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Infischiatene recensioni – C. Graziani

per spegnere la televisione. Entra nel ripostiglio, per uscirne con un secchio sporco di venature ramate e un contenitore di benzina vuoto. Dalla finestra s’intrufola un sole morente che esaspera la cucina di magenta. Lui raccoglie dal secchio manciate di viti, rondelle e cuscinetti: scarti di metallurgia arrugginiti che appaiono fosforescenti alla luce del tramonto. Con occhi luminosi se li lascia scivolare dalle mani come se rovistasse in un baule di preziosi e oro.

Bob Dylan squittisce all’improvviso attraverso il cellulare. – Sì? – risponde – Quasi pronto! Un quarto d’ora e… Stai calmo… cerca di restare calmo! Se lo merita. Fidati di me, ok?… La conferenza da Eataly inizia tra un’ora esatta. Ma certo, certo che ne sono sicuro. Ti aspetto davanti all’entrata. Non ti vorrai tirare indietro, eh? Quello è il bastardo che ci ha eliminato! Coraggio, ok?

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Versa la crema nel bidone, entro il quale lascia poi cadere la ferraglia. Mentre lascia depositare il composto applica alla plastica un piccolo dispositivo sormontato da un led rosso pulsante. Guarda l’orologio: sono le diciotto e un quarto. Non sa che fare e riaccende la televisione.

Avevo detto qualcosa di eccezionale. Qualcosa che mi stupisse. This is una merda. Volevo un bombolone esplosivo… E-splo-si-vo

INFISCHIATENE recensioni

CRISTÓVÃO TEZZA

LA CADUTA DELLE CONSONANTI INTERVOCALICHE (FAZI EDITORE, 2016) di Chiara Graziani

Il protagonista di questo romanzo è il brasiliano Heliseu de Motta e Silva, ex professore di filologia romanza settantenne. Tentando di comporre un discorso di ringraziamento per la medaglia ai meriti accademici che gli verrà conferita, egli si trova, nel breve spazio di una mattina, a rievocare disordinatamente tutti gli episodi, le persone, i grandi dolori e i fallimenti che hanno caratterizzato la sua vita, trascinando il lettore nel turbinio di pensieri e ricordi che affollano la sua mente sovrapponendosi gli uni agli altri.

Heliseu è un personaggio verso cui provare empatia è difficile se ci si ferma alle prime pagine: racconta gli avvenimenti più drammatici della sua esistenza in un modo che lo fa apparire altero e sgradevole, si mostra distaccato ed ironico al punto che lo immaginiamo con un sorriso irritante sulle labbra mentre ricorda anche le scelte più sbagliate come se, dall’alto dello «scandaloso eccesso di competenze» che gli ha assicurato una

brillante carriera universitaria, egli si sia sempre sentito, e continui a sentirsi anche nei suoi ultimi anni, superiore a tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella sua vita. Tra questi, la moglie Monica, molto meno colta di lui e la cui unica vera dote riconosciuta è un’eccezionale memoria, che Heliseu ricorda con tenerezza ma che sminuisce freddamente; fino ad arrivare al figlio omosessuale con il quale non è mai riuscito a comunicare e che vive lontano da lui con il compagno e la figlia che ha adottato.

Consiglio al lettore di non fermarsi a questa prima impressione, ma di proseguire addentrandosi più profondamente nel viaggio che questo professore intraprende a ritroso nei suoi ricordi. Solo con pazienza sarà possibile mettere ordine in una psiche disordinata e complessa, che si svela lentamente, come se dovesse prendere confidenza con l’interlocutore prima di mostrarsi drammaticamente nuda, spogliata dell’autoinganno in cui qualsiasi essere umano cade, più o meno consapevolmente, pur di rendere meno atroci i rimorsi e i rimpianti della vita.

Cristóvão Tezza ci rende partecipi in modo tenero e commovente di tutta l’umanità e semplicità che si celano dietro le vesti di un illustre professore, sicuro di sé davanti ai colleghi e agli studenti che lo ammiravano, rispettavano e invidiavano; ma sempre più consapevole della incolmabile discrepanza esistente tra la sua vita pubblica, fatta di successi, riconoscimenti e soddisfazioni e quella privata piena di dolori in cui, come ci dice egli stesso «non c’era più niente da salvare, immersa com’era in una sequela di piccoli ma irrimediabili disastri».

L’autore ci racconta questi «disastri» imbastendo un flusso di coscienza contorto e ricco di sbalzi tematici e temporali a cui talvolta risulta impossibile trovare una coerenza. Ci mostra l’intimità di un uomo che, a dispetto del professore affermato ed appagato che è sempre apparso a chi lo conosceva, si rivela una persona comune, con le sue debolezze, fragilissimo e irresoluto nel suo intimo. Nel momento in cui noi lo vediamo davvero, settantenne e solo, ci rendiamo conto che non siamo di fronte ad un professore borioso e distaccato, come avevamo pensato incontrandolo nei primi capitoli, ma ad un anziano disilluso che ci costringe tragicamente a confrontarci con una realtà drammatica e universale: niente può riportarci indietro per rimediare ai grandi errori che commettiamo inevitabilmente, tutto ciò che è in nostro potere è conviverci e accettarli.

«Sto bene» è il mantra che si ripete alla fine: in fin dei conti è sopravvissuto a tutte le insidie e alle disgrazie che gli sono capitate in una vita terribile sotto molti punti di vista, ma comunque piena ed emozionante. «La vita può anche essere priva di senso, però ha una direzione, è instradata verso qualcosa, per quanto non sia qualcosa di troppo bello»: questo è ciò che il nostro professore ha imparato nel corso della sua turbolenta esistenza e che cerca di trasmetterci.

«La caduta delle consonanti intervocaliche» non si accontenta di una lettura distratta o superficiale, è un romanzo complesso e disordinato che ruba tempo e concentrazione, ma in cambio permette di vivere l’emozione devastante e bellissima di guardare nelle pieghe più profonde dell’animo umano

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