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BILANCIA COMMERCIALE DELL’INDUSTRIA FOOD & BEVERAGE E DEL SETTORE AGRICOLO IN ITALIA (MILIARDI DI EURO), 2010-2021

La ricerca mette poi in evidenza la necessità di comunicare con efficacia il marchio made in Italy e promuovere iniziative di educazione al consumatore. Ma aggiungerei anche la formazione alle imprese sulla conoscenza dei diversi mercati internazionali. Ci sono poi aspetti più tecnici, come la necessità di avere dei protocolli unici per l’esportazione, che riducano drasticamente i tempi per ottenere l’autorizzazione all’export. Infine, dovremmo investire di più negli accordi di filiera per aumentare la competitività».

Accordi di filiera per aumentare la competitività

La frammentazione del settore, con una prevalenza di piccole e medie imprese con marginalità e propensione all’investimento inferiori a quelle grandi costituisce da sempre un fattore di freno per l’internazionalizzazione della filiera.

* CAGR: tasso medio annuo di crescita composto

Fonte: elaborazione The European House – Ambrosetti su dati Istat, 2022

Per il presidente di Centromarca Francesco Mutti «La soglia dimensionale della maggior parte delle nostre imprese non consente di raggiungere i mercati importanti. Di fronte allo scenario macro di evoluzione dei consumi food al di fuori dei nostri confini, noi arriviamo piccoli in un mercato che non è più il nostro, con il rischio di perdere il treno. L’Europa e gli Stati Uniti sono entità quasi omogenee, però bisogna fare passi avanti decisi verso un mercato realmente unico, dove non sia necessario avere una sede in ciascun paese, contrariamente a quanto succede negli Stati Uniti»

Al Forum Ambrosetti è stata poi ribadita la necessità prioritaria per la filiera agroalimentare di accelerare il processo di transizione ecologica. Anche Mutti, dal canto suo, ribadisce questa urgenza: «Stiamo perdendo il tema della sostenibilità. La dimensione etica del business è la grande sfida che come imprese ci attende e per raggiungere la neutralità carbonica non abbiamo idea della sfida che abbiamo davanti. È importante ribadire che non può esserci concorrenza scorretta: in tema ambientale ci saranno costi enormi, anche se il consumatore si aspetta erroneamente che non ci siano ricadute che lo coinvolgano».

Sostenibilità,

Vi è però un’altra sfida ancora più grande che coinvolge tutto il sistema agroalimentare e i suoi stakeholder. È quella che si gioca sui tavoli europei e che coinvolge sia la capacità progettuale e di intervento richieste dal Pnrr con la sua enorme dote di finanziamenti di cui l’agroalimentare è un attoredestinatario privilegiato sia il raggiungimento degli obiettivi inseriti nel quadro legislativo per sistemi alimentari sostenibili, a partire dalla strategia “farm to fork”, per i quali è necessaria un’assunzione di responsabilità degli attori della filiera agroalimentare in uno spirito di visione condivisa e di sistema.

Per quanto riguarda il mercato interno, i consumi alimentari sono fermi da oltre dieci anni, ma cresce la loro incidenza sulla spesa delle famiglie (+0,9 punti dal 2010 al 2019), con uno spostamento verso il canale discount (+9,1 punti nel decennio considerato). (VEDI FIGURA 3)

F 163,1 162,3 157,2 153,4 152,9 154,5 156,5 158,2 158,2 159,0 162,3 163,2 CAGR** 2010–2019 -0,3% Var. % 2019–2020 +2,0% Var. % 2020–2021 +0,4%

136,1 135,1 133,7 132,7 132,9 135,9 140,6 141,4 136,3 136,9 139,5 140,1 22,1 21,3 20,8 20,3 20,5 21,4 21,7 21,8 21,9 22,1 22,7 23,1

Bevande analcoliche e alcoliche Alimentari Totale alimentari e bevande

La transizione green dell’agroalimentare

Nell’indagine “La evoluzione sostenibile della filiera agroalimentare italiana”, Teh Ambrosetti individua alcune sfide principali della transizione green.

• Innanzitutto, l’aumento della popolazione mondiale: nell’ultimo trentennio la produzione mondiale di cibo è aumentata del 91%, il doppio di quanto sia aumentata la popolazione (+45%) oggi giunta a otto miliardi.

• Tale situazione porta a un maggiore impatto della filiera agroalimentare sugli ecosistemi ambientali e, come si dice nella ricerca, è fondamentale fare ricorso a un’agricoltura 4.0 per conseguire un risparmio di circa il 30% degli input necessari per l’attività agricola e una crescita del 20% della sua produttività. Trasparenza e tracciabilità sono due concetti molto richiesti e soluzioni tecnologiche come blockchain e smart label stanno andando incontro a queste crescenti esigenze, grazie a un sempre più costante tracciamento e accumulo di dati. Ma l’innovazione impatta su tutte le fasi della filiera e il nostro paese si dimostra all’avanguardia nell’adozione di nuove tecniche e strumenti: per esempio l’Italia è al quarto posto nel mondo per densità di robot attivi nella produzione alimentare e, ancora, le 210 startup food tech costituiscono il 17% del totale europeo.

• Il terzo elemento critico si lega al cambiamento climatico che danneggia la filiera agroalimentare. Il 21% del territorio italiano è infatti a rischio desertificazione e allo stesso tempo il numero di eventi estremi cresce del 25% ogni anno. In Italia, tale situazione causa un danno stimato di un miliardo di euro a livello annuale. Nel 2021 le avversità climatiche hanno determinato una perdita di produzione media del 27% della frutta, del 10% del riso e del 9% del vino. Gli impatti più severi sono stati raggiunti nella produzione di miele, quasi totalmente scomparsa nell’anno (-95%), delle pere (-69%) e delle pesche (-48%).

• Non irrilevante poi l’imbarazzante problema dello spreco alimentare che, nel mondo, pesa per il 17% del cibo prodotto e ammonta a quasi un miliardo di tonnellate all’anno. In questo contesto, l’Italia rientra tra i primi dieci paesi europei (UE27+UK) per spreco alimentare, buttando via e non consumando mediamente 89 kg pro-capite all’anno di cibo, pari a 5,3 milioni di tonnellate. The European House - Ambrosetti ha richiamato l’attenzione sull’utilità di frenare il più possibile questa cattiva abitudine facendo ricorso, in particolare, ad app create appositamente per aiutare i consumatori a seguire comportamenti virtuosi in tema di cibo.

• Non va poi dimenticata che la sfida del packaging sostenibile (i 65% del totale dei rifiuti di imballaggi in plastica deriva da packaging alimentare) è molto sentita in Italia, che si posiziona al settimo posto al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo legati alla circolarità della plastica, con 387,6 milioni di euro investiti nel 2019.

• Infine la dipendenza dall’estero della filiera agroalimentare italiana per l’approvvigionamento di materie prime agricole, che provoca un deficit commerciale del settore agricolo cumulato di 85,8 miliardi di euro dal 2010 al 2021. Una situazione che comporta ricadute significative in termini di sostenibilità economica, sociale e ambientale della filiera, derivanti da una forte esposizione all’andamento della produzione e dei prezzi delle materie prime dal resto del mondo e quindi da una crescente vulnerabilità a shock di approvvigionamento per alcuni prodotti chiave alla base della catena di lavorazione italiana.

È l’inflazione a preoccupare di più il sistema delle imprese del largo consumo.

Dal 2020 la pandemia prima e il conflitto tra Russia e Ucraina poi hanno condizionato molto le dinamiche della grande distribuzione e i cambi nel comportamento d’acquisto del consumatore, innestando anche decisive modifiche strutturali. «L’aumento dei prezzi – sottolinea Emanuela La Rocca, CGD retail account director di IRI, nel corso di un webinar organizzato a ottobre da GS1 Italy – porta il consumatore a ricercare la convenienza nel proprio basket di spesa cambiando il posizionamento e il mix dei prodotti acquistati. Il trading down è trasversale a tutti i canali con l’eccezione del discount e degli specialisti casa persona. Nonostante l’aumento dei prezzi partito a fine 2021 e impennatosi negli ultimi quattro mesi, le famiglie fino a fine agosto hanno finanziato gran parte dei rincari».

Nel largo consumo confezionato l’inflazione dipende infatti soprattutto dalla tempistica con cui le 465 diverse categorie merceologiche trasferiscono i rincari dei listini sul prezzo finale di vendita. Quello che sta succedendo a partire dal bimestre gennaio-febbraio 2022 è un progressivo allargamento della percentuale di categorie che portano rincari tra il 5 e il 10%, ma la fascia che si sta più rapidamente espandendo è quella con aumenti oltre il 10%. Alcune filiere sono maggiormente sotto pressione per difficoltà legate alle reperibilità delle materie prime e tra le categorie merceologiche più coinvolte dall’aumento dei prezzi ci sono l’olio di semi (49,4%), la pasta di semola (23,5%) e le farine (19%). «Facendo parte dell’abituale paniere di acquisto, molte di queste categorie – specifica La Rocca – sono quelle sulle quali il consumatore definisce la propria percezione della variazione dei prezzi, influenzandone il comportamento».

L’inflazione schizza soprattutto nel discount (record del 14,8% nella settimana del 18 settembre) ma, nonostante questo, una ricerca condotta tra gli shopper da IRI attesta come il 23% di loro li utilizza ancora più di prima.

(VEDI FIGURA 4)

Altro elemento importante è il calo delle promozioni, al tempo stesso una conseguenza e una causa dell’inflazione.

La necessità di non rischiare troppo sui margini e l’incertezza sulla disponibilità delle scorte stanno frenando questa leva su tutti i canali, togliendo possibilità di risparmio al consumatore, con un ulteriore aggravio sul costo del paniere acquistato. Il

La dinamica dei canali

Ecco come, secondo i dati di IRI, hanno risentito i vari canali dalla risposta dei consumatori alle discontinuità dell’ultimo triennio.

• IPERMERCATI. La pandemia ha peggiorato la crisi degli ipermercati e nonostante il trend del fatturato 2022 evidenzi una ripresa del canale, in realtà è dovuto in gran parte all'aumento dei prezzi.

• SUPERSTORE E SUPERMERCATI. Hanno saputo coniugare l'attenzione ai bisogni del consumatore insieme al fattore prossimità, mantenendo in parte le performance anche dopo il primo periodo di pandemia.

• LIBERO SERVIZIO. Bene il libero servizio piccolo (punti vendita dai

100 ai 399 metri quadri) che durante la pandemia ha registrato il boom perché meno colpito dalle limitazioni di mobilità. Nel 2021 il fenomeno è fortemente rientrato ma nel 2022 il format sta registrando una nuova ripresa soprattutto dalla Pasqua.

• DISCOUNT. Molto bene il discount avvantaggiatosi dalla situazione di pandemia e capace di rafforzarsi coniugando convenienza, prossimità e qualità.

• SPECIALISTI CASA. Promosso anche il canale degli specialisti del casa persona aiutato dall'emergenza contingente.

• ONLINE. Dopo il boom del 2020-2021, nel 2022 ha rallentato molto la crescita.

LCC - TREND % A VALORE VS ANNO PRECEDENTE

Nota: Largo Consumo Confezionato. 2022: 37 settimane al 18 settembre 2022.

Fonte: IRI “Liquid Data™” per GS1 Italy “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”, ottobre 2022 taglio di promozioni nelle categorie a più alta inflazione è quasi il doppio rispetto alla media del largo consumo ed è applicato sulle fasce di sconto più elevate a testimonianza del fatto che parte dell’investimento promozionale è stato utilizzato per compensare l’aumento listini.

F Igura 4

LCC - INFLAZIONE PER CANALE. SETTIMANE, YTD 2022 E ULTIMO MESE

Nota: Ipermercati + Supermercati + Libero Servizio Piccolo + Specialisti Casa Persona + Discount. YTD 2022: 37 settimane terminanti il 18 settembre 2022. Ultime quattro settimane: quattro settimane al 18 settembre 2022.

Fonte: IRI “Osservatorio Prezzi®” per GS1 Italy “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni” ottobre 2022

Il consumatore cerca inoltre un equilibrio tra prezzo e qualità, spostandosi dai prodotti premium soprattutto dell’Industria di marca verso il mainstream e il primo prezzo dove il discount gioca un ruolo fondamentale, mentre i prodotti Marca del distributore tengono ancora anche nella fascia premium. Punto di forza della Marca del distributore è l’aumento delle referenze in assortimento che nel 2022 si mantiene sul + 2,1% rispetto a un + 0,5% dell’Industria di marca che sta comunque dando un segnale di rilancio dell’attività di rinnovo degli scaffali.

+2,1% l’aumento di referenze MDD, +0,5% dell’Industria di marca

«Sono ancora segnali deboli – sottolinea La Rocca – ma da tenere monitorati. Potrebbero essere l’inizio di un’inversione di tendenza che potrebbe rinforzare la Distribuzione classica, soprattutto in ambito discount».

Oggi inoltre ci troviamo di fronte a un nuovo consumatore capace di affrontare le emergenze modificando sia il mix dei canali visitati sia quello dei prodotti acquistati sia le modalità con cui aderire alle promozioni. Un consumatore che nonostante la riduzione del proprio

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