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Numero 47 07 Febbraio 2012

115 Pagine

NEWS

MOTOGP

Speciale MotoGP

Test Sepang 2012: le foto, i risultati e i commenti dei piloti

SUPERBIKE

MOTOCROSS

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SPORT

Mercato

KTM 1290 Adventure e Super Duke foto spia Aprilia Caponord 1200

Guarda il video della nostra prova a Jerez

Interviste

Cyril Despres: “La mia quarta vittoria alla Dakar” | Franco Picco: “la mia caduta”

PROVE

Yamaha Xenter 125 Lo Yamaha che mancava - Part II

| prova naked |

Triumph Speed Triple 1050 R da Pag. 2 a Pag. 15

All’Interno

NEWS: H-D Seventy-Two e Softail Slim | MV Agusta inizia la produzione della F3 | N. Cereghini “Quando il cambio ballava da destra a sinistra” | SBK: Presentati i Team Althea e BMW Italia | MX: Intervista a Laurens Klein Koerkamp


Triumph Speed Triple 1050 R

PREGI

Guidabilità e Look

DIFETTI

Aspettiamo un traction control

PREZZO € N.d

Prova naked

La Speed che ci voleva! di Francesco Paolillo | Triumph allestisce una versione dotata di tutti gli accessori tecnici che fanno la felicità degli appassionati e presenta la versione “R” della fortunata Speed Triple 1050. In pista (a Jerez) va davvero forte 2

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A

Sospensioni Partendo dalla versione che probabilmente, definire base è riduttivo, diciamo Standard, sono intervenuti su quei comparti che fanno la differenza ai fini delle prestazioni dinamiche, soprattutto in pista, ma che anche su strada innalzano notevolmente il piacere 4

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SPORT

circa un anno di distanza dal primo test della Triumph Speed Triple 1050, ci ritroviamo catapultati sul Circuito di Jerez de la Fronteira, per mettere alla prova la versione “ricca” della naked di Hincley. Quanti sono i motociclisti che amano o amerebbero mettere le mani sulla propria amata due ruote? Sono, anzi siamo in tanti, e proprio per questo motivo in Inghilterra hanno voluto allestire una versione con una raffinata dotazione tecnica.

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di guida. Iniziamo dalle sospensioni, elemento fondamentale per “sentire” la moto, ed entrarci in sintonia. Il feeling con quella della Speed che provammo lo scorso anno era già di categoria, ma quella Öhlins NIX30 dorata con steli da 43 mm promette un bel salto di qualità. E non sia mai che la forcella sia orfana di un monoammortizzatore di livello superiore, ecco allora un bel TTX36 sempre griffato Öhlins che ammicca alla base del monobraccio. Il miglioramento della dinamica di una moderna naked, quale la Speed Triple R, non può prescindere dal montaggio di due cerchi alleggeriti, in questo specifico caso due splendidi PVM in alluminio forgiato, che fanno guadagnare... scusate, fanno perdere la bellezza di 1,7 kg rispetto a quelli della Speed “senza R” (che erano già dimagriti di 3 kg rispetto alla precedente versione... -4,7 kg totali sulle ruote sono roba da stravolgere le prestazioni!).

Freni Sospensioni che promettono di leggere e interpretare meglio l’asfalto, ruote alleggerite per rendere la naked inglese più reattiva nei cambi di direzione e più rapida in accelerazione (meno peso della ruota posteriore significa meno inerzia), ma come recitava un vecchio spot pubblicitario “ma qui manca qualcosa!”. Ma cosa? Ma un impianto frenante con gli attributi. A questo ci ha 5


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pensato Brembo, un marchio che è sempre più sinonimo di prestazioni elevate al top. A prescindere che l’ABS è sempre disponibile come optional (600 €) e che la versione Standard è dotata di pinze Brembo, le nuove pinze radiali monoblocco a quattro pistoncini fornite dall’italico produttore in accoppiata con la pinza radiale, promettono, e non c’è motivo di dubitarne, un accorciamento degli spazi di frenata del 5% rispetto all’impianto “base”.

Cambio Durante la prova della Speed sul tracciato di Ronda, era emersa una certa insofferenza del cambio all’utilizzo senza guanti bianchi. In Inghilterra non sono stati a dormire e hanno capito che le migliorate prestazioni della versione “R” dovevano passare anche da un miglior feeling con la trasmissione. Nuovo disegno degli ingranaggi, tolleranze ridotte dovrebbero aver migliorato la situazione.

Motore Il tre cilindri da 1050 cc raffreddato a liquido, con i suoi 135 CV (99 Kw) a 9.400 giri/min e la coppiona da 111 Nm a 7.750 giri/min non necessitava certo di una iniezione di cavalli, anche perché ricordiamoci che su una naked seppur votata anche all’uso pistaiolo come la “R”, la potenza non è tutto, ma è la sfruttabilità che fa la differenza e da questo punto di vista la Speed Triple R sembra ben messa.

Civetteria L’accessorio tecnico si accompagna a una moderata civetteria, sottolineata dai deflettori sul parafango anteriore, i convogliatori dell’aria e dalla cover del serbatoio in fibra di carbonio. Il telaietto reggisella è dipinto di rosso (particolare comune a tutte le Triumph “R”) così come i filetti, sempre rossi, che ornano le fiancatine e i cerchi PVM. Anche la piastra di sterzo e il manubrio nero con il logo “R” fanno la loro parte e rendono più accattivante il ponte

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Partendo dalla versione che probabilmente definire base è riduttivo, diciamo Standard, sono intervenuti su quei comparti che fanno la differenza ai fini delle prestazioni dinamiche, soprattutto in pista, ma che anche su strada innalzano notevolmente il piacere di guida

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di comando. Nel complesso la Speed Triple R si presenta davvero bene, curata e ben rifinita e con un allestimento e degli accessori del valore complessivo di circa 6.800 Euro (!), mentre il prezzo rispetto alla Standard cresce di “soli” 2.800 € (14.495 € - 15.095 con ABS). Se poi siete veramente incontentabili, allora il kit Lancio è tagliato su misura per voi. Questo è prettamente estetico e comprende un cupolino (valore 237 €), puntale (253 €), sella in gel (218 €), copri sella (190 €), faro posteriore con catadiottro bianco (73 €) sensori pressione pneumatici (174 €). Ebbene fatevi uno sconto del 20% e ve lo portate a casa insieme alla moto, che vi ricordo si può scegliere in due differenti colorazioni, bianca o nera, Crystal White e Phantom Black. In pista Premettiamo che un tracciato come quello di Jerez è un banco di prova decisamente impegnativo per una sportiva, se poi la moto in questione è sì sportiva, ma nuda, e per di più con quote ciclistiche e caratteristiche meccaniche più da misto che da cordolo,

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allora la sfida su un tracciato veloce è di quelle improbe. Memore, però, delle ottime impressioni ricavate dal test dello scorso anno in sella alla versione Standard, non posso che essere ottimista sugli obbiettivi che può raggiungere questa versione R forte di una dotazione tecnica da prima della classe. In sella ci si trova immediatamente a proprio agio, la postura è ergonomicamente perfetta, raccolta con il manubrio ravvicinato e i comandi (entrambe le leve sono regolabili) al posto giusto. La strumentazione leggibile e ricca di informazioni (in questo frangente possono sicuramente tornare utili le funzioni cronometro e i led sequenziali che avvertono dell’approssimarsi del limitatore di giri), mentre la reattività e la voce del motore tre cilindri sono sempre un piacere, che diventa libidine nel caso in cui si montino i leggeri scarichi Arrow (omologati) che tra le altre cose regalano qualche cavallo, oppure il tromboncino basso, che però di omologato per uso stradale ha al massimo la fascetta dei collettori, visto il rumore che fa. Via le termocoperte dalle Pirelli Diablo Supercorsa SP di primo equipaggiamento (120/70 ZR17 e 190/55 ZR17), che per dovere di cronaca verranno utilizzate nella Superstock1000 FIM Cup, e che rappresentano una novità nella gamma Pirelli (stesso disegno e profilo delle Supercorsa SC in mescola). Tre giri dietro al collaudatore Triumph, che di nome fa Lopez, mantenendo un passo brillante, mi fanno apprezzare immediatamente le modifiche al cambio. Nessuna rivoluzione, ma la scorrevolezza e la precisione degli innesti appare decisamente migliorata. Lopez si fa da parte... ed il polso destro si posiziona fisso sui 90°. Il tre cilindri spinge, senza particolare cattiveria, ma in maniera lineare e consistente fino al “taglio” del limitatore poco oltre i 10.000 giri. I cavalli ci sono 9


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e sono tutti ampiamente sfruttabili, così come la coppia ai medi regimi, che permette di uscire dalla curva Dry Sack e dal tornantino che immette sul rettilineo di partenza (Ducados) con carattere ed immediatezza, anche nel caso in cui si spalanchi il gas con un rapporto più alto di quello ottimale. Di tutte le novità tecniche che equipaggiano la Speed Triple 1050 R, quella che personalmente ritengo la più importante, e la più evidente dal punto di vista del miglioramento della guidabilità, è la coppia di cerchi PVM. I chili in meno su due componenti così delicati per la dinamica della moto, rendono la Speederre decisamente più rapida della Standard nei cambi di direzione, così come nel prendere la corda di una curva, veloce o lenta che sia. Affrontando le curve Criville e Ferrari, due curve velocissime in sequenza, da pelo mochettato sullo stomaco, la possibilità di chiudere la traiettoria a piacimento è di tutto rispetto, mentre la precisione direzionale e l’avantreno granitico della Speed Standard sono enfatizzati in questa versione kittata. Altro che cercare potenza e cavalli in più con scarichi e centraline, i tempi scendono maggiormente, ed il divertimento cresce in maniera esponenziale, montando dei cerchi di questo tipo. Le sospensioni Öhlins sono una certezza, pur ricordando con piacere e soddisfazione anche quelle della Standard, e permettono regolazioni e personalizzazioni infinite. La forcella appare più sostenuta, e permette di godersi la potenza del nuovo impianto frenante Brembo che si è dimostrato oltre che estremamente potente,

anche particolarmente modulabile. Nessun sintomo di fading (allungamenti della corsa della leva) anche dopo svariati giri a ritmo, che definire sostenuto sarebbe un eufemismo. Controllato e stabile il comportamento della Speed in fase di staccata, con il posteriore che difficilmente preoccupa il pilota, mentre la mancanza dell’ antisaltellamento non pregiudica la fase di inserimento. Nel caso in cui ci si ritrovi con il coltello tra i denti, nel bel mezzo di sfide all’ultima staccata, il cambio, che avevo lodato ad inizio prova, mostra qualche tentennamento. Alle cambiate senza frizione pelando solo il gas, preferisce lo stile crossistico, che prevede una leggera e rapida pressione sulla leva della frizione, mantenendo il gas aperto mentre si innesta il rapporto superiore. In questa maniera difficilmente vi tradirà. Il grande grip offerto dalle Pirelli Diablo Supercorsa SP, e di conseguenza il notevole angolo di piega raggiungibile, mette in evidenza anche un limite nella luce a terra offerta dalle pedane che grattano sull’asfalto in più di una curva. Siamo in pista, e quello che qui può sembrare un limite difficilmente 10

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Bellissima inglese di razza! Finalmente si cominciano a fare delle R con roba di qualità altissima e finiture di pregio! Ottima moto,credo la mia prossima! paolo.pavarini - 30/01/2012 Bella!!! La naked più bella sul mercato!!! roberto2855 - 30/01/2012

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3 1 Strumentazione leggibile e ricca di informazioni. 2 Pinze Brembo radiali monoblocco a quattro pistoncini fornite dall’italico produttore in accoppiata con la pinza radiale. 3 Quella Öhlins NIX30 dorata con steli da 43 mm promette un bel salto di qualità.

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sarebbe riscontrabile su strada, e in ogni caso è tale la leggerezza e l’agilità della Speed, che porvi rimedio, raddrizzando leggermente la moto, è una manovra facile ed intuitiva. L’ABS è stato disinserito per l’occasione, ma sulla bontà di tale dispositivo non c’è più niente da scrivere, mentre la mancanza di un controllo di trazione, che addirittura si sta affacciando anche al mondo degli scooter, è da interpretare come un difetto (a cui peraltro le Diablo Supercorsa SP riescono a porre rimedio grazie al loro grip esagerato). Oltre 15.000 € sono una cifra di tutto rispetto, e non è poi così difficile fare lievitare il prezzo ben oltre i 16.000 € giusto barrando due o tre caselle nel listino degli optional. Però va riconosciuto a questa naked inglese che è difficile che si possa desiderare altro, in quanto ha già tutto il necessario per ben figurare sia al bar che in pista, o semplicemente sul Passo della Futa. Insomma è appagante sia per il feticista che per l’appassionato. Che dire, alla Triumph una moto così mancava, e hanno fatto bene farla.

SCHEDA TECNICA

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Triumph Speed Triple

Tempi: 4 1050 R Cilindri: 3 € n.d Cilindrata: 1050 cc Disposizione cilindri: in linea Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 131 cv / 9250 giri Coppia: nM / 7500 giri Marce: 6 Freni: DD-D Misure freni: 320-220 mm Misure cerchi (ant./post.): 17’’ / 17’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 219 kg Lunghezza: 2086 mm Larghezza: 728 mm Altezza: 828 mm Capacità serbatoio: 17.5 l Segmento: Naked

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Yamaha Xenter 125

PREGI

Maneggevolezza

DIFETTI

Scarsa visibilità specchietti retrovisori

PREZZO € 2.890

Prova scooter

Lo Yamaha che mancava - Part II di Cristina Bacchetti | Dopo lo Xenter 150 ecco il gemello da 125 cc: ora la gamma è davvero completa. Xenter 125 arriva sul mercato forte di una grande agilità, stabilità e di un prezzo particolarmente invitante: 2.890 Euro compresi bauletto e parabrezza 16

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al diluvio spagnolo!) ne evidenziano la ricercatezza. Il bauletto in tinta da 39 litri, appositamente disegnato da Yamaha per Xenter, è di serie e va a sopperire la mancanza di spazio nel sottosella dove difficilmente potrete alloggiare qualcosa più di qualche effetto personale, pecca non rara sugli scooter a ruota alta, ma parametro importante per chi cerca un mezzo da sostituire all’auto in città. Borsa interna e cuscino poggiaschiena per il bauletto sono optional, così come il telo copri gambe dedicato. Un vano con apertura “push” sul cruscotto permette di riporre gli oggetti di uso frequente come chiavi, Telepass o un piccolo cellulare (no, l’iPhone non ci sta). La pedana piatta è più ampia della media, merito del telaio a doppia trave, novità importante su questo tipo di scooter, che va a favorire anche la stabilità del mezzo e la riduzione delle vibrazioni. I cerchi da 16” a cinque razze calzano pneumatici dal battistrada appositamente disegnato, che hanno sofferto un po’ solo nelle frenate sulle scivolose strisce bianche bagnate. Il pannello della strumentazione è a cristalli liquidi (non siamo riusciti a testarlo controsole, ma nella nostra prova della versione da 150 cc il collega Maurizio Tanca riporta: “Come per tutte le strumentazioni lcd, però, controsole può diventare

difficile leggerne le informazioni, a maggior ragione usando occhiali o visiera scura”), e ospita tutte le informazioni di routine, tra cui la velocità ben visibile al centro, oltre all’orologio, la temperatura esterna e, nella parte alta, cinque spie per avere sempre tutto sotto controllo. Come va? Una volta in sella emerge subito il lavoro svolto dai tecnici dei tre diapason per rendere Xenter facile e confortevole per i piloti di ogni stazza e capacità di guida: la sella è bassa (a 785 mm da terra), con la parte anteriore molto stretta che

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cooter bagnato, scooter collaudato Il meteo non è dalla nostra, a Barcellona: freddo, pioggia e traffico congestionato ci accompagnano per tutta la giornata in sella al nuovo ruota alta di Iwata. Quale condizione migliore per testare a modo il nuovo nato Yamaha? Visto l’utilizzo quotidiano urbano per cui si propone, quindi in qualsiasi condizione meteo, la giornata non proprio tipicamente spagnola ci ha sicuramente aiutato nella valutazione. Nel suo nome, Xenter, è racchiuso tutto quello che Yamaha vuole trasmettere: la X, ormai simbolo di riconoscimento degli scooter dei tre diapason, la parola centro, luogo in cui si sente più a suo agio ed entry level, che va a sottolineare il pubblico a cui maggiormente si rivolge. Com’è? La linea di Xenter 125 è fresca e filante, come richiesto dal mercato per il target in cui va ad inserirsi; il doppio faro anteriore gli dà un’impronta decisamente “Made in Iwata” e le accortezze estetiche quali una bella coda slanciata - che ospita un portapacchi integrato e i maniglioni per il passeggero, e si completa con un faro a LED - e il parabrezza con paramani (decisamente efficace sotto

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Il comparto sospensioni passa l’esame a pieni voti, ricalcando perfettamente la strada anche sulle sconnessioni, e si rivela probabilmente il maggior punto di forza di Xenter

permette un appoggio sicuro a terra anche ai meno alti. Le ginocchia non toccano lo scudo e la posizione, anche se un po’ obbligata (come su buona parte dei ruote alte del resto), è comunque comoda. Un po’ più sacrificata l’abitabilità per chi supera il metro e settanta. Il piccolo Yamaha è leggero (142 kg in ordine di marcia) e si lascia spostare con nonchalance anche a motore spento. Stupisce anche la semplicità con cui si lascia accomodare sul cavalletto centrale: dell’assente stampella laterale non si sente quindi più di tanto la mancanza e questo è stato reso possibile semplicemente avvicinando il cavalletto al baricentro dello scooter, per la felicità di molte fanciulle che (ammettiamolo!), si trovano spesso in difficoltà con questa angusta manovra. Si va, un colpo di acceleratore e Xenter parte dolce ma deciso e con un’ottima risposta del gas anche in ripresa: il propulsore da 125 cc raffreddato a liquido che lo equipaggia è stato pensato e progettato appositamente per lui, 20

con la chiara intenzione di non mettere mai in crisi il guidatore, garantendogli sicurezza anche nei sorpassi più impegnativi. Sono state inoltre ridotte le vibrazioni, grazie ad accorgimenti quali l’impiego di pistoni forgiati in alluminio, riporto ceramico sui cilindri e contralbero di bilanciamento. Il motore offre una potenza di 9,2 kW a 7.500 giri (poco più di 12 cv) e una coppia di 11,9 Nm a 7.200 giri. Visto il meteo avverso non abbiamo certo toccato velocità da superbike, ma nonostante tutto abbiamo potuto apprezzare le doti di stabilità offerte dal mono posteriore “di ispirazione TMax”, che personalmente ho molto apprezzato anche per la linea pulita che lascia tra la coda e la ruota posteriore. L’ammortizzatore è posizionato all’interno del telaio, vicino al baricentro in modo da centralizzare le masse e aumentare la maneggevolezza. Due i livelli d’intervento: in primis la molla ammortizza l’impatto iniziale, poi gli sbalzi più forti. L’azione di assorbimento risulta quindi molto 21


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1 Il doppio faro anteriore gli dà un’impronta decisamente “Made in Iwata”. 2 I cerchi da 16” a cinque razze calzano pneumatici dal battistrada appositamente disegnato. 3 Il pannello della strumentazione è a cristalli liquidi di qualità e ospita tutte le informazioni di routine.

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certo ritardo rispetto alla (forte) concorrenza su un mercato importante come quello dei ruota alta di piccola cilindrata, ha logicamente “costretto” Yamaha a proporre un prodotto forte e ben studiato, al quale effettivamente è difficile trovare difetti, anche a livello di finiture e particolari. A voler cercare il pelo nell’uovo: gli specchietti retrovisori non offrono una visibilità ottimale e le colorazioni attualmente proposte sono solo tre, e non spiccano certo per personalità: particolari di sicuro facilmente migliorabili. Per quanto riguarda i consumi, Yamaha non rilascia dichiarazioni “in numeri” ma si limita a promettere un parsimonioso consumo di carburante, garantendo che questo aspetto è stato tenuto tra le priorità in fase di progettazione e sviluppo del suo piccolo centoventicinque. Xenter è nelle concessionarie dai primi di febbraio a 2.890 euro, dotato di parabrezza con paramani integrati e bauletto in tinta di serie, nelle colorazioni Sky Blue, Avalanche White, Midnight Black. E’ ovviamente guidabile a partire dai 16 anni, o con la patente B.

Yamaha

SCHEDA TECNICA

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efficace, cosa solitamente rara sugli scooter di piccole dimensioni, ma non solo... Disposta longitudinalmente nel telaio, la molla converte il movimento della ruota da verticale a orizzontale, evitando torsioni e con un’escursione di 92 mm. Il comparto sospensioni, quindi anche la forcella, passa dunque l’esame a pieni voti, ricalcando perfettamente la strada anche sulle sconnessioni, e si rivela probabilmente il maggior punto di forza di Xenter. La frenata è buona e modulabile. Nonostante il tamburo posteriore da 150 mm faccia storcere un po’ il naso, può contare sull’aiuto del disco da 267 mm (contro i 240 mm del concorrente più diretto, leggi SH, che però è dotato di pinza anteriore a 3 pistoncini e disco anche al posteriore). Nelle fermate d’emergenza è necessario forzare un po’ sulle leve per fermarsi in spazi contenuti, ma comunque in sicurezza grazie al sistema di frenata combinata UBS, già collaudata sul Neo’s: agendo sulla leva destra si attiva esclusivamente il disco anteriore, agendo sulla leva di sinistra lo scooter ripartisce la potenza frenante tra il disco anteriore ed il tamburo, in modo da evitare bloccaggi indesiderati. Il fatto di aver debuttato con un

Xenter 125 Tempi: 4 € 2.890 Cilindri: 1 Cilindrata: 125 cc Raffreddamento: a liquido Avviamento: E Potenza: 9.2 kW / 7500 giri Coppia: nM / 7200 giri Marce: AV Freni: D-T Misure freni: 267-150 mm Misure cerchi (ant./post.): 16’’ / 16’’ Normativa antinquinamento: Euro 3 Peso: 142 kg Segmento: Scooter Ruote alte

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Le prime foto della Honda RC213V di Stoner e Pedrosa Honda ha presentato all’Hotel Pan Pacific di Kuala Lumpur il Repsol Honda Team. Sul palco, accanto ai piloti, anche il top Management di HRC: Shuhei Nakamoto, Shinichi Kokubu (Direttore Tecnico) e Livio Suppo (Direttore Marketing e Comunicazione)

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La Yamaha M1 2012 di Jorge Lorenzo Dal Web trapelano le prime immagini delle moto ai box: ecco anche la Yamaha M1 di Jorge Lorenzo

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Test a Sepang 2012. Stoner sempre davanti di Giovanni Zamagni | Casey Stoner fa un altro sport e chiude i test con 0”591 di vantaggio su Jorge Lorenzo, 0”649 su Dani Pedrosa, 0”888 su Ben Spies e 1”217 su Valentino Rossi, quinto e in progressione

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erza giornata Casey Stoner fa un altro sport e chiude i test con 0”591 di vantaggio su Jorge Lorenzo, 0”649 su Dani Pedrosa, 0”888 su Ben Spies e 1”217 su Valentino Rossi, quinto e in progressione. Solo ottavo Andrea Dovizioso, staccato di 1”650. La prima CRT (Colin Edwards) prende 5”115 in una giornata chiusa in anticipo per l’arrivo della pioggia poco dopo le 17 locali. STONER: SEMPLICEMENTE IMPRESSIONANTE Costretto a saltare la prima giornata di prove per un dolore muscolore alla schiena, Stoner ha poi dominato sia il secondo sia il terzo giorno, rifilando distacchi pesantissimi ai rivali. L’1’59”607 con il quale ha dominato i test l’ha realizzato al secondo giro, quando la temperatura era più fresca, poi ha compiuto altri tre passaggi sotto i 2’01”. Come al solito, Stoner ha girato poco – 21 giri totali, contro i 35 di Lorenzo, i 26 di Pedrosa e i 42 di Rossi, il primo a scendere in pista -, ma sempre con grande costanza e velocità. Insomma, il futuro papà è già in forma e la Honda è sicuramente competitiva anche in versione 1000 cc. LORENZO: SE LA PUO’ GIOCARE Ma se il distacco sul singolo giro indica una netta supremazia della coppia Stoner-Honda, l’analisi dettagliata dei tempi dice che Jorge Lorenzo è molto più vicino di quel che appare. Anzi, sul passo gara, lo spagnolo della Yamaha è perfino messo meglio del rivale australiano: Lorenzo ha totalizzato ben 13 passaggi in 2’00”, confermandosi ancora una volta un autentico “martello”. Jorge, insomma, è andato decisamente forte e la sua prestazione è ancora più significativa se si pensa che non saliva in moto dallo scorso ottobre, quando si infortunò alla mano sinistra nel warm up del GP d’Australia. La M1 non è stata stravolta rispetto al 2011 (nemmeno la Honda, per la verità), continua a essere equilibrata, molto stabile in inserimento, ma con ancora qualche problema in accelerazione. Una buona moto, che Lorenzo guida alla grande. 32

Anche Ben Spies non è andato piano, ma una innocua scivolata alla curva numero sei ha chiuso anticipatamente i suoi test: come al solito, l’americano della Yamaha è veloce, ma non convince completamente. Rimanendo in casa Yamaha, rispetto ai giorni precedenti ha fatto un passo indietro Cal Crutchlow, settimo a 1”501, mentre Andrea Dovizioso si deve accontentare dell’ottavo posto a 1”650: il pilota italiano si sta ancora adattando alla M1 e, soprattutto, è pesantemente condizionato dall’infortunio alla clavicola destra, fratturata nemmeno un mese fa mentre si allenava con la moto da cross. ROSSI-DUCATI: PROGRESSI EVIDENTI La grande attesa per il debutto della nuova Ducati, non è andata delusa, anche se il distacco (1”217) subito da Valentino Rossi potrebbe far pensare il contrario. Ma se si toglie Stoner, ecco che la differenza si dimezza e, soprattutto, Valentino ha migliorato

sessione dopo sessione (oggi ha tolto un secondo), come non gli era praticamente mai successo nel 2011. «Valentino – ha spiegato l’ingegner Filippo Preziosi, direttore tecnico di Ducati Corse – ha trovato la confidenza che gli mancava con l’anteriore: questo significa che abbiamo lavorato nella giusta direzione. Adesso dobbiamo migliorare la prima parte dell’accelerazione, intervenendo su ciclistica, elettronica e motore». Dal 20 al 22 febbraio, prima quindi della 33


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PEDROSA E GLI ALTRI Per quanto riguarda Dani Pedrosa, il suo terzo tempo non può essere considerato soddisfacente: l’anno scorso, lo spagnolo aveva chiuso i test di Sepang molto più vicino allo scomodo compagno di squadra. Dani non ha entusiasmato nemmeno sul passo, ma è anche giusto ricordare che lo spagnolo non è mai stato uno troppo regolare in prova, specie durante le sessioni di test. Vediamo a fine febbraio, quando sarà interessante verificare anche gli eventuali miglioramenti di Alvaro Bautista, al debutto con la Honda del team Gresini, e Stefan Bradl, con la RCV del team LCR: per il momento, 34

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prossima sessione malese (28 e 29 febbraio, 1 marzo) il test team Ducati sarà in pista a Jerez e, condizioni permettendo, ci sarà anche Nicky Hayden, che anche oggi ha chiuso le prove con ampio anticipo per i dolori alla spalla. Rossi, invece, aspetterà Sepang per tornare in sella alla Desmosedici, sicuramente soddisfatto per i progressi fatti. Naturalmente c’è ancora moltissimo da fare e in questo momento non sarebbe in grado di lottare per la vittoria, ma il salto in avanti rispetto all’anno scorso è evidente, anche se oggi nel passo-gara Valentino non è stato troppo incisivo. Ma, non dimentichiamolo, siamo solo all’inizio di un cammino molto lungo, iniziato però bene. Sesto Hector Barbera, che ha chiuso a un decimo da Rossi con la Ducati GP0.

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entrambi non hanno entusiasmato, tutt’altro. Deludente, secondo le aspettative, il primo confronto diretto tra MotoGP e CRT, con Colin Edwards che ha chiuso al 15esimo posto a 5”115 da Stoner e a 2”5 dall’ultima MotoGP, la Ducati GP0 di Karel Abraham. Distacchi elevati che diventano abissali nel caso dei quasi sconosciuti Silva, Petri e Torres, perché, come si è detto più volte, il problema delle CRT non è solo nelle moto, ma anche nei piloti. Seconda giornata E’ stata una giornata intensa la seconda delle tre in Malesia, con tutti i piloti in pista, compreso il campione del mondo Stoner, bloccato ieri dal mal di schiena. E, come al solito, c’è voluto poco a Casey per rimettere le cose a posto: al terzo giro (!) aveva già realizzato 2’01”811, all’ottavo 2’01”245, al 19esimo 2’00”895, tempo che poi nessuno riuscirà più a battere. Così, l’indemoniato australiano ha rifilato 0”157 a Spies, 0”173 a Lorenzo, 0”613 a Pedrosa, 0”670 Crutchlow, 0”893 a Barbera e 0”991 Rossi. STONER: PILOTA DA BATTERE Insomma, è bastato poco per avere la conferma che è sempre Stoner il punto di riferimento, il pilota da battere, capace di realizzare ben 12 giri (su 29 totali) sotto i 2’02”. Rimane l’incognita della sua tenuta fisica, perché il problema di ieri alla schiena può essere

considerato allarmante, ma se è a posto, diventa dura stare davanti alla coppia Stoner-Honda. YAMAHA COMPETITIVA Anche se la Yamaha sembra competitiva, con tre piloti nei primi cinque posti e Andrea Dovizioso nono, rallentato dai problemi fisici: la spalla destra, fratturata solo 26 giorni fa, non gli permette naturalmente di spingere a dovere e di sfruttare al meglio la M1. Lo ha invece fatto Ben Spies, rigenerato rispetto alle difficoltà di fine 2011. Ben è arrivato a soli 157 millesimi da Stoner, totalizzando nove giri sotto i 2’02”: non male, ma bisogna ricordare che anche nel 2011, nei test invernali, era stato velocissimo a Sepang, più del compagno di squadra. 35


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Esattamente come è successo oggi, ma se si guarda il cronologico si vede che Jorge Lorenzo è decisamente più costante (15 giri sotto i 2’02”): insomma, al momento è sempre lui il punto di riferimento del team. Ieri Lorenzo aveva dichiarato che la Yamaha ha potenziale e un buon margine di miglioramento, ma l’aspetto più importante è che Jorge sembra aver ritrovato velocità e costanza. Buono il quinto tempo di Cal Crutchlow, sicuramente in crescita, anche se il pilota del team Tech3 è ancora troppo altalenante nelle sue prestazioni. ROSSI: UN SACCO DI LAVORO Rispetto a ieri, Lorenzo si è 36

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migliorato di sei decimi, più o meno come è riuscito a fare Valentino Rossi, sceso da 2’02”392 a 2’01”886: una conferma che la GP12 ha margine di miglioramento. Oggi, Jeremy Burgess, capotecnico di Rossi, si è “scatenato” a provare assetti e soluzioni, sfruttando al massimo le ore a disposizione. «Test positivi, si stanno provando un sacco di cose… La moto ragazzi è ancora giovane ma secondo me ha un bel potenziale» ha commentato Uccio su Twitter un attimo dopo la fine della sessione, a conferma che c’è molto lavoro da fare sulla nuova Desmosedici. Inevitabile: Honda e Yamaha possono sfruttare un’esperienza di molti anni sul telaio perimetrale, che per la Ducati, al contrario, è una novità assoluta. Siamo quindi in linea con quanto preventivato e la giornata di domani sarà forse più significativa per il tempo sul giro, mentre oggi si è pensato soprattutto alla messa a punto, con Burgess desideroso di verificare più strade possibili. Valentino è sempre stato il più veloce dei piloti Ducati, fino all’ultimo giro, quando Hector Barbera, in scia proprio a Rossi, è riuscito a portare la sua GP0 – la versione utilizzata da Rossi a Valencia – davanti alla GP12 ufficiale per un decimo, facendo infuriare Uccio e chi sta vicino a Valentino. Nicky Hayden ha invece chiuso decimo a 1”459, ma il pilota americano ha dovuto smettere in anticipo, perché troppo dolorante alla spalla destra infortunata quest’inverno in allenamento. Discreto passo in

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avanti per Alvaro Bautista, ottavo in 2’01”933, mentre Stefan Bradl (11°) è incappato nella prima scivolata, fortunatamente senza conseguenze. FUTURO PIU’ CHIARO Mentre le CRT continuano a confermarsi un fallimento assoluto – Colin Edwards, con la Suter-BMW in versione 2011, perché con la 2012 ha avuto problemi elettronici, si è beccato 4”7 – si delinea il futuro della MotoGP: i costruttori avrebbero trovato un accordo perché le moto satellite non costino più di un milione di euro dal 2013, mentre le Case ufficiali non schiereranno più di due piloti, con un tetto massimo di spesa. Prima giornata La nuova Ducati GP12 di Rossi, la Yamaha di Lorenzo e la Honda di Stoner sul filo dei centesimi di secondo, a misurarsi per la prima volta sull’asfalto della Malesia. Il primo test 2012 è importante per tutti i team per comprendere meglio le prestazioni della nuova cilindrata (da 800 cc a 1000 cc) e dell’incognita CRT. C’era grande attesa per il ritorno in pista della MotoGP, ma l’acqua caduta nella notte ha, di fatto, ritardato l’inizio delle prove, che poi però si sono svolte in modo regolare. I tempi, però, non sono stati eccezionali, 37


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LORENZO OK, STONER KO Non si fa a tempo a scendere in pista, che c’è già una sorpresa, purtroppo negativa: mentre si infila la tuta, il campione del mondo Casey Stoner si blocca con la schiena ed è costretto a ritornare in albergo, senza nemmeno salire sulla moto. Non è una novità: anche nel 2011 e in passato, l’australiano ha sofferto per dolori alla schiena, ma certo è un segnale preoccupante, che potrebbe anche condizionarne la stagione. Inizia invece molto bene, meglio delle aspettative, Jorge Lorenzo, che non saliva in sella da quasi cinque mesi, dal wurm up del GP d’Australia, quando si infortunò alla mano destra. Ma il campione della Yamaha non ci ha messo molto a ritrovare ritmo e velocità, conquistando nettamente il miglior tempo, con 0”346 di vantaggio su Dani Pedrosa, 0”564 su Cal Crutchlow, 0”577 su Ben Spies, 0”735 su Valentino Rossi e 1”094 su Andrea Dovizioso. Per Lorenzo, è stata sicuramente una buona prima giornata di prove, per diversi motivi: è stato l’unico a scendere sotto i 2’02”, riuscendoci per ben cinque volte, a conferma che, come al solito, lo spagnolo riesce a essere costantemente rapido. La Yamaha sembra aver lavorato bene durante l’inverno e aver fatto tesoro 38

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comunque più alti delle aspettative: bisogna quindi stare attenti nelle valutazioni.

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delle difficoltà emerse a novembre a Valencia, ma è comunque presto per dare un giudizio, perché i tempi sono ancora alti – a ottobre Pedrosa aveva ottenuto la pole in 2’01”462, naturalmente ancora con la 800 – e in pista non c’era Stoner, il punto di riferimento della MotoGP. In ogni caso, Jorge può ritenersi giustamente soddisfatto per il suo ritorno in sella. ROSSI: DEBUTTO INTERESSANTE Il quinto tempo di Valentino Rossi a 0”735 da Lorenzo non è male, considerando che la GP12 era al debutto assoluto. Al termine della giornata, Valentino, scendendo dalla moto, ha fatto una piccola carezza al serbatoio, a conferma che le prime sensazioni sono positive. Calma, però, con gli entusiasmi: nel 2011 si è visto più volte come il fenomeno di Tavullia riuscisse subito a portare la Ducati a un certo limite, senza poi però migliorarsi nei test successivi. Insomma, va tutto verificato anche se, naturalmente, questa è una moto completamente differente, quindi con possibilità di regolazioni molto più ampie rispetto a quelle della GP11, ormai arrivata al limite. Insomma, si può dire che, come prima giornata, non ci si poteva aspettare di più. “Ancora la bimba è molto nuova, ma già sembra comportarsi meglio” ha scritto Uccio, l’inseparabile amico di Valentino, su Twitter poco dopo la fine dei test.

Insomma, c’è moderato ottimismo all’interno del box Ducati, ma bisogna aspettare che i tempi si abbassino per avere un’idea più precisa. Rispetto alle qualifiche del GP della Malesia dello scorso ottobre, Rossi ha girato 3 millesimi più veloce e questo è sicuramente un buon segno, considerando che Pedrosa oggi è stato più lento di sei decimi rispetto ad allora. Con Nicky Hayden ancora convalescente per i postumi all’infortunio alla spalla destra, la seconda Ducati più veloce in pista è stata quella di Hector Barbera, che utilizza, è bene ricordarlo, la GP0, ovvero la Desmosedici provata da Rossi nei test di novembre a Valencia: lo spagnolo ha chiuso settimo 39


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MotoGP Test Sepang Classifica GP di San Marino Pos.

a 1”116 da Lorenzo e a quattro decimi dal compagno di marca in sella alla GP12. BRAVO DOVIZIOSO, BENE LA YAMAHA A soli 25 giorni dalla frattura della clavicola destra, Andrea Dovizioso ha ben impressionato, conquistando il sesto tempo assoluto a 1”094 da Lorenzo. Il Dovi ha messo insieme una ventina di giri, stando ben attento a non forzare più di tanto e a non prendere rischi: ecco perché la sua prestazione deve essere considerata positiva. Così come quella della Yamaha, che ha quattro piloti ai primi sei posti, con Cal Crutchlow sorprendentemente terzo (il britannico è efficace nel giro secco, meno sulla distanza) e Ben Spies quarto. 40

HONDA ALL’INSEGUIMENTO Dopo aver dominato il 2011, compresi i test di Valencia, la Honda, senza il suo pilota di riferimento, si trova inaspettatamente a inseguire. Ma anche in questo caso, calma con i giudizi: Pedrosa ci mette sempre un po’ a ritrovare il ritmo, mentre Alvaro Bautista, che utilizza sospensioni Showa, e Stefan Bradl devono ancora prendere le misure alla RC213V: lo spagnolo ha chiuso nono a 1”212, il tedesco campione del mondo della Moto2 11esimo a 2”011.

Pilota

Team

Fastest lap

Laps

1

Casey Stoner

Repsol Honda Team

1:59.607

21

2

Jorge Lorenzo

Yamaha Factory Racing

2:00.198

35

3

Dani Pedrosa

Repsol Honda Team

2:00.256

26

4

Ben Spies

Yamaha Factory Racing

2:00.495

16

5

Valentino Rossi

Ducati Team

2:00.824

42

6

Hector Barbera

Pramac Racing Team

2:00.929

40

7

Cal Crutchlow

Monster Yamaha Tech 3

2:01.108

26

8

Andrea Dovizioso

Monster Yamaha Tech 3

2:01.257

40

9

Alvaro Bautista

San Carlo Honda Gresini

2:01.384

34

10

Nicky Hayden

Ducati Team

2:01.729

19

11

Stefan Bradl

LCR Honda

2:01.894

38

12

Karel Abraham

Cardion AB Motoracing

2:02.218

38

13

Katsuyuki Nakasuga

Yamaha Factory

2:02.334

27

14

Franco Battaini

Ducati Team

2:03.033

35

15

Colin Edwards

NGM Mobile Forward Racing

2:04.722

36

CRT LONTANISSIME Il primo confronto ufficiale tra MotoGP e CRT ha avuto un esito sconfortante: Colin Edwards, che a ottobre aveva ottenuto il quarto tempo in qualifica, ha chiuso 15esimo a 6”583 (!), mentre Jordi Torres e Ivan Silva, con le Kawasaki-FTR, hanno beccato oltre nove secondi. Ora, è vero che stiamo parlando di piloti praticamente sconosciuti – il riferimento, naturalmente, è a Torres e Silva, non certo ad Edwards -, ma la differenza è veramente abissale. “La CRT non è una formula che ci interessa” ha detto alla vigilia dei test il numero due della HRC Shuhei Nakamoto, annunciando, di fatto, uno scontro con Carmelo Ezpeleta sul futuro regolamentare. Alcune CRT stanno girando anche a Valencia e nella giornata di ieri, Randy De Puniet, con l’Aprilia del team Martinez, non è andato malissimo, ma, è ovvio, le MotoGP sono un’altra cosa. 41


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Credo che quando provi una nuova moto, il buon giorno si veda dal mattino: è stata una

Rossi: “La moto è bellissima” di Giovanni Zamagni | L’espressione è soddisfatta, lo sguardo sereno e convinto: nel 2011 non si era mai visto Valentino Rossi così. Soddisfatto anche Lorenzo

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’espressione è soddisfatta, lo sguardo sereno e convinto: nel 2011 non si era mai visto Valentino Rossi così. «Abbiamo risolto più problemi oggi, in una sola giornata di test, che in tutto il 2011» commenta il nove volte iridato, a conferma che, finalmente, è stata intrapresa la giusta direzione. «La moto è bellissima – sono le prime valutazioni di Valentino -: in Ducati hanno fatto un gran lavoro in pochissimo tempo. Finalmente riesco a 42

guidarla e a divertirmi: è la Desmosedici giusta e rispetto a Valencia ho dimezzato il distacco. Alla vigilia di questo test, solo con il massimo ottimismo potevi immaginarti un debutto così della GP12». E’ vero che è solo il primo giorno di test, è vero che i tempi non sono strabilianti, ma, in ogni caso, mai Valentino, da quando è in sella alla Ducati, era stato così positivo. «La moto rappresenta un’ottima base sulla quale lavorare: mi trovo meglio in sella e abbiamo fatto un grande passo in avanti in frenata e inserimento curva. Ma anche nei cambi di direzione ci sono dei miglioramenti e riusciamo a far lavorare meglio le gomme, anche se bisognerà aspettare piste più fredde della Malesia per avere un responso sotto questo aspetto. Dobbiamo invece migliorare un po’ in accelerazione: non è una questione di potenza, ma di erogazione e di elettronica, perché, soprattutto la Honda, riesce a scaricare meglio a terra i cavalli». Valentino non entra nel dettaglio tecnico, ma preferisce continuare

bella mattinata

con le sensazioni. «La moto è tutta diversa da prima, inutile stare a spiegare dove è cambiata! Adesso mi sento più sicuro, posso finalmente frenare come mi piace e impostare le mie traiettorie: non a caso ho fatto più di 40 giri senza commettere nemmeno un errore. Inoltre, è molto sensibile alle regolazioni. Credo che quando provi una nuova moto, il buon giorno si veda dal mattino: è stata una bella mattinata. Bisogna naturalmente lavorare sodo perché manca ancora qualcosa per puntare alla vittoria: giovedì sera (quando finiranno i test, nda) la situazione sarà più chiara. Anche perché i tempi si abbasseranno e, quindi, si potrà capire meglio il nostro potenziale». L’ultima battuta la dice lunga sull’ottimismo di Rossi. Domanda: «Da qui al Qatar (primo GP stagionale), quanti dei sette decimi di oggi pensi di poter recuperare?». Risposta: «Sette». LORENZO: “BUON DEBUTTO” Anche Jorge Lorenzo, naturalmente, è piuttosto soddisfatto al termine della prima giornata di test. «Sì – conferma – sono contento, soprattutto considerando che era tanto tempo che non guidavo una moto. Durante l’inverno, la Yamaha ha lavorato molto (secondo gli altri piloti, però, la M1 sarebbe rimasta uguale a Valencia… nda): il potenziale è elevato. Possiamo migliorare in molte aree e, anche per questo, sono ottimista: c’è margine per essere più veloci. Anche fisicamente sto bene: l’infortunio alla mano destra sembra solo essere un brutto ricordo». STONER: “INUTILE RISCHIARE” Tornato in albergo dolorante alla schiena, il campione del mondo Casey Stoner ha “parlato” solo attraverso il comunicato stampa ufficiale della HRC. «Questa mattina, -sono le parole di Casey riportate sul foglio di carta- mentre facevo stretching da una ventina di minuti per prepararmi a uscire in pista per la prima volta, mi si è bloccata la schiena. Non potevo muovermi o fare qualsiasi altra cosa, così ho dovuto chiamare qualcuno per aiutarmi a trovare una posizione meno dolorosa. Mi sono sottoposto subito ad una

sessione di fisioterapia per cercare di stare meglio nel pomeriggio, ma la situazione non è migliorata molto. Dopo pranzo ho fatto nuovamente della fisioterapia, ma avevo ancora molto dolore. Forse sarei potuto scendere in pista nel pomeriggio, ma tutti insieme abbiamo deciso che questo avrebbe potuto peggiorare la situazione. Abbiamo ancora due giorni di test qui a Sepang, una pista che conosciamo bene, stiamo studiando la moto e dobbiamo provare solo alcune parti nuove per dare un feedback a HRC, quindi non era il caso di rischiare. Domani le condizioni della pista dovrebbero essere migliori e, sperando di stare meglio con la schiena, potremmo riprendere il lavoro come da programma». Per quanto riguarda Dani Pedrosa, la giornata è servita soprattutto per riprendere gli automatismi sulla moto. «Sono in forma fisicamente ma il primo giorno sei sempre un po’ rigido e ci vuole un po’ per riprendere confidenza. In generale, è stato un buon esordio: ci sono ampi margini di miglioramento». 43


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di Giovanni Zamagni | Calano i tempi, aumentano i problemi. Un’equazione logica che, per il momento, sembra non preoccupare più di tanto gli uomini Ducati

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all’interno del box, tramite Twitter, si scopre che la GP12 reagisce bene alle regolazioni, che ci sono moltissimi sensori nuovi per raccogliere i dati e ci vuole quindi tempo per analizzarli tutti, che il distacco dal primo è evidente, ma, per il momento, non viene considerato “drammatico”. In sintonia Valentino Rossi, che dopo i grandi sorrisi di martedì, continua a rimanere ottimista. «Il nostro 44

obiettivo – dichiara – era scendere sotto i 2’02”: ce l’abbiamo fatta e non per un solo giro (tre, NDA). Anche oggi, quindi, sono stati test positivi: non bisogna dimenticare che guido questa moto solo da ieri, mentre Honda e Yamaha hanno almeno un anno di vantaggio sulla 1000. Nel confronto diretto, però, posso confermare quanto emerso martedì: siamo migliorati in staccata e in inserimento curva. Naturalmente, avendo tante cose da provare, ho fatto uscite di pochi giri: rispetto al 2011 abbiamo risolto la metà dei problemi, per l’altro 50% serve più tempo, ma alla prima gara mancano ancora due mesi. Per il momento va bene così, vediamo domani quale sarà il nostro distacco». STONER: “IMPORTANTE ESSERE IN PISTA OGGI” Dopo i guai muscolari di ieri, che lo avevano costretto a saltare la

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Rossi: “Abbiamo risolto la metà dei problemi”

07 Febbraio

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prima giornata di test, Casey Stoner è tornato in pista. Alla sua maniera: pochi giri, ma tutti velocissimi. «E’ stato bello poter tornare a guidare – afferma tranquillo -. Abbiamo usato principalmente il nuovo telaio, procedendo con un lavoro di comparazione con quello che avevamo a Valencia: adesso abbiamo le idee più chiare sulla strada da seguire. Continuiamo a soffrire un po’ di chattering ed è quindi su questo aspetto che ci dobbiamo concentrare». Dal’altra parte del box, Dani Pedrosa ha lavorato principalmente sugli assetti, prendendosi 613 millesimi dal compagno di squadra. «Abbiamo lavorato sul setting della moto sono le parole di Dani - concentrandoci sulla frenata, per ridurre il chattering e migliorare la stabilità in ingresso di curva. Questo al momento è la nostra priorità. Abbiamo comparato inoltre due telai leggermente diversi, ma dobbiamo ancora lavorare sulla moto prima di prendere una decisione». Pedrosa ha anche utilizzato le nuove gomme Bridgestone (“mi sembrano buone”), mentre sia Stoner sia Rossi le proveranno solamente domani. SODDISFAZIONE IN CASA YAMAHA Il lavoro procede piuttosto bene anche in Casa Yamaha, con il solo Andrea Dovizioso inevitabilmente un po’ in difficoltà. «Non ho troppo dolore – puntualizza il Dovi -, ma non ho forza, anche perché sono messo male sulla moto. Come da tradizione, la Yamaha

è ottima in ingresso curva, ma la Honda ha qualcosa in più in uscita”. Per quanto riguarda i piloti ufficiali, Jorge Lorenzo ha finito affaticato, inevitabilmente poco allenato. “Sì – ammette – sono molto stanco ed è stata dura chiudere la giornata con un buon passo. Ma ci sono riuscito e per questo sono soddisfatto. Abbiamo migliorato il tempo sul giro, grazie a piccoli dettagli, ma non è stato fatto un netto passo in avanti: speriamo di sfruttare al meglio l’ultimo giorno». Piuttosto sereno Ben Spies. «Abbiamo lavorato bene – spiega – riuscendo a girare con un buon passo anche quando le condizioni della pista erano peggiorate. Siamo sulla buona strada». 45


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di Giovanni Zamagni | I messaggi che Valentino Rossi lascia su Twitter prima di prendere l’aereo per tornare in Italia sono incoraggianti. Tanta soddisfazione, ma anche la consapevolezza che non bisogna illudersi

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messaggi che Valentino Rossi lascia su Twitter prima di prendere l’aereo per tornare in Italia sono incoraggianti. “Il terzo giorno è andato piuttosto bene, ho finito quinto dietro le due Honda e le due Yamaha factory” è il primo post. Al quale segue. “2.00”8 comincia a essere un tempo interessante, ci avrei messo la firma prima di venire qua!”. E ancora. “C’è tanto lavoro da fare e qualche problema da risolvere, ma abbiamo una buona base. Il morale della truppa è 46

alto”. Lo è anche quello di Valentino, mai così convinto di potercela fare da quando è salito in sella alla Ducati. Il distacco dal primo è ancora elevato (1”217), ma secondo Rossi c’è un buon margine di miglioramento. «In effetti, Stoner è lontano, ma solo lui - conferma -. Lorenzo è a sei decimi e, aspetto fondamentale, la differenza è rimasta invariata nei tre giorni: è migliorato lui, ma l’ho fatto anch’io, costantemente. Ogni regolazione fatta sulla moto ha portato dei benefici, mentre nel 2011 ci scontravamo con dei limiti che impedivano qualsiasi progresso. Naturalmente dobbiamo ancora lavorare molto, ma dopo questi test sappiamo cosa ci manca: in Ducati hanno già delle idee e qualcos’altro verrà realizzato secondo i dati raccolti in questi tre giorni». Insomma, c’è tanta soddisfazione, ma anche la consapevolezza che non bisogna illudersi. «Con questi risultati si lavora meglio, ma bisogna rimanere con i piedi ben piantati per terra: ci sono un po’ di problemi da risolvere, in particolare in accelerazione».

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Rossi: “Abbiamo una buona base”

07 Febbraio

2012

Stoner: “Un ottimo lavoro” Dopo i problemi fisici di martedì, erano in molti a sollevare dubbi, ma Casey Stoner li ha spazzati via alla sua maniera, facendo impazzire gli avversari con tempi stratosferici. «Sarebbe il più veloce anche in bicicletta» si complimenta Jorge Lorenzo, a conferma che Stoner sta guidando in maniera incredibile. «In generale è stato un buon test – sono le sue parole -, anche se, purtroppo, abbiamo girato solo due giorni invece di tre: siamo comunque riusciti a svolgere un ottimo lavoro e a completare tutto il programma previsto alla vigilia. Abbiamo fatto progressi riuscendo a ridurre un po’ il chattering, abbiamo provato varie cose, alcune soluzioni di setting dell’ammortizzatore, che non avevamo avuto occasione di testare prima. Adesso non vedo l’ora di tornare in Svizzera da Adriana e aspettare la nascita della nostra bambina!». Moderatamente su di giri anche Dani Pedrosa «Si è trattato del test più completo fatto su questa moto fino ad oggi – spiega Dani -: abbiamo raccolto dati interessanti che verranno analizzati in vista del secondo test della stagione. Come avevo detto ieri, la priorità resta la frenata; stiamo lavorando inoltre sull’elettronica per migliorare l’erogazione della potenza e il grip. C’è ancora del chattering, ma Honda sta lavorando sodo. In generale si è trattato di un buon test, torneremo qui fra tre settimane con nuove idee. Fisicamente questa moto è più

impegnativa, senti più potenza nelle accelerazioni, la maggior velocità nelle frenate violente e anche il maggior peso. Continuerò ad allenarmi per affrontare al meglio il secondo test». Lorenzo: “Il potenziale è grande” Meglio di Pedrosa è andato Jorge Lorenzo, non solo sul singolo giro, ma anche sul passo. «Abbiamo fatto tantissime prove – dice Lorenzo -, alcune davvero interessanti. Questa moto ha un grande potenziale, in Yamaha hanno lavorato bene. Tra l’altro, ho fatto il mio miglior tempo attorno a mezzogiorno, quando la pista è più lenta rispetto al mattino. Insomma, sono state prove positive, anche per la verifica delle mie condizioni fisiche». 47


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Test Sepang. Rossi: disastro o miracolo? di Giovanni Zamagni | Quinto a 1”217: è stato positivo o negativo il primo test di Valentino Rossi con la Ducati rivoluzionata secondo le sue richieste?

Q

uinto a 1”217: è stato positivo o negativo il primo test di Valentino Rossi con la Ducati rivoluzionata secondo le sue richieste? Le opinioni sono molteplici: si va dal “disastro assoluto, una replica del 2011” al “miracolo o quasi”. Riporto, come esempio, due commenti tra i tanti alle dichiarazioni di Valentino di ieri.

Dampyr7289 ha scritto su Moto.it: L’anno scorso (2011) durante il primo test a Sepang: Primo giorno: 2.03.365 Secondo giorno: 2.02.597 Terzo giorno: 2.01.842 Dopo un mese (nei secondi test) il tempo è sceso di altri 4 decimi, ma poi sappiamo tutti com’è andata a finire. Anche l’anno scorso il miglioramento (durante i primi test) è stato costante, per cui non è vero che non migliorava. Secondo me bisogna tirare le somme durante il secondo test, per valutare al meglio tutti i mezzi, anche perché ripeto che Barbera ad 1 decimo da Rossi non mi convince... Ciao 48

A Dampyr7289 risponde Stiducatti: Ma come fai a paragonare gli esiti dei test dell’anno scorso con quelli di quest’anno e trarne delle conclusioni negative? Questa era la classifica finale dell’anno scorso: 1 Marco Simoncelli San Carlo Honda Gresini 2:00.757 – 42 (giri) 2 Casey Stoner Repsol Honda Team 2:00.811 +0.054 42 (giri) 3 Jorge Lorenzo Yamaha Racing 2:00.845 +0.088 46 (giri) 4 Andrea Dovizioso Repsol Honda Team 2:00.945 +0.188 51 (giri) 5 Ben Spies Yamaha Factory Racing 2:01.002 +0.245 60 (giri) 6 Dani Pedrosa Repsol Honda Team 2:01.241 +0.484 44 (giri) 7 Hiroshi Aoyama San Carlo Honda 2:01.353 +0.596 63 (giri) 8 Nicky Hayden Ducati Marlboro Team 2:01.534 +0.777 60 (giri) 9 Colin Edwards Monster Yamaha Tech 3 2:01.651 +0.894 32 (giri) 10 Valentino Rossi Ducati Marlboro Team 2:01.842 +1.085 52 (giri) Si vede che Valentino aveva sì 1.085 dal primo, ma il 4° posto era a 0.847, il 3° a 0.997 e il 2° a 1.031, che vuol dire che il gruppo dei migliori era tutto compatto a 1 secondo da lui... insomma, era già chiaro che avrebbero fatto un altro campionato rispetto al pesarese. Chi ha ragione? Proviamo a capirci qualcosa. Il distacco sul giro è effettivamente importante, ma ha ragione Stiducatti quando afferma che l’anno scorso il gruppo dei migliori era compatto a un secondo, mentre questa volta, se si toglie Stoner, il distacco di Rossi e della Ducati cala sensibilmente. Certo, ha ragione chi scrive che “Stoner c’è e non lo si può eliminare”, ma Casey è sempre stato un fenomeno assoluto nel singolo giro (e non solo…) e i sei decimi rifilati a Jorge Lorenzo e a Dani Pedrosa (a quest’ultimo con la stessa moto) confermano che quel tempo è dovuto esclusivamente alle capacità del pilota australiano. Qui, invece, bisogna capire se la nuova Ducati sia più o meno competitiva: ecco perché diventa più significativo confrontare il tempo di Rossi con quelli dal secondo posto in giù. Come ha scritto Stiducatti, nel 2011, Valentino aveva chiuso la prima sessione di prove a 1”085 dal primo (Simoncelli), a nove decimi dal quinto

(Dovizioso), a otto decimi dal sesto (Spies), mentre stavolta è a sei decimi da Lorenzo (l’anno scorso era a un secondo) e da Pedrosa e a sei decimi da Spies. Il miglioramento, quindi, c’è stato non solo nella posizione (da 11esimo a quinto), ma anche nel distacco. E questo è sicuramente un dato inconfutabile e certamente positivo. Altra considerazione: è vero, come dice Dampyr, che anche nel 2011 Rossi si era migliorato nei tre giorni, ma quello di quest’anno è un incremento ben più consistente e significativo. Intanto, perché nella passata stagione Valentino partiva da un tempo altissimo, 2’03”365 a 1”791 dal primo: come dire, che era praticamente impossibile non abbassarlo! Nel secondo giorno, Rossi si era migliorato di sette decimi, nel terzo di otto; nel 2012 Valentino ha chiuso la prima giornata a 0”735 da Lorenzo, migliorandosi di 0”5 il secondo giorno e di 1 secondo il terzo, con un miglioramento complessivo di 1”5, più o meno come nel 2011, ma partendo da un tempo decisamente più competitivo. Un altro dato che conferma come i test di quest’anno siano stati sicuramente più efficaci di quelli della passata stagione. Oltre alle importantissime sensazioni positive dei piloti – Nicky Hayden ha dichiarato: «E’ la miglior Ducati che abbia mai guidato» -, c’è anche più concretezza: la moto risponde alle regolazioni e sembra che non si proceda più per tentativi o azzardi, come accadeva con la GP11, ma secondo una logica: se faccio un certo tipo di intervento, ho un certo tipo di reazione. Nella sua analisi, Dampyr aggiunge: “Barbera a un decimo non mi

convince”. In termini assoluti può anche aver ragione, ma il singolo giro conta poco: il passo di Valentino è nettamente più consistente e nemmeno paragonabile a quello dello spagnolo. Certo, si potrebbe ipotizzare che Rossi non sia più velocissimo, ma, per la verità, non lo è mai stato sul singolo giro: in MotoGP Valentino ha conquistato 79 vittorie, ma “solo” (si fa per dire,) 49 pole, mentre Stoner, ha ottenuto più pole (34) che successi (33). Naturalmente, però, come hanno detto in Ducati, c’è ancora molto da fare, perché se il mondiale iniziasse domani, Valentino non lotterebbe per la vittoria e, probabilmente, nemmeno per il podio, ma l’inizio è stato sicuramente più promettente di quello dell’anno scorso. 49


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di Maurizio Tanca | Lin Jarvis, Managing Director di Yamaha Motor Racing, parla in questo video dei tre giorni di test in Malesia. Jarvis si dice soddisfatto e fiducioso di poter far bene anche nella stagione 2012

Salve, sono Lin Jarvis, Managing Director di Yamaha Motor Racing, e vorrei salutare i nostri fan in paziente attesa dell’inizio della stagione MotoGP 2012. Abbiamo iniziato a girare ieri (31 gennaio, ndr), e al momento siamo praticamente a metà di questi tre giorni di test in 50

Malesia: mentre in Europa siete al freddo e sotto la neve, qui ci sono più di 30 gradi e parecchia umidità, clima perfetto, quindi, per dei test invernali. Devo dire che abbiamo iniziato bene, siamo abbastanza ottimisti e positivi, e mentre parlo Ben e Jorge sono primo e secondo, siamo ancora agli inizi, ma sono lieto di affermare che crediamo di essere competitivi anche quest’anno. Sono anche felice di vedere in pista anche i nostri piloti reduci da infortuni, in particolare Jorge, che ha saltato i tre ultimi GP dell’anno scorso: le sue dita sono a posto, e lui è sereno, perché nonostante fosse un pochino preoccupato per essere stato cinque mesi senza

Anno

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Lin Jarvis: “Abbiamo iniziato bene, siamo ottimisti e positivi”

07 Febbraio

2012

salire in sella, sta comunque dimostrando di essere ugualmente in forma, e molto veloce. Ma anche Ben è in forma smagliante, fisicamente e mentalmente pronto per l’inizio stagione: si è preparato duramente durante quest’inverno, dopo aver terminato con una grande prestazione nell’ultima gara del 2011 (secondo a Valencia a 15 millesimi da da Stoner, dopo aver condotto quasi tutta la gara, ndr)), quindi qui sta ricominciando praticamente da dove aveva finito l’anno scorso. Anche Cal (Crutchlow) è in buona forma, mentre Andrea Dovizioso ha bisogno logicamente di tempo per riprendersi dopo l’incidente in motocross che gli ha causato la frattura alla spalla. Insomma, credo che ci attenda una buona stagione. Quanto ai nostri avversari, anche Stoner mi sembra in ottima forma: anche se ieri non ha girato, oggi si è mostrato comunque velocissimo come sempre; e anche le Ducati sembrano nuovamente competitive: hanno investito e lavorato duro quest’inverno, e sembrano aver fatto un grande passo in avanti, tant’è che Valentino ieri è ricomparso nella zona alta della classifica. In definitiva, credo che se riusciamo ad avere i tre maggiori costruttori in grado di combattere più o meno ad armi pari, vivremo senz’altro un mondiale molto eccitante”. 51


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di Maurizio Tanca | Il mondo è piccolo, e farsi i fatti propri è sempre più difficile. Ecco infatti due nuove KTM beccate in vacanza al caldo sole della Spagna

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petta a Motor Cycle News questo scoop a spesa di KTM, che ha mandato alcuni collaudatori a provare un paio di nuovi modelli alle isole Canarie, nella fattispecie a Tenerife, dove in questa stagione solitamente il clima è mite e c’è poca gente. Ma basta che tra quei pochi ci sia almeno un appassionato motociclista, magari anche 52

lettore dell’importante quindicinale britannico, oppure un collega molto bene informato sui movimenti motociclistici in quel di Mattighofen, ed ecco che come per incanto salta fuori l’inevitabile scoop. KTM Adventure 1290 Spetta a Motor Cycle News questo scoop a spesa di KTM, che ha mandato alcuni collaudatori a provare un paio di nuovi modelli alle isole Canarie, nella fattispecie a Tenerife, dove in questa stagione solitamente il clima è mite e c’è poca gente. Ma basta che tra quei pochi ci sia almeno un appassionato motociclista, magari anche lettore dell’importante quindicinale britannico, oppure un

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Nuove KTM 1290: Adventure e Super Duke spiate a Tenerife

07 Febbraio

2012

collega molto bene informato sui movimenti motociclistici in quel di Mattighofen, ed ecco che come per incanto salta fuori l’inevitabile scoop. MCN ci racconta dunque della nuova Adventure 1290, dalla quale ci si aspetterebbero più o meno 130 cv, quindi una quindicina più dell’attuale BMW R1200GS, riferimento canonico della categoria. La moto fotografata mostra notevoli cambiamenti di carrozzeria, ma per quanto ci riguarda speriamo proprio che lo scarico basso che campeggia in primo piano non sia quello definitivo. Evidentemente si tratta di una moto-laboratorio, status che, secondo quanto asseriscono i colleghi britannici, precederebbe le versioni definitive perlomeno di 18 mesi. Insomma, la vera nuova Adventure arriverebbe a 2013 inoltrato. KTM Super Duke 1290 Quanto alla SuperDuke 1290, fotografata su un carrello, e quindi impossibilitata a maggior ragione a fuggire a “ruote levate” dalle grinfie dell’impertinente fotografo, si tratta anche in questo caso di un esemplare da battaglia, di quelli che devono macinare chilometri e chilometri, e basilarmente appare molto vicina tecnicamente alla Adventure stessa. Anche se in effetti l’estetica di questi prototipi è parecchio differente rispetto a quella degli omologhi

990, tant’è che la stessa Super Duke ora monta uno scarico laterale. È altresì evidente che le due nuove Kappa abbiano un nuovo telaio - sempre a traliccio - diversamente strutturato e irrobustito. Come, peraltro, sulla naked è completamente diverso anche lo stesso forcellone, che ora è un massiccio monobraccio in sostituzione del tradizionale del 990, che invece compare ancora sulla Adventure. Nonostante la pessima situazione economica planetaria, insomma, anche in KTM si continua a lavorare sodo sui modelli del prossimo futuro, che in questo caso parrebbe portarci in prossimità del 2014. 53


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Sorpresa Aprilia: ecco la Caponord 1200, con sospensioni attive! di Maurizio Tanca | Vernissage a Montecarlo, per la nuova maxi-Aprilia derivata dalla Dorsoduro, ma che sfoggia tecnologicissime sospensioni attive governate autonomamente dall’elettronica. C’era anche una versione aggiornata della California 1400

L

’annuale Convention di inizio anno dei concessionari del Gruppo Piaggio a Montecarlo è ormai nota per riservare delle sorprese. Perlomeno fu così giusto un anno fa, quando iniziarono a circolare fotografie – “rubate” usando i telefonini, quindi di non eccelsa qualità – di una nuova Moto Guzzi Calofornia 1400 e di una versione Scrambler della V7. Quindi modelli assolutamente inediti, che all’Eicma precedente non si erano visti e dei quali si iniziava così a ipotizzare l’arrivo in tempi più o meno brevi; o quantomeno di vedere dal vivo prima all’evento GMG, tenutosi a Mandello il luglio successivo, e poi, logicamente, al successivo Eicma novembrino. Invece, ciccia… Discendente della Caponord Ed oggi, ecco comparire altre foto di un nuovo modello, questa volta proveniente da Aprilia, affiancato però da una versione un po’ ritoccata della stessa California 1400. Si tratta della discendente della Caponord, 54

logicamente estrapolata dalla Dorsoduro 1200 e dotata di un sofisticatissimo sistema di sospensioni attive governato in completa autonomia dall’elettronica gestionale: un sistema che praticamente modifica le tarature di forcella ed ammortizzatore a seconda del carico, del tipo di guida e del tipo di fondo stradale. Non è dato di sapere altro, nemmeno se il sistema sia escludibile o meno, ma la cosa è certamente intrigante, e fa naturalmente scattare il paragone con il nuovo sistema DDC che vedremo sulle prossime BMW (http://www.moto.it/news/ddc-bmw.html). La Caponord 1200 è dotata di una bella semicarena (fortunatamente senza “becco”, così ci evitiamo la solita sfilza di inutili “è uguale di qua, è identica di là, è copiata da…” e via dicendo), il cui musetto sfoggia l’ormai inequivocabile “family feeling” della Casa di Noale, ovvero quello stile particolare nato anni addietro con le ultime versioni delle bicilindriche RSV e Tuono 1000, e in seguito elaborato con l’avvento delle formidabili RSV4 e Tuono a 4 cilindri, e della stessa piccola RS4 125. E ancor più recentemente, trasferito sul maxiscooter più potente del mondo: ovvero quell’SVR 850 bicilindrico ottenuto declinato in versione Aprilia il cugino Gilera GP800. Ma anche il posteriore della nuova maxi Aprilia è evidentemente diverso da quello della Dorsoduro “grande”, e mostra tutto quello che ci si deve attendere da una moto del genere: ovvero un sontuoso sellone biposto, con tanto di struttura portapacchi con maniglioni per il passeggero. Da notare anche il parasassi “alla tedesca”, montato sulla ruota motrice a beneficio di chi segue. Anche perché questa Aprilia è evidentemente destinata a confrontarsi con pezzi del calibro della Ducati Multistrada 1200 e della nuova Kawasaki Versys 1000, se dovessimo considerare solamente le concorrenti dotate di ruote da 17 pollici; ma vien da sé che la “Caponord degli anni 2000” dovrà logicamente vedersela anche con un’altra nutrita pletora di 1200, a partire dall’eterna BMW GS (oltretutto con la nuova versione raffreddata a liquido, model year 2013), seguita

dalle attese Honda Crosstourer V4 e Triumph Tiger, dalle stesse Moto Guzzi Stelvio/NTX e dalla Yamaha Superténéré. E vogliamo metterci anche con le Benelli Trek 1130, aggiornate giusto quest’anno. Non solo: si fa sempre più insistente anche la voce dell’arrivo di una nuova Suzuki V-Strom 1000 (la vecchio è ancora in vendita su alcuni mercati, USA in primis). Già all’EICMA 2012? A questo punto c’è da chiedersi se questa bella Apriliona comparirà ufficialmente al prossimo Eicma, oppure avremo il piacere di vederla anche prima. Ma viene anche spontaneo chiedersi se, e quando, vedremo anche una Dorsoduro – o meglio ancora, una più versatile Tuareg – motorizzata con il gustoso bicilindrico da 750 cc di Shiver e Dorsoduro. Quanto alla California 1400, questa volta è stata presentata in livrea scura metallizzata, e rispetto allo scorso anno mostra una sella “a un posto e mezzo”, più da cruise sbarazzina che da GT. E dietro sono evidenti i nuovi ammortizzatori oleopneumatici, quindi senza molle, e con il serbatoio dell’azoto separato.9-2012, presentazione in California, a Pasadena (nuovo centro stile) Sospensioni attive azionabili elettronicamente: prima moto al modo. 55


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La Casa italiana avvia la produzione della tre cilindri F3 sulle moderne linee di montaggio realizzate da Porsche Consulting AG. Gli ordini dei clienti sono già alle stelle

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onostante il momento economico globale difficile e la continua flessione negativa del mercato delle sportive, MV Agusta ha chiuso il 2011 con un +12% di vendite rispetto l’esercizio precedente. Per il 2012 l’azienda ha ricevuto ordini che superano il +100% rispetto al 2011, questo grazie ai nuovi modelli 3 cilindri di media cilindrata: F3 675 e BRUTALE 675 e alla

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continua crescita della famiglia BRUTALE di maxi cilindrata. Le modernissime linee di produzione, progettate per la casa varesina da Porsche Consulting AG, già da questo mese lavorano a doppio regime. Nei prossimi giorni anche Moto.it scenderà in pista per provare la nuova F3, restate sintonizzati! MV AGUSTA F3. ECCO COME NASCE Ogni MV Agusta è la combinazione ideale di migliaia di pezzi. Assemblati con passione, abilità e precisione. Così nasce F3, la tre cilindri che ha cambiato il concetto di media sportiva. Immaginate uno spazio ordinato, rigoroso, modellato secondo un progetto razionale e allo stesso tempo creativo: è la linea di montaggio di MV Agusta F3. Metallo. Materiali compositi. Leghe leggere.

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MV Agusta: inizia la produzione della F3

07 Febbraio

2012 La linea di montaggio è il cuore dell’azienda. Per garantire qualità e tempi certi, è necessaria una precisa strategia d’azione. Ogni F3 è composta da circa 1.200 pezzi, controllati uno per uno prima, durante e dopo il montaggio, per assicurarne la conformità iniziale, la precisione dell’assemblaggio, l’efficacia. Il motore: tre cilindri in linea, 675 cc, adotta la soluzione esclusiva dell’albero controrotante, che neutralizza le forze d’inerzia nella guida, esaltando la maneggevolezza tra le curve. Durante l’assemblaggio è oggetto di continui test, che comprendono, ad esempio, la verifica elettronica di tutti gli accoppiamenti. Al termine del montaggio ciascun esemplare di questo tre cilindri unico per potenza e compattezza è sottoposto alla più completa delle verifiche, quella del banco prova: avviato, portato in temperatura, verificato nella conformità alle specifiche di potenza, coppia, regolarità d’erogazione. Per trenta minuti. E soltanto dopo questo test può essere trasferito alla postazione di montaggio nel telaio, per essere fissato al traliccio in tubi completato da leggere piastre in lega di alluminio. Il serraggio di dadi, viti e bulloni è registrato da sistemi di gestione dati che archiviano e codificano le informazioni relative a ciascun esemplare, in modo da permettere la tracciabilità di ogni singola F3 prodotta. Tutto si muove lungo la linea di

montaggio in base al principio del “just in time”, che diventa realtà sotto forma di carrelli kit che vengono agganciati alla linea stessa e la percorrono interamente, mettendo a disposizione degli operatori tutti i pezzi necessari, al momento giusto. La F3 è finalmente assemblata. 1.200 pezzi trasformati in un esemplare unico Made in Italy. Non è finita: prima di essere preparata per la spedizione, la F3 è sottoposta a un ultimo test, sul banco a rulli, che permette di verificare il corretto assemblaggio e l’impeccabile funzionalità delle ruote, del motore, dei freni e di ogni componente.

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Seventy-Two e Softail Slim. Due nuovi modelli per Harley-Davidson Un tributo all’epoca d’oro dei chopper e un ritorno all’essenzialità degli anni Cinquanta. Sono le ultime arrivate nella gamma H-D, la Sportster Seventy-Two e Softail Slim

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l Seventy-Two è un nuovo Sportster caratterizzato da linee essenziali e verniciatura Metal Flake. Un tributo al più puro spirito dell’epoca chopper: tempi in cui le moto erano contraddistinte da linee snelle ed allungate, da ricche cromature che scintillavano sotto il sole e da carrozze in tonalità apple-candy. Dalla verniciatura Hard Candy Big Red Flake, al 58

manubrio Mini Ape, fino agli pneumatici con sottile spalla bianca, il Seventy-Two costituisce un chiaro richiamo a quell’epoca. A partire dallo snello retrotreno fino all’elegante e corto parafango anteriore, lo Slim rappresenta la sintesi dell’essenzialità: pochi coperchi, sella monoposto, cerchi e pneumatici di dimensioni inferiori e cromature ridotte all’osso. Ciò che resta del modello di partenza è solo il profilo originario tipico dei Softail e l’iconico stile HarleyDavidson che richiama le classiche custom bobber degli anni ‘50. Le novità saranno disponibili presso le concessionarie HarleyDavidson® ufficiali da metà Febbraio circa. Prezzo Iva inclusa del modello Sportster Seventy-Two: a partire da 11.500 Euro Prezzo Iva inclusa del modello Softail Slim: a partire da 19.500 Euro 59


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Dati contrastanti per le immatricolazioni di gennaio con gli scooter che confermano i volumi del 2011, con 8.006 pezzi venduti, pari al -0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno; mentre le moto con 4.166 unità mostrano un calo del -22,9%

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ati contrastanti per le immatricolazioni di gennaio (veicoli maggiori di 50 cc) con gli scooter che confermano i volumi del 2011, con 8.006 pezzi venduti, pari al -0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno; mentre le moto con 4.166 unità mostrano un consistente calo del -22,9%. Complessivamente l’immatricolato con 12.172 veicoli segna un -9,3%. Questo periodo vale in media sul totale anno circa il 5%. Per i 60

“cinquantini” non si modifica il trend in calo con 3.021 consegne pari al -15,2%. “Non possiamo dichiararci soddisfatti di un mercato che mostra ancora una flessione, tuttavia alcuni segnali positivi emergono dai dati relativi agli scooter. Grazie ad alcuni nuovi modelli, particolarmente attesi dai clienti, si nota una tenuta delle vendite e un rinnovato interesse per la categoria. Purtroppo sono in sofferenza le moto che si erano difese meglio l’anno scorso.

Particolarmente significativo l’incremento degli scooter a Milano e provincia, da 545 a 738 vendite +35,4%, dato da correlare alla congestion charge introdotta nell’area C del centro storico. In merito all’andamento del totale Italia, almeno non leggiamo solo cali a due cifre come l’anno scorso.” - afferma Corrado Capelli, Presidente di Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) – “La situazione economica generale resta

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Mercato a gennaio: stabili gli scooter, in flessione le moto

07 Febbraio

2012 ancora molto incerta e il calo dell’occupazione penalizza sia il reddito disponibile delle famiglie che il livello di fiducia dei consumatori. Se le misure per la crescita approvate dal governo e quelle annunciate avranno un ritorno concreto, soprattutto per favorire l’occupazione giovanile, possiamo confidare che anche il nostro settore ne trarrà beneficio. Nel frattempo occorre rimuovere gli ostacoli che scoraggiano l’acquisto delle 2 ruote, come le condizioni onerose del credito al consumo e le tariffe assicurative inaccessibili, in particolare in alcune aree metropolitane del centro e del meridione. Ci sembra interessante la proposta, inclusa nel decreto sulle liberalizzazioni, della black box per evitare le truffe e diminuire i premi assicurativi, a patto che il costo dello strumento non vada a penalizzare i clienti o il prezzo dei veicoli. Il nostro impegno sarà quello di convincere sempre più utenti a passare alle 2 ruote che rappresentano comunque una soluzione ideale per la mobilità.” L’analisi per cilindrata evidenzia un deciso recupero degli scooter di 125cc con 2.369 veicoli e un +9,3% che oggi si rivelano uno dei segmenti più importanti. Analoga la crescita dei 150-200cc con 1.920 pezzi +9,2%. In calo i 250cc con 539 veicoli -34,2%, ma anche i 300-500cc scendono con 2.386 unità -25%. Impennata dei maxiscooter oltre

500cc, con 792 vendite rispetto alle 91 dell’anno scorso, un incremento di 8 volte superiore, risultato di un nuovo modello di successo che ha aumentato la cilindrata. Per le moto lo scenario di gennaio è deludente, dopo un anno di continui progressi subiscono una battuta d’arresto quelle superiori ai 1000cc: 1.102 pezzi pari ad un -30,9%. Seguono come volumi le moto tra 800 e 1000cc con 977 unità, e un -21,5% rispetto al 2010. Le medie cilindrate tra 650 e 750cc con 627 moto 20,8%, le 600cc con solo 224 vendite -42,1%. Ancora le 300500cc con 522 pezzi -19,7%, le 250cc con 227 -11,3% e le 125cc con 6.628 -13,3%. Solo le 125cc sono in crescita con 461 moto e un +2,4%. L’andamento dei segmenti, in ordine di importanza, presenta sempre dati negativi: in discesa le enduro stradali con 1.343 pezzi -25,1%, le naked con 1.050 unità -24,3, le sportive con 446 moto -27,5%; le moto da turismo mostrano una tenuta maggiore con 409 immatricolazioni e un -8,3%, mentre in linea con il mercato sono le supermotard con 329 moto e un -19,6%. In totale nel primo mese dell’anno sono state vendute 15.193 due ruote a motore (immatricolazioni + 50 cc), pari al -10,6% rispetto al gennaio dell’anno scorso. Le 100 moto più vendute di gennaio 61


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Nuova targa per i ciclomotori entro il 13 febbraio 2012 I ciclomotori, in circolazione prima del 14 luglio 2006 e dotati del “targhino”, devono munirsi della nuova targa per motorini e del certificato di circolazione. Pena una multa fino a 519,67 euro

S

cadenza Entro il 13 febbraio 2012 i cinquantini posti in circolazione prima del 14 luglio 2006, e quindi dotati di certificato di idoneità tecnica e del vecchio “targhino”, devono munirsi del certificato di circolazione e della targa per motorini. Chi non rispetta le nuove disposizioni rischia una multa fino a 519,67 euro.

Cosa fare E’ necessario recarsi presso gli uffici della motorizzazione o in un’agenzia a essa connessa telematicamente per avviare la pratica di registrazione del ciclomotore. Una volta ritargato il veicolo, la nuova targa potrà essere rimossa dal ciclomotore 62

solo in caso di vendita o demolizione. Perché si cambia Cambia così il regime dei ciclomotori “non targati” su cui chiunque, per assurdo anche un ladro, può apporre il proprio targhino personale. La nuova legge interrompe il doppio regime instaurato dal 14 luglio 2006, quando per i nuovi ciclomotori è stata introdotta l’immatricolazione: si registra l’abbinamento veicolo-proprietario, ottenendo il certificato di circolazione e una targa di nuovo tipo (meglio leggibile), che rimane fissa sul ciclomotore (può essere rimossa solo in caso di rivendita o di demolizione). È personale anche la nuova targa, ma non può mai essere abbinata a più di un mezzo. Il nuovo sistema dà più sicurezza sia sui furti e sull’individuazione del proprietario (ai fini della riscossione del bollo, in caso di incidenti e per la corretta demolizione). La ritargatura riguarda Ciclomotori e quadricicli leggeri (le microcar di categoria L6e, che sono equiparate ai motorini, hanno massa complessiva fino a 350 chili e motore fino a 50 centimetri cubici se a benzina e di potenza fino a 4 kW se alimentati in altro modo). 63


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Intervista. Cyril Despres: “La mia quarta vittoria alla Dakar” di Andrea Perfetti | Suo il poker di vittorie che lo proietta tra i grandi dei rally. Cyril ci racconta il suo incidente nella trappola di fango (guarda il video), la sua vita privata e l’eterna sfida col rivale Coma. E ci spiega il segreto della sua forza

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e interviste ai protagonisti della Dakar Apriamo il ciclo di interviste ai protagonisti della Dakar appena conclusa con Cyril Despres, il vincitore. Il pilota francese, in sella alla sua KTM 450 Rally, ha conquistato il quarto successo (prima aveva vinto nel 2005, 2007 e 2010). Cyril rappresenta il pilota professionista, un vero specialista dei rally che vive e si allena con l’obiettivo di vincere la Dakar. E quest’anno ha centrato ancora il bersaglio. Oltre a lui daremo voce a un’altra leggenda di questa gara, Franco Picco, che ha corso la sua 19esima Dakar nella categoria Marathon, sfiorando il successo nonostante una doppia frattura a piede e costola. Un vero mastino, che a 56 anni incarna alla perfezione lo spirito di questa competizione, e che rappresenta la nutrita schiera di piloti semi-professionisti in gara. Ascolteremo poi il racconto di due esordienti. Il primo, Alessandro Botturi, ha fatto tesoro dell’esperienza maturata in tanti

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mondiali di enduro ed è stato il rookie of the year (miglior esordiente al debutto), ottavo al traguardo con l’italianissimo team Bordone Ferrari. Il secondo, Manuel Lucchese, si è dovuto ritirare per noie meccaniche, ma ha delle incredibili avventure da raccontarci. Notti trascorse nel deserto, perso tra le dune e con la moto in panne: cose che solo alla Dakar possono accadere. Cyril, dove ci eravamo lasciati? Il campione parigino ha 38 anni (è nato il 24 gennaio del 1974 a Fontainbleu) e può vantare in bacheca la bellezza di quattro vittorie e un serie infinita di podi alla Dakar (cinque volte secondo, due volte terzo). Cyril ha corso 12 edizioni, vincendone 4. Una media impressionante che fa di lui un autentico fuoriclasse dei rally. Ricordiamo ai lettori di Moto.it che in passato Despres ha vinto tanto nei rally quanto nell’enduro estremo: primo 67


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nell’Erzbergrodeo del 2002 e 2003, vincitore del Romaniacs nel 2004 e nel 2005, negli stessi anni è sua l’Holeshot sul velocissimo tracciato del Touquet, nel 2007 rivince il durissimo Romaniacs, nel 2008 e nel 2009 vince il Rally di Sardegna. Domina la scena rallistica internazionale ed è spesso tra i primi anche negli enduro indoor europei (clicca qui per scoprire il suo palmares). Lo avevo intervistato l’ultima volta nell’ottobre del 2006, nella sua bella 68

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casa nel principato di Andorra. Cyril aveva già vinto una Dakar (ma di lì a poco avrebbe dominato anche l’edizione 2007), e posava felice tra i trofei dakariani e la sua prima motocicletta (una fantastica Fantic Motor Trial 80, esposta all’ingresso di casa). Allora Cyril s’era meritato l’appellativo di Bon Vivant. Viveva in un posto da urlo e girava voce che fosse uno dei single più ambiti del ricco principato di montagna. Sei anni dopo vive ancora nella sua villa-chalet, è diventato papà di una bella bambina e i trofei occupano ora mezza sala! Casa Despres si affaccia sulle piste da sci dei Pirenei e ospita il personale “reparto corse” del campione dakariano. Al piano terra dell’abitazione si trova infatti l’attrezzatissima officina, che cura le diverse moto che Cyril usa durante l’anno per tenersi in allenamento. La sua è una vita da professionista al 100%, scandita dagli allenamenti in piscina e in palestra, dalle uscite in bici e con la moto.

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Undici mesi di sacrifici e di concentrazione di cui si vedono i risultati al termine dei 15 giorni di gare in Sud America. La storia di Despres, giovane apprendista con un sogno nel cassetto Cyril ha esordito in moto a 14 anni, in sella a una Fantic Motor 80 Trial. Da sempre appassionato di motori, lavora come meccanico nel negozio Challange 75 di Parigi e nel 1998 inizia a correre con la moto da enduro. Nel 2000 avviene la svolta: insieme all’amico Michel Gau decide di correre la Dakar in sella a una Honda XR 400. Termina 16esimo assoluto, una prestazione così convincente che la BMW lo mette sotto contratto per l’anno successivo, inserendolo nella squadra ufficiale con Lewis, Roma e Deacon. Nel 2002 c’è il passaggio alla KTM, ottenuto grazie anche al risultato dell’Erzbergrodeo di quell’anno (Cyril partecipa alla gara estrema da 69


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L’intervista. Cyril racconta il suo quarto trionfo Congratulazioni Cyril per questo fantastico poker. Il 2012 è sembrato a molti l’anno della maturità agonistica di Despres. Concentrato, determinato e freddo. E’ così? «Grazie mille. Sì, ero davvero molto determinato. Volevo la vittoria 70

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privato, in sella a una Honda, e si mette dietro tutto lo squadrone KTM). In quella stagione Kinigadner lo inserisce nel team ufficiale, dando il via agli incredibili successi dakariani di Cyril Despres: autentico mattatore delle Dakar, africane prima, sudamericane poi, e protagonista di incredibili duelli che lo vedono alternarsi sul gradino più alto del podio con lo storico avversario, Marc Coma. Il 2012 ha visto il francese battere lo spagnolo con un sonoro 4 a 3. E siamo certi che non è ancora finita, l’eterna sfida tra i due giganti dei rally proseguirà nel 2013.

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e ho spinto dall’inizio alla fine per ottenerla, ho dato il 100% sia fisicamente che a livello di concentrazione». Hai sentito il peso d’essere diventato papà? «Certo, tante cose cambiano quando diventi padre, per me sono state tutte positive. Mi sento più equilibrato e comprendo meglio quali sono le cose importanti nella vita. La gente spesso dice che i piloti diventano più lenti quando diventano genitori, ma i rally sono gare di endurance, di durata e io non ho mai avuto l’impressione di prendere troppi rischi. Essere diventato papà ha accresciuto la mia concentrazione e non ha avuto alcun impatto sulla mia velocità!». Raccontaci del tuo incidente nel fango, che ha rischiato di farti perdere la gara. La direzione di gara si è mossa correttamente

abbonando il tempo che hai perso? Avrebbero dovuto segnalare meglio la “trappola”? «Bene, ti racconto com’è andata. Stavo procedendo lungo la pista, nel posto indicato dal road book e a un certo punto è come se mi avessero frenato di colpo la ruota davanti e sono volato oltre il manubrio. Quando fai enduro estremo, sei abituato ad avere a che fare col fango, ma io non avevo mai visto nulla del genere prima! Era come se fossi finito in un 71


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Era come se fossi finito in un barattolo gigante di Nutella! Pensavo di poter incappare nelle classiche pozze di fango tipiche di un temporale, ma non in un lago vero e proprio...

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barattolo gigante di Nutella! Pensavo di poter incappare nelle classiche pozze di fango tipiche di un temporale, ma non in un lago di fango vero e proprio. Ovviamente quando gli organizzatori hanno visto che tutti i piloti finivano bloccati nel fango, non hanno avuto altra scelta e hanno deviato la speciale. Altrimenti avrebbero dovuto interrompere la gara anche per ragioni di sicurezza. E, una volta cambiata la tappa, i commissari della FIM non hanno potuto fare altro che restituire il tempo perso ai piloti che erano stati penalizzati dal cambio di percorso. Per me non si tratta di dire se i commissari hanno lavorato correttamente o meno, semplicemente hanno fatto quello che dovevano fare. Non c’era altra scelta».

Dall’esterno è sembrata una Dakar molto dura rispetto alle passate edizioni. Ce lo confermi? «E’ vero che da quando la Dakar si è spostata in Sud America, 72

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da quando David Castera fa il road book e da quando siamo passati alle 450, il tracciato è diventato molto più tecnico. Le distanze si possono essere accorciate un po’, ma le giornate non sono affatto più corte! Ovviamente tutto ciò rende le giornate belle toste, ma la Dakar è sempre stata la gara più dura al mondo e tutti noi lo sappiamo prima dello start. Sono un pilota professionista che parte per vincere, per questo mi alleno davvero tanto prima 73


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della gara. Non tanto in moto, quanto piuttosto in palestra, in bici e in piscina. Questo non rende più facile la Dakar, ma fortifica il fisico, che sopporta meglio la mancanza di riposo, la fatica, il dolore. Poi quando tutto è finito, l’adrenalina cala e di colpo senti tutta la stanchezza accumulata!». Tu e Marc fate il vuoto alle vostre spalle. Senza di voi, verrebbe meno l’interesse per questa gara, le sue sfide. Cosa vi distingue dagli altri? «Bella domanda, un sacco di piloti vorrebberlo scoprirlo! Chiaramente si tratta di una combinazione di tante cose. Come ti ho appena detto, mi alleno tantissimo prima della gara e so per certo che Marc fa lo stesso. Siamo fortunati ad essere dei piloti professionisti, 74

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Ora correte con le 450. Ti manca l’esuberanza del vecchio 690? Ti diverti ancora come una volta o sei troppo concentrato a salvaguardare la meccanica del motore “piccolo”? «Non nego che mi piaceva davvero tanto la guida del 690, era una moto potentissima che regala tanto divertimento. Comunque il 450 è molto più leggero e questo, unito al cambiamento subito dal

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che si possono concentrare tutto l’anno solo su questa gara. Già questo vuol dire tanto. Poi abbiamo una moto fantastica e possiamo svilupparla col solo obiettivo di vincere la Dakar. La KTM Rally non è una moto da enduro adattata, ma una moto costruita da zero per gareggiare nei rally-raid. E siamo supportati da un team di grandissima esperienza. Tutti i componenti delle nostre squadre hanno corso tante Dakar e sanno esattamente cosa devono fare. In più possiamo godere dell’appoggio di piloti che corrono la Dakar per aiutarci a vincere: non hanno ambizioni di classifica e sono pagati dalla KTM per fornirci il loro supporto, e fanno un ottimo lavoro. Anche l’esperienza è un fattore cruciale. Ho fatto la mia prima Dakar nel 2000 e da allora ho corso circa 90 rally. In questi giorni ho compiuto 38 anni, quindi non sono il pilota più giovane al bivacco, ma il mio stato di forma e la mia esperienza – così come quelle di Marc – fanno sì che non sia facile batterci! Non voglio sembrarti presuntuoso, ma credo sia corretto dire che solo Marc e io iniziamo la gara credendo di poterla vincere. E se non parti credendo di vincere, hai davvero poche chance di poterla vincere davvero!».

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tracciato negli ultimi anni, aiuta molto noi piloti. Certo, devi guidare la moto rispettandone la meccanica, senza inutili eccessi. Fortunatamente il mio background, sia di meccanico che di trialista, mi porta a non maltrattare mai il motore. Non mi devo sforzare molto per preservare il propulsore, mi viene naturale». La Dakar africana era durissima. Ora invece il bivacco è accogliente, con tanto di camper e furgoni. Com’è la vita del pilota ufficiale? Si è perso lo spirito delle prime edizioni? «Ho tanta nostalgia della Dakar corsa in Africa, aveva un’atmosfera speciale, davvero unica. Vado ancora spesso in Africa perché sono coinvolto nella Fondazione Fabrizio Meoni. Ma a parte questo, tutto cambia nella vita e ci dobbiamo adeguare. Bisogna ricordarsi che la gara è fatta al 90% da piloti privati che corrono per il piacere di farlo e, anche se vogliono una gara impegnativa, 75


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chiedono anche un minimo comfort, cibo decente e una bella doccia la sera. Credo che pochi di loro sarebbero disposti ad accettare le condizioni di 10 anni fa! Questo significa che la Dakar è più comoda anche per noi ufficiali e ora per la prima volta sono ammessi i camper al bivacco: questo allontana ancora di più la Dakar dall’Africa. Ma più comfort non significa necessariamente che la gara sia più facile. Dormire bene ci permette di essere ancora più veloci il giorno dopo in corsa. Il fatto di non dover preparare il road book all’aperto, sotto una tempesta di sabbia, mi consente di prestare più attenzione a quello che sto facendo, ma questo non vale solo per me! In un certo senso, il fatto che ci sia più comfort fa meno differenza a noi ufficiali rispetto ai piloti privati. Loro possono godersi un po’ di riposo in più, mentre noi dobbiamo sfruttare ogni minimo miglioramento nelle condizioni di vita per essere ancora più competitivi». Nel 2006 sono stato a casa tua ad Andorra, ho visto quanto sia duro l’allenamento in moto, in palestra e in piscina. Tutto è finalizzato alla vittoria nella Dakar. È cambiato qualcosa nel tuo approccio alla gara in questi 6 anni? «Bene, mi alleno ancora così duramente. Anzi, perfino più di quanto facessi quando sei venuto a trovarmi. È cambiato 76

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l’approccio, che oggi è un po’ più scientifico. Trascorro molto tempo in un centro di allenamento specialistico, a Perpignan, si chiama Presport. E una volta all’anno mi reco nel centro sportivo della Red Bull in Austria, è davvero hi-tech. E sembra che funzioni, dato che durante il mio ultimo controllo nel centro Red Bull, appena prima di partire per la Dakar, mi hanno trovato in condizioni fisiche eccellenti, come mai prima d’ora».

Nel tempo libero, lontano dagli impegni della moto, cosa ti piace fare? «Tempo libero… che cos’è?! Non ne ho davvero in questi giorni! I miei hobby sono andare in bici, fare trial, sciare e così via… ed è un bene perché sono attività perfette per la preparazione atletica. A parte questo, mi piace moltissimo stare a casa con la mia famiglia, cosa che per me è davvero un lusso. Sogno di poter andare a prendere la mia bambina all’asilo. Cose semplici, come tutti».

Ora ti puoi godere il successo. Andrai in vacanza o ti godrai la famiglia? «Un po’ tutte e due. Quando vinci la Dakar, un sacco di persone ti vuole incontrare e così vivi un periodo in cui sei davvero impegnato. Ora potrò riposarmi un po’, cercherò di stare un po’ a casa con la mia fidanzata e mia figlia. Poi andremo in vacanza».

Parlaci delle tue passioni a motore. Se entrassimo nel tuo garage, cosa troveremmo? «Ammetto di avere un po’ di giocattoli, ma non ne sono ossessionato. Ho la KTM Xbow, che mi hanno regalato quando ho vinto la Dakar 2010. Ho anche la stessa moto con cui ho iniziato a fare trial, una Fantic 80 a 2 tempi del 1980, che fa bella mostra in

soggiorno. Poi ovviamente ho le moto con cui mi alleno, una 450 Rally Replica, una 350 SXF, una EXC 250 a due tempi, una moderna moto da trial e le 3 moto con cui ho vinto la Dakar ( 660 LC4 Rally 2005, 690 LC4 Rally 2007 e 2010 ). Mi piacerebbe molto avere anche la nuova KTM Freeride 350. Ne ho guidata una per poco tempo, e mi è piaciuta un sacco. La sfida sarebbe prendere parte a una gara di trial con lei e vedere cosa potrei fare». 77


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Da quando riprenderai la preparazione per la prossima Dakar? «Quando sei un professionista, inizi a preparare la Dakar successiva nel giorno in cui hai concluso quella corrente. Il lavoro duro inizia però a settembre. Non puoi essere al 100% della condizione fisica tutto l’anno, così inizio la preparazione intensiva a settembre in modo di arrivare al primo gennaio nel pieno della mia condizione fisica. Riguardo alla mia partecipazione, non ci sono dubbi… ho un contratto di altri due anni con la KTM e Red Bull, li ringrazio tantissimo». Cosa cambieresti nella gara? «Nei miei sogni vorrei una gara più semplice. Ci sono così tante regole a cui fare attenzione e devi stare davvero attento a non violarle anche inavvertitamente, altrimenti incorri in una 78

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penalità. Talvolta tutto ciò ti fa perdere di vista la gara stessa. Ogni anno ci sono polemiche intorno alla corsa e persone che creano casi attorno a queste polemiche. Se si potesse evitare tutto questo, ne sarei proprio felice. Ma realisticamente non è possibile. La Dakar è difficilissima da organizzare e molto complicata da gestire per i commissari di gara. Tutto ciò comporta regolamenti e complicazioni e credo sia il prezzo da pagare per avere qualcosa di così incredibile. Mi piacerebbe poi che altre Case e altri piloti venissero a sfidare Marc, la KTM e me. So che tanta gente trova che i nostri “duelli” – come li hai chiamati prima tu – siano esaltanti, ma sono convinto che se ci fossero più sfidanti con possibilità di vittoria, la gara sarebbe ancora più bella».

Quando sei un professionista, inizi a preparare la Dakar successiva nel giorno in cui hai concluso quella corrente

Torniamo alla Dakar. Dopo quattro vittorie, non pensi di smettere? Hai già dimostrato di essere uno dei migliori di sempre. Perché andare avanti? «Ovviamente sono orgoglioso delle mie quattro vittorie, ma non rincorro alcun record. Continuo a correre la Dakar perché amo questa gara. E finché la amo e finché mi sento in grado di vincerla, continuo a correre. Certo, il giorno in cui non mi divertissi più, smetterei. Non so dirti ora quando questo accadrà!».

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Non credi che le tappe fossero troppo lunghe, soprattutto per i piloti privati? «No, credo che Castera abbia agito bene. Sono certo che non sia facile creare un percorso abbastanza selettivo per i piloti ufficiali ma non impossibile per gli amatori. Quest’anno forse era un po’ più duro del previsto a causa della pioggia, ma ASO non controlla anche il meteo!». Ti vedremo impegnato in qualche altra gara oltre ai rally? Sino a pochi anni fa era un piacere vederti impegnato nelle gare di enduro estremo. «Non ho smesso del tutto di fare queste gare. Ho corso un paio di gare in Sud America per la Red Bull l’anno scorso e sono state molto belle. Il fatto è che oggi hai piloti che si allenano e fanno solo enduro estremo, e non è facile essere competitivi con loro. Per me il compromesso perfetto è il Rally di Sardegna e di certo non mancherò di correrlo. È un perfetto mix di enduro e rally, non ci sono auto in gara così il percorso può essere stretto e tecnico, ma come un vero rally ha anche tanta navigazione. È una bella via di mezzo che mi consente di perfezionare la mia abilità nella navigazione e la mia tecnica di guida, mentre guido su una splendida isola, su sentieri molto belli. Oggi forse, a causa dell’età e dell’esperienza, sono un po’ più difficile da accontentare, ma adoro ancora guidare la moto nei posti giusti!». 79


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Intervista. Franco Picco: “Ecco il video del mio incidente alla Dakar!” di Andrea Perfetti | Il campione veneto ci mostra in esclusiva i video che documentano la sua caduta durante la terza tappa. Franco però non cede e, con due ossa rotte, termina la Dakar al terzo posto nella Marathon

I

l pilota veneto Franco Picco è stato uno dei grandi protagonisti della 33esima edizione del Rally Dakar (Argentina-Cile-Peru). Se Cyril Despres ha conquistato gli onori della cronaca con un fantastico poker di vittorie, il centauro italiano ha fatto sognare il pubblico grazie a un’impresa degna dei tempi epici della Dakar africana. Paragonabile a quella di Hubert Auriol del 1987, quando il francese concluse la gara con entrambe le caviglie rotte. A ventisette anni dalla sua prima partecipazione, Franco ha preso il via alla Dakar in sella alla Yamaha WR450F dotata del kit da lui realizzato e ha conquistato il 45esimo posto nella classifica finale e la 3a piazza nella classe Marathon, riservata alle moto derivate di serie. Picco probabilmente avrebbe vinto la classe, se non si fosse seriamente infortunato nel corso della terza tappa. Caduto su una pietraia, si è rotto una costola e un dito del piede, ma non ha mollato. Ed è arrivato sino alla fine. Il video esclusivo. Picco riparte con due ossa rotte Franco è un personaggio umile, tanto che siamo venuti a conoscenza quasi per caso della sua impresa epica. Durante il Motor Bike Expo di Verona, il pilota italiano mi ha infatti mostrato sul suo PC il video della caduta ripresa dalla sua telecamera Midland posta sul casco. Un video inedito, che vi mostriamo in esclusiva e che

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documenta in modo davvero realistico la grande botta presa da Franco. Che, lo ricordiamo, ha 56 anni, ma questo per lui è solo un dettaglio. Di seguito vi mostriamo un video da non perdere, una sintesi della gara di Franco Picco, con la terribile caduta del terzo giorno: Lo spirito cavalleresco sopravvive nella Dakar di oggi Chiacchierando con lui, è emerso un altro lato romantico della Dakar “vecchia maniera”. Vale a dire la cavalleria tra motociclisti, che ti spinge ad aiutare il rivale in difficoltà. Picco ha infatti attraversato il guado maledetto che ha affogato la moto di Filippo Ciotti subito dopo quest’ultimo (vedi il video di Peterhansel che in auto tampona la moto di Ciotti, mandandola sott’acqua). Ma non ha proseguito la sua corsa, si è fermato e ha prestato il suo aiuto a un Ciotti in palese difficoltà. Franco è ripartito dopo diversi minuti (il tutto è documentato dal nostro video, un’altra esclusiva che ci ha regalato il simpatico campione veneto), solo quando la moto di Filippo Ciotti ha ripreso a funzionare. Le Dakar di Franco Picco Picco ha corso la Dakar 2012 anche nella veste di guida del

Franco Picco Racing Team. Ha cioè guidato sei clienti italiani appassionati di off-road che hanno potuto fare affidamento sull’assistenza tecnica della sua squadra, appoggiata tra l’altro da Yamaha Motor Italia. Franco Picco ha terminato nel 2012 la sua 19esima Dakar (in precedenza ha corso 10 edizioni su due ruote, 6 in auto e 2 su camion assistenza). Franco ha esordito nella ParigiDakar del 1985 quando conquistò un eccellente terzo posto assoluto finale in sella a una Yamaha TT 600. Il pilota veneto ha ottenuto anche due secondi posti assoluti alla Dakar sempre con la Yamaha Ténéré 750. Sue anche due vittorie al Rally dei Faraoni. 81


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La nostra intervista 45esimo assoluto, davanti a tanti avversari motivati e allenati. Franco, ma la tua non doveva essere una passeggiata? Sei tornato a correre, ottenendo un risultato strepitoso! «E’ una gara in cui, se vai piano, fai più fatica. Devi avere un bel passo e l’esperienza gioca a tuo favore. Ho fatto una caduta in cui mi sono fratturato un piede e le costole. Questo mi ha impedito di migliorare il risultato dello scorso anno. Mi sono dovuto accontentare del terzo posto nella Marathon, quando invece puntavo a vincere la categoria. Due anni fa avevo vinto infatti. Comunque è importante arrivare in fondo». 82

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Raccontaci questa edizione, da molti descritta come durissima. «Abbiamo attraversato tre nazioni e ogni paese ha voluto dimostrare di essere all’altezza con tappe durissime, non abbiamo mai avuto momenti in cui tirare un po’ il fiato in gara. È stata molto faticosa». Che tipo di assistenza hai avuto in gara? «Nella Marathon parti con la moto di serie, che viene punzonata. Il punto di domanda grosso è il motore: ogni giorno ho cambiato olio motore e filtro dell’aria, che nel mio kit è ben riparato. Quindi direi che è andato tutto bene e la WR-F 450 si è confermata una gran moto». Il budget per la Dakar è impegnativo. Come hai coperto tutte le spese? «E’ sempre questione di sponsor. La Dakar fa notizia e tra amici

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Che allenamento hai fatto a casa? «Sono sempre sulla moto anche a casa grazie al mio lavoro. Faccio poi tanta bicicletta. Ma non ho più fatto un allenamento particolare come 20 anni fa, quando partivo per vincere. Partire tranquilli ti fa consumare meno energia».

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e conoscenti riesci a raccogliere i soldi per correre. La moto poi ti resta e la usi per altre gare. In totale 30.000 euro ci vogliono tra iscrizione e spese vive». Ti piace correre in Sud America? Cosa ti manca della vecchia Dakar? «Le gare africane le ho fatte 20 anni fa e le ho seguite anche in auto. C’era molto più deserto, i posti erano da navigazione aperta. Oggi la gara è completamente diversa, nelle prime edizioni i percorsi erano monotoni e poco selettivi. Oggi si conoscono meglio i tracciati, è diventato un enduro estremo di 14 giorni! Una volta si partiva piano e poi a metà corsa arrivavano le difficoltà. Quest’anno la gara è stata dura dal primo all’ultimo giorno, con enduro anche estremo, e meno navigazione. In certe zone guardavi poco il road book e ti affidavi alle tracce in terra. Una volta c’era più navigazione, oggi più difficoltà tecnica». Cambieresti il nome alla Dakar? «No, oggi è mitica e va bene così. Le gare estreme durano mezza giornata (Erzberg, Hell’s gate eccetera), la Dakar sono 14 giorni di fatica e navigazione. Oggi in Sud America c’è tanto seguito, i paesi pagano pur di avere la gara e quindi ci sono dei vantaggi a correre

La Dakar

è diventata un

enduro estremo di 14 giorni! Una volta si partiva piano e poi a metà corsa

arrivavano le difficoltà.

Quest’anno la gara è stata dura dal primo all’ultimo giorno

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in questi paesi, dove il pubblico è davvero numeroso». Che effetto ti fa vedere i camper e tante comodità per gli ufficiali ai bivacchi? «E’ vero, sono cambiate tante cose. Io sono ancora in tenda, per questioni di budget. Io corro anche per portare i miei clienti e per sperimentare il kit da rally che produco. Quindi cerco il lato economico migliore: il minimo indispensabile per avere assistenza. Non propongo il camper, le cifre andrebbero alle stelle. Ogni cosa in questa gara costa e tanto. Persino mandare un fax».

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Il parere di un esperto come te su Coma e Despres: come riescono a fare il vuoto dietro di loro? Nessuno pare in grado di competere con questi campioni. «Capirlo è difficile! Hanno un ritmo alto, alimentato dalla loro rivalità. Sono i più bravi a leggere e andare forte. Anche quando non vincono sono sempre tra i primi e vincono pure partendo per primi, senza seguire le tracce. È una dote incredibile, colpo d’occhio sulla strumentazione e via a gas aperto. Oggi sono 4 a 3 per Despres, forse Coma l’ha persa per avere cambiato un motore in più». Non credi che sarebbe bello vedere in corsa moto di serie? Come i G/S, le XT e le Africa Twin di una volta. Moto meno esasperate e più robuste. Cosa ne pensi? Non crescerebbe ancora l’interesse delle Case e degli appassionati? «Non sarebbero adatte per i terreni che ci fanno fare. Pensa che oggi i percorsi sarebbero inadatti anche alle agili 690. Il 450 è perfetto, leggero, agile da girare. C’è stato il 50% di ritiri quest’anno, e sono ancora pochi. Moto più pesanti non andrebbero da nessuna parte». I tuoi coscritti passano alle auto e tu “giochi” ancora con le moto? «Ho trovato le auto più affaticanti, dico sul serio. In moto sopperisci col fisico allenato, in auto no. Certe discese in moto le faccio con una certa paura, in auto o camion sarebbe ancora peggio, non le farei proprio». Raccontaci un episodio. «Partiamo dal presupposto che in gara io cerco di dare una mano agli altri, sperando che al momento del bisogno ti torni indietro. Ho aiutato Ciotti in un paio di occasioni. La sua moto perdeva qualche colpo di motore, gli ho fatto cenno di spegnere le luci e dopo lui mi ha ripassato a cannone. La batteria si stava scaricando e togliendo 84

i fanali, la moto è ripartita subito. Sono i segreti del mestiere di uno come me, che ha fatto tante Dakar. Un altro episodio riguarda la mia caduta, su un sasso non visto. Mi sono rotto una costola sugli strumenti e il piede sulle pietre. Ma la moto non si è fatta nulla e sono potuto ripartire. Devo ringraziare anche la Gaerne, dato che lo stivale ha protetto davvero bene il piede!». Conta di più la testa o il fisico? «La testa è importante, oggi comincia a mancarmi un po’ il fisico. Bisogna tener duro e andare avanti. Mi sono riempito di antidolorifici per proseguire dopo l’incidente. È importante anche mangiare bene e tanto!». Segui una dieta particolare? «Tanta pastasciutta e poi moltissime barrette energetiche. Avevo fatto una bella scorta in Italia prima di partire, e mi sono servite

tutte! Bere e mangiare in gare è importante». Franco, di cosa ti occupi ora? «Di viaggi e moto. Preparo le moto per affrontare i rally. E organizzo viaggi nel deserto. Do una mano ai miei clienti. Se uno vuole andare sul sicuro, gli offro tutto il mio supporto nei rally. A 45 anni avevo mollato, ma oggi a 56 anni i rally mi tengono vivo e sono felice di correre ancora». L’anno prossimo tornerai a correre? «Durante la gara dicevo basta, basta, basta. Ma la prossima sarà la mia 20esima Dakar, come faccio a dir di no? Devo trovare i classici aiutini e poi vedrò di esserci». Grazie! «Grazie a voi, alla prossima!». 85


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Scendere da una moto italiana con il cambio a destra e la prima in alto, per montare sulla giapponese con il cambio a sinistra e a rovescio era inquietante

di Nico Cereghini | Il vero motociclista il cambio lo vuole, ma anni fa persino il più appassionato di noi poteva anche odiarlo: europei e giapponesi ci litigarono sopra, e noi rischiammo la pelle

C

iao a tutti! Adesso che stanno arrivando numerose proposte di nuove moto con il cambio automatico, sempre più gli appassionati prendono le distanze. “Il vero motociclista il cambio lo vuole”, si dice, e io concordo: l’automatico è perfetto per chi si avvicina alla moto per necessità, più che per passione, perché magari proviene dallo scooter e non ha mai usato il 86

pedale, o perché semplicemente non si sente capace di imparare. Ma a noi il cambio piace, anzi di più: per noi è parte integrante della bellezza della guida. Eppure c’è stato un momento, neanche tanto in là, in cui il comando del cambio stava sullo stomaco a tutti. E a momenti anche a me. Mi riferisco ai primi anni Settanta: tutti eravamo abituati al cambio destra con la prima in alto, perché le moto italiane, come del resto tutte le europee, erano attrezzate così fin dalla notte dei tempi. E invece arrivarono i giapponesi a far casino. Cambio a sinistra e prima in basso, così funzionavano le prime Kawasaki 500 tre cilindri (che avevano il folle sotto la prima! Scalavi scalavi e finivi in folle) e le Honda 750 Four, cioè le prime giapponesi arrivate qui in grandi quantità. Per un po’ di anni la situazione restò molto confusa: gli europei seguitarono imperterriti

“Quando il cambio ballava da destra a sinistra”

a tenere il cambio a destra e i giapponesi non mollarono perché sapevano di avere ragione: “In macchina con qualche piede freni? Col destro! Perché far diversamente?”. Noi tester eravamo un po’ agitati: scendere da una moto italiana con il cambio a destra e la prima in alto, per montare sulla giapponese con il cambio a sinistra e a rovescio era inquietante. Ricordo una comparativa delle 750 a Monza, su e giù con sei o sette moto diverse con la paura di sbagliare piede in tutte le staccate. Ma la situazione peggiorò addirittura quando qualche casa nostrana, per adeguarsi, spostò il cambio da un lato all’altro con un semplice alberino trasversale, con il risultato finale di avere il cambio a sinistra come sulle nippo, però con la prima in alto! Ricordo che un famoso giornalista riuscì a bruciare la frizione di una Benelli 250 così sistemata in dieci metri; avviò il motore, naturalmente in folle, e poi, per imboccare la rampa in salita fuori dal box, premette sul pedale per inserire quella che pensava fosse la prima come sulle giapponesi. Era la seconda, il motore stentava, allora pensò “ho sbagliato, devo premere ancora” e trovò la terza con la quale provò a salire frizionando alla disperata. Per fortuna anche la Benelli, come le altre case europee, alla fine capitolò. E progressivamente tutte le moto ebbero il loro bel cambio a sinistra come succede oggi. Pensateci, tutte le volte che fate clic inserendo la prima in basso senza nemmeno dover ragionare, pensate a noi vecchi motociclisti che abbiamo tanto sofferto per voi. 87


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Massimo Clarke: “BSA, ricordo di una grande Casa” di Massimo Clarke | Un doveroso omaggio a un nome da tempo entrato nella leggenda e a una serie di moto della più classica scuola inglese, che hanno fatto sognare intere generazioni di appassionati

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oco più di quaranta anni fa, alla fine del 1971, chiudeva i battenti il reparto corse di uno dei più grandi e famosi costruttori inglesi, le cui splendide moto erano state grandi protagoniste di un’epoca irripetibile. Era l’inizio della fine per il glorioso marchio BSA. Il 1972 è stato l’ultimo anno di piena attività, per questa casa. La commercializzazione di alcuni modelli di serie, quasi sempre assemblati utilizzando parti giacenti in magazzino, è continuata, a ritmi e con volumi via via decrescenti, fino quasi al termine del 1973. In seguito ci sono stati alcuni tentativi di far rinascere il 88

marchio, realizzando delle moto con motore di fabbricazione altrui ma si è trattato soltanto di fuochi di paglia. Gli inizi La BSA aveva iniziato la sua attività nel 1861 producendo armi leggere (e infatti l’acronimo sta per Birmingham Small Arms), tanto è vero che per lungo tempo lo stemma è stato costituito da tre fucili incrociati. Poi sono arrivate le biciclette e, nei primi anni del XX secolo, le moto (con motore di propria fabbricazione dal 1910). L’azienda è gradualmente diventata un grande gruppo industriale, attivo in svariati settori. Durante

la seconda guerra mondiale ha prodotto per le forze armate britanniche oltre 120.000 esemplari della monocilindrica M 20 a valvole laterali di 500 cm3. Punto di forza della produzione prebellica erano delle belle e performanti monocilindriche di 350 e 500 cm3, alle quali si aggiungevano alcune grosse bicilindriche a V. Diversamente dalle altre grandi case inglesi, la BSA non si è mai impegnata ufficialmente nei gran premi e quindi non ha mai vinto al Tourist Trophy né nelle gare del campionato mondiale di velocità, istituito nel 1949. Ha però ottenuto importanti successi nelle competizioni

per le moto derivate dalla serie e nel campionato mondiale di Cross, con due titoli vinti dal grande Jeff Smith in sella a una moto con motore direttamente estrapolato da un modello stradale. Gli anni Cinquanta Nel 1951 la casa di Birmingham ha acquisito la Triumph, che già possedeva l’Ariel e la New Hudson, formando un gruppo che per un certo tempo è stato il più grande costruttore di moto del mondo. La gamma BSA comprendeva delle semplici e robuste monocilindriche a due tempi denominate Bantam, direttamente copiate dalle

tedesche DKW RT, delle ottime monocilindriche a quattro tempi con distribuzione ad aste e bilancieri di 350 e 500 cm3 e delle bicilindriche di 500 e 650 cm3 , in produzione rispettivamente dal 1947 (con riprogettazione del motore, sempre a due cilindri paralleli, nel 1949) e dal 1950. Si trattava delle A7 e delle A 10, dotate di cambio separato, che sono state costruite in più versioni e che sono state grandi protagoniste della scena motociclistica mondiale fino all’inizio degli anni Sessanta. Il principale mercato estero per queste BSA era quello americano, con numeri di vendita molto cospicui. Si trattava di

moto dalle prestazioni elevate, con uno styling che ha fatto epoca e ottime doti di robustezza e affidabilità. Non per nulla quando ha deciso di realizzare una grossa cilindrata, all’inizio degli anni Sessanta, la giapponese Meguro ha copiato direttamente un motore bicilindrico BSA. Gold Star Tra le monocilindriche, un posto di rilievo spetta alla Gold Star, una moto giustamente entrata nella leggenda per le sue prestazioni, la sua robustezza e la sua versatilità, oltre che per la meravigliosa estetica di alcune versioni. Il motore, 89


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che derivava da un progetto di Val Page del 1937, debitamente riveduto e sviluppato nel corso degli anni Cinquanta da Doug Hele, aveva la distribuzione ad aste e bilancieri e la lubrificazione a carter secco, ed era collegato al cambio separato da una trasmissione primaria a catena posta sul lato sinistro. La versione più famosa è stata la DBD 34 di 500 cm3 (alesaggio e corsa = 85x 88 mm), prodotta dal 1956 al 1963, che è arrivata ad erogare una potenza dell’ordine di 39 cavalli a circa 7000 giri/min. Minore diffusione hanno avuto le 350 (B 32, DB 32). La Gold Star è stata prodotta in versioni sportive stradali, da cross, da enduro e da deserto; queste ultime erano destinate al mercato USA, dove hanno vinto molto. 90

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Gli anni Sessanta Il posto di queste ottime monocilindriche è stato preso dai modelli con cambio in blocco, derivate come architettura d’assieme dalla C 15 di 250 cm3 del 1958. Nel 1960 è apparsa così la B 40 di 350 cm3, che si è evoluta nelle famose 441 Victor, realizzate in versioni Enduro, Roadster (poi divenuta Shooting Star) e da cross, entrate in produzione attorno alla metà degli anni Sessanta. Grazie ad esse la BSA ha vinto il mondiale di cross nel 1964 e 1965, ed è arrivata seconda nel ’68 e ’69. L’ultima, sfortunata discendente di questa linea evolutiva è stata la B 50, con cilindrata portata a 500 cm3. È stata prodotta nel 1971 e 72 in tre versioni. Un esemplare, elaborato da Mead e Tomkinson e condotto da Brown e Rollason,

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arrivò primo della classe 500 e secondo assoluto (dietro la Laverda 750 di Brettoni e Angiolini) nella 24 ore di Barcellona del 1971. Le bicilindriche con cambio in blocco (ma sempre con primaria a catena, due soli cuscinetti di banco, cilindri in ghisa e albero a camme piazzato nella parte superiore del basamento, subito dietro il piano di appoggio dei cilindri) sono comparse nel 1962 e sono state prodotte nelle versioni di 500 e 650 cm3. Tra i modelli di maggiore successo, tutti 650, vanno ricordati il Thunderbolt (monocarburatore) e il Lightning (bicarburatore). Prima della comparsa della tricilindrica Rocket Three la BSA di prestazioni più elevate era la Spitfire, prodotta in quattro versioni successive, dal 1964 al 1969. Disponeva di poco più

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di 50 cavalli (a detta della casa) e superava i 180 km/h. Meno popolare ma bellissima e divertente era la Firebird Scrambler, studiata principalmente per il mercato americano. Purtroppo, con una decisione sciagurata, nel 1971 le bicilindriche BSA sono state completamente rivedute a livello estetico e di ciclistica. Sono così state dotate di un nuovo telaio, nel quale era ricavato il serbatoio dell’olio, di orribili mozzi conici e hanno perso tutto il loro fascino. Per quanto riguarda lo styling, basta dire che sono diventate davvero brutte. Inoltre, erano oramai superate tecnicamente. E infatti l’insuccesso commerciale delle ultime versioni è stato clamoroso. La A 75 R Rocket La BSA ha affidato alla A 75 R

Rocket Three, praticamente gemella della Triumph Trident (il motore differiva solo per la leggera inclinazione della bancata dei tre cilindri e per i coperchi laterali) le ultime speranze di risollevare le sorti della azienda. Questa moto disponeva di 58 cavalli a 7250 giri/min, che le consentivano una velocità di punta prossima ai 200 chilometri orari. In un certo senso il motore poteva essere considerato, come schema costruttivo, un Triumph 500 con l’aggiunta di un cilindro. La A 75 R è stata lanciata nel 1968, anche se in effetti la produzione avrebbe potuto iniziare un paio di anni prima. Le prestazioni erano ottime, e il motore era robusto, ma oramai abbastanza datato come soluzioni e come layout complessivo. Le esigenze di manutenzione

erano considerevoli e l’estetica non proprio entusiasmante. Se a questo si aggiunge che all’inizio degli anni Settanta la concorrenza proponeva moto molto più moderne, con avviamento elettrico, freni a disco e prestazioni esaltanti, appare chiaro per quale ragione la Rocket Three non è riuscita a salvare la BSA, nonostante gli importanti successi ottenuti in gare prestigiose come la 200 miglia di Daytona del 1971. Proprio le tricilindriche da competizione, dotate di uno splendido telaio realizzato da Rob North, sono state il vero canto del cigno della casa di Birmingham. Ricercatissime, sono tra le grandi protagoniste delle odierne gare per moto storiche, nelle quali per la verità si impiegano quasi sempre delle bellissime repliche. 91


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I racconti di Moto.it: “Zero chilometri l’ora” di A. Privitera | Possiedo dei gesti che hanno un significato, tipo fare il caffè: chiudere il pranzo e prepararmi al pomeriggio. Togliermi le cose dalle tasche quando arrivo a casa: liberarmi dalle inutilità per rimanere finalmente e autenticamente me stesso...

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ossiedo dei gesti che hanno un significato, tipo fare il caffè: chiudere il pranzo e prepararmi al pomeriggio. Togliermi le cose dalle tasche quando arrivo a casa: liberarmi dalle inutilità per rimanere finalmente e autenticamente me stesso. Levarmi il casco solo dopo che ho posato la moto nel box di casa, invece, significa emozioni finite: si torna sulla terra. Magari ero andato solo a comprare il pesce. Mi gira la testa. Oggi non avvierò il motore della mia motocicletta. Non credo. Abito al terzo ed ultimo piano di un palazzo di fronte alla biblioteca comunale, nel cui giardino credo vi sia un piccolo postribolo per felini: insomma questi gatti si moltiplicano e noi del vicinato ci sentiamo in dovere di mantenerli tutti a pasta e acqua. Molti di questi micetti, quando entro nel mio cortile per prendere la moto, mi seguono. Forse sperano che mi cada dalle mani qualcosa da mangiare, forse sono incuriositi dal mio zampettare a motore spento per non disturbare il vicinato col mio bombardone 92

1200, forse faccio un odore che a loro piace. Vallo a sapere. Ecco, io non bevo tanto. No. Però ogni tanto mi scappa il bicchierino. Poi metti che il tuo umore ha deciso che oggi è il momento di fare il bis con la grappa e quando scendi in garage per montare sulla moto capisci che è il caso di buttare le chiavi nel gabinetto da come ti senti euforico e privo di freni inibitori: il prodromo di un bell’incidente da incoscienti. Quindi, come dicevo prima, ho deciso di non accendere la moto che già vedevo i titoli dei giornali: “La tracotanza della mafia non ha limiti: centauro sfonda ingresso del palazzo di giustizia in vile attentato notturno”; invece sarei stato io, alticcio, sbagliando riferimento per la staccata, distruggendo inoltre la mia moto in primavera. Ma la voglia di fare un giro è tanta. Troppa. Ne ho bisogno. Metto il casco, tanto fino a qui nessun rischio, anzi. Metti che cado in garage. Faccio uscire la moto a marcia indietro dal box. La posiziono in direzione uscita. Cavolo, è mezzanotte; se avvio il motore faccio saltare il pacemaker alla signora del primo piano. Faccio un favore all’Inps? Magari domani, oggi avevo promesso a me stesso che avrei fatto il bravo. Motore spento. I gatti invece rispettano pienamente la procedura che abbiamo verificato mille volte: si piazzano di fronte alla moto e aspettano che io salga in sella per rompere le righe e andarsi a fare i fatti propri. Gesù, mi gira la testa. Non so se vi ho già detto che sono astemio. Io con i soli vapori dell’alcol denaturato vado in coma etilico, fate voi. Voglio salire in moto, basta! E ci salgo, manca poco per scaraventarla dal lato opposto ma la mia esperienza ha la meglio sul tasso alcolemico e sono saldamente in sella, mani sul manubrio, pollice tentato dal tasto “start”; nel frattempo ho già girato la chiave nel quadro. I gatti si dileguano: se ne va “Senzacoda”, scappano “Tai-lung”, “Monocchio” e pure gli altri a cui non ho mai dato un nome. Ne rimane uno, bellissimo. Bianco. A dire la verità sembra un soprammobile che irto sulle zampe mi osserva con gli occhietti indagatori. Non dico che non lo avevo mai visto prima d’ora ma non so perché lo abbinavo a tutt’altro luogo. Tipo che mi sembra un gatto

d’appartamento piuttosto che un randagio. E’ anche troppo pulito. Micetto spostati che qui ho 120 cavalli che stanno per uscire dal recinto. - lo stai per fare sul serio? - Eh?? - Hai sentito benissimo, imbecille. Una voce sottile di ragazza mi ha appena dato dell’imbecille. Ma qui siamo solo io e lui, il micio. - sono una lei, cretino. - Ah, sei tu. Non sono stupito. - Sì, sono io. Se accendi quel motore e vai a fare un giro notturno da ubriaco rischi di non tornare a casa intero. E magari lo rischia anche qualcuno che non c’entra niente. Ma a me importa di te, cerca di capirlo! - No, di me non credo possa importarti granché. Lo so che sei solo nei miei pensieri alcolici, lo so che chissà dove sei veramente, lo so che è più forte il dolore per averti perso che l’amara soddisfazione di sapere che avevo ragione io sui fragili motivi che ci tenevano ancora insieme, so tutto. - io non voglio che tu accenda quella moto. - E cosa vorresti, ancora? Ci faccio solo un giretto. Mi rilassa, mi aiuta a pensare, mi aiuta a prendere le cose dal loro verso, è… Continua su Moto.it 93


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I racconti di Moto.it: Debutto in pista di Marco Marangoni | La prima volta non si scorda mai… Quel debutto rimane nella mia memoria con un sapore di unicità forse irrepetibile, ma si tratta in fondo di un sogno alla portata di molti di noi

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na sera di aprile, sul divano di casa, immerso come sempre in letture di spessore… motociclistico, odo distrattamente: “Hai qualche desiderio per i nostri 10 anni di matrimonio?”. Trasecolo: “Come? 10 anni!? Un regalo!?”. Abituatissimo a fantasticare a due ruote, non mi lascio cogliere di sorpresa e rilancio senza tergiversare: “Una giornata in pista, anzi, debutto in pista !”. Giulia accetta, è fatta! Inizia la fase della ricerca spasmodica su web di proposte, blog e prezzi, non senza qualche calo di rendimento sul lavoro... Mi lascio presto convincere dalla proposta di corsidiguida.it: il circuito innanzitutto, Castelletto di Branduzzo, adatto a chi non ha esperienze precedenti di guida veloce in pista e a chi, come il sottoscritto, da possessore di supermotard – una KTM 690 SMC – vuole più di tutto curve, curve e ancora curve. E poi lo staff, da leccarsi i baffi: Meda, Locatelli, Luzzi, Temporali, Corsi, un certo Gasolio e altri ancora, insomma un’abbuffata di quel motociclismo che seguo da quasi 30 anni su ogni tipo di supporto, TV, stampa 94

e più recentemente web. Aspettando il grande giorno realizzo di non essermi ancora tolto la ruggine dell’inverno. Devo cercare di rimediare: mi angustia l’idea di arrivare in pista, al debutto in pista, rigido e impacciato nella guida. Avendo poco tempo per staccare la spina dal lavoro, decido di allungare il tragitto in moto di una noiosa Milano-Lecco con una dose concentrata di curve. Scelgo poco furbamente la strada che porta a Morterone, il comune più piccolo d’Italia, sperduto nelle prealpi che attorniano il gruppo del Resegone. E’ la strada più stretta che mi sia mai toccata in sorte e mi ritrovo spontaneamente con la gamba interna tesa all’interno di ogni tornante...Buono forse per togliersi la ruggine, molto meno come training alle curve ben più ampie della pista… E il grande giorno, finalmente, arriva. Appuntamento alle 8.30 a Castelletto. Là mi aspettano il circuito, la tuta in pelle (che noleggio non avendone una mia), l’incontro con quella pletora di invidiatissimi tester/piloti/commentatori della passione più bella del mondo, e naturalmente l’eccezionale richiamo al divertimento. Mi alzo felice come solo da bambino il giorno di Natale precedendo la sveglia di un’ora secca, e mi ritrovo sul posto con un’ora e mezza di anticipo quando ancora tutto langue. Giungono le prime persone dello staff: qualche battuta, un saluto, e poi fuori le moto d’ordinanza: alcune Harley XR 1200 con scarico Termignoni e kit pedane rialzate, un paio di Brutale da leccarsi i baffi e una splendida MV F4. L’ordine non è casuale: le prime sono destinate ai tester impegnati con i neofiti, le seconde al corso avanzato e la F4 niente meno che ai PRO. Arrivano anche i primi allievi, che già scruto con una certa diffidenza per cercare di capire se trattasi di manici incalliti o di turisti come più o meno mi sento interiormente. La maggior parte vanta tuta in pelle di proprietà. Le moto della concorrenza, ancorché non supermotard, non sono però temibili GSXXXXR, ZXXR, EVO SSSSP, bensì prevalentemente jap di media cilindrata. Spicca un’impeccabile Multistrada 1200 con destriero in tinta, rivelatosi però più tardi poco incline a esporre al suolo cotanta livrea… Si comincia con le lezioni teoriche. I temi sono casco, tuta, gomme, sospensioni, sicurezza, traumatologia,

comportamento in pista. Le lezioni sono ben fatte, ma più di tutto apprezzo il clima scherzoso e cameratesco che si instaura ben presto, complice l’affiatamento tra i componenti del nostro dream team. Non riesco a non pensare che costoro si divertano in continuazione, anche - sì ! - durante il lavoro. Il tempo però passa, e inizio a diventare insofferente alle domande dei soliti secchioni che tirano in lungo le lezioni. Ho voglia, più di tutto, di montare in sella, dare gas, e cominciare l’esplorazione del fantastico mondo della pista. Finalmente, dopo un paio di ore, giunge l’agognato “rompete le righe !”. Usciamo all’aperto, a gruppi di 4/5 allievi per istruttore, sgonfiamo le gomme al punto giusto, e accendiamo la musica… dei motori si intende! Al mattino gireremo con l’istruttore sempre in testa al gruppo, avvicendandoci ai suoi scarichi per meglio coglierne i movimenti in sella e naturalmente le traiettorie. Di pomeriggio invece prenderemo a turno la testa del gruppo, seguiti dall’istruttore, così da dargli al termine della sessione sani argomenti di correzione e/o incitamento. Si parte! Come segugi dietro ad una preda succulenta, ci mettiamo alla ruota del nostro istruttore, sua maestà Roberto

Locatelli. Il numero 1 circondato da alloro che campeggia sulla sua tuta dinnanzi a noi, con tanto di scritta 2000 World Champion, è semplicemente irresistibile. Si inizia trotterellando. Il Loca enfatizza in staccata gli spostamenti sulla sella, a mostrarci il corretto trasferimento di peso verso l’interno curva e il gioco di piedi sulle pedane. Nello stesso tempo, voltandosi ripetutamente verso di noi, controlla che seguiamo fedelmente le sue traiettorie. Il ritmo progressivamente aumenta, e il divertimento anche. Spaziare da un cordolo all’altro su un asfalto perfetto, dare… Continua su Moto.it 95


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Il team Althea affronta la nuova stagione per confermarsi e stupire di Carlo Baldi | Le vittorie del 2011 non hanno certamente appagato Genesio Bevilacqua che ha presentato un team forte di nuovi sponsor, con Giugliano pronto a stupire e Checa preoccupato per i chili di troppo della sua Ducati

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quadra che vince non si cambia ma se possibile si potenzia. A Civita Castellana il team Althea ha presentato la nuova livrea delle sue moto ed ha confermato la ferma volontà di restare sul gradino più alto del mondiale Superbike con Checa e di puntare in alto anche con Giugliano. Genesio Bevilacqua raccoglie la sfida lanciatagli dai team ufficiali e affianca al cavaliere Checa lo scudiero Giugliano. Uno scudiero che si potrebbe rivelare una scomoda presenza sia per lo spagnolo che per gli avversari. La presentazione della formazione Althea 2012 è avvenuta nella sede dell’azeinda di ceramiche di Genesio che è anche sede della squadra e della sua stupenda collezione di moto da corsa (leggi il nostro articolo sulla collezione di Bevilacqua). Oltre alla stampa erano presenti anche Paolo Flammini e Paolo Ciabatti, rispettivamente CEO e General manager di Infront Motor Sports, Ernesto Marinelli, Direttore del Progetto SBK per 96

Ducati e numerosi sponsor tra i quali Tim e Snai che affiancheranno Unibat ed Althea in questa nuova avventura. Unibat, nota azienda produttrice di batterie per moto ed auto ha creduto sin dall’inizio nelle potenzialità della squadra italiana, ed il suo Amministratore Delegato Antonio Annoscia ha confidato di aver di fatto rinnovato il contratto per il 2012 già a Portimao, al termine di una stagione trionfale. Le due nuove aziende che faranno compagnia ad Althea e Unibat saranno Tim e Snai. Legandosi al team Althea Racing, TIM, brand per la telefonia mobile di Telecom Italia, amplia la propria partnership con Ducati estendendo al mondiale Superbike l’intesa di sponsorship che già lega le due aziende nella MotoGP. Snai è invece leader in Italia nella gestione delle scommesse e dei concorsi a pronostici ed il suo Amministratore Delegato Stefano Bortoli ha affermato che la squadra di Civita Castellana incarna alla perfezione passione, energia e sport, valori in cui Snai si riconosce e che vuole portare all’attenzione del grande pubblico. L’intervista a Davide Giuliano Al termine della presentazione abbiamo posto alcune domande a Carlos Checa (ascolta l’audio della sua intervista) e a Genesio Bevilacqua (ascolta l’audio della sua intervista) mentre con Davide Giugliano abbiamo fatto una chiacchierata che vi riportiamo qui di seguito. Davide ormai ci siamo. Tra poco inizierà il mondiale Superbike. Ti senti emozionato? «Per ora no, ma sono sicuro che l’emozione mi assalirà quando si accenderà il semaforo ed io mi troverò a partire vicino a Checa, a Biaggi, e Rea e a tutti gli altri. Però sono anche molto ansioso di partire, di andare in Australia e di buttarmi a capofitto in questo campionato».

E il debutto avverrà a Phillip Island. Una pista affascinante. «Hai ragione. Ci ho corso in Supersport nel 2007 e me la ricordo molto bene. Io poi sono innamorato dell’Australia per cui il mio debutto non poteva avvenire in un luogo migliore. A dire il vero ho già debuttato in Superbike lo scorso anno a Portimao, ma l’ho considerato più che altro un assaggio e non un debutto vero e proprio. Ora sarà tutto diverso. Però sono pronto e vado in Australia felice, forte delle mie convinzioni ma anche curioso di vedere cosa posso fare». Vedo che sei sereno, segno che la tua squadra non ti sta mettendo troppe pressioni. «Il team sa benissimo che questo sarà il mio primo anno in Superbike e non mi sta creando nessuna pressione. Sono io che però mi rendo conto di far parte di quello che da molti viene considerato il migliore team del mondiale e potrò guidare la moto campione del mondo. Per questo pretenderò molto da me stesso pur sapendo che avrò avversari fortissimi ed esperti. Voglio imparare da loro, accumulare esperienza specialmente nelle prime gare per poi iniziare a puntare a qualche risultato che possa soddisfare sia me che la mia squadra ed i nostri sponsor».

Sei il campione uscente della Stock 1000 e corri da qualche anno. Pur non essendo certo un novellino quando sarai in pista non ti impressionerà il fatto di trovarti magari fianco a fianco con Biaggi, Melandri o magari Carlos? «Se pensassi solo al loro nome forse preferirei lasciar perdere e non uscire nemmeno dal box. Trovandomi in una curva con piloti pluri campioni del mondo forse mi metterei a guardarli ed andrei fuori pista. A parte gli scherzi io li guarderò davvero, perché penso che mi possano insegnare molto, però non mi fermerò al loro nome. Sono uomini come me e come me hanno voglia di correre e di vincere. 97


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Io sono certo che nel mondiale Superbike ci sia ancora la possibilità di emergere a patto di tirare fuori tutto il proprio talento e di lavorare sempre con molta professionalità. Inoltre ho la fortuna di avere in squadra uno di questi campioni e sono convinto che questo per me sarà importante e mi potrà portare dei grandi insegnamenti». L’anno scorso hai fatto una grande stagione, ma alcuni gli anni precedenti sono stati invece più difficili. Potendo tornare indietro c’è qualcosa che non rifaresti? «No. Non c’è nulla del mio passato che cancellerei. Tutto quello che mi è successo è servito a farmi crescere e maturare. Ho avuto qualche esperienza negativa, ma proprio quelle forse mi hanno aiutato a comprendere meglio il mondo delle corse e a capire meglio le persone con le quali mi devo raffrontare. E non è un mondo facile». Ora poi con la crisi economica è ancora più difficile, con molti piloti a piedi. «Di questi tempi un pilota si deve ritenere fortunato solo per il fatto di riuscire a correre. Io sono doppiamente fortunato perché non solo posso correre, ma lo faccio in un team che rappresenta il sogno per molti dei miei colleghi. Godo della fiducia della squadra e della Ducati che mi hanno dato questa grande 98

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possibilità. Sono un privilegiato e ora sta a me sfruttare tutto questo». Visto che hai provato la Superbike a Portimao, quali sono le differenze più rilevanti con una moto Stock? «Le differenze sono notevoli. L’elettronica è stata per me una grande novità e mi sono trovato a sfruttare dei controlli che non conoscevo per niente. Ma l’elettronica non è la sola differenza rilevante. Basti pensare ai cerchi che sono diversi così come le gomme che sono slick e che ti fanno guidare in modo completamente diverso. Sono tante le cose che messe assieme fanno una notevole differenza. Poi per quanto ho potuto vedere a Portimao non è tanto difficile fare qualche giro buono, ma è difficilissimo farne molti. Bisogna correre sempre al limite e visto che i miei avversari lo fanno lo dovrò fare anche io». Sembri in perfetta forma. Ti sei allenato molto? «Mi alleno tutti i giorni in palestra e cerco di rispettare una dieta alimentare corretta. E’ indispensabile fare così se vuoi arrivare nel modo giusto ad un campionato e ad un’occasione così importanti». Tra i tuoi avversari chi ritieni sia favorito nella corsa al titolo? «Oltre ai senatori Checa e Biaggi, vedo favoriti quei piloti che sono ancora giovani ma hanno già molta esperienza. Mi riferisco a Rea e Laverty ma anche a Melandri. Personalmente mi è sempre piaciuto molto Leon Haslam e quindi, visti anche i miglioramenti della BMW, lo reputo in grado di lottare per il mondiale. Ovviamente noi daremo il massimo per fare meglio di loro». Qual è il risultato che vorresti ottenere in questo tuo primo mondiale Superbike? «L’obiettivo è quello di stare spesso nei primi dieci almeno nella prima metà del campionato. Nella seconda invece vorrei scalare qualche posizione per entrare anche nella top five. Questa è la mia ambizione ed è il mio obiettivo. Tra qualche settimana ti dirò se è anche attuabile». Giugliano ci è sembrato molto maturo e sicuro di se e questo fa ben sperare la sua squadra ed i suoi tifosi. Certamente Genesio Bevilacqua ci ha visto giusto ed ha fatto bene a puntare su di lui. Siamo davvero curiosi di vedere cosa potrà fare già a partire dalle prime gare, nella speranza che gli sia dato il tempo necessario per ambientarsi nel più difficile campionato del mondo e per esprimere tutto il suo talento. 99


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di Carlo Baldi | Presentazione ufficiale per la squadra italiana che con Ayrton Badovini e Michel Fabrizio punta ad entrare nella top five del mondiale Superbike. Baroni e Barrier i piloti della Stock 1000

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Il team BMW Italia punta in alto con Fabrizio e Badovini

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2012 Come prevedi possa essere il campionato mondiale che sta per iniziare? «Sarà un campionato difficilissimo e molto combattuto, con sei, sette piloti in grado di aggiudicarsi il titolo e dieci, dodici in grado di vincere le gare. Quasi impossibile fare un pronostico».

E quali sono le ambizioni della tua squadra? Quali obiettivi vi siete posti? «Il nostro target è quello di stare stabilmente nella top five.

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n team ambizioso e tecnicamente competente, una moto dal grande potenziale e due piloti smaniosi di confermarsi ai massimi livelli. Se a tutto questo aggiungiamo un title sponsor (merce alquanto rara di questi tempi) abbiamo la fotografia ben chiara del team BMW Motorrad Italia GoldBet che ieri è stato presentato alla stampa in una delle sale dello storico autodromo di Monza. Non si può certo dire che la squadra di Andrea Buzzoni, Direttore di BMW Motorrad Italia, non abbia bruciato le tappe. Dopo aver debuttato nel 2010 nei campionati delle derivate dalla serie dominando la Superstock 1000 FIM Cup con Ayrton Badovini, lo scorso anno il team ha fatto il grande salto nel mondiale Superbike, ottenendo ottimi risultati nonostante il fatto che il compagno di Badovini, il due volte campione mondiale Superbike James Toseland, abbia disputato solo poche gare, vittima di un infortunio talmente grave da indurlo al ritiro. Ayrton ha concluso il campionato al decimo posto della classifica piloti con 165 punti, sfiorando il podio a Misano, quarto dietro ad Haga per pochi decimi di secondo. Forte della squadra capitanata da Serafino Foti, che tanto bene aveva fatto in precedenza con Ducati, il debuttante team BMW Motorrad Italia lo scorso anno ha lavorato così bene da trovare soluzioni per la S1000RR talmente valide che la squadra ufficiale della Casa madre, che era invece al suo terzo anno in Superbike, le ha utilizzate per i propri piloti. Prendendo spunto da questo abbiamo provato a mettere (bonariamente) in difficoltà Buzzoni chiedendogli se fosse stata la sua squadra a mostrare alla BMW che per vincere ci vogliono gli italiani.

Andrea Buzzoni «BMW ha una grande tradizione nelle corse automobilistiche, ma a fare la storia delle corse in moto sono da sempre italiani e spagnoli. Ciò non toglie che la nostra moto sia frutto della tecnologia tedesca e che la nostra azienda stia acquisendo in pochi anni quel know how nelle corse motociclistiche che altri hanno impiegato molto più tempo a fare proprio». 100

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Al debutto in Superbike siamo entrati nei primi dieci e quindi ora vorremmo fare un ulteriore decisivo passo in avanti». Siete stati ad un passo da Carlos Checa «Sì, abbiamo avuto la lucida follia di fare una proposta al campione del mondo pur sapendo che probabilmente per noi sarebbe stato un azzardo schierare un pilota come Carlos nel nostro secondo anno in Superbike. La possibilità era allettante, ci abbiamo provato e il sabato sera a Portimao 102

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Ayrton Badovini e Michel Fabrizio Dimenticato Checa, i piloti scelti per il 2012 sono stati Ayrton Badovini e Michel Fabrizio. Gemelli diversi. Gemelli perché entrambi hanno vinto e si sono messi in evidenza nella Superstock 1000. Gemelli perché entrambi hanno avuto una carriera caratterizzata da alti e bassi, da momenti fortunati e da altri che lo sono stati molto meno. Michel è stato per alcuni anni nel team ufficiale Ducati ai tempi di Tardozzi, ma lo scorso anno ha fatto molta fatica nel team Alstare Suzuki, tanto da confidarci di aver addirittura pensato al ritiro. Ayrton una squadra ufficiale l’ha solo sfiorata, visto che il team PSG1 Kawasaki, che avrebbe dovuto lanciarlo in Superbike dopo una buona annata trascorsa in prestito al team Pedercini, ha chiuso i battenti lasciandolo tragicamente a piedi.

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sembrava che il progetto potesse realizzarsi. Poi invece la domenica mattina è cambiato tutto, ma non abbiamo rimpianti».

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Diversi come il diavolo e l’acqua Santa Serio, riservato e sempre pacato il “polentone” Ayrton da Biella, estroso, imprevedibile e guascone il “romanaccio” Michel da Frascati. Diversi, ma accomunati dalla fortuna di essere stati ingaggiati dal team BMW Italia che offre loro su un piatto d’argento la possibilità di dimostrare le rispettive doti e di consacrarsi tra i top rider della Superbike. «Innanzitutto sono contento di essere ancora qui con il team BMW Motorrad Italia perché di questi tempi poter far parte di una squadra così seria e competitiva la considero una grande fortuna». Queste sono state le prime parole di Badovini, di chi ha conosciuto la fame (dal punto di vista motociclistico) e quindi sa apprezzare il pane. «Il mondiale Superbike è forse il campionato più difficile, ma sono fiducioso in quanto la moto è migliorata molto – ha proseguito Ayrton – e noi abbiamo un anno di esperienza in più. Spero di acciuffare quel podio che nel 2011 mi è sfuggito per un soffio». Il Badovini visto a Monza ci è apparso conscio dei propri mezzi e forte della fiducia di tutta la sua squadra.

Questo sarà un anno importante per lui, un anno da “dentro o fuori”. Dentro o fuori la ristretta schiera dei top rider. Discorso molto simile per Michel. «Negli anni passati ho fatto molti errori – ha detto il pilota romano durante la presentazione- ogni tanto anche noi piloti ci fermiamo a ragionare, a fare un consuntivo del nostro passato ed io ho capito che di errori non ne posso più fare. Qui ci sono tutte le possibilità per far bene ed io dovrò essere più costante e sbagliare di meno. Ho un nuovo manager ed un nuovo 103


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preparatore atletico e sono in piena forma sia del punto di vista fisico che psicologico. A Dicembre mi sono operato alle braccia per risolvere alcuni problemi fisici che negli ultimi anni mi avevano limitato. L’operazione è andata bene e domenica a Vallelunga ho percorso una decina di giri proprio per mettere alla prova le braccia sotto sforzo. L’esito è stato molto positivo e questo mi da ulteriore morale per la stagione ormai alle porte». Michel ci è sembrato sereno e sicuro di sé. Conosciamo da anni il pilota di Frascati e anche se sta cercando di mantenere un profilo basso, lo abbiamo visto felice e consapevole della fiducia che lo circonda. Assieme a Serafino 104

Foti Fabrizio troverà anche molti dei tecnici con i quali ha lavorato nel team Ducati Xerox. Persone che conoscono i tasti giusti per scatenare l’indubbio talento di Michel che, se come sembra ha trovato le giuste motivazioni ed il giusto ambiente, può ottenere qualsiasi risultato. Test in vista In Australia la squadra di Andrea Buzzoni disputerà cinque giornate di prove (il 13,14 e 15 prove libere, il 20 e 21 prove Infront) prima di affrontare il primo round del mondiale 2012 nel weekend del 24, 25 e 26 Febbraio. Il tempo delle presentazioni sta lasciando spazio alla pista ed al cronometro. Stock 1000 Per quanto riguarda invece il team Stock 1000, il difficile compito di ripetere la fantastica stagione 2010 che ha portato il team BMW Italia alla vittoria del titolo è quest’anno sulle spalle di Lorenzo Baroni e del confermato Sylvain Barrier. Il primo è reduce da una stagione altalenante trascorsa nel team Althea all’ombra di Davide Giugliano, mentre il secondo ha mostrato talento, coraggio e un’irruenza che lo ha portato a commettere qualche errore, ma quest’anno sarà certamente uno dei piloti da battere. 105


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Internazionali d’Italia: parla il team Yamaha Monster Energy di Massimo Zanzani | Ad una ventina di giorni dall’apertura del campionato il team manager Michele Rinaldi e i piloti Philippaerts, Frossard e Charlier fanno il punto della situazione

I

l conto alla rovescia degli Internazionali d’Italia è iniziato e l’aspettativa si fa sempre più coinvolgente grazie alle novità della formula di gara e alla nutrita lista piloti prevista per l’edizione 2012. Questa volta è il team Yamaha ufficiale a commentare quello che si preannuncia essere un campionato appassionante per gli spettatori e utile ai piloti per affilare le armi in previsione del debutto iridato di Valkenswaard del prossimo 9 aprile. Il primo commento spetta a Michele Rinaldi, responsabile del team vice campione MX1 Yamaha Monster Energy.

Michele Rinaldi Sono momenti difficili in cui anche le squadre ufficiali sono costrette ad ridurre i budget a causa della recessione economica generale, quanto ha condizionato tutto questo la vostra preparazione tecnica e logistica per la stagione 2012? «In parte siamo negativamente influenzati ed i programmi non possono seguire esattamente quello che era stato a suo tempo pianificato, ma comunque stiamo facendo un lavoro soddisfacente e mi auguro i risultati lo confermino». 106

Cosa si potrebbe fare per affrontare “corporativamente” la ristrettezza economica in cui ci troviamo? «La cosa migliore sarebbe incontrarci e discuterne assieme, ma la richiesta di questo confronto deve partire dalle istituzioni e non dai singoli». Gli Internazionali d’Italia sono una buona occasione per calibrare il tiro sul Mondiale anche a livello tecnico, qualche anticipazione sulle novità che porterete al debutto di Montevarchi? «Le gare che anticipano la stagione iridata sono indispensabili per provare alcune specifiche tecniche sia per quanto riguarda la parte ciclistica che quella motoristica oltre che per verificare che il pilota confermi quanto scelto precedentemente nei test di fine anno, per cui fino al primo GP non sempre ci sono anticipazioni che si possono dare perché’ nulla è ancora definitivo. Comunque abbiamo lavorato sia sulla parte termica che sulle sospensioni». Il tuo passato di ex pilota e di grande campione è sicuramente una componente importante per il tuo ruolo di manager,

quanto è rilevante per individuare e risolvere le esigenze della tua squadra? «L’esperienza insegna tante cose e a volte gioca un ruolo fondamentale per raggiungere il successo, indubbiamente il fatto di aver fatto 14 anni di gare mi ha aiutato enormemente nel mio lavoro». Quali prospettive per la stagione 2012? «I favoriti sono i soliti della scorsa stagione, ma è possibile che arrivino delle sorprese. Posso dire che abbiamo piloti e moto molto competitivi, per cui ambiamo a risultati ai vertici». 107


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L’Europa e l’America sono separate geograficamente da un oceano e in molti pensano che nel motocross la distanza sia siderale, sia in termini sportivi che organizzativi, secondo te è così, il gap è diminuito o addirittura abbiamo superato gli statunitensi? «Sono due mondi diversi e con mentalità all’opposto, per cui è ovvio che la stessa disciplina non venga interpretata allo stesso modo. Ritengo che la distanza che ci separa non sia così lontana, probabilmente negli Stati Uniti ci sono solo 2 o 3 piloti che corrono ad un livello superiore agli europei». 108

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L’utilizzo delle 125 2 tempi è davvero così determinante per la formazione tecnica dei nostri giovani, o la si può considerare una moda del momento? «Nessuna moda, penso che sia le 85 che le 125 2 tempi non possano essere sostituite da moto di altre cilindrate». Steven Frossard Dopo la stagione 2011 che ti ha visto inaspettato protagonista nella classe MX1 quest’anno sei atteso al via di Montevarchi da tutti coloro che ti vedono tra i favoriti sia per la vittoria degli Internazionali che per il titolo mondiale. Le aspettative sui tuoi

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Il fatto che ancora oggi in Europa, francesi a parte, i giovani pratichino poco e poco volentieri il supercross può essere considerato un fattore di handicap nel momento in cui ci confrontiamo con gli americani? «Sicuramente, perché l’allenamento al supercross spinge il pilota a migliorare la propria tecnica di guida, e negli anni ciò può fare la differenza».

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risultati ti danno più determinazione oppure cerchi di evitarle per non sentirne la pressione? «All’inizio dell’anno fisicamente non ero molto a posto, ma poi mi sono ripreso e mi sono potuto allenare correttamente in Sardegna assieme al mio team, così ho cominciato a sentirmi molto bene sulla moto. Per quanto riguarda la mia condizione psicologica non sento più pressione rispetto allo scorso anno, e il mio obiettivo principale rimane il campionato del mondo MX1 ma mi piacerebbe vincere anche quest’anno il titolo degli Internazionali d’Italia». Il tuo stile sembra essere perfetto per guidare la Yamaha 450, in cosa senti più competitiva la tua YZ 2012 rispetto a quella della scorsa stagione? «Dopo il mio infortunio alla fine del 2011 abbiamo fatto un sacco di test in Germania sia in piste dure che sulla sabbia, lavorando molto sulla facilità e maneggevolezza della moto. Abbiamo già raggiunto degli ottimi livelli, ma continueremo a lavorare anche durante gli Internazionali d’Italia per arrivare pronti in Olanda».

Un tuo pregio e un tuo difetto per quanto riguarda la tua guida. «Per quanto riguarda la prima è che non mollo mai, una lacuna è che qualche volta voglio essere troppo veloce». David Philippaerts Cinque mesi di stop dovuti al tuo infortunio sono tanti, in che condizione fisica ti presenterai al via degli Internazionali d’Italia? «Spero di essere pronto, mi sto allenando tanto per rientrare più in forma possibile credo che questa pausa mi abbia fatto molto bene, speriamo in un 109


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buon campionato sia per quanto riguarda gli Internazionali che per il Mondiale». La tua grinta ha fatto sì che i tuoi Fans ti soprannominassero “guerriero”, ma quanto si può sopperire con la sola determinazione alla mancanza di condizione fisica? «Tantissimo, a volte si vince solo con la testa». Le prove di questi Internazionali d’Italia saranno il primo vero banco di prova su cui vi confronterete e prenderete le 110

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Pregi e difetti della tua guida? «Difficile valutarlo, anche perché non guido sempre nello stesso modo. A volte sono più aggressivo, altre riesco a guidare molto rilassato, dipende da diversi fattori tra cui il tipo di pista». Christophe Charlier Il 2012 ti vede in MX2 nuovamente in sella a Yamaha ma con una nuova squadra, il Team Rinaldi: quali sono le differenze principali tra le due strutture? Qualche anticipazione sulla tua

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misure con gli altri protagonisti del Mondiale, chi sarà secondo te nel mondiale MX1 il Rookie da tenere d’occhio? «Sono un termine di paragone importante anche se alcuni piloti manterranno un certo margine in queste prime gare. Solo al debutto iridato si capirà veramente il valore delle forze in campo, ma sono sicuro che quest’anno ci saranno molti pretendenti al titolo MX1».

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YZ250F di casa Rinaldi? «Sono davvero felice di essere di nuovo su una Yamaha e soprattutto in un team ufficiale. Ho già imparato a conoscere questa nuova squadra e posso dirvi che mi sento alla grande! E’ una struttura molto professionale, attenta e ambiziosa che mi da una grande motivazione. La mia nuova moto è davvero formidabile, che ho perfezionato nei dettagli secondo i miei gusti grazie ai numerosi test che abbiamo effettuato, e ora è veramente un piacere quando guido». Quanto ha inciso la pratica del supercross con il tuo stile di guida così bello da vedere? «Ho corso sulle piste supercross fin da piccolo, questa disciplina mi piace molto e la tecnica che ho assimilato mi ha permesso di acquisire il mio modo di condurre la moto anche nel motocross tradizionale».

Pensando agli Internazionali, e in prospettiva al Mondiale, chi vedi come pilota da battere nella MX2? «Vorrei rivivere il duello che ho avuto con Herlings nel 2009 quando correvamo nel campionato europeo. Ora che mi trovo in una squadra ufficiale posso sfruttare tutte le possibilità che mi vengono date per realizzare questo desiderio, le persone che mi circondano sono fondamentali e oggi finalmente ho ritrovato la forma mentale che avevo quando ero protagonista nel campionato europeo». 111


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Il Mondiale e il Motocross delle Nazioni tornano a Maggiora La pista di Motocross italiana ritorna agli antichi splendori e dal prossimo anno ospiterà gare del Modiale. Nel 2016 sarà teatro del Motocross delle Nazioni

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ra gli anni ‘70 e la fine dei ‘90 Maggiora era in Italia il simbolo del Motocross. Una gara attesissima del calendario, sinonimo di spettacolo ed emozioni. Il culmine è stato nel 1986, quando Maggiora ospitò il Motocross delle Nazioni. Nel 2016, trenta 112

anni dopo, l’MXoN tornerà a calcare la stessa pista. Uno storico accordo tra Youthstream e Schava (la società che organizza il GP a Maggiora) ha deciso il ritorno del grande Motocross internazionale nella pista di Maggiora. Dal 2013 al 2020 saranno organizzati i Grand Prix del Mondiale e nel 2016 e 2021 lo storico circuito ospiterà il Motocross delle Nazioni. La pista e il paddock verranno modernizzati e dotati di tutte quelle infrastrutture necessarie allo svolgimento delle gare, ma anche indispensabili e per accogliere pubblico, piloti e media.

Giuseppe Luongo «Per noi è un sogno che diventa realtà - ha dichiarato Giuseppe Luongo, presidente Youthstream-. Ringrazio Stefano Avandero e Paolo Schneider per aver creduto nel potenziale di Maggiora. Io Sono affezionato in modo particolare a questo circuito, perché ho organizzato il Famoso Motocross delle Nazioni del 1986 che fu vinto dal team americano e ancora oggi è ricordato come il più grande evento nella storia del Motocross. Il circuito di Maggiora insieme a quello di Glen Helen (USA) sono le migliori piste del mondo, sono tracciati in vero stile tradizionale e sono sicuro che una volta apportate le necessarie modernizzationi sarà qualcosa di eccezionale. Lo scopo, non è solo quello di creare un grande appuntamento, ma anche quello di creare una sede che ospiti altri grandi eventi sportivi. Il nostro progetto non vuole chiudere le porte ad altri GP in Italia - ha precisato Luongo in conclusione - perché sappiamo che l’Italia è una nazione sportivamente forte e che ci sono altri organizzatori interessati ad un eventuale secondo GP d’Italia». Wolfgang Srb «Wolfgang Srb, FIM CMS Director, ha dichiarato: «La storia del Motocross delle Nazioni è molto ricca e colorata. Ci sono state gare entusiasmanti, grandi battaglie e momenti indimenticabili. Ma un’edizione della manifestazione più importante del mondo Motocross sta sopra a tutte le altre: la leggendaria gara del

1986 a Maggiora. Il dream team americano, composto da David Bailey, Ricky Johnson e Johnny O’Mara, è ricordato per una delle più grandi prestazioni che lo sport del Motocross abbia mai visto. Il momento in cui Johnny O’Mara sulla moto 125 ha passato la 500 del Campione del Mondo David Thorpe rimarrà per sempre nella memoria e nel cuore di ogni fan in tutto il mondo». «Il ritorno del Mondiale e del Motocross delle Nazioni a Maggiora - ha concluso Srb - è una delle migliori notizie che abbia mai sentito. Il luogo è magico, unico, e attirerà appassionati provenienti da tutto il mondo. Un grande grazie e complimenti a tutti coloro che hanno reso questo sogno possibile!». 113


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di Maurizio Tanca | Per un Haga che sta per trasferirsi nel Regno Unito (su Ducati Panigale?), c’è un West che se ne torna tristemente in Australia. Anche Keith Amor lascia il suo adorato TT

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Chi va e chi viene

li appassionati di corse su asfalto seguiranno certamente il mercato piloti non solo per quel che riguarda i campionati di punta – leggi MotoGP/Moto2/ Moto3 e Superbike/Supersport e annessi – ma anche challenge appassionanti come il BSB (ovvero il campionato Superbike britannico), oltre che i movimenti degli assi delle corse su strada, vedi Tourist Trophy, Nord West 200 e via dicendo. In effetti c’è del movimento nel mondo dei piloti. C’è chi si sposta, magari cambiando aria, e chi si muove

07 Febbraio

2012

definitivamente verso…casa sua perché, volente o nolente. Negli ultimi giorni, per esempio, abbiamo appreso (e pubblicato) che Mattia Pasini, ex Moto2 con il team Ioda di Giampiero Sacchi e in predicato di passare alla compagine spagnola Stop&Go, è invece approdato alla nuova categoria CRT per guidare l’Aprilia Speedmaster della famiglia Iannone. Per contro, un paio di australiani mollano il colpo. Del due volte iridato in Supersport, il 35enne Andrew Pitt, abbiamo già detto nei giorni scorsi. Ora tocca ad Anthony West, che non è riuscito a trovare il budget richiesto dallo stesso team Speedmaster per correre la stagione 2012, ha dovuto arrendersi , e purtroppo sarà costretto a tornarsene a Maryborough, nel Queensland, e “trovarsi un lavoro normale”, come ha postato su Facebook. Aggiungendo: “Tutti i team chiedono soldi ai piloti per correre, e solo chi è ricco può farlo in MotoGP, Moto2 e Moto3. Io non posso permettermi di correre gratis, anche perché non sono ancora stato pagato dal mio ex-team, l’MZ Germany Moto2. Ho messo in vendita la mia auto, la mia moto da cross e pure la casa per trovare i soldi per correre, e ho anche offerto la casa come

garanzia nel caso non fossi riuscito a trovare la cifra necessaria, ma non è stato comunque sufficiente”. Anche un campione del calibro di Nori Haga, peraltro, è rimasto fuori dal giro del mondiale (Superbike, ovviamente), ma a quanto pare il mitico Norichan sarebbe davvero ad un passo dal piombare nel vivacissimo BSB, con un ingaggio in parte procuratogli da Jonathan Palmer, ex pilota di F1 negli anni 80 e attualmente amministratore delegato della MSV (Motor SportVision), società organizzatrice del Campionato inglese. E ci sono ottime possibilità che il funambolo di Aichi si presenti in Inghilterra in sella ad una Ducati Panigale. Ma un altro pilota sta per ritirarsi, sebbene a malincuore. Si tratta di uno degli idoli del TT, cioè il 39enne scozzese Keith Amor, che non è riuscito a riprendersi completamente dai due incidenti (prima in prova, a Quarter Bridge, poi in Gara 2 Supersport, alla “esse” di Union Mills) occorsigli lo scorso giugno all’Isola di Man, e dalla terza caduta rimediata al successivo Ulster Grand Prix irlandese. La sua spalla destra, gravemente compromessa, gli è stata infatti letteralmente ricostruita lo scorso novembre, ma l’operazione non è stata sufficiente per recuperare la mobilità necessaria per correre, così Keith ha deciso di lasciare il team TT Legends e l’Honda Europe, dopo 11 anni dal su debutto in gara: una carriera che gli ha fruttato 5 podi al TT (incluso il 2° posto in Supersport, lo scorso anno), e due vittorie nel 2010, rispettivamente in Superstock, alla North West 200, e ancora in Supersport all’Ulster GP.

Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 Responsabile editoriale Ippolito Fassati Capo Redattore Andrea Perfetti Redazione Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Francesco Paolillo Aimone dal Pozzo Grafica Thomas Bressani Collaboratori Nico Cereghini Massimo Clarke Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Lorenzo Boldrini COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto. it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. Moto.it Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: staffmoto@moto.it

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