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Numero 46 31 Gennaio 2012

101 Pagine

NEWS

Speciale

MOTOGP

Motor Bike Expo a Verona: special, custom, novità di mercato e girls

SUPERBIKE

MOTOCROSS

31 Gennaio

Anno

Numero

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SPORT

Mercato

Suzuki presenta la Inazuma 250 a Motodays

MotoGP

Prime foto da Sepang della nuova Ducati GP12 di Valentino Rossi

Prove

Honda CBR 250R VS Kawasaki Ninja 250R

| prova A 3 RUOTE |

Quadro 3D da Pag. 2 a Pag. 15

All’Interno

NEWS: Yamaha YZF-R1 2012 in pista a Valencia | Nico Cereghini “La nave e la moto, quando la sfida finisce male” Massimo Clarke la cinghia dentata compie 50 anni | MOTOGP: Rossi: “Stoner è cattivo con me perché...”


Quadro 3D

PREGI

Guida – frenata - sicurezza effettiva e percepita

DIFETTI

Motore poco potente

PREZZO € 6.990

Prova A 3 RUOTE

Trittico d’autore Oltre 500 chilometri in sella all’interessante triciclo della Quadro Tecnologie, da poco in consegna anche da noi dopo l’esordio sul mercato francese. Al prezzo di 6.990 euro, franco concessionario di Maurizio Tanca 2

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Quadro 3D: com’è fatto? Va sottolineato che il 3D è volutamente omologato come “triciclo”, per poterne consentire la guida anche a chi abbia la sola patente B, il che comporta che la sua carreggiata anteriore (ovvero la distanza tra le immaginarie linee di mezzeria tra le due gomme anteriori) superi i 460 mm: nella fattispecie, qui siamo a 550 mm, che diventano circa 660 ai fianchi delle gomme stesse, contro una larghezza totale di 810 mm alle estremità dei retrovisori. Il medesimo discorso vale per gli MP3 in versione LT, che però hanno carreggiata di 465 mm (quindi circa 550 ai fianchi delle ruote) . Inoltre, entrambi i veicoli sono naturalmente dotati anche di freno a pedale sulla pedana destra, da usare in alternativa alle classiche leve sul manubrio. Il Quadro 3D ha un’estetica piacevole, più “giovane” e sportiva dei vari MP3, ad esclusione del giovane Yourban 300, al quale si avvicina maggiormente anche se appare un po’ più massiccio. Sono belli i fari e lo è anche l’elegante parabrezza fumé, ed è immediata la “leggerezza” anche visiva del sistema di basculamento oleopneumatico del Quadro, che appare molto più semplice rispetto alla soluzione completamente meccanica del Piaggio. Com’è evidente che le sue ruote siano tutte e tre più alte di un pollice rispetto a quelle del Piaggio, e che lo spazio in

bbiamo parlato più volte del simpatico Quadro 3D 350 e dell’esperienza in materia della Marabese Design. Ne abbiamo anche provato brevemente un prototipo l’anno scorso, sulla pistina allestita all’interno del Bike Expo veronese. Oggi, il tre ruote progettato da quel Luciano Marabese che un bel po’ di anni fa concepì il Piaggio MP3 – declinato in più versioni e varianti di cilindrata, e affiancato anche dall’omologo Gilera Fuoco 500 – è finalmente in distribuzione anche in Italia, dopo aver esordito lo scorso ottobre sul mercato francese,

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altezza tra ruote e musetto sia ben più ampio. Piacevole il colpo d’occhio sui foderi in fibra di carbonio che rivestono gli elementi ammortizzanti, mentre il pistone di compensazione centrale è elegantemente protetto da una stretta calandra in plastica. L’ampio cockpit del 3D lascia parecchio spazio libero ai lati del compatto cruscottino stile supersport, o naked sportiva che dir si voglia, che peraltro troviamo anche su alcuni scooter Aeon: abbiamo dunque un classico contagiri analogico che praticamente si sovrappone ad un display lcd; quest’ultimo alterna – a scelta di chi guida - l’indicatore a barrette al termometro del

che ne ha già assorbiti oltre 400 esemplari. Non è certo un caso che la Francia, e principalmente Parigi, abbiano ricevuto il nuovo arrivato in anteprima sul resto del mondo: buona parte degli oltre 100.000 MP3 circolanti sul pianeta guizzano infatti all’ombra della Tour Eiffel, dunque è proprio lì che la giovane azienda lombarda (fondata nel 2009 alle porte di Milano, a Cerro Maggiore) è andata a lanciare il guanto di sfida all’illustre progenitore. L’industrializzazione dei prodotti Quadro – a tre o quattro ruote che siano - è invece affidata alla taiwanese Aeon, specializzata nel campo dei quad e degli scooter, che peraltro fornisce anche i motori. Mentre alla distribuzione in Italia pensa la Pelpi International di Merone (Lecco), che già importa in Italia i prodotti Aeon. Giusto ad un anno di distanza dal test veronese, aveva evidenziato la necessità di qualche significativo aggiustamento generale, abbiamo usato per oltre 500 chilometri un esemplare praticamente definitivo del Quadro 3D per una prova più lunga e completa, con temperature decisamente bassine, e con fondi stradali non sempre affidabili. E abbiamo ritrovato un veicolo molto più maturo e decisamente divertente, anche se ancora con qualche aspetto da ottimizzare. 5


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La stabilità del Quadro è generalmente ottima, si viaggia bene e ben protetti dall’aria: il plexiglas di serie devia

efficacemente

l’aria sulla parte alta del casco

motore, mentre nella zona più ampia mostra orario, velocità, chilometraggio totale e due trip parziali. Inutile dire che sarebbe bello disporre anche delle indicazioni di consumo istantaneo e medio, e dell’autonomia residua. L’utilizzo del mezzo anche con temperature esterne decisamente impegnative, inoltre, ci ha fatto desiderare anche un termometro ambientale, magari con la spia che indica la possibilità di trovare asfalto ghiacciato. A sinistra del contagiri troviamo una serie di spie luminose, compresa quella della riserva. Contrariamente agli MP3, grazie proprio al suo sistema di sospensioni anteriori meno ingombrante, il Quadro può offrire 6

anche un paio di portaoggetti nel retroscudo: uno in alto a destra, con coperchietto a pressione, l’altro al centro, con coperchio color argento, serratura a scatto e presa di corrente a 12 Volt all’interno. Il piano orizzontale dello scudo alloggia invece il blocchetto di accensione: girata in senso antiorario, la chiave apre il tappo della benzina piazzato sulla sinistra del largo tunnel centrale (sotto al quale c’è il serbatoio da 13,5 litri), mentre nell’altro senso sblocca la serratura della sella. Quest’ultima è ampia e ospitale, ha la seduta anteriore a 780 mm da terra e consente di stivare nella spaziosa vasca sottostante un casco integrale ed un jet, ma anche una tuta

impermeabile e altri oggetti. Però è disponibile anche una sella alta 830 mm, che consente così di ospitare due caschi integrali. Nulla di trascendentale riguardo ai comandi al manubrio, dove il deviatore di destra, che solitamente serve a spegnere il motore in casi di emergenza, qui invece aziona l’hazard, ossia il funzionamento simultaneo delle quattro frecce. Personalmente tuttavia preferirei la prima soluzione. Anzi, meglio averle entrambi… Sul Quadro non è previsto il blocco elettronico che tiene in piedi l’MP3 da fermo premendo semplicemente un pulsante: tuttavia l’operazione è ugualmente effettuabile tirando forte le leve dei freni (col pedale 7


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è più difficile) o quantomeno solo la leva di destra; oppure, con un minimo di pratica, quando si è quasi fermi si può tirare la leva del freno di stazionamento, sistemata anch’essa sul retro scudo ben a portata di mano, e rilasciarla un attimo prima di ripartire. La leva, che aziona meccanicamente una pinza supplementare sul freno posteriore, serve anche per bloccare il veicolo in verticale in parcheggio, a meno che non si preferisca issarlo sul cavalletto centrale: operazione non troppo impegnativa, anche perché il peso a secco dichiarato per il Quadro 3D è di 195 chili, che aumentano di una decina col pieno di benzina. La tecnica Quando il Quadro venne presentato, si parlava di un motore monocilindrico a 4 valvole da 313 cc effettivi, che avrebbe equipaggiato la prima serie prima dell’arrivo di un 350 a cilindrata piena, che invece non è più previsto. Abbiamo quindi un monoalbero a 4 valvole da 313 cc , naturalmente raffreddato a liquido e alimentato tramite iniezione elettronica, e accreditato di 22 cv (16,2 kW) a 7.000 giri, con una coppia di 2,4 kgm (23,6 Nm) a 9.500 giri. Il quale oscilla appeso ad un telaio a traliccio in tubi d’acciaio, assistito da un paio di ammortizzatori con molle precaricabili su 5 posizioni. Davanti, come già detto, troviamo il cosiddetto “Hydraulic Tilting System” che consente pieghe sicure fino a 40°, cioè fino al fondo corsa del parallelogramma deformabile: una volta “appoggiati” al massimo dell’inclinazione, a bassa velocità è perfino possibile sterzare col manubrio verso l’interno della svolta, anche se non è certamente la manovra più naturale che uno possa pensare di fare. Il sistema, come dice il nome stesso, è completamente idraulico, o meglio, 8

oleopneumatico, con due ammortizzatori che si compensano tramite un elemento centrale: in pratica, in curva il pistone interno si comprime mentre l’esterno si estende. L’olio sta nella parte superiore degli ammortizzatori mentre l’aria lo comprime da sotto, fungendo quindi anche da fondocorsa “elastico” alla massima piega consentita. L’impianto frenante è multifunzione: sia la leva sinistra sul manubrio che il pedale azionano tutti e tre i dischi (da 240 mm gli anteriori, da 200 il posteriore, con pinze a due pistoncini), mentre la leva destra aziona solo la coppia anteriore. Il Quadro monta gomme Duro Racing da 110/80 su cerchio da 2,75x14” davanti e 140/70x15” dietro.

La prova Come già anticipato, giusto dodici mesi fa avevo provato un prototipo del Quadro 3D sulla pistina del Bike Expo di Verona. Conoscendo piuttosto bene i “tre ruote” Piaggio e Gilera, ebbi delle perplessità sulla guida del mezzo di Marabese, che mostrava una marcata inerzia in impostazione di curva e nei cambi di direzione rapidi richiesti da quel percorso così stretto e sinuoso. “Del resto fa freddo” pensai “e la fluidità dell’olio nelle sospensioni probabilmente ne soffrirà”. Inoltre i freni erano davvero brutali, specie col comando a pedale: un appoggio secco del piede, e ti sentivi letteralmente catapultare in avanti. Ma i ragazzi di Quadro 9


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Tecnologie (nella fattispecie Riccardo e Roberto, attivissimi e figli di Luciano Marabese) ovviamente lo sapevano, e avevano già programmato le relative modifiche. Bene. Dopo una settimana e oltre 500 chilometri percorsi con il 3D, posso anticipare che mi sono divertito parecchio di più, rispetto al breve test precedente. Ma partiamo dalle basi. Come si sta, in sella? Comodi, lo spazio è notevole, e finalmente abbiamo una sella che non fa scivolare in avanti il pilota. Il quale, perlomeno se di media statura, siede comodamente senza costrizioni per gambe e braccia e gode quindi di una postura per nulla affaticante. Gli spilungoni, invece, arriveranno a sfiorare, se non a toccare, le estremità dello scudo con le ginocchia. Ottima anche la posizione del passeggero, che siede comodo e rilassato, e che ovviamente se la godrà ancora meglio se dotato di bauletto in appoggio. È dunque un vero peccato che il tutto venga vanificato da due ammortizzatori intollerabilmente rigidi già con le molle al minimo: far da secondo sul pavé cittadino, o comunque sulle frequenti sconnessioni delle nostre strade, è dunque davvero parecchio fastidioso. Anche l’anteriore è rigidotto, ma se non altro l’assorbimento delle asperità è abbastanza elastico e decisamente ben più tollerabile, anche perché sui vantaggi in termini di sicurezza 10

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offerti da un avantreno di questo tipo c’è ben poco da discutere... Ma questo sarebbe inutile sottolinearlo, perché è ormai arcinoto, specie da chi questo tipo di veicolo lo usa da tempo. L’inerzia nei cambiamenti di inclinazione? E’ esattamente come ricordavo. Ma vi giuro che basta molto meno di mezza giornata per annullare totalmente, come per incanto, quello che appariva come un problema. A suo tempo è stato così anche con il ben più potente Gilera Fuoco 500, che è molto più pesante dell’MP3: dopo un’oretta di uso, tutto

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scordato, solo divertimento. Insomma, una guida vicinissima a quella di un normale scooterone, sia in città che fuori, con l’unico impegno di ricordarsi che nei passaggi stretti tra auto e marciapiedi, nel traffico compatto, può capitare di strisciare la ruota destra sul cordolo. A maggior ragione col Quadro, proprio per via della maggior carreggiata. Ci si adegua presto alla dinamica del mezzo, insomma, dopodiché si comincia ad usarlo di conseguenza, a divertirsi e a sentirsi ben più sicuri anche dove normalmente si andava, come si suol dire, con i piedi di piombo: esempio tipico il pavé bagnato con binari del tram, la situazione cittadina più temibile in assoluto. E noi lo abbiamo fatto anche con un bel freddo barbino: pavé o non pavé, sconnesso o meno, si parte e ci si muove veramente con un’altra impostazione mentale. Con più tranquillità, in fin dei conti, anche se in effetti questa cosa rischia di trasformarsi in una sorta di “delirio d’onnipotenza”: non va scordato, infatti, che se basta poco per prendere confidenza con un mezzo del genere. e trovarsi ad affrontare ogni rotonda piegando al massimo consentito dalla fisica, e altresì vero che se il fondo 11


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3 1 Compatto cruscottino stile supersport, che peraltro troviamo anche su alcuni scooter Aeon. 2 La sella consente di stivare nella spaziosa vasca sottostante un casco integrale ed un jet. 3 Davanti, troviamo l’ “Hydraulic Tilting System” che consente pieghe sicure fino a 40°.

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stradale non tiene, anche con questi veicoli si rischiano perdite di aderenza, sbandate ed insidiosi “high side”…Si, perché magari le due ruote anteriori si danno una mano l’una con l’altra, ma se parte il posteriore, o si è dei manici abituati a controllare il controsterzo o patatrac. Devo dire che questi pneumatici Duro non mi sono affatto dispiaciuti, anche se di freddo se ne è preso parecchio, durante questa prova: solo col fondo infido di strade alberate di campagna ho avvertito il posteriore piuttosto precario, ma con l’asciutto tutto sommato hanno tenuto sempre soddisfacentemente. E mi sono anche divertito su un bel sentiero

sterrato, guidando in piedi con un piacevole senso di stabilità davanti mentre istigavo la ruota motrice alla derapatina in accelerazione e in uscita di curva. Divertente, anche se assolutamente inutile, concordo, ma lì mi son chiesto come sarebbe stato farlo sul ghiaccio o sulla neve, con gomme chiodate… Come promesso, la frenata è stata decisamente migliorata. In effetti, usando il pedale ora bisogna premere fin troppo per ottenere decelerazioni decenti, anche perché il braccio di leva è poco favorevole potendo lavorare solo con la punta del piede. Ma poco male, anche se va sottolineato che usando il pedale la contropressione che si forma nell’impianto impedisce di usare nel contempo le leve sul manubrio. Usando le quali la potenza decelerante è notevole ma ben modulabile, anche se un po’ “gommosa”. In caso di panic stop tipo gatto che ci attraversa improvvisamente la strada - possibilmente non nero – è facile che il posteriore arrivi a bloccare, specie su fondi sporchi o bagnati. E si può tranquillamente frenare anche mentre si curva, anche se non credo che molti si lascino tentare da questa opzione di estrazione tipicamente motardistica/pistaiola. In ogni caso, la stabilità del Quadro è generalmente ottima, si viaggia bene e ben protetti dall’aria: il plexiglas di serie devia efficacemente l’aria sulla parte alta del casco (nel mio caso,

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naturalmente) senza indurre quei fastidiosissimi ciondolamenti che gli inglesi chiamano buffeting, nemmeno viaggiando al massimo. E qui entra in gioco il motore, il medesimo dell’Aeon Urban, promosso d’ufficio alla cubatura fittizia di 350 cc. Un motore che in effetti non è accreditato di prestazioni definibili esaltanti, e che qualche vibrazioncina in effetti la comunica, su pedane e manopole, oltre la soglia dei 5.000 giri. Tuttavia, il mono asiatico esibisce uno spunto piacevolmente brillante, anche se poi ci mette un po’ per spuntare i 135 km/h indicati (siamo sui 120 effettivi), perdendo dunque l’enfasi iniziale in fase d’allungo: quando ci si piazza al massimo, infatti, la trasmissione a volte sembra faticare, come se il rapporto finale diventasse troppo lungo da reggere. Durante il quotidiano percorso casa-ufficio e ritorno - circa 60 km tra città e strade extraurbane sempre abbastanza trafficate - il consumo medio registrato è stato di quasi 19 km/litro. Su un percorso medio rapido di un centinaio di chilometri composto per il 60% da strade extraurbane poco trafficate e per il 40% da autostrada a tutto gas, abbiamo invece di poco superato i 20 km/litro, corrispondenti più o meno a 200 chilometri, al momento dell’accensione della spia della riserva, quindi con ancora 3,5 litri nel serbatoio.

Mi piace! Ho un debole per le tre ruote! Il tre è anche il numero perfetto! paolo.pavarini - 25/01/2012 Leggi e partecipa ai commenti »

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SCHEDA TECNICA

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350D Tempi: 4 € 6.990 Cilindri: 1 Cilindrata: 313 cc Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 23 cv (17 kW) / 7000 giri Coppia: nM / 6000 giri Marce: AV Freni: DD-D Misure freni: 240-256 mm Misure cerchi (ant./post.): 14’’ / 15’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 200 kg Lunghezza: 2330 mm Larghezza: 811 mm Altezza: 780 mm Capacità serbatoio: 13 l Segmento: Altro

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Prova Comparativa

Honda CBR 250R VS Kawasaki Ninja 250R Due ottime moto per cominciare, che potrebbero completarsi, visti i differenti pregi che le caratterizzano. Confrontiamole in questa breve panoramica e scegliete quale preferite farvi regalare da mamma e papĂ ! di Cristina Bacchetti

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rime pieghe Una comparativa che non vuole e non può essere intesa come sfida, anche perché entrambe le duemmezzo ne uscirebbero a testa alta e a parimerito. Due ottime moto per cominciare che potrebbero essere complementari, visti i differenti pregi che le caratterizzano. Due mezzi facili ma non per questo destinati ad un pubblico prettamente di neofiti. Chi per amore delle 6 marce non vuole muoversi in città con lo scooter, ma non vuole nemmeno rinunciare alla praticità e a costi contenuti, sarà sicuramente tentato da queste mini sportive con l’aria da grandi. Due moto tanto simili quanto diverse: la prima con un motore monocilindrico che dà tutto subito, la seconda con un due cilindri dall’allungo stupefacente. Entrambe sono spinte da propulsori da 249 cc raffreddati a liquido e racchiusi in telai d’acciaio, a doppia trave discendente quello della Honda, a diamante quello della Kawasaki.

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I cerchi in lega da 17” sono a 5 razze sulla CBR, a 6 sulla Ninja. Al comparto sospensioni anteriori troviamo in entrambi i casi una forcella telescopica da 37 mm e scelte differenti, invece, al posteriore: la CBR adotta un monoammortizzatore Pro-Link con escursione di 104 mm, la Ninja un Uni-Trak con ammortizzatore a gas e precarico a 5 regolazioni. Estetica Honda CBR 250R La smilza. Leggera e maneggevole in sella quanto alla vista: la piccola CBR è snella e filante, già alla prima occhiata dà confidenza anche ai guidatori meno esperti o spaventati dal peso della moto. La Hondina ha esteticamente poco da invidiare alle sorelle maggiori da 600 e 1000 cc e con i suoi 161 chili in ordine di marcia e la sella a soli 780 mm da terra, è adatta davvero a piloti di tutte le 19


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Finiture complessive Honda CBR 250R Honda non si smentisce e le finiture della CBR sono di alto livello, per il target di prezzo in cui si va ad inserire. Unica pecca le cuciture della sella a vista. Kawasaki Ninja 250R La cura e i dettagli di questa moto, dai dischi freno a margherita (290 mm all’anteriore, 220 al posteriore) alla linea spigolosa degli specchietti, denotano l’impegno da parte di Kawasaki di offrire al giovane pubblico un mezzo ricercato e performante. Purtroppo però, in tutta questa ricercatezza, manca il sempre gradito pulsante del passing. stazze che vogliono avvicinarsi al mondo delle sportive. Lo scarico forse risulta un po’ pesante rispetto alla linea della moto; il faro anteriore che ricorda quello della VFR le dà un tocco di eleganza. Kawasaki Ninja 250R La moto vera. Decisamente più imponente alla vista, complice forse anche il total white della versione da noi provata, la Ninja 250 si dà proprio arie da superbike. I chili in più rispetto alla concorrente della Casa alata sono 8: non si sentono, ma si vedono. 20

Ergonomia e comfort Honda CBR 250R La CBR è piccola piccola: il monocilindro le permette di rimanere stretta tra le gambe e leggera tra le mani, senza andare a penalizzare l’abitabilità, nell’insieme buona. Il manubrio basso le dà un’impostazione di guida da vera sportiva. La sella, bassa ma non troppo, aiuta nelle manovre piedi a terra e nel complesso la Hondina risulta, tra le due, la più facile e rassicurante.

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Kawasaki Ninja 250R Stesse pecurialità della CBR, che vince forse per maneggevolezza, ma sulla Kawa l’impostazione di guida è più turistica: anche qui la sella è a 780 mm da terra, ma il manubrio e le pedane sono più alti e la posizione risulta quindi più eretta e accogliente anche per i più alti. Entrambe le duemmezzo passano l’esame dell’ergonomia in sella, con posizioni differenti sui due modelli, ma sempre comode e mai esasperate. Al gusto del guidatore, quindi, la scelta. E in due? Honda CBR 250R Sulla CBR il passeggero non gode di ampio spazio e sella comfortevole, ma può contare su una buona ergonomia delle pedane e sulle comode maniglie d’appiglio, sempre utili in caso di frenate o partenze troppo decise. Kawasaki Ninja 250R La sella posteriore della Ninja è invece più imbottita e spaziosa e anche qui l’ergonomia delle pedane consente una posizione raccolta ma comoda. L’unico appiglio però, fatta esclusione per la fascia applicata nella parte anteriore della sella riservata al passeggero, rimane il guidatore. Per il piacere di fidanzata e pilota. 21


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del gas si hanno subito a disposizione tutta la potenza di 26,4 cv a 8.500 giri e la coppia di 23,8 Nm a 7.000 giri. Tutto subito. Kawasaki Ninja 250R La baby Ninja è equipaggiata con un motore bicilindrico parallelo a 4 tempi, raffreddato a liquido. Meno brillante in spunto, ma goduriosa in allungo, si rivela veloce e forte dei suoi 33 cv a 11.000 giri. Dolce e decisa.

Pregi e difetti Kawasaki Ninja 250R Punto di forza: la stabilità. Punto debole: al primo colpo d’occhio può spaventare i neofiti per la mole.

Come va Honda CBR 250R Sorprende per prontezza e potenza, che ben si sposano con una buona ciclistica e una frenata impeccabile; i dischi misurano 296 mm all’anteriore e 220 al posteriore. La versione con ABS, presente sui mercati esteri, non è purtroppo disponibile in Italia. Honda centra in pieno l’obbiettivo che punta ad una moto facile e a una perfetta nave scuola per quelli che, qualche anno dopo, saranno i centauri in sella alle CBR da 600 e 1.000 cc.

Pregi e difetti Honda CBR 250R Punto di forza: spunto e ripresa. Punto debole: sconsigliata per le lunghe percorrenze.

Strumentazione Honda CBR 250R La strumentazione digitale offre al pilota tutte le informazioni necessarie con un rapido sguardo: velocità, regime di giri, temperatura del motore, livello del carburante, ora e contachilometri totale e parziale. Kawasaki Ninja 250R Si presenta ben leggibile e, anche qui, completa di tachimetro, contagiri, temperatura liquido raffreddamento, contachilometri e spie di servizio. Peccato manchino l’orologio e l’indicatore di livello della benzina, informazioni che farebbe piacere avere sempre sott’occhio. Motore Honda CBR 250R Il cuore pulsante della CBR 250R è un monocilindrico 4 tempi raffreddato a liquido. Equipaggiato con testata del cilindro a 4 valvole e layout a doppie camme in testa. E’ stato sviluppato privilegiando l’efficienza e la coppia, e si sente! Non appena si ruota la manopola

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“da grande”: 17 litri di carburante, come sulle vere superbike.

Consumi Honda CBR 250R Come tutti i modelli della famiglia CBR, anche la duemmezzo impiega il sistema di iniezione Honda PGM-FI, che garantisce un notevole risparmio di carburante: 29 km/litro la media da noi calcolata. Il serbatoio da 13 litri (riserva compresa) permette quindi di dimenticarsi facilmente del benzinaio, cosa assolutamente ben gradita di questi tempi. Kawasaki Ninja 250R Un po’ meno parsimoniosa nei consumi, la Ninja 250R ha fatto riscontrare un consumo medio di 27 km/litro. Anche il serbatoio è 26

SCHEDA TECNICA

Kawasaki Ninja 250R In sella non smentisce quello che, alla vista, ce l’ha fatta definire “una moto vera”. Sebbene lo spunto del bicilindrico non sia paragonabile a quello della CBR, la Kawasaki gode di un allungo infinito che dà un piacere di guida notevole. In aiuto ai meno esperti ci sono una ciclistica facile e una frenata buona, non decisa come quella della Honda, ma comunque efficace. Parimerito.

Kawasaki Ninja 250 R Tempi: 4 € 4.990 Cilindri: 2 Cilindrata: 249 cc Disposizione cilindri: paralleli Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 30 cv (22 kW) / 10500 giri Coppia: 2.14 kgm (21 Nm) / 8500 giri Marce: 6 Freni: D-D Misure freni: 290-220 mm Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 152 kg Lunghezza: 2080 mm Larghezza: 710 mm Altezza: 780 mm Capacità serbatoio: 17.5 l Segmento: Sportive

SCHEDA TECNICA

Comportamento in città Honda CBR 250R A chi si deve muovere prevalentemente tra casa, scuola e amici, ci sentiamo di consigliare la CBR per ovvi motivi di ingombro e per quel maggiore senso di sicurezza che dà sia in sella che nelle manovre di parcheggio. Il raggio di sterzo contenuto permette agevoli zig zag tagliacode, in tutta sicurezza. Scattante. Kawasaki Ninja 250R Un pochino più imponente e un filo meno maneggevole, ma comunque godibilissima in città grazie anche all’ottima posizione di guida, la Kawasaki è perfettamente a suo agio anche e forse di più, in ambito extraurbano. Viaggiatrice.

CBR 250 R Tempi: 4 € 4.235 Cilindri: 1 Cilindrata: 249.3 cc Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 19.4 kW / 8500 giri Coppia: nM / 7000 giri Marce: 6 Freni: D-D Misure freni: 296-220 mm Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Segmento: Sportive

Comportamento extraurbano Honda CBR 250R Forte della coppia pronta e generosa, la piccola CBR è un’ottima compagna per le prime scampagnate in montagna. Non teme tornanti e qualche facile salita, ma... meglio soli: in coppia potrebbe soffrire un po’ e lo spazio per il passeggero è un filo risicato, anche se dotato di comodi maniglioni d’appiglio. Su statali e autostrade si patisce un po’ la scarsa protezione offerta dalla carenatura e dal cupolino. Il peso piuma “della smilza”, inoltre, comporta qualche incertezza nella stabilità del mezzo alle velocità sostenute e in fase di sorpasso di mezzi pesanti o furgoni. Kawasaki Ninja 250R Più stabile alle alte velocità e irremovibile dal suo binario, la Ninja è sicuramente più adatta per i lunghi viaggi fuori città. La protezione dall’aria è buona, complice la carenatura più importante, e la posizione in sella è comoda anche per lunghe percorrenze. Prezzo e accessori Honda CBR 250R La CBR costa 4.235 Euro ed è disponibile in due versioni di colore: total black oppure tricolore bianca, rossa e blu. Set carenatura, parafango e carter catena, elementi del codone, parafango anteriore, puntale, pannelli laterali, monoposto, set fianchi carena e serbatoio e cover paracalore del silenziatore possono essere sostituiti con elementi carbon look offerti da Honda Accessories. Kawasaki Ninja 250R Bianca, nera o nell’immancabile verde Kawa, la piccola di Akashi costa 4.990 Euro.Tra gli accessori disponibili troviamo il cupolino bombato e il coprisella monoposto in tinta.

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Motor Bike Expo a Verona!

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Motor Bike Expo a Verona! Motor Bike Expo per il quarto anno va in scena a Veronafiere: le novità 2012 e il meglio del custom. Oltre a tante belle ragazze e i migliori accessori

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a manifestazione, presentata martedì mattina alla stampa del Veneto da Claudio Valente e Giovanni Mantovani, rispettivamente vice–Presidente vicario e direttore generale di Veronafiere, e da Francesco Agnoletto, con Paola Somma ideatore della formula-Motor Bike Expo, apre i battenti al grande pubblico di appassionati. 7 padiglioni (per 73.000 metri quadrati di esposizione al coperto) e 35.000 metri quadrati di aree esterne dedicate agli spettacoli e alle esibizioni. Circa 800 i marchi presenti, provenienti dai cinque continenti. Sono in bella mostra le ultime novità Ducati, Honda, Kawasaki, KTM, Triumph e Yamaha. Immancabile la presenza dei modelli HarleyDavidson e per chi vuole muoversi in città, degli scooter Peugeot. Tantissime le special da non perdere: ricordiamo tra queste le moto di Mr. Martini e la Ad Maiora di Tamburini. Girando tra i padiglioni abbiamo visto crescere la presenza di chi vende accessori per moto e abbligliamento custom: un motivo in più per visitare Verona. Numeroso il pubblico presente 30

sin dal venerdì, segno che questa formula riscuote un grande successo e si pone tra le principali attrattive per il pubblico italiano appassionato di moto. Fin dalla prima mattina i visitatori, soprattutto in gruppi ed in rappresentanza di tutte le fasce d’età e di tutte le forme di passione per le due ruote, hanno affollato i 7 padiglioni del salone, mostrando grande curiosità sia per il settore custom che per la produzione di serie. Ad aprire idealmente i battenti della rassegna, il potentissimo rombo del motore V8 di 5000 cc del super chopper, la moto più grande del mondo, realizzata dalla Regio Design, l’azienda emiliana di Barco di Bibbiano che ha impiegato poco meno di sei mesi per costruire questo “mostro” meccanico, destinato a entrare nel guinnes dei primati e al cui progetto hanno collaborato importanti aziende meccaniche nazionali ed estere. Fra le tanti, affascinati creazioni italiane ed estere che interpretano la cultura custom, molto apprezzati e ammirati i modelli proposti dalla Headbanger, la casa milanese che è ormai una realtà consolidata a livello internazionale in questo segmento motociclistico. Ieri pomeriggio ha fatto visita alla fiera, soffermandosi presso lo stand Ducati e compiendo poi un giro dei padiglioni, anche il Presidente della casa di Borgo Panigale Gabriele del Torchio che ha fatto i complimenti agli organizzatori asserendo che “ogni appassionato di moto deve segnare questo evento in calendario”. Del Torchio ha ricordato poi come “Ducati non sia presente al Motor Bike Expo per farsi conoscere ma per condividere con gli appassionati la gioia dei nuovi modelli che la casa propone” ed ha infine sottolineato come Ducati sia in netta controtendenza rispetto al mercato mondiale: “infatti il 2011 è stato l’anno migliore della nostra storia e guardiamo con fiducia al 2012, sperando che anche in Italia si riscopra la voglia di andare in moto”. Festeggiatissimo Franco Picco che, nell’area Yamaha, ha incontrato la stampa ed i suoi entusiasti estimatori, raccontando le esaltanti vicende dell’ultima Dakar,appena conclusa, che lo ha visto 45° assoluto e 3° della categoria Marathon nonostante una caduta nella terza tappa e due fratture (ad una costola e ad un piede) che non gli hanno impedito di portare a termine la massacrante maratona.

Gli ospiti Tra gli ospiti non appartenenti al settore delle due ruote, annunciate le presenze della giovanissima cantante Nicole Tuzi, 4.a classificata all’ultima edizione di X-Factor, da molti considerata la vincitrice morale del talent-show televisivo, che domenica si troverà presso lo stand di Breganze, e di Jimmy Ghione, popolarissimo inviato di “Striscia la notizia”, che sabato, in occasione del suo compleanno, sarà ospite dello stand di MS Artrix presso il quale gli sarà consegnata la “Jimmy 64”, una elegante ed aggressiva special appositamente realizzata per lui su base H-D Fat Boy. Custom Come detto da sempre il Motor Bike Expo si evidenzia per il grande spazio riservato al custom e anche in questa circostanza ben 4 dei 7 padiglioni sono dedicati a questo segmento, con la presenza dei massimi costruttori e customizzatori mondiali. Si parte dal popolarissimo Jesse James, che torna al Motor Bike Expo a tre anni dalla sua precedente apparizione. Il leggendario leader della West 31


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Coast Chopper troverà una compagnia di altissimo livello formata anche da Arlen e Cory Ness, dai Battistinis, da Russel Mitchell e ancora da Danny Schneider (Hardnine Choppers), Zen Motorcycles, TPJ Custom, Cycle Kraft, Custom Design Studios, Ehinger Kraftrad, DK Motorrad, Fred Kodlin, Peter Penz e Peder Johansson (Hogtech), e da Mondo Porras (Denver’s Chopper), Derk “Bad Dad” Hinsey e suo figlio Jacob e Rick Fairless (Strokers Dallas), questi ultimi quattro ospiti della Federazione Italiana Customizer, fino alla sempre più ampia e qualificata schiera di interpreti italiani del mondo custom. Sempre nell’ambito della Kustom Culture, da quest’anno spazio anche all’Hot Rod, ovvero alle vecchie auto americane 32

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Turismo Altro settore che distingue il Motor Bike Expo è quello turistico: il Motor Bike Travel occuperà uno spazio di maggior rilievo rispetto al debutto del 2011 e, oltre a favorire l’incontro tra i viaggiatori in moto, gli operatori del settore e le strutture ricettive, scandaglierà tutti i campi collegati al mototurismo proponendo, tra l’altro, un’expo concentrata sulla tecnologia al servizio di chi si muove su due ruote. I visitatori troveranno una nuova area interattiva dove potranno scegliere i percorsi mototuristici e abbinarli alle moto

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degli anni ’50 profondamente modificate. Il padiglione 5 sarà popolato di fantastiche creazioni in bilico tra nostalgia e futuro e si potrà assistere alla coinvolgente customizzazione live di una Dodge del ’48 eseguita da un gruppo di specialisti sotto la supervisione del fuoriclasse mondiale Alex Gambino. Da ricordare che il Motor Bike Expo sarà l’unica tappa italiana delle Custom Chrome International Bike Show Series, una delle più importanti competizioni mondiali riservate alle moto custom. Un vero e proprio “concorso di bellezza”, valutato da giudici internazionali, che tiene in considerazione anche le soluzioni tecnologiche e la capacità creativa. Tra gli altri bike show, quello internazionale sul tema Harley-Davidson Blackline, promosso dalla rivista LowRide, e l’inedito Magazine Award che avrà come giudici gli inviati delle più qualificate testate specializzate del pianeta.

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touring più gradite. Tra le iniziative anche il concorso “Scoperto con la moto”, foto di luoghi originali o nascosti scoperti viaggiando in moto che premierà le immagini più belle e originali inviate dagli appassionati. Sport e competizioni Uno spazio importante sarà riservato allo sport ed alle competizioni, grazie alla presenza di promoter, organizzatori e team; come sempre presentazioni e premiazioni richiameranno l’attenzione del mondo dell’agonismo. Importanti team impegnati a livello mondiale hanno scelto, infatti, la grande ribalta del Motor Bike Expo, per presentare la stagione 2012. Non manca ovviamente la Federazione Motociclistica Italiana che organizza numerosi eventi fra i quali la cerimonia delle premiazioni di tutto il settore velocità, dal CIV ai vari trofei nazionali in programma sabato 21 a partire dalle ore 14.00. Nella stessa giornata, dalle 16, il Pata Racing Team, svelerà il proprio assetto in vista del mondiale Superbike. Lo spettacolo nell’area esterna Infine grande spettacolo nelle aree esterne, grandi come quattro campi di calcio, con stuntman, esibizioni e sfide incrociate su 2 e 4 ruote. Trial indoor e acrobatico, minimotard, freestyle, quad, scooter e drifting auto nel menù delle giornate di sabato e domenica. 33


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Le girls del Motor Bike Expo di Verona Disposte a sopportare il freddo, le foto e l’assalto del pubblico, anche a loro va il nostro premio speciale. Se non ci fossero, il Motor Bike Expo non sarebbe così ricco di luci e colori!

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l Motor Bike Expo 2012 ha visto i padiglioni di Veronafiere letteralmente invasi da migliaia di appassionati che fin dalle prime ore del mattino si sono riversati nel quartiere fieristico per ammirare il mondo del motociclismo in tutte le sue declinazioni. Il pubblico non ha mancato di tributare il suo affetto e la sua ammirazione ad alcune tra le più importanti firme mondiali delle 34

personalizzazioni, prendendo d’assedio gli stand di Jesse James, di Arlen Ness, di Russell Mitchell e dei tanti fuoriclasse che si sono ritrovati a Verona. Sul palco dell’Auditorium Verdi, nel Palaexpo, la Federazione Motociclistica Italiana ha consegnato i caschi tricolori 2011 ai campioni italiani di velocità. Davanti ad un platea gremita, con oltre 700 presenze, sono sfilati i vincitori del CIV, della Coppa Italia, e dei tornei Femminile, minimoto e mini GP. Jimmy Ghione riceve la custom su base H-D Fat Boy Un autentico appassionato della moto; uno sportivo; un uomo affabile, intelligente, simpatico: così si è presentato al pubblico del Motor Bike Expo Jimmy Ghione, popolarissimo inviato del TG satirico “Striscia la notizia”, che ha festeggiato il suo compleanno nei

padiglioni di Veronafiere facendosi un regalo che gli ha procurato un enorme soddisfazione. Jimmy ha infatti commissionato agli artigiani della MS Artrix la realizzazione di una custom su base H-D Fat Boy e la moto gli è stata consegnata allo stand dell’atelier valdostano di Massimo Gullone e Salvatore Cosentino. Entusiasmo alle stelle delle fans per la presenza in fiera del modello, attore, musicista e conduttore televisivo Uriel Del Toro, autentico protagonista dello star system internazionale, con tante giovanissimi che hanno dovuto pazientare a lungo per avere un autografo e farsi fotografare con l’artista di origine messicana. Del Toro sta realizzando uno speciale televisivo sul Motor Bike Expo che sarà trasmesso dall’emittente Televisa, il più grande produttore mondiale di programmi televisivi in lingua spagnola. 35


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Le girls di Verona Come avrete intuito leggendo il titolo del servizio, le protagoniste di Verona sono state anche loro, le tante ragazze che hanno allietato il nostro girovagare tra gli stand. Disposte a sopportare il freddo, le foto a ripetizione e l’assalto del pubblico, anche a loro va il nostro premio speciale. Se non ci fossero, il Motor Bike Expo non sarebbe così ricco di luci e colori!

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Le special più belle del Motor Bike Expo di Verona

La produzione di serie è stata rappresentata, con tutte le novità della gamma 2012, dai principali marchi del panorama mondiale e il numero dei giornalisti accreditati è ulteriormente cresciuto, in rappresentanza di testate dei cinque continenti”.

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Le moto custom Nelle quattro categorie delle International Series organizzate da Custom Chrome Europa hanno prevalso, rispettivamente, la “Tazio” di Gallery Motorcyles (classe Rev Tech Powered), la “Shovel Racer” di Passion 4 Custom (classe Modified Harley), la “Shovel 78” di Garage 69 (classe Jammer Old School) e la “Borderline” di Ironborne (classe Championship). Queste ultime due realizzazioni hanno ottenuto anche altrettante, ambite nomination del premio “Magazine Award”, l’inedito contest organizzato dal Motor Bike Expo che ha coinvolto le maggiori testate specializzate a livello mondiale i cui inviati a Verona hanno ricoperto il ruolo di giudici. Alla Borderline dei tecnici modenesi Cristian e Claudio è andato il riconoscimento assegnato dal giornalista Jordan

l termine di un lungo weekend di autentica festa, si è chiusa l’edizione 2012 di Motor Bike Expo. “La manifestazione non solo ha confermato tutti i numeri dell’anno precedente – dichiara l’organizzatore Francesco 38

Agnoletto – ma fa registrare anche un sensibile incremento delle presenze. In soli tre giorni quasi 130.000 visitatori hanno scelto il Motor Bike Expo, premiando in pieno la sua formula”. “Questa edizione si conclude con un successo” prosegue Agnoletto. “Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi quantitativi, in termini di espositori e di pubblico, aumentando allo stesso tempo la qualità; sono gli stessi espositori del settore custom a dichiarare che il Motor Bike Expo è ormai la più grande manifestazione del mondo.

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Oltre 130.000 persone hanno visitato la Fiera veronese. Presenti le principali Case motociclistiche e tante belle special che hanno fatto sognare gli appassionati. Fotogallery: custom e non solo a Verona

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Mastagni della rivista americana Hot Bike; la Shovel dei toscani è stata scelta da Blue Miller, popolare inviata della rivista inglese Back Street Heroes. Gli altri premi del Magazine Award sono andati alla riminese Chopper Lab con la moto “Panhead Chopper”, assegnato dell’australiano Guy Bolton di Greasy Culture Magazine. L’americano Matt Davis di Dice Magazine ha riconosciuto il primo premio all’empolese 0571 Garage per la moto cafè racer “Blue and Silver”. Gli istrionici inglesi Gary e Ben della rivista Sideburn hanno incoronato 39


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l’elvetico Danny Schneider della Hard Nine Chopper autore dell’originalissima “Triumph Tiger”. La spagnola Custom Machine, rappresentata da Antonio Blanco, ha assegnato il premio all’azienda di Eraclea (VE) Boccin, con la “Knucklehead 46”, e infine Harley Davidson Livorno con la magnifica “Boardtrack” si è assicurato il trofeo di Freeway France. Per tutti, oltre all’onore della passerella, anche un reportage sul prossimo numero di ciascuna rivista. La giornata trionfale della officina Ironborne e di Garage 69 è stata completata anche dal primo premio assegnato alle rispettive custom da LowRide, partner del Motor Bike Expo, nelle categorie Chopper e Custom. Lo stesso magazine ha assegnato il premio per la “Best of Show 2012”, la moto più bella del salone, alla “Gusniek” realizzata da Eugenio Porquier della Harley Davidson di Livorno. Il contest “monomarca” H-D sul tema Blackline e riservato ai dealer della casa ha visto infine l’affermazione della Route 76 di Jesi. International Master Bike Builder Association Sul palco del padiglione 1, una delle aree in cui, per 3 giorni, il cuore del mondo custom ha battuto con particolare intensità, si è tenuta 40

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anche la premiazione del contest organizzato dalla Federazione Italiana Customizer (FIC). Il Presidente Fabrizio Favre e gli altri membri della giuria, a cominciare dal leggendario Mondo Porras, designato dall’IMBBA (International Master Bike Builder Association), ha consegnato gli attestati alle 10 migliori custom scelte tra tutte le moto personalizzate esposte alla manifestazione. Il giudizio è stato espresso basandosi sui criteri perfezionati da IMBBA che privilegiano la massima espressione tecnica, il più possibile oggettiva. La “best in show” è risultata la 199R di Asso Special Bike (alias Carlo “Sangue” Colombo); seguono le realizzazioni di Bike Hospital, MS Artrix, BCC, Big Twin, Gallery, American Road, Biker Saloon, Garage Inc., Kustom Attack. La fotogallery delle special più interessanti La nostra fotogallery mostra le moto premiate e le special più belle viste in fiera. Troverete la Triumph, Moto Guzzi e Ducati di Mr Martini, la Ad Maiora di Tamburini, la Triumph Scrambler esposta in Triumph, la Kawasaki W 800, una serie di Harley-Davidson da perdere il sonno e tante altre curiosità! Buona visione. 41


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Le novità 2012 esposte al Motor Bike Expo di Verona Nella gallery alcuni tra gli scatti che meglio rappresentano la kermesse veronese, dove anche le moto di serie hanno il loro grande, e strameritato, spazio. Abbiamo ammirato le principali novità del 2012

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e Case motociclistiche hanno presentato le novità della stagione Il Motor Bike Expo 2012 si è rivelata un’ottima vetrina per ammirare le moto che vedremo nei concessionari quest’anno. Sono stati circa 800 i marchi presenti, provenienti dai cinque continenti. In mostra le ultime novità Bimota, Breganze, Ducati, Fantic Motor, Headbanger, Honda, Kawasaki, KTM, MV Agusta, Norton, Triumph e Yamaha. Immancabile la presenza dei modelli HarleyDavidson e, per chi vuole 42

muoversi in città, degli scooter Peugeot. Tra le moto più ammirate c’è stata la Breganze SF 750, un modello che richiama i fasti delle ultime Laverda. Ma il pubblico ha mostrato un vivo interesse anche per le ultime novità viste in anteprima all’EICMA. Tra le star indiscusse citiamo la Ducati Panigale, ma molta curiosità c’era anche attorno ai modelli 700 (Integra e NC 700X) esposti dalla Honda. La Versys 1000 è la stata la regina dello stand Kawasaki, così come il nuovo TMAX 530 lo è stato di quello Yamaha. Tra le altre Case europee sono state MV, KTM e Triumph ad accendere le luci del palcoscenico. La prima ha esposto le ammiratissime F3 e Brutale 675, la seconda la Duke 690 e l’innovativa Freeeride 350. Cosa dire infine della Triumph, se non che gli appassionati hanno probabilmente “consumato” la sella della Tiger 1200 a furia di provarne l’ergonomia? Nella gallery a destra alcuni tra gli scatti che meglio rappresentano la kermesse veronese, dove anche le moto di serie hanno il loro grande (e strameritato) spazio. 43


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Volti e curiosità dal Motor Bike Expo di Verona

Non si vive di sola moto a Verona. Vi proponiamo una passeggiata virtuale tra gli stand del Motor Bike Expo, tra facce sorridenti, belle fanciulle e banchi che vendono oggetti altrove introvabili

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on si vive di sola moto. Vi proponiamo una passeggiata virtuale tra gli stand del Motor Bike Expo di Verona, tra facce sorridenti, belle fanciulle e banchi che vendono oggetti altrove introvabili. Pellami in quantità industriale, tute racing, stivali da cowboy e una marea di gadget che si rifanno all’America degli anni ‘60 sono i protagonisti degli stand dove gli appassionati di custom possono rifarsi il guardaroba. Senza spendere una follia. A Verona abbiamo incontrato anche diversi artisti che fanno dei mezzi a motore le loro tele ideali su cui riversare creatività ed emozioni. Il Motor Bike Expo è diventato anche il punto di incontro di diversi Forum, che a Verona danno un volto ai loro nickname, rafforzando così il concetto di community virtuale.

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Suzuki presenterà la Inazuma 250 a Motodays Giovedì 8 marzo alle ore 14.00 presso lo stand Suzuki (pad. 5) verrà presentata in anteprima nazionale la nuova Suzuki Inazuma 250

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iovedì 8 marzo alle ore 14.00 presso lo stand Suzuki avrà luogo la Conferenza Stampa, durante la quale verrà presentata in anteprima nazionale la nuova Suzuki Inazuma250. Allo stand sarà presente la gamma completa 2012, tra cui le supersportive con la nuova GSX-R1000, la VStrom 650 ABS, la Gladius e la GSR750 le naked di Suzuki, la Bandit 650, gli scooter Sixteen e Burgman e i tradizionali custom Intruder. Suzuki sarà anche presente nell’area esterna della fiera, con una pista a 46

disposizione dei visitatori che potranno non solo vedere, ma anche provare comodamente, numerosi modelli della gamma, perfezionando la loro scelta in un unico contesto. Suzuki Inazuma 250, come sarà Si chiama Inazuma – letteralmente “fulmine”, nome peraltro già usato in precedenza da Suzuki, per esempio sulla naked GSX750 - la simpatica bicilindrica che questa mattina ha debuttato al NEC di Birmingham (che chiuderà i battenti il prossimo 29 novembre), e che ovviamente si propone agli aspiranti biker come a chi medita il ritorno a una passione mai sopita, piuttosto che a chi desideri un mezzo leggero e generalmente poco impegnativo, che però non sia uno scooter. La cilindrata 250 in effetti è interessante per chi voglia scorrazzare facilmente senza troppe pretese, e questa Inazuma, vista appunto nell’ottica dell’utilizzo utilitario anche quotidiano, potrebbe esserlo a maggior ragione rispetto a proposte più sportive con carena e semimanubri. In Italia, peraltro, se

parliamo di analoghe proposte bicilindriche di questa cubatura, solo Hyosung ha in listino da tempo la peraltro piacevole Comet GT con motore a V, mentre Kymco vanta la Venox, altra interessante V2, ma più occhieggiante allo stile custom/cruiser. Per lo sviluppo della nuova Inazuma sono stati posti obiettivi importanti, quali un elevato livello qualitativo e prestazioni interessanti: per raggiungerli, l’R&D Suzuki ha ovviamente utilizzato le tecnologie e l’esperienza maturate nello sviluppo di motorizzazioni di grossa cilindrata. Il nuovo bicilindrico fronte marcia, che dalle foto sembrerebbe senz’altro un bialbero in testa, ha una cilindrata di 248 cc, e gode di un innovativo sistema di raffreddamento a liquido, che aiuta a produrre bassissimi livelli di emissioni, garantendo elevate performance e massima durata nel tempo. L’alimentazione è a iniezione elettronica, mentre il cambio è a 6 marce, rapportato in modo da sfruttare al meglio l’erogazione ai bassi e medi regimi. Da notare che il serbatoio tiene 13,3 litri, mentre il piano della sella è a 780 mm da terra. Quanto allo stile, alcuni spunti portano

senz’altro alla ben più poderosa B-King (musetto, e vagamente la coda) e alle GSR (più la 600 che la 750). Anche a livello di prezzo attendiamo ovviamente informazioni: in Inghilterra, dove la nuova Suzukina arriverà tra poco meno di un anno, si parla di una quotazione che la piazzerebbe tra la Honda CBR e la Kawasaki Ninja R. Poiché la conferma della importazione anche in Italia è arrivata fresca fresca, aspettiamo a breve termine qualche notizia riguardo a quando questa moto arriverà dai nostri concessionari. 47


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Video: BMW C600 Sport e C650GT Il concetto di mobilità urbana secondo BMW dopo aver preso forma nei due scooter Bmw C600 Sport e C650GT ora prende vita

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l concetto di mobilità urbana secondo BMW dopo aver preso forma nei due scooter Bmw C600 Sport e C650GT ora prende vita.

Yamaha YZF-R1 2012 in pista a Valencia Abbiamo messo alla frusta il controllo di trazione della supersportiva Yamaha per sfruttare al meglio il suo 4 cilindri a scoppi irregolari. Ora in pista ci si gode alla grande tutta la cavalleria

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l nostro tester Francesco Paolillo ha provato la Yamaha YZFR1 2012 in pista a Valencia ecco le sue impressioni tratte dalla prova (leggi tutto l’articolo). Parto con il traction control su “6”, quello che sulla carta dovrebbe impedire sin dal nascere qualsiasi perdita di aderenza e la mappatura Standard (la B è buona per il bagnato e la A per la guida “spettacolo”). E così è. Sotto la spinta poderosa del 4 cilindri Yamaha, il 190 posteriore fatica non poco a tenere a bada i 182 Cv erogati dal quattro cilindri di Iwata a 12.500 giri (la coppia massima è di 115,5 Nm), ed ecco che l’elettronica prende il sopravvento, e segnalando con il lampeggio di una spia sul

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cruscotto, riporta nei ranghi il pneumatico posteriore. La parte tortuosa del tracciato mette in evidenza una buona rapidità di inserimento, aiutata anche dal profilo del pneumatico anteriore, che però tende a scomporre l’assetto quando si rilascia la leva del freno nella parte iniziale della curva... 49


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Quanto siamo disposti a rischiare per seguire questo impulso della sfida? Io non ho mai combinato disastri, ma da ragazzino li ho sfiorati

di Nico Cereghini | Ormai è certo, è stata una folle sfida a buttare la Costa Concordia contro gli scogli del Giglio. Come in “Gioventù bruciata” con le auto: chi osa di più vince, o perde tutto. E noi? Tutto sotto controllo?

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iao a tutti! Questa notte ho sognato la Costa Concordia adagiata di fianco al Giglio: aiutavo il vicesindaco dell’isola a tirar su con le corde i passeggeri bloccati in fondo al ponte. Non so voi, ma personalmente sono stato molto colpito da questa terribile vicenda: la nave, il naufragio, la notte devono essere elementi che 50

sollecitano le nostre paure ancestrali. Pare proprio accertato che questo comandante non si sia accontentato di fare il cosiddetto “inchino” passando vicino all’isola, magari costeggiandola su una rotta tangente; ma che abbia proprio puntato il Giglio con l’intenzione di virare all’ultimo momento, un po’ più avanti di quanto avevano fatto altri colleghi nei mesi scorsi. Una vera sfida, tipo quella che faceva James Dean in “Gioventù bruciata”. Nel film i ragazzi dimostravano il loro coraggio lanciando l’auto a forte velocità verso lo strapiombo sul mare, per poi gettarsi fuori all’ultimo momento. Là le cose finivano male, ma almeno i temerari mettevano in gioco soltanto la loro, di pelle, e di auto; qui l’epilogo è stato disastroso, con la nave affollata, la virata tardiva e tante vittime

“La nave e la moto, quando la sfida finisce male”

ancora da contare. Le sfide. Quante ne ho viste e sentite. Ragazzi che in Spagna correvano di notte a fari spenti sull’autostrada, contromano; altri giovani, francesi mi pare, che attraversavano un incrocio trafficato, alla cieca e a forte velocità; so di adolescenti, motociclisti italiani, che tanti anni fa si correvano incontro sulla striscia bianca, e il primo che si scansava era un codardo. Dietro questo tipo di sfida al limite c’è, neanche tanto nascosta, la voglia di uccidersi; e qui entriamo in campi difficili. Ma certamente l’umanità, soprattutto quella di genere maschile, è stata sempre attratta dalla sfida. Che poi, se regolamentata, talvolta diventa sport. E noi? Quanto siamo disposti a rischiare per seguire questo impulso? Io non ho mai combinato disastri, ma da ragazzino li ho sfiorati: sfilavo le chiavi della macchina dalla borsa di mia sorella che dormiva ignara, e giravo la notte, tanti anni prima di prendere la patente; una volta ho fatto anche un testa coda, e a bordo c’era il mio fratellino più piccolo e le cinture non esistevano. La voglia di sfida era così forte che eravamo capaci di uscire all’una di notte senza farci sentire da nessuno. E nessuno ci ha mai sgamati, anche se mia sorella al mattino si domandava come mai la macchina non fosse dove ricordava di averla parcheggiata. Erano altri tempi, c’era poco traffico e la fortuna mi ha assistito molto. Anche con la moto, che da ragazzo credevo di saper guidare da dio e non era vero. Oggi me ne rendo conto e so di aver rischiato gratuitamente. Anche voi avete esagerato qualche volta e poi avete smesso? 51


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Massimo Clarke: la cinghia dentata compie 50 anni di Massimo Clarke | Nelle auto ha rivoluzionato la scena motoristica ed è stata determinante per l’affermazione definitiva delle distribuzioni mono e bialbero. In campo moto le cose sono andate diversamente…

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n principio fu l’auto Fino all’inizio degli anni Sessanta, se si escludono quelli da competizione, i motori automobilistici con uno o due alberi a camme in testa erano riservati quasi esclusivamente a pochi modelli molto sportivi o particolarmente raffinati sotto l’aspetto tecnico, realizzati da case come la Ferrari, l’Aston Martin e la Maserati (che venivano prodotti in numeri assai limitati). Ad essi si aggiungevano, nell’ambito della produzione di serie, le splendide realizzazioni della Jaguar e dell’Alfa Romeo, costruttori che per diverso tempo hanno mostrato chiaramente la direzione da prendere, con i loro eccellenti motori bialbero. C’erano stati in precedenza degli altri esempi, 52

ma sempre prodotti in numeri modesti e quindi senza alcuna pretesa di passare alla grande serie. Leggermente meglio era andata per i monoalbero; spicca in questo caso la Lancia, che aveva impiegato una distribuzione di questo tipo su diversi modelli, tra i quali l’Aprilia, capolavoro degli ultimi anni Trenta,e la piccola Ardea, ma poi era tornata alla più economica soluzione ad aste e bilancieri. Negli anni Cinquanta la Mercedes Benz era passata con decisione alle teste monoalbero con comando a catena duplex, ma le sue erano realizzazioni molto raffinate e piuttosto costose. Tra le piccole cilindrate solo la NSU aveva intrapreso con decisione questa strada (nel bicilindrico della Prinz l’albero a camme veniva azionato per mezzo di due biellette, ovvero con il sistema “Ultramax”, già impiegato con grande successo dalla casa tedesca in campo moto). Ciò che maggiormente ostacolava la diffusione delle distribuzioni con uno o due alberi a camme in testa era la difficoltà di realizzare un sistema di comando silenzioso, di costo contenuto e soprattutto affidabile e longevo. Tanto l’Alfa Romeo quanto la Jaguar avevano fatto ricorso a uno schema a doppio stadio, con due catene di lunghezza contenuta, che agevolava il superamento di due problemi piuttosto sentiti all’epoca: la difficoltà di realizzare tenditori veramente efficaci e affidabili e la mancanza di sistemi antisbattimento davvero all’altezza. Le catene di distribuzione erano (e sono tuttora) soggette infatti a oscillazioni che, nel caso di

rami di lunghezza considerevole, potevano risultare di entità decisamente cospicua. Un unico tenditore, per quanto efficace, non è sufficiente, quando la distribuzione è mono o bialbero, dato che agisce su di un solo ramo della catena (quello più importante, d’accordo, ma anche l’altro è soggetto a oscillazioni, data la rotazione non uniforme degli alberi a camme). L’Isar S 1004 Proprio cinquanta anni fa, nel 1962, è entrata in produzione una vettura che non ha lasciato una traccia profonda nella storia dell’auto ma alla quale va un grande merito, quello di essere stata la prima ad impiegare una cinghia dentata per il comando della distribuzione, mostrando così una strada di straordinaria importanza per l’evoluzione dei motori automobilistici. Si trattava della tedesca Isar S 1004 con motore a quattro cilindri di 993 cm3 progettato da Leonhard Ischinger. Nella testa era alloggiato un albero a camme che veniva comandato da una cinghia dentata in gomma sintetica nella quale erano annegati degli inserti resistenti realizzati con fili di acciaio; la parte interna era dentata e consentiva la trasmissione sincrona del moto dalla puleggia montata alla estremità dell’albero a gomiti a quella dell’albero a camme (dotata ovviamente di un numero doppio di denti). 53


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protettivo in tessuto di nylon. Esistono anche delle cinghie con dentatura su entrambi i lati. L’evoluzione della quale questi organi sono stati oggetto ha portato a un importante cambiamento della geometria dei denti, oggi arrotondati e non più a profilo trapezoidale, con conseguente miglioramento della durata e aumento della coppia trasmissibile (a parità di larghezza). Per impieghi gravosi vengono realizzate cinghie con inserti in fibra aramidica (Kevlar). Oggi nella maggior parte dei casi il corpo è in gomma nitrilica idrogenata, materiale dalle caratteristiche nettamente superiori rispetto al neoprene.

La comparsa delle cinghie dentate Le cinghie dentate hanno fatto la loro comparsa all’inizio degli anni Quaranta e hanno trovato le prime applicazioni, in campo industriale e sulle macchine per ufficio, verso la fine di tale decennio. Per la verità già nel 1956 un artigiano-preparatore americano, Bill Devin, aveva fatto ricorso al sistema a cinghia dentata per il comando della distribuzione bialbero in una vettura da competizione di piccola cilindrata dotata di motore a due cilindri contrapposti, ma la cosa non aveva avuto alcun risalto ed era finita lì. La Isar S 1004 è stata prodotta in oltre 24.000 esemplari ed ha dato origine a modelli come la 1204 e la Glas 1300 GT (prodotta dal 1964 al 1967). La validità del sistema adottato per il comando degli alberi a camme e gli ottimi risultati forniti da questi motori tedeschi hanno destato rapidamente l’interesse di altri costruttori. Nel 1966 hanno fatto la loro comparsa altre due vetture che impiegavano una cinghia dentata per il comando della distribuzione: la Pontiac Tempest con motore monoalbero a sei cilindri in linea di 3,8 litri e la Fiat 124 Sport Spider (subito seguita dalla 125), con motore 54

bialbero progettato dal grande Aurelio Lampredi. Nei due anni successivi le cinghie dentate sono state adottate dalle inglesi Vauxhall (per i motori del modello Victor) e Ford, per il quadricilindrico BDA, sviluppato dalla Cosworth. Oramai la strada era aperta definitivamente; per quanto riguarda il periodo immediatamente successivo, basta ricordare i motori della Fiat 128 (1969), delle Ford Taunus, Cortina e Pinto (1970), della Alfasud (1972) e via via dai vari modelli del gruppo Audi - Volkswagen (dal 1973). Oggi ben oltre il 60 % dei motori di fabbricazione europea utilizza le cinghie dentate per il comando della distribuzione. Com’è fatta Una cinghia dentata è tipicamente formata da un corpo in neoprene (nome diffusamente impiegato per indicare il policloroprene) nel quale sono annegati degli inserti resistenti inestensibili, costituiti da fibre di vetro avvolte (l’acciaio è stato rapidamente abbandonato) a formare delle vere e proprie funicelle dette cords. Sul lato di lavoro vi sono dei denti, destinati ad impegnarsi nelle pulegge e a trasmettere il moto, sui quali è applicato uno strato

Vantaggi I punti di forza delle cinghie dentate sono costituiti, tanto per cominciare dalla economicità e dalla semplicità di installazione. Costano meno delle catene e il sistema di tensionamento e di guida è più semplice. Non vi è alcuna esigenza di lubrificazione (queste cinghie devono lavorare a secco!). Molto apprezzata è la grande silenziosità di funzionamento. Il rendimento è molto elevato e si pone all’incirca a livello di quello delle catene. Il dorso della cinghia (cioè il lato opposto a quello dentato) può essere impiegato per azionare dispositivi come la pompa dell’acqua. 55


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Il rovescio della medaglia è costituito dalla durata, notevolmente inferiore a quella delle catene, con conseguente necessità di sostituzione periodica

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leggermente inferiore (il massimo, in questo senso, sono gli ingranaggi). Le prime cighie sulle moto Sulle moto le cinghie dentate sono arrivate più tardi e hanno avuto una diffusione di gran lunga minore. Nel 1971 la Ducati 500 bicilindrica da GP sviluppata da Renato Armaroli a livello di teste e di distribuzione utilizzava una di esse per comandare i quattro alberi a camme (due per ogni cilindro). Alla fine dello stesso anno è stata presentata la Morini 3 1/2, che sarebbe entrata in produzione quasi due anni dopo; si trattava della prima moto di serie con distribuzione (ad aste e bilancieri, in questo caso) comandata da una cinghia dentata. Nel 1975 è stata la volta della Honda, con il quadricilindrico boxer della Gold Wing 1000, di chiara ispirazione automobilistica. Due anni dopo la Ducati ha presentato la bicilindrica Pantah, con distribuzione monoalbero desmodromica comandata mediante due cinghie dentate (una per ogni cilindro). Era l’inizio di una nuova era per la casa bolognese: i diretti discendenti di quel motore, incredibilmente sviluppati nel corso degli anni, sono tuttora in produzione. Negli anni Ottanta hanno adottato la cinghia dentata per il comando della distribuzione i monocilindrici Rotax (500 e 350 monoalbero raffreddato ad aria) e Gilera (Dakota, evolutosi poi per equipaggiare moto come la RC 600 e la NordWest…).

Nella seconda metà del decennio è cominciata la gloriosa storia delle Ducati bicilindriche con raffreddamento ad acqua e teste bialbero a quattro valvole. Anche in questo caso la distribuzione era comandata da due cinghie dentate. Dalla 851 alla1198 è stato un susseguirsi di successi, tanto a livello di serie quanto nel campionato mondiale Superbike. Va comunque segnalato che per il suo nuovo motore “Superquadro” 1199 la casa bolognese ha adottato un comando a catena. Negli anni Novanta spiccano tre moto con alberi a camme azionati mediante cinghie: la straordinaria Britten bicilindrica da competizione, la Honda ST 1100 (V4, con raffreddamento ad acqua) e la Guzzi Daytona 1000. Decisamente poche, in confronto a quelle con comando a catena… Perché sono così poco diffuse nelle moto? La scarsa diffusione delle cinghie dentate in campo motociclistico ha più di una spiegazione. Tanto per cominciare, questi organi hanno una larghezza notevolmente maggiore rispetto alle catene e, in un settore nel quale la ricerca della massima compattezza è spesso fondamentale, si tratta di uno svantaggio considerevole. Pure l’estetica spesso non è piacevole come quella che si può ottenere con un praticamente “invisibile” comando a catena (si tratta di una voce che ha il suo peso in particolare per i motori raffreddati ad aria e destinati alle naked e/o alle custom). Inoltre, le cinghie non

Svantaggi Il rovescio della medaglia è costituito dalla durata, notevolmente inferiore a quella delle catene, con conseguente necessità di sostituzione periodica (la vita utile varia a seconda dei casi, ma difficilmente supera i 120.000 km). In questo campo comunque di recente sono stati compiuti notevoli passi in avanti. All’atto della installazione, alla cinghia deve essere impartita la corretta tensione, cosa che talvolta può creare delle difficoltà ai meccanici che operano al di fuori della rete ufficiale (le prescrizioni variano da casa a casa). L’ingombro assiale delle cinghie (cioè la larghezza) è notevolmente superiore a quella delle catene e la precisione di comando

devono lavorare a temperature elevate, e anche ciò può costituire un problema, in campo moto. Infine, c’è da tenere presente che nel caso dei motori mono e bicilindrici la rotazione degli alberi a camme è molto irregolare. Se si aggiungono le leggi delle alzate molto aggressive e gli alti regimi di rotazione, oltre al tipo di impiego al quale spesso le moto sono adibite (guida sportiva, fuoristrada, etc…), è evidente che la durata delle cinghie non può essere analoga a quella che si raggiunge in campo automobilistico. Dunque, occorre sostituirle con una notevole frequenza, e anche questo costituisce un punto a sfavore. 57


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da Automoto.it | Il pacchetto di liberalizzazioni allo studio del Governo Monti prevede anche la possibilità di dotare la propria auto con una scatola nera, che permetterebbe di contenere i costi per la polizza assicurativa

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l Decreto sulle liberalizzazioni al vaglio del Consiglio dei Ministri prevede la possibilità di introdurre la scatola nera a bordo delle autovetture, che favorirebbe una riduzione delle tariffe delle assicurazioni e potrebbe dare anche un sensibile contributo alla sicurezza stradale. Meno incidenti sulle strade si traducono immediatamente in una riduzione dei costi sociali, tanto che secondo i dati Aci più recenti i sinistri costano alla collettività più di 28 miliardi di euro ogni anno, di cui 2,15 miliardi stanziati per inabilità temporanea e 3,1 miliardi per inabilità permanente. La scatola nera è un’applicazione elettronica, dotata di tecnologia per il rilevamento satellitare, che ha tutte le carte in regola per migliorare sensibilmente il comportamento degli automobilisti, tanto che potrebbe diventare un forte deterrente nei confronti di chi adotta uno stile di guida pericoloso, senza per questo incidere sulla privacy del singolo. Il progetto di una scatola nera applicabile alle auto (che riprende 58

concettualmente il principio del data recorder presente sugli aerei e adottato su molti altri mezzi di trasporto) rappresenta anche una tappa importante in direzione del sistema eCall per la chiamata automatica di emergenza al 112, previsto dall’Unione Europea, che ne ha prescritto l’adozione obbligatoria su tutte le auto a partire dal 2015. La funzionalità di eCall, che mira a fornire assistenza immediata in caso d’incidente tramite la localizzazione satellitare, potrebbe facilmente essere integrata in un apparato più complesso, comprendente la scatola nera e altre funzioni di interfaccia tra veicolo e infrastrutture. L’apparato indicato nel Decreto sulle Liberalizzazioni nasce da una sperimentazione avviata dall’Isvap nel 2007 con la Check Box della OCTOTelematic, un registratore di dati che rileva diversi parametri - come velocità, regime di rotazione del motore, marcia inserita e accelerazione laterale - e che registra specifici segnali, come una forte decelerazione o l’attivazione degli airbag.

La scatola nera conserva i dati relativi ai 40 secondi precedenti ad un eventuale incidente e i 10 secondi successivi, in modo da permette un’analisi dettagliata di quanto è avvenuto durante il sinistro. Altri dispositivi, come quello di Viasat, allargano il tempo di registrazione a 70 secondi prima e 70 secondi dopo l’impatto e il dispositivo mantiene in memoria, attraverso la localizzazione mediante Gps, la posizione in cui questo è avvenuto. Se poi il dispositivo è dotato anche di funzione Gsm/Grps, cioé incorpora una sim telefonica, tutti i dati e l’eventuale allarme vengono inviati alla centrale di gestione del servizio, che li registra e li gestisce. Domenico Petrone, Presidente e CEO di Viasat, uno dei maggiori player del settore ha dichiarato: «La telematica satellitare oltre all’originaria funzione di antifurto permette già oggi di contenere i costi per le compagnie assicurative grazie alla riduzione delle frodi sui sinistri, ma anche grazie al miglioramento dei processi di gestione e di creare nuovi prodotti

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Risparmiare sull’assicurazione grazie alla scatola nera

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personalizzati e più convenienti per i clienti.» Petrone ha poi aggiunto: « È il caso delle polizze pay per use (premio in base ai chilometri percorsi) o delle più evolute polizze pay as you drive con il premio costruito in base al profilo specifico del cliente e determinato non solo dai chilometri percorsi, ma anche dalle tipologie di strade percorse (urbane, extraurbane, autostrade), dagli orari di percorrenza (notte, giorno, feriali o festivi), dalle ore

consecutive di guida, dalla pericolosità delle strade, dallo stile di guida (più o meno rischioso) ed altri parametri ulteriori, come l’impatto del traffico sull’inquinamento ambientale.» Il mercato della telematica satellitare è in piena evoluzione e crescita, con previsioni di incrementi annuali a doppia cifra ed un valore mondiale previsto entro il 2016 di oltre 70 miliardi di euro, in cui le aziende italiane giocano un ruolo di assoluto rilievo. 59


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In moto in salute: Le lesioni muscolari Il dott. Lorenzo Boldrini, motociclista e Medico dello Sport presso il Centro di Riabilitazione per lo Sport Isokinetic, ci parla delle lesioni muscolari

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lesioni anatomiche (non c’è quindi lesione delle fibre muscolari). Stiramento: è di norma la conseguenza di un episodio doloroso acuto, insorto durante l’attività sportiva e ben localizzato, per cui il soggetto deve interrompere l’attività. Si verifica in questi casi un allungamento eccessivo delle fibre del muscolo senza tuttavia portare a rottura delle stesse (si possono avere delle alterazioni locali ma non c’è una lesione anatomica). Strappo: si manifesta con una fitta acuta di dolore (sensazione di “sassata”, “crampo violento”….) che compare in un momento preciso durante l’attività sportiva dovuto alla rottura di un numero variabile di fibre muscolari (c’è lesione muscolare). Lo strappo muscolare quindi è sempre accompagnato da un sanguinamento interno (stravaso ematico), più o meno evidente a seconda dell’entità e della localizzazione della lesione. Grazie all’esame ecografico la diagnosi-classificazione può essere dettagliata, in base al danno anatomico, in strappi con lesioni di 1°-2°-3° grado per il coinvolgimento da una piccola quota di fibre muscolari fino alla rottura completa del muscolo stesso.

I diversi tipi di traumi Per prima cosa sarà bene fare chiarezza sulla terminologia e sulla classificazione, poiché in questo ambito si sente davvero di tutto di più. La classificazione da noi utilizzata distingue i traumi muscolari che originano da un meccanismo indiretto in: Contrattura: indurimento muscolare che si manifesta con dolore mal localizzato che insorge quasi sempre dopo l’attività sportiva (qualche ora o anche il giorno dopo) ed è dovuto ad uno stato di affaticamento del muscolo, in assenza di

Cosa fare Sia in caso di stiramento che in caso di strappo muscolare (la diagnosi differenziale tra i due in acuto è a volte difficile) è bene porre subito a riposo il distretto interessato e mettere ghiaccio. Il freddo, in specie in caso di lesione e conseguente sanguinamento, arresta l’emorragia e se applicato subito può accelerare notevolmente i tempi di recupero e limitare le complicanze. Un’altra cosa utile è la compressione locale che può essere fatta nell’immediato con un bendaggio specifico (eseguito da mani esperte, bendaggi mal eseguiti o eccessivamente costrittivi potrebbero creare un ostacolo alla circolazione e complicazioni ulteriori). In caso di trauma degli arti inferiori le stampelle almeno per i primi giorni possono essere inoltre una buona scelta . Questi trattamenti devono essere eseguiti per le prime 24-48 ore dopo il trauma rimanendo quindi a riposo in attesa di una diagnosi più precisa. Questa può essere fatta, oltre che con la valutazione clinica, soprattutto come già accennato con un‘ecografia che è maggiormente attendibile

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ari Motociclisti, dopo aver parlato in un precedente articolo dei traumi muscolari da contusione diretta (trauma da compressione o schiacciamento), ci occuperemo oggi delle lesioni che derivano da trauma indiretto, ovvero da allungamento eccessivo/alterata tensione delle fibre muscolari. Sono questi di norma gli infortuni più lenti a guarire e nei quali la diagnosi ed il trattamento corretto precoce possono fare la differenza in termini di qualità della guarigione e riduzione del rischio di recidiva.

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se svolta 2-3 giorni dopo il trauma. In tutti quei casi in cui si volesse indagare meglio la lesione, la risonanza magnetica nucleare è in grado di fornire utili indicazioni con maggiore precisione. E’ bene in ogni caso evitare di sottoporsi a trattamenti con calore e massaggi in questa fase perché potrebbero aggravare la lesione e complicare notevolmente la guarigione. Calore e massaggio sono invece il trattamento indicato per le contratture muscolari per cui è bene avere una diagnosi corretta prima di effettuare la terapia e nel dubbio sottoporsi ad un esame ecografico. I tempi di recupero I tempi di recupero dipendono chiaramente dalla severità del trauma. Mentre la contrattura si risolve in genere in pochi giorni, in caso di stiramento il recupero è tendenzialmente più veloce rispetto allo strappo, poiché non c’è una vera lesione delle fibre muscolari. Se è stato rispettato il riposo nei primi giorni e se è stato svolto in seguito un programma di recupero della flessibilità e forza muscolare graduale è possibile tornare alla piena funzionalità già 2 settimane dopo il trauma. In caso di strappo le cose sono un

po’ più complesse. La lesione seppur piccola deve guarire e questo richiede un tempo biologico minimo di 3-4 settimane. A questo si deve affiancare un percorso di recupero riabilitativo che porti alla risoluzione del gonfiore, al recupero della mobilità articolare e della flessibilità muscolare e progressivamente al recupero della forza prima di poter riprendere a fare tutto come prima. In particolare il muscolo dovrà essere in grado di fare sforzi in accorciamento (concentrica) ed allungamento (eccentrica) ed eseguire i gesti sportivi richiesti senza dolori o fastidi. Anche un piccolo fastidio residuo può essere il campanello di allarme di un rischio di recidiva (cioè di procurarsi una nuova lesione) per cui è bene recuperare completamente prima di considerarsi guariti. La percentuale di recidiva è quella che fa infatti la differenza tra una guarigione ben avvenuta e una no. In generale è possibile stimare i tempi di recupero in 4-6 settimane per una lesione muscolare di 1° grado, 6-8 settimane per lesioni di 2° e oltre 2 mesi per le lesioni di 3° grado anche se questo dipende dal muscolo interessato (alcuni gruppi muscolari permettono tempi di recupero più veloci) e dai trattamenti eseguiti in particolare nelle prime ore e nei giorni immediatamente successivi al trauma. 61


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Come ti restauro l’Honda Africa Twin 650 di Andrea Perfetti | Tanti tra di noi sognano di acquistare con poca spesa una bella moto degli anni ’90 per poi rimetterla in sesto. Vi mostriamo un lavoro eseguito a regola d’arte. E vi diciamo quanto costa. Ne vale la pena? Dipende

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odernariato a due ruote Sono il sogno (poco proibito) di molti motociclisti. Parliamo delle tante motociclette degli anni ’90 che ancora oggi girano come orologi svizzeri sulle nostre strade. Sono mezzi per nulla obsoleti, che inquinano poco (parliamo di motori a 4 tempi, per quanto Euro 0) e hanno costi di gestione davvero ridotti. Quasi tutte hanno i freni a disco, motori brillanti e ciclistiche che fanno divertire quasi come le moto di oggi. Soprattutto hanno un 62

prezzo di acquisto che le rende più economiche di un moderno cinquantino. E’ questo il caso dell’Honda Africa Twin 650 oggetto del profondo restauro realizzato dall’officina milanese Onlybike. Ma il discorso può essere esteso anche alla moto stradali prodotte tra l’85 e la metà degli anni ’90. Si acquistano, perfettamente funzionanti, con poco e si fantastica poi su come riportarle agli antichi splendori. Ma tra il dire e il fare c’è spesso di mezzo un grande lavoro (e una grande spesa), che in pochi riescono a quantificare: ecco perché vi mostriamo il work in progress svolto su questa Honda, corredato dalle foto e dal video degli interventi. Ne vale la pena? Dipende da quanto amate la vostra moto, ma anche dalla fama del modello. Un’Africa Twin 650 merita senz’altro le cure che le sono state dedicate in questo servizio. Scovata nelle Marche nel 2009 con soli 28.000 km a 1.400 euro La maxi enduro giapponese, una delle ultime Honda realizzate dal prestigioso reparto HRC della Honda, è stata scovata dall’attuale

proprietario, Enrico Lulli, nelle Marche. Era il 2009, la moto aveva percorso solo 28.000 km e venne acquistata per la modica cifra di 1.400 euro. Ma non si può certo dire che fosse in buone condizioni. Tenuta spesso all’aperto in una località di mare, era segnata dal tempo. Ma almeno era tutta originale. Nei due anni successivi Enrico ha girato mezza Europa in sella all’Africona, che oggi ha 41.000 km. Nel 2010 ha raggiunto l’Isola di Man, totalizzando la bellezza di 6.000 km in soli 12 giorni. Certo, non è l’unica moto del proprietario, che possiede anche una fiammante Honda CBR 1000 RR. Ma l’Africa Twin 650 è ancora oggi quella che lo diverte di più su strada. Alla faccia dei 20 anni sul groppone e dei 60 cavalli scarsi del motore. L’Africa Twin torna nuova Nel 2011 Enrico decide di restaurare la moto. Non un semplice restyling estetico, ma un profondo lavoro che coinvolge ogni singolo componente della Honda. Per farlo si rivolge a una tra le officine 63


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più esperte in materia di Africa Twin. L’endurona viene spogliata, messa a nudo sul banco. Dadi, gommini, boccole, bulloni, cuscinetti, cavi e anelli di tenuta: non si lascia nulla al caso, ogni singolo componente viene rimesso a nuovo per offrire la funzionalità di quando la moto era fresca di concessionario. I cerchi anodizzati sono nuovi (da soli costano oltre 400 euro), il telaio è stato sabbiato e verniciato (per una spesa di circa 700 euro). Nuovi di pacca sono anche lo scarico, la copertura della sella e la frizione. A questo punto del nostro racconto vi starete chiedendo quanto è costata

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l’operazione. Bene, le ore di lavoro sono state oltre 30, e da sole valgono oltre 1.200 euro. A queste vanno aggiunti tutti i ricambi originali Honda, che riempiono due fogli di descrizione dei lavori, e valgono altri 2.300 euro. Il restauro a regola d’arte della bella Africa Twin è costato circa 3.500 euro. Non ci resta che domandare a Enrico se utilizzerà ancora la sua bella vecchietta ogni giorno. “La userò ogni tanto, perché le moto come le auto si rovinano di più a stare ferme. Ma ora è così bella che non farò più di 2 o 3.000 km all’anno”. 65


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I racconti di Moto.it: “Dottor Mastino” di Antonio Privitera | Non voglio uscire fuori di qui, dal motorhome. Voglio farmi attendere ancora e rimanere sdraiato sul letto a scrivere...

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amma, non c’è una spiegazione per tutto. Ma una motivazione sì. Non voglio uscire fuori di qui, dal motorhome. Voglio farmi attendere ancora e rimanere sdraiato sul letto a scrivere. A me piace ancora scrivere a mano, perché la parola esiste e i pensieri diventano terzi rispetto a me stesso solo quando li vedo neri su un mare bianco. I nei della coscienza prendono forma, si metastatizzano e assumono forma di lemma, si aggregano e diventano un concetto, si legano tra di loro e diventano emozione e dolore, a volte anche inutile spreco di speculazione. Com’è rassicurante strofinarsi le mani quando c’è freddo. Oggi, saranno dieci gradi. Quando vai in moto dieci gradi sembrano meno 20 se non sei coperto bene e vai forte. Scrivo cose inconcepibili e amare, vero mamma? Amare. Come fai a definirle amare. Io credo che ognuno abbia il diritto di pensare le cose meno belle e farci i conti come vuole. Dottor Mastino sono io, mamma. Sono io quello che per sfogarsi dallo stress di questa ipocrita vita di privazioni scrive lettere sotto questo pseudonimo: missive anonime, 66

rabbiose nel loro violento livore, spedite via posta ogni mese ad un giornale motociclistico diverso, in una nazione diversa ogni volta. Sono irriconoscibile, potrei essere qualunque pilota delle tre classi di questo mondiale velocità prototipi, o magari potrei essere un giornalista in cerca di fama che poi d’improvviso svelerà la propria identità per raccogliere onori. E tutte le polemiche del caso, ovviamente. Tranquilla, non ho nessunissima intenzione di rivelare che sono io a scrivere, comunque. Te li immagini gli sponsor? Quelli mi fanno causa e allora dovrò dire a papà che la villa con parco e campo da golf che gli ho appena regalato va a finire all’asta giudiziaria… no, mamma, meglio restare anonimi e sfogarsi senza mettere in dubbio la crociera sul mediterraneo che fai ogni estate con la barca da 24 metri che ti ho comprato. Perché tu e papà non venite più alle mie gare, mamma? Vi limitate ad amministrare i proventi della mia attività di pilota pluricampione del mondo, ne traete benefici tanto da avere venduto anni fa la pizzeria in riva al mare: era stata il vostro sostentamento per tutti gli anni del

matrimonio prima del mio primo titolo mondiale, ma era anche l’attività che mi ha concesso di iniziare a correre quando avevo dieci anni. Io non ci volevo salire sulla moto, mi piaceva di più passeggiare per i parchi e fermarmi a vedere le formiche, le api e i fiori ma papà mi trascinava via per portarmi ogni domenica su un kartodromo a vedere girare i miei coetanei con le minimoto. Tu e lui vi scioglievate in adorazione per quei bimbetti che scimmiottavano, nella spocchia e nella presunzione indotta loro da genitori insolenti, i grandi piloti del momento, e io ne ero gelosissimo. Ora sono campione del mondo, ne ho vinti sei, penso che possiate degnarvi di venire a vedere le mie gare anche quando le mie vittorie sono scontate o, a maggior ragione, quando non parto per vincere. Sono arrivato a fine carriera, ma non lo sa nessuno. Nessuno si accorge che i miei tempi sul giro sono ottenuti sempre con maggiore fatica; va bene, lo sappiamo tutti che oggi sono in pole. Ma non è questo che fa di me un pilota all’apice. Oggi sono in pole. E domani? Domani sarò obbligato a correre per contratto. Io un altro anno qui non lo voglio

fare, voglio tornare a casa. Voglio alzarmi la mattina sempre nello stesso letto, ingrassare un po’, non avere obblighi nei confronti degli sponsor, non sorridere sempre e comunque. Non ho più autonomia, i mei contratti decidono quello che devo dire, le cose che devo fare, i saluti che devo mandare a fine intervista, la marca delle mie scarpe, la nazionalità della mia fidanzata, mi è stato pure chiesto di schierarmi politicamente –“ lei capisce, signor Lamberti, in questo delicatissimo passaggio politico una sua presa di posizione potrebbe spostare milioni di voti e dare al Paese stabilità”-. Ho accettato perché non so più dire di no, ho

disimparato. Mamma, per questa ragione ti ho visto piangere, mentre papà ha dovuto giustificarsi con gli amici… ho creato un casino a casa. Ora ho anche paura ad uscire qui fuori, credo che ci siano almeno cento persone che mi aspettano per saluti o solo per vedermi e farsi vedere con me. Magari uno di questi è un invasato politico e mi lancia una scarpa, un uovo, una riproduzione in scala uno a cento della Basilica di Superga o qualcosa di più pesante. Eppure non posso ancora ritirarmi, ho troppe pendenze e troppi vincoli. Non sono mai stato come uno di quei piloti che hanno sempre reputato le moto solo degli strumenti di

lavoro o al più attrezzi ginnici. Mi piace correre, mi piace la sfida con gli avversari ma non mi piace più rinunciare a essere me stesso. Ho ventisette anni, sono stanco. Corro da sedici anni e dopo sei titoli mondiali penso di avere il diritto di dire che in moto c’è freddo quando ci corri in Inghilterra, e io il freddo non lo sopporto. Penso di avere il diritto di dire che queste moto fanno troppo rumore e i tappi non servono a nulla, credo sia un diritto acquisito il fatto di poter dichiarare che vivere otto mesi all’anno in questo motorhome mi fa sembrare il carcere un’esperienza tutto sommato umana, penso di… Continua su Moto.it 67


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FMI: la lista delle moto di particolare interesse storico e collezionistico 2012 FMI ha reso nota la lista delle moto di interesse storico e collezionistico 2012. Se la vostra moto è nella lista non pagherete il bollo ma solo la tassa di circolazione, di importo ridotto

C

ome noto, si tratta di un adempimento periodico annuale, cui la FMI è tenuta secondo l’articolo 63 della Legge 342/2000. La presenza di uno specifico modello, rispettando comunque anche il relativo anno di produzione, 68

consente di evitare la Tassa di Possesso, con il solo obbligo di pagare la Tassa di Circolazione, di importo ridotto, se si utilizza la motocicletta anche per un solo giorno nell’anno considerato. L’importo forfettario base, pari a euro 10,33, può essere modificato su decisione delle singole Amministrazioni Regionali. L’elenco completo delle informazioni relative agli importi è pubblicato nel sito internet federale, nella sezione Moto d’Epoca. Scarica la lista FMI delle moto di interesse storico 2012 (PDF) 69


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Perché Stoner si confermerà campione... e perché no! di Giovanni Zamagni | Casey Stoner campione del mondo e pilota da battere: può aprire un ciclo come ha fatto Valentino Rossi dal 2001 al 2009, quando il fenomeno di Tavullia ha conquistato sette titoli in nove stagioni?

C

oraggio, manca poco: ancora una settimana e, finalmente, le MotoGP torneranno in pista. Si ripartirà con Casey Stoner campione del mondo e pilota da battere: può aprire un ciclo come ha fatto Valentino Rossi dal 2001 al 2009, quando il fenomeno di Tavullia ha conquistato sette titoli in nove stagioni? Proviamo a fare qualche considerazione, con l’aiuto dei numeri. CE LA PUO’ FARE PERCHE’ 1) Tra i piloti che sono riusciti a battere Valentino Rossi in tutta la sua carriera – in ordine cronologico: Haruchika Aoki (1996 in 125), Loris Capirossi (1998 in 250), Kenny Roberts (2000 in 500), Nicky Hayden (2006 in MotoGP), Casey Stoner (1997 e 2011 in MotoGP), Jorge Lorenzo (2010 in MotoGP) – Stoner è nettamente il più forte, quello dotato di maggiore talento e capacità. Insomma, se c’è un pilota che può aprire nuovamente un ciclo è proprio Stoner. 2) Nel 2011 la Honda era 70

nettamente la migliore moto in pista e la logica dice che rimarrà tale anche quest’anno, nonostante il cambio regolamentare da 800 a 1000 cc. 3) Nell’era della 800, Stoner è il pilota che ha vinto più di tutti: due titoli mondiali (come Rossi), 33 GP (contro i 21 successi di Valentino Rossi, i 17 di Jorge Lorenzo, che però corre in MotoGP da un anno in meno rispetto a Stoner, i 13 di Dani Pedrosa), 58 podi (48 per Rossi e Pedrosa, 44 per Lorenzo). Per completare il quadro, si possono aggiungere 34 pole position e 27 giri veloci in gara. Insomma, numeri impressionanti, da grande campione. 4) Gli avversari sono forti, fortissimi, ma tutti hanno dei limiti: Jorge Lorenzo, dopo aver dominato nel 2010, non è stato altrettanto efficace nella passata stagione e il suo rendimento potrebbe essere condizionato dalla (minore) competitività della Yamaha; Dani Pedrosa è un ottimo pilota ma, per il momento, per un motivo o per l’altro non ha raccolto granché; Valentino Rossi è fortissimo e

ha già mostrato di saper battere Stoner, ma a oggi è difficile ipotizzare che nel 2012 potrà infastidire l’australiano. 5) Il titolo conquistato nel 2011 potrebbe aver dato a Stoner ulteriore sicurezza e tranquillità psicologica. NON CE LA PUO’ FARE PERCHE’ 1) Chi lo conosce bene, è sicuro nell’affermare che Stoner non correrà ancora a lungo: al massimo due o tre anni. 2) La nascita del figlio (a febbraio) potrebbe destabilizzarlo: difficilmente la moglie Adriana lo potrà seguire ai GP come ha fatto fino a oggi e questo potrebbe rappresentare un grande problema per un ragazzo che nel paddock non parla praticamente con nessuno. 3) Una sconfitta inaspettata – come quella, tanto per intenderci, subita da Rossi nel 2008 a Laguna Seca – potrebbe mandarlo in confusione e portarlo a esagerare. In sintesi: Casey Stoner ha tutte le possibilità per poter aprire un nuovo ciclo nella MotoGP. 71


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La nuova Ducati GP12 di Valentino Rossi di Maurizio Tanca | Da Sepang arrivano le prime foto di quella che dovrebbe essere la Ducati GP12 “definitiva”. Molto evidente la parte posteriore del telaio a doppio trave di alluminio, che appare abbondantemente modificato

Rossi: “Stoner è cattivo con me perché...” di Giovanni Zamagni | Valentino Rossi racconta del suo rapporto con Stoner, della sua ultima stagione, un anno difficile, e spiega come nel 2012 non è impossibile che con la Ducati faccia vedere grandi cose

I

n un’intervista rilasciata durante il Wrooom 2012 a Griglia di partenza, Valentino Rossi racconta del suo rapporto con Stoner e di come secondo lui non abbia ancora superato lo smacco di Laguna Seca nel 2008. Parla poi anche della sua ultima stagione, un anno difficile e spiega come nel 2012 non è impossibile che con la Ducati faccia vedere grandi cose. 72

Q

uella che vedete dovrebbe essere una delle Ducati GP12 che Rossi e Hayden si apprestano a provare in Malesia, su quel peraltro magnifico circuito di Sepang che tuttavia probabilmente sarà inviso a tutti noi per essere stato il tristissimo teatro della morte di Marco Simoncelli, il 23 ottobre scorso. Utilizziamo il condizionale, parlando di questa moto, perché naturalmente in Ducati i lavori fervono costantemente: tuttavia la conformazione del telaio bitrave in alluminio di questa moto appare parecchio modificata rispetto alla GP0 vista in precedenza: osservando le foto delle due moto, le differenze dimensionali tra le due strutture sono infatti evidentissime già nella sezione del telaio visibile, dove la struttura visibile della moto attuale è evidentemente maggiorata e differentemente sagomata che in precedenza. Il che potrebbe anche far supporre che il motore stesso non sia esattamente identico a prima: sarà più stretta la V tra i cilindri? Mah! Ma anche il serbatoio appare cambiato: sembrerebbe più alto e anche più lungo, e mostra due incavi nella zona anteriore che prima non c’erano. La carenatura stessa appare differentemente sagomata, in particolare nella curvatura anteriore che segue la ruota

terminando in basso con uno “sperone” meno accentuato, mentre le feritoie laterali di sfogo del calore parrebbero immutate, anche se la valutazione visiva è fatta con “beneficio d’inventario”, tra una carena tutta nera ed una verniciata. Chiaramente tutti seguiremo con interesse questi importantissimi test Malesi, in particolare proprio per conoscere meglio la nuova Ducati, e soprattutto per verificarne, come speriamo, la sua effettiva potenzialità, sia rispetto alla precedente che, soprattutto, rispetto alle temibilissime Honda e Yamaha. 73


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Ducati GP12: 250 cavalli lanciati a 360 km/h I primi particolari sulla nuova Ducati GP12 trapelano dal team satellite Cardion AB Motoracing. 155 chili, 250 cavalli, e una velocità massima di 360 km/h. Questi i numeri dell’ultima nata di Borgo Panigale

L

’esterno è stato leggermente modificato, ma il design è ancora basato sulla combinazione del blu e del bianco. Le ali presenti sulle carene nel 2011, montate per aumentare la pressione sulla ruota anteriore, quest’anno scompariranno. Per le sospensioni il fornitore sarà ancora Öhlins, mentre per i freni Brembo. Il modello di quest’anno sfoggia un telaio Deltabox in 74

alluminio, sostituto del telaio in carbonio del 2011. Il capo meccanico del team Cardion AB Motoracing, Marco Grana, di ritorno da due settimane trascorse nello stabilimento di Bologna con gli altri colleghi, ha spiegato: “A prima vista la moto potrebbe sembrare simile al modello dello scorso anno, ma sotto la carena vi sono una serie di cambiamenti significativi”. Anche considerando l’aumento di cilindrata (da 800cc a 999cc), quello che stupisce di più sono le caratteristiche del motore. La GP11 pesava 150 kg per una potenza di 235 cavalli che la spingevano ad una velocità massima di 340 km/h e da 0 a 100 km/h in 2’’7. La GP12 pesa solo 5 kg in più e monta un motore di 15 cavalli più potente. Raggiunge una velocità massima di 360 km/h e un’accelerazione 0-100 in 2’’6. Karel Abraham ha già avuto modo di testare la nuova moto subito dopo

l’ultimo appuntamento della stagione 2011 disputato a Valencia. “Ho provato il nuovo prototipo durante i test post-stagionali, anche se il vero banco di prova sarà Sepang alla fine di gennaio. Dobbiamo arrivare preparati per quell’occasione perché vogliamo provare parecchie cose. Ci sarà da lavorare sodo sul set-up della moto perché la stagione MotoGP™ 2012 prenderà il via l’8 aprile in Qatar”. Stando alla entry-list provvisoria per il Campionato del Mondo MotoGP 2012, il pilota del Cardion AB Motoracing dovrà vedersela contro 11 moto ufficiali e 9 CRT. Tra i diversi rookies che si uniranno alla classe regina, figurano molti vecchi amici di Abraham provenienti dalla Moto2™, tra cui l’attuale Campione del Mondo della categoria intermedia Stefan

Bradl. “Grazie all’aumento del numero di piloti presente in griglia, la classe MotoGP diverrà sicuramente più spettacolare sia per noi che per gli spettatori. Sono molto contento all’idea di dover correre contro i miei vecchi avversari ed amici, ma cercherò comunque di concentrarmi sul mio obiettivo, ovvero rimanere nelle parti alte della classifica il più possibile”, ha concluso Abraham. 75


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Vi raccontiamo la festa di compleanno di Sic di Giovanni Zamagni | Si è riso e si è pianto molto in un continuo alternarsi di sentimenti: la festa organizzata venerdì sera in onore di Marco Simoncelli ha colpito al cuore le 5.000 persone

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i è riso e si è pianto molto in un continuo alternarsi di sentimenti: la festa organizzata venerdì sera in onore di Marco Simoncelli ha colpito al cuore le 5.000 persone che hanno riempito il palazzetto di Rimini. Oltre due ore di spettacolo, condotto da Sergio Sgrilli, con i migliori comici italiani che hanno voluto celebrare nel migliore dei modi quello che sarebbe stato il 25esimo compleanno di 76

Marco Simoncelli, ricordato con inediti e toccanti filmati, proiettati sui mega schermi del palazzetto. Così, come succede ormai da quel terribile 23 ottobre, chi conosceva il Sic – ma anche chi lo seguiva e ammirava attraverso televisioni e giornali – ha trascorso una serata accompagnato dal bellissimo sorriso e dalla solarità di Marco, ma anche con il magone per un ragazzo, un amico che purtroppo non c’è più. “Sicuramente Marco si è divertito molto” ha quasi sussurrato dal palco mamma Rossella in chiusura di serata, mentre la gente sorrideva e piangeva, si abbracciava e si stringeva, solidale con la famiglia Simoncelli, ammirevole e addirittura contagiosa nella dignità con la quale affronta il dolore. Una festa che ha anche ufficialmente celebrato la nascita della “Fondazione MarcoSimoncelli”, il cui obiettivo è quello di aiutare i bambini che soffrono.

Rossi di traverso al Motoranch Valentino in pista, ma questa volta sullo sterrato, nel tracciato del suo Motoranch. Tra un traverso e l’altro si concede anche qualche salto in pieno stile Motocross

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alentino in pista, ma questa volta sullo sterrato, nel tracciato del suo Motoranch. Tra un traverso e l’altro si concede anche qualche salto in pieno stile Motocross. 77


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Primi test del 2012 ad Almeria per il team Kawasaki SBK di Carlo Baldi | Due giornate di test ad Almeria per il rinnovato team Kawasaki e per i due piloti Sykes e Lascorz. Confermati i progressi evidenziati nel finale di stagione 2011

L

a squadra ufficiale della Kawasaki in Superbike ha scelto la pista di Almeria per iniziare la stagione 2012. In Spagna, il 19 e 20 Gennaio, il KRT ha trovato un clima abbastanza mite, sufficiente per svolgere una buona mole di lavoro sulla Ninja ZX-10R. Tra Sykes e Lascorz il più veloce è stato l’inglese con un miglior tempo sul giro di 1’34”6 contro 1’35”1 del suo compagno di squadra. Ora le moto verranno spedite in Australia per i test ed il primo round del mondiale Superbike 2012. 78

Tom Sykes: “E’ andato tutto bene. Abbiamo provato su di un circuito completamente diverso rispetto a quelli dove avevamo lavorato in precedenza ma la moto si è comportata benissimo manche qui. Nonostante la lunga pausa invernale mi sono serviti dieci giri per girare più forte di come io non abbia mai fatto qui ad Almeria e questo mi rende felice. E’ stata una buona occasione per provare alcune piccole cose che ci sono arrivate direttamente dalla casa madre. Le temperature erano buone con l’asfalto sui 15 gradi ed un cielo sempre soleggiato e considerando che siamo a Gennaio non avremmo potuto chiedere di più”. Joan Lascorz: “Abbiamo provato tutto quello che c’era da provare. Al mattino faceva freddo ma le condizioni della pista erano buone e splendeva sempre il sole, anche se le montagne attorno al circuito erano ricoperte di neve. Questo è stato l’ultimo test prima dell’Australia e per quanto riguarda l’assetto delle nostre moto abbiamo deciso quale strada intraprendere sia per l’Australia che

per il resto della stagione. Io e Tom abbiamo utilizzato due assetti diversi a seconda del nostro stile di guida. La cosa importante sulla quale dobbiamo lavorare è che la differenza tra i piloti veloci e gli altri la fa l’usura delle gomme alla distanza. Questo è un fattore determinante”. Sin qui il comunicato ufficiale del nuovo team Kawasaki WSBK. Facendo un sunto di tutti i test disputati dai piloti Kawasaki dal termine del mondiale 2011 ad oggi e tenendo conto anche delle impressioni dell’altro team Kawasaki (anche se non ufficiale) vale a dire del team Pedercini, possiamo affermare che la Kawasaki ha lavorato molto e bene sull’assetto e sull’elettronica della Ninja ZX10R. Come ha affermato anche Lascorz, ora telaio ed elettronica rendono la moto non solo più guidabile ma in grado di consumare meno gli pneumatici. In pratica un erogazione più fluida che sfrutta meglio tutti i cavalli del generoso motore giapponese. E’ quanto avevano richiesto lo scorso anno tutti i piloti delle verdone di Akashi.

Ora che la moto c’è bisogna però vedere se ci sono i piloti. E forse questo potrà essere il punto debole della Kawasaki in quanto Sykes e Lascorz sembrano essere ottimi piloti, ma un gradino sotto quelli che sono considerati i primi cinque/sei top riders della Superbike. Nei vari pronostici pre-campionato i due alfieri della Kawasaki non compaiono mai tra i nomi dei favoriti, ma come spesso accade in questo campionato i pronostici sono fatti solo per essere smentiti. Lo sapremo tra poco meno di un mese. 79


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Intervista esclusiva a Paolo Flammini CEO di Infront Motor Sports di Carlo Baldi | A poche settimane dall’inizio del mondiale abbiamo intervistato Paolo Flammini per parlare di Superbike, ma anche di CRT e di elettronica, di sicurezza e di giovani. Un manager appassionato che ama il suo lavoro

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onostante i suoi molti impegni ed un un periodo molto impegnativo come quello attuale, che precede l’inizio del campionato, Paolo Flammini, CEO di Infront Motor Sports, ci ha concesso una lunga intervista. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di Roma ed abbiamo conosciuto una persona gentile ma anche un manager risoluto, con le idee ben chiare e la ferma volontà di mantenere in alto la Superbike. I temi affrontati sono stati molti e vi riportiamo qui di seguito il testo della nostra intervista. Sono da poco state rese pubbliche le liste dei piloti iscritti ai mondiali Infront. Ventiquattro in Superbike e trentadue 80

in Supersport. Un ottimo risultato considerando il difficile momento che sta attraversando l’economia mondiale. “Sì, sono numeri importanti che rappresentano la conferma che la formula tecnico-sportiva di entrambi i campionati è vincente, visto che anche in un momento difficile come quello attuale, con una crisi economica che ha colpito tutto il mondo, le nostre griglie sono comunque piene. In Supersport avevamo già visto un netto miglioramento nella passata stagione, grazie anche alle modifiche regolamentari che avevamo apportato e che riguardavano principalmente il fatto di poter utilizzare una sola moto per pilota. Questa regola si è rivelata

talmente positiva che abbiamo pensato di introdurla anche in Superbike. Forse i team ufficiali Superbike non ne trarranno un gran beneficio, ma quelli privati sicuramente si. E lo conferma il fatto che, parlando di privati, quest’anno abbiamo ricevuto le iscrizioni di nuove squadre così come le conferme di tutti i team dello scorso anno (ad eccezione del team Supersonic che ha deciso di cessare l’attività). Quest’anno poi abbiamo la bella novità del team Crescent Suzuki che schiererà due ottimi piloti come Hopkins e Camier. Una grande struttura, una piacevole ed importante presenza per il mondiale Superbike. Direi inoltre che a questo successo hanno contribuito anche i

regolamenti tecnici che non sono stati stravolti e che permettono l’utilizzo di mezzi a basso costo e con una competitività diffusa. A tutto questo si aggiunge un calendario sempre più ricco, che quest’anno ci porterà a correre anche in Russia. Grazie a tutti questi fattori siamo riusciti a raggiungere un rilevante successo di partecipazioni”. In futuro avete qualche altra idea per ridurre i costi? Si può ancora fare qualcosa? “L’attenzione al problema costi è sempre uno dei temi chiave per Infront Motor Sports, ma io credo che siamo ormai arrivati ad un livello di costi quasi minimo per un mondiale, sia in

Superbike che in Supersport. Se andiamo a vedere da cosa è composta la lista delle spese di un team, vediamo che il costo tecnico è in una percentuale abbastanza contenuta. L’esborso più significativo riguarda la logistica, ma visto che stiamo parlando di un campionato mondiale e che di conseguenza si gareggia in tutto il mondo, non possiamo comprimere questa voce. La struttura dei costi mi sembra ottimizzata. Certo dobbiamo lavorare per far si che i costi non aumentino e contemporaneamente dobbiamo cercare di permettere sia ai privati che agli ufficiali di utilizzare moto competitive, che garantiscano quello spettacolo che da sempre caratterizza la 81


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SBK. Il nostro maggior impegno ed il nostro obiettivo per i prossimi anni sarà quello di aumentare i ricavi attraverso una crescita mediatica, televisiva ma non solo. Voi di moto.it ne siete una chiara dimostrazione, il pubblico giovane segue le sue passioni soprattutto attraverso i new media e quindi bisogna lavorare in questa direzione. Grazie al fatto di appartenere al gruppo Infront potremo disporre dei mezzi tecnici e conoscitivi necessari per raggiungere i nostri obiettivi. Creando una migliore esposizione mediatica auspichiamo che gli sponsor possano aumentare. E’ questa la nostra grande missione che potrà portare benessere sia a noi che alle squadre”. Meno costi, meno elettronica, meno sofisticazione significano maggior spettacolo. E’ d’accordo? 82

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“Si sono d’accordo anche se devo aprire una parentesi per quanto riguarda l’elettronica autentica “croce e delizia” per il nostro campionato. Delizia perché aumenta le prestazioni e la sicurezza ed è uno degli elementi del grande processo di evoluzione tecnologica degli ultimi 15 anni. Croce in quanto non solo può incrementare le spese, ma purtroppo è anche un elemento non limitabile. Abbiamo analizzato attentamente gli ultimi quattro anni ed abbiamo studiato ed approfondito questo tema. Siamo arrivati alla conclusione che qualsiasi limite si cerchi di porre all’elettronica, non può avere successo. Chiunque volesse aggirare le regole e le costrizioni lo potrebbe fare in quanto l’elettronica dispone di moltissimi sistemi che si attivano e si disattivano e che non

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2012 permettono un controllo definitivo. Potremmo mettere al lavoro decine di ingegneri per controllare l’elettronica delle moto, ma ci sarebbe sempre qualcuno che, volendo, potrebbe aggirare i regolamenti. E’ un tasto molto delicato in quanto insinuare la possibilità di una presunzione di mala fede non provata da parte di qualche concorrente ucciderebbe questo sport. Per questo riteniamo non esista una valida soluzione per limitare l’elettronica, anche perché poi non dobbiamo dimenticare che noi corriamo con moto derivate dalla serie. Questo significa che dobbiamo assolutamente rispettare la filosofia costruttiva delle case. Un modo per limitare l’elettronica potrebbe essere l’utilizzo di una centralina unica, ma sarebbe una bruttissima soluzione che andrebbe contro la natura stessa del nostro campionato. Le case sono in SBK perché vogliono fare dello sviluppo e vogliono dimostrare la validità del loro prodotto stradale nella sua massima espressione che è quella agonistica. Se una moto stradale è caratterizzata da un certo tipo di elettronica come potremmo azzerarla una volta che la casa decidesse di utilizzarla in pista?” Si ritirano team e case ufficiali ma vengo sostituti da squadre private. E’ questa la vera forza della SBK?

“Lo scorso anno abbiamo assistito al ritiro della Yamaha e devo dire che siamo stati davvero dispiaciuti per una decisione presa forse troppo in fretta. Un marchio come Yamaha poteva sollecitare il supporto di vari sponsor ed aziende e quindi siamo dispiaciuti non solo per il ritiro, ma anche perché è stata una decisione presa in modo affrettato e senza cercare alternative che sarebbero invece state possibili. D’altra parte però bisogna sottolineare che la Superbike è costituita da squadre ufficiali, ma anche da team privati a diversi livelli. Dal singolo che organizza una piccola squadra magari con un solo pilota al super team che invece si può avvalere di una grande struttura anche se gestita da una società privata. Questo è sicuramente uno dei grandi elementi di forza interna del mondiale Superbike e lo abbiamo dimostrato già nel 2003 quando quasi tutte le case si ritirarono (ad eccezione della Ducati) ma noi riuscimmo a presentare comunque una griglia soddisfacente. Non bisogna quindi badare molto al fatto che un team sia ufficiale o meno, quanto alla qualità del team stesso. Questo è il fattore più rilevante. Se poi è ufficiale o meno a noi interessa relativamente”. In SBK stiamo assistendo ad un cambio generazionale. Corser, Toseland, e Haga

hanno lasciato spazio ai giovani Giugliano, Canepa e Zanetti. Un fatto positivo ma anche molta nostalgia per piloti che hanno fatto la storia di questo campionato. “I nostri grandi piloti resteranno sempre tali e la nostalgia per loro ci sarà sempre. Questo poi sarà il 25mo compleanno per il mondiale SBK nel quale cercheremo di ricordarli ed onorarli il più possibile. Però lo sport è fatto principalmente dai giovani e siamo quindi molto contenti che ce ne siano molti e che si stiano affermando, a conferma che nei nostri campionati esistono notevoli possibilità di emergere. Quest’anno in Superbike avremo alcuni esordienti, ma anche giovani già affermati come Badovini, Laverty, Camier o Rea, senza dimenticare che ad esempio Melandri, pur essendo da anni ai massimi livelli, è anagraficamente ancora giovane. Sarà bellissimo vedere piloti giovani che affiancano campioni consolidati come Checa o Biaggi andando a creare un mix molto interessante. Avere piloti giovani nei nostri campionati è un bellissimo auspicio per il futuro e mi fa piacere notare che sia in SS che in SBK il lavoro da noi iniziato nel 1999 con la stock 1000 e proseguito poi nel 2006 con la stock 600, ha portato e sta portando tanti ragazzi a competere a livello mondiale. Nelle classi cosiddette minori si sono formati molti giovani 83


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piloti grazie ad un percorso che consente ad un esordiente assoluto, un ragazzino che magari ha solo sedici anni ed ha corso nei trofei nazionali, di compiere il primo passo a livello internazionale con la stock per poi salire in Supersport o Superbike. Questo è un tema al quale bisognerebbe dare molta più importanza rispetto a quanto sia stato fatto sino ad ora. In un momento economico molto difficile, nel quale le famiglie non possono sostenere grosse spese per i propri figli, in uno sport comunque costoso come il motociclismo, penso sia molto positivo dare ai giovanissimi la possibilità, attraverso la stock 600, di entrare in un mondo professionistico con la stessa spesa necessaria a disputare un campionato nazionale”. In Superbike una delle cose che il pubblico apprezza maggiormente è il poter stare vicino ai propri idoli, grazie al Paddock Show e ad altre iniziative simili. E’ una precisa volontà di Infront? “Non è solo una nostra precisa volontà ma anche una delle colonne portanti della nostra filosofia. E’ un campionato che noi amiamo definire “inclusive” e non “exclusive”. Ci tengo a sottolineare che abbiamo lavorato e stiamo lavorando a questa importante peculiarità del nostro campionato. Il prossimo anno, accanto a tutto quello 84

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che è lo spettacolo già presente nel paddock, faremo crescere il SBK Village, un’area aperta a tutti, anche a chi non dispone del pass paddock. Ogni spettatore potrà così vivere una specie di fiera all’interno dell’evento sportivo. Sarà un ulteriore possibilità di divertimento per il pubblico, ma anche una grande possibilità commerciale per gli sponsor della Superbike e dei nostri team. Sino ad ora lo abbiamo allestito solo nelle gare disputatesi in Italia, ma nel 2012 lo organizzeremo anche in Inghilterra, Spagna e Repubblica Ceca, con l’obiettivo di portarlo in futuro in tutti i round europei”. Come sappiamo nel 2012 la SBK approderà in Russia. In futuro pensate di aggiungere ulteriori gare anche extraeuropee? “Il nostro calendario presenta spesso delle novità e per quanto riguarda il futuro dobbiamo tenere conto del fatto che il mercato dell’Estremo Oriente stia assumendo un importanza sempre maggiore. La Cina ad esempio è una realtà molto interessante, ma il nostro obiettivo primario a breve termine è quello di approdare in paesi come India, Indonesia, Malesia o Thailandia. Mercati che rappresentano obiettivi primari anche per le case costruttrici. Certo non è facile organizzare competizioni motociclistiche di livello mondiale in nazioni dove

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ancora non esiste una cultura sportiva, ma stiamo lavorando molto attivamente ad un progetto che ci consentirà in un futuro prossimo di gareggiare in Estremo Oriente”. Parliamo di sicurezza. Certamente sono stati fatti grossi passi avanti per quanto riguarda i circuiti, ma avete dovuto rinunciare a piste considerate storiche per la Superbike. “Parlando di sicurezza devo spezzare una grossa lancia a favore della Federazione Motociclistica Internazionale. Nel 1992 si è cominciato a pensare in modo concreto alla sicurezza nell’ambito dei circuiti. In quegli anni la FIM ha fatto davvero un ottimo lavoro e assieme a noi, alla Dorna ed ai piloti ha creato un meccanismo di collaborazione che ha portato ad una pressione sugli autodromi che è servita a migliorare notevolmente la sicurezza dei tracciati. La FIM non ha forzato la mano e non ha cercato di sconvolgere i circuiti, ma ha creato un programma da realizzare nel tempo e che prevedeva che i circuiti esistenti venissero adeguati ai nuovi standard, mentre quelli nuovi che fossero costruiti in modo ottimale. Chi non si è adeguato purtroppo è stato estromesso ed è il caso ad esempio di Brands Hatch. Assieme alla FIM abbiamo cercato di migliorare la sicurezza di questo storico

circuito inglese, ma giunti ad un certo punto sarebbero servite modifiche strutturali che la proprietà dell’autodromo non ha voluto apportare. Di conseguenza e controvoglia abbiamo dovuto rinunciare ad un appuntamento storico per la Superbike, a quella che era una vera festa del motociclismo. Però non era più un tracciato sicuro e per questo non abbiamo potuto fare altro che toglierlo dal nostro calendario. Oggi il livello di sicurezza penso sia elevatissimo, ma sia noi che la FIM non intendiamo certamente abbassare la guardia ma anzi

volgiamo proseguire su questa strada”. Bridgepoint ha acquisito Infront. Può tranquillizzare i tifosi della Superbike allontanando l’ipotesi di una fusione con la MotoGP? “Si è detto e scritto molto su questo argomento e molte volte a sproposito. Sono contento di poter cogliere questa opportunità per fare chiarezza. Bridgepoint si occupa di fondi di investimento privati e questo significa che ha diversi fondi sotto la propria gestione. Ciascun fondo ha una propria 85


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possono scambiarsi aziende o fonderle. Quindi se teoricamente prima una fusione sarebbe anche tecnicamente potuta accadere, ora questo non può più succedere. Ma al di fuori di questo, Dorna e Infront sono due aziende distinte ed indipendenti, che hanno prodotti diversi ed un diverso management. Dopo l’acquisizione di Infront da parte di Bridgepoint esiste quindi la possibilità che le due società si possano confrontare per

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discutere ad esempio di sicurezza o di altri fattori che siano di comune interesse. Possibilità che potrebbero portare ad un miglioramento delle rispettive attività, ma non certo ad una fusione”.

identità e gli investitori non sono sempre gli stessi. Ne deriva che ogni investimento rappresenta una cosa diversa, a se stante. Nella fattispecie la Bridgepoint ha acquisito la maggioranza della Dorna nel 2007 con un fondo ed oggi ha acquisito la totalità di Infront con un altro fondo. Quindi tecnicamente la fusione dei due gruppi è impossibile ed anzi addirittura vietata dalla legge in quanto due fondi gestiti dalla stessa entità non

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E parlando di MotoGP arriviamo alle CRT. Noi le abbiamo definite Superbike camuffate. Lei cosa ne pensa? “Io penso che si stia creando davvero troppa confusione. Ultimamente però sia attraverso le dichiarazioni di alcuni costruttori (Ducati su tutti) che in alcune interviste ad Ezpeleta, sembra chiara la consapevolezza che questa nuova categoria delle CRT sia solo uno strumento per colmare un gap di partecipazione alla MotoGP che stava mettendo in discussione l’intero campionato. Esiste a mio parere la volontà di studiare una soluzione diversa, più adatta alla categoria MotoGP. Una formula che rispecchi l’esclusività di questa categoria, che è comunque la F1 del motociclismo, e che eviti confusioni con la Superbike. Io spero che questo tipo di mentalità prevalga nei prossimi mesi, perché obiettivamente il quadro che abbiamo davanti non fa bene al motociclismo. Non fa bene alla GP e nemmeno alla SBK. Purtroppo la crisi economica in corso ha creato grossi problemi alla Dorna, ma non penso che questa soluzione delle CRT sia quella giusta,

anche se al momento permette alla MotoGP di schierare una ventina di moto. A mio personale parere questa soluzione non è in linea con la filosofia della GP che vede in pericolo anche la necessità di mantenere una propria diversità rispetto alla Superbike. Spero che Dorna possa trovare una soluzione più aderente a quelle che sono e loro esigenze e meno invasiva nei confronti della nostra attività”. I media. Lei ritiene che attualmente la copertura mediatica del mondiale SBK sia pari allo spettacolo che offre? “Penso che questa sia l’area dove noi dobbiamo migliorare maggiormente. Posso dire che abbiamo fatto un grosso lavoro in questi venti anni portando la SBK da zero ad essere uno dei pochi prodotti sportivi consolidati nel mondo dei media a livelli internazionale. Questo è un risultato forse non eccezionale, ma certamente unico in quanto nessuno è riuscito a fare questo tipo di lavoro. I grandi sport esistono da sempre mentre la Superbike, presentata a livello internazionale quasi dal nulla, in venti anni ha fatto una grande scalata. Scalata che non è certo terminata, anzi questo è uno dei motivi per il quale noi abbiamo voluto questa la joint venture con Infront, società che rappresenta uno dei punti di riferimento dei media sportivi a livello mondiale.

Ci aspettiamo che i prossimi anni ci portino ulteriori miglioramenti in questo senso. Mi auguro che già il 2012 possa essere un anno nel quale si possano acquisire alcuni notevoli miglioramenti. E’ chiaro comunque che il nostro obiettivo primario per i prossimi anni sarà il miglioramento della visibilità attraverso i media”. Come si immagina la SBK tra dieci anni o meglio, come le piacerebbe che fosse? “Dieci anni è un orizzonte molto lontano, ma se potessi realizzare un sogno vorrei vedere tra dieci anni la stessa Superbike attuale, semplicemente con un maggiore visibilità sui media di tutto il mondo e con una conseguente situazione economica più florida che consentirebbe sia a noi che alle nostre squadre di fare tante cose e realizzare progetti che purtroppo oggi non riusciamo a concretizzare. Non cambierei una virgola della nostra filosofia perché sia noi organizzatori che le squadre ed i loro piloti, percepiscono la piacevole atmosfera che pervade la Superbike e questo ritengo sia un valore assolutamente irrinunciabile. Spesso lo sport professionistico viene deviato e crea astio, gelosie e sentimenti negativi che invece qui da noi non esistono e che spero non esisteranno nemmeno tra dieci anni. E questo è il mio più grande desiderio”. 87


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Intervista a Laurens Klein Koerkamp responsabile Yamaha racing di Massimo Zanzani | Ancora un anno ed è arrivato al ventennale. Un legame solido e duraturo quello di Laurens Klein Koerkamp con Yamaha, che ha praticamente passato una vita dedicata alla filiale europea della Casa dei tre diapason

«

Ho iniziato nel Reparto Pianificazione prodotti - spiega l’olandese responsabile di tutta l’attività iridata racing Yamaha Superbike e Motocross che nel paddock è riconoscibile anche a distanza per i suoi due metri di altezza nei primi sette anni il mio compito era individuare quale tipo di moto o di dettaglio poteva essere confacente al mercato europeo e sottoponevo i piani al Giappone. Eravamo un piccolo gruppo, comprendente anche un paio di giapponesi, ma proponevamo diverse idee per l’Europa che in Giappone sapevano realizzare molto bene dal punto di vista dell’industrializzazione. L’ultimo progetto di moto che abbiamo sviluppato per l’Europa è stato 88

quello delle A1, A6, A7 alla fine del 1997, quando l’anno dopo le moto uscirono sul mercato con un nuovo concetto tecnologico per me fu come raggiungere il punto più alto della mia carriera in quel reparto. Poi però si è reso disponibile un posto nel Reparto Corse e visto che ho sempre avuto interesse per le gare sia su asfalto che fuoristrada il primo gennaio ‘98 ho accettato la sfida nonostante non fossi abbastanza esperto. Mi piaceva andare in moto ma non sono mai stato bravo, andare veloce come fanno i piloti veri per me è impossibile, non è nella mia natura anche per le limitazioni dovute alla mia statura visto che stare dentro ad una sportiva stradale mi risulta difficile».

Prima di arrivare in Yamaha di cosa ti occupavi? «Ho fatto il college laureandomi in ingegneria meccanica che ha dato una buona base tecnica, dopodiché ho fatto un corso di commercial business e marketing. In quel periodo ho vissuto sei mesi in Inghilterra come parte del mio addestramento, e subito dopo ho iniziato a lavorare per Yamaha». In questi ultimi anni le situazioni ed i tempi cambiano molto velocemente, ma l’impressione è che i giapponesi fatichino a stare al passo, che non siano sufficientemente reattivi. Per prendere una decisione dovevano riunirsi dieci volte, e in passato poteva andare bene per scegliere la 89


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cosa più giusta, ma in questo momento mantenere lo stesso atteggiamento può limitare le strategie e aprire le porte ai concorrenti più dinamici. «Capisco cosa intendi, e devo ammettere che questa loro filosofia effettivamente non sia cambiata molto. D’altronde quando i giapponesi escono con una novità o anche solo un aggiornamento hanno dei tempi non brevissimi perché impiegano tante energie nella ricerca e per i test, sia per provare il rendimento dei componenti che per garantire la massima affidabilità. E’ la ragione per cui la qualità giapponese è molto alta, che ha un effetto sulla 90

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rapidità nelle decisioni ultimamente influenzate anche dai costi per cui prima di muoverti devi pensare con molta cura». KTM in questi ultimi anni è cresciuta molto anche per la loro rapidità, scelgono un pilota e lo prendono, decidono di puntare sulla 350 e in un anno il progetto è fatto. «Penso che in Yamaha siamo abbastanza efficienti nella scelta dei piloti anche se va considerato che non investiamo lo stesso budget di KTM perché abbiamo anche la strada e non siamo concentrati solo sull’offroad come loro. Posso dire di essere fortunato ad avere

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Come cambia la gestione tra le attività strada, superbike, motocross? «E’ piuttosto diverso, in superbike, dove il budget era più alto, il giro d’affari è più vasto rispetto al fuoristrada. Anche

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vicino persone come Rinaldi e il suo staff, che in ambito fuoristrada ci permette di fare scelte di qualità. Per esempio nel caso di Steven Frossard io non sarei in grado di dire se ha talento, se è più adatto alla MX1 o alla MX2, che genere di pilota è, prima di sceglierlo avrei bisogno di consultare degli esperti in questo campo e Michele è la persona ideale».

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perché l’offroad è più specialistico, in Europa le moto mediamente vanno a clienti che corrono, significa che seguono direttamente le gare e scelgono il mezzo per le sue prestazioni. Nella superbike l’uso è più vasto, anche solo restando nell’ambito delle competizioni, abbiamo avuto molte spese per sponsorizzare le gare, ma abbiamo avuto anche un riscontro alto sul mercato. Per quanto riguarda l’atmosfera, tra superbike e motocross c’è differenza, ma non molta. In superbike succede spesso di confrontarsi e parlare con persone degli altri team di problemi e sfide, e anche lavorarci insieme

è piuttosto comune. Nella MotoGP sono più riservati, è più professionale ma è comprensibile visto che il coinvolgimento a livello economico e politico è molto più alto. In generale direi che, nella MotoGP rispetto alla Superbike e rispetto al Motocross, c’è più coinvolgimento politico, di denaro e più cose da considerare».

ma già il secondo anno ne abbiamo vendute molte meno, anche perché allo stesso tempo i concorrenti uscivano con il loro nuovo modello. Se invece possiamo confrontare nello specifico, per esempio, le 450F con la R1 o le 250F con la R6, allora posso dire che le quantità sono due, tre volte più alte nella strada».

Qual è la differenza di vendite tra strada e fuoristrada? «Possiamo dire che è quasi simile, la differenza la fa il modello di moto. Per esempio la R1 che abbiamo messo sul mercato nel primo anno ha venduto 18.000 pezzi solo in Europa,

Non è molto, pensavo che la proporzione fosse uno a dieci. «Parliamo di una cifra media. Negli ultimi due anni il mercato delle supersport è molto difficile, è sotto pressione ancora più del mercato motociclistico generale, perché la gente non 91


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vuole spendere soldi a causa della crisi. Questo ha avuto un impatto maggiore sulle supersport rispetto alle moto come la Fazer o la Thunder. La moto da strada o gli scooter hanno un uso diverso, quotidiano, devi comunque spendere dei soldi ma usi la moto perché ti serve. Le sportive invece spesso sono un hobby, e quando ci sono problemi finanziari e devi decidere con tua moglie è più facile giustificare l’acquisto di uno scooter o una naked, per cui la gente aspetta di avere più stabilità economica e sicurezza per il futuro». Dopo la rinuncia alla Superbike Yamaha rimane coinvolta in MotoGp e Motocross. «Nella MotoGP tra le Case giapponesi non siamo quella che spende di più, per esempio confronto a Honda, ma cerchiamo di far fronte ad un budget più limitato affrontando tutto con molta efficienza e creatività nello sviluppo. Nel motocross siamo fortunati ad avere un partner forte come Monster Energy, e la nostra presenza è notevole ed efficiente». La scorsa stagione Honda è tornata al Motocross con un team ufficiale, questo per voi ha un significato particolare? «Tutti vogliono essere competitivi, e se vuoi investire del denaro devi farlo bene. Credo che nonostante la crisi del mercato abbiano visto che ci può 92

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essere un futuro nell’area offroad in Europa». Sia la vostra struttura della MotoGP che quella del Motocross hanno sede in Italia, è un caso o una scelta precisa? «Il motivo va ricercato nello spirito positivo per le competizioni e la presenza di molti fornitori tecnici che hanno molta dedizione per questa attività con indubbi benefici nel lavorare a contatto con loro. C’è molta qualità a livello di team, ed è importate avere il giusto ambiente, il giusto spirito e una buona organizzazione per gestire un team ufficiale». Se dovessi appendere nella tua stanza un poster di Motocross, uno di Superbike e uno di MotoGP, cosa sceglieresti? «E’ difficile scegliere con un solo spazio, ed è da tanti anni che non ne appendo uno. Nel piccolo ufficio di casa ho appeso quello di Andrea Bartolini, perché con lui nel ‘98 ho vinto il mio primo titolo mondiale. Fu un momento speciale, così come quando nel 2009 ricevetti un messaggio speciale da Ben Spies che correva in Usa nella Superbike. Ebbi l’occasione di farlo venire in Europa, ricordo con precisione l’incontro nell’officina di Milano, seduti su una panca per alcune ore a parlare di come stendere il contratto, un bel meeting con una bellissima atmosfera. La sera stessa firmammo il contratto

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e assieme abbiamo vinto il titolo nello stesso anno e anche in quello seguente. Un’altra persona veramente speciale per me è stato Stefan Everts, abbiamo corso insieme per sei anni vincendo altrettanti titoli iridati consecutivi, è stato incredibile. Ecco, un posto in camera lo terrei per una foto di tutto quel team. Se vinci un anno è bello, ma quando ne vinci due ti aspetti che nella stagione successiva la quadra non abbia più la stessa motivazione, la stessa spinta per affrontate ancora tutto quanto con la stessa determinazione. Ma non è successo, anche grazie allo sforzo di Michele e del suo staff rimasti sempre motivati al 101%». Oltre che con Everts, la storia Yamaha è stata fatta da due tra i più grandi campioni di tutti i tempi, ovvero Rossi e Cairoli, il loro addio alla Yamaha ha cambiato qualcosa? «Ovviamente, d’altronde i piloti hanno nuovi obiettivi e nuove sfide. Effettivamente entrambi sono stati fondamentali per raggiungere certi traguardi, ma il fatto che abbiano deciso di andarsene fa parte della vita da pilota e non abbiamo fatto nessuna pressione per trattenerli. Fa parte della vita, e ci siamo lasciati in buoni rapporti, tuttora quando sono al Motocross Tony viene sempre a parlarmi, è un bravo ragazzo ed è un grande campione».

Per lavorare con una Casa giapponese devi essere un po’ giapponese dentro, è così? «Diciamo che bisogna un po’ adattarsi al loro modo di lavorare. Hanno dei punti di forza dai quali ho imparato molto, ma noi lavoriamo in Europa ed è importante anche essere europeo e far conoscere il nostro punto di vista. Ci sono aspetti che noi non vogliamo assolutamente cambiare e per loro va bene, così contribuiamo molto anche sotto l’aspetto tecnico

per ottenere i migliori risultati». Hai qualche rimorso, qualcosa che hai fatto, o che non hai fatto? «Provo proprio per Cairoli una grande delusione, avevamo la possibilità di tenerlo ma con la crisi in arrivo dal Giappone arrivò la decisione di non confermarlo pur conoscendo il suo valore, che sia lui che Claudio De Carli erano felicissimi della sistemazione con noi e che avrebbe vinto ancora. Ma la

dirigenza mi disse di avere dei problemi e di dover effettuare dei tagli di budget, non è un rimpianto, ma mi è dispiaciuto molto. Quando prepari tutto con cura e i risultati sono fantastici, è difficile dire: ci dispiace ma non possiamo tenerti». Hai un sogno nel cassetto? «Ovviamente di vincere ancora dei titoli Mondiali, anche se è un po’ scontato, non è un sogno speciale, bensì quello di tutti gli anni. Per me la cosa più bella è 93


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far crescere i piloti, non prenderli da qualcun altro quando sono già al vertice, e farli diventare dei campioni». Casa ti piace e cosa non ti piace dei piloti? «Mi piacciono i buoni risultati, e non mi piacciono i cattivi risultati. Ci sono diversi modi di lavorare e, come nella vita, ogni persona è diversa. A volte un carattere strano o una persona molto esigente rendono il lavoro difficoltoso. Questo è uno sport di alto livello, e volte vedo che certi piloti non sembrano molto simpatici ma in certi casi 94

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è perché sono timidi, o perché esageratamente concentrati e non vogliono interferenze dall’esterno. Questo non significa che non siano amichevoli, ma questa a volte è l’impressione che si può avere da fuori. Ma se mi chiedi se ho mai avuto un pilota che non era una buona persona, la risposta è no. Con certi è più difficile lavorare, ma non posso dire che siano persone antipatiche. Anche in passato non mi viene in mente nessuno che non fosse una brava persona. Certo adesso approcciano lo sport in maniera diversa, e bisogna accettare il

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fatto che non sempre possono essere di buon umore o gentili con tutti, devono concentrarsi sui loro compiti perché questa è la loro principale attività». Come spieghi la difficile stagione di Rossi in rosso? «Non saprei dire, non conosco i dettagli. Quello che so è che insieme eravamo molto forti e che con Yamaha stava avendo un grande successo. Sicuramente perché è in assoluto uno dei migliori piloti al mondo, al quale allo stesso tempo col nostro impegno lo abbiamo aiutato a raggiungere quei risultati». 95


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Al debutto il Campionato Europeo Junior KTM in sella alla 690 Duke Gli aspiranti piloti si contenderanno il Campionato Europeo Junior KTM, che si correrà all’interno del Campionato del Mondo Superbike, in sella ad una versione leggermente modificata della nuova 690 Duke

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opo il successo ottenuto da KTM e Red Bull nella Red Bull Rookies Cup, campionato per i piloti giovanissimi che si corre in concomitanza con la MotoGP, i campioni di domani (piloti di età compresa tra i 14 ed i 19 anni) potranno mostrare il loro talento anche nel Campionato del Mondo Superbike. I piloti si contenderanno il Campionato Europeo Junior KTM in sella ad una versione leggermente modificata della nuova 690 Duke. Come per la Red Bull Rookies Cup, la serie che lancia i nuovi campioni nella MotoGP, il Campionato Europeo Junior KTM rappresenta il primo gradino per entrare nel Campionato del Mondo Superbike. I piloti per potersi schierare al via dovranno aver già partecipato, per almeno un anno, ad un campionato FIM; questa regola assicura al campionato un livello di competizione elevato in tutte le tappe. I 36 piloti provenienti da 10 nazioni saranno al via di 8 prove che si disputeranno tutte in Europa. Come per i ragazzi che partecipano alla Red Bull Rookies Cup, i giovani talenti 96

delle due ruote, potranno mettersi in mostra sugli stessi tracciati solcati poco prima dai campioni del Mondiale SBK. La gara verrà corsa domenica, alle 14.30, tra quella della Supersport e la seconda manche della Superbike mondiali. Questa formula ha già dimostrato la sua validità, ed è anche ben rodata dopo i 5 anni di esperienza vissuti con la Red Bull Rookies Cup. Piloti come Danny Kent e Arthur Sissis sono l’esempio di come questa strategia formi piloti in grado di crescere e maturare progressivamente prima di diventare professionisti. Arthur e Danny debutteranno quest’anno nel campionato Moto 3 nel Team Red Bull KTM Ajo sulla nuovissima KTM Moto 3. Pit Beirer (Manager KTM Motorsport): “Siamo stati impegnati per diversi anni nel Motomondiale, e abbiamo ottenuto anche importanti successi. Quest’anno il nostro impegno si allarga e non si ferma solamente alla Red Bull Rookies Cup ma si estende anche alla nuova classe Moto3. Con il nuovo Campionato Europeo KTM supporteremo anche altri giovani piloti che ambiscono ad entrare nel Campionato Mondiale SBK”. Jeremy McWilliams (Ex pilota MotoGP) “Ho avuto l’opportunità di provare la nuova 690 Duke in Spagna quando stavamo realizzando il photo shooting per la Casa madre. La moto è incredibilmente leggera ed il motore è molto fruibile. La 690 Duke sarà la moto da gara ideale per i piloti del Campionato Europeo. Con qualche PowerParts e delle sospensioni regolabili questa moto sarà Ready to Race!” Gerry Bryce (Direttore del Campionato Europeo Junior): “Siamo molto soddisfatti della nuova partnership con KTM. La nuova 690 Duke offre delle prestazioni incredibili. Siamo fiduciosi che la Duke sarà la moto perfetta per i piloti del Campionato Europeo Junior KTM. Lo strumento ideale per permettere ai piloti di affrontare al meglio i circuiti e migliorare le loro capacità di gudia!”

KTM 690 Duke Cup (approx. +10 CV, -10 kg) Modifiche Mascherina Standard con copertura faro in carbonio Eliminazione impianto luci, frecce e porta targa Sella Monoposto KTM PowerParts (PP) sella: leggermente più rigida e con un’area di contatto più larga per una migliore conduzione nella guida sportiva PP Kit Pedane racing: per un posizionamento più sportivo delle pedane che permette una miglior conduzione della moto in curva Pedane fisse come da regolamento internazionale Manubrio con piega bassa ed attacchi bassi PP Crash Bars PP impianto di scarico Akrapovic in titanio/carbonio PP Airbox Special parts Sospensioni WP totalmente regolabili

Impianto frenate modificato Vaschetta recupero olio come regolamento internazionale Calendario Campionato Europeo Junior KTM 2012 22 Aprile – Assen (NL) 6 Maggio – Monza (I) 10 Giugno – Misano Adriatico (I) 1 Luglio – Motorland Aragon (E) 22 Luglio– Brno (CZ) 5 Agosto – Silverstone (GB) 9 Settembre – Nürburgring (D) 7 Ottobre – Magny Cours (F) Ulteriori informazioni su regolamento e iscrizioni: www. europeanjuniorcup.com 97


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Davanti a 46.000 spettatori James Stewart ha conquistato il suo primo successo. Eli Tomac è invece salito sul gradino più alto del podio nella classe 250 Lites

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’Oakland Colisseum di Haines City ha ospitato il quarto appuntamento con il Supercross. Davanti a 46.000 spettatori James Stewart ha conquistato il suo primo successo. Eli Tomac è invece salito sul gradino più alto del podio nella classe 250 Lites. Una gara non semplice e quasi tutta all’inseguimento quella di Stewart che, partito quarto, ha dovuto recuperare prima su Josh Hansen e poi 98

su Andrew Short. Con Reed nel mirino “Bubba” ha alzato il ritmo e conquistato la prima posizione deurante il nono giro. Inarrestabile è poi andato a tagliare il traguardo. Quarta gara della stagione, per quattro differenti vincitori. Il Supercross no ha intenzione quest’anno di concerede possibilità di nessun pronostico. I piloti di spicco son appaiati in una manciata di punti. La classifica infatti vede Chad Reed in testa con 85

punti, Ryan Dungey secondo a pari punti, Ryan Villopoto terzo a 83 e James “Bubba” Stewart quarto a 73 punti. James Stewart “Voglio dedicare questa vittoria al mio meccanico, Mark “Tex” Adams, che se n’è andato questo week-end. Ho avuto un buon ritmo stanotte, e ho fatto una bella gara. Ho avuto un paio di gare dure quest’anno, ma stavolta ce l’ho fatta”.

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Quarto Round Supercross. James Stewart vince a Oakland

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Classifiche Supercross 20 Lap Main Event Results James Stewart - YAM Chad Reed - HON Ryan Villopoto - KAW Ryan Dungey - KTM Andrew Short - HON Kevin Windham - HON Davi Millsaps - YAM Jake Weimer - KAW Justin Brayton - HON Josh Hansen - KAW Mike Alessi - SUZ Kyle Chisholm - KAW Broc Tickle - KAW Brett Metcalfe - SUZ Nick Wey - KAW Cody Mackie - KAW Weston Peick - KAW Rob Kiniry - YAM Ben Lamay - YAM Kyle Partridge - KAW 250 West 15 Lap Main Event Results Eli Tomac - HON Marvin Musquin - KTM Zach Osborne - YAM Ryan Sipes - YAM Matt Moss - KTM

Travis Baker - HON Nico Izzi - YAM Max Anstie - HON Martin Davalos - SUZ Dean Wilson - KAW Cole Seely - HON Jason Anderson - SUZ Billy Laninovich - HON Gavin Faith - HON Gareth Swanepoel - YAM Michael Leib - HON Vince Friese - HON K Rusk - HON Ryan Marmont - KTM T Ingals - HON Classifiche generali Supercross Point Standings Chad Reed - 85 Ryan Dungey 85 Ryan Villopoto - 83 James Stewart - 73 Jake Weimer - 61 Kevin Windham - 58 Andrew Short - 52 Josh Hansen - 47 Brett Metcalfe - 45 Davi Millsaps - 42 Mike Alessi - 38 Justin Brayton - 37 Kyle Chisholm - 34

Broc Tickle - 30 Ivan Tedesco - 21 Nick Wey - 16 Trey Canard - 14 Weston Peick - 10 Kyle Partridge - 10 Chris Blose - 9 250 West Point Standings Eli Tomac - 88 Dean Wilson - 73 Zach Osborne - 67 Marvin Musquin - 64 Tyla Rattray - 60 Cole Seely - 57 Jason Anderson - 53 Nico Izzi - 46 Max Anstie - 45 Ryan Sipes - 42 Matt Moss - 39 Travis Baker - 38 Billy Laninovich - 35 Michael Leib - 29 Martin Davalos - 27 Vince Friese - 25 Teddy Maier - 21 Wil Hahn - 13 Champion, Faith, Swanepoel 10

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Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 Responsabile editoriale Ippolito Fassati Capo Redattore Andrea Perfetti Redazione Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Francesco Paolillo Aimone dal Pozzo

Terzo Round. A Los Angeles vince Reed Dungey ancora leader in classifica Terzo round delle Supercross Series nel Dodger Stadium di Los Angeles. L’inizio di stagione rimane combattutissimo, Reed si aggiudica la vittoria, Dungey rimane in vetta alla classifica generale

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llo start del Main Event i pronostici erano tutti rispettati con Ryan Dungey che conquista la holeshot. Già alla seconda curva Villopoto si fa sotto e lo supera. La battaglia viene interrotta dalla bandiera rossa dei giudici che fermano la gara dopo lo scontro tra Canard e Morais. Pare che Morais sia atterrato su Canard. Entrambi portati d’urgenza all’ospedale, rispettivamente con una frattura 100

della schiena e una commozione cerebrale. Piloti nuovamente schierati. Questa volta è Ivan Tedesco a scattare per primo. Primi giri convulsi con un avvicendarsi continuo al comando tra errori scivolate e sorpassi spettacolari. Villopoto scivola in 12esima posizione per poi recuperare giro dopo giro con un ritmo impressionante. Al termine, sotto la bandiera a scacchi, davanti a tutti c’è Chad Reed seguito da Dungey e Stewart, quarto Villopoto. Chad Reed “Ce l’ho messa tutta per ripetere i risultati dello scorso anno. Non so cosa sia successo a Canard e Morais, ma gli auguro di guarire presto. Non amo guardare la gara da dietro, farò di tutto per rimanere davanti!”

Grafica Thomas Bressani Collaboratori Nico Cereghini Massimo Clarke Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Lorenzo Boldrini COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto. it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. Moto.it Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: staffmoto@moto.it

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