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Prossa nova racconti – M. Valentini

PROSSA NOVA racconti

I SOLI ALLA DOMENICA (E I LORO CANI)

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di Matteo Valentini

A Genova, la domenica mattina, nutriti gruppi di individui meditabondi accompagnano malinconicamente il loro cane fuori dai condomini e si godono la propria solitudine e quella degli altri.

I solitari della domenica si cimentano a conversare con l’animale che hanno al guinzaglio e gli dicono, tirandolo a sé, «Vieni qua.» «Vai dritto.» «Cammina.», oppure si fermano, un poco frementi, quando questo punta le zampe davanti, allarga quelle di dietro e si prepara a espletare i propri bisogni.

Se i bisogni sono liquidi, i solitari della domenica espirano dal naso sollevati e riprendono il cammino con una pacca sul fondoschiena dell’amico peloso. Se sono solidi, li vedi arricciare le labbra, drizzare il collo, prendere l’aria con la faccia all’insù e, un sacchetto stretto in mano, tuffarsi sul caldo escremento espulso.

Quando due solitari della domenica si incontrano anche i loro cani si incontrano, si annusano il didietro e fanno amicizia perché, nonostante quello che si dice, ai cani non piace star soli. I due padroni, invece, si scambiano poche e sbrigative parole come «Di che razza è?» o «È femmina?» e, dopo questo rituale, pronunciano a voce sempre più alta e nervosa il nome del loro cane, cercando di farlo allontanare da quello dell’altro solitario che, per parte sua, fa lo stesso.

Entrambi hanno molta fretta di restare soli, dato che di lì a poco dovranno ritornare alla loro famiglia nel condominio e non hanno fatto ancora nessuna delle cose che si fanno quando si è da soli e che poi si raccontano: guardare intensamente i tetti della città dai giardini Luzzati o da Spianata, far colazione in un bar deserto, leggere un libro seduti sotto la tenda parasole (o parapioggia) di un locale chiuso.

A Genova, la domenica mattina, in giro con il cane ci sono anche quelli che, da soli, stanno tutta la settimana. Li riconosci dall’assenza di guinzaglio in mano, dall’indifferenza per le feci e per il piscio del proprio cane, dalla diffidenza per i luoghi troppo soleggiati. Il loro cane non ama fare amicizia con i propri simili, ma si muove sempre a fianco del suo uomo, che scambia con lui pareri sul freddo o sui passanti, oppure lo incita – ciapilu! ciapilu! – quando si imbattono in un gatto. I soli fanno visita a chi fissa il sedere del mondo: televisori abbandonati, ratti guardinghi, prostitute in ghingheri, tossici tiratardi, spazzini annoiati e, ugualmente, possono restare inchiodati sulla medesima panchina per più di sei ore.

La loro solitudine non è un’avventura, una gita, né una fuga. È il salto in un cavedio, un punto di sutura

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