutti i Consorziati che vorranno cogliere questa occasione per far sentire la propria voce nella gestione del Consorzio per i prossimi quattro anni Il Comitato sarà anche presente con proprio gazebo informativo nei principali spazi pubblici dell’AXA nel mese precedente la data fissata per le elezioni degli organi amministrativi del Consorzio, con avvisi pubblicati sulla propria pagina Facebook: (https://www.facebook. com/AxaViva-1700913930193743/). Lo stesso Comitato fornirà informazioni anche per mail axaviva2.0@gmail.com o per telefono 3297163315. La presidente del comitato Axa viva – Insieme per agire Manuela Di Sario
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Il “Comitato Elettorale Axa Viva-Insieme per agire” è costituito da Consorziati appartenenti a tutte le categorie professionali che hanno a cuore la risoluzione dei problemi del Comprensorio che, dopo la positiva esperienza del comitato No Antenna al Drive In, hanno deciso di mettere a disposizione della comunità le competenze
con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la precedente convivenza matrimoniale, cadendo di fatto ogni possibile presupposto per il riconoscimento dell’assegno divorzile. Tale orientamento si pone in contrasto con il prevalente e sino ad oggi seguito indirizzo giurisprudenziale, in base al quale la “famiglia di fatto” dia luogo ad un momento di sospensione del diritto all’assegno, destinato a rivivere in caso di rottura della convivenza more uxorio. L’estinzione del diritto all’assegno divorzile è giustificata dalla Suprema Corte con la necessità dell’assunzione piena del rischio da parte dell’ex coniuge, che, quando instaura una “famiglia di fatto”, deve considerare la possibilità che tale convivenza possa poi cessare rischiando, comunque, la perdita di una tutela economica. Motivo per il quale, attualmente, tale pronuncia suscita alcune perplessità che saranno con il tempo di certo superate dalle nuove configurazioni sociali che si stanno gradatamente sviluppando nel nostro Paese.
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I l Viaggio del mese di Cristina Ippoliti
Il fumo negli occhi delle luci rosse di Amsterdam
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Questi articoli, in effetti, erano partiti con un piede diverso: collegamenti, mezzi, offerte, tariffe, biglietti. Ma è risaputo, i viaggi cambiano i viaggiatori, e forse il mio approccio a queste pagine di Word rispecchia i panorami visti dai miei nuovi occhi. Anche i miei pensieri si diramano senza freno, viaggiano tra il mio stomaco, e il mio fegato, in mezzo a tutte quelle cose che non mi so spiegare. Un viaggio nella civilissima Europa del Nord. Facile. Olanda, destinazione Amsterdam. Si prenota con un click, mezzi di trasporto in orario,bus sostitutivi,special card per turisti, biciclette (biciclette ovunque), inglesolandesetedefrancese, zuppe, bulbi di tulipano, canali, musei, calamite, stroopwafel. Il venerdì prima della mia partenza mi sono imbattuta nella trasmissione “L’erba dei vicini” di Beppe Severgnini su Rai Tre. Olanda vs Italia. Insomma il mio viaggio. Posso sentirmi quasi onorata, una quasi Severgnini in missione nella civilissima Olanda? Si parlava di droghe leggere e legalizzazione, immigrazione, alimentazione e parto in acqua vs parto in ospedale. Con uno sguardo alla tv e uno alla lezione di latino che stavo preparando, pensavo che, privando “Ciao Darwin” del mio share, per quella giornata almeno la mia buona azione l’avevo fatta. Che poi il fenomeno social di “Madre Natura”, quando rimbombano le forme della modella scelta da Bonolis di settimana in settimana da un’App all’altra del nostro cellulare, non è altro che la traslitterazione in digitale delle luci rosse di Amsterdam. Luci rosse. È il mestiere più vecchio del mondo, è una libera
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scelta della donna, ogni donna ha il diritto di utilizzare il proprio corpo come vuole, pagano le tasse, sono soggette a controlli sanitari, è giusto che gli uomini, privi di tempo, voglia e capacità di trovarsi una donna, abbiano il diritto di soddisfare quegli impulsi, che le donne non hanno e non possono capire, che poi costa meno di una fidanzata, è come in Italia, solo che il Vaticano non lo permette, pensa quelle che sono costrette a mettersi il burqa invece, almeno le nostre donne sono libere di scegliere!. L’ironia è la mia, i pensieri e le parole no. Ora è chiaro che la purezza è da sempre solo un dovere femminile, che esistono le case chiuse, che esiste la Salaria, che esiste la prostituzione nel Maghreb,
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come in India, come in Olanda, che la religione non c’entra, che l’essere umano è un animale, che ha scoperto fuoco, soldi e tecnica. La prostituzione, segreta, nascosta, voluta, dichiarata, scelta, è comunque mercificazione del corpo. La nostra società non ha raggiunto nessuna delle tappe tanto sperate. Finché fare la escort potrà essere considerata una scelta da una qualunque ragazza, a mio modo di vedere la mia utopica realtà, la nostra civiltà ha fallito. Camminare per strada e sentirsi dal macellaio, mentre gli uomini intorno a te guardano, perché
guardare è bello, almeno guardare è concesso, nel cuore di una donna è il fallimento che si concretizza ad ogni passo in direzione di quelle luci rosse, pizzo nero e tende chiuse. Droghe leggere. Odore di erba mentre cammini, negozi dedicati, pub, bar, finestre a giorno nelle abitazioni. Non ci si nasconde, ed è giusto così. Sicuramente una bella fetta del mercato clandestino e della mafia si ritrova con le gambe tagliate grazie alla legalizzazione. Ma non per questo non si incontra per strada chi ti segue, suggerendoti “coca?”. Immigrazione. Ho conosciuto due ragazze italiane (anche gli italiani possono diventare immigrati), che stanno lavorando duramente per diventare cittadine olandesi. La prima ci ha servito dei piatti tipici in un ristorante olandese. Vive ad Amsterdam da un anno e mezzo, con il suo fidanzato, tra poco si compreranno casa. Il comune le paga 150 ore di corso di lingua olandese. Fare la cameriera è il suo secondo lavoro. Lei in realtà è allestitrice di mostre, ha studiato a Roma. Sempre a Roma ha trovato numerosissimi tirocini non retribuiti, interminabili ore di formazione, e rimborsi spese, che l’hanno convinta ad espatriare. Mi sono sentita fortunata. E allo stesso tempo ho provato ammirazione. La mia amica le ha stretto la mano. Lei ce l’ha fatta. La seconda ragazza l’ho conosciuta sull’aereo del ritorno. Cinque le lingue che parla e che scrive; tanti gli anni che manca dalla sua terra, l’Abruzzo; due gli anni che la separano dalla sua seconda casa, Roma; otto gli anni durante i quali ha lavorato per un’azienda importante; meno di mille euro la retribuzione a tempo determinato; dodici le ore di lavoro quotidiano. La speranza ad ogni rinnovo di contratto, denti stretti, in nome di un domani migliore, di una famiglia, di una casa, di una vita, che lei stessa ha definito “normale”. Licenziata. Il trasferimento ad Amsterdam, lontano da madre e fidanzato. Il part-time da barista, il contratto e l’assicurazione persino durante il primo giorno di prova, due anni di corso di olandese all’università, e finalmente la sua prima traduzione e il lavoro dei suoi sogni. Nel bene e nel male una città che ti colpisce. Nata grazie al commercio e alla colonizzazione in epoca moderna, porta ancora il marchio delle Compagnie delle Indie Occidentali e Orientali. I vecchi canali per il trasporto delle merci si sono evoluti in strade marittime dedite al turismo. Anche se non sono rare le barche adibite a case. I tulipani importati dall’Impero Ottomano sono diventati il simbolo di questa città. Imperdibile il parco di Keukenhof! E poi i Girasoli di Van Gogh, Micropia, lo Zoo. Consigliata la I amsterdam City Card, tessera con validità di 24, 48, 72 o 96 ore, acquistabile online (viaggi su tutta la rete dei trasporti cittadina; giro in battello lungo i canali, ingresso compreso ai principali musei, mappe dettagliate della città. Nessuno sconto disabili.).
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La ricetta del viaggio del mese: STROOPWAFEL Vi lascio con un po’ di dolcezza, con una ricetta speciale, quella dei golosissimi stroopwafel. Uno ‘stroopwafel’ è un biscotto formato da due cialde ripiene di caramello. Si tratta di un dolcetto tradizionale e popolare che si dice abbia avuto origine nella città di Gouda. Si consiglia di gustare questi biscotti dopo averli lasciati intiepidire sul bordo di una tazza di caffè o di tè.
Per la pasta 500 grammi di farina 2 cucchiai di lievito secco attivo 1 cucchiaino di cannella in polvere 150 grammi di zucchero 125 grammi di burro 100 ml di acqua tiepida 2 uova grandi 1 presa di sale Mescolare la farina con il lievito, la cannella e lo zucchero. Incorporare pezzettini di burro nella farina fino ad ottenere una miscela piuttosto granulosa. Versare lentamente l’acqua tiepida e impastare a più riprese. Aggiungere un uovo alla volta. Infine aggiungere la presa di sale e impastare per un paio di minuti mescolando tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto uniforme. Avvolgere l’impasto nella pellicola di plastica per alimenti e lasciare riposare per 30 minuti.
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Per il ripieno 150 grammi di zucchero grezzo bruno 125 grammi di burro 1 cucchiaino di cannella in polvere 5 cucchiai di melassa 1 cucchiaio di estratto di vaniglia Fare fondere lo zucchero con il burro su fiamma bassa, mescolando delicatamente.Aggiungere la cannella e la melassa, continuando a mescolare finché non si forma un caramello che comincia a bollire lentamente. Accertarsi che lo zucchero sia completamente sciolto, quindi incorporarvi l’estratto di vaniglia sempre mescolando. Mantenere il caramello caldo. Dividere l’impasto in 20 parti uguali e formare altrettante palline. Coprire e lasciare riposare sul piano di lavoro. Scaldare il ferro per cialde secondo le istruzioni per l’uso. Collocare una pallina di pasta al centro, abbassare il coperchio superiore e cuocere ogni cialda per circa 40 secondi. A questo punto è necessario lavorare in fretta. Finché la cialda è calda è possibile piegarla, ma non appena si raffredda si rompe, pertanto bisogna avere tutto l’occorrente a portata di mano. Con un coltello seghettato affilato, tagliare la cialda orizzontalmente in due parti. Collocare una dose generosa di caramello al centro di una parte, richiudere con l’altra parte e premere delicatamente per distribuire il caramello in modo uniforme. Lasciare raffreddare su una rastrelliera.
M ozart News di Serenella Argentieri
Un giorno al Babel Quella di lunedi 11 aprile è stata una giornata di festa e aggregazione in cui gli alunni delle classi prime dei padiglioni dell’I.C. ìW.A.Mozartî hanno avuto odo di visitare il centro sportivo Babel a due passi dalla nostra scuola. Accogliente, moderno, polifunzionale, il Babel ha aperto le porte per una giornata dimostrativa, per presentare le loro attività e dare la possibilità di provarle. Cortesia, competenza e professionalità sono state il loro miglior biglietto da visita. Gli istruttori, tecnici competenti, si sono avvicinati ai bambini dando loro sicurezza e tranquillità. A disposizione, piscine coperte, una sala per danza e ritmica, una per le arti marziali e l’area sportiva esterna per il calcio. Diamo allora la parola direttamente ai bambini, senza filtri e ci renderemo conto di quanto siano importanti tali iniziative per i ragazzi e per la nostra scuola. A questo punto corre l’obbligo ringraziare chi ha partecipato all’organizzazione dell’evento: la preside della Mozart Cristina Tonelli, la vicepreside Cristiana Sottile, il collaboratore del Babel signor Massimiliano.
…Mi sono divertita un mondo. A nuoto ho fatto i tuffi, poi danza, karate e ritmica. Le istruttrici erano brave. Mi hanno preso e buttato in acqua. Una signora del Babel mi ha asciugato i capelli. Caterina I B
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…Mi sono divertita quando il maestro ha fatto un salto altissimo è li che mi sono divertita. La maestra Francesca mi è piaciuta perche ballava, ballava benissimo. È stata una giornata bellissima, ringrazio le maestre. Elena IB
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…Nel campo di calcio,abbiamo giocato tanto. Abbiamo imparato anche il Kung Fu e Karate. Ci vorrei tornare altre cinque volte. Andrea IB …Mi sono divertita a danza e ritmica. La maestra di danza mi è piaciuta tantissimo e vorrei riandarci. Anche ritmica è bellissima, la maestra ci ha fatto usare le bacchette, cerchi e cerchietti. Vanessa IB
…Ho detto ai miei genitori che mi sono divertito a Karate, pensavo che fosse ìnogliosoîinvece era bello. Lorenzo 2 IB
…Quando siamo arrivati al Babel non pensavo che “era così bellissimo”. Vorrei tanto tornarci. Mi sono piaciuti tutti gli sport ma il momento che mi è piaciuto quando il maestro ha chiamato la maestra Serenella per farsi dare un pugno e le ha girato il braccio. Sono stata molto contenta che le mie maestre mi hanno portato al Babel. Roberta IB …Mi sono divertito a fare tutti gli sport e lo voglio rifare. Anche quando il maestro Igor ci ha fatto fare i rigori mi sono divertito. Anche l’istruttrice di nuoto era bravissima ci faceva fare cinque minuti di nuoto e cinque minuti di pallanuoto. Alessandro IB …Il mestro di karate era molto bello e aveva una spada di legno. Il compagno più fortunato è Daren perché ha potuto prendere la spada in mano. In quel momento “ l’oho” invidiato, avrei voluto tenerla io. Gabriele IB …Mi sono divertito tanto in piscina, anzi troppo. Ma kung fu no, mi sono annoiato. La cosa più divertente di tutta la giornata è stato il nuoto. Vorrei tornarci. Al Babel però potevamo starci solo per un giorno. Mi è dispiaciuto andare via alle quattordici. Francesco IB
… Mi sono divertito tantissimo perché abbiamo fatto tantissime cose. Io per esempio ho fatto nuoto, pallanuoto e calcio. La maestra Serenella non voleva che scegliessimo il calcio per farci conoscere altri sport. Per fortuna che ci hanno fatto fare anche calcio. Valerio IB …Mi sono divertita tantissimo quando il maestro di kung fu saltava molto in alto. La prima volta mi sono spaventata perché sembrava volasse. Martina IB
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…Il maestro di karate ci ha fatto fare le capriole i calci rotanti e i calci normali. Mi sono divertito anche con il maestro di calcio a fare i tiri e “smarcaggi” vorrei poter tornare al Babel perché i maestri sono gentili e ci hanno fatto fare tanti sport. Emanuele IB … Mi è piaciuto fare kung fu lo vorrei rifare. Io faccio già karate. Mi è piaciuto fare altri sport. Lorenzo 1 IB …Mi è piaciuto il calcio, ho fatto quattro partite e mi sono divertito. Al Babel mi è piaciuto anche il karate e kung fu. Gli istruttori erano simpatici. Daniele ID
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…Mi sono divertita ho fatto nuoto mi sono tuffata. Ho nuotato sott’acqua .Voglio ritornarci tante volte al Babel. Chiara ID
IL CUORE DI OSTIA.
“Ostia è il mare di Roma” , “Ostia è un quartiere di Roma”, “Ostia è un Municipio di Roma”.
di Daniele Romani facebook.com/ostiacity e-mail: ostialove@gmail.com
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Frasi comuni che spesso si sentono pronunciare da chi vive o ha vissuto nel Lido. Tutto vero, ma un territorio con oltre 100.000 abitanti, un numero decisamente superiore a quello di tante province italiane, si può davvero non chiamarlo città? Sono Daniele Romani, architetto originario del quartiere Aurelio adottato da Ostia solo da pochi anni. I miei primi approcci con il territorio, da bambino, sono stati prettamente cinematografici: Amore Tossico di Claudio Caligari, prima e Pasolini, un delitto italiano di Marco Tullio Giordana, dopo. Poi gli studi universitari di Architettura e la conoscenza della mia compagna lidense. Non sapevo nulla a riguardo e ci ho messo poco a scoprirlo, ma chi nasce ad Ostia difficilmente va a vivere in un altro quartiere e ancor più faticosamente si sposta in un’altra città. Così il Lido è diventato il luogo delle passeggiate del sabato, da studente di architettura in cerca di storia e segni della città, e dal quel momento è nato tra me e il territorio un legame indissolubile, tanto da venirci a vivere dopo pochi anni fino a scegliere di farci nascere le mie due figlie. Le palazzine basse, che qui si chiamano villini, le strade alberate della giusta proporzione, che qui si chiamano corso e lungomare, l’odore di salsedine nelle giornate ventose, mi trasmettevano e lo fanno ancora oggi una certa tranquillità. Per chi lavora 5 giorni su 7 a Roma, tornarci la sera e viverci il sabato e la domenica è un po’ come andare in vacanza. Come nasce la pagina Ostia Il progetto, nato e sviluppato su un social network da meno di un anno, e seguito attualmente da più di 4mila utenti, racconta lo sviluppo di un territorio che da paludoso e disabitato si è trasformato in una città di mare, attraverso i piani regolatori, le architetture, gli stabilimenti balneari, ed i racconti di vita e costume. Il percorso, che mira a stimolare l’interesse verso la conoscenza delle trasformazioni urbane e territoriali si sviluppa attraverso il confronto delle immagini di archivio, cartoline d’epoca, fotografie private, riproduzioni grafiche e video elaborati direttamente da me. A queste viene quasi sempre sovrapposta la realtà attuale, così appare evidente come laddove sorgeva un edificio imponente e simbolico come lo stabilimento Roma, oggi si nuota, quasi ignari delle macerie che si hanno sotto al fondale. Oppure si passeggia nei pressi dell’attuale municipio, inconsapevoli del fatto che il vero centro cittadino, con arrivi e partenze dalla storica stazione ferroviaria di Piacentini, fosse proprio lì a due passi. Viene quindi stimolato l’interesse dei cittadini a partecipare e condividere pezzi delle proprie origini familiari, così da ampliare il più possibile il racconto. E quando questo avviene e si ricompongono frammenti di storia, vengono evocate le vecchie attività commerciali e i personaggi che hanno influito alla crescita di Ostia, tutto prende forma e si completa. Inoltre viene portato avanti uno studio sulle simbologie costituite da edifici e luoghi di Ostia, quasi dei timbri, che richiamano alla mente profili e geometrie, da sempre partecipi nello sfondo del quotidiano. L’obiettivo è quindi quello di continuare ad utilizzare lo strumento del social, alla portata ormai di tutti, affiancato dal più classico formato cartaceo, per creare una serie di appuntamenti mensili con i luoghi della storia del nostro territorio.
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+Eventi Roma di Valentina Ecca
Mese ricco di musica quello di maggio, per gli appassionati la stagione romana prosegue nel migliore dei modi
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Questo mese non può che partire con l’agognata scaletta dello storico concertone del 1° maggio. Festa dei lavoratori, scampagnate fuori porta e Piazza San Giovanni gremita, sempre meno, dal pubblico di tutta Italia. Quest’anno il cast è tra i migliori degli ultimi dieci anni: Skunk Anansie, Tiromancino, Vinicio Capossela, Salmo, Bugo, Nada, gli immancabili Modena City Ramblers e tanti altri. Ma andiamo oltre, già perché questo mese porta a Roma tanti artisti e diversi nuovi show. Si parte con i Verdena e l’esclusivo tour nei piccoli club in occasione dell’uscita del secondo volume dell’album Ednkadenz. La band suonerà all’INIT Club di Roma il 4 maggio. Il 9 maggio sarà la volta de The Ruminaters rock band di Sidney. I quattro australiani si esibiranno al Fanfulla di Roma. Stessa location per il concerto della Female Trouble Band che si terrà il 12 maggio. Collettivo composto da 3 signore che portano in scena un rock “disperato” con abiti un po’ old school. Vedere e sentire per credere. Si continua con le band ed è la volta dei Landlord, il nome è familiare perché i quattro ragazzi di Rimini hanno partecipato all’ultima edizione di X Factor. Accattivante ed etereo il loro synht pop. Strizza l’occhiolino al sound nord europeo che sta travolgendo i nostri gusti e le nostre radio. I ragazzi l’hanno capito bene e cavalcano l’onda. Saranno live al Monk Club di Roma il 13 maggio. Aggiunta una data a Roma per Marco Mengoni, sarà al Palalottomatica il 12 e 13 maggio con il #MengoniLive2016 Tour. Per gli amanti del punk rock sarà imperdibile la data del 17 maggio all’Orion Club, sul palco di Ciampino i Simple Plan. La band canadese, famosa in tutto il mondo, sarà in Italia per due date. Si chiude con due grossi nomi della musica italiana e internazionale. Il 22 maggio la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium PdM ospiterà lo show di Niccolò Fabi dal titolo Concerti e Nuove Canzoni. Sempre all’Auditorium PdM troviamo la data di uno show molto atteso, si tratta del Detour solo show di Elvis Costello. L’artista britannico considerato, da Rolling Stone, uno dei 100 artisti più grandi di tutti i tempi, sarà a Roma con le sue opere camaleontiche e il suo estro musicale alla Sala Santa Cecilia il 19 maggio.
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Tablet Roma incontra Valentina Falcioni Valentina Falcioni nasce il 14 febbraio 1973. Sin da piccola dimostra una forte predisposizione per il disegno e la contraddistingue una tendenza alla precisione. All’università studia Biologia, i suoi quaderni di Botanica e Zoologia hanno delle illustrazioni più belle, chiare e dettagliate di quelle dei libri di testo. È in questo periodo che trova uno stile personale e comincia la sua produzione di quadri e pannelli. Valentina è un’autodidatta, si rinchiude nella sua mansarda dove raccoglie oggetti di riuso , mobili e pannelli di legno di qualsiasi forma e li abbellisce decorandoli con la sua arte. Colpisce, già nei sui primi lavori, la sua attenzione verso il ritmo delle linee e delle forme e la sua sensibilità all’uso dei colori. È sempre evidente l’effetto cromatico e decorativo. La sua è una tecnica mista con acrilico e tempera prevalentemente su legno. La sua ricerca espressiva è in continua evoluzione verso nuove forme e accostamenti di colore che danno ai suoi lavori maggiore impatto emotivo a chi guarda. “Valentina predilige i colori forti, puri, vivaci che sono un modo per comunicare la parte gioiosa e positiva che esiste in noi spesso, però, costretta a non potersi esprimere completamente. Infatti i profili scuri, neri che ingabbiano queste tonalità solari, penetrando anche a volte l’uno nell’altro, sono
come il limite della nostra anima, desiderosa di spazi e di possibilità di esprimersi, ma in realtà compressa dalle nostre paure e insicurezze e dalla imprevedibilità della vita. Questi quadri sono il nostro presente proprio per questa particolare impostazione e proprio per questi colori: ciò che potrebbe sembrare puramente di carattere decorativo, in realtà è pulsante corrispondenza del nostro esistere.” Paola Cinti https://www.facebook.com/valentinafalcioni.arte/ Valentina Falcioni 3398669695
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S cadenzario Fiscale
Anna Maria De Calisti commercialista - Marta Montini consulente del lavoro
Lo Studio De Calisti A.M. e Montini M. saluta tutti i Lettori che si inoltrano nello scadenzario fiscale di Maggio 2016.
16
Si rammenta che avendo dipendenti o collaboratori occasionali, la scadenza del 16 maggio prevede: IRPEF, Ritenuta d’acconto, contributi INPS. Inoltre, entro il 16 maggio coloro che sono titolari di Partita Iva e si trovano sotto un regime IVA mensile o trimestrale (Gennaio, Febbraio, Marzo 2016) dovranno effettuare il versamento. In riferimento ai Titolari di Partita Iva iscritti nell’albo Artigiani o Commercianti, la scadenza del 16 maggio prevede sia i contributi INPS relativi al 1° trim. 2016 che la Rata INAIL del premio anno 2015 – 2016 (per coloro che hanno deciso di rateizzare). Entro il 16 maggio in alcuni casi si presenta la “Dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato” Caso A per dichiarare che in nessuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di utenza elettrica è detenuto un apparecchio TV, da parte di alcun componente della stessa famiglia anagrafica, oltre a quello per cui è stata presentata la richiesta di cessazione dell’abbonamento radio televisivo per suggellamento; Caso B per i soggetti che hanno attivato nei mesi di gennaio febbraio e marzo 2016 una nuova utenza per la fornitura di energia elettrica per uso domestico residenziale;
18
Chi non ha potuto pagare omettendo imposte e ritenute (non versate o versate in misura insufficiente entro il 18 aprile 2016), con l’opportuno calcolo può ravvedersi entro il 18 maggio.
25
Con la scadenza del 25 maggio coloro che ne sono soggetti, devono presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat.
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Si rammenta ai lettori che entro la scadenza del 31 maggio scade il termine per riprendere il versamento della prima delle rate scadute ai fini della riammissione al pagamento rateale dei debiti tributari derivanti dagli accertamenti definiti in adesione o non impugnati secondo D.L. n. 218/1997. Il contribuente interessato, nei 10 giorni successivi al versamento, deve trasmettere copia della relativa quietanza all’Ufficio competente affinché lo stesso proceda alla sospensione dei carichi eventualmente iscritti a ruolo ancorché rateizzati ed a ricalcolare le rate dovute.
Lo Studio augura ai Lettori un sereno e proficuo 2016. Lo Studio ringrazia per l’attenzione dei lettori e rimane a disposizione, per ogni ulteriore chiarimento. In qualità di CAF CGN lo Studio è abilitato a fornire ulteriori servizi tra cui: 730 per coloro che sono dipendenti, collaboratori, pensionati - ISEE, RED, Detrazioni ecc. - Gestione Badanti e Colf - Successioni Studio De Calisti Anna Maria - Via Leonardo Mellano 72 - 00125 Roma tel. 06/52352585 cell. 3333087137 e-mail: amdec@libero.it
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