4 minute read
Rischio povertà ed esclusione sociale Massimo Taddei ed Eleonora Trentini
Tre sono le condizioni che definiscono il rischio di povertà o esclusione sociale: il reddito insufficiente, la deprivazione socioeconomica e la bassa intensità del lavoro. La prima identifica un reddito netto al di sotto della soglia del rischio di povertà, convenzionalmente fissata al 60% del reddito mediano. Il secondo, invece, si riferisce alla mancanza di risorse e all’impossibilità di far fronte a diverse voci di spesa, per esempio il riscaldamento, il possesso di un’autovettura, il pagamento dell’affitto o delle bollette. La terza, infine, si manifesta quando una persona impiega meno del 20% del suo potenziale lavorativo. Attraverso l’indicatore Arope (people at risk of poverty or social inclusion), formulato nel 2010 e incluso nella strategia Europa 2020, è possibile monitorare statisticamente gli aspetti della povertà e dell’esclusione sociale proprio attraverso queste condizioni. Non si vuole porre come una misura del tasso di povertà, ma come un indicatore di confronto tra il tenore di vita di un individuo rispetto ai connazionali, guardando sia al reddito, sia alle spese non monetarie, sia all’occupazione. La strategia mirava a ridurre di almeno 20 milioni il numero di persone nella UE a rischio di povertà ed esclusione sociale entro il 2020.
Con 11 milioni e 800 mila individui a rischio povertà e tre milioni e 300 mila in condizioni di grave deprivazione materiale, la quota di popolazione italiana che è stata identificata a rischio nel 2021 è stabile rispetto al 2020.
11 milioni e 800 mila gli individui a rischio povertà in Italia
Come riportato da un recente comunicato dell’Istat sulle condizioni di vita e sul reddito delle famiglie, l’indicatore Arope era pari al 25,4% nel 2021 (25,3% nel 2020). Sembra quindi che il forte rimbalzo dell’economia non abbia inciso molto sull’area del disagio economico.
Il dato è nazionale, ma questi 15 milioni di persone non sono distribuite omogeneamente sul territorio. L’area del Sud e delle Isole rimane quella in una situazione più critica: nonostante un miglioramento rispetto al 2019 (42,2%), più di due quinti della popolazione si trovano a rischio di povertà ed esclusione sociale (41,2%), con un’intensità lavorativa sempre minore. Anche il Centro registra una diminuzione negli ultimi due anni di rilevazione (21% nel 2021 contro il 21,6 del 2020 e 21,4 del 2019), mentre il Nord è in peggioramento, anche se rimane l’area del paese con la percentuale più bassa di popolazione interessata dal fenomeno. In particolare, il Nord-Est passa dal 13,2% del 2020 al 14,2% del 2021, mentre il NordOvest dal 16,9 al 17,1%
Come accade anche per i dati relativi alla povertà assoluta, sono le famiglie numerose e quelle con almeno un componente straniero a essere maggiormente a rischio. I nuclei famigliari con cinque o più componenti hanno registrato un aumento del rischio di povertà o esclusione sociale di quasi quattro punti percentuali rispetto al 2019 (passando dal 34,3 al 38,1%). In particolare, sono le coppie con tre o più figli a registrare la percentuale più alta (41,1%).
Anche la natura del reddito percepito influenza il rischio di povertà ed esclusione: nelle famiglie con un reddito da lavoro dipendente o autonomo l’indicatore Arope si è ridotto, passando dal 20% del 2019 al 18% del 2021 per le prime, e dal 24% a un 23,4% per le seconde. Al contrario, chi percepisce reddito da pensioni o trasferimenti pubblici è più a rischio e l’indicatore segnala un aumento negli ultimi anni (33,9% nel 2021 contro il 31,8% del 2019). Purtroppo, non sono disponibili dati che scorporino queste due categorie: sarebbe interessante osservare il rischio di povertà ed esclusione tra chi percepisce una pensione non assistenziale, dal momento che, per
INDICATORI DEL RISCHIO DI POVERTÀ ED ESCLUSIONE, PER NUMERO DI COMPONENTI DEL NUCLEO (2021) quanto riguarda l’incidenza della povertà assoluta, gli over-65 presentano i tassi più bassi tra la popolazione. Anche il calo della quota di famiglie a rischio di povertà ed esclusione sociale al crescere del numero di anziani nel nucleo fa pensare che la situazione per chi riceve una pensione “tradizionale” sia migliore rispetto al valore aggregato, mentre quella di chi riceve prestazioni assistenziali sia ben peggiore.
In conclusione, l’indicatore Arope, pur studiando aspetti diversi rispetto alla mera incidenza della povertà, manda segnali simili a quelli dati a giugno dai numeri sulla povertà assoluta: a rischiare di più di vivere in condizioni di ristrettezza economica e di
Ma come ha influito l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche sui costi energetici sostenuti dalle attività economiche, si chiedono i ricercatori?
Riferendosi alle elaborazioni del Centro studi Confindustria sul doppio canale di trasmissione del rincaro sull’economia – come consumo (diretto) di materia prima energetica e come consumo esclusione sociale sono le famiglie numerose, di stranieri, con almeno un minore e in cui solo uno o nessun componente lavora. I dati sulla povertà assoluta mostravano, rispetto al 2020, numeri in calo al Nord e in aumento al Sud, mentre in questo caso avviene l’opposto. Queste differenze non particolarmente rilevanti potrebbero derivare dal fatto che le indagini sono basate su campioni non molto grandi e molto diversi tra loro.
(indiretto) di raffinati del petrolio e di elettricità-gas – “si osserva come, anche prima delle recenti dinamiche inflattive sui mercati internazionali delle materie prime, i costi energetici erano maggiori per le imprese italiane rispetto ai competitor europei. Le differenze tra l’incidenza dei costi energetici nel biennio 2018-2019 erano relativamente contenute rispetto alla Germania (0,6 punti percentuali) ma già ampie rispetto alla Francia (1,6 punti percentuali)”. (VEDI FIGURA 5)
Dalla FIGURA 5 si può vedere che la distanza nell’incidenza dei costi energetici dell’Italia da Germania e Francia era già significativo, ma il conflitto Russia-Ucraina ha acuito il divario fino a un +2,1 dalla Germania e un +4,9% dalla Francia.
È interessante quanto rilevano i ricercatori nei singoli comparti dell’economia. “Il maggior onere sostenuto per i costi energetici dall’Italia, in proporzione al totale dei costi sostenuti, è inoltre generalizzato a tutti i comparti dell’economia e riguarda tanto il settore primario, quanto il manifatturiero