SPECIAL FREE ISSUE - N.158 - 18 GIUGNO 2019
RANGE ROVER EVOQUE
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FORMULA 1
Citroen C5 Aircross
Nuova Cherokee Trailhawk
GP Canada La nostra analisi
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RANGE ROVER EVOQUE, LA NUOVA MINI VELAR È ARRIVATA In listino a partire da 40.000 euro, la nuova mini Range Rover Velar introduce nuovi concetti di stile, tecnologia avanzata e motori mild-hybrid sviluppati per lavorare attorno ad una rete elettrica a 48 Volt che mantiene attivi i servizi base anche a motore spento. Ecco com’è e come va la Range Rover Evoque
di Emiliano Perucca Orfei
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Se nel 2011 l’arrivo della Evoque ha segnato un momento di svolta per Land Rover nello sviluppo della gamma Range Rover ed il design di tutti i nuovi modelli, si può dire che la Velar abbia fatto lo stesso alla fine del 2017 tracciando il nuovo corso stilistico della casa britannica. La nuova Evoque, dunque, si può considerare da un punto di vista di linee come una piccola Velar ma come contenuti una sostanziale evoluzione di un progetto che è stato molto apprezzato dai clienti europei e cinesi. Una vettura compatta, lunga 437 cm, che basa la sua forza sulla nuova piattaforma Premium Transverse Architecture che porta con se motori quattro cilindri con potenze da 150 a 300 CV con spazio per l’ibrido leggero (mild-hybrid) ma anche quello più pesante “Plug-in” che arriverà a fine anno.
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Una Evoque, quindi, che si arrotonda nelle forme rispetto al modello precedente pur mantenendo le proporzioni che la rendono unica nel segmento C Premium ma che propone anche contenuti tecnici estremamente interessanti: levata la mo-
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torizzazione d’accesso, 2.0 diesel da 150 cv, tutte le nuove Evoque montano il motorino d’avviamento da 15 CV e 140 Nm di coppia che aiuta i motori nelle fasi di partenza migliorando anche il riavvio dallo start&stop. Un plus che contribuisce anche nel mitigare gli effetti degli attriti della trazione integrale ma anche ad attivare una nuova rete elettrica di bordo che permette di spegnere il motore al di sotto dei 17 km/h oltre che controllare a distanza alcune funzioni dell’auto grazie al sistema multimediale connesso. Sistema multimediale estremamente evoluto e ricco di funzioni che vanno oltre alla dotazione di Apple Carplay ed Android Auto:
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l’arrivo del secondo monitor in stile Velar, con superfici di cristallo scuro, alza notevolmente il livello della qualità della vita a bordo della nuova Evoque. Oltre a allo schermo in plancia e quello nel tunnel è possibile avere (718 euro) anche il virtual cockpit con lo schermo da 12,3 pollici che prende il posto di quello analogico. Peccato per l’assenza di elementi utili come la radio DAB disponibile con un plus di 359 euro sul prezzo di listino. Tra le novità della nuova Evoque si fanno notare i 268 cm di passo che migliorano l’abitabilità dei sedili posteriori mantenendo una più che discreta capacità del vano bagagli: 472 litri che possono arrivare a 1.156 abbattendo gli schienali in modalità 40/20/40.
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Non manca nulla anche in termini di aiuti alla guida: Evoque dispone di lane assist attivo, cruise control adattivo, frenata automatica di emergenza con rilevamento pedone ed anche del nuovo specchietto con retrocamera integrata che permette di bypassare la visibilità assicurata dal normale specchio ostruita dai montanti - per avere una visuale più ampia e nitida sia di giorno che di notte. Ci sono poi una serie di telecamere attorno alla vettura che permettono anche di annullare la presenza del cofano o visualizzare al meglio cosa c’è attorno alle gomme, entrambi elementi utili per l’uso fuoristradistico. I motori della gamma Evoque 2019 sono i diesel da 150 (solo 4x2 no hybrid) 179 o 240
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cavalli ed i benzina con potenze di 200, 249 e 300 cv. Noi l’abbiamo provata con il diesel da 240 CV e 500 Nm di coppia massima in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in 7,7 secondi assicurando 225 km/h di velocità massima grazie anche al cambio automatico a 9 marce. Numeri che potrebbero essere migliori se solo solo il corpo vettura pesasse meno dei 1.955 kg dichiarati alla bilancia. Come si guida La nuova Evoque si è molto evoluta rispetto al modello precedente: è più moderna, è costruita meglio e vanta tecnologie di prim’ordine che la pongono indubbiamente avanti nel contesto della categoria C premium.
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L’impatto estetico con il nuovo modello lo fa apparire immediatamente come “nuovo” ma il richiamo al passato, soprattutto per via dei volumi e della colorazione scura del tetto, la collega idealmente al passato. Gli interni sono curati e ben fatti. L’idea di tecnologia data dal doppio display è molto interessante ed abbiamo trovato piacevole il fatto di proporre ancora la strumentazione analogica: è ben leggibile anche se, ovviamente, non offre tutte le potenzialità di quella virtuale. I sedili sono molto comodi e lo spazio per chi siede dietro è aumentato grazie ai 2 cm in più di passo: un miglioramento notevole che strizza l’occhio alle famiglie non troppo numerose grazie anche ad una capacità di bagagliaio adatta alla tipologia di vettura.
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In termini di guida la presenza del sistema myld-hybrid si percepisce nelle fasi di riavvio del motore perché non ci sono vibrazioni ed è molto “pulito” nell’arrivare a regime di minimo ma anche perché sotto ai 17 km/h la vettura si spegne andando a risparmiare carburante e rendendo più comfortevole la guida. Un miglioramento piccolo in termini di consumo perché il peso di 1.955 kg della nostra 240 CV diesel non permette alla Evoque di essere efficiente come ci si aspetterebbe: il dato dichiarato è di 6,9 litri di gasolio ogni 100 km ma è difficile scendere sotto agli 8.
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Le prestazioni in compenso sono elevate grazie alla coppia notevole ed al sistema di trazione integrale molto efficace: la Evoque è prima anteriore e poi posteriore ma la reattività del differenziale a lamelle che controlla la ripartizione della coppia tra gli assi è sembrata assolutamente adatta allo spirito fuoristradistico che ogni Land Rover porta con sé nel DNA. Piacevole lo sterzo, discreto l’impianto frenante, buono l’handling che viene però penalizzato un po’ troppo dal peso elevato. In conclusione La nuova Range Rover Evoque è una vettura che nasce per proseguire un successo e sposare i contenuti vincenti proposti con Velar, a partire dal concept degli interni per arrivare alle forme. Una vettura con una ampia proposta di varianti di motore ed allestimento, un po’ troppo costosa (si parte da 40.000 euro) ma pronta ad offrire ottimi contenuti e quel appeal modaiolo che l’ha resa una delle vetture più apprezzate nei centri delle grandi città. Pro Linea personale - Comfort di bordo - Tecnologia interna Contro Peso elevato - Prezzo di listino
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CITROEN C5 AIRCROSS, MOTORI: CON EAT8 E NUOVO 1.6 BENZINA 180 CV SI È TOP, ATTENDENDO IL PLUG-IN Arriva con l’estate la motorizzazione benzina più prestante dell’ammiraglia SUV Citroen. Entro inizio 2020 diventerà anche ibrido Plug-in
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Lo abbiamo visto in anteprima, poi scoperto e anche provato, il nuovo modello, SUV, di punta Citroen. Si tratta del C5 Aircross. Se il suo pregio maggiore è nel design, o forse ancor più nel comfort, dipende dai gusti, quello che gli mancava era una motorizzazione a benzina (Euro 6.2) moderna e prestazionale. Oggi arriva, si tratta del motore PureTech 180 S&S che abbiamo provato abbinato al cambio automatico EAT8.
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La prima obiezione è quella che un simile SUV, da 4,5 metri, soprattutto comodo, dovrebbe viaggiare e quindi usare forse motori diesel. Vero, come è però vero che negli ultimi mesi il mercato dell’auto in Italia premia i motori benzina: +24% nel Q1 2019.
di Omar Fumagalli
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Discorsi di pura tecnica o politica a parte, se voi foste dei colossi dell’auto con in cantiere un motore di questo tipo: non lo mettereste in gamma al vostro SUV? Ecco allora la “risposta alla tendenza” del mercato, questo PureTe-
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ch 180 S&S EAT8. Un termico che presto diventerà anche ibrido, ricaricabile. Già perché C5 Aircross sarà primo modello Citroen con tecnologia Plug-in Hybrid, un cosiddetto PHEV dato per range in EV di 50 Km e 225CV di potenza combinata. Occorre però attendere inizio 2020. Tecnica centrata Questo quattro cilindri a benzina da 180CV è la versione di punta della serie PureTech, un motore da 1.598 cc perfettamente abbinato al cambio automatico EAT8, con otto rapporti. Sotto il cofano di C5 Aircross ora si trova un motore “giusto” se si pensa alla tradizione e al “volume” del SUV. A
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quei molti predecessori di simile cubatura, 1.6 o superiore (su Xsara Picasso prima e poi le altre serie Picasso, monovolume). Se benzina deve essere, per “camminare” di questa cubatura e prestazione si deve parlare, non mini-motori da soffocare a piede premuto. Altro discorso sono poi le condizioni normative e di oneri tricolori (costo benzina, bollo eccetera) attuali. Sovralimentato, con distribuzione 16 valvole ad alzata variabile (VVL) per l’aspirazione, usa un doppio variatore di fase (VVT). È un motore abbastanza compatto: lunghezza 70 cm, larghezza 61 e altezza 70. Non pesa nemmeno troppo: 110 Kg
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comprensivo di olio e frizione. La gestione motore è Bosch con pressione iniezione fino a 265 bar e trappola particolato (senza additivazione). Ma come va esattamente e come si deve mantenere? Ve lo scriviamo qui di seguito. La potenza massima è di 181 CV a 5500 giri/ min, per una coppia di 250 Nm a 1750 giri/ min. Quello che fanno notare dalla Casa, prima che noi lo possiamo commentare, è che le emissioni sono state “combattute” fino a un tenore di CO2 compreso tra 129 e 132 g/km (varia in base agli pneumatici). I consumi su misto, con gommatura 19’’, sono dichiarati pari a 5,7 l/100 km.
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EAT8. Il cambio automatico EAT8 è stato sviluppato da Aisin in combinata, con queste motorizzazioni PSA Euro 6.2. Un automatico di nuova generazione che permette di limare i consumi fino al 7% rispetto al vecchio EAT6, oltre che essere dotato di convertitore coppia più fluido. Con le due marcie in più, ma pesando meno di 2 kg. Tra le sue doti il “freewheeling” quando l’auto è in rilascio, ovvero stacca da solo se non si toccano acceleratore e freno, a certe condizioni (25-130 Km/h). Sul fronte manutenzione su parla di “assenza” interventi o cambio liquidi nel programma della Casa. Suona strano
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ai meno giovani che temevano i cambi automatici per il costo (non a torto) ma PSA dice che anche l’olio a bassa viscosità è garantito, per la durata di vita veicolo. Al volante Posizione certo comoda, per tutti quelli a bordo, con morbida selleria alla Citroen: non troppo morbida, semmai calda, per certi gusti durante l’estate. I pregi di comfort decantati da molti SUV rivali, C5 Aircross li ha davvero, nulla da dire. Un ambiente che lascia sereni i passeggeri e libero da tensioni il conducente, per insonorizzazione e ammortamento del fondo stradale. Unico peccato, quella gestione clima tutta da Touchscreen 8’’, o quasi, se si è soli in auto. Venendo al sodo, visto che si tratta di un modello di cui leggete tutto nei nostri precedenti articoli (a questo link su Automoto.it) quello che è nuovo per l’estate 2019 è sotto il cofano. Si sente però anche sotto il piede e all’orecchio. Il buon quattro cilindri Turbo 1.6 è di quelli lineari, già sotto i duemila, capace di allungare bene. Taglia vicino ai seimila, ma andrebbe anche oltre, di poco, rendendo ancora. La guidabilità è tutta coordinata dall’elettronica e dal cambio. Otto marce non sono poche, ma nemmeno tante per come le usa C5 Aircross. Scatto da 0 a 100 Km/h in 9 secondi e velocità massima di poco inferiore ai 220 Km/h sono
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Sempre forti, nel senso buono, le assistenze che propone la Casa, con un Cruise e il controllo di corsia ben modulabili e gentili. Fantasia in esubero per la strumentazione 12,3’’ che tutta digitale, replica anche troppo il dato tachimetrico (stile barra orizzontale anni Sessanta, in alto, più il resto) e troppo poco i giri motore. VIsibilità, in ogni lato, non eccelsa come per molti di questi SUV, con segnalazione e visione da camera comunque più che sufficienti a parcheggiare bene. Sul mercato Pronto a uscire dalle concessionarie e
numeri più che coerenti al target di questo C-SUV moderno. Il bello del benzina è l’eliminazione di quanto genera in abitacolo il diesel, anche se premendo a fondo in modalità sport le cambiate portano a un sound molto udibile. Messo in autostrada, questo motore gira tranquillo anche in modalità Eco, dove viaggiando a pelo di gas mantiene quasi i dati promessi sui consumi. Occhio
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sfidare parecchi rivali, il nuovo SUV Citroën C5 Aircross con il motore benzina da 180CV e il cambio EAT8 è disponibile in due allestimenti (Feel e Shine) a prezzi, chiavi in mano, rispettivamente di 33.200 euro e 35.700 euro. La gamma C5 Aircross è ovviamente più estesa, anche se non come quella di certi concorrenti. La si può verificare dal comodo configuratore online CItroen, includendo anche versioni diesel, da 130 o 180CV e il piccolo 1.1 a benzina da 130CV. Se siete “malati” dell’ibrido come molti, troppi francamente, allora dovete attendere ancora un semestre.
però a prenderli per dogma, vista l’indole è capace di consumare ben oltre, come accaduto a noi per verificarne le doti. Doti che lasciano soddisfatti, gli automobilisti medi, anche nelle salite con carico. Per loro e per gli inesperti questo EAT8 è a prova di errore. Anche messo in modalità manuale (paddle fisse dietro a volante) non lascia mai uscire dal range ottimale di giri. Insomma, con questo Puretech 180 C5 Aircross è più “pure” per chi apprezzi.
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NUOVA CHEROKEE 2019 TRAILHAWK: COL BENZINA 272 CV È UNA PURA JEEP BELLA ANCHE IN STRADA La rinnovata quinta generazione Cherokee porta in Italia l’allestimento Trailhawk dedicato al fuoristrada, ma soprattutto il 4 cilindri 2.0 turbo benzina evoluto fino a 272 cavalli. Molto ben fruibile in strada, d’impronta semplice ma con personalità, incrementa anche sicurezza e connettività. Il 2.2 diesel 195 CV sempre in gamma
di Omar Fumagalli
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La tradizione Cherokee continua a vivere dal 1984 e in questa quinta generazione, per il 2019, quello che mancava a noi italiani era giusto l’ultima Trailhawk. È la versione maggiormente fuoristradista di questo SUV che qui si rialza e irrobustisce, anche se non si è di certo sulla sorella avventuriera pura Wrangler. Anche lei, la mitica Cherokee, rimane però sempre un mezzo “senza compromessi” come da slogan globale Jeep. Per muoversi pienamente nello stile del marchio e quindi su percorsi non da tutti. Si aggiungono, rispetto a prima, quel confort e quella connettività cui non si può rinunciare oggi, anche se si guida Jeep con sigla Trail Rated in bella mostra. Chi la usa prevalentemente in strada può pensarci ugualmente, perché con quel nuovo motore benzina da 272 cavalli, secco ma non troppo, che allunga lineare, ci va molto bene in strada. Anche se forse da noi per questioni di oneri (es. fiscali) conviene ancora il noto diesel 2.2 da 195 cavalli: Multijet II riservato ad altri allestimenti Cherokee.
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Dal vivo: com’è fuori È sempre la Cherokee che conosciamo, nata da qualche anno, ma si aggiorna con l’edizione Trailhawk, di apparenza più robusta e aggressiva. Più alta, perché i centimetri da terra salgono a 22 e connotata dai nuovi gruppi ottici, by Magneti Marelli. Già, almeno un po’ di DNA tricolore per questi led che sono a basso consumo, anche se non pienamente adattivi con matrice. Il bicolore e le possibilità di personalizzazione Mopar non mancano, come sempre. SUV lungo 4 metri e 64 cm. dalle linee morbide, volendo si dota di tetto apribile, ma i cerchi sono da 17 pollici visto l’uso, con pneumatici off-road. Gli esperti notano angoli di attacco e uscita maggiori, esclusive fasce e piastre sottoscocca oltre ai 2 cm in assetto, rialzato. I due tubi scarico sono in evidenza, anche se non troppo “rifiniti”. La linea di Jeep Cherokee non tramonta, semmai paga a rivali più spinte nella ricerca di tendenze e dettagli. Auto che non bada a sottigliezze esagerate e che non vuole nemmeno rincorrere quanto non sia d’impronta coerente al proprio DNA. In questa edizione 2019 si è al passo coi tempi senza strafare, stilisticamente. Chi cerca qualcosa di estremamente moderno o inedito, vuol dire che non si è innamorato del Brand, al contrario i Jeepers se la contendono. Dal vivo: com’è dentro
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La Cherokee è una vettura di cui abbiamo già parlato sulle pagine di Automoto.it, spaziosa soprattutto per chi sta davanti. Passo di 2.71 metri e paga un po’ di comfort posteriormente se a bordo si è tutti corpulenti, o molto alti, sia in aria per il capo sia per gli arti. L’ambiente è moderno senza eccessi, anche nei comandi, dove non siamo sul fronte della novità con la tradizione di pulsantiera e bocchette. Le finiture non sono pregiate ovunque come certe rivali, che espongono altro al posto di certe plastiche, ma le dotazioni sono complete. La Cherokee Trailhawk si fa apprezzare per la solida semplicità, come nei tappetini di gomma ben sagomati, per l’eventuale fango sotto i piedi. Spicca l’Infotainment touch da 8,4 pollici con NAV (Apple e Android integrabili) al contrario della strumentazione con elementi circolari che patisce gli anni. Al centro in ogni caso un display replica navigazione e informazioni interessanti, pensando alle necessità di uso fuoristradista (ma non la facile App di Renegade). Che si usa con attenzione è però il selettore per i Driving mode, che danno la possibilità di inserimento trazione integrale permanente, marce ridotte e una modalità Rock per andare davvero in pendenza e sui sassi. Apprezzabile il tetto apribile, optional da pagare a parte, mentre selleria e pelle lasciano anche spazio a inserti di tessuto e cuciture rosse. Il vano bagagli, senza ab-
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battere i sedili, va da 448 a 570 litri, perché la seduta è scorrevole, posteriormente. Apprezzabili i vani minori, che sono tanti e solidi, alcuni chiudibili e da nessuna parte, dentro gli stessi vani o a portata di mano, mancano prese USB. Motore Il nuovo quattro cilindri a benzina Twin Scroll è un motore 2.0 turbo con doppio albero a camme in testa raffinato, nella sua meccanica e anche per l’elettronica. Nulla a che vedere con certi “grandi motoroni” del passato a stelle e strisce, perché molto più vicino al target europeo. Vanta un raffreddamento a liquido dedicato per la parte di collettore aspirazione, turbina e corpo farfallato; elettronica Mopar by Continental ed EGR anche lei raffreddata (C-EGR). La Cherokee viene assemblata in Messico, ma ci sono elementi forniti anche dal gruppo Marelli, come anticipato, persino lo scarico quando la cilindrata sale a 2.4 (non venduta da noi). Al volante Alla guida Cherokee Trailhawk conferma quanto già conosciuto dalle nostre prove precedenti, con il vantaggio di andare a cuor leggero e piede magari pesante sui sentieri, come abbiamo fatto passando tra cave e crossodromi. Anche esagerando, non è facile fare danni, salvo sentire toccare il fondo o andare a fine corsa con le sospensioni, in dissesti profondi. Con angolo di attacco 29,9 gradi, uscita 32,2 e dos-
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so 22,9 il vero rischio è lontano sullo sterrato, anche passando da pendenze assolute, grazie al controllo millimetrico di discesa. Al contrario ci si diverte, in percorsi tutelati di fuoristrada. Il motore sale bene fino ai 6.000 giri, quasi, con la coppia di 400 Nm che si sente tutta e la modalità automatica più che sufficiente, nella classica uscita in montagna o in paese, anche quando piove. La bontà della trazione è garantita dall’elettronica, che non fallisce mai, nemmeno quando sembrerebbe preoccupante la situazione e ci si affida alla velocità fissa impostata. Ci sono sospensioni anteriori e posteriori indipendenti, con tre sistemi di trazione disponibili: Active Drive I, Active
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Drive II e Active Drive Lock, da noi usato in tutte le situazioni estreme con soddisfazione, risparmiandoci addirittura il Selec-Terrain Rock (esclusiva Trailhawk). Non si arriva alle potenzialità di Wrangler, con questa Cherokee e la sua gommatura “gentile” ma il nuovo motore che si rivela gradevole sorpresa, lascia poi il bello di poterci andare alla grande tornando su asfalto. Proprio andando in strada è una goduria la modalità di piena potenza (0-100 Km/h in 7,2 s) con solo le sensazioni di rollio e beccheggio a tradire la massa, di quasi due tonnellate. Le reazioni, in tutti i casi sono sempre prevedibili, senza sorprese al netto di volumi e massa da conoscere.
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Quello che semmai si paga a certa concorrenza premium è la rumorosità. Quella meccanica e persino idraulica a orecchi fini qui non sfugge, guidandola. Con quel grande volante, che ricorda la data di nascita per una marca over70, non ci si affatica e non si rischia. Solo in certi casi e per certi livelli mercato, non sarebbe male avere altro tipo di contenuti e modalità per l’Infotainment. Frenata assistita, mantenimento di corsia Plus, cruise adattivo e ovviamente anche la camera al posteriore (sposabile al parcheggio assistito) qui fanno il loro lavoro, senza mai diventare troppo invasive. Peccato che non ci sia inclusa la visione effettiva a 360° (utile in percorsi molto impegnativi dove bisogna guardare “sotto”) anche se la tutela con avvisi e display è presente. Il cambio automatico a 9 rapporti con doppia frizione è molto onesto e corretto, nel suo lavorare facendo girare il quattro cilindri. Spiace un po’ per quel taglio a dovuta distanza dai seimila, soglia che sicuramente questo motore “volerebbe via” ma, giustamente, deve essere tutto affidabile a lungo. Tenendosi quel piccolo lag comune a SUV di simile stazza a potenza, quando si mette a fondo il pedale in certi frangenti. Esiste anche la modalità manuale, con paddle al volante che sottostanno ovviamente ai medesimi vincoli elettronici. Sul mercato
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Listino prezzi Italia da € 43.000 per la Cherokee Model Year 2019, con questa variante in arrivo per l’estate. Sono poi varie le promozioni che trovate anche sulle pagine dedicate di Automoto.it e sono tanti i metodi di possesso, diversi dal classico acquisto. Leasys di FCA Bank ha proprio fatto debuttare insieme a Cherokee Trailhawk una nuova carta di credito, dedicata a formule noleggio di cui leggete a parte. Per quanto riguarda gli oneri, nonostante la solidità e l’affidabilità, di benzina ne va dentro il serbatoio (da 60 litri). Al di là dei consumi medi dichiarati (9 l/100 km nel combinato) noi, andando giù col piede pesante anche fuoristrada, vedevamo una media di oltre 14 l / 100 Km. Le rivali ci sono, europee o asiatiche, alcune di convenienza e alcune molto più costose, nessuna però con la sua impronta. Se si vuole provare a essere un jeeper in SUV taglia media, su percorsi non da tutti, bisogna pensare a lei. La scheda modello a questo link nel listino di Automoto.it. Pregi Stile sempre personale, Facilità di utilizzo, Doti fuoristradiste, Affidabilità Difetti Strumentazione e parti abitacolo non pienamente premium, Insonorizzazione, Gamma senza ibrido, Spaziosità assoluta dietro
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MERCEDES GLB, L’OTTAVA COMPONENTE La Casa della Stella amplia ulteriormente la sua gamma SUV con la GLB, sport utility di dimensioni medie che unisce vocazione offroad ad un’abitabilità adatta alla famiglia. Arriverà a fine anno di Daniele Pizzo
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Mercedes colma il gap tra GLA e GLC con la Mercedes GLB, ottava componente della sempre più grande famiglia SUV della Casa di Stoccarda che debutterà nel listino italiano alla fine dell’anno. La GLB rientra nel segmento delle medie, con una lunghezza di 4,63 metri, ma il generoso passo di 2 metri e 83 può assicurare spazio a bordo fino a 7 passeggeri. Il design si inserisce nel segno della tradizione fuoristradistica di Mercedes, con linee squadrate, sbalzi corti, frontale verticale ed una discreta altezza da terra, ingentilito però da tocchi che vivacizzano il look come l’andamento della linea di cintura che mostra uno “scalino” per raccordarsi al montante posteriore. Intelligente la soluzione che vede le portiere scendere fino alla linea del sottoscocca, in modo da evitare di sporcare chi sale a bordo nelle giornate piovose o dopo una puntata su uno sterrato. Sulla plancia domina il grande schermo digitale che in-
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clude la strumentazione e le funzioni del sistema di infotainment MBUX, mentre i comandi della climatizzazione sono allineati sotto le bocchetti centrali illuminate a led. Sotto di essi vi è un generoso tunnel con vano portaoggetti con chiusura a saracinesca, mentre le funzioni di bordo come ad esempio quelle di navigazione si possono impostare tramite un touchpad corredato di un bel poggiapolso. La nuova Mercedes GLB promette una grande abitabilità e versatilità: a richiesta, la seconda fila di sedili scorre in senso longitudinale di 14 cm, mentre l’inclinazione degli schienali è regolabile già di serie su più posizioni. Si ottengono così fino a 179 litri di capacità in più in un bagagliaio il cui volume può variare da 560 a 1.755 litri. Come detto, è possibile a richiesta avere anche una terza fila di sedili, sulla quale, avverte la Casa tedesca, possono prendere posto passeggeri di statura non superiore a 1,68 metri.
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Sull’asse anteriore della GLB sono presenti sospensioni di tipo McPherson, mentre al posteriore è montato un asse multilink a molle elicoidali. A richiesta sono disponibili le sospensioni attive, che permettono al conducente di passare da una taratura più confortevole a un settaggio più sportivo. I modelli con trazione integrale 4MATIC dispongono del pacchetto Offroad che in abbinamento ai fari a led prevede una speciale funzione di illuminazione per riconoscere meglio gli ostacoli nella guida notturna in fuoristrada. Sono disponibili tre mappature per il comando della trazione: “Eco/Comfort”, “Sport” e, opzionalmente, “Offroad” che ripartisce la coppia al 50% tra i due assi. Tra i motori a benzina, il modello base è rappresentato dall’1,33 litri di cilindrata della GLB 200, un quattro cilindri da 163 CV e 250 Nm abbinato ad un cambio doppia frizione a 7 rapporti. La trazione in questo caso è anteriore. L’alternativa sempre a benzina è la GLB 250 4MATIC 2 litri da 224 CV. Anche le motorizzazioni a gasolio, tutte abbinate al cambio 8G-DCT offrono la scelta tra la trazione anteriore e quella integrale con la GLB 200d 2 litri da 150 CV, mentre la GLB 220d da 190 CV è disponibile solo con trazione integrale. Tutte le versioni Diesel della Mercedes GLB vantano consumi medi compresi tra 4,9 e 5,5 l/100 km a seconda della versione.
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BMW SERIE 3 TOURING: ECCO FINALMENTE LA STATION WAGON BMW presenta la nuova Serie 3 Touring, la versione station wagon dedicata alle famiglie. Crescono le dimensioni rispetto al modello passato e la capacità di carico del bagagliaio è di 500 litri
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Dopo aver mostrato e averci fatto provare la nuova berlina Serie 3, finalmente BMW ha presentato la versione station wagon: ecco la nuova Serie 3 Touring. Come ci era anticipato dalle foto spia, l’estetica riprendere quella della sorella ma, rispetto al passato crescono le dimensioni e la capacità di carico del bagagliaio. Ecco tutti i dettagli e le foto della BMW Serie 3 Touring 2019. Vera station wagon Nella parte frontale non ci sono differenze rispetto alla Serie 3 berlina: i fari, con la tipica firma della Casa di Monaco, sono Full-LED e come optional c’è la tecnologia laser che offre un fascio luminoso di 530 m. Non manca il nuovo design della griglia doppio rene, che cresce di dimensioni. Il posteriore, invece, è da vera station wagon. Il profilo del tetto rimane orizzontale quasi fino alla fine per aumentare la capacità di carico, ma la linea generale è comun-
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que slanciata. I tecnici sono riusciti a ridurre il Cd (drag coefficient) da 0,29 a 0,27, che miglora la silenziosità dell’abitacolo e i consumi. I gruppi ottici posteriori a LED sono affilati e si estendono anche sul portello del bagagliaio. Per quanto riguarda le dimensioni, crescono rispetto al modello passato: una lunghezza di 4.709 mm (+76 mm), una larghezza di 1.827 mm (+16 mm), un’altezza di 1.470 mm (+8 mm, compresa la pinna sul tetto) e un passo di 2.851 mm (+41 mm per offrire più comfort ai passeggeri). Aumenta anche la capacità del bagagliaio, + 5 litri: ora si tocca quota 500 litri, che diventano 1.510 litri abbattendo i sedili con frazionamento 40:20:40. Pensate che, rispetto al passato, i tecnici sono riusciti ad allargare di 20 mm il lunotto posteriore, di 112 mm il pianale del bagagliaio e di 125 mm il portello posteriore. Interni all’avanguardia Tante novità anche dentro le portiere: tanta
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PROVA
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tecnologia e nuovi materiali per offrire più intrattenimento e comfort. Ci sono le luci ambiente a LED, gli schermi per la gestione dell’infotainment che variano dai 6,5” ai 10,25” e, come optional, BMW Live Cockpit Professional. Motori e disponibilità Passando alla gamma motori, fin da subito saranno numerose le scelte: si parte dal più potente M340i xDrive, spinto dal 6 cilindri in linea da 374 CV, passando dal 330i (258 CV) e dal 330d (265 CV), fino ad arrivare agli attesi 320d (190CV), 320i (184 CV) e 318d (150 CV). La Casa di Monaco ha dichiarato anche che nell’estate del 2020 arriverà la plug-in-hybrid, sulla base della berlina 330e. La nuova BMW Serie 3 Touring sarà disponibile negli allestimenti Advantage, Sport Line, Luxury
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Line e M Sport. Di serie viene offerta con i cerchi da 17”, ma tra gli optional ci sono anche quelli da 19”. Tanti gli assistenti alla guida disponibili: No Passing Info display, Lane Departure Warning e Collision and Pedestrian Warning con City Braking. Come optional ci saranno anche il Active Cruise Control con funzione Stop & Go, il Driving Assistant con Lane Change Warning, il rear collision warning e il crossing traffic warning. La BMW Serie 3 Touring sarà presentata ufficialmente il 25-27 giugno 2019, mentre il lancio sul mercato è previsto per il 28 settembre 2019. Per quanto riguarda i prezzi non abbiamo indicazioni per l’Italia, ma ci aspettiamo siano in linea con quelli della versione berlina.
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BENTLEY FLYING SPUR: FOTO E DATI DELLA NUOVA LIMOUSINE INGLESE Bentley presenta la nuova Flying Spur, la 3^ generazione della berlina di lusso inglese: nuovo look e interni ancora più eleganti e tecnologici. Arriverà nel 2020
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Lusso ed eleganza non sono mai abbastanza, soprattutto quando si parla di automobili: Bentley si è concentrata su questi due aspetti per dar vita alla nuova generazione della Grand Touring sports sedan, la Flying Spur 2019. La limousine inglese si è aggiornata nell’estetica e nei contenuti per rendere gli spostamenti in auto ancora più esclusivi e tecnologici. Ecco i dettagli e le immagini della novità di Bentley. Linee più attuali Come potete vedere dalle foto, il look della nuova Flying Spur riprende quello delle Bentley più attuali: ai lati della grande griglia frontale c’è il faro circolare con cornice cromata e con tecnologia LED Matrix, affiancato da uno più piccolo e allungato sulla parte esterna. Inoltre, per la prima volta, la mascot Flying B posta sul muso è in rilievo ed emerge elettronicamente quando si apre la vettura. Al posteriore cambiano i gruppi ottici, ora più squadrati, mentre gli scarichi
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con forma ovale hanno un design più spigoloso alle estremità. Di serie, la nuova Flying Spur viene offerta con i cerchi da 21” ma, se non bastassero, come optional si possono montare quelli da 22”. Chiude il pacchetto la ricchissima gamma colori: ben 17 tonalità, tutte selezionate per esaltare le linee e lo stile della limousine inglese. Lusso allo stato puro Gli interni sono il massimo dell’eleganza e della cura del dettaglio: ci sono materiali selezionati e i tecnici hanno allungato l’interasse di 130 mm per aumentare lo spazio a bordo. Al centro del canale c’è un display HD da 12,3” per la gestione dell’infotainment e per tutti i comfort dei passeggeri. Inoltre, per dare più luminosità all’abitacolo, il tetto è di vetro. Per quanto riguarda la sicurezza, chi è al volante può contare su sistemi di aiuto alla guida come il Traffic Assist, il City Assist, il Blind Spot Warning, il Night Vision e il Head Up Display.
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Eleganza e prestazioni Sotto il cofano si nasconde un voluminoso W12 bi-turbo da 6.0 da ben 635 CV e 900 Nm di coppia: pensate che, nonostante le dimensioni, la Bentley Flying Spur è in grado di scattare da 0-100 km/h in soli 3,7 secondi e di raggiungere una velocità massima di 333 km/h! Merito anche del cambio a doppia frizione 8 rapporti, che offre innesti rapidi e super confortevoli. La trazione integrale ha distribuzione della coppia 60:40 ed è supportata dalla nuova tecnologia Electronic All-Wheel Steering, che garantisce maggior stabilità e controllo alle alte velocità. Scheda tecnica Bentley Flying Spur 2019 Questa splendida limousine inglese arriverà nelle concessionarie a partire dal 2020, mentre gli ordini apriranno già in autunno 2019. Per quanto riguarda il prezzo di partenza della nuova Bentley Flying Spur non abbiamo indicazioni. Nel frattempo, qui sotto trovate i dati tecnici. Leggi la scheda tecnica
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AUDI A6 ALLROAD, LA TUTTOFARE PREMIUM La Casa di Ingolstadt lancia la versione tuttoterreno della rinnovata A6 Avant. 20 anni fa nasceva la prima allroad dei Quattro Anelli
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Ad arricchire la gamma della nuova Audi A6 Avant arriva ora la nuova Audi A6 allroad, tradizionale versione con atout da fuoristrada della familiare di Ingolstadt. La A6 allroad arriva così alla quarta generazione di una versione lanciata ormai 20 anni or sono per soddisfare quella clientela che vuole percorrere strade sconnesse che sarebbero impossibili o quasi da affrontare a bordo della wagon di punta dei Quattro Anelli. La differenza principale tra la A6 allroad e la A6 Avant è l’altezza da terra, che sale fino a ben 13,9 cm, ovvero di 4,5 cm rispetto alla “cugina” stradale. Oltre ad aver modificato alcuni cinematismi, i tecnici tedeschi hanno adottato sospensioni pneumatiche adattive, che modificano la luce a terra in base ad alcuni parametri ed alla modalità di marcia selezionata tra dynamic, automatic, comfort, efficiency, allroad e lift.
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Guarda il listino nuovo della Audi A6 allroad Guarda il listino usato della Audi A6 allroad Nelle modalità auto e comfort, la A6 allroad imposta un’altezza di marcia standard di 139 mm. Se viene selezionata l’altezza più alta e la velocità è al massimo di 35 km/h, il corpo vettura viene sollevato di 45 mm ed abbassato automaticamente quando viene superata questa velocità. A velocità superiore a 120 km/h, l’altezza è abbassata di 15 millimetri. E’ inoltre presente il controllo per la velocità in discesa e di inclinazione. Esteriormente si differenzia per le barre al tetto, le protezioni in look alluminio nella parte basse di anteriore a posteriore, per le minigonne laterali e per l’inserto in materiale plastico antigraffio che corre lungo
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tutto il perimetro della carrozzeria. I cerchi da 18” hanno un design specifico. L’abitacolo è disponibile nei colori nero, beige e marrone, mentre i sedili sono rivestiti di serie con una combinazione di tessuto e pelle. In alternativa si può optare per i sedili sportivi in pelle/Alcantara. La motorizzazione è la V6 3.0 TDI offerta in tre potenze, tutte abbinate al cambio Tiptronic a 8 rapporti ed alla trazione integrale con torque vectoring: da 231 CV e 500 Nm nella 45 TDI (0-100 km/h in 6,7 secondi, consuma in media 5,8 l/100km), da AUTOMOTO.IT MAGAZINE N. 158
286 CV e 620 Nm nella 50 TDI (5,9 secondi, 5,8 l/100 km) e da 349 CV e 700 Nm nella 55 TDI (5,2 secondi, 6,4 l/100 km). Tutte le motorizzazioni sono delle mild hybrid con alternatore/generatore a 48 V collegato ad una batteria agli ioni di litio dedicata da 10 Ah. La nuova A6 allroad si può già ordinare. Il prezzo di listino in Germania, l’unico al momento disponibile, parte da 61.500 euro.
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BMW M8 COMPETITION, COUPÉ E CABRIO DA 625 CV
Presentata la sportiva di punta del marchio tedesco, in variante cabrio o coupé. Due i livelli di potenza e tanta tecnologia per prestazioni altissime
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BMW ha tolto i veli alle versioni pepate della Serie 8, la M8 e la M8 Competition. La vocazione sportiva delle due vetture si evince chiaramente dal fatto che siano equipaggiate con il propulsore più potente mai sviluppato dalla divisione motorsport della casa dell’Elica. Si tratta di un V8 biturbo di 4.4 litri già visto sulla M5, che nel caso della M8 sviluppa fino a 600 CV di potenza e 625 CV per la M8 Competition; la coppia è di 700 Nm tra i 1.800 e i 2.500 giri. Abbinata al V8 biturbo è una trasmissione automatica a otto rapporti dotata di convertitore di coppia: una soluzione, questa, che ben si presta alle modalità di guida più aggressive. La BMW M8 e la M8 Competition sono dotate della trazione integrale M xDrive, programmabile dal conducente. Grazie al ripartitore di coppia e al differenziale attivo M è possibile selezionare la trazione integrale sportiva, quella integrale con e senza controllo di stabilità attivo, quella integrale sportiva senza controllo di stabilità e la trazione posteriore. Utilizzando la trazione integrale, la BMW M8 copre lo scatto da 0 a 100 km/h in 3,3 secondi, un decimo in più rispetto alla sorellina M8 Competition. La
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GUARDA TUTTE LE FOTO velocità di punta è di 250 km/h; opzionale è il limitatore a 305 km/h. Dal punto di vista estetico, le M8 e M8 Competition vantano cerchi in lega da 20”, prese d’aria di generose dimensioni, e quattro scarichi dell’estrattore posterio-
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re. Sempre al retrotreno, si notano un piccolo spoiler sul portello e uno scarico sportivo verniciato di nero. All’interno trovano posto un volante sportivo, un cruscotto personalizzato e i tasti del tunnel per le modalità di guida.
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ATTUALITÀ
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MOTORI: È PIÙ EFFICIENTE IL DIESEL O IL BENZINA? Il nostro editorialista, Enrico De Vita, risponde al quesito di un nostro lettore scaturito dal nuovo motore diesel BlueHDi di PSA
di Enrico De Vita
E
Il nostro editorialista, Enrico De Vita, risponde ad una domanda di un nostro lettore nata dal suo articolo in merito al nuovo propulsore diesel 1.5 BlueHDi messo a punto dal gruppo PSA. Ecco il quesito:
Dal mio modesto punto di vista, per il futuro a breve-medio termine, vedrei di buon occhio le soluzioni ibride. Questo perché si potrebbe migliorare ulteriormente l’efficienza del gruppo propulsore abbassando di conseguenza i consumi e le emissioni, come
subtarax, Padova (PD)
richiesto dalle Direttive Europee. In questo senso le proposte attuali delle Case
Complimenti per l’articolo interessante e
automobilistiche sono orientate alle soluzio-
competente.
ni con motori a benzina, in gran parte con ci-
Vorrei esporre alcune mie considerazioni.
clo Atkinson, che obbliga ad orientarsi verso
Con le attuali soluzioni messe in opera da
cilindrate più elevate. Perché non adottare i
PSA, il rendimento termodinamico dei moto-
motori diesel, ancora più efficienti di quelli
ri benzina e diesel è grosso modo lo stesso.
benzina?
Mi domando allora, visti i vantaggi di consu-
É ancora una scelta dettata dai costi di pro-
mo ed emissioni, perché la soluzione diesel
duzione?
nel futuro verrà accantonata (questo a detta di molti Manager del settore automobilisti-
De Vita risponde
co)? Ha dei costi produttivi maggiori?
Complimenti a lei per le considerazioni espo-
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ste, tutte pertinenti e interessanti, al punto
che brucia benzina e ricorre ancora ad una
da meritare una risposta completa.
scintilla per innescare la combustione. Il catalizzatore trivalente regalava al benzina il
Diesel e benzina sono oggi appaiate sul filo
privilegio di contenere le emissioni di NOx
del traguardo. A determinare le scelte delle
a patto che la miscela fosse stechiometrica,
Case non sono più i tecnici, ma il prezzo dei
cioè chimicamente esatta nel rapporto aria/
combustibili nei vari Paesi, le limitazioni alla
carburante, cosa che il diesel non può fare
circolazione, le mode o gli integralismi am-
perché ha una miscela decisamente povera,
bientali. E soprattutto le regole di Bruxelles
ovvero ricca di aria e azoto.
sulla CO2. Ma la strada della iniezione diretta, che ha Dal punto di vista squisitamente ingegne-
esaltato il benzina permettendo miscele po-
ristico non v’è dubbio che il motore diesel
vere, basso consumo e grandi coppie (grazie
sarebbe il miglior compromesso fra inqui-
al turbo) ha come contropartita due fardel-
namento (CO, NOx e PM10) e contenimento
li: la comparsa degli NOx e soprattutto la
dell’anidride carbonica (leggi: consumi). Ma
produzione particolato. Gli rimane il minor
il passato ha caricato questo motore di di-
costo di produzione e la indipendenza dalla
spositivi anacronistici (EGR, SCR, FAP), dai
cilindrata.
costi spropositati tanto da costringere gli uomini del marketing a relegarlo ai segmen-
A questo punto, la vera differenza sta nel fat-
ti superiori del mercato e a escluderlo dalle
to che la benzina è un idrocarburo di raffina-
utilitarie. Singolarmente ciò è avvenuto pro-
zione che si estrae dal petrolio in percentuali
prio quando il diesel si orientava verso la
dal 14 al 17%. Il gasolio invece costituisce in
riduzione delle cilindrate, grazie all’impiego
media il 50% del greggio e non richiede parti-
generalizzato del turbo (che rappresenta l’u-
colari lavorazioni di raffineria (anche in Euro-
nico vero dispositivo indispensabile e neces-
pa se per sfruttare la domanda viene quotato
sario per questo propulsore).
a prezzi superiori a quelli della benzina.
Per competere con la indiscussa coppia mo-
A vantaggio del benzina c’è ancora un pun-
trice del motore a gasolio, quello a benzina
to che i regolamenti EU hanno reso cruciale:
ha dovuto optare per il turbo (con aumento
accetta l’ibrido facilmente, senza problemi
dei costi) e scegliere l’iniezione diretta ad
tecnici e senza limiti di cilindrata, ottenen-
alta pressione (per evitare la detonazione),
done vantaggi superiori ai meriti per quanto
assumendo le connotazioni di un diesel
riguarda la produzione di CO2 e quindi i con-
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ATTUALITÀ
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sumi legittimamente dichiarabili. Per contro
Il diesel è per costituzione lontano dalla
cia interurbana (senza accelerazioni e rilasci
maggior consumo. Potrebbe essere una so-
deve ricorrere al ciclo Atkinson per avere un
tecnica ibrida. Primo, perché richiede parti-
continui come in città) ove il suo rendimento
luzione accettabile solo per i diesel usati in
rendimento termodinamico migliore, anche
colari sistemi per la messa in moto, rapida,
trova la massima espressione.
città, ma - a parte i costi insopportabili per
se la cilindrata (e i costi) seguono di pari pas-
automatica e a basse temperature. Secondo,
E a questo punto nella marcia a velocità co-
le piccole cilindrate - come ho detto prima i
so verso l’alto.
perché il diesel è ormai destinato alla mar-
stante l’ibrido non serve. Anzi diventa un co-
sindaci e l’autocensura delle Case lo hanno
sto,un peso supplementare e dà luogo a un
escluso
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BOLLO AUTO: PIÙ INQUINI, PIÙ PAGHI Svolta per la tassa di possesso: la CO2 verrà conteggiata nelle tariffe del bollo auto
di Alfonso Rago
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Il principio bonus manus ambientale, secondo il quale più inquini, più paghi, sarà esteso alle tasse di possesso degli autoveicoli: dopo l’ecotasse e gli incentivi all’acquisto di modelli a ridotte emissioni, infatti, il Governo punta ad applicarlo anche al bollo auto. Va letta in tal senso la stipula del protocollo «Aria Pulita», firmato a Torino dal premier Conte con sei ministri (Ambiente, Economia, Sviluppo economico, Infrastrutture e trasporti, Politiche agricole, Salute), insieme a Regioni e Province autonome. La bozza contiene una serie di provvedimenti necessari a rispondere a due diverse procedure d’infrazione arrivate dall’Unione Europea, relative a sforamenti sulle emissioni di biossido di azoto e particolato. Tra le diverse azioni previste, che coinvolgono settori molto diversi, come agricoltura, trasporti, riscaldamento delle abitazioni, uscita dal carbone, spicca quella denominata “di-
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sincentivo all’uso di veicoli ad alte emissioni inquinanti“: una misura in qualche modo anticipata dal ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, che in audizione alla commissione Ambiente alla Camera aveva citato l’impegno del ministero dell’Economia a elaborare una proposta legislativa per individuare criteri “bonus malus”» nelle tariffe del bollo auto. La tassa di possesso rivista in tal senso potrebbe diventare una sorta di bollo “sul consumo”, basato cioè sui consumi di combustibile, proporzionali alle emissioni di CO2, considerate climalteranti. Ma tale proposta andrebbe comunque valutata con la giusta attenzione: basarsi, infatti, sull’unico dato della CO2 per valutare il tasso di inquinamento di un veicolo significherebbe non considerare altri elementi emissivi, come particolato e il biosssido di azoto. Altro elemento da considerare riguarda il mo-
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dello “pay 4 use“, di recente introdotto in Olanda, che consiste nel pagare in base all’effettivo utilizzo del veicolo e non più, come avviene in Italia, basandosi sui dati di potenza svluppata e classe ambientale. Una soluzione, quest’ultima, adottata più di dieci anni fa e che inizia a mostrare i suoi limiti: per esempio, pone allo stesso livello una moderna Euro6 a gasolio con modelli Euro4 con diversi anni di anzianità.
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Il protocollo firmato a Torino prevede che il Mef (Ministero Economia e Finanze), sulla base del bonus malus già adottato, stili entro 180 giorni una proposta di modifica alla normativa oggi in vigore, magari tenendo conto di quanto già riportato dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, che prevede una revisione graduale dei “sistemi fiscali sul trasporto (tassa immatricolazione, tassa di possesso, imposte sui carburanti, ecc...)“.
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ATTUALITÀ
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AUTO ELETTRICHE: IN SVEZIA VA IN CRISI IL SISTEMA L’ambizioso piano governativo di puntare sulle vetture a zero emissioni per ridurre l’impatto dei trasporti sull’ambiente si scontra con la difficoltà di garantire la ricarica elettrica nelle principali città di Alfonso Rago
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Grazie al sostanzioso contributo statale, che si accompagna ad una politica chiaramente orientata alla limitazione delle vetture con motore termico (vedi qui), in Svezia le vendite di vetture elettriche si sono impennate di ben il 253% nei primi cinque mesi dell’anno; ma la festa potrebbe essere già finita, ancor prima che sia davvero cominciata. Tutta colpa dell’accresciuta richiesta di energia elettrica, a Stoccolma e in altre città, che sta mettendo in crisi la capacità di produzione, costringendo i gestori a inventarsi nuove strategie per fronteggiare la domanda in crescita esponenziale, come quella di potersi agganciare alla rete che fornisce energia alle linee della metropolitana. La domanda nelle principali città è cresciuta più rapidamente del previsto e ci vorranno almeno dieci anni per costruire una nuova ed efficiente rete di distribuzione sul territorio. I problemi non sono solo in città: l’obiettivo del governo di diventare carbon neutral entro
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il 2045 presuppone che in Svezia circolino non meno di 2,5 milioni di veicoli ibridi plug-in ed elettrici puri entro la fine del prossimo decennio; e se molti di essi verranno utilizzati in ambito urbano e quindi per trasferimenti brevi, per viaggi più lunghi come quelli di lavoro dei tassisti e degli autisti dei furgoni, è necessaria una rete capillare di stazioni di ricarica. Le famose infrastrutture: «Per convincere la gente a fare il grande passo ed acquistare un’auto elettrica, non dovrebbero essere costretti a fare lunghe deviazioni per trovare una stazione di ricarica», ha detto Tobias Henmark, capo dell’unità svedese di Fortum Charge and Drive, che gestisce 740 centraline di ricarica veloce.
della propria vettura; se un numero sufficiente di auto fosse connesso e disposto a condividere le proprie batterie con la rete, si potrebbe se non risolvere quantomeno alleggerire il problema.
Affinché l’aumento dei veicoli elettrici sia gestibile nonostante la mancanza di capacità di potenza, è arrivata la proposta di incentivi in denaro ai proprietari che mettano a disposizione del sistema l’energia elettrica presente
Il mercato dell’auto in Svezia sta conoscendo una stagione difficile: dall’inizio dell’anno, le vendite sono diminuite del 14,4% e questo malgrado le buone performance delle vetture elettriche.
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La speciale top ten delle “zero emissioni“ nei primi cinque mesi dell’anno vede al primo posto la Tesla Model 3 con 1.649 unità, seguita dalla Renault Zoe (1.072) e dalla Kia Niro (948); a seguire, Nissan Leaf (681), BMW i3 (600), Tesla Model S (355) e Hyundai Kona (284); a chiudere la classifica, Hyundai Ioniq (208), Volkswagen Golf (208) ed Audi e-tron (195).
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EVENTI
EVENTI
PARCO VALENTINO 2019: COSA C’È DA VEDERE Dal 19 al 23 giugno 2019, a Torino si svolgerà la 5^ edizione del Parco Valentino. Ecco tutte le vetture da ammirare: dalle ultime novità ibride ed elettriche alle Formula 1 storiche
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Questa settimana, dal 19 al 23 giugno 2019, è in programma la 5^ edizione del Salone dell’Auto all’aperto Parco Valentino (qui info e orari). Le strade di Torino accoglieranno oltre 50 brand, eventi dinamici, prototipi, supercar e auto storiche di collezionisti: Abarth, Alfa Romeo, Aston Martin, Audi, Bentley, BMW, Bugatti, Chevrolet, Citroën, Dacia, Dallara, DR, Fiat, Fioravanti, Ford, GFG Style, Giannini, Honda, Hyundai, Italdesign, Jaguar, Jannarelly, Jeep, KIA, Lamborghini, Lancia, Land Rover, Lexus, Mazda, McLaren, Mercedes-Benz, Militem, Mitsubishi, Mole Automobiles, Nissan, Opel, Pagani, Peugeot, Automobili Pininfarina, Porsche, Quadro Vehicles, Renault, SsangYong, SEAT, Škoda, Smart, SPICE-X, Studiotorino, Suzuki, Tesla, Toyota, Volkswagen, XEV e Yamaha. E l’ingresso è gratuito: basta compilare il form online a questo link e mostrare il biglietto elettronico in formato digitale o cartaceo. Volete sapere nel dettaglio cosa c’è da vedere al
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Parco Valentino 2019? Leggete qui sotto e scoprite le novità, le elettriche, i modelli più attuali e quelli storici in mostra all’evento torinese. Le novità Nel lungo elenco di vetture presenti, troviamo anche numerose novità, che verranno messe in mostra per la prima volta in Italia e non solo: gli appassionati potranno toccare con mano la nuova Renault Clio, il possente Ford Ranger Raptor (provato recentemente dal nostro Albert), la Škoda Superb iV plug-in, il Suzuki Jimny GAN e la Peugeot 508 SW Plug-in Hybrid. Passando ai SUV, saranno esposti il Mazda CX-30 e il Vitara Katana, nonché la Jeep Renegade Hybrid plug-in (anteprima internazionale). Presenti anche i prototipi italiani Alfa Romeo Tonale e Fiat 120. E per chiudere in bellezza le novità, McLaren porterà la splendida e velocissima GT.
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EVENTI
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Le elettriche Questa edizione del Parco Valentino si concentra molto anche sulle elettriche e sulle ibride. Ci saranno modelli attuali da scoprire e da provare in strada con i test drive: Audi e-tron, BMW i3, Jaguar I-Pace, Nissan Leaf, Kia e-Soul, Renault ZOE, DR3 EV, Hyundai Kona Electric, Smart EQ fortwo, Volkswagen ID.3 1st, Mitsubishi Outlander PHEV, Hyundai Ioniq plug-in, Toyota Corolla full hybrid e Toyota Mirai. Inoltre, per la prima volta uscirà dalla pista il prototipo ad idrogeno da più di 3000 km/L by IDRAkronos e il veicolo cittadino by XAM con motore ibrido già pronto per le strade di domani. Inoltre, alle ore 9:30 di mercoledì 19 giugno 2019, durante la cerimonia d’inaugurazione della 5^ edizione di Parco Valentino, sarà un’auto a guida autonoma a tagliare il nastro! Le bellezze del passato Tantissime attenzioni anche alle vetture storiche, stradali e da corsa: potrete ammirare le 5 Pagani della Zonda Collection che celebra i 20 anni del modello, alcuni tra i 12 cilindri Ferrari più esclusivi, come la Ferrari F40, F50, Enzo e FXX K, le splendide Lamborghini Miura e Countach, la serie completa delle Porsche 911 dal 1963 a oggi, la one-off Pininfarina Ferrari Sergio, la Fiat Abarth 750 Record, la Bizzarrini P538, la Delta Futurista di Amos, Cisitalia 202, la Bugatti Chiron 110 ans, la Stu-
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diotorino Porsche Moncenisio, la Ferrari Daytona Plaxiglass, la Fenyr di W Motors, la Chevrolet Ramarro, la Ferrari Rainbow della collezione ASI-Bertone, la Dallara Stradale, la Giannini 350GP4, la Bac Mono, la New Stratos, la Osca MT4 1450, la Lancia Rally 037 EVO2 e la Jannarelly Design 1. Gli appassionati del racing potranno rifarsi gli occhi con la Ferrari Formula 1 126 C del 1984, la March 761 del 1976, la Tecno PA 123/3 del 1972 e laPA 123B del 1973, la Cooper-BRM del 1968, la Surtees F5000 del 1971 e la più moderna Lamborghini Huracan GT3. Le parole del presidente Andrea Levy «Si tratta di un’edizione speciale di Parco Valentino, alla quale hanno creduto 54 brand che porteranno anteprime e novità di prodotto. Un’edizione da record, con la Parata di Formula 1 e la parata dei Presidenti come momenti più emozionali, e di anniversari che saranno celebrati, come quello dei 20 anni di Pagani, 110 anni di Bugatti, i 100 anni di Citroen, i 70 anni di Abarth, 60 anni di MINI, i 30 anni di Mazda MX-5, 25 anni di Fiat Coupè».
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TECNICA
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ESIGENZE CONTRASTANTI
Non di rado i tecnici sono costretti a soluzioni di compromesso
di Massimo Clarke
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Secondo un antico proverbio non è possibile avere al tempo stesso la botte piena e la moglie ubriaca. Nel nostro settore i progettisti sono chiamati a scegliere con relativa frequenza tra esigenze opposte e quindi impossibili quindi da soddisfare contemporaneamente nel migliore dei modi. Lavorando per migliorare le cose in un senso si peggiora la situazione nell’altro. In altre parole, se si guadagna da una parte, si perde dall’altra e viceversa. Come ovvio, la soluzione che alla fine viene adottata è sempre di compromesso. Gli esempi in merito non mancano certo. Già a livello di caratteristiche dei materiali impiegati per realizzare i vari componenti iniziano a presentarsi al progettista importanti scelte. Una elevata durezza assicura una migliore resistenza all’usura da strisciamento (e anche a quella abrasiva). Però ad essa è di norma associata una maggiore fragilità, il che come ovvio è svantaggioso. Dunque, è necessario mediare accuratamente. Il materiale deve cioè avere una adeguata durezza ma al
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tempo stesso anche una sufficiente tenacità. Questo viene in genere ottenuto non cambiando la lega che viene impiegata ma “dosando” in maniera opportuna il trattamento termico al quale il componente viene sottoposto. Nei disegni costruttivi ciò viene scrupolosamente indicato assieme alle quote e alle tolleranze di lavorazione che devono essere rispettate. In alcuni casi è necessario avere una elevata durezza superficiale ma mantenere una consi-
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derevole tenacità nella parte centrale del componente. È questo ad esempio il caso degli ingranaggi, nei quali in corrispondenza del contatto tra i denti si raggiungono pressioni altissime. Se si indurisse ogni dente per tutto il suo spessore esso diventerebbe troppo fragile. Nella zona interna (cioè “a cuore”, come dicono i tecnici) esso deve rimanere tenace! In questo caso, come in altri analoghi, si fa ricorso a un trattamento che consente di indurire
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TECNICA
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solo lo strato esterno del metallo, come la cementazione o la nitrurazione. Importante è anche la tempra superficiale (alla fiamma o, più spesso, a induzione), largamente impiegata per i perni degli alberi a gomiti. Naturalmente è sempre necessario che il materiale utilizzato non solo abbia adeguate caratteristiche meccaniche ma sia anche di un tipo che si presta ad essere sottoposto ai trattamenti in questione. In quanto agli alberi a gomiti, è interessante osservare ciò che è accaduto negli ultimi anni. Nei motori a quattro cilindri in linea già diverso tempo fa era avvenuto un graduale passaggio da tre a cinque supporti di banco. Ciò era stato reso necessario dall’incremento delle prestazioni. Un aumento del numero dei supporti, come pure un incremento del diametro dei perni di banco, assicura una maggiore rigidezza (diminuiscono le flessioni) e permette di sopportare sollecitazioni più elevate. C’è però un rovescio della medaglia, costituito in entrambi i casi da un aumento dell’attrito, che causa un peggioramento del rendimento meccanico del motore, cosa deleteria ai fini del consumo specifico. Ogni cavallo viene ottenuto bruciando una maggiore quantità di carburante! Per questa ragione, dato che ai tre supporti non si può certo tornare, i tecnici cercano di adottare perni con un diametro per quanto possibile contenuto, senza però
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scendere più di tanto per non compromettere la rigidezza, più ancora che le esigenze di robustezza e di durata, peraltro fondamentali. Pure quando si tratta di rendimento volumetrico, nei motori aspirati qualche compromesso a livello di scelte è necessario. Per avere una combustione veloce è indispensabile impartire alla carica (ossia alla miscela aria-carburante) una adeguata turbolenza. Molto importante è quella detta tumble, a vortice con asse di rotazione perpendicolare a quello del cilindro. Purtroppo non si ottiene proprio gratis, ma a spese della respirazione del motore. Quando si impartisce all’aria aspirata nel cilindro una turbolenza di questo tipo ha luogo una certa perdita di carico (che aumenta al crescere della intensità della turbolenza stessa). Nei motori molto veloci talvolta è necessario rinunciare a qualcosa in termini di riempimento per incrementare il tumble e quindi evitare che l’avanzamento del fronte della fiamma possa risultare troppo lento in relazione al tempo disponibile per lo svolgimento della combustione. Rimanendo in tema di motori aspirati da competizione, è interessante ricordare che quando il regolamento di Formula Uno ha iniziato a richiedere durate dei motori sensibilmente superiori a quelle precedenti (che in genere prevedevano solo una gara
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più le prove ed erano dell’ordine di 400 km), i progettisti sono dovuti correre ai ripari arrivando perfino a modificare alcune scelte tecniche. C’è stato chi ha dovuto abbandonare lo sviluppo di un albero lavorante su cuscinetti a rotolamento invece che su bronzine (soluzione che avrebbe consentito un lieve incremento delle prestazioni, grazie al miglior rendimento meccanico) proprio per questa ragione. Ma anche per quanto riguarda i materiali antifrizione delle bronzine ci sono stati problemi e in certi casi è stato necessario svilupparne di nuovi. Spesso l’ottenimento delle migliori prestazioni va a scapito della durata e viceversa. Un caso tipico è costituito dai freni. Se si impiegano pastiglie con un elevato coefficiente di attrito, in grado di assicurare decelerazioni poderose e adatte a soddisfare anche i piloti più esigenti, perfino nell’uso in pista, la loro vita utile sarà inevitabilmente minore rispetto a quella di pastiglie meno performanti, impiegate in condizioni analoghe (ma ovviamente con risultati sensibilmente minori, in termini di prestazioni). E come logico il contrario avviene se si utilizzano pastiglie con un materiale d’attrito studiato per avere la massima durata. Un discorso analogo vale anche per i pneumatici, come chiunque può agevolmente constatare semplicemente assistendo a una gara di Formula Uno.
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F1, GP CANADA: LA NOSTRA ANALISI Analizziamo il Gran Premio del Canada, settima gara della stagione 2019 di Formula 1, con il nostro inviato Paolo Ciccarone GUARDA IL VIDEO
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Sebastian Vettel ha tagliato il traguardo per primo a Montréal, ma la vittoria del Gran Premio del Canada di Formula 1 gli è stata sottratta per via di una controversa penalità di cinque secondi. I commissari, tra cui figurava anche l’italiano Emanuele Pirro, hanno deciso di sanzionarlo per aver chiuso Hamilton verso il muro rientrando in pista dopo un lungo. Una decisione legittima secondo il regolamento sportivo, ma che ha de facto condizionato pesantemente l’esito della corsa. Lewis Hamilton, secondo al traguardo, è stato promosso in prima posizione e ha allungato ulteriormente in classifica piloti su Bottas. Hamilton, incolpevole di quanto accaduto, è diventato bersaglio dei tifosi a Montréal, che lo hanno fischiato.
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Lo stesso Vettel, però, ha ricordato al pubblico che Hamilton non aveva colpe. Dopo aver mancato la settima pole position in Canada, Hamilton ha condotto una gara regolare, fino alla penalità di Vettel, che gli ha regalato la corsa. Sul podio è salito anche Charles Leclerc: il monegasco della Ferrari ha nuovamente per sua stessa ammissione - pasticciato in qualifica, e non è riuscito a stare davanti ad Hamilton. In gara, Leclerc ha mostrato un buon passo, e la Ferrari ha deciso di allungare il suo primo stint rispetto alla concorrenza. Alla fine Leclerc è arrivato terzo, e ha assistito da vicino ai drammi del post gara, con Vettel che prima si è sottratto alle interviste nel parc fermé, e poi ha scambiato il cartellone del primo
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posto davanti alla macchina di Hamilton con quello per il secondo classificato.
commissari. La Rossa ha 96 ore di tempo per formalizzare la richiesta di appello.
Scorrendo la classifica troviamo un deludente Valtteri Bottas, quarto dopo una qualifica decisamente anonima, che lo ha visto addirittura cogliere il sesto crono nella Q3. Gara da ragioniere per Max Verstappen, che ancora una volta ha evitato manovre inutilmente pericolose per raccogliere punti preziosi. Bene la Renault, con entrambi i piloti nei primi dieci.
Parliamo di questo e molto altro con il nostro inviato F1, Paolo Ciccarone, nell’ultima puntata di DopoGP F1.
Lo strascico del GP, in ogni caso, è destinato a prolungarsi per molto: la Ferrari nella notte italiana ha annunciato di voler presentare ricorso contro la decisione dei
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PENALITÀ VETTEL, LA FERRARI RITIRA L’APPELLO. MA NON FINISCE QUI La Ferrari ha deciso di ritirare l’appello contro la penalità comminata a Sebastian Vettel nel GP del Canada. La Rossa, però, sembra intenzionata ad avvalersi del diritto di revisione previsto dal Codice Sportivo della FIA
di Diletta Colombo
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La Ferrari non farà ricorso contro la penalità comminata a Sebastian Vettel nel Gran Premio del Canada 2019 di Formula 1: a poche ore dallo scadere del termine per presentare appello, un portavoce della scuderia di Maranello ha annunciato che la Rossa non procederà su questo fronte. Questo non significa però che la Ferrari si fermi qui: l’intenzione della scuderia di Maranello è quella di avvalersi del diritto di revisione dell’incidente, previsto dal Codice Sportivo Internazionale della FIA qualora emergano degli elementi nuovi non disponibili al momento in cui è stata presa la decisione. L’articolo 14.1.1 del Codice Sportivo Internazionale della FIA recita: «Qualora emerga un significativo nuovo elemento non disponibile alla parte che richiede la revisione al momento in cui è occorso l’episodio, a prescindere dal fatto che i commissari si siano già pronunciati o meno, i commissari in questione, o in loro assenza, chi viene designato dalla FIA, devono incontrare la parte coinvolta, per ascoltare spiegazioni rilevanti e per giudicare
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l’accaduto alla luce dei fatti e degli elementi esposti». La Ferrari ha 14 giorni di tempo dalla pubblicazione della classifica ufficiale della gara per far valere questa opzione: conti alla mano, dovrà quindi esercitare il proprio diritto di revisione entro la domenica del Gran Premio di Francia. Parte fondamentale della difesa dovrebbe essere la tesi che Vettel abbia agito per motivi di sicurezza, cercando di evitare un incidente.
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Sebastian Vettel, lo ricordiamo, è stato penalizzato di cinque secondi per aver chiuso verso le protezioni Lewis Hamilton nel corso del GP del Canada. Vettel, cui sono stati decurtati anche due punti dalla superlicenza per l’incidente, ha così perso la vittoria della corsa, non avendo tagliato il traguardo con un vantaggio su Hamilton sufficiente a sopperire alla sanzione che gli era stata comminata.
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WEC 2019, DOPPIETTA TOYOTA ALLA 24 ORE DI LE MANS
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Come lo scorso anno la Toyota vince la 24 Ore di Le Mans. Alonso, Nakajima e Buemi precedono la vettura gemella di Conway, Kobayashi e Lopez
La Toyota fa doppietta anche quest’anno in classe LMP1. La 87a edizione si decide a venti minuti dalla fine, quando la Toyota Gazoo Racing numero 7 rientra ai box e cede la testa della corsa alla vettura gemella numero 8. Una foratura è costata la vittoria all’equipaggio Kobayashi, Conway e Lopez. La vittoria è andata per la seconda volta consecutiva a Fernando Alonso, Sebastien Buemi e Kazuki Nakajima. Non c’è stato un arrivo in parata, perchè il distacco è stato minimo: 16.972 secondi. LMP2 In LMP2 vittoria per l’Alpine A470 di Nicolas Lapierre, André Negrao e Pierre Thiriet. La squadra francese con la vittoria di Le Mans si è aggiudicata anche il Mondiale WEC 2018-2019. Secondo posto per Ho-Pin Tung, Stéphane Richelmi e Gabriel Aubry al volante della Oreca 07. La stessa vettura completa il podio con l’equipaggio Francois Perrodo, Matthieu Vaxiviere e Loic Duval.
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GUARDA TUTTE LE FOTO LMGTE PRO La Ferrari a 70 anni dalla prima vittoria sale sul primo gradino del podio a Le Mans. Il team AF Corse con una Ferrari 488 GTE EVO si impone sul plotone di Porsche 911 RSR. Alessandro Pier Guidi, James Calado e Daniel Serra hanno preceduto Gianmaria Bruni, Richard Lietz e Frederic Makowiecki e Patrick Pilet,
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Earl Bamber e Nick Tandy. LMGTE AM In LMGTE AM successo per la Ford GT di Ben Keating, Jeroen Bleekemolen e Felipe Fraga. Seconda la Porsche 911 RSR di Jorg Bergmeister, Patrick Lindsey ed Egidio Perfetti. Al terzo posto la Ferrari 488 GTE di Jeff Segal, Rodrigo Baptista e Wei Lu.
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WRC19 ITALIA SARDEGNA. DANI SORDO, HYUNDAI, IN PARADISO. TANAK… di Piero Batini
Quando tutto sembra… Tanak si ferma, perde tempo, pazienza, la Speciale e il Rally. CIR, Basso e Rossetti.
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L’Alguer, Sardigna, 16 Giugno 2019. È successo! Incredibile, sconvolgente, il mondo è andato a testa in giù. Non con un sommovimento lento della galassia ma repentinamente, improvvisamente, crudelmente e in un attimo difficile da inseguire anche per il lampo di un flash. Ott Tanak ha perso il Rally Italia Sardegna all’ultima Speciale, e il Rally l’ha vinto Dani Sordo senza neanche saperlo, senza neanche avere il tempo di gustare l’evento straordinario che lo porta sul settimo cielo. Tempo per sedimentare ce ne sarà, ritengo necessariamente molto, non tanto perché ci sia bisogno di fare chiarezza, piuttosto per dare l’opportunità di percepire anche gli angoli nascosti e inediti, conturbanti, e preziosi per l’esperienza emotiva, di un accadimento dall’ampiezza di gamma inaudita. È successo. Quindi parliamo d’altro. Facciamo finta di non essere noi quelli che non ne hanno presa una sbilanciandosi verso un epilogo assolutamente logico, ragionevole e motivato, andato in fumo alla velocità di combustione del magnesio. Parliamo allora degli 810 prima di dimenticarli e
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commettere peccato mortale. 810 Marshals, volontari, appassionati, votati alla riuscita dell’Evento, ramificazione animata e di controllo del Rally più bello del Mondo. Italia Sardegna numero 16 della serie. Grazie a loro tutti e grazie alla SARDEGNA, paradiso in terra, e in mare, a tutti i sardi e i non sardi che amano questa Terra meravigliosa come se fosse la loro. Mancava solo una speciale, quella speciale specialissima che fa venire la pelle d’oca solo a guardarla sulla carta, solo a sapere che si corre in uno degli angoli più belli del Pianeta, per un giorno solo precettato e dedicato al Rally, alla passione delle Macchine del fantasmagorico WRC. Ott Tanak e Martin Jarveoja, con la Toyota numero 8 (facile gioco di parole) erano in testa alla grandissima capitalizzando il capolavoro tattico e agonistico del sabato. Avevano 27 secondi di vantaggio su Dani Sordo, Hyundai, e 49 su Teemu Suninen, Ford. Tanto belle le Gare dei due outsider promossi sul podio virtuale, quanto inutili in una prospettiva di miglioramento. Sembrava che non ci potesse essere via di scampo. Uno dopo l’altro scendono giù tutti sulla Prova da brividi. C’è già stata l’emozione straordinaria quando Mikkelsen, bravissimo, gara eccezionale, è venuto giù come una fucilata a ha fulminato Evans che era davanti a lui fino alla Speciale precedente. Come andrà a finire già lo sappiamo, anzi crediamo di saperlo. Resta solo da capire se
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Tanak deciderà di onorare l’impegno spettacolare, ma rischioso, di mettersi in gioco nel Power Stage finale o se riterrà di aver già chiuso l’affare che lo porta al comando del Mondiale a più venti dall’Avversario più vicino, in quel momento indifferentemente Ogier o Neuville. Non lo sapremo mai, e nemmeno gli appassionati possono immaginare quali fossero le intenzioni dell’estone che ha cambiato la faccia del Campionato. Non ci sono dati preliminari. Il disastro arriva quasi subito, all’inizio della Speciale. Tanak va in testa coda e si infila nel “bush”. Quando ne esce, e può continuare fino al traguardo con la guida assistita KO, è passata una vita, l’intero film della sua tragedia sportiva, versione normale e versione sliding doors. Allo striscione di Porto Palmas, ultimo traguardo del Rally Italia Sardegna, restano attaccati due minuti e dodici. Due minuti drammatici, per forza e di forza devastante. Da primo a quinto. Dani Sordo e Carlos del Barrio vincono il Rally Italia Sardegna. Per Sordo è il secondo Rally della carriera, il primo e fino a oggi unico era il Germania 2013, Hyundai il terzo della stagione Adamo dei buoni frutti. Bello. Bravo, bravissimo Sordo. Nessuna ombra di strategie “sporche”, nella cancellazione definitiva di illazioni quanto meno coraggiose, una purezza di bravura che rende ancora più bella la vittoria
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del trentaseienne spagnolo. Tra tanti sbagli e entusiasmi prematuri e inopportuni, questa l’avevamo vista e annunciata: quel Tipo era già da un po’ il Dani Sordo punto 2. Teemu Suninen ti stampa un secondo posto che va oltre qualsiasi aspettativa, non solo logica. Non è una resurrezione né un miracolo (quelli di li fa Malcom Wilson), e neanche l’innesto nell’Equipaggio di Jarmo “Boosted” Lehtinen. È semplicemente la logica conseguenza di un po’ di gavetta, di un certo limite raggiunto nel conto degli sbagli e degli eccessi, e del via libera all’ottimismo costruttivo del talento. Certo, dal punto di vista del campionato tra
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mezzogiorno e l’una di Domenica 16 Giugno sono cambiate troppe cose e in modo troppo radicale e drammatico. In fondo, tuttavia, l’epilogo è tra i più logici di una vigilia “ragionata” e moderata. Restano tutti lì, con l’unica differenza che il risultato dipende più da un nulla di fatto che da una serie di exploit. Tanak passa comunque al comando del Mondiale, ma non cambia granché. Ogier, solo i 4 punti del Power Stage al termine di un week end frustrante, è lì a quattro punti, e Neuville, appena sesto alla fine di un Rally veramente difficile, a sette. Il Mondiale resta sui binari della soluzione più retoricamente scontata, aperto fino all’ultimo appuntamento in Australia.
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Resta il mistero. Dove ha sbagliato Tanak? Ha veramente sbagliato? Vi sembra il momento di andare alla ricerca di una motivazione per emettere un verdetto? E magari di condanna? Non preferireste, come noi, mettervi nei panni del Pilota più veloce, con la Macchina più veloce, che dopo aver vinto tutte le speciali di Sabato e costruito un vantaggio di tempo, di posizione e psicologico, ha visto svanire tra le dita, come la sabbia fine e preziosa dell’Argentiera, il più bel sogno della sua vita, e giusto a un passo dalla realizzazione? Al momento non vorrei davvero sentirmi nei suoi panni, anche se mi viene di farlo e non
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sto bene. Sordo ha detto prima dell’amico che della sua vittoria, Adamo ha avuto quel tocco che è l’eloquente pacca sulle spalle, Makinen gli ha parlato con inedita dolcezza, Ogier ha sbatacchiato la bici al limitare del suo box di assistenza e ha abbracciato l’avversario. Possiamo aggiungere qualcosa? Magari tra un po’ di tempo. Lasciamo sedimentare. Contrappunto finale. Nel cataclisma del Rally più bello del Mondo resta travolto anche il Campionato Italiano Rally, che domenica assegna la vittoria di gara due e che paga una giusta… punizione di immagine. Francamente non mi va di scendere nel dettaglio
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delirante dei punteggi e delle classifiche che nascono dalla fantasia dei regolamentatori. Mi basta osservare, e registrare, che dal punto di vista del CIR una volta ha tratto il massimo vantaggio Andrea Crugnola, l’altra Giandomenico Basso. In questo modo è Basso che torna al comando del Campionato, di misura su Rossetti e di una bella lunghezza su Campedelli. Il fatto abbastanza grottesco è che l’unico Pilota a non aver vinto né Venerdì né Domenica è quel Luca Rossetti, sedicesimo assoluto della classifica assoluta del Rally Italia Sardegna insieme a Eleonora Mori, che fa salire sul podio di Alghero la sua rossa Citroen, primo degli italiani nella Gara Mondiale. Quanti pensieri ancora, che stato d’animo! Rally Italia Sardegna incredibile!
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