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Planetario autori – G. Cultrone, P. Palermo
PLANETARIO autori
ANTONIA POZZI
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L’IMPORTANZA DI RESTARE UMANI di Gaia Cultrone
Antonia Pozzi è una di quelle poetesse che ho scoperto imbattendomici per caso, su Internet. Ci tengo a precisarlo, perché vorrei che non ci mentissimo su quanto spesso la conoscenza, letteraria e non, sia frutto della casualità; la Pozzi, dicevo, è stata quindi una conoscenza casuale, che colpisce però – specialmente nel leggere le poesie d’esordio, risalenti al 1929 – perché così vicina a noi nel raccontare e raccontarsi: le sue poesie parlano infatti del suo primo amore (il suo professore di greco e latino, Antonio Maria Cervi), dei suoi luoghi preferiti (su tutti una montagna, la Grigna), delle sue amicizie. Eppure Antonia risulta come consapevole di questa sorta di limite che la sua giovane età rappresenta (nata nel 1912 e morta, suicida, nel 1938, ha quindi diciassette anni nel ’29) e fin da subito sceglie di mediare attraverso un accurato studio formale e delle proprie mediazioni letterarie: per questo motivo anche le prime poesie mostrano l’alternarsi dell’endecasillabo tradizionale con versi liberi prettamente novecenteschi, abbinati talvolta ai settenari, e una vicinanza tematica ai poeti crepuscolari. Tutto questo, critica alla mano, risulta di per sé ammirevole, ma cosa rende Antonia Pozzi una poetessa così speciale? In una parola, la risposta potrebbe essere coesistenza: la Pozzi coltiva per tutta la sua vita la passione per la poesia, per la prosa e la fotografia, e leggendo i suoi lavori vediaRigurgito di giovinezza
a L. B.
Umida strada cielo d’ametista lacrime e lacrime sulle tue lunghe ciglia sulle mie lunghe dita ma la mia anima canora contro il vento come un drappo di seta a sbandierare frenetica di strappi per versare in uno squarcio la sua giovinezza ed inondarne te nuvola bionda impolverata dalla vita
Pasturo, 15 settembre 1929
mo emergere tutte e tre le arti. Ciò implica una produzione tanto descrittiva quanto più introspettiva, e talvolta la compresenza delle due tipologie, attraverso l’utilizzo dei paesaggi come allegorie (talvolta con rimandi simbolisti) di sentimenti. Tuttavia c’è di più: per tutta la vita Antonia Pozzi sente di non vivere a pieno, complice il tragico esito della sua relazione amorosa con Antonio Maria Cervi. Eppure, contemporaneamente, non smette mai di ostentare uno slancio verso il mondo così forte da risultare quasi spaventoso: è una donna che soffre, e soffre tanto, ma che proprio per questo urge di vita e della vita, in ogni sua forma; ci parla e lo fa come se stesse cercando di imparare da ogni singolo elemento, sia esso il cielo o l’amica Lucia Bozzi, cui è dedicata la poesia qui sotto. Tutto questo coesiste con la cura del verso, che aumenta a seguito della sua tesi di laurea (1935) su Flaubert, dalla quale deriva la concezione di “poesia fabbrile”. La particolarità di Antonia è quella di far coesistere tendenze apparentemente opposte senza che vi sia forzatura, come la capacità di scrivere poesie strutturate e comprensibili a tutti, mantenendosi al tempo stesso strettamente personale ed illuminante nel ricordarci quanto sia importante restare, sempre, umani
BIBLIOGRAFIA • Antonia Pozzi, Parole, tutte le poesie, a cura di Graziella Bernabò e Onorina Dino, Ancora ed., 2015
ANTONIO MACHADO
IL MONDO DENTRO di Paolo Palermo
Viandante non c’è via la via si fa con l’andare. da Campos de Castilla, sez. Proverbios y cantares, XXVIII
Antonio Machado, nome e cognome di un simbolo. Giusto esordire così se si vuole presentare degnamente il poeta andaluso, nato a Siviglia nel 1875: l’attribuzione dell’epiteto “simbolo” è quasi eufemistica, poiché molti esperti arriverebbero persino a definirlo un mito vero e proprio, una totale incarnazione di quei valori spagnoli che cercarono di arginare le dittature e la guerra civile. La poetica di Machado si inserisce in un contesto a metà tra Modernismo e Decadentismo, con un poetare di ispirazione tipicamente riconducibile a Ruben Darío – il maestro della corrente modernista. Le immagini, però, ricalcano un simbolismo tetro di sapore quasi francese: tutto questo si può notare nella sua prima raccolta poetica, Soledades. In questo contesto, oltre a sinestesie e ossimori squisitamente modernisti compaiono veli malinconici di tristezza suggeriti e amplificati da immagini caratteristiche:
da Soledades Cantavano i bambini canzoni ingenue, su qualcosa che capita ma che non arriva mai; la storia è confusa ma è chiara la pena. Versava la fonte il suo eterno narrare: cancellata la storia, raccontava la penna.
Il suo stile, però, subì una grande evoluzione. La soggettività e la costruzione retorica di Soledades è sostituita con magistrale successo da una poetica introspettiva capace di guardarsi attorno e, di conseguenza, dentro. Machado diventa il cantore di una Spagna raccontata attraverso il “noi”, quello che sottolinea la pluralità di una nazione sulla via della perdizione, della violenza, del disordine: tutto questo è riassunto in vari passi dell’opera Campos de Castilla, uno dei capolavori della letteratura spagnola di ogni tempo. Si avverte già nell’introduzione della raccolta il cambio radicale operato da Machado, con un Retrato (letteralmente, “ritratto”) narrante la sua vita – La mia infanzia, ricordi di un patio di Siviglia / e un limpido giardino dove cresce il limone – e i suoi dilemmi, tanto esistenziali come poetici. Celebri questi due passi:
da Retrato Né un seduttor Mañara, né un Brandomín son stato già conoscete il mio goffo modo di vestirmi […] Classico o romantico? Non so. Vorrei lasciare il mio verso come il capitano fa con la sua spada: famosa per la mano che la impugna, non per il fabbro sapiente che la forgiò.
Importante è poi la questione politico-nazionale, che diventa però un pretesto per immaginare una Spagna nuova. Interessante è soffermarsi sull’ultimo frammento della sezione Proverbios y cantares, che contiene un monito saggio e amaro a un neonato spagnolo. Qui, Machado parla addirittura di due diverse nazioni, una che muore e una che sbadiglia appena nata: quasi disincantandosi da quella speranza che alimenta la credenza in un cambiamento, il poeta recita così.
da Proverbios y cantares, LIII Già c’è uno spagnolo che vuole vivere e a vivere comincia, in una Spagna che muore e una Spagna che sbadiglia. Piccolo spagnolo appena nato, ti protegga Dio. Una delle due Spagne ti gelerà il cuore.
Grazie a queste parole, a questa poetica sempre tesa verso un rinnovamento graduale e alla caratteristica non comune di non poter essere etichettato sotto un solo genere, Antonio Machado si è garantito un posto di rilievo nei cuori di tanti contemporanei e molti appassionati moderni – ed anche, senza ombra di dubbio, nella grande storia della letteratura spagnola
Opere tratte da Poesie: Soledades e Campos de Castilla. Traduzioni ad opera dell’autore.