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Park Chan-wook

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Hong Sang-soo

Hong Sang-soo

rinascita e la

di LUCA BOVE

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La rinascita del cinema coreano avviene alla fine del Ventesimo secolo. È il 1999 e in Corea del Sud (differente è la situazione nella parte settentrionale della penisola) iniziano a diffondersi diversi movimenti per rafforzare ulteriormente la democrazia.

Tutte le forme artistiche, ovviamente anche il cinema, iniziano a rispecchiare le dinamiche culturali di una società in fermento. Una nuova generazione di registi inizia a esprimere un senso di delusione nei confronti del passato e frustrazione nei confronti della nuova classe dirigente. Questi nuovi autori cinematografici si fanno portatori delle idee progressiste del cittadino comune, il populismo (nella sua prospettiva positiva), mescolato con una buona dose di sperimentalismo, diventa il principale motore del nuovo cinema coreano.

Molto frequente diventa il tema sulla divisione della Corea tra Nord e Sud, come in Shiri (1999) di Kang Je-gyu.

È questo un film di intrattenimento, che racconta una storia d’amore tra una donna del Nord e un uomo del Sud.

Shiri ottiene un grande successo e con più sei milioni di biglietti venduti, diede un duro colpo al predominio delle pellicole hollywoodiane. Lo strapotere della cinematografia americana era uno dei principali problemi della produzione locale. Basti pensare che nel 1993 i film coreani rappresentavano un misero 7% del mercato nazionale, ma le cose stavano per cambiare. Un gruppo di giovani cineasti, quasi tutti formati nelle università del paese, salvarono l’industria del cinema, tra questi Park Chan-wook. Nato nel 1963, si laurea in filosofia, dopo essere stato respinto alla facoltà di estetica. La passione per il cinema nasce molto presto e insieme ad alcuni amici inizia a scrivere articoli di critica cinematografica. Il suo vero primo successo come regista arriva nel 2000 con Joint Security Area - JSA, tratto dal romanzo di Park Sang-yeon. Il film ottiene un grande successo, riesce ad attirare un vasto pubblico, superando gli incassi di Shiri. Il maggior fattore di fascino è senza dubbio la cornice storica. La divisione della Corea viene sfruttata da Park per creare la vicenda di questo suo terzo film. Ma il regista ne approfitta per rappresentare una storia di amicizia proibita dove è ben evidente lo scontro tra Stato e cittadino. I giovani soldati del Nord e del Sud, spinti dalla solitudine, superano la linea di confine e tra loro nasce una forte, ma tragica amicizia. JSA è un film molto umano e Park riesce a equilibrare vari generi, come la commedia e il poliziesco. Prima di JSA, il regista realizza due film: Moon is… the Sun’s Dream (1992) e Trio (1997). Il regista sembra rinnegare questi suoi lavori, ne parla raramente ed è quasi impossibile trovare copie con sottotitoli. Moon is… the Sun’s Dream, opera prima di Park, preannuncia alcune qualità del regista, che verranno perfezionate nei lungometraggi successivi. Il film è apprezzabile perché riesce a trasformare del materiale narrativo, sostanzialmente banale, in qualcosa di affascinante e unico. È un triangolo amoroso tra due fratellastri; Ha-young, un fotografo, Moo-hoon, un criminale impacciato (figura ricorrente nel cinema di Park) ed Eun-joo, una giovane donna con il viso sfigurato. Moon is… the Sun’s Dream è forse troppo ambizioso per un regista esordiente. La regia e, soprattutto, il montaggio appaiono insicure, in alcuni casi addirittura dilettantistici. Il film, inoltre, è disseminato di inserti di capolavori del cinema: Tempi moderni (la celebre

del cinema sudcoreano

sequenza della catena di montaggio) di Charlie Chaplin e Blow Up di Michelangelo Antonioni. L’utilizzo di materiale di pellicole che hanno segnato la storia del cinema, rivela la vasta cultura cinematografica di Park, ma è sintomo di immaturità artistica. Il suo passaggio da critico a regista ancora non si è realizzato del tutto. Ma Park utilizza anche il cinema asiatico per realizzare Moon is… the Sun’s Dream. I colori della fotografia, tra il blu e il lilla, rendono ben visibile il modello del cinema hongkonghese, come As Tears Go By di Wong Kar Wai (1988) e My Heart is That Eternal Rose di Patrik Tam (1989). Con Trio (1997), suo secondo film, Park dimostra di aver raggiunto una certa padronanza della regia e del montaggio, gettando le basi della sua tipica manipolazione temporale che spiazza lo spettatore, facendolo smarrire per poi ritrovare sul finale un sorprendente filo logico. In questo film troviamo anche il tema dell’incesto, che tornerà centrale anni dopo con Old Boy. Come in Moon is… the Sun’s Dream anche in questo caso troviamo un triangolo: l’immancabile criminale, un musicista con manie suicide e una cameriera che deve recuperare suo figlio. Un’altra peculiarità di Trio, che successivamente caratterizzerà il cinema di Park, è l’uso dell’umorismo, utilizzato in un contesto tragico o per lo meno drammatico, che sfocia in una comicità crudele e fulminante. Per i suoi primi tre film Park resta essenzialmente un regista ignoto al grande pubblico occidentale. Il suo cinema inizia a giungere in Europa e in America nel 2002, con Mr. Vendetta, il primo film della sua trilogia. È del tutto normale che un regista raggiunga la popolarità internazionale a partire da un punto preciso della sua filmografia, ma ciò è avvenuto con Park in maniera anomala. Il suo cinema, infatti, dopo Old Boy (secondo film della trilogia) torna a essere un oggetto misterioso per il pubblico occidentale, ritornando alla ribalta solo nel 2013 con Stoker, interpretato da Nicole Kidman. La popolarità della trilogia di Park in occidente, dunque, non è un caso. Con Mr. Vendetta, Old Boy e Lady Vendetta, il regista sembra che rappresenti una metafora del ruolo dell’occidente e della sua politica. I tre film hanno, senza dubbio, il tema della vendetta che li accomuna, ma Park sembra spingersi oltre, soprattutto in Mr. Vendetta, e sviluppa una spirale di violenza che coinvolge tutti i personaggi, dove diventa davvero difficile distinguere la vittima dal carnefice. Insomma, Park non parla di singoli, assetati di vendetta, ma si rivolge a tutto il mondo occidentale e alle sue guerre, che hanno causate milioni di morti. Emblematico è il fatto che a pagare il prezzo più alto siano sempre i bambini o comunque i figli. Come in Old Boy, dove Mi-do, inconsapevolmente, va a letto con il padre. Dopo la sua trilogia, Park torna nell’oblio per il pubblico occidentale. Nel 2006 realizza Sono un cyborg, ma va bene, e nel 2009, Thirst ispirato al romanzo Thérèse Raquin di Emile Zola. Con questi due film, si misura con il genere fantasy, utilizzando due classici topos, il cyborg e il vampiro. Mademoiselle (2016) è il suo ultimo film, dove raggiunge l’apice della sua alterazione temporale. È davvero rivoluzionaria la figura e il ruolo della donna, capace di manipolare ogni uomo per ottenere ciò che desidera.

Nella pagina accanto: una scena del film Mademoiselle (2016) di Park Chan-wook

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