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Numero 61 15 Maggio 2012
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SBK Donington
Melandri e Rea vincono il GP del Regno Unito Le pagelle del GP
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Melandri e Fabrizio presentano a Monza la BMW F 800 R in livrea all black
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Philippaerts: “Un podio che serviva a tutto il team” | Cairoli e Herlings vincono il GP
| prova classic |
Triumph Classics da Pag. 2 a Pag. 25
All’Interno
NEWS: M. Clarke “Nel mondo delle valvole”| N. Cereghini “Monza, il bagnato e noi”| Il raduno Harley-Davidson in Toscana | SPORT: Abbiamo corso la Gladius Cup | FOTOGALLERY: Le immagini di SBK Monza e MotoGP Estoril
Triumph Classics
Bonneville, Scrambler e Thruxton
PREZZO da € 8.319 a € 9.378
Prova classic
L’allegra compagnia di Maurizio Tanca | Una bellissima giornata trascorsa in sella alle Triumph Bonneville, Scrambler e Thruxton, a goderci le strade, i panorami e i sapori delle magnifiche Langhe cuneesi 2
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rova Triumph Classics Bella idea, quella di trovarci a Bossolasco, piccolo e graziosissimo comune arroccato sulle Langhe, poco lontano da Dogliani ed Alba. Insomma, nella terra del Dolcetto, delle nocciole, del cioccolato, del bollito misto, del buon cibo in genere. E perché no, anche degli scarichi per moto. L’idea è venuta ai ragazzi di Triumph Italia, che hanno organizzato questo rilassante evento con lo scopo di rinfrescarci la memoria sulle Classics, ovvero le bicilindriche di famiglia, con esclusione delle America e Speedmaster, in quanto appartenenti a gamma Cruiser. Fortunatamente abbiamo azzeccato una magnifica giornata, incastonata in una settimana meteorologicamente pessima, sicché ce la siamo spassata davvero lungo quelle bellissime strade con il panorama
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mozzafiato delle Alpi Marittime innevate e la cima del Monviso che svettavano contro il cielo azzurro. Insomma, la situazione che tutti sogniamo sempre, quando usciamo in moto, e che noi ci siamo goduti andando a spasso con moto sostanzialmente tranquille, come sono le bicilindriche Triumph, ma che tuttavia riescono a divertire anche quando si vogliano tenere andature che magari tanto tranquille non sono. A nostra disposizione avevamo un paio di Bonneville – standard ed SE – una Scrambler, una Thruxton e un paio di Bonneville T100, e una guida come Mario Sanino, appassionatissimo concessionario Triumph di Dogliani, che con una Tiger 1200 ci avrebbe mostrato quel territorio che lui ovviamente conosce a menadito. Mancava la Bonnie Steve McQueen SE, mentre ad accoglierci nel grazioso salotto de Le Due Matote, a Bossolasco (bel
posto, lo cito volentieri, perché merita davvero di trascorrerci un bel weekend) campeggiava elegantemente l’esemplare N°1 delle mille T100 costruiti per celebrare il 110° anniversario del marchio britannico, che com’è noto ricorre quest’anno. La simpatica iniziativa mi è servita molto, visto che mi sono trovato a rivedere alcune mie valutazioni su queste moto, che in effetti solo provandole 5
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nello stesso contesto, saltando da una sella all’altra, è possibile fare con maggiore obiettività. Chiaramente l’intendimento di Triumph era anche quello di chiarire le idee a chi fosse interessato a scegliere una di queste moto, leggendo appunto le successive note e impressioni di noi “giornalai”. Cosa che comunque sarà possibile effettuare di persona da chiunque anche il 4 e 5 maggio, quando tutti i concessionari Triumph rimarranno aperti appositamente fino alle 22.
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Bonnie T100, la mamma delle Classics Tutto nacque... solo undici anni fa, ovvero quando John Bloor - coraggioso quanto benemerito imprenditore che nel 1990 aveva iniziato pian piano a rimettere in piedi la nuova Triumph ad Hinckley, nel Leicestershire - decise che era ora di rifare la leggendaria Bonneville, la Triumph più famosa in assoluto, nata alla fine del 1958 con la sigla T120. La Bonnie degli anni duemila riapparve dunque in veste piuttosto fedele alla progenitrice, ma contraddistinta dalla iconica sigla T100 - che peraltro dal 1949 all’83 contraddistinse oltre una trentina di modelli Triumph, Tiger e Daytona in particolare, ma mai una Bonneville - e naturalmente col suo bravo bicilindrico parallelo raffreddato ad aria: da 790 cc anziché 650, ma sempre alimentato tramite una coppia di carburatori. Da allora la T100 è rimasta sempre la stessa, salvo salire di cilindrata fino ad 865 cc e di potenza da 62 a 67 cv, nel 2008, quando i carburatori vennero sostituiti (ahimè, starà già sospirando qualcuno...) da
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L’avvento della nuova Bonneville, nel 2001, coincideva dunque con la nascita della gamma Classics che, con un’oculata economia di scala, è arrivata oggi ai quattro modelli del nostro test e relative varie configurazioni
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un sistema a iniezione elettronica, i cui due corpi farfallati erano però astutamente “camuffati” da carburatori, con tanto di pomello dello starter laterale, giusto per appagare almeno l’occhio e nel contempo rispettare le sempre più severe normative anti-inquinamento, causa principale di questa trasformazione. L’avvento della nuova Bonneville, nel 2001, coincideva dunque con la nascita della gamma Classics che, con un’oculata economia di scala, è arrivata oggi ai quattro modelli del nostro test e relative varie configurazioni. A creare infinite altre varianti di queste belle moto ci pensano poi gli ormai numerosissimi preparatori e specialisti che realizzano esemplari da far venire la classica bava alla bocca. Anche per motivi di prezzo, of course... In ogni caso, qui c’è davvero da sbizzarrirsi nella personalizzazione, e anche questo aspetto ha il suo giusto peso in questa bella passione che intriga tutti noi. Le Classics, nei particolari Ma vediamo cos’hanno in comunque le nostre inglesine, a livello tecnico e generale. E partiamo dal motore. Il bicilindrico inglese ha un rapporto tra alesaggio e corsa di 90x68 mm, e sulle Bonneville eroga 67 cv (49,3 kW) a 7.500 giri, con una coppia di 6,93 kgm (68 Nm) a 5.800 giri, mentre la Thruxton beneficia di un paio di cavalli in più, a 7.400 giri, a parità di coppia. La distribuzione è DOHC, quindi con una coppia di alberi a camme in testa che azionano 8 valvole, mentre l’iniezione elettronica utilizza due corpi farfallati da 36,6 mm di diametro. Il cambio è a 5 marce. Stiamo parlando di due cilindri verticali paralleli con albero motore fasato 6
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a 360°, quindi con i pistoni che salgono e scendono affiancati: configurazione che, oltre a generare un bel suono rotondo e corposo agli scarichi, favorisce una coppia più robusta ai bassi e medi regimi, anche se a scapito di un po’ di allungo, del quale in effetti si sente ben poco la mancanza nell’uso comune. Ricordiamo anche che qui non ci sono contralberi di bilanciamento, perciò andando su di giri le vibrazioni iniziano a farsi sentire. Anche se, a dire il vero, si è provato di molto peggio in questo senso. Quanto detto vale per tre delle nostre quattro moto. Alla Scrambler (ma anche alle due cruiser, e francamente non ho mai capito il perché) si è infatti voluto dare un’altro carattere, fasandone l’albero motore a 270°. La potenza scende quindi a 59 cv (43 kW) a 6.800 giri, mentre la coppia mantiene il medesimo valore massimo, ma a 4.750 giri. Risultato: il motore vibra meno, ma perde personalità e un po’ di spunto nella prima apertura dell’acceleratore; inoltre mostra un accenno di cut-off (cioè il ritardo nel rispondere al gas) che, nell’eventuale utilizzo su sterrato, dove magari si gioca con un filo di gas, riesce anche a dar fastidio, specie con gomme solo moderatamente tassellate come queste. Il tutto con l’illusoria propensione propensione ad allungare un po’ di più tirando le marce, e, soprattutto con un suono allo scarico meno 8
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corposo e piacevole. La ciclistica di queste Triumph si basa su un “classico” telaio in tubi d’acciaio a doppia culla inferiore, che però differisce nelle quote caratteristiche sui vari modelli. Il cannotto di sterzo della T100 - che monta una ruota anteriore da 19” e gomme Metzeler, Lasertec da 100/90 ed Me Z2 da 130/80x17” - è infatti inclinato 28° con 110 mm di avancorsa e 1.500 di interasse. Anche la Scrambler monta ruote e gomme - Bridgestone Trail Wing - della medesima misura, ma per la sua destinazione d’uso più polivalente è stato scelto
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un cannotto meno inclinato e minor avancorsa: 27,8° e 105 mm, a parità d’interasse. Veniamo alla mitica Thruxton: la café racer di famiglia ha la ruota anteriore da 18”, e quote di sterzo ancora più ridotte: cannotto a 27° e avancorsa a 97 mm, con interasse a 1.490 e gomme Metzeler da 100/90x18” e da 130/80x17” identiche a quelle della T100. Quanto alla nuova arrivata, la Bonneville con le ruote in lega da 17” che ai puristi magari non piaceranno, ma che - non mancherò mai di sottolinearne l’importanza in termini di sicurezza - hanno l’enorme pregio di essere tubeless, qui abbiamo cannotto a 27°, avancorsa di 106 mm, interasse di 1.490 e gomme Metzeler ME Z4, da 110/70 e 130/80 (con cerchio anteriore da largo 3,0” anziché 2,5”): il tutto rende questa moto non solo di gran lunga la più facile e divertente da guidare del gruppetto, ma anche una delle più equilibrate e facili che io mi ricordi di aver mai usato. Sospensioni: tutte e quattro le Classics montano forcelle Kayaba con steli da 41 mm di diametro ed escursione di 120 mm; ma solo quella della Thruxton è regolabile in precarico. I forcelloni posteriori sono in acciaio con bracci rettangolari, e lavorano con 9
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ammortizzatori Kayaba regolabili in precarico, che sulle nuove Bonneville (standard ed SE) hanno 100 mm di escursione anziché 106. Freni Nissin: pinze flottanti a 2 pistoncini davanti e dietro e dischi posteriori da 255 mm per tutte; disco anteriore da 320 mm sulla Thruxton e da 300 sulle altre. Serbatoi: identici, tutti da 16 litri. Altezza delle selle da terra: Bonneville, 740 mm; Bonneville T100, 775 mm; Thruxton, 820 mm; Scrambler, 825 mm. Strumentazione: la Bonneville standard, distinguibile immediatamente dalla SE per i carter neri
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anziché satinati, è anche l’unica ad avere solo il tachimetro, chiaramente analogico: al suo interno c’è il piccolo display digitale che indica i chilometraggi totale e parziali e l’orario, mentre al posto del contagiri sono state piazzate quattro classiche spie di servizio. Le piccole spie inglobate negli strumenti delle altre moto, invece, sono abbastanza difficili da vedere in piena luce. Da notare che sulla T100 continua a mancare il pulsante di lampeggio dal blocchetto sinistro. Personalmente chiudo un occhio sui bloccasterzo vintage tipo Neimann sul cannotto, ma non riesco proprio a digerire gli scomodi blocchetti di accensione sistemati sulla sinistra dei fari, con gli eventuali portachiavi che per forza di cose sventolano fastidiosamente durante la guida. Un appunto alla Scrambler: il suo innegabile fascino dipende certamente anche – se non principalmente - dal suo doppio scarico laterale che passa alto. Carino, ma davvero troppo invadente, e obiettivamente anche fastidioso, specialmente nel caso si trovi a guidare in piedi su qualche strada bianca. Pesi dichiarati, in ordine di marcia: 225 kg per le nuove Bonneville, 230 per tutte le altre. Consumi: la Casa non li dichiara,
tuttavia avendo provando precedentemente queste moto (più recentemente la nuova SE, abbastanza a lungo), possiamo affermare con sicurezza che si attestano mediamente tra i 20 ed i 22 km/ litro, E di conseguenza si può contare su un’autonomia media di almeno 300 chilometri. I prezzi E veniamo alle dolenti note, cioè i prezzi chiavi in mano, anche qui partendo dal più basso. Bonneville: 8.319 euro; Bonneville SE: 8.974 euro, più altri 202 per l’aventuale livrea Two Tone, bicolore; Bonneville T100 Black: 9.065 euro; Bonneville T100, Thruxton e Scrambler: 9.378 euro; Bonneville T100 “110° Anniversary”: 9.650 euro; Bonneville Steve McQueen SE: 9.990 euro. Cifrette non certo popolari, dunque, pur considerando il carisma di queste moto, che comunque ci risulta reggano molto bene il loro valore sul mercato dell’usato, come del resto si può verificare dando un’occhiata alle numerosissime inserzioni presenti sul nostro sito. Quanto alla voce “ personalizzazioni fai da te”, un’occhiatina al link vi darà un’idea della gamma di accessori disponibile per le Triumph Classics. La prova. Andiamo a divertirci... Dopo un buon caffè preparatoci dalla signora Sanino nel moto salone di famiglia, ci siamo messi alle costole del cortesissimo 10
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Mario e della sua Tiger Explorer, per gustarci il meglio di quel bellissimo lembo di Piemonte – fortunatamente poco trafficato nei giorni infrasettimanali - e goderci come si deve le “nostre” borbottanti bicilindriche, con la Thruxton e i suoi silenziatori Arrow aftermarket in testa. Triumph Scrambler Son partito con la Scrambler, che in effetti filosoficamente mi ha sempre affascinato più delle altre, ma che tuttavia non ho mai apprezzato più di tanto: fondamentalmente non mi piace il suo assetto di guida, perché trovo il manubrio troppo aperto e le leve basse (che comunque si possono regolare), quindi con i polsi in 11
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posizione che guidando in piedi può anche andar bene, ma seduti normalmente è poco ergonomica. Percorrendo un piccolo tratturo, ho visto che tutto sommato, nonostante il peso della moto (che comunque non credo sia così tanto superiore a quello della TR6 Trophy camuffata usata da Bud Ekins per il famoso salto ne “La Grande Fuga”, anche se Triumph per quella dichiarava 165 kg a secco), stando in piedi si riesce a muoversi abbastanza bene anche sullo sterrato un po’ mosso, anche se effettivamente lo scarico disturba, anche perché scalda fastidiosamente. E poi, 12
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quel minimo di cut off nel chiudi/apri del gas di cui ho accennato prima è sufficiente a far balzare fastidiosamente la moto in avanti non appena si tocca la manopola. Detto ciò: quanti possessori di Scrambler la useranno per andare in mulattiera? Bene: una ritoccatina alle sospensioni, scarico Arrow 2-in-1 optional, più stretto e leggero, gomme tassellate vere, tipo le Karoo o similari, per poi potersi muovere dignitosamente anche su asfalto, ed è fatta, a patto di non pretendere la luna. Ai tempi, lo ricordo, con moto simili Ekins, McQueen e compagnia bella ci correvano la mitica Six Days…. Ma pensiamo alla strada, dove la gamba destra la si può tenere un po’ più aperta, e alla fine ci si abitua anche. E dove non lo avrei mai detto – con la Scrambler mi sono divertito anche quando abbiamo iniziato a guidare un bel po’ più spigliati, forse anche perché mi sento abbastanza a mio agio con le gomme ibride come queste Bridgestone Trail Wing. Insomma, questo motore è meno coinvolgente rispetto a quello delle altre, e spinge meno all’inizio, però tutto sommato è gradevole, e vibra anche meno agli alti regimi, dove in ogni caso è inutile arrivare, tanto la spinta cala comunque...Quindi via di conserva, con la moto morbida e docile
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tra le gambe e freni dignitosi per l’utilizzo normale: non serve un mordente esagerato, con gomme così strette davanti, è molto più redditizio giocare col cambio - che assieme alla frizione funziona molto bene, salvo indurirsi leggermente marciando lentamente, nel traffico - far scorrere la moto e non strafare con inutili staccatone, col rischio di perdere l’avantreno. Tant’è che quando si è iniziato a danzare sulle curve con una certa disinvoltura, la Scrambler eseguiva perfettamente le linee impostate senza farmi mai sentire in difficoltà, ma anzi in confidenza, senza mai tentare portarmi fuori, e comunque recuperando senza problemi eventuali piccoli errori di valutazione. Magari muovendosi un pochino, per far capire di non esagerare, ma ci sta. Diavolo, e io che l’avevo giudicata un cancello... Triumph Bonneville T100 Sosta, per scattare qualche foto e scambiarci le moto, e mi aggiudico la mitica T100: bellina, con il piccolo parabrezza e le eleganti bisacce di cuoio posteriori. Bella, ma che certamente non ho mai considerato un mostro di divertimento, al di là dell’innegabile
carisma che trasmette. E anche qui ho dovuto rivedere le mie posizioni. Insomma, una moto piacevole per andarci a spasso trotterellando tranquillamente tra colline e declivi... Ma qui, subito dopo essere ripartiti, stavamo già tenendo il ritmo di prima, e mi stavo divertendo più che con la Scrambler! E non solo grazie al rumore più tonico e coinvolgente del suo motore, e per la spinta ai bassi più gagliarda, ma anche per la guida: l’avantreno della T100 non è certo un fulmine nell’impostare le curve, ma anche guidando così spediti (come non avevo mai fatto in precedenza con questa moto) solcava le traiettorie con piacevole precisione e senza una sbavatura. Va detto che le strade sulle quali scorrazzavamo allegramente erano perlopiù in ottimo stato, e anche se qualche tratto era un po’ sporco per le piogge dei giorni precedenti, si filava che era un piacere, e senza macroscopici problemi di ciclistca. Però è sui tratti sconnessi che con queste moto, una per l’altra, salta fuori l’esigenza di avere degli ammortizzatori migliori, meno rigidi e secchi rispetto agli originali. Nella fattispecie - è un po’ un mio chiodo fisso - sono un convinto sostenitore degli ammortizzatori tipo quelli che troviamo sulla Kawasaki W800 o sulle Honda V750, quindi con molle a progressive, ma a spire molto ampie. Comunque sia, dai e dai ho rivalutato anche la 13
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Triumph Truxton Dunque salto in sella alla Thruxton. L’ultima volta che ne ho usata una era ancora il vecchio modello con i semimanubri, e mi era piaciuta abbastanza, anche se dopo qualche centinaio di curve di montagna i miei poveri polsi avevano giustamente qualcosa da ridire… Mi è sempre piaciuta questa moto, ma allora auspicavo l’arrivo di un manubrio normale, che poi è puntualmente arrivato, con tanto di retrovisori alle estremità. Bene, non appena sono partito, la sensazione è stata quella di avere il cannotto di sterzo troppo serrato. Il manubrio dritto andava bene, ma le pedane sulla Thruxton sono più alte ed arretrate, e la sella è anch’essa altina: ma problemi non ce ne sarebbero, se non fosse che l’avantreno a suo tempo non mi era mai sembrato così ostico da inserire in curva. Questa moto va guidata di corpo, forzando quella ruota davanti che sul misto stretto ti dà del lavoro extra, se vuoi tenere il passo con gli altri. La Thruxton è una moto da gustare pian piano, fino a 24
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Bonneville T100, della quale esteticamente ho sempre criticato solo i collettori di scarico abbastanza bruttini rispetto a quelli delle vecchie Triumph, che erano dritti fino alle marmitte (come sulla già citata W800….), mentre qui sono ricurvi nella parte terminale, ovviamente per non danneggiarle in curva.
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quando non riesci a entrarci in sintonia per riuscire a gustartela: una guida vintage, insomma, molto più delle sue sorelle. E poi è quella che davanti frena meglio, perché ha un disco più grosso e una pompa più efficace, come del resto dev’essere su un mezzo sportiveggiante – sempre nell’accezione vintage del termine come questo. Triumph Bonneville Altra sosta, ed eccomi alla mia beniamina, l’ultima arrivata: la Bonneville moderna, standard o SE che sia, quella che magari fa storcere un po’ il naso, ma solo a chi non l’ha mai provata. Si, perché questa è una moto che si guida veramente in punta di dita: su un bel percorso misto la si può davvero guidare col pensiero, una guida estremamente facile e naturale. La nuova Bonnie è bilanciatissima e precisa, sulle prime sembra fin troppo agile, specie dopo aver provato le sue sorelle, ma guidarla regala davvero un gran gusto, anche perché si può piegare più che dignitosamente senza dover per forza consumare del ferro sull’asfalto. Logicamente non stiamo parlando di sensazioni paragonabili a quelle che si provano con una moderna naked potente e adrenalinica, ma comunque ci si possono togliere delle soddisfazioni. Per chi ci vuol viaggiare a lungo, comunque, consiglio senz’altro una sella più imbottita. 25
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IL GRAN PREMIO del regno unito
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Melandri vince Gara 1 a Donington di Carlo Baldi | Melandri porta al successo la BMW vincendo una gara spettacolare davanti al compagno di squadra Haslam e a Sykes. Biaggi quinto cede nel finale anche a Rea. Checa sesto
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ulla pista di Donington Park Melandri regala alla BMW la prima storica vittoria nel campionato mondiale Superbike. Il trionfo della casa bavarese è completato da Haslam che precede Sykes. E’ stata una gara bellissima e piena di colpi di scena dall’inizio alla fine. Haslam era partito come un fulmine, seguito da Sykes, Melandri, Guintoli, Biaggi, Rea, Laverty e Camier. In pochi giri il gruppone si sgranava perché Guintoli, Rea, Laverty e Camier non riuscivano a 28
tenere il passo delle due BMW, di Sykes e di Biaggi che si allontanavano. I primi quattro (che erano gli stessi piloti che componevano la prima fila) iniziavano a contendersi la prima posizione con molti sorpassi e qualche errore, dando vita ad una gara che teneva tutti con il fiato sospeso. Sykes e Haslam si alternavano al comando ma in seguito il pilota BMW prendeva un leggero vantaggio mentre alle sue spalle Melandri superava prima Biaggi e poi Sykes. Il sorpasso a Max avveniva al “Melbourne harpin”, il tornante opposto al rettilineo d’arrivo, con Melandri che s’infilava all’interno, superava il Corsaro e poi alzava la mano come a chiedere scusa, anche se la manovra non era stata certamente scorretta. Proprio quando si profilava una lotta in famiglia tra Melandri ed Haslam, nel corso del diciottesimo giro l’inglese arrivava lungo alla “Fogarty esses” e rientrava in terza posizione proprio davanti a Biaggi, autore a sua volta di un errore alla stessa variante, forse deconcentrato dal lungo di Leon. A quel punto Melandri vedeva pista libera davanti a
sè, mentre il suo compagno di squadra riusciva a superare Sykes, portandosi in seconda posizione. Biaggi era quarto insidiato da un incredibile Rea, che nel finale si scatenava sino a riacciuffare il pilota dell’Aprilia passandolo nel corso dell’ultimo giro. Melandri tagliava per primo il traguardo, davanti ad un deluso Haslam e a Sykes. Quarto Rea e quinto Biaggi. Deludente la gara di Checa che non era partito malissimo, ma aveva poi perso molto tempo nel superare Guintoli e quando lo aveva fatto il gruppo dei primi era ormai irraggiungibile. Giugliano è settimo davanti a Guintoli e Camier, che nei primi giri aveva fatto sperare i tifosi Suzuki. Fabrizio e Badovini sono rispettivamente decimo ed undicesimo, dopo una gara senza particolari acuti. Non è stata una bella gara per Zanetti e Canepa, diciottesimo e diciannovesimo, con il pilota del team Ducati Roma autore di due dritti quando era in zona punti. Non hanno tagliato il traguardo Aitchison, Hickman ed i due piloti del team Pedercini Mason e Mercado, caduto dopo sole due curve. 29
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di Carlo Baldi | Gara pazzesca con finale thriller. All’ultima curva Rea entra in contatto con Haslam che cade e trascina con se Melandri. Vince Rea davanti a Biaggi e Sykes. Checa cade nel corso del primo giro
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’ stata una gara che verrà ricordata a lungo sia per la sua spettacolarità che per le polemiche nel paddock, con il team BMW a lamentarsi per l’entrata di Rea che ha causato – a loro dire – la caduta di Haslam e quella successiva di Melandri. Non vogliamo fare come nel calcio e tirare in ballo le moviole. 30
Quello che è accaduto nell’ultima curva, sarebbe potuto accadere molte altre volte nel corso della gara visto che in ogni curva c’era qualcuno che cercava di infilarsi nei pochi centimetri disponibili e che nessuno ha mai pensato a chiudere il gas nemmeno quando le carene si toccavano. Una gara pazzesca ad iniziare dal primo giro, quando Laverty ha chiuso il gas e Checa non è riuscito ad evitarlo ed è caduto, coinvolgendo involontariamente anche Smrz ed il compagno di squadra Giugliano. Nel frattempo Fabrizio veniva punito con un ride trough per la sua falsa partenza. Nei primi giri era Sykes a che conduceva le danze davanti a Biaggi, Haslam, Rea e Melandri. Il gruppo dei primi cinque prendeva in pochi giri un
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Jonathan Rea si aggiudica Gara 2 a Donington
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vantaggio incolmabile, lasciando Guintoli, Laverty e Camier a contendersi le posizioni di rincalzo. Al sesto giro iniziavano le scaramucce tra Rea e Melandri che riusciva a sorpassarlo e si metteva in coda a Sykes, Biaggi e Haslam che transitavano nell’ordine. Da lì in poi abbiamo perso il conteggio dei sorpassi e dei contatti. Ad ogni curva tutti tentavano di superare tutti e come dirà poi Biaggi “spuntavano da tutte le parti”. Al dodicesimo giro Laverty cadeva concludendo nel peggiore dei modi un weekend da dimenticare. E proprio Biaggi al quindicesimo giro subiva un triplo sorpasso al “Melbourne harpin” da parte di Melandri, Haslam e Rea. La gara vietata ai deboli di cuore proseguiva con Rea che sbatteva la porta in faccia a Biaggi che cercava di recuperare il terreno perduto, ma nella curva successiva andava lungo e rientrava in quinta posizione. E proprio quando sembrava che l’inglese della Honda fosse ormai tagliato fuori dalla lotta per il podio, Jonathan tirava fuori tutta la sua classe e la sua grinta, riportandosi nel gruppo di testa. Si arrivava così all’ultimo giro e all’ultima curva, dove succede il patatrac, con Melandri che cerca di superare Haslam. I due entrano larghi nell’ultima curva e Rea si infila come un fulmine nello spazio a centro curva. Inevitabile il contatto con Haslam che chiude e cade trascinando con se proprio Melandri. Alla fine festeggiano
Rea, Biaggi e Sykes. Quarto posto per Camier davanti a Guintoli e Badovini. Undicesimo posto per Canepa che precede Zanetti, mentre Fabrizio va a punti, tredicesimo, nonostante il ride trough. Haslam passa il traguardo a piedi spingendo la moto e questo gli vale un punto per la sua classifica. Una gara al cardiopalma che ci riconcilia con la Superbike. La miglior risposta a chi una settimana fa accusava i piloti Superbike di essere improvvisamente diventate delle signorine. La classifica vede sempre in testa Biaggi con 128,5 punti, mentre Checa al quarto posto con 105,5. Secondo posto per Sykes con 123,5 e terzo per Rea con 108. 31
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di Carlo Baldi | Lasciamo da parte le polemiche e applaudiamo chi a Donington ci ha regalato due fantastiche gare. Voti alti ai magnifici cinque ed insufficienze a Laverty e Aoyama. Il giovanissimo Baz merita un sette
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ono gare come quelle di Donington che rendono spettacolare ed unico il motociclismo. Quaranta minuti (per manche) con il cuore in gola, perdendo il conto dei sorpassi, delle sportellate e delle sbandate. Sul circuito inglese i protagonisti assoluti sono stati gli stessi in entrambe le gare : Biaggi, Haslam, Melandri, Rea e Sykes (in ordine alfabetico per non far torto a nessuno). Tutti su moto a quattro cilindri. Quattro di loro sono partiti dalla prima fila ed uno dalla seconda (Rea). Ogni volta che uno di questi cinque sembrava sul punto di allungare sugli altri veniva
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regolarmente ripreso. Ogni volta che uno di loro sembrava tagliato fuori dalla lotta per la vittoria riusciva invece a recuperare e a rientrare in gioco. Si sono sorpassati o hanno tentato di sorpassarsi in ogni curva, all’esterno come all’interno, bastava che qualcuno lasciasse libero un varco per far sì che un altro ci si infilasse, con manovre da brivido. Neppure Alfred Hitchcock avrebbe potuto immaginare una trama più elettrizzante per le due gare di Donington Park, con i piloti BMW che sono passati dall’euforia per la storica doppietta di gara uno alla rabbia ed alla delusione per la carambola che nella seconda manche li ha privati di un altro successo. Biaggi e Rea che nella prima manche si erano dovuti accontentare delle medaglie di cartone, nella seconda sono invece saliti sui primi due gradini del podio. Solo Sykes ha colto lo stesso piazzamento in entrambe le gare. Ma veniamo al punto dolente della giornata, vale a dire le cadute di Melandri e Haslam nell’ultima curva dell’ultimo giro dell’ultima gara. Abbiamo visto e rivisto il filmato di quanto è accaduto. Melandri è entrato per primo nel tornantino superando Haslam, ma era troppo veloce ed è andato largo. Anche Haslam, nel tentativo di resistere al compagno di squadra, è entrato forte in
quell’ultima curva, allargando leggermente la sua traiettoria. In quello spiraglio si è infilato Rea che però si è toccato con l’inglese della BMW il quale è caduto ed è poi andato a colpire Melandri che stava rientrando in traiettoria. Questi sono i fatti. Non intendiamo aprire nessuna polemica anche perché sarebbe assurdo e limitativo, dopo le due fantastiche gare alle quali abbiamo assistito, concentrare l’attenzione solo su quanto è accaduto in quell’ultima curva. I cinque piloti hanno corso al limite per 46 giri (23 per manche) e quello che è accaduto al termine di gara due sarebbe 33
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potuto accadere in una qualsiasi delle tante curve dove i cinque hanno dato spettacolo, facendoci trasalire per il loro coraggio e per il loro talento. E’ andata così. Non c’è stata malizia o cattiveria da parte di nessuno. Il nostro applauso ed il nostro ringraziamento va a tutti e cinque, senza polemiche inutili. La carambola all’ultima curva ci ha fatto quasi dimenticare il piccolo dramma vissuto da Carlos Checa che colleziona il terzo zero in classifica e che ora si trova a dover recuperare 23 punti nei confronti del leader Biaggi. Una frenata improvvisa di Laverty ha tolto di scena ben tre Ducati, quelle dei due piloti 34
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Ecco i nostri voti ai protagonisti di Donington Marco Melandri – Entra nella storia per aver regalato alla BMW la prima vittoria in Superbike. Terzo in Superpole sabato, dopo che venerdì aveva rivissuto l’incubo del chattering. Lotta con coraggio in entrambe le manche, tenendo testa ai padroni di casa. Sbaglia l’ultima curva e viene travolto dal suo compagno di squadra. Nella stessa giornata coglie la prima vittoria ed il primo zero in classifica di questa stagione.
10
9
Jonathan Rea – Coraggioso al limite dell’incoscienza, in gara uno Johnny riesce nell’impresa di riacciuffare il gruppo di testa e di superare Biaggi all’ultimo giro. In gara due sbaglia e recupera, commette errori e prodezze, s’infila in tutti gli spazi possibili e non chiude mai il gas. “L’impaziente inglese” entra forte come gli altri nell’ultima curva, e riesce a tenere la corda sino al contatto con Haslam. E tutto questo con una moto che nessun altro è mai riuscito a far andare così forte. Un talento incontenibile.
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del team Althea e quella di Smrz, rendendo amara una giornata già molto difficile per i piloti delle rosse di Borgo Panigale.
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8,5
Leon Haslam – In gara uno rovina tutto con un dritto alla Fogarty esses e spiana la strada verso la vittoria al suo compagno di squadra. Nella seconda entra in rotta di collisione con Rea e vede svanire i suoi sogni di gloria. Dà spettacolo in entrambe le gare, generoso e coraggioso come sempre. Gli manca solo un pizzico di fortuna in più. Casco bianco con le sue iniziali, come quello che usava suo padre Ron. Meritava di più.
8
Max Biaggi – Si ritrova a correre assieme a quattro scatenati che, come ha detto lui stesso “ad ogni curva spuntavano da tutte le parti”. Non si tira indietro, fa a sportellate con Rea, risponde agli attacchi dei suoi più giovani rivali cercando di sbagliare il meno possibile. In gara uno sbaglia alla Fogarty esses come Haslam e deve accontentarsi del quito posto, mentre nella seconda tiene aperto e passa incolume attraverso la carambola delle BMW. In classifica approfitta del passo falso di Checa, ma Sykes, Rea e Melandri non sono lontani.
8
Tom Sykes – Conquista la sua quarta Superpole ed in gara è quello che percorre più giri in testa. Ma la sua Kawasaki cala 35
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alla distanza a causa dell’usura delle gomme (e la sua condotta di gara non fa nulla per risparmiarle) e quindi Tom non può raccogliere quanto semina. Due terzi posti che lo mantengono a soli cinque punti dalla vetta della classifica e che confermano di diritto tra i pretendenti al titolo.
6
6
6,5
Carlos Checa – Carlos torna da Donington con il morale sotto le scarpe. Ormai sono tre le caselle vuote della sua classifica e sembra che la fortuna gli abbia girato le spalle. Nella prima manche fatica a superare Guintoli e quando lo fa i primi cinque sono ormai irraggiungibili. Nella seconda inciampa nella gomma posteriore di Laverty e si ritrova a terra. Per fortuna sua la prossima gara è a Salt Lake City, la sua pista preferita, ma il suo è un campionato tutto in salita.
6,5
Davide Giugliano – La Superpole gli è ancora indigesta, ma in gara uno tiene la ruota del suo compagno di squadra e non è cosa da poco per un debuttante. Resta coinvolto nella 36
Sylvain Guintoli – Alla fine risulta il migliore dei piloti Ducati, ma corre due gare nelle retrovie senza mai entrare nel vivo della competizione. Era andato meglio in prova. Leon Camier – L’aria di casa gli fa bene, ma soprattutto si giova del fatto che la sua squadra conosce bene come mettere a punto la GSX-R1000 su questa pista. Lui ci mette tanto impegno sia in prova che in gara e nella seconda coglie un quarto posto che da morale alla sua squadra, orfana della star Hopkins. Vediamo cosa combina da ora in avanti.
4,5
Eugene Laverty – Qualcuno ha pensato che il Laverty visto Donington non fosse Eugene ma il fratello Michel che si è subito offeso per il paragone. A parte gli scherzi questo è stato un weekend da dimenticare per l’inglese dell’Aprilia che non è mai riuscito a mettere a trovare il giusto set up per la sua RSV4
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caduta di Checa e per lui gara due finisce li. Sta crescendo in fretta.
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distruggendola poi in gara due. Urge prova convincente negli U.S.A. per dimostrare che è stata solo una parentesi.
7
Loris Baz – Il ragazzo ha del talento e la Kawasaki ha pensato bene di metterlo alla prova dandogli una superbike ufficiale. Il ragazzino francese (19 anni) nelle prove stenta e in gara parte dalla quinta fila. Sfiora la zona punti in gara uno e arriva ottavo in gara due. Brava la Kawasaki a dargli una possibilità e bravo lui a sfruttarla. Merita la riconferma.
4
Hiroshi Aoyama – Speriamo che la Honda imiti la Kawasaki e dia una moto ufficiale a qualche giovane promettente. E non ci riferiamo alla moto di Rea….
6
Ayrton Badovini – L’anno scorso teneva testa alle BMW ufficiali, mentre quest’anno fatica a raccogliere dei buoni risultati. Migliora a piccoli passi, ma speriamo che il sesto posto di gara due sia di buon auspicio per le restanti gare. 37
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2012
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SBK Monza Classifica Gara 2
Classifica Gara 1 Pos.
Pilota
Tempi
Pos.
Pilota
Punti
1
Melandri Marco
25
1
Rea Jonathan
25
2
Haslam Leon
20
2
Biaggi Max
20
3
Sykes Tom
16
3
Sykes Tom
16
4
Rea Jonathan
13
4
Camier Leon
13
5
Biaggi Max
11
5
Guintoli Sylvain
11
10
6
Badovini Ayrton
10
6
Checa Carlos
7
Giugliano Davide
9
7
Davies Chaz
9
8
Guintoli Sylvain
8
8
Baz Loris
8
Hickman Peter
7
9
Camier Leon
7
9
10
Fabrizio Michel
6
10
Aoyama Hiroshi
6
11
Badovini Ayrton
5
11
Canepa Niccolò
5
12
Davies Chaz
4
12
Zanetti Lorenzo
4
3
13
Fabrizio Michel
3
13
Berger Maxime
Classifica Generale Pos.
Pilota
Punti
1
Max Biaggi
128.5
2
Tom Sykes
123.5
3
Jonathan Rea
108
4
Carlos Checa
105.5
5
Marco Melandri
97.5
6
Leon Haslam
89
7
Sylvain Guintoli
85
8
Eugene Laverty
65
9
Davide Giugliano
50
10
Jakub Smrz
44.5
38
39
Superbike Le foto pi첫 belle del GP di Monza Una domenica anomala, condizionata dal meteo e caratterizzata dalle polemiche. Ecco gli attimi salienti raccontati attraverso gli scatti pi첫 emozionanti
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2012
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“ C
iao a tutti! Diventato strabico come gran parte di voi –tutta la domenica imprecando sul telecomando, per seguire contemporaneamente MotoGP e SBK, Estoril e Monza- eccomi qui a contemplare uno dei misteri più gloriosi del motociclismo. Anzi due. Il primo, il più urgente, sarebbe quello di indagare sull’elettronica di Hayden, dopo che un segnale esterno, forse una frequenza radio, ha 44
mandato in tilt l’elettronica della sua Ducati. La moto non sapeva più dov’era, il gps è impazzito come la maionese, il povero Nicky si ritrovava con 250 cavalli quando ne chiedeva 150 e viceversa, roba da matti. Morale: Hayden (eroico) ha chiuso undicesimo a 1 minuto, e a me sembra di vederlo, quel fetente a bordo pista con la sua pistola elettronica puntata sul numero 69. E mi pare di sentirlo quando ricatterà le Case: un milione di euro ciascuna oppure vi blocco Stoner, Lorenzo e Rossi. Perché lo sappiamo, la crisi aguzza l’ingegno. Ma prendersela con l’elettronica è come sparare sulla croce rossa. Allora lascio perdere e guardo Monza con i suoi dubbi, due curve bagnate con le slick oppure le gomme rain in crisi sull’asciutto, otto giri dell’unica gara, polemiche e fischi e tre inglesi che conquistano il podio. Sykes, Haslam, Laverty. Perché ci sono differenze così nette, perché certi piloti sono così bravi sul bagnato
Numero
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Otto giri dell’unica gara, polemiche e fischi e
tre inglesi che conquistano il podio
di Nico Cereghini | Da una domenica bislacca come quella della SBK possiamo imparare anche noi. Perché certi piloti sono così forti sull’acqua? E sulla strada ci possono insegnare qualcosa?
Anno
02
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“Monza, il bagnato e noi”
15 Maggio
2012
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ed altri molto meno? Ecco l’interrogativo che non trova risposte da quando esiste il motociclismo, l’asfalto, la pioggia. A me il bagnato è sempre piaciuto, eppure ne so troppo poco. Una volta pensavo che ci volesse tanto coraggio, poi ho verificato che me ne serviva di più a spingere al limite sull’asciutto: mettere di traverso una 500 con le slick mi veniva difficile. Allora ho creduto che bastasse guidare rotondi e fluidi, ma poi ho visto fortissimi con l’acqua anche lo spigoloso Schwantz e il fisico Stoner. Infine ho puntato la mia attenzione sulla sensibilità, e lì ho capito qualcosa in più: i piloti più tecnici, quelli che sanno sempre esattamente cosa succede alla moto, hanno una sensibilità che li avvantaggia. È come se il loro sistema nervoso sia ricco di molti terminali in più, posizionati un po’ dappertutto sulla moto, anche tra gomme e asfalto. Dicono che Mike Hailwood, che non aveva mai smontato un motore, una volta sia entrato nel box con la sua Honda 250 sei cilindri e 24 valvole dicendo “c’è una valvola di scarico del cilindro quattro che mi pare puntata”. E pare che i meccanici abbiano poi confermato. Questa sensibilità è una dote innata, probabilmente, ma allenarla si può. Anche a noi, con la moto sulla strada, può servire metterci nella prospettiva del pilota professionista. E farci le sue stesse domande: se sento la gomma anteriore, se il motore mi porta fuori bene dalla curva, se l’assetto mi stressa le braccia o le caviglie, se la forcella rimbalza forse troppo. Migliorare possiamo anche noi. 45
SPECIALE MOTOCROSS
IL GRAN PREMIO del Messico
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di Massimo Zanzani | Cairoli e Philippaerts si aggiudicano una manche MX1 a testa finendo rispettivamente 1° e 3°; seconda doppietta consecutiva per Herlings nella MX2
D
opo le polemiche del sabato il Gran Premio del Messico si è disputato regolarmente grazie all’abbondante annaffiatura della pista che ha scongiurato la presenza di polvere mettendo ed ha calmato gli animi. E parlando di sport la pista di Guadalajara che ha avuto l’onere e l’onore di ospitare la prima prova iridata disputata in territorio messicano ha portato alla ribalta i colori italiani visto che le due manche MX1 sono state vinte dai 48
Antonio Cairoli e David Philippaerts. Il fantino della KTM ha proseguito nel suo consistente debutto stagionale raggiungendo la sua seconda vittoria stagionale dopo quella del GP di Valkenswaard. Questa volta Tonino non è riuscito a fare il risultato pieno, ma dal Messico è andato ugualmente via sfregandosi le mani visto che la vittoria della prima manche, ottenuta dopo un lungo e calcolato testa a testa con il solito Clement Desalle, ed il terzo posto riportato in quella successiva, dove una caduta gli ha negato la possibilità di agganciare i piloti di testa, gli hanno permesso di consolidare il suo ruolo di leader del campionato. Per quanto sia stato per lui un risultato importante, non è stato esaltante quanto il terzo posto di David Philippaerts che era da circa un anno a digiuno da podio. L’ufficiale Yamaha in tutti i GP corsi in precedenza non era mai riuscito a fare bene due manche di seguito, ed anche questa volta è andato vicino a fare un risultato a metà. Nelle prime battute
Anno
Numero
02
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Cairoli e Herlings vincono il GP del Messico
15 Maggio
2012
della prima manche è infatti caduto dopo un contatto con l’inglese Simpson, ed ha ripreso attardato in ultima posizione da dove è rimontato sino al decimo posto. In quella successiva invece non ce n’è stata per nessuno: non è partito benissimo, attorno alla decima posizione, ed ha rimontato a spron battuto facendosi baffo di tutti i suoi avversari scavalcando prima Cairoli, poi De Dycker, Pourcel, e a cinque giri dalla fine anche Clement Desalle terminato ancora una volta secondo assoluto. La somma dei due piazzamenti ha fatto chiudere all’italiano il GP in terza posizione, che gli ha dato quell’iniezione di fiducia che cercava e di cui aveva bisogno. Uscito di scena Steven Frossard già nella prima manche per aver battuto il ginocchio infortunato, anche agli altri francesi Gautier Paulin e Christophe Pourcel non è andata tanto bene. Il primo nella manche d’apertura è stato autore di una consistente rimonta dalle retrovie dove si è trovato dopo essere stato ostacolato da alcuni avversari terminata in quarta, ma nel giro di ricognizione della prova seguente il motore della sua Kawasaki lo ha appiedato impedendogli di prendere il via. Pourcel è andato fortissimo fino a quando la rete di separazione della pista gli si è attorcigliata alla ruota posteriore fino a fermarlo a pochi giri dalla fine mentre si trovava saldamente in terza posizione; in Gara 2 ha chiuso quarto dopo essere stato in testa per oltre metà gara. Applausi anche a de Dycker, che ha portato la sua KTM in quarta posizione.
MX2 La MX2 è stata una passeggiata di Jeffrey Herlings, che per la terza volta quest’anno ha monopolizzato il gradino più alto del podio visto che ha vinto entrambe le manche, tutte e due le volte davanti a Tommy Searle tanto veloce e scatenato quanto fallibile. Grazie alla terza posizione Jeremy Van Horebeek per un solo punto ha mantenuto il posto d’onore in campionato staccato di ben 40 ponti dal compagno di squadra olandese. Due undicesimi posti sono il bottino di Alex Lupino, mentre il protagonista di Fermo Michael Lieb è caduto infortunandosi alla mano destra. Guarda tutte le classifiche MX1 e MX2 49
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2012
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Philippaerts: “Un podio che serviva a tutto il team” di Massimo Zanzani | Più che soddisfatto pare essere sollevato di essersi preso una pausa dalla sfortuna che sembra accompagnarlo. Il pilota italiano è pronto a ripetersi in Brasile
D
periodo brutto, con tanti infortuni e cadute. Questa vittoria di manche e il podio hanno risollevato un po’ il morale a tutti».
Cosa è successo nella prima manche? «La prima manche ero terzo e nelle wave mi sono un po’ piantato. Mi son scontrato con Simpson. Ero ultimo poi ho recuperato e l’ultimo giro ho superato tre piloti».
Il Brasile ti piace, hai sempre ottenuto buoni risultati. «Sì perché ci sono persone calde, come in Italia, noi piloti italiani siamo trattati come dei re e ci danno una bella carica».
opo tanto tempo eccoci ancora sul podio. «Sono contento, ho avuto una brutta giornata nella prima manche però il tempo e la velocità c’erano. La seconda manche sono partito carico, non pensavo di finire così, ma dopo 20 minuti avevo ancora forza. Ho fatto le mie traiettorie e ho vinto».
Cairoli: “Un GP piuttosto movimentato” di Massimo Zanzani | Il campione della KTM è soddisfatto delle sue gare in Messico e sembra davvero essersi divertito parecchio. Il suo distacco in classifica aumenta, il campionato è iniziato nel modo giusto
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n Gran Premio piuttosto movimentato... «Sì, ma sono contento di com’è andato il fine settimana. Portare a casa la vittoria del Gp è l’obbiettivo che mi pongo ogni domenica. La prima manche sono stato veramente soddisfatto di come ho corso. Ho girato più veloce di due secondi dal terzo. Desalle era l’unico che si avvicinava. Nella seconda manche ho fatto una partenza così-così, terzo, e poi un piccolo errore che mi è costato la potenziale vittoria di manche. Per il prossimo Gran 50
Il ritmo c’è bisogna solo fare due manche buone. «Dobbiamo avere più Fortuna. Tutto il team sta passando un
Premio guardiamo avanti e cerchiamo un altro risultato positivo». Sei anche caduto. Com’è successo? «Ho perso un po’ di confidenza, ero troppo poco concentrato ho perso il davanti su una curva difficile in contropendenza». Hai aspettato, prima di superare Desalle nella prima manche. «Sì, bisogna aspettare il momento giusto con lui, se no devi fare una gara tipo autoscontro. Nella seconda manche mi sono goduto un bello spettacolo tra lui e Philippaerts, si sono dati delle belle “zaccagnate” come si direbbe a Roma. Alla fine ho provato a superare Desalle ma era difficile entrare e allora ho preferito arrivare terzo e portare a casa il GP». Nella prima come hai fatto a trovare la chiave per superarlo? «Piano, piano. Ho fatto il mio ritmo e ho sfruttato il momento giusto per superarlo». 51
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Anno
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2012
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Melandri e Fabrizio presentano a Monza la BMW F 800 R in livrea all black L’Autodromo di Monza e i due piloti della SBK hanno tenuto a battesimo la BMW F 800 R con il nuovo colore Nero Zaffiro Metallizzato in uno shooting organizzato sui tetti dell’autodromo di Monza
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l nuovo look all black rende la BMW F 800 R più aggressiva, esalta le linee e la rende più leggera evidenziando l’essenzialità delle sovrastrutture e delle componenti meccaniche. La nuova colorazione “Nero Zaffiro Metallizzato”della BMW F 800 R, esclusiva per il mercato italiano, è disponibile senza alcun sovrapprezzo. La BMW F 52
800 R è la naked di media cilindrata della gamma BMW Motorrad. I suoi punti di forza sono il peso contenuto e il bilanciamento dei pesi, grazie al serbatoio posizionato sotto la sella, il motore bicilindrico parallelo e i consumi ridotti, circa 27 km/litro. Per la BMW F 800 R è disponibile anche una linea di accessori originali BMW Motorrad, appositamente sviluppata per una maggiore personalizzazione e funzionalità. Le borse laterali e il navigatore satellitare e lo scarico Akrapovic omologato per uso stradale. La BMW F 800 R, anche nella nuova colorazione, è già disponibile presso la rete Dealer BMW Motorrad al prezzo di 8.400,00 € C.i.M. compreso primo tagliando. 53
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di Massimo Clarke | Semplicissimi solo in apparenza, questi organi meccanici sono il risultato di una tecnologia raffinata e vengono prodotti con procedimenti molto avanzati
P
ochi componenti del motore sono sottoposti a sollecitazioni paragonabili a quelle che devono sopportare le valvole di scarico che, lambite dai gas ad altissima temperatura in uscita dal cilindro, possono raffreddarsi solo cedendo calore alla testa tramite il contatto con la sede, 54
quando sono chiuse. Pure tra stelo e guida avviene una cessione di calore, ma in misura assai inferiore (circa il 20 % del totale). Per le valvole di aspirazione il problema non esiste in quanto vengono efficacemente raffreddate dalla miscela aria-carburante (o dalla sola aria, nei motori a iniezione diretta) che entra nel cilindro. Per avere un’idea delle condizioni di lavoro delle valvole, si pensi che quando il motore ruota a 6000 giri/min, ognuna di esse si apre e si chiude 50 volte al secondo. I motori delle moto sportive girano molto più forte; per quelli a quattro cilindri 12000 giri/min sono una velocità di rotazione più che normale, in corrispondenza
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Tecnica: nel mondo delle valvole
15 Maggio
2012
della quale ogni valvola viene portata dalla posizione di chiusura a quella di massimo sollevamento in tempi dell’ordine di 1,8 millisecondi! Anche quando sono chiuse, le valvole sono sottoposte a sollecitazioni elevate. Con una pressione massima di combustione di 80 bar (valore più che usuale nei moderni motori di alte prestazioni), sul fungo di una valvola del diametro di 36 mm si scarica una forza di oltre 8000 newton (ovvero più di 800 kg)! Le valvole di scarico Nessun altro organo del motore raggiunge temperature paragonabili a quelle delle valvole di scarico, che devono pertanto essere realizzate con materiali particolari. Gli acciai usati per le valvole di aspirazione non sono all’altezza della situazione; occorre utilizzarne altri, specificamente studiati per questo tipo di impiego. Si tratta di acciai con una struttura austenitica (nei quali la cella cristallina elementare è diversa da quella dei normali acciai da cementazione o da bonifica, impiegati per realizzare bielle, alberi, ingranaggi, etc…), che contengono una elevata percentuale di cromo unitamente a quantità considerevoli di nichel e di altri elementi, tra i quali il manganese e molibdeno. In diversi motori particolarmente spinti le temperature delle valvole sono talmente elevate che neanche questi acciai austenitici risultano adeguati. Si passa pertanto alle superleghe a base di nichel, sviluppate in origine per le palette delle turbine dei motori a reazione (Nimonic, Inconel).
Anche le valvole devono essere raffreddate Per ridurre la temperatura delle valvole di scarico talvolta si fa ricorso a una soluzione costruttiva particolare, che prevede la foratura dello stelo, in senso assiale, e l’introduzione nella cavità così ottenuta di una certa quantità di sodio. Questo elemento fonde a 97,8 °C e quindi è liquido durante il funzionamento del motore; assorbe calore dalla parte a temperatura più elevata e lo cede a quella a temperatura più bassa, mentre si muove in su e in giù all’interno della valvola. Grazie a questo autentico effetto shaker diventa assai considerevole la quantità di calore che viene smaltita tramite la guida; il raffreddamento migliora sensibilmente e non di rado la temperatura del fungo della valvola scende di oltre 100 °C. Queste valvole al sodio non trovano impiego in campo motociclistico, ma stanno avendo un autentico rilancio (dopo anni di quasi totale abbandono) in campo auto, per via del sempre più diffuso ricorso alla sovralimentazione. Valvole di scarico bimetalliuche per le auto Una soluzione largamente impiegata nei motori automobilistici prevede l’impiego di valvole di scarico bimetalliche, nelle quali il fungo, unitamente alla parte iniziale dello stelo, con la quale fa tutt’uno, è 55
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realizzato con un materiale resistente alle alte temperature e la parte rimanente (cioè quasi tutto lo stelo) è in un acciaio temprabile e dotato di una maggiore resistenza all’usura, che ha una diversa struttura cristallina e una differente composizione chimica (e in genere anche un costo sensibilmente minore). Le due parti della valvola vengono unite mediante saldatura per attrito, un procedimento rapido e che permette di ottenere risultati eccellenti. Nei motori da competizione e in quelli di varie moto supersportive si impiegano valvole in lega di titanio, materiale dalla densità di gran lunga inferiore a quella degli acciai (circa 4,5 kg/dm3 contro 7,8 kg/dm3), che vengono realizzate da produttori specializzati e che sono dotate di sofisticati rivestimenti superficiali dello spessore di un paio di micron o appena più. Varie tipologie di lavorazione Caratterizzate da un peso molto ridotto, hanno un costo elevatissimo. Anche il processo di fabbricazione delle valvole, autentici capolavori della metallurgia, dà un’idea di quanto sia evoluta la tecnologia in questo settore specifico. Nella maggior parte dei casi le valvole grezze vengono ottenute per forgiatura, che in genere si effettua in due fasi ( con uno stampo sbozzatore e uno stampo finitore). Meno impiegata è la ricalcatura. Dopo un 56
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Anno
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2012
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primo trattamento termico si passa alle lavorazioni meccaniche, con taglio degli steli alla lunghezza prevista. Se si stanno producendo valvole bimetalliche, a questo punto ha luogo, all’interno di una macchina automatica, la saldatura per attrito, senza apporto esterno di calore o di materiale. Questa operazione deve essere seguita dalla asportazione delle bave e del materiale in eccesso nella zona di unione, e quindi dal rinvenimento e dalla eventuale raddrizzatura. In molti casi si riporta sulla periferia del fungo uno strato di stellite (una superlega caratterizzata da una straordinaria resistenza all’usura e alla corrosione), facendo ricorso a saldatura. Se necessario, l’estremità dello stelo viene sottoposta a tempra, onde aumentarne la durezza. Vengono poi effettuate le varie lavorazioni che interessano lo stelo (rettifica di sgrossatura e di finitura), il sopratesta, la zona del canalino e la superficie di tenuta del fungo. Sulla maggior parte delle valvole viene quindi deposto galvanicamente uno strato di cromo duro (circa 1000 punti Vickers), che generalmente ha uno spessore di poco superiore ai cinque micron. La lucidatura finale si effettua con un nastro sul quale è fissato dell’abrasivo finissimo. In alternativa, diversi costruttori preferiscono sottoporre le valvole a nitrurazione in bagno salino, onde creare uno strato esterno di elevata durezza. Le principali fasi di produzione sono seguite da accurati controlli. Ad essi si aggiungono le verifiche finali, tanto dimensionali quanto geometriche. Le immagini relative alla fabbricazione delle valvole, che accompagnano questo servizio, sono state scattate all’interno del modernissimo stabilimento Eaton di Borgonero. 57
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2012
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Spesso capita che alcuni pezzi sostituiti non siano proprio da buttar via: la leva freno graffiata che il cliente perfezionista non vuole più vedere perché rovina la bellezza...
Analisi semiseria della realtà giornaliera di una piccola azienda: l’officina e le sue problematiche ambientali ed ecologiste. Quando i pezzi sostituiti da una moto, ancora buoni, diventano semplici rifiuti da buttare via
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n questa puntata di Storie di Concessionari, vi raccontiamo le asfissianti problematiche burocratiche in cui incappa ogni giorno chi lavora con le moto (ma vale anche per le automobili). Passiamo la parola a un concessionario del nord Italia che ci racconta la storia di... 17 bidoni. E dei tanti problemi quotidiani che fanno chiudere le piccole aziende di moto nel nostro Paese.
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Storie di concessionari. 17 bidoni: le problematiche ambientali delle aziende
17 bidoni No, non sto parlando di improbabili valutazioni cabalistiche, di un nuovo tipo di oroscopo o della classifica dei peggiori piloti di tutti i tempi. E neanche delle peggiori moto. Lo spunto è nato da uno sfogo, legato alla nuova normativa sui materiali di scarto e sui cosiddetti Codici di Rifiuto Europeo, abbreviato CER. Proprio così: da qualche tempo in officina abbiamo 17 contenitori (grandi, piccoli, medi...), tutti debitamente etichettati con l’apposito cartello che identifica il tipo di rifiuto che in essi va riposto. E’ solo l’ultimo tassello di una serie di leggi che se da un lato hanno sicuramente delle buone intenzioni (sicurezza sul posto di lavoro, riduzione dell’inquinamento, tutela della salute, contrasto all’evasione fiscale...) nella pratica finiscono per creare problemi enormi, e una serie di costi che vanno alla fine a gravare sul cliente finale. E la morale ultima di tutti questi balzelli è che, insieme alla quantità abnorme di documentazione che portano a produrre, un’officina con due/ tre meccanici deve essere in questo momento assistita da almeno una persona (se non due!) addetta esclusivamente a compilare carta.
presento: lavoro nel campo moto da tanti anni, gestisco una realtà di discrete dimensioni ubicata nel centro/nord Italia e che via via ha avuto la fortuna di ingrandirsi per merito di un po’ di c..., di alcune scelte azzeccate e di qualche bravo collaboratore, che tuttora mi spalleggia e mi sopporta. Parlo ogni volta che posso con i miei colleghi, vicini e lontani, e spesso si finisce con lo sfogarsi a vicenda per la marea di problemi non direttamente collegati al lavoro, e che anzi finiscono per assorbire la maggior parte del nostro tempo, distogliendolo dal “core business”: le moto.
Il meccanico del futuro? Avrà la sua bella segretaria Sì, fra poco avremo officine in cui ogni meccanico avrà la sua bella segretaria, addetta a compilare schede, moduli, formulari, autocertificazioni, bolle, registri obbligatori, reportistiche di qualità, garanzie, questionari, statistiche di lavoro e chi più ne ha più ne metta. Speriamo almeno che queste segretarie siano le stesse signorine che da sempre sono immortalate nei calendari che tappezzano i muri di ogni officina che si rispetti... Almeno pagheremo per qualcosa di piacevole, no? Tornando seri, innanzitutto mi
Come funziona la raccolta differenziata nei concessionari Il piatto forte di questo momento sono SISTRI e la connessa raccolta differenziata dei rifiuti in azienda. Per chi non lo sapesse, il SISTRI è il sistema informatico che dovrebbe gestire l’intera filiera di produzione e 59
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La carta è una ruggine che impasta gli ingranaggi dell’economia e del “fare azienda”
smaltimento dei rifiuti speciali in tutta Italia, nato nel 2009 su iniziativa del ministero dell’Ambiente. Vi sono una serie di imprese tenute a iscriversi (in estrema sintesi i produttori ed i trasportatori di rifiuti pericolosi), e altre che invece possono farlo su base volontaria. Ogni anno c’è qualche proroga: da pochi giorni l’ennesima, con lo slittamento al 30 giugno 2012. Nel frattempo ci si è dotati di chiavetta USB per la black box, ma soprattutto si è cercato di capire come catalogare, raccogliere e stoccare questi rifiuti. Uso volontariamente il termine “cercato” perché le idee non sono certo chiare, neppure sul concetto di rifiuto. Spesso capita che alcuni pezzi sostituiti non siano proprio da buttar via: la leva freno graffiata che il cliente perfezionista non vuole 60
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di cui spesso si sente parlare (a vanvera)
più vedere perché rovina la bellezza del suo bolide con due mesi di vita (e che lui non sa guidare...), la frizione dismessa in favore di una più performante anti saltellamento super racing, le gomme a metà vita cambiate dall’emulo di ValeRossi, la moto incidentata che diventa una miniera di ricambi a basso costo per chi non ha la fortuna di cambiare moto ogni sei mesi... Tutto questo è oro, e può tranquillamente essere riciclato e utilizzato da persone un po’ meno schizzinose e più sensibili al lato economico. Giammai: da oggi ogni pezzo smontato è un rifiuto, senza se e senza ma. Si butta via, negli appositi bidoni dotati di apposito cartello che li identifica tramite l’apposito codice rifiuto europeo, senza dimenticare di apporre l’apposita “R” qualora il rifiuto stesso sia considerato pericoloso. Una logica sbagliata Peraltro, in una pubblicazione di qualche anno fa, l’autorevole Sole 24 Ore puntualizzava così: “il ragionamento per cui «se un materiale si trova nell’elenco CER allora è un rifiuto», a volte ancora applicato, non è corretto e deve, piuttosto, essere cambiato in «se un materiale è un rifiuto allora deve essere codificato con un codice CER adeguato». Insomma, un rifiuto è tale se è un materiale privo di utilità residua (per il detentore e/o utilizzatore) e a quel punto deve essere catalogato ed avviato ad una corretta gestione nel rispetto ambientale e delle risorse della Terra. Potete scaricare l’elenco completo dei codici rifiuto: 28 pagine. Un elenco
di 28 pagine, e la quantità rifiuti in azienda è notevole e di difficile interpretazione: una catena usata cos’è? Metallo ferroso? Si però contiene gli OR che sono gomma e anche il grasso e pure lo sporco. Forse non è riciclabile allora... A chi chiedo? Non va tutto male Da anni funzionano egregiamente i COBAT (il consorzio per il recupero delle batterie e degli accumulatori usati), il sistema di raccolta dell’olio esausto, e da poco è in vigore la normativa sui pneumatici fuori uso (PFU, di cui parlerò fra poco): non tutto è da buttare, solo che qui si lavora per la carta, non per il cliente, con una quantità di costi spaventosa, che è una ruggine che impasta gli ingranaggi dell’economia e del “fare azienda” di cui spesso si sente parlare (a vanvera). Liquido brevemente i PFU: non è male il sistema, assomiglia a quello delle batterie (che funziona...), ed il contributo va corrisposto ad un apposito fondo istituito presso l’ACI. Fantastico, essendo l’ACI già in possesso di tutti i dati necessari (tipo veicolo, targa, n. telaio, data di immatricolazione) sarà in grado di calcolarsi il tributo dovuto e arrangiarsi. Errore: “entro il giorno 15 di ogni mese successivo al mese di immatricolazione, il venditore deve comunicare all’ACI via web ( www.pneumaticifuoriuso.it ), per ciascun veicolo” i dati di cui sopra, oltre alla categoria (?) del contributo e la cifra (1,3 euro piu IVA a pneumatico). Ma tutti questi dati non glieli ho appena comunicati, proprio all’ACI, per avere la targa della moto? Vabbè, un modulo in più e una scadenza
in più per la povera segretaria. Se i nostri politici pensano di creare posti di lavoro così direi che è un bell’esempio di creatività all’italiana. Mi permetto un paio di domande: qualche anno fa si parlava di soppressione degli enti inutili, e l’ACI è un enorme doppione della Motorizzazione. Quindi si paventava una sua eliminazione/fusione con la MCTC per far risparmiare danaro ai contribuenti; fortunatamente oggi non è più un ente inutile, dato che deve gestire questo fondo. O no? Il nostro è diventato un mercato ridicolo Capitolo cifre: quelle in gioco a livello globale sono ridicole, dato che in un mercato moto che nel 2011 ha registrato meno di 250.000 veicoli/anno, 61
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e che in Italia ci sono oltre mille aziende che si occupano di vendita veicoli a due ruote... se mettevano una tassa “una tantum” di 500 euro ad azienda si faceva prima. L’introito così calcolato (250.000 moto moltiplicato 2,6 euro più IVA) è di circa 600.000 euro, per le asfittiche casse dello Stato. Ma se servono anche solo dieci persone a livello Italia per gestire questo meccanismo l’introito netto diventa zero. O no? Tornando ai rifiuti più in generale, oltre alla confusione, qual è il problema? Semplice: le sanzioni, le multe, le contravvenzioni, gli avvisi di pagamento. La normativa in questione non è certo nuova: la direttiva europea 2000/532/Ce (e le sue successive modifiche e integrazioni) istituisce l’”Elenco dei rifiuti”, che dal 2002 sostituisce le precedenti normative. 62
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La Santa Inquisizione cerca i peccatori a due ruote. Tanti casi, alcuni tristissimi Purtroppo il passaparola che c’è fra officine è di tenore da attesa del giorno del giudizio: “stanno arrivando”, “sono in giro a controllare”, “da te sono venuti? Sai cosa devo fare?” è ciò che si sente, in un’atmosfera cupa e da Santa Inquisizione. Alcuni casi di cui sono testimone? La multa di oltre 30.000 euro alla grande concessionaria auto di un noto marchio teutonico, perché in sintesi “la raccolta dei rifiuti non era in linea con la normativa” essendo i bidoni fuori posto e non avendo correttamente identificato (secondo “loro” ...) il rifiuto. La carrozzeria che non può tenere (nel suo capannone!) dei piccoli pezzi di recupero (maniglie, serrature, supporti paraurti...) e che se non li fa sparire rischia oltre 20.000 euro di sanzione. Il grande concessionario auto che deve chiudere i forni della carrozzeria annessa perché non sono a norma. Peccato che l’inaugurazione della struttura risalga a meno di un anno fa, e salvo poi riaprirli pochi giorni dopo perché effettivamente in ordine. Il tristissimo caso di un piccolo meccanico indipendente che
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Viene recepita in Italia dal Dlgs 152/2006 e dai relativi decreti attuativi. Il fatto è che solo adesso, in piena emergenza nazionale da carenza di fondi, si cerca di trovare ciò che manca a questo Stato: i soldi. E quindi la grande offensiva “ambientalista” alla ricerca di violazioni che non esistono, che hanno come risultato quanto sopra: multe, ammende, sanzioni, e attenzione che si può anche andare nel penale.
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– colpevolmente all’oscuro della normativa – avendo nel piazzale degli automezzi che disperdono al suolo carburante (altrimenti perché sarebbero dal meccanico?), è accusato di inquinamento ambientale, che è un reato pesantissimo. E si sucida. Una realtà troppo complessa per le piccole aziende di moto Questi esempi riguardano le auto; e le moto? Aspettiamo e speriamo. Con il colpevole silenzio delle Case Ufficiali, che non intervengono minimamente per la corretta sensibilizzazione e formazione della Rete, a differenza di quello che accade altrove. Solo in alcuni casi i torinesi ed i bergamaschi (con accento veneto) si sono dimostrati proattivi e fornitori di preziose informazioni. Purtroppo le realtà motociclistiche sono aziende piccole, non in grado di affrontare autonomamente la realtà assolutamente complessa della normativa italiana, e tantomeno di difendersi da essa. E certo i commercialisti, molto spesso depositari e fiduciari per conto delle piccole imprese di tutti gli adempimenti tecnico burocratici, non sono di aiuto. Cosa possiamo fare? Io nel mio piccolo proverò a scrivere questi brevi articoletti per sensibilizzare i colleghi che ancora non sono stati resi edotti di ciò che li aspetta. Sempre col sorriso, tanto comunque prima o poi dovremo pagare, forse anch’io. Calcisticamente: Officina 0 - Burocrazia 1. Anzi 17, come i bidoni. Questi nuovi compagni di avventura, che occupano adesso una discreta fetta di officina, sono piuttosto inquietanti, ma ci faremo l’abitudine. Adesso cerchiamo lo spazio per la scrivania della segretaria, sperando che sia carina. Bionda o mora? 63
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di Fabrizio Partel | Forte del successo della prima edizione, anche quest’anno si è svolto il Tuscany Regional Rally, organizzato dai Chapter toscani presso Montecatini Terme tra il 4 e il 6 maggio. Scoprite com’è andata con noi
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l raduno Harley-Davidson in Toscana Il nostro viaggio però è cominciato un po’ più su, ad Arese, presso la sede di HarleyDavidson Italia, da dove è partito il nostro gruppo. All’andata abbiamo percorso l’Appennino Tosco-Emiliano toccando diverse località come Sestola, paesino rinomato per la sua ottima scuola di sci che tra i suoi 64
allievi può vantare il mitico Alberto Tomba. Il bicilindrico USA si sposa alla grande con l’itinerario collinare. Tra un tornante e l’altro l’Appenino viene lasciato alle spalle e dopo aver attraversato il traffico pistoiese si giunge finalmente a destinazione. Dentro il raduno. A voi le Harley più belle d’Italia ispirate agli anni ’70 Nella giornata di sabato ci si immerge nella festa dei bikers e il tempo vola tra foto scattate, video girati e test drive dei diversi modelli giunti da Milano. Graziati dal tempo, oltre 1.500 centauri sono giunti da ogni angolo d’Italia a festeggiare. Di particolare importanza è stato il concorso Seventy-Two, che prevede la
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Il raduno Harley-Davidson in Toscana
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customizzazione dei nuovi modelli ispirandosi agli anni ’70. Ognuno dei finalisti ha vinto un 72 giri, creato per l’occasione. Il vincitore è stato il modello “Surf Trip” di Harley-Davidson On The Road Napoli, che ha battuto il “ Magic Carpet Ride”, posizionatosi secondo e creato da Harley-Davidson Speed Shop Firenze; il terzo posto, invece se lo è aggiudicato il “Yellow Submarine” di Numero Uno Milano. La festa a stelle e strisce Alla premiazione è seguita la cena, a cui hanno preso parte 1.600 persone. All’interno del padiglione, adibito per l’occasione, si è assistito ad una vera e propria festa, dove tutti hanno voglia di stare insieme e divertirsi. Tra balli sui tavoli, cori più o meno intonati, proprio qui si è capito ciò che rende veramente speciale il mondo dietro questo marchio, che mai come altri è riuscito a creare un tale fedeltà e che a parole è un po’ difficile da spiegare. La passione per le Harley-Davidson è speciale e crea amicizie e legami destinati a durare negli anni. Magia del bicilindrico americano. Domenica, purtroppo, sono arrivati i nuvoloni e con questi la fine dell’evento, così come la cancellazione della parata tra le strade di Montecatini.
I numeri del Tuscany Regional Rally 2012 N° presenze totali: circa 5000 N° H.O.G. Chapter presenti: l’elenco dei club registrati è segnato qui sotto; erano presenti anche Chapter non registrati giunti da Polonia, Belgio, Francia, Germania e Inghilterra. Chapter più numeroso: tra i pre-registrati, escluso il Chianti Chapter che giocava in casa, il Bologna Chapter. Altre curiosità: gli espositori erano circa 50, i gruppi che si sono alternati dal vivo sui due palchi (1 esterno ed 1 interno) sono stati 12, ai run organizzati hanno partecipato circa 200/250 moto ognuno. 65
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Eventi. Triumph TT-Day e Tridays Mancano pochi giorni al TT-Day e qualche settimana ai Tridays, due dei più importanti eventi che Triumph Motorcycles organizza in Italia e in Austria nei mesi di maggio e giugno
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T-Days I TT-Days si avvicinano e sono già moltissimi i piloti che si sono registrati per “girare” sulla pista di Varano de’ Melegari, PR, i prossimi 18 e 19 maggio. Tutti i Triumphisti amanti della pista, che per 2 giorni non vorranno avere altra “preoccupazione” che preparare la propria motocicletta, indossare la tuta di pelle, abbassare la visiera del casco e divertirsi, saranno i benvenuti sul tracciato Riccardo Paletti, che per l’occasione Triumph Italia offre al costo di 30 Euro al giorno se l’iscrizione verrà effettuata entro martedì 15 maggio presso una concessionaria ufficiale Triumph; 45 Euro al giorno se l’iscrizione verrà effettuata in loco. In entrambi i casi, due turni garantiti e turni liberi in base alla disponibilità della pista. In occasione dei TTDays tutti coloro che vorranno pernottare nel paddock del circuito di Varano lo potranno
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fare liberamente, mentre durante il giorno verranno garantiti tutti i servizi utili, dal cambio gomme ai tecnici delle sospensioni, dalle foto in pista all’assistenza tecnica di base da parte del personale di Triumph Italia. Info » Tridays Il T-Day (Triumph Day) si trasferisce oltre il Brennero, a pochi chilometri da Innsbruck, per gemellarsi con i Tridays austriaci e creare un grande evento europeo, per tutti coloro che con la propria Triumph (e non solo) vogliono macinare migliaia di chilometri, vivere tre giorni in compagnia e godere di paesaggi mozzafiato. In occasione dell’evento Triumph Italia sarà presente con “Little Italy”, un villaggio che ospiterà le concessionarie ufficiali e i Clienti, mentre gli appuntamenti ufficiali si fonderanno con quelli storici del T-Day, come la gara di lentezza, il lancio del pistone, la handling school dei Motofalchi Milano e l’aperitivo del sabato sera che verranno organizzati nel villaggio o nell’area Stunt distante poche centinaia di metri dal cuore del raduno. Da non perdere la Scrambler Rumble, prevista per sabato pomeriggio: una gara off-road con formula k.o. che vede due motociclette sfidarsi testa a testa su un percorso fuoristrada in linea lungo 400mt che presenta ostacoli di tutti i tipi (inclusa una collinetta), ma facilmente affrontabili da piloti e motociclette. Le categorie saranno poche e semplici: bicilindrici Triumph raffreddati ad aria (come la Scrambler), Tiger (tutti i modelli, dalla 955i alla Explorer 1215cc.), la categoria Ladies e la Junior con età dei partecipanti inferiore ai 18 anni e mezzi fino a 100cc. Infine sabato sera l’evento clou, ovvero la presentazione di un nuovo modello Triumph in anteprima
mondiale! Il grande pubblico dei Tridays, che lo scorso anno ha visto partecipare ben 22.000 persone, potrà vedere la nuova motocicletta prodotta da Hinckley e “catapultata” direttamente tra le alpi austriache. Ma cosa sono i Tridays? Tutto cominciò, come sempre in questi casi, da un’idea di un pazzo visionario di nome Uli Brée, attore e sceneggiatore con la passione per Triumph, che al termine di una giornata di lavoro cominciò ad avere strani pensieri… Realizzare un evento speciale, un’idea che si può riassumere in poche parole: trasformare Neukirchen in Newchurch, ovvero un tranquillo paesino tra le splendide alpi austriache che per una settimana cambia tutto: cartelli in inglese, cibo inglese (ma anche locale….), musica inglese e, ovviamente, motociclette inglesi! Info » 67
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I racconti di Moto.it: “Un cavallo e mezzo” di Antonio Privitera | Impazzii, non ricordo bene perché. Erano anni che minacciavo vanamente che un giorno o l’altro sarei uscito di senno finché, una mattina di aprile, diedi di matto...
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mpazzii, non ricordo bene perché. Erano anni che minacciavo vanamente che un giorno o l’altro sarei uscito di senno finché, una mattina di aprile, diedi di matto. Iniziai a sputare liquidi, a fare discorsi incoerenti e a strabuzzare gli occhi; erano sintomi evidenti di qualcosa: di una malattia, forse di un guaio, di cosa esattamente non lo so, credetemi. Comunque impazzii e nulla rimase come era prima nella mia vita. Non che la faccenda, poi, interessasse veramente a qualcuno: prima di impazzire, mi era stata più volte espressa la minaccia di un rapido sfratto per mandarmi in un centro di accoglienza all’aperto o presso un ospedale specializzato nella cura delle nevrosi tipiche della tarda età. Avevo quasi novant’anni, non ero poi così terribilmente decrepito e di certo non ero affatto pronto a sopportare quello che sarebbe accaduto di lì a poco; ma avevo visto Mussolini prendere il potere e poi crepare, assistito al crollo del muro, di fronte ai voli umani dai grattacieli in fiamme avevo pianto dense lacrime scivolate sul pavimento: cosa sarà mai passare la visita 68
dallo specialista, mi dicevo. Era aprile, Diego mi poggiò entrambe le mani sulle spalle e mi ci portò, quasi spingendomi. Lì, come temevo, mi torturarono a lungo e senza pietà. Nessun rispetto per un anziano incolpevolmente incappato nei comuni acciacchi della senescenza. Ciò che mi stupì maggiormente, e che mi costrinse a trangugiare una cilindrata di amarezza, fu che nessuna riconoscenza per il mio onesto passato si intromise pietosamente tra Diego e lo specialista mentre tubi e cateteri mi violavano dall’interno e mi si guardava dentro con curiosa morbosità, discettando senza peli sulla lingua sulla mia irrecuperabile malattia. Ma la vecchiaia non è una malattia; come non lo è la giovinezza, fonte di tante storture nel comportamento, la cui freschezza è sinonimo di errori e di mali correggibili solo con l’accumularsi dell’esperienza, con la sconfitta dell’ignoranza e col recupero dell’umiltà necessaria per diventare maturi, affidabili. Io ai miei tempi venivo considerato affidabile; ora gli standard erano cambiati ed ero anziano, superato. Superabile da tutti. Non sospirai lamenti mentre,
contro la mia volontà, Diego e lo specialista mi denudavano, stracciando e separando violentemente quanto ciò che mi stava indosso non cadeva semplicemente ai miei piedi ma aveva bisogno di maggior impegno e cura per essere tirato via; una cura di cui non si fecero carico, dandomi nessuna importanza se non quella di oggetto di bramosia; mi si negava la stessa cura che si dedica ai pazienti cui il ritorno alla piena vita è desiderato dai familiari perché necessario, mentre io venivo immolato con la giustificazione che ormai avevo fatto il mio tempo: è vero, ho avuto un’esistenza lunga e gloriosa spargendo bene e soddisfazioni per anni e il mio ricordo nelle persone che mi hanno amato sarebbe indelebile e condito dall’immancabile lacrimuccia di rimpianto. Quando le vesti di un paziente vengono stracciate è per non rivestirlo mai più e iniziai ad aspettarmi mutilazioni: che puntualmente arrivarono. Lo specialista, con il muto consenso di Diego, preparò i ferri lucidandoli; gli leggevo sul volto un malcelato piacere. Ero nudo, inerme e vecchio. Fossi anche stato giovane la
mia forza da cavallo, anzi: un cavallo e mezzo, non sarebbe stata comunque sufficiente a vincere la brutalità di questi due uomini che si accanivano su di me. In passato Diego, ma prima di lui suo padre, mi aveva fatto conoscere quanto la caparbia stoltezza degli esseri viventi possa portare a errori rovinosi e, con la stessa facilità con la quale li sì è generati, dimenticarli e rifarli d’accapo. Identici. Portavo sul corpo ancora le stimmate di quei gesti di presunzione, all’epoca giustificati con la benevolenza che si accorda ad un giovane rampollo di una ricca famiglia cui si vuole bene dalla nascita. In tempi ormai lontani, tollerai ogni sevizia e soddisfai tutte le giovani curiosità di un giovanissimo Diego fino a quando lui,
arrivata la maggiore età, scomparve con la sua patente B in tasca. Lo rividi solo da sposato e dopo il funerale del padre. Gli arnesi affondarono sulla mia superficie e si incastrarono; lo specialista fece proprie le mie intimità, scoprendo anfratti di me che neppure io avevo mai visto; ispezionava e rimuoveva lembi di me riponendoli disordinatamente sul tavolo operatorio quando di poca importanza, mentre quelli che avrebbero potuto avere ancora una qualche utilità li serbava sul panno bianco e venivano maneggiati con morbida attenzione. Diego aveva uno sguardo che offendeva la decenza. - Ora apriamo la testa – disse lo specialista. Diego non si oppose, fece solo un cenno con gli occhi.
- Che ne farai, quando tutto sarà finito? – gli chiese lo specialista. - Non lo so Danilo, le parti migliori le vendo… magari sto rottame mi frutta qualche euro. Adesso non parte nemmeno più, è totalmente inutile: nemmeno mio figlio di dodici anni lo vuole per girarci nel cortile di casa in campagna. - Peccato. Mi ricordo che tuo papà lo ricevette in regalo da tuo nonno, forse valeva la pena ripararlo. - Già… ma lo sai quanti debiti ha lasciato papà? Una montagna! - Non è vero, e poi ti bastava accettare col beneficio d’inventario… - Danilo, non rompere coi discorsi filosofici e tira via quella calotta… Continua su Moto.it 69
GP del Portogallo Le foto più belle dell’Estoril
Una gara dominata da Casey Stoner, davanti a Jorge Lorenzo e Dani Pedrosa. Ecco le foto più emozionanti del weekend portoghese
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accelerare, ad aumentare il passo. E’ molto lucido e molto forte: il binomio Honda-Stoner è duro da battere, anche se Lorenzo è in forma. Per recuperare il gap, Jorge dovrà forse avere un aiuto dalla Yamaha”. Sempre gli stessi tre piloti sul podio: c’è il rischio che siano sempre loro a monopolizzare i primi tre posti fino alla fine della stagione? In altre parole: c’è qualcuno che si può inserire tra questi tre? “In questo momento la vedo dura, perché il quarto è arrivato a 14 secondi e sono tanti. Ci vorrebbe un errore di chi sta davanti, ma il campionato è ancora lungo. Anche noi (Ducati, NDA) dobbiamo migliorare, non vogliamo stare nelle posizioni di adesso. Dobbiamo prima riagguantare il gruppettino davanti, quello di Dovizioso e di Crutchlow, e poi provare a fare qualcosa di più. Anche se è dura, perché i primi tre vanno veramente forte”.
GP dell’Estoril L’analisi tecnica di Vitto Guareschi
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Ecco, parliamo della Ducati. “Siamo partiti veramente “zoppi”: abbiamo iniziato bene con Hayden, che ha fatto una bella gara in Qatar, dove ha girato forte e ha fatto delle buone qualifiche, così come a Jerez, dove era terzo. Ci manca qualcosa sul ritmo gara, dove facciamo fatica a essere costanti. All’Estoril Valentino ha fatto la più bella gara della stagione, con un buon lavoro, finalmente, durante le prove, senza grossi
sconvolgimenti, partendo da quello trovato a Jerez. Qui lo abbiamo affinato e Valentino ha fatto una bella gara, ha potuto lottare un po’”. Chi è la sorpresa positiva di questo inizio campionato? “Stefan Bradl. E’ un debuttante, ma va già forte e non commette errori: mi sta veramente sorprendendo”. E quella negativa? “Direi Ben Spies, che con una Yamaha competitiva non riesce a ottenere buoni risultati. All’Estoril ha fatto tantissimi errori”. Casey Stoner vincerebbe con la Ducati? “No, perché corre con una Honda…”.
di Giovanni Zamagni | Vitto Guareschi, team manager Ducati analizza per Moto.it la gara del Gran Premio del Portogallo
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nuovamente preso un piccolo vantaggio che ha mantenuto fino alla fine. Ha guidato veramente bene: hanno una moto che funziona bene, entrambi i piloti sono in forma. La Yamaha in questo momento mi sembra un passettino indietro rispetto alla Honda. Abbiamo visto un buon Dovizioso che, finalmente, ha messo dietro Crutchlow, battendolo di forza: ha martellato degli 1’37” che sono serviti per creare lo strappo e poi Crutchlow gliel’ha data su”.
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La vittoria di Casey Stoner è stata schiacciante. Già al primo giro lanciato ha fatto1’37”2 che è un tempo allucinante (1’37”270, NDA), uguale al tempo fatto in qualifica, e poi ha tenuto un ritmo veramente allucinante per i primi 3-4 giri, creando un piccolo strappo con Lorenzo e Pedrosa. Poi Lorenzo è risalito bene, ha ricucito lo strappo, ma Casey ha reagito e ha
La Yamaha in questo momento mi sembra un passettino indietro rispetto alla Honda
Torniamo a Stoner, che conosci bene: è il miglior Stoner di sempre? O è sempre stato così e si trova particolarmente a suo agio con la Honda? “Mi sembra molto sicuro di sé. Quando è in testa e gli mettono pressione, non commette più errori: riesce addirittura ad 75
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di Giovanni Baggi | Abbiamo preso parte alla prima prova della Gladius Cup, a Magione. La moto ha regalato prestazioni e divertimento anche sul bagnato. Partiti ottavi dalla pole, eravamo primi a metà gara quando...
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agione 5-6 maggio trofeo Suzuki “Gladius Cup 2012” La Suzuki Gladius 650 è per noi una vera sorpresa (il nostro tester, Giovanni Baggi, corre infatti nel CIV in sella a una Superbike 1000, ndr). Piccola, filante e dall’aspetto racing , ha un equipaggiamento praticamente quasi di serie. Solo scarico e centralina fanno di questo motore ultra affidabile un divertente compromesso dalla voce cattiva, adatto però a ottenere dei
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Suzuki Gladius Cup 2012 Siamo scesi in pista a Magione
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buoni risultati e a divertirsi in pista (spendendo poco!). Vi diamo due note sul trofeo Gladius. Prevede cinque tappe (Magione, Mugello, Varano, Misano e Franciacorta). I premi gara sono di 500 euro per il primo classificato, 300 euro al secondo, e 200 euro al terzo. Il vincitore del trofeo si aggiudica una Suzuki GSX-R 600, il secondo classificato una Gladius 650 e il terzo uno scooter Sexteen 150. Nel 2012 Suzuki Italia in collaborazione con Grimoto mette a disposizione dei piloti iscritti al trofeo un campionato monomarca di tutto rispetto. Per partecipare al trofeo Gladius Cup è necessario possedere ovviamente una Suzuki Gladius 650, tutte le Suzuki Gladius messe in vendita dai concessionari sono ammesse al trofeo, ovviamente bisogna essere in possesso della licenza “velocità” FMI. Il costo di iscrizione al campionato è di 2.400 euro e comprende l’iscrizione a tutte le gare più un kit per allestire la moto (sospensione anteriore WP, scarico Leo Vince con elimina Kat, centralina Leo Vince, sottocoppa, carena racing Cruciata, kit pedane Euro Racing, tamponi paramotore Euro Racing, tubi freno Euro Racing, buono sconto ammortizzatore posteriori WP, kit
adesivi sponsor ufficiali, kit abbigliamento Suzuki). Per chi ha già partecipato al trofeo l’anno precedente il costo di iscrizione è di 1.400 euro e comprende solo il kit entry (solo iscrizione alle gare). La prima volta in pista con la Gladius Le gare si svolgono tra il sabato e la domenica; al sabato prove libere e qualifiche, la domenica mattina il secondo turno di qualifiche e infine nel pomeriggio la gara. In circuito daurante lo svolgimento della manifestazione lo staff guidato da Silvia 77
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Procacci e Sofia D’esposito segue al meglio tutti i piloti per garantire il corretto svolgimento della manifestazione e metterli al corrente dei regolamenti. Arriviamo dunque alla mia esperienza con il trofeo Gladius cup. Sabato mattina vengo accolto dallo staff Suzuki che mi porta subito a conoscere i bravissimi meccanici, poi mi informano degli orari di prove e quindi mi fanno vedere la moto. La Suzuki Gladius si presenta grintosa, con uno stile racing niente male. Prima di entrare in pista verifichiamo la posizione delle pedane e delle leve che vanno regolate a piacimento e infine entriamo in pista. Il primo 78
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impatto non è dei migliori, devo abituarmi infatti all’impostazione da moto naked, diversa rispetto alla superbike che guido nel CIV. Dopo qualche giro inizio a prendere confidenza con la moto. Alla fine del turno decido di intervenire sulla regolazione delle sospensioni. Euro racing ci aiuta a trovare un giusto compromesso per poter migliorare le prestazioni della moto e decidiamo di caricare con due giri di precarico le molle della forcella e di togliere un giro di molla al mono per aumentare aderenza al posteriore che fa lavorare meglio il pneumatico Dunlop Sportamax (ricordiamo che il trofeo è monomarca Dunlop). Prendiamo contatto con la Gladius e subito scopriamo che i freni di serie garantiscono comunque una frenata efficace, mentre l’impostazione di guida è cattiva ma comda allo stesso tempo. Più di ogni altra cosa ci conquista l’avantreno stabile e preciso che dà fiducia nell’ inserimento in curva. Persino sul bagnato! Inizia il turno di qualifica e solo con queste piccole modifiche la moto risponde veramente bene, riesco a spuntare un buon ottavo posto con il tempo di 1.21.1 e per essere la prima volta che uso la Suzuki Gladius sono soddisfatto. La prima posizione va a Lorenzo Segoni detentore del titolo di campione del trofeo 2011.
15 Maggio
2012
Domenica la gara. Abbiamo “rischiato” di vincere al debutto La domenica mattina nel secondo turno di qualifiche una sorpresa ci coglie un po’ in contropiede, la pioggia cambia le carte in tavola: quindi pneumatici rain e regolazione sospensioni dedicata al bagnato, in queste condizioni la moto si comporta decisamente bene, ha un avantreno preciso e stabile che mi permette di ottenere un ottimo secondo tempo con il crono di 1.28.3. In gara partendo dalla terza fila in ottava posizione scatto bene e dopo qualche curva mi trovo a lottare con i primi due, la moto mi dà fiducia e infatti al secondo giro mi trovo in testa con un buon margine sul giro rispetto agli inseguitori. Dopo qualche giro purtroppo nella curva che immette sul traguardo la grande fiducia che mi trasmette l’avantreno di questa moto mi porta a fare un errore, esagero in ingresso e perdo il posteriore finendo a terra. Purtroppo la moto riporta la rottura della leva del cambio e non posso continuare la gara. La mia gara finisce così, sull’asfalto bagnato di Magione, ma l’esperienza è stata bellissima: ho scoperto un trofeo ben fatto, in sella a una moto dalle insospettabili doti sportive (e a noi della redazione non resta che farti i complimenti, Giovanni. Sei arrivato a un passo dalla vittoria al debutto con la Gladius. Bravo! Ndr). 79
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con le finestre aperte ed i balconi fioriti, la gente per strada che chiacchera ed i bar pieni di ragazzi del posto e turisti.. Insomma, un bel mondo. Il paddock Il paddock, in questa occasione, era quanto di meglio ci si potesse aspettare: gli impianti sportivi dotati di tutti i servizi necessari, bar ed un locale ristorante dove la sera è stata servita la cena in un clima di grande convivialità.
di Nazzareno Falappi | Spello è sicuramente uno dei borghi più belli d’Italia, ed è perfettamente conservato. Qui si è svolta la terza tappa del Motorally, della quale vi sveliamo qualche retroscena...
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erza tappa Motorally: Spello Negli ormai lontani anni ottanta il Trofeo Nazionale Motorally godeva di una popolarità impensabile ai tempi nostri. Medie di partecipazione intorno alle 400 unità con picchi di 500, uno schieramento di Case Ufficiali imponente: Gilera, Cagiva, Honda ecc., ed un notevole interesse da parte dei media che produceva pagine e pagine delle riviste del 80
settore prima e dopo l’evento. Fu in quel periodo che nacque il Center Rally ad opera del Motoclub Foligno e fu subito un successo: la bellezza dei percorsi e l’ottima organizzazione erano una garanzia per i partecipanti. Anche oggi, a tanti anni di distanza, sotto l’attenta guida di Dario Signorelli il Foligno è sinonimo di sicurezza. Nel nostro caso, e questa era la ben ventitreesima edizione, le migliori aspettative sono state rispettate, anche se il maltempo (che ormai sta diventando un costante delle nostre gare) non ha dato tregua, soprattutto nella seconda parte della giornata. Spello è sicuramente uno dei borghi più belli d’Italia ed è perfettamente conservato. Passeggiando per le sue viuzze medioevali si respira una certa spiritualità, sarà per la vicinanza di Assisi o per il fatto che queste sono state terre di Santi e pensatori. La cosa più bella è che si ha la sensazione di trovarsi in un luogo veramente vissuto
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Storie di Motorally. Terza prova a Spello
15 Maggio
2012
La gara Ed in gara, finalmente, tutto è filato per il verso giusto (acquazzone a parte). Andrea Mancini, in gran forma, non si è lasciato sfuggire la vittoria anche nella gara di casa. Dietro di lui Alex Zanotti che ora è in testa al campionato e Glauco Ciarpaglini. Quarto un sorprendente debuttante Alessandro Botturi, che dopo una grande carriera nell’Enduro è entrato a far parte del faraonico Team Bordone Ferrari dimostrando subito di essere un uomo da battere anche nei grandi rally internazionali: splendida la sua prestazione alla Dakar. A Spello è venuto con un furgoncino ed il suo fido meccanico per, parole sue, fare esperienza ed allenarsi. E ,visto che i personaggi del suo calibro imparano in fretta, a momenti alla fine sale anche sul podio lasciando tutti tra lo stupito e l’ammirato per la velocità del passo e la tecnica di guida. Ladies Erika Burioli è finalmente riuscita a riavere la sua moto ed è subito tornata nella sua posizione abituale: il primo posto. Le avversarie però stanno crescendo ed i distacchi si fanno sempre più ridotti. Ancora una volta travagliata la gara di Giulia Torri. Dopo la brutta avventura a Radicofani, dove era rimasta a lungo in attesa di
soccorsi con la moto in panne, stavolta ha rimediato una botta al ginocchio destro che l’ha costretta al ritiro. Peccato perché Giulia ha grinta e carattere. In questa occasione erano venuti a sostenerla, da mezza Italia gli amici del suo Club l’ Africa Twin e del suo Team il Desert Twin. Anche Alessandra Sbrana, la forte pilota del Team Fantic, non è ancora riuscita a mettere in campo tutto il suo potenziale, che è veramente di tutto rispetto. Una serie di sfortunate circostanze le hanno per ora tarpato le ali. Ale però non ha perso il buonumore e la voglia di fare, nel paddock il sabato con Ciro, il suo ragazzo, ha allestito un siparietto in onore dello Sponsor che la segue da anni. Classe 1000 La classe 1000 ha visto ancora una volta sul gradino più alto del podio l’impressionante Mezzedimi con la sua Suzuki BIG ma la vera sorpresa è stato, il sabato, l’arrivo di Massimo Doretto. Il Doro si è 81
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presentatato con la splendida BMW GS 1200 realizzata da Alberto Palma, lo storico preparatore perugino della casa di Monaco. La moto è bellissima, dell’originale c’è rimasto ben poco, ed è anche estremamente competitiva visto il secondo posto guadagnato. Pare che Palma sia anche in possesso di una delle mitiche GS dell’altrettanto mitico Herbert Sheck, che negli anni settanta dominava nella Regolarità vincendo diversi europei e Six Days e che poi partecipò ad alcune edizioni 82
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della Pargi Dakar assieme alla figlia. Ebbene il progetto è quello di risistemare il mezzo e partecipare alle prove dell’Enduro storico. Insomma la passione di Alberto e Massimo per la casa dell’elica non ha eguali a riprova anche il mezzo di trasporto per venire a Spello: berlina BMW e soprattutto un bellissimo e raro carrello originale sempre BMW.
un furto al box della sua casa oltre ad alcune moto paterne, abbigliamento , atrezzi e cose varie soprattutto la moto da gara; solo grazie ad un amico che gli ha prestato il suo muletto e lavorando tutta la notte del venerdì è riuscito a schierarsi alla partenza. Poi in gara l’altro colpo di coda della sfiga prima una foratura poi alcuni inconvenienti meccanici hanno azzerato tutto quanto.
Classe 50 Nella classe 50, conferma con una splendida vittoria il suo stato di grazia Emilio Procaccini, su Beta, tanto veloce da arrivare addirittura secondo nella under 21 precedendo uno stuolo di piloti con moto di cubature ben superiori e battuto solamente da un grande grande Guido Fedeli che ha portato la sua Fantic al trentesimo posto assoluto vincendo ancora una volta il trofeo Montebelli. Sfortuna invece per l’altro giovane talentino scoperto alla Scuola Motorally Leonardo Tonelli: qualche giorno prima della gara ha subito
“Attila Show” Ennesimo show dello scoppiettante Attila. Alle sette del mattino con bici e megafono ha svegliato il paddock facendo il verso a Rocco di Zelig poi ha “broccolato” Elisabetta, la ragazza di Lorenzo Sandrone, facendosi fotografare con lei infine alla sera durante la premiazione ci ha provato anche con Eleonora, la prosperosa miss della cerimonia che letteralmente lo sovrastava. Insomma, Attila se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, sparge allegria a palate. 83
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Confermata la presenza del dieci volte vincitore della Dakar che per l’occasione salirà in sella ad una Yamaha per la seconda volta. Attesa anche la visita di Tony Cairoli
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ue settimane fa è arrivata la conferma della partecipazione di Cyril Neveu, adesso è la volta della decisione che, seppure nell’aria, teneva ancora con il fiato sospeso: Stephane Peterhansel farà il bis! Sarà al via anche dell’edizione 2012 del Rally 84
inventato, e re-inventato, da Antonello Chiara e Giarenzo Bazzu. Il vincitore di 10, dieci, Dakar, e Campione in carica con la Mini, farà ancora un’”eccezione” alla sua carriera automobilistica e tornerà a correre in moto. E ancora una volta nel Rally che l’ha riportato a respirare l’atmosfera delle sue imprese leggendarie in sella alla Yamaha. Palmarès Un rapido aggiornamento dei palmares, “Peter”, Neveu, Despres,
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Sardegna Rally Race Stephane Peterhansel farà il bis
15 Maggio
2012
Coma, ed ecco che al Sardegna Rally Race 2012 saranno rappresentate, in totale, 22 vittorie della Dakar. Insieme a Stephane, vedremo in pista anche l’altra faccia della leggenda”, la sua compagna Andrea Mayer. Il nuovo capitolo della storia scritta da Bike Village e Stephane Peterhansel aggiunge al fascino del romanzo anche un pizzico di contenuti tecnici di grande attualità. Si gareggia per vincere Lo scorso anno Peterhansel concluse al quarto posto un Rally iniziato con molta circospezione, ed è prevedibile che quest’anno il fuoriclasse francese, che è conosciuto, e temuto, per non essere capace di fare le cose… a metà, vorrà senz’altro migliorarsi. Perché non puntare direttamente al podio? Stephane è già al lavoro e, insieme ad Andrea, si allena sulle piste della Corsica, evidentemente per non presentarsi impreparato al grande appuntamento. Per i giovani leoni della disciplina, correre al fianco del primatista della Dakar sarà un onore, ma anche un confronto che potrebbe rivelarsi “imbarazzante”. Vedremo.
I protagonisti Marc Coma, Cyril Despres, Helder Rodrigues, Joan Barreda, Francisco Lopez, dunque, ma anche Jakub Przygonski, David Casteu, Ruben Faria, Jordi Viladoms, Paulo Gonçalves, e senza dimenticare i fortissimi italiani in grado di insidiare, in Sardegna, la leadership mondiale dei Rally-Raid. È una lista, ancora provvisoria, di “pezzi da novanta” che si vedono solo alla Dakar. Non bastasse tutto questo, una “chicca”: alla partenza del Sardegna Rally Race 2012 ci sarà, in veste di ospite d’eccezione e “padrino”, Tony Cairoli. 85
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2012
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James Stewart firma con Yoshimura Suzuki Racing James Stewart ha firmato un contratto pluriennale con Yoshimura Suzuki Racing. Già sabato 19 maggio Stewart prenderà parte al primo round dell’AMA Pro Motocross Championship in sella alla Suzuki RM-Z450
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ames Stewart parteciperà al Campionato AMA Pro Motocross e al Supercross in sella alla Yoshimura Suzuki RM-Z 450. La prima occasione per vederlo vestire i nuovi colori sarà il primo round dell’AMA Pro Motocross Championship 2012 a Sacramento, in California, il 19 maggio. Stewart, soprannominato “l’uomo più veloce del pianeta,” approda alla Suzuki dopo una lunga serie di successi: il 26enne della Florida ha preso parte a sei campionati AMA, portandosi a casa due titoli AMA Supercross e una stagione al top nel Campionato AMA Pro Motocross. 86
A curriculum anche un Mondiale FIM Supercross così come due titoli nel Motocross delle Nazioni. Le dichiarazioni dei protagonisti Riguardo alla sua nuova avventura, James Stewart ha dichiarato: “Non vedo l’ora di unirmi al team, è stato un piacere arrivare qui e incontrare la squadra. Sono molto emozionato, la moto mi piace e questa per me è una grande opportunità. Tutta la squadra è fenomenale. Siamo tutti entusiasti e decisi a fare bene nel corso dei prossimi anni. Voglio ringraziare tutti alla Suzuki Yoshimura per avermi dato questa opportunità”. “James è un grande valore aggiunto per il nostro team”, ha detto il presidente di Yoshimura Racing, Don Sakakura. “E ‘un pilota incredibile e un atleta di talento, ci sentiamo molto fortunati ad averlo con noi. Faremo tutto il possibile per garantire il suo successo e quello del team.” Mike Webb, Team manager: “Siamo estremamente soddisfatti dell’annuncio di James di voler far parte del team Yoshimura Suzuki. Siamo tutti ansiosi di lavorare con lui. Ci sentiamo molto fiduciosi, possiamo dargli quello di cui ha bisogno per vincere.” 87
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Editore: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 Responsabile editoriale Ippolito Fassati Capo Redattore Andrea Perfetti Redazione Maurizio Tanca Cristina Bacchetti Marco Berti Francesco Paolillo Aimone dal Pozzo Grafica Thomas Bressani
AMA Pro Motocross Rattray prende il posto di Villopoto di Massimo Zanzani | L’ex iridato MX2 sudafricano correrà nel National USA nella 450 al posto del neo campione Supercross
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opo la notizia bomba del passaggio alla Suzuki di James Stewart, il campionato AMA Pro Motocross che domenica 19 maggio scatta con l’Hangtown Classic di Sacramento, ha trovato in Tyla Rattray il degno sostituto nella 450 Ryan Villopoto. La Kawasaki Monster Energy ufficiale del recente campione Supercross sarà infatti affidata al pilota sudafricano, che lo scorso anno è stato protagonista del National nella classe 250 dove è terminato al posto d’onore alle spalle di Dean Wilson e del Motocross delle Nazioni terminando secondo della classe MX1. Rattray, che quest’anno era schierato nella Lites Supercross coi colori Kawasaki Pro Circuit, dove ha perso ogni chance a causa di un infortunio, correrà nella classe regina a fianco di Jake Weimer.
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Collaboratori Nico Cereghini Massimo Clarke Giovanni Zamagni Carlo Baldi Massimo Zanzani Lorenzo Boldrini Enrico De Vita COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto. it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. Moto.it Via Melzo 9- 20129 Milano Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003 Capitale Sociale Euro 10.000 i.v. Email: staffmoto@moto.it
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