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NUMERO 148 29 gennaio 2018

N.99 PAGINE

News: Renault Twingo. BMW Serie 7. Range Rover Evoque. Toyota Land Cruiser. Aston Martin Valkyrie | Mercato: Le auto più vendute al mondo, Toyota Corolla è prima | Epoca: Porsche 914 | Formula 1: Le novità tecniche 2019 | Formula E: Bird vince l’E Prix di Santiago del Cile | Endurance: La 24 Ore di Daytona | WRC: Ogier e Citroen vincono il Rally di Montecarlo | Dakar: In Perù terza vittoria del Principe del Qatar

PORSCHE MACAN 2019: DAL FUTURO Pagine 2-13

KIA E-NIRO: C-SUV ELETTRICO

HYUNDAI I30 FASTBACK N

Abbiamo provato su strada il nuovo SUV 100% elettrico di Kia. Due versioni disponibili: 136 CV e 204 CV. Abbiamo guidato la più potente. Ecco come va

Arriva dopo la versione a 5 porte e la Veloster N, con telaio più rigido, sospensioni riviste e un carattere più bilanciato che ci ha fatto divertire come la prima volta

WRC19, MONTE-CARLO: OGIER (CITROEN) CHE MOSTRO Battaglia finale epica. Meeke vince il Power Stage, Ogier sfodera un colpo monstre per la 100ma vittoria Citroen. Indimenticabile


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PORSCHE MACAN 2019, ARRIVA DAL FUTURO... MA SENZA DIESEL! di Emiliano Perucca Orfei ARRIVA DIRETTAMENTE DAL FUTURO LA LINEA DI CODA DELLA NUOVA PORSCHE MACAN RESTYLING 2019 CHE ENTRA IN LISTINO PORSCHE A PARTIRE DA 61.763 EURO. L'ABBIAMO GUIDATA CON LA NUOVA MOTORIZZAZIONE QUATTRO CILINDRI 2.0 TURBO DA 245 CV CHE NASCE COME ALTERNATIVA AL 3.0 DIESEL CHE NON SARÀ PIÙ DISPONIBILE. ECCO COM'È FATTA E COME VA LA NUOVA SEGMENTO D PREMIUM DI ZUFFENHAUSEN

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Cinque anni fa, quando venne lanciata, la Macan fece molto parlare di sé per via della sua intrinseca capacità di allargare in modo molto ampio il bacino d'utenza della clientela Porsche. Vero, Cayman e Boxster hanno sempre avuto anche questo nel loro DNA di derivazione 911, ma il mercato di vetture di quel genere è sempre rimasto molto ristretto rispetto a quello di una vettura che prima di ogni altra ha capito che il mercato delle station wagon di segmento D premium si stata spostando verso inesorabilmente verso i SUV. Una vettura innovatrice e mai scontata nel suo modo di essere, un po' come tutte le Porsche del resto, che ha saputo andare oltre anche alla demonizzazione del motore diesel facendo quello che forse solo Porsche può fare: toglierlo dal listino senza subire particolari tracolli, senza nemmeno (per il momento) offrire una alternativa ibrida. E' bastato mettere il 2.0 quadricilindrico da 245 CV sotto al cofano per far contenti 4

tutti e consentire alla Macan di proseguire il successo commerciale che anche nel nostro Paese si può definire importante. Una evoluzione concettuale che fa il paio con quella estetica: ora i fari posteriori, con finitura tridimensionale, sono collegati come su Cayenne da una sottile fascia rossa mentre il frontale adotta l'ultima evoluzione dei fari full-led con firma luminosa a quattro punti in pieno stile Le Mans. Una Macan che rimane assolutamente in linea con le dimensioni precedenti (469 cm) sposando come al solito concetti cari alla 911, tra cui la gommatura differenziata tra l'asse anteriore e quello posteriore. Gli interni sono anch'essi stati protagonisti di un'evoluzione: le forme della plancia sono simili a quelle del passato ma l'introduzione del sistema infotainment di ultima generazione con il display da 10,9" ha richiesto una nuova disposizione delle bocchette dell'aria centrali (ora sotto lo schermo) e la ridefinizione di alcuni dettagli tra cui lo stile del tunnel centrale, ora più tecnologico seppur sempre ricco di tasti. Tra le 5


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innovazioni tecnologiche anche l'introduzione dei comandi vocali (non ancora dotati di intelligenza artificiale) ed app dedicate alle varie applicazioni della vettura, tra cui quella per la guida off road. Sul volante, che può variare diametro da 38 a 36 cm in base alle richieste in fase d'ordine, può trovare posto anche la manopola per la selezione del driving mode: le modalità di guida selezionabili sono Comfort, Sport, Sport+ e Individual personalizzabili attraverso specifici tasti nella taratura delle sospensioni e nel...sound generato dallo scarico. Due le varianti di motore: al 2.0 quattro cilindri turbo benzina della Macan (245 cv a 6.750 giri) infatti, si affianca il 3.0 V6 turbo benzina da 354 CV della Macan S, anch'esso aggiornato in decine di componenti per rispettare le più rigide normative antinquinamento senza nulla togliere alle prestazioni che rimangono molto elevate. Rimamendo in ambito di numeri, grazie anche al peso di 1.795 kg, il duemila è in grado di passare da 0 a 100 km/h in 6,7 secondi assicurando una velocità massima di 225 km/h.

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FUORI: COM'È DAL VIVO Guardandola frontalmente è abbastanza difficile riconoscere il nuovo modello dal precedente senza essere dotati di occhi esperi mentre appena si ha l'occasione di passare dietro si nota in modo evidente come i designer di Zuffenhausen abbiano lavorato sodo per portare nel futuro le forme dei loro SUV. Le linee ricordano molto da vicino quelle proposte sulla terza generazione di Macan, con i fari raccordati e la scritta Porsche a rilievo incastonata nel portellone, e l'insieme risulta davvero

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riuscito ed in grado di tenere alto l'interesse per questo modello per i prossimi anni. Forme raffinate, che si sposano ad un concetto di sportività in ambito SUV che è stato presto fonte di ispirazione anche per altri costruttori, che in quella coda spiovente ci hanno visto qualcosa di interessante... DENTRO: COM'È FATTA Gli interni seguono le stesse "direttive" dell'esterno. Ad una prima occhiata sono pochi i dettagli nuovi ma a ben guardare sono invece moltissimi i dettagli della plan-

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cia che sono stati ridisegnati per fare posto al nuovo display da 10,9". Non si tratta di un sistema multimediale sconvolgente per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti, ma la grafica in stile Porsche è sempre piacevole e per iniziare a parlare con la vettura ci sarà tempo. COME SI GUIDA Del resto le Porsche sono auto nate prima di tutto per essere guidate e nonostante la comunanza di progetto con la precedente generazione di Audi Q5 i tecnici Porsche sono riusciti nell'impresa di donare alla vettura non solo personalità ma anche un'idea di 911 che è tipica di tutti i modelli nel listino della Casa tedesca. Volante bello verticale e piacevole nell'im-

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pugnatura, comandi posizionati dove serve, una bella strumentazione leggibile ed un motore duemila che non fa certamente gridare al miracolo per prestazione anche se i 370 Nm di coppia massima vengono fuori molto bene appena sotto ai 2.000 giri assicurando alla Macan una qualità di guida come al solito interessante. Ottimo il lavoro del cambio PDK, che offre sempre il rapporto giusto tra gli 8 disponibili, notevole il lavoro della trazione che prima di tutto è posteriore per poi usare l'asse anteriore in caso di necessità. Una condizione, quest'ultima, che contribuisce a mantenere piacevole la guida della Macan anche tra le curve, sicuri di poter scaricare a terra tutto quello che i motori sono in grado di offrire anche su terreni

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difficili. Certo le performance del 3.0 V6 da 354 CV sfruttano meglio il plus di questo elemento tecnico ma grazie ad un peso più contenuto di un centinaio di kg la Macan S riesce comunque a difendersi e a non far rimpiangere il vecchio diesel. Che consumava meno, indubbiamente, ma non così tanto da non permettere di ritenere interessanti i valori del 2.0 benzina: con un po' di riguardo, infatti, gli 11 km/litro si possono raggiungere senza problemi. IN CONCLUSIONE In listino da 61.978 euro la nuova Macan con il motore quadricilindrico non è certamente la Porsche che ci si aspetta ma è comunque una Macan interessante anche per chi percorre 20/30.000 km/anno visto e considerato che i consumi sono di poco superiori a quelli del diesel di potenza simile. Chiaramente variano i valori di coppia e la performance del 2.0 va sfruttata di più rispetto all'elasticità del diesel ai bassi e medi regimi, ma tutto sommato bisogna ammettere come in Porsche siano riusciti a sorprende con questa declinazione del 2.0 di origine Volkswagen. Buona la tecnologia di bordo, ottimi i materiali utilizzati, notevole il design e il fascino del brand. Un prodotto che ha già ricevuto molti ordini in questa variante restyling e dopo averla provata è facile crederlo. 12

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KIA E-NIRO IL C-SUV ELETTRICO COREANO

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KIA E-NIRO 2019: IL TEST DEL C-SUV ELETTRICO COREANO di Luca Frigerio ABBIAMO PROVATO SU STRADA IL NUOVO SUV 100% ELETTRICO DI KIA: E-NIRO. DUE VERSIONI DISPONIBILI: 136 CV E 204 CV. ABBIAMO GUIDATO LA PIÙ POTENTE, CON AUTONOMIA DI 455 KM. ECCO COME VA SU STRADA E QUANDO ARRIVERÀ IN ITALIA

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Se pochi anni fa Tesla ha dato avvio all’evoluzione della mobilità a quattro ruote investendo tutto sull’elettrico, oggi numerosi grandi Marchi automobilisti stanno dimostrando che la strada dell’imprenditore americano Elon Musk era quella giusta. Un po’ per esigenze imposte dalle politiche nazionali e Europee, un po’ perché il futuro significa evoluzione. Ormai quasi tutte le più importanti Case hanno un modello 100% elettrico in gamma e Kia, invece, sta già ampliando la scelta. Dopo la Soul EV, ora è il momento di parlare della e-Niro. Il C-SUV coreano ha subìto una vera e propria trasformazione: nato con il motore endotermico, poi disponibile anche ibrido (2016, successivamente plug-in (2017) e ora anche elettrico. L’abbiamo visto in anteprima per l’Europa al Salone di Parigi 2018 e, finalmente, l’abbiamo scoperto nel dettaglio e provato su strada per scoprire le caratteristiche tecniche e dinamiche di questa novità 2019 di Kia. Ecco come è andata sulle magnifiche strade della Costa Azzurra, Francia. 16

DAL VIVO: COM’È FUORI Come avete visto dalle foto e dal video, esteticamente la nuova Kia e-Niro è quasi uguale alla sorella Niro: ci sono modifiche nella parte frontale, dove scompare la griglia principale per far respirare il radiatore (dell’ex motore endotermico) ma viene mantenuto il profilo del “tiger nose”, che ospita lo sportello per la ricarica della batteria. Differenze anche nella zona bassa, con un diverso design dei fendinebbia e le luci diurne a LED. Inoltre, risaltano i dettagli in azzurro per sottolineare la motorizzazione completamente elettrica del SUV. Ci sono anche dei nuovi cerchi da 17”, dedicati a questo modello: profilo più chiuso per ottimizzare il flusso d’aria e migliorare l’impatto aerodinamico del mezzo e, quindi, ridurre i consumi di energia; infatti, il cD (Drag Coefficient) è stato abbassato da 0,297 a 0,286. Poche differenze anche al posteriore, dove varia il disegno del paraurti e compaiono i profili azzurri alle estremità. Parlando di dimensioni, la Kia e-Niro è lunga 4.375 mm, larga 1.805 mm (esclusi gli specchi laterali), alta 1.560 mm e con 17


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un passo di 2.700 mm. L’altezza da terrà è di 15,5 cm, angolo di attacco di 16,6° e quello di uscita di 29°. UN MOTORE, DUE POTENZE Come per una normale vettura, anche sulla Kia e-Niro il cliente ha la possibilità di scegliere tra due motorizzazioni, che variano per potenza e autonomia. La più performante, denominata Long Range, eroga 204 CV di potenza tra i 3.800 e gli 8.000 giri/min e 395 Nm di coppia tra 0 e 3.600 giri/min. L’alimentazione è data da un pacco batterie a polimeri di litio da 64 kWh, che offre un’autonomia di 455 km (dato WLTP ciclo combinato). Scatto 0-100 km/h in 7,8 secondi e velocità massima di 167 km/h.

La Standard, invece, ha una potenza di 136 CV tra i 2.600 e gli 8.000 giri/min, sempre abbinata a una coppia di 395 Nm. In questo caso i tecnici hanno montato una batteria con una capacità di 39,2 kWh che le assicura un’autonomia di circa 289 km (dato WLTP ciclo combinato). Cresce il tempo per lo 0-100 km/h, 9,8 secondi, e cala la velocità massima, 155 km/h. DAL VIVO: COM’È DENTRO Anche dentro le portiere non ci sono grandi variazioni rispetto ai modelli già presenti in gamma. Molto particolari i dettagli e le cuciture in azzurro dell’allestimento in prova, che richiamano gli esterni. Cambia totalmente il quadro, digitale e ridisegnato per la gestione del motore elet-

trico: sul lato sinistro è presente la quantità di carica residua e l’autonomia, sul lato destro la velocità e l’indicatore del risparmio energetico e al centro le informazioni sulla vettura. Tra le due sedute, è presente un display da 7” con l’infotainment e la possibilità di connessione con Android Auto e Apple CarPlay. Ci è piaciuto trovare i comandi analogici della climatizzazione e abbiamo apprezzato il nuovo profilo della consolle, sulla eNiro spezzata per guadagnare una nuova tasca e offrire un design più moderno. Inoltre, a lato della rotella per la scelta della marcia inserita (P, N, R o D) è presente il freno a mano elettronico, novità per la Niro, e la scelta dei Drive Mode (Eco, Eco+, Normal e Sport). La nuova Kia e-Niro è equipaggiata con al18

cuni sistemi di assistenza alla guida come il Forward Collision Warning con il Forward Collision-Avoidance Assist, lo Smart Cruise Control Stop & Go, il High Beam Assist, il Driver Attention Warning, il Lane Following Assist e il Kia Vehicle Stability Management (VSM). Come ultimo dato, parliamo della capacità del bagagliaio che, nonostante si tratti di un veicolo elettrico con un pacco batterie voluminoso, tocca i 451 litri (1.405 litri abbattendo i sedili posteriori con frazionamento 1/3-2/3). COME VA A bordo della Kia e-Niro si può subito apprezzare la voluminosità dell’abitacolo: infatti, nonostante si stia parlando di un SUV del segmento C, chi guida è comodo e il design della consolle “spezzata” allarga gli 19


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spazi. Anche i passeggeri possono vantare di un buon comfort: forse lo spazio per la testa è un po’ limitato a chi è sopra il metro e ottantacinque, ma anche il sedile centrale è morbido e accogliente. Ma adesso parliamo del motore: abbiamo provato la versione da 204 CV, la più potente. Una vera sorpresa quanta spinta e grinta riesca a sprigionare anche su strade in salita. La risposta dell’acceleratore è prontissima ma per nulla brusca: i tecnici coreani hanno fatto un ottimo lavoro sull’elettronica per evitare effetti on-off, senza rinunciare alla reattività 395 Nm, a partire da 0 giri/min). Silenziosissima, pratica da usare in città, ma con la giusta potenza per affrontare sorpassi autostradali o gite fuori porta a pieno carico. Inoltre, grande sorpresa anche l’assetto: davanti a una strada tutto curve, la dinamica è più simile a quella di una compatta del segmento C che a quella di un SUV. 20

Reattiva in curva, ottimo appoggio in percorrenza e nessun effetto di rollio. Probabilmente merito del baricentro basso causa batterie, ma la Kia e-Niro è un vero piacere da guidare… poi, la spinta in uscita dalle curve non fa rimpiangere il motore endotermico quando ci si vuole divertire! Sul retro del volante sono presenti delle palette, proprio come quelle di un cambio che però su questa vettura è assente: in poche parole, permettono di variare il freno motore, e quindi il recupero di energia a “piede destro alzato”, su diversi livelli fino ad ottenere una decelerazione massima (senza premere sul pedale centrale) di 0,23 g. Un sistema veramente comodo, facile da attivare, e che permette di gestire la strategia di consumo energetico a seconda delle esigenze, del viaggio che si sta affrontando o della strada che si ha di fronte. 21


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CONCLUSIONI Kia ha aggiunto un altro importante step alla propria gamma e la Kia e-Niro è l’ennesima dimostrazione del grande impegno che sta mettendo la Casa coreana nello sviluppo dell’elettrico. Due versioni disponibili, a seconda dell’utilizzo e delle esigenze del cliente. La Longe Range, che ha 455 km di autonomia (molti, parlando di una vettura 100% elettrica), si tratta un mezzo interessante ma forse ancora vincolato dalla questione rifornimento quando bisogna macinare chilometri: con torrette rapide da 100 kW, si ricarica la batteria dal 20% all’80% in soli 42 minuti. Poco se si considera il trasferimento di energia che è in corso, ma molto se si pen-

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sa che il pieno di carburante liquido lo si fa in meno di 5 minuti… Forse potrebbe essere più interessante la versione da 136 CV, con meno autonomia, come mezzo alternativo per la città? Perché no, ma tutto dipende dal costo per averla e dagli incentivi statali. Kia non ha dichiarato il prezzo per l’Italia, dovremo aspettare ancora qualche settimana quando la data di lancio sarà più vicina: potrebbe essere intorno alla metà del 2019. Una cosa è certa, anche la Kia e-Niro beneficerà dei 7 anni di garanzia o 150.000 km (anche sul pacco batterie) come tutta la gamma del Marchio coreano. Intanto, possiamo farci un’idea, perché in Francia è già sul mercato: si parte da 38.500 euro, 11.050 euro in più della Niro ibrida…

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HYUNDAI I30 FASTBACK N, GRINTA DA VENDERE E QUANTO DIVERTIMENTO

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HYUNDAI I30 FASTBACK N, GRINTA DA VENDERE E QUANTO DIVERTIMENT0 di Alberto Pellegrinetti ARRIVA DOPO LA VERSIONE A 5 PORTE E LA VELOSTER N, CON TELAIO PIÙ RIGIDO, SOSPENSIONI RIVISTE E UN CARATTERE PIÙ BILANCIATO CHE CI HA FATTO DIVERTIRE COME LA PRIMA VOLTA

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Tra le rivelazioni del 2018, nel campo delle pepate, non possiamo non citare la Hyundai i30 in versione N. Si sa, quando nasce una nuova sportiva, soprattutto se è una hot hatch, l’aspettativa è sempre alle stelle. Se, poi, per una casa è la prima volta la curiosità sale ancora di più e quando abbiamo saputo che la guerra sarebbe 26

stata dichiarata a istituzioni come la Golf GTI, Megane RS e compagnia, ci è quasi venuta voglia di mangiare il laptop. E una volta al volante, quello che ci ha colpito di più della i30 palestrata è stato il fatto che sono bastati pochissimi chilometri per rendersi conto del sublime lavoro svolto dai tecnici guidati da Albert Bierman. Avete già sentito questo nome, vero? Ebbene, il buon Albert è l’ingegnere che per anni si 27


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è occupato dello sviluppo della serie M di BMW. Un curriculum invidiabile. Di questo, però, vi abbiamo già parlato, come vi abbiamo già spiegato il significato della sigla che contraddistingue questa versione. La N sta per Namiang, la culla del progetto e anche per Nurburgring, la palestra dove la i30 si è fatta le ossa e anche i muscoli ovviamente. Adesso, dopo 3000 unità vendute (dato parecchio indicativo), è arrivato il momento di rendere più accattivante anche la versione Fastback della i30, agghindandola con il pacchetto più performante, ovvero

quello che può contare su 275 cv e quasi 280 Nm di coppia con overboost, stifness bar al posteriore, freni più grandi, cerchi da 19”, gommati Pirelli PZero (appositamente sviluppati), differenziale elettronico a slittamento limitato e scarico con variable exhaust valve, che regala all’auto un sound unico all’interno del segmento. Purtroppo, se la Fastback vi sta più simpatica della Hatch e quei 55 L di capacità del bagagliaio in più vi fanno gola (merito dei 445cm di lunghezza), non potrete averla in versione standard da 250 cv, l’intelligentissima anti super bollo.

VENIAMO AI FATTI Stavolta siamo sulle strade di Gran Canaria, dove mancano solo i cordoli in uscita dalle curve per fare invidia a tanti circuiti, e nonostante le condizioni meteo poco favorevoli, non passa molto prima che la i30 Fastback N ci faccia spuntare, di nuovo, quel sorriso a metà tra l’ebete e il compiaciuto. Se c’è una cosa che ci piace di quest’auto è la sua sincerità in fatto di intenti: mentre molte hot hatch sono impegnate a fare a pugni tra di loro, cronometro alla mano, sfidandosi per il primato sul ‘Ring (che vuol dire tutto e nulla), lei se ne frega e in mente ha un solo obiettivo, farvi divertire come bambini. Come ci riesca così bene e al primo tentativo, lo ricordiamo, non l’abbiamo ancora capito, ma, forse, non ce n’è nemmeno 28

bisogno. Parte dell’esperienza si concentra sulle note che escono dallo scarico: secche, gutturali e profonde. Stareste ore ad accelerare e mollare il gas per farle fare quegli scoppi, che si presentano anche durante la cambiata, unici per uno scarico di serie all’interno del segmento C. Una cosa che ci piace meno, invece, è la presenza di tante, forse troppe, modalità di guida, visto che sono ben 5. A noi sarebbe bastata la modalità ‘casa lavoro il lunedì mattina’ e quella ‘lavorocasa il venerdì sera’, se capite cosa intendiamo. Comunque, ognuna di queste varia la risposta di motore, scarico e soprattutto assetto, dato che qui ci sono dei raffinati ammortizzatori a controllo elettronico. La più prepotente è la N, ma volendo potete optare anche per la Custom che vi 29


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permette di regolare separatamente ogni aspetto. Partendo dalla Eco, invece, per le mani sembra di ritrovarsi quasi una comune i30; silenziosa, discreta, vivibile sullo sconnessioni meno gentili e assai docile da poter essere lasciata anche alla mamma per la spesa. Molto bene, ma quand’è l’ultima volta che siete andati a fare la spesa? Appunto. A noi interessa quello che succede una volta dispiegata tutta la potenza assieme alla reattività di sospensioni e differenziale; quando ci si ritrova a bordo di un Jack Russel con la lingua al vento che schizza da una parte all’altra con voi che vi concentrate solo sulla curva in arrivo, con il posteriore che in ingresso si muove quel tanto che basta per rendere l’esperienza più frizzante. Le sensazione che arrivano dal volante sono chiare ma bisogna capire bene come lavora il differenziale elettroni30

co prima di spingere e fidarsi. L’assetto impressiona per come riesce a copiare bene il fondo e è appuntito quanto basta per non mettere in difficoltà i principianti. La ciliegina sulla torta, però, è il cambio: a nostro avviso il migliore su un’auto del genere; anche lui non diretto come quello di una Civic o tagliente come quello della Megane, ma intuitivo e piacevole come nessun’altro. Tanta sicurezza arriva poi dai freni, che bastano per tenere la situazione sempre sotto controllo. Niente da dire, quindi, l’ottimo lavoro sulla hatchback si riconferma su questa versione con il terzo volume e torniamo a complimentarci con il marchio coreano per l’impegno che sta mettendo in questo segmento, sperando che, al più presto, possa arrivare anche una versione della i20 con la stessa sigla. Fiesta ST, stai molto attenta. 31


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LA TECNICA Ovviamente l'ottimo comportamento dinamico è reso possibile da alcuni raffinati lavori di rivisitazione per la tecnica, soprattutto telaio e sospensioni. Questo ha 29 nuovi punti di rinforzo che lo rendono più rigido e più pronto a rispondere rispetto a quello della hatchback e le sosponsioni adesso un tampone di finecorsa più lungo di 6 mm e meno denso del 10%. Le molle anteriori sono più morbide del 5% e la barra anti-rollio ha un diametro di 22,2 mm. Il posteriore invece vede un'inedita asta di controllo per il camber, al fine di aumentare il grip e migliorare la rigidezza laterale in curva. IN CONCLUSIONE: Per quanto riguarda i prezzi, saranno comunicati a fine mese e dovremmo essere

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attorno ai 39.000 euro. In centimetri in più e le modifiche tecniche si fanno pagare, mentre l’ambiente interno rimane invariato rispetto alla 5 porte, con una cura per assemblaggi e materiali adeguata ma non eccessiva, anche per non far lievitare troppo il conto. Il punto, quindi, è che se cercate qualcosa per il time attack è meglio fare qualche chilometro ancora più a est e rivolgersi a armi da taglio come la Civic Type R, ma se al centro per voi c’è il divertimento e il piacere di guida, la i30 ha qualcosa che le altre, magari troppo impegnate a limare decimi, non hanno. E non è una questione di potenza o caratteristiche tecniche, la ricetta è semplice, crediamo si tratti di una taratura che privilegia sensazioni e toglie ogni eventuale filtro dall’esperienza di guida.

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RENAULT TWINGO RESTYLING, DEBUTTO A GINEVRA DEBUTTO AL SALONE DI GINEVRA 2019 PER LA RENAULT TWINGO RESTYLING

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Per la Renault Twingo è arrivato il momento di rifarsi il look: il restyling della vettura sarà presentato ufficialmente al Salone di Ginevra 2019, in programma a marzo. Alla Twingo sono state apportate migliorie estetiche e tecnologiche, con l'arrivo di inedite soluzioni per la connettività. Dal punto di vista estetico, il frontale della Twingo è stato aggiornato con una nuova calandra, che si fonde con i fari dotati di luci diurne LED; nuovo è anche il paraur38

nega. La Renault Twingo restyling è lunga 3,614 m, è larga 1,646 m ed è alta 1,544 m; il passo è di 2,492 m. La capacità di carico varia dai 174 ai 219 litri, che diventano 980 litri con i sedili abbassati. Nell'abitacolo trovano posto nuovi scompartimenti e un tunnel centrale con due prese USB per la ricarica dello smartphone. Novità anche per quanto riguarda la gamma dei propulsori, con tre motori tre cilindri omologati Euro 6D-Temp. Il 998 cm è disponibile nelle versioni SCe 65, da 65 CV e 95 Nm, r SCe 75 da 75 CV e 95 Nm; c'è poi un 898 cmda 93 CV e 135

Nm di coppia massima. Quest'ultima variante è abbinabile anche al cambio automatico Edc a sei marce, oltre al manuale da cinque rapporti.3 3. Per quanto riguarda il sistema di infotainment, le versioni più ricche vantano l'EasyLink con schermo da 7" e compatibilità con Apple CarPlay e Android Auto. Il navigatore Tom Tom, connesso con il database Google Places può essere aggiornato over-the-air. Un'app, invece, consente il controllo da remoto di diversi parametri della vettura e l'impostazione della destinazione sul navigatore.

ti con prese d'aria laterali. Al posteriore si notano i gruppi ottici a forma di C, che riprendono le linee di quelli anteriori, e un'inedita maniglia per il portellone. L'assetto è ribassato di 10 mm. Sono otto le tinte della carrozzeria disponibili: alle nuance già presenti, Starry Black, Flame Red, Lunar Grey, Crystal White, Pistachio Green e Pale Blue, si aggiungono le nuove Mango Yellow e Quartz White. L'aspetto della Twingo restyling potrà essere personalizzato grazie ai Color Pack; due gli stili dei cerchi da 16", Juvaquatre e Mo39


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NUOVA BMW SERIE 7: ECCO L’AMMIRAGLIA LA LUSSUOSA BERLINA BMW SERIE 7 È STATA AGGIORNATA PER IL 2019: UN BREVE FILMATO NE MOSTRA LE POTENZIALITÀ E IL PIACERE DI GUIDA

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Pochi giorni fa è stata presentata la nuova BMW Serie 7: dopo la Serie 8 e il SUV X7, la lussuosa berlina completa la gamma Luxury della Casa di Monaco. L’ammiraglia si è rinnovata nell’estetica e sono stati aggiornati gli interni per offrire ancora più comfort ai fortunati passeggeri. Per sottolineare il lusso offerto dalla nuova Serie 7, BMW ha creato un cortometraggio intitolato

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"Above the Clouds", diretto dall'americano Dan DiFelice: il pilota di un aereo privato non riesce a decollare a causa del maltempo, La decisione è quella di mettersi al volante della BMW Serie 7. Il suo viaggio lo porta in un maestoso scenario di montagna, sempre più in alto, oltre le nuvole. Un momento che solo un pilota d’aerei può godersi… ma il messaggio della Casa di Monaco è che anche alla guida della Serie 7 si può raggiungere questo piacere. Buona visione!

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NUOVA RANGE ROVER EVOQUE: NATA E “CURATA” PER LE CITTÀ DI OGGI di Omar Fumagalli A MILANO, UNO DEI TARGET PRINCIPALI DI LAND ROVER PER IL SUO MODELLO ECO-CHIC EVOQUE, SI SONO CIMENTATI 6 CITY-CURATOR

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La nuova Range Rover Evoque è il tassello forse più importante, in termini di volume, per la gamma Land Rover 2019 in Italia. Modello più compatto e meno duramente fuoristrada, rispetto alla tradizione del brand. Modello che dopo essere nato nel 2010, subito apprezzato e reso persino convertibile, nel 2015, oggi è alla sua seconda generazione. Evoluzione, non rivoluzione. Lo si vede subito e qualcuno paragona in questo (solo in questo, ndr) Evoque alla Porsche 911 o alla VW Golf. Invero rispetto ai due esempi qui ci sono più elementi da family feeling esteso, con Velar tanto per dire. Il dettaglio di prodotto lo leggete sulle altre pagine di Automoto.it, con quei 2 cm in più di passo ruota, rimanendo nei 4,37 metri di ingombro e tutto il resto. Noi, alla presentazione milanese, abbiamo osservato altro, fuori dal nuovo SUV britannico, ascoltato soprattutto. Cosa? Per esempio che il designer è italiano, che Milano per la dirigenza LR in sede è più che riferimento per l'Italia, è quasi “l’Italia”. Ecco allora il perché di una partnership con i “curatori” locali nel progetto Live for the City. Gli inglesi per il loro SUV premium puntano dritti al mondo urbano, fatto di società ma anche arte, architettura, moda 42

e ovviamente ecologia. Non solo prodotto e non solo automobilisti. Ognuno dei curatori selezionati, tra creativi, innovatori e pionieri che vivono a 360° gradi il tessuto urbano, ha interpretato la nuova Range Rover Evoque in modo proprio, pensando a Milano. Seguiranno poi anche Firenze e Roma, intanto ci sono in città le prime installazioni artistiche. SCULTURE IN CITTÀ Il progetto Live for the City pensa ovviamente a Evoque nella versione mild-hybrid e ogni City Curator ha personalizzato sculture ispirate al nuovo modello. I wire form personalizzati, a grandezza naturale di Evoque, illustreranno la filosofia modernista del design e il legame con la città. Saranno infatti installati in luoghi simbolo dei centri urbani coinvolti. Giovannoni-Marcantonio, coppia di designer, interpreterà Milano come un salotto urbano vissuto attraverso la nuova Evoque. Dei grandi gorilla, simbolo all’ultimo Salone del Mobile, ora accostati a Evoque nella jungla urbana. Forza ma anche simpatia, quando in estate saranno sostituiti dalle Giraffe. In entrambi i casi, gli “animali” possono anche essere punti luce, in chiave armoniosa per le loro forme. Giacomo Biraghi, esperto di strategie urbane, mette in luce le caratteristiche di elet43


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trificazione della nuova Evoque. L’importanza di proteggere e promuovere il verde. “Le città contano sempre più per la società che ne incrementa i numeri e persone, ma ora si deve pensare al green come soluzione sostenibile in tutti i campi". Evoque lo può essere, ci domandiamo noi? Per ora è ibrida mild ma a fine anno anche plug-in, con circa 55km di range EV, che a Milano possono anche bastare. Emilia Billitteri, ballerina professionista e istruttrice, crede nel mantra "Movement is sustainable". Nella sua realizzazione si enfatizza il concetto di muoversi correttamente, in equilibrio: a ognuno il proprio SUV Evoque, visto che è un modello che cura molto interni e postura. La fashion designer Elena Ghisellini celebrerà Firenze (la città da anche il nome a 44

una tinta di rosso per la carrozzeria, ndr) reinventando in modo originale l’anima eco-chic di Evoque. In ogni Evoque sono stati utilizzati fino a 33 kg di materiali naturali e riciclati e la sua realizzazione, vede lo scheletro di Evoque rivestito con ecopelliccia nei colori arcobaleno. Eco come il tessuto degli interni Evoque 2019 che, essendo premium, costano e soddisfano come alcune pelli e arrivano dalla Scandinavia. Roma è infine la città di riferimento per Diva Tommei, di Solenica. Energie rinnovabili, come quella solare, per il sostentamento elettrico delle città. Per chi lavora nella robotica Evoque si è rivelata abbastanza elettrificata e riciclona, specie nello stabilimento: in UK ci sono pannelli solari che danno il 30% di energia alla fabbrica. 45


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FORD MONDEO RESTYLING 2019, ARRIVA L'IBRIDO FORD AL SALONE DI BRUXELLES HA PRESENTATO LA MONDEO RESTYLING. ECCO LE NOVITÀ, A COMINCIARE DALL'ARRIVO DI UNA VERSIONE IBRIDA

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Per la Ford Mondeo è arrivato il momento di un facelift: la casa americana al Salone di Bruxelles ha presentato il restyling della sua segmento E. La grande novità è l'inserimento in gamma di una variante ibrida: il powertrain da 187 CV della Mondeo Hybrid Wagon consta di un 2.0 benzina e di un motore elettrico alimentato da una batteria agli ioni di litio dalla capacità di 1,4 kWh. I consumi della Hybrid Wagon sono leggermente più alti rispetto a quelli della berlina; da 4,2 l/100 km si passa a 4,4 l/100 km e da 96 g/km di CO2 si sale a quota 101. L'efficienza del recupero dell'energia in frenata è garantita dalla funzione Brake Gauge; servosterzo e climatizzatore sono elettrici. La capacità di carico della Ford Mondeo Hybrid Wagon è di 403 litri, che diventano 1.508 in caso di abbattimento dei sedili. Oltre al powertrain ibrido, il restyling della 46

Mondeo porta con sé anche il nuovo 2.0 diesel EcoBlue, in tre varianti di potenza diverse: 120, 150 e 190 CV. A queste ultime due versioni è abbinabile anche un cambio automatico ad otto rapporti. Disponibile è inoltre la trazione integrale. A completare la gamma dei propulsori troviamo un 1.5 EcoBoost turbobenzina da 165 CV. Dal punto di vista estetico, la Mondeo restyling vanta una calandra inedita e gruppi ottici modificati sia all'anteriore che al posteriore. All'interno dell'abitacolo trovano posto un selettore rotativo per il cambio automatico, una presa USB integrata nella consolle centrale e nuovi tessuti per i sedili. Sul fronte dei sistemi di assistenza alla guida, invece, la Ford Mondeo restyling è dotata di cruise control adattivo con funzione di Start&Stop e di Intelligent Speed Limiter con Traffic Sign Recognition. Per quanto riguarda invece l'infotainment, il facelift della Mondeo vanta il Sync 3 con schermo da 8" compatibile con Apple CarPlay e Android Auto. 47


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TOYOTA LAND CRUISER HERITAGE EDITION: FUORISTRADA V8 DA 381 CV ESEMPLARE SPECIALE DEL TOYOTA LAND CRUISER PER IL MERCATO AMERICANO: 1.200 UNITÀ, MOTORE V8 BENZINA DA 381 CV E COMPONENTI AL TOP PER IL FUORISTRADA. LO VEDREMO AL SALONE DI CHICAGO 2019

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Con più di 60 anni di storia (68 per la precisione), Land Cruiser è diventato un modello iconico di Toyota e ha fatto innamorare tantissimi appassionati di off-road. Mancano un paio di anni, al 70° anniversario, ma la Casa giapponese ha deciso di

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anticipare la sorpresa e ha presentato un Land Cruiser 60+ Anniversary: si chiama Heritage Edition, con tanti dettagli esclusivi e un motore V8 da 381 CV. V8 JAP Partiamo dalla parte più interessante: sotto il cofano si nasconde un motore V8 5.7

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litri aspirato, benzina, da ben 381 CV, affiancato da un cambio automatico 8 marce Ect-i e dalla rigorosa trazione integrale con differenziale centrale Torsen e riduttore. Gli appassionati di fuoristrada non verranno delusi dal sistema idraulico KDSS per la regolazione delle barre antirollio con Multi-Terrain Select System, Hill Start Assist, Downhill Assist Control, Crawl Control e Off-Road Turn Assist. OFF-ROAD CON CLASSE Lo speciale allestimento è proposto sulle versioni a 5 porte: i tecnici hanno personalizzato la Heritage Edition con la griglia frontale nera e cerchi in lega marchiati BBS da 18" dorati. Due le colorazioni disponibili: Midnight Black metallizzato o Blizzard

Pearl. Inoltre, le parti cromate sono state scurite, così come i gruppi ottici. Chiudono il pacchetto le protezioni sottoscocca, il Multi-Terrain con telecamere a 360° e il Trailer Towing Package. All’interno dell'abitacolo c’è tanta pelle nera e, volante, pannelli porta e plancia sono arricchiti da cuciture d’oro. Di serie, la Toyota Land Cruiser Heritage Edition offre sedili anteriori ventilati, volante regolabile e riscaldabile elettricamente, climatizzatore quadri-zona con ben 28 bocchette di aerazione, tetto apribile e infotainment con display da 9”. Non mancano l’impianto audio JBL e i servizi Toyota Safety Connect. Per quanto riguarda la sicurezza, è presente la frenata automatica con riconoscimento pedoni, il Dynamic Radar Cruise

Control, il Lane Departure Alert con Sway Warning System, l’Automatic High Beams, il Blind Spot Monitor e il Rear Cross Traffic Alert. La nuova Toyota Land Cruiser sarà prodotta solo in 1.200 esemplari, disponibili esclusivamente per il mercato americano a partire dall’estate 2019. Ancora non sappiamo se arriverà anche in Europa, intanto, per vederla dal vivo dovremo aspettare il Salone di Chicago, dal 9 al 18 febbraio 2019. 50

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ASTON MARTIN VALKYRIE, PIÙ ESTREMA CON L’AMR TRACK PERFORMANCE PACK LA HYPERCAR INGLESE CON PRESTAZIONI DA FORMULA 1 GUADAGNA UN KIT CHE LA RENDE ANCORA PIÙ PERFORMANTE: ECCO COME CAMBIA LA ASTON MARTIN VALKYRIE

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Negli ultimi anni, alcune grandi Case si sono impegnate per dare vita a vere e proprie Formula 1 stradali: sono un esempio La Ferrari, la Mercedes-AMG One o la McLaren Speedtail. Auto dalle potenze esagerate e dall’aerodinamica sofisticata che si possono usare “tranquillamente” per strada e per riempirsi di adrenalina in pista. Nel progetto di rilancio del Marchio, Aston Martin ha deciso di includere anche una vettura di questa categoria: la Valkyrie, nata in collaborazione con AF Racing e R-Motorsport. La Casa di Gaydon, però, sembra non essere stata totalmente soddisfatta del risultato finale e ha deciso di creare un pacchetto per rendere ancora più estrema questa hypercar da 1.146 CV. FORMULA 1 PER DAVVERO L’AMR Track Performance Pack è opzionale e comprende numerosi parti per migliorare le prestazioni della Valkyrie. L’aerodinamica è stata ottimizzata grazie a un alettone frontale, che aumenta il carico e l'efficienza, e grazie ad una serie di pannelli esterni progettati da zero. Nuovo anche l’impianto frenante, con pinze in titanio abbinate ai dischi in carbonio, i cerchi in magnesio color nero opaco e la speciale 52

configurazione della sospensione per l’utilizzo in pista. Sulla base delle stime fatte da Aston Martin, la Valkyrie equipaggiata con l’AMR Track Performance Pack dovrebbe essere più veloce dell'8% rispetto alla macchina standard. La brutta notizia è che, con questo kit, la hypercar inglese perde l’omologazione per l’utilizzo su strada: ma i 150 possessori della Valkyrie potranno comunque rimuovere il pacchetto a proprio piacimento, in quanto le parte vengono sostituite o aggiunte, quindi non ci sono modifiche permanenti. COLORI E PERSONALIZZAZIONI Insieme all’AMR Track Performance Pack, Aston Martin ha presentato anche tre nuove livree: la Spirit (argento), la Mantis (verde) e la Ultimate (nero). E se non si fosse soddisfatti della colorazione finale, è possibile personalizzare i dettagli e le finiture per renderla unica al 100 %. Inoltre, il cliente può aggiungere una foglia d’oro a 24 carati sotto la vernice o particolari in fibra di carbonio nella parte interna dei fari. Ultimo ma non per importanza: il Marchio inglese ha anche creato un'esperienza di realtà virtuale sviluppata insieme a Red Bull Advanced Technologies (il risultato lo vedete nel video qui sotto) per i futuri proprietari della Valkyrie. 53


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LE 10 AUTO PIÙ VENDUTE AL MONDO NEL 2018: TOYOTA COROLLA AL TOP LA TOYOTA COROLLA È L'AUTO PIÙ VENDUTA AL MONDO NEL 2018. ECCO LA CLASSIFICA

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La Toyota Corolla si conferma l'auto più venduta al mondo: secondo i dati elaborati da Focus2Move, nel 2018 sono state 1.181.455 le consegne della vettura della casa nipponica, con una flessione dell'1,7% rispetto all'anno precedente. A livello globale, in totale sono state venduti 95,6 milioni di vetture (+ 0,2% dal 2017); la soglia dei 100 milioni non è stata superata, probabilmente a causa della flessione del mercato delle auto in Cina. La seconda posizione in classifica è occupata dai pick-up Ford Serie F - F-150 in testa - capaci di superare la soglia del milione di unità vendute (+ 0,4%). Terza è un'altra Toyota, la RAV4, che toc54

ca quota 837.000 esemplari (+ 3,6%) e sale dal quinto posto; seguono la Honda Civic (823.169 unità, +0,7%), e due vetture di casa Volkswagen, il SUV Tiguan (791.275, +8,6%), settimo nel 2017, e la Golf (789.519, -10,3%), in discesa dal terzo posto, con un calo fisiologico di fine generazione. A completare la top ten troviamo il SUV Honda CR-V (747.646 esemplari, -1,5%); la Volkswagen Polo (725.463, +11,3%), la berlina Toyota Camry (661.383, +3,8%); e la Chevrolet Silverado. Il pick-up, che nel 2018 ha visto le sue vendite diminuire dell'1,4%, è sceso dall'ottavo al decimo posto. LEGGI QUI LA CLASSIFICA 55


Epoca

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VOLKSWAGEN-PORSCHE 914 I 50 ANNI DELLA “PORSCHE DEL POPOLO” di Daniele Pizzo UN'AUTO PER DUE RUOLI: TOP DI GAMMA PER VOLKSWAGEN, ENTRY LEVEL PER PORSCHE. STORIA DELLA POCO COMPRESA PORSCHE 914

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Verso la fine degli anni '60 Porsche si trova davanti a un bel problema: come sostituire la 912, la 911 a 4 cilindri, la 911 “low cost” creata nel 1965 per rimpiazzare senza spender troppo la capostipite 356? Poco lontano, a Wolfsburg, un'altra azienda deve affrontare lo stesso grattacapo: è Volkswagen, che cerca una sostituta, però per il suo modello di punta: la Karmann Ghia, un coupé (poi anche cabriolet) realizzata su disegno della carrozzeria torinese sulla base meccanica del Maggiolino. Il rebus viene sciolto con la VolkswagenPorsche 914, una sola vettura per due ruoli opposti. ìPorsche e Volkswagen sono già all'epoca due aziende già legate a doppio filo. A quel tempo buona parte dello sviluppo delle vetture Volkswagen era infatti affidato alla Casa della cavallina, ancora piuttosto piccola ma molto arrembante e soprattutto guidata condotta dalla famiglia Porsche, gente che le auto ha già dimostrato di saperle fare eccome. Il progetto viene affidato a Ferdinand Piech e per rendere sostenibili i costi nel 1966 viene creata una joint venture tra le due aziende: la VW-Porsche Vertriebsgesellschaft GmbH con sede a Ludwigsburg. 56

La “Volksporsche” debutta al Salone di Francoforte del 1969, creando non poco clamore per l'inedito accostamento dei due marchi: l'uno, appunto, noto per costruire le auto del popolo. L'altro per la raffinatezza delle sue sportive destinate ad una clientela d'élite. Una collaborazione simile tra due Case appartenenti a mondi diversi era nata poco prima in Italia con le Ferrari Dino, frutto dell'accordo tra Fiat e Ferrari, con la differenza che però Gianni Agnelli ed Enzo Ferrari avevano deciso di mantenere separati i marchi. A 4 E 6 CILINDRI ìCome conciliare questo doppio ruolo per la 914? La gamma 914 viene suddivisa in due versioni più o meno economiche, in modo da poter attirare sia i clienti tipici di Volkswagen che quelli di Porsche: la 914/4 equipaggiata con il 4 cilindri Volkswagen da 1.679 cc da 80 CV a iniezione proveniente dalla gamma 411 e la 914/6 con il 6 cilindri Porsche a 2 carburatori da 1.991 cc da 110 CV proveniente dalla Porsche 911 T, versione di ingresso della 911. La 914/6 è assemblata da Porsche nella sua sede di Zuffenhausen. Nei modelli a sei cilindri era presente l'accensione a sinistra del volante tipica delle Porsche. 57


Epoca

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Il motore è montato in posizione posteriore-centrale. Il cambio è manuale a 5 rapporti. A partire dal 1972, anno in cui Volkswagen si ritira dal progetto, arriveranno il 4 cilindri 1.971 cc Volkswagen a rimpiazzare il boxer Porsche per la 914 2.0 e dal 1973 la 914 1.8 da 85 CV a rimpiazzare la 914/4. La VW-Porsche 914 esibisce un design, messo a punto da Karmann, piuttosto all'avanguardia per l'epoca. Tra i '60 e i '70 le forme morbide iniziano a lasciare il passo a linee più avanguardistiche e la volutamente popolare 914 sfoggia i fari a scomparsa, una carrozzeria di tipo targa con tetto in fibra di vetro rimovibile (rivestito in vinile nelle versioni “S”) e riponibile nel baule al retrotreno ed una certa simmetricità tra anteriore e posteriore. Misura 3,98 metri in lunghezza con un pas58

so di 2,45 metri, 1,65 in larghezza ed è alta appena 1,23 metri. Il peso varia a seconda delle versioni da 940 a 985 kg. La Porsche 914 non si può considerare un grande successo commerciale soprattutto per Porsche a causa del prezzo non proprio accessibile, nelle versioni a 6 cilindri un po' troppo vicino a quello della 911. Nei suoi sei anni di produzione, dal 1969 al 1975 con il rimanente commercializzato fino al 1976, viene venduta in un totale 118.978 esemplari, contro una previsione di 30.000 annui. I registri dicono che sono state prodotte 65.531 914/4 1.7 , 3.351 914/6, 32.688 914 1.8 e 17.408 914 2.0. A partire dal 1976 la 914 lascerà il posto alla Porsche 924, ancora con motore anteriore (ma cambio posteriore) 4 cilindri in linea e non più boxer, per la prima volta per una Porsche raffreddato a liquido. 59


Epoca

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LE 914 SPECIALI E DA CORSA Nel 1969 vengono assemblate anche due prototipi denominati 914/8 con motore 8 cilindri boxer da 2.994 litri da 300 CV prelevato dalla 908 da corsa che aveva vinto il Mondiale Sportprototipi nel '68 e '69 come regalo per i 60 anni di Ferry Porsche, mentre nel 1971 all'interno di Porsche si creano 11 esemplari di Porsche 916, contraddistinti dal tetto fisso. Alcuni montano il motore a 6 cilindri da 2,4 litri da 190 CV della Porsche 911 S, altri il motore da 2,7 litri della Porsche 911 Carrera con 210 CV. Il nuovo modello fu cancellato perché giudicato troppo costoso a fronte dei margini ricavabili. Un esemplare unico soprannominato “Brutus” e regalato 60

a Corina Piech, sotto il cofano cela il motore da corsa 2.9 litri della 911 RSR. Anche nelle competizioni la 914 in versione 914/6 GT non fu brillantissima, nonostante l'utilizzo piuttosto ampio da parte di team privati. Tra i risultati di rilievo si possono citare il sesto posto assoluto e il primo di classe GT fino a 2 litri alla 24 Ore di Le Mans del 1970 con Guy Chasseuil e Claude Ballot-Léna ed il terzo posto assoluto al Rally di Monte Carlo del 1971 con Bjorn Waldegard. La Porsche 914 può pero vantare un primato in ambito sportivo, anche se con un ruolo di servizio: è stata la prima safety car mai impiegata in Formula 1, al GP del Canada del 1973. 61


Formula1

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FORMULA 1 2019, LE NOVITÀ TECNICHE DELLA STAGIONE di Diletta Colombo ECCO LE NOVITÀ TECNICHE PREVISTE DAL REGOLAMENTO PER LA STAGIONE 2019 DI FORMULA 1

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La stagione 2019 di Formula 1 è alle porte: tra meno di un mese prenderanno il via i tradizionali test invernali di Barcellona. Mentre i team sono ancora impegnati nello sviluppo della monoposto - in questo momento la maggior parte delle scuderie sta omologando il telaio - vediamo quali sono le principali novità tecniche per il campionato alle porte. L'obiettivo principale del cambiamento regolamentare per la prossima stagione è quello di incentivare i sorpassi, consentendo ai piloti di seguire più da vicino i concorrenti che li precedono senza accusare le perdite di carico aerodinamico che abbiamo visto finora. L'intenzione è quella di rendere così il ritmo di gara più serrato ed emozionante per gli spettatori. Novità importante rispetto allo scorso anno è la semplificazione dell'ala anteriore (A). Questo componente aumenterà in larghezza, passando da 1800 mm a 2000 mm (equivale alla carreggiata anteriore). L'ala presenterà una struttura più semplice, senza i profili aggiuntivi posti sopra a quello principale. Non potranno essere installati più di 5 62

profili o elementi orizzontali. I deviatori di flusso montati sotto ai profili, poi, dovranno essere solo 2. L'altezza delle paratie laterali, totalmente lineari e lisce, aumenterà di 25 mm. Lo sbalzo dell'ala sarà invece incrementato di 25 mm verso l'anteriore. L'ala posteriore (B) diventerà invece più larga e più alta: passa da 800 mm a 870 mm in altezza e da 950 mm a 1050 mm in larghezza. Sono aboliti ogni tipo di soffiatura o intagli sulle paratie laterali. Lo sbalzo dell'ala sarà aumentato di 100 mm verso il posteriore. Per quanto riguarda invece il DRS (C), cambierà il rapporto tra profilo principale e il flap mobile. L'apertura del flap superiore mobile passerà da 65 mm a 85 mm. In questo modo sarà incrementata la differenza in termini di resistenza tra ala chiusa e ala aperta; la velocità con l'ala aperta sarà maggiore, in modo tale da favorire i sorpassi. Le prese dei freni anteriori (D) presenteranno un profilo privo di alette a scopi aerodinamici; l'ampiezza della sezione di ingresso verrà limitata a 50x180 mm. Sulle paratie laterali verticali dell'ala posteriore (E) saranno posizionate delle luci a LED; diminuisce poi l'altezza massima dei de63


Formula1

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flettori laterali (F): dagli attuali 475 mm si scenderà a 350 mm. Il bordo di attacco dei sidepod al corpo vettura verrà arretrato di 50 mm. Il regolamento tecnico della stagione 2019 di Formula 1 vieta i dadi soffiati alle ruote anteriori (G): dovranno essere totalmente chiusi senza passaggio di aria all'interno. Sul fronte del serbatoio di benzina (H), la quantità di carburante passerà da 105 Kg a 110 Kg. Sempre in termini di peso, quello minimo della monoposto aumenta di 10 kg. raggiungendo quota 743 Kg. Il peso minimo del pilota sarà di 80 kg: eventuali differenze rispetto al peso minimo della vettura dovranno essere compensate con una zavorra. Verranno infine rivisti la posizione degli specchietti retrovisori e il loro fissaggio, in modo tale da aumentare la visibilità del pilota. Cambiamenti in vista anche per la posizione delle telecamere e per la carenatura dell'Halo.

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EPRIX DI SANTIAGO DEL CILE: VINCE BIRD di Diletta Colombo VITTORIA PER SAM BIRD NELL'EPRIX DI SANTIAGO. SEGUONO PASCAL WEHRLEIN E ALEXANDER SIMS

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Il Cile sorride a Sam Bird è stato il pilota della Virgin Racing ad aggiudicarsi l'ePrix di Santiago, terza prova del mondiale 2018/2019 di Formula E. Bird ha preceduto il rookie della Mahindra, Pascal Wehrlein, e Alexander Sims, in forza alla BMW. Quarta posizione per Daniel Abt, della Audi, davanti al nostro Edoardo Mortara, della Venturi, e a Robin Frijns, della Virgin Racing. Buemi, scattato dalla pole position per via della squalifica comminata a Di Grassi, ha 68

preso la testa della corsa davanti a Wehrlein, e ha subito guadagnato un piccolo vantaggio nei confronti del rookie della Mahindra. Più indietro, Bird ha sopravanzato di forza Abt per la terza posizione. Buemi ha scelto di usare l'attack mode ad inizio corsa; uscendo di traiettoria per attivarlo, però, si è visto avvicinare da Wehrlein. Il tedesco non è riuscito però a sferrare un attacco, visto che l'extra boost del brasiliano gli ha consentito di allungare quasi subito. Wehrlein si è ben presto dovuto vedere dal pressing di Bird: il britannico lo ha subito 69


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sopravanzato. Se Wehrlein ha perso subito terreno, Bird si è portato vicino al leader della corsa, Buemi. Più indietro, Mortara è finito in testacoda dopo essere stato toccato da Sims. Dopo la fine del regime di full course yellow causato dal ritiro di Gunther, Bird ha cercato di sopravanzare Buemi, ma lo svizzero è riuscito a tenerlo dietro. Il colpo di scena, però, era dietro l'angolo: a 14 minuti dalla fine della corsa, Buemi è finito a muro, regalando a Bird la testa della gara. Un errore, quello dello svizzero della Nissan e.dams, pagato carissimo: Buemi è stato costretto al ritiro. A fine corsa, Bird è stato tallonato da Wehrlein, ma è riuscito a stare davanti. Settima posizione per Mitch Evans, della Jaguar. Seguono José Maria Lopez, della Dragon Racing, e Lucas Di Grassi. Il brasiliano, autore del miglior tempo in qualifica, ma successivamente squalificato, è stato chiamato ad una rimonta non certo facile. Di Grassi ha tamponato Lopez a 24 minuti 70

dal termine della gara, ma è riuscito a continuare e ha concluso in nona posizione. Decimo è Oliver Turvey, della NIO; il britannico ha preceduto Jerome D'Ambrosio, della Mahindra, André Lotterer, della DS Techeetah, e Nelson Piquet Junior, della Jaguar. Quattordicesima posizione per Gary Paffett, della HWA. Ritiro per Tom Dilmann, della NIO: dopo pochi minuti dall'inizio della corsa, la sua vettura lo ha abbandonato anzitempo. Dilmann ha concluso la corsa con un giro di ritardo. Ritiro per Maximilian Gunther, della Dragon Racing; per Felipe Massa, in forza alla Venturi; per Antonio Felix Da Costa, della BMW; per Oliver Rowland, della Nissan e.dams; e per Stoffel Vandoorne, della HWA. Il belga ex F1 è finito a muro dopo aver perso il controllo della sua vettura in uscita di curva. Out anche Jean-Eric Vergne, della DS Techeetah; scattato dalle retrovie, è finito in testacoda verso la fine della gara. 71


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WRC19, MONTE-CARLO. OGIER ALLA “BELLA” DEL POWER STAGE? di Piero Batini QUATTRO SECONDI È TRE È LA DIFFERENZA TRA IL NEO ACQUISTO CITROEN E L’IRRIDUCIBILE (E UNICO) AVVERSARIO RIMASTO IN LIZZA, NEUVILLE. ALLE SPALLE IL VUOTO, COSTELLATO DI ERRORI E ESAGERAZIONI PER LA CONQUISTA DI UN POSTO SUL PODIO. MONTECARLO SENZA NEVE, MA INCREDIBILE

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Ott Tanak vince tutte le Prove Speciali. Il Sabato del Monte-Carlo è indiscutibilmente suo, ma il suo Rally inesorabilmente compromesso. Il guaio si compone di quella prima Prova del Venerdì cancellata, e la foratura nella settima. Onestamente, non si poteva cambiare la ragione dell’annullamento, per quanto davvero incredibile, si può immaginare la stizza contagiosa di Makinen, che voleva l’annullamento dell’intero giro, ma la foratura, per quanto sopraggiunta in un contesto emotivo forte, andava evitata. Così Tanak vince tutto ma partecipa alle vicende del “gruppo” all’inseguimento, di cui fanno parte Loeb e Latvala. Il finlandese è vittima della stessa traslazione di scelta delle gomme dovuta alla Sesta annullata, e l’Asso alsaziano deve indubbiamente togliersi un po’ di ruggine di dosso. Latvala, poi, è al servizio di un risultato di Squadra, Loeb più libero di farlo più avanti nel corso del Campionato, intanto è giusto scoprire quale è il suo posto reale. 74

Il Rally di Monte-Carlo 2019, comunque, è anche questo, ma non in modo decisivo. L’87° Monte è splendidamente racchiuso nel duello raffinatissimo e di precisione tra Sébastien Ogier e Thierry Neuville. Anche Neuville ha sbagliato, quando, troppo veloce, si è infilato in una strada sbagliata all’inizio della sesta Prova, ma l’errore del belga, che ha saputo reagire prontamente, ha in buona parte annullato la buona scelta delle gomme, certamente migliore di quella di Ogier, riportando il risultato su un maggiore, tremendo equilibrio. Con questi presupposti la giornata di Sabato, terza Tappa del Rally, vira verso uno schema tattico totalmente differente. I duellanti cambiano entrambi strategia, e in luogo di andare a cercare un exploit pericoloso, abbassano il ritmo di quel tanto che trasforma il Rally di testa in un confronto di precisione in “curva di sicurezza”. Una “classico” per Ogier, una bella scoperta per quanto riguarda Neuville. Mentre Tanak, Latvala, Loeb e anche Meeke cercano un riscatto che può essere 75


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solo morale, due volte Ogier fa meglio di Neuville, e due volte accade il contrario. Il risultato è copiato dal finale della seconda Tappa e, seppure con una strategia diversa, Ogier aggiunge altri due secondi, proprio come il giorno precedente, al suo delicato bottino. Quando si va al riposo Ogier è 4 secondi e 3 davanti a Neuville. Nessuno dei due ha sbagliato, il duello è elegantissimo, la gestione di una posta così importante perfetta. Domani è un altro giorno, e si vedrà. Intanto, dalla parte bassa del tabellone, sono spariti Mikkelsen, Evans e Lappi, per la seconda volta. Nei tre casi solo il finlandese non ha colpa, poiché è vittima di un guasto meccanico. Gli altri due casi sono imputabili, ancora una volta, a un errore del Pilota. Dicono che fa parte del gioco, ma bisognerebbe capire se anche i rispettivi Team

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Manager, in particolare i nuovi Richard Millener, per M-Sport, e Andrea Adamo, per Hyundai Motorsport, sono davvero, intimamente d’accordo. È vero, infatti, che la scelta di Evans da parte di M-Sport è un po’ un’ultima spiaggia di fine stagione, ma Mikkelsen è chiamato a riscattare con i risultati una stagione passata deludente e un contratto senza dubbio d’oro. Giornata e Rally da dimenticare, comunque, per M-Sport, cui non funziona la carta Suninen e nemmeno l’inserimento-promozione di Tidemand. WRC2 Un altro aspetto estremamente interessante di questo Monte-Carlo è la bella Gara della WRC 2. Peccato le sole due Macchine iscritte tra i Pro, ma sta di fatto che Greensmith e Bonato, rispettivamente con una Fiesta e con una C3 R5, si rivelano

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Monte-Carlo 2019 può ancora presentarsi in modo sconvolgente. Certo, per quello che abbiamo potuto vedere sino a ora, il duello in atto è quanto di più raffinato e avvincente si possa immaginare. Comunque vada a finire, se finisce senza stravolgimenti da colpo di scena, è un’edizione memorabile. 45 minuti di Parco Assistenza a Gap, e poi 4 ore almeno di trasferimento per la soirée monegasca a Monte Carlo. Promessa e necessità per tornare sulla “scena del delitto” e includervi il mitico Col de Turini. Un sacrificio necessario per entrare nella Storia dalla sua porta principale.

una scelta eccellente da parte dei rispettivi Team e, primi nelle rispettive categorie, aprono la lunga fila delle “Support”. Il settimo e ottavo posto assoluto, poi, rivelano che in un Rally difficile, relativamente “lento” e assai tecnico e delicato come il Monte-Carlo, un grande equilibrio prestazionale si rivela arma vincente. Un aspetto che Kalle Rovanpera non ha fatto suo andando a sbagliare subito, il primo giorno. Italiani. Insomma. Bisogna andare a cercarli nei 20, Gamba e Caffoni, o ancor più indietro, Gino, Patera. Caso a parte Andrea Nucita, con una i20, che rientra nel catalogo degli “esagerati” alternando prestazioni di tutto rispetto attorno alla 20 posizione a veri e propri disastri. “Pedro” e Gaperetti sono fuori. Ma torniamo al piatto forte, il duello tra Ogier 78

e Neuville, che si risolverà sui passi della Domenica mattina, l’iconico Col de Turini e il Col di Braus, con un’importanza capitale da attribuire al Power stage, “strappo” finale che dovrà obbligatoriamente sovvertire la tendenza tattica liberando la battaglia vera e propria tra l’Ufficiale Citroen, già perfettamente “incastonato” nella C3 WRC, e l’Ufficiale Hyundai, nelle mani di Adamo per un risveglio effettivo e totale. Le “cure”, rispettivamente alla Macchina e al Pilota, sembrano al momento aver risolto entrambe le sindromi, e quello al quale assistiamo oggi è il duello su un livello superiore tra due Campioni enormi. Niente di nuovo per quanto riguarda Ogier, certamente, forse la necessaria svolta per quanto riguarda Neuville. 4 secondi e 3 sono nulla. L’epilogo del 79


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WRC19, MONTE-CARLO: OGIER UN MOSTRO di Piero Batini BATTAGLIA FINALE EPICA. MEEKE VINCE IL POWER STAGE DELLA CONSOLAZIONE, OGIER LASCIA RIDURSI IL VANTAGGIO A APPENA 4 DECIMI, POI SFODERA UN COLPO MONSTRE PER LA 100MA VITTORIA CITROEN. EDIZIONE COMPLESSA E INDIMENTICABILE

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Si arriva all’ultima Tappa con un carico emotivo insostenibile, e non è finita. Due sole Macchine sono in lotta per la vittoria. La Citroen C3 WRC di Ogier-Ingrassia, e la Hyundai i20 WRC di Neuville-Colsoul. Le due Auto sono separate da un’inezia, 4 secondi e 3, e alle loro spalle, ma distanti due minuti e fuori gioco da tempo, Loeb, Latvala e Tanak se la giocano per il terzo gradino sul Podio. Dopo l’errore di venerdì, nella mente di Kris Meeke, quinto a cinque minuti, un solo pensiero: vincere il Power Stage in uno show di potenza. Anche Neuville ha sbagliato, è finito in una biforcazione a lato per l’eccessiva foga. L’errore, per fortuna, risulta modesto e non costa troppo, il belga si riprende prontamente. Con tutta probabilità, tuttavia, è proprio quello il momento in cui Neuville consegna la Gara a Ogier. Lo si vedrà, comunque, solo al termine di una battaglia memorabile, per molti versi simile al Sardegna Italia 2018, ma certamente più intensa, oltremodo enfatizzata dal contesto ambientale e dalle motivazio80

ni, i “temi” dell’87° Monte-Carlo. Due in particolare, l’ultimo appello di Hyundai e il ritorno di Sébastien Ogier in Rosso. È il primo appuntamento nella nuova configurazione, e il record parla chiaro: Ogier ha vinto le ultime cinque edizioni del Monte-Carlo (senza contare l’edizione 2009 quando non era Mondiale). Dopo Volkswagen e Ford, è ora di farlo anche con Citroen, che arriva al mitico appuntamento monegasco in un quadro storico importante. 99 vittorie all’attivo e il centenario della fondazione della Casa automobilistica. Non c’è modo migliore, e carico di responsabilità, per sperimentare per la prima volta sul campo il “pacchetto” C3 WRC-OgierIngrassia, per mettere insieme il quale ci sono voluti anni di lavoro e di frustrazioni. È il Rally delle intelligenze, necessarie per capire dove sta il limite e non cadere nella tentazione di strafare. Lo capiscono subito anche Ogier e Neuville, che non è possibile tenere il passo di Tanak nelle prime battute del Rally e si accodano al ciclone estone. Più avanti lo capirà lo stesso Tanak, in quella forma di sfortuna e avvertimento che corrisponde 81


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al cambio di una ruota durante la settima Speciale. Non capiranno Mikkelsen, Lappi, Evans, lo stesso Meeke con tre cerchi distrutti. A dire il vero la gara della “Punta” Toyota era già in parte compromessa dall’annullamento della terza Speciale, la prima del Venerdì, che aveva stravolto i risultati delle scelte dei pneumatici, portando i chiodi acuminati dove non servivano più. È un momento di grande nervosismo al quale non tutti reagiscono convenientemente. Ogier, e soprattutto Neuville che è passato al comando, non fanno una piega e guardano avanti. Inizia la battaglia. La seconda Valdrome-Sigottier e la seconda Roussieu-Laborel, sesta e settima della serie, sono due Speciali fondamentali. Neuville entra troppo forte alla partenza della prima e non può controllare la i20

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che finisce in una strada laterale, e paga una non buona scelta di gomme nella successiva. Ogier sceglie bene e, soprattutto, ha la massima cura nella guida nella settima, che presenta una brutta serie di tagli. Prudenza anche nella successiva Curbans-Piegut, e la situazione si stabilizza con Ogier davanti a Neuville. 2 secondi appena. La terza Tappa di sabato è uno stillicidio di attenzioni. Il Rally più famoso del Mondo si spacca in due. Tanak riprende a macinare episodi, vincerà le quattro Speciali in programma, Meeke riprende velocità, Ogier si prefigge di difendere con la massima attenzione il piccolo bottino di guerra dagli assalti di Neuville e delle circostanze. A intelligenza risponde intelligenza, e anche Neuville si allinea alla scelta pruden-

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ziale, evitando sortite pericolose e cercando di mantenere, o di migliorare di poco, la posizione. È una partita a scacchi. Due volte fa meglio Ogier, due Neuville che al termine della giornata si allontana dal leader di altri due secondi appena. Si va alla giornata conclusiva con un margine di 4 secondi e 3, troppo poco per mettere in campo delle strategie troppo elaborate. Con i punti Power Stage in ballo la battaglia diventa aperta e decisiva. Strano a dirsi Tanak, che ha capito la lezione, vince le prime due Speciali ma poi tira i remi in barca. In luogo di lanciare l’attacco al Power Stage, promessa di guerra di Meeke, si concentra sulla difesa del terzo posto assoluto frutto di un recupero già notevolissimo. Neuville non ha più scelta e rompe gli indugi alzando

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l’asticella. P arte all’attacco, ingolosito anche da un piccolo problema denunciato da Ogier. La C3 resta accelerata, soprattutto in frenata quando parte da sola. Non è dato sapere quanto il problema incida sulla condotta di Gara e sulla serenità dell’Equipaggio, né se… alza il minimo alle capacità di controllo di Neuville. In fondo non si capisce quanto il problema sia grave e quanto un pretesto disturbatore. Comunque, Ogier e Ingrassia si fermano nel trasferimento tra il primo e il secondo giro e, seguendo le istruzioni della “base”, riducono l’entità dell’avaria. Neuville fa meglio di Ogier nelle prime tre Speciali finali e recupera quasi tutto il disavanzo. Incredibile, si va alla bella del Power Stage con Ogier in testa di appena 4 decimi di

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secondo, in un clima di tendenza che lo vede in crisi. La “bella” è… stupenda. A parte Kris Meeke, che mantiene la promessa e stacca un tempo inarrivabile, Ogier, forse aiutato dai freni che… accelerano, è secondo, quasi due secondi meglio di Neuville. Ha dato tutto, e quando arriva al traguardo fa fatica a realizzare. È lo sguardo di suo padre, eloquente, che riporta il Pilota di Casa alla meravigliosa realtà. Una stretta di mano a Ingrassia e via, sul tetto della C3 WRC a festeggiare. 14 chilometri scarsi, indimenticabili. È la centesima vittoria di Citroen nel WRC, quasi vent’anni dopo il primo successo di Bugalski-Chiaroni su una Xsara, nell’anno del centenario della Fabbrica, al Monte-Carlo. Questo è il Pilota che può fare la differenza. Oggi enorme. Forse un po’ amareggiati, ma non certo scontenti in casa Hyundai. 86

Il secondo posto di Neuville, migliore risultato del Pilota in questo Rally al termine di una siffatta, entusiasmante battaglia, è più di un risultato, e il quarto posto ottenuto da un Sébastien Loeb ancora coperto di polvere, sabbia e un po’ di ruggine, dimostra che la Squadra di Alzenau diretta da Andrea Adamo potrebbe essere quella più omogeneamente strutturata per puntare al Titolo Marche (a patto, naturalmente, che Mikkelsen si risvegli da un apparente, pericoloso torpore). Più “scombinata” ma potentissima la formazione Toyota Gazoo Racing, che deve puntare sulla bravura ormai riconosciuta di Ott Tanak, cui comunque, con l’aria che tira, è vietato sbagliare, e affidarsi al “regolatore” Jari-Matti Latvala per lanciare il suo attacco a entrambi i Titoli. In attesa di definizione del ruolo Kris Meeke, al momento battitore libero con licenza di uccidere. Non ci si poteva aspettare molto 87


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da M-Sport. È chiaro che per la Squadra di Malcom Wilson è un anno di profondi ripensamenti e di mitigazione degli entusiasmi. Un anno di esperienza, come si dice, che però dovrebbe fare a meno degli errori di Evans, Tidemand e Suninen, non gravi ma appariscenti nel contesto. Meglio, molto meglio, la fiducia accordata a Gus Greensmith, che cresce a vista d’occhio e che ha vinto la pur deserta prova di apertura della WRC 2 Pro. A proposito, Citroen completa un week end memorabile con la conquista del successo WRC 2 “standard”, ad opera di Yoann Bonato con la C3 R5. È interessante riflettere su come in un Rally difficile e complesso come il MonteCarlo, circa il 40% di strade nuove, e condizioni di terreno estremamente variabili, sia fondamentale il lavoro del Team per l’ottimizzazione della strategia. Soprat88

tutto, è sconvolgente la meticolosità che porta alla scelta delle gomme, basate su informazioni fresche dagli asfalti e vere e proprie scommesse nel comporre strani accostamenti, improponibili e sconosciuti nella normale circolazione, unendo e incrociando, per esempio, chiodate e soft, o scommettendo su 4 supersoft consapevoli di soffrire in una speciale di ghiaccio, ma con la certezza di riprendersi un grande vantaggio in quella successiva, più “nera”. Questo per dire, tra le altre, che in meno di un anno Pierre Budar ha portato il Team Citroen Total a un livello di competitività inimmaginabile la scorsa stagione. Scommesse rischiose, anche, enorme dispendio di energie e scelte forti, che danno ora i suoi frutti e rilanciano le Citroen al centro della grande sfida del WRC 2019. Stagione già incredibile! Si va al Rally di Svezia. 89


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DAKAR 2019 100% PERÙ LA TERZA CORONA DEL PRINCIPE DEL QATAR di Piero Batini ERA UNO DEI FAVORITI. PER NOI IL NUMERO 1. NASSER AL ATTIYAH È ANDATO OLTRE PRONOSTICI E FAVORI, E HA DOMINATO LA GARA SIN DALLE PRIMISSIME BATTUTE. GLI INCERTI DELLA CONCORRENZA NON HANNO NIENTE A CHE FARE CON LA LIMPIDEZZA DELLA TERZA VITTORIA

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Io penso che il più sorpreso di tutti fosse proprio lui, Nasser Al Attiyah, sin dall’inizio. Abituato a combattere battaglie sempre durissime e talvolta aspre, il Principe sembrava quasi stupito di avere vita così facile. Aveva vinto la prima tappa preso dall’entusiasmo e dal divertimento. Correre tra le dune è il suo gioco di tutte le età, e non aveva saputo resistere a quello che poteva anche sembrare un errore tattico, vincere per partire primo il giorno dopo e dover aprire la pista agli avversari. Lo stupore cresceva il giorno dopo, e il terzo, quando finalmente passava al comando della Corsa. Un solo avversario, fino a quel momento, il redivivo dell’ultima ora, Sébastien Loeb. Non poteva essere vero, alla Dakar non si improvvisa, si lavora tutto l’anno. Ecco, in quella terza tappa si erano verificati due fatti significativi. Il primo era il ritardo abissale che aveva stemperato le ambizioni di Loeb. Forse c’era da discutere sulle modalità, ma non sull’importanza del 92

ridimensionamento. L’altro segno premonitore era molto più rassicurante, confortevole. Due anni fa sulla sua Toyota si era innescato un piccolo incendio alla fine della prima Speciale. Era la prima Dakar del Principe con la Toyota. Una cosa da poco, ma la corsa era diventata immediatamente una scalata, e sarebbe finta male, con un DNF che è la peggiore onta per un “Dakariano”. Quest’anno le cose stavano andando subito e molto bene, e la Macchina ancora di Più. La Hilux ufficiale Gazoo Racing aveva vinto la prima tappa, era andata in testa alla seconda per merito di Giniel De Villiers, e ora toccava a lui, al sorridente Principe del Qatar, prendere il comando delle operazioni il giorno in cui a vincere era la Storia, Stephane Peterhansel. Una vittoria ancora in risposta alla provocazione di Monsieur Dakar, nella quarta tappa, e il biglietto per il cielo era staccato. Dopo le vittorie ottenute nel 2011 e nel 2015, lo stato di avanzamento dei lavori per il successo nella 100% Perù era a buon punto. Da quel momento in poi, scusate il gioco 93


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di parole, Overdrive. Demolizione controllata. Con una Hilux del genere se lo poteva permettere, nessun problema a respingere attacchi di frecce spuntate. La nuova Hilux è cambiata poco nel comportamento del motore e non molto in quello della ciclistica. Il complessivo delle modifiche studiate per migliorare la macchina in vista dell’impegno eccezionalmente gravoso, ma niente affatto influenti sull’affidabilità, hanno avuto un effetto magico. Il V8 di 5 litri canta nelle orecchie del pilota e suona a morto in quelle degli Avversari. Così tutto è più facile, e anche il Principe se ne accorge, con una punta di imbarazzo per gli Avversari, condannati. E così è anche più facile non commettere

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errori, e per uno che è abituato a colpire al volo un bersaglio dietro l’altro fino a conquistare una medaglia di bronzo alle Olimpiadi, farlo per dieci tappe con un’”arma” così è un gioco da ragazzi. Ancora una vittoria, e fanno appena due, al termine della 9a Tappa, l’Anello di Pisco, questa volta per rispondere a un’altra provocazione, quella di Loeb tornato alla vittoria il giorno precedente. E poi basta, sereno fino al traguardo di Lima, autenticamente felice per il risultato globale che, si dice, scatenerà l’impego Toyota convertendolo in un programma centrale in luogo di essere centrifugato, in Sud Africa o Belgio o altrove. È, sempre secondo le voci, il premio al lavoro e al successo di 10 anni di

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passione Toyota. Ecco, questo è il Principe del Qatar, ovvero una parte, quella che entra nella leggenda della Dakar tra i miti dell’Olimpo. Il resto del 48enne di Doha è comunque storia interessante. Dicevamo del Bronzo di Londra nel 2012, ma in verità sembra ancora più stupefacente che in totale Al Attiyah conti ben sei Olimpiadi nel tiro a volo in vent’anni, dal 1996 al 2016, per non parlare dell’altra passione del Principe, il Rally che gli assegna due Titoli Mondiali consecutivi nel WRC2, 2014 e 2015, un Titolo Produzione, le 13 corone Middle East. Sono successi ottenuti portando i colori del suo Paese sul petto o sulle Macchine, decisamente nel cuore. La terza vittoria di Al Attiyah alla Dakar ha un carattere speciale. È forte perché “rivendicata” da anni, dolce perché è venuta così bene, senza alcuna obiezione, intensa perché per la prima volta è il Pilota che ottiene un successo di trasformazione dell’impegno di una Marca, Toyota, fino ad ora trascurata dai big suoi Colleghi. QUESTO È IL PRINCIPE DEL QATAR… A proposito, a dire il vero Nasser al Attiyah non è veramente un Principe. Lo definimmo così una delle prime volte che lo incontrammo al lavoro, a causa della sua semplice e… regale gentilezza, affabilità. In realtà Nasser Salih Nasser Abdullah Al-Attiyah è solo uno Sceicco del Qatar, peraltro cugino dell’Emiro del Qatar Tamin Bin Hamad Al Thani. 96

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