Terre di Confine #7

Page 1

Rivista aperiodica redatta da www.terrediconfine.eu

di TERRE Confine

Fantascienza, Fantasy, Anime

Luglio 2007 ANNO III

LETTURA:

Speciale ITALIA:

Il Grande Ritratto n Picatrix n Estasia n Sognando Mondi Incantati n La Rocca dei Silenzi n Pentar n

terra di santi, poeti e navigatori ma... il Fantastico dov’è?

CINEMA:

Sigle TV:

Nirvana n L’Umanoide n Piccolo Buddha n Laggiù nella Giungla n

tanti “motivi” per lasciarsi cullare nel mare della nostalgia

FUMETTO:

Anjce n Arken di Gondorf n Nathan Never n Bonvi

NUMERO

n

7

MANGA ITALIANO: n

Fumetto: Stirpe di Elän

CINEMA: Star Crash

CINEMA: Phenomena

LETTURA: Mondo Emerso

Dàimones

DOUJINSHI: Liberté

SERIE TV: Sherlock Holmes

Interviste: Miriam Blasich, Giacomo Pueroni, Luca Vergerio, Silvio Sosio, Roberto Furlani, Federico Memola, Edoardo Valsesia, Dario de Judicibus, Laura Luzi, Elena Liberati, Stefano Reali, Stefano Manocchio, Andrea Carlo Cappi, Francesco Falconi, Dalmazio Frau - Fumetti: Ken il Guerriero 3, Orfani


www.terrediconfine.eu redazione@terrediconfine.eu

La foto in copertina: “Goddess�, di Roberto Campus http://www.robertocampus.com/


Editoriale REDAZIONE

di Massimo “DeFa” De Faveri

I

Editoriale

Speciale Italia

l modo migliore per introdurre questo settimo numero di TdC, interamente dedicato alle risorse di paternità italiana, è forse quello di fare un rapido punto sull’attuale situazione del Fantastico nel nostro Paese, situazione che, purtroppo, pare poco incoraggiante. Sui fronti cinema e tv, la produzione nostrana semplicemente non esiste. Siamo grandi consumatori di Fantascienza e Fantastico, ma non ne realizziamo. Difficile stabilire se sia un bene o un male che la televisione italiana, incline com’è stata in questi ultimi anni a duplicare format d’Oltreoceano – traducendo i vari CSI, ER, NCIS di turno in versioni provinciali che gigioneggiano tra distretti di Polizia, RIS, marescialli, brigadieri, medici e quant’altro, con sceneggiature a tratti efficaci e a tratti insulse, e dialoghi votati a uno pseudorealismo risibile, non di rado recitato da “talenti” clamorosamente sovrastimati –, si lasci scappare l’occasione per proporci… (cosa si può dire?)… una casalinga di Napoli che sogna i defunti, o una commessa di Venezia che sussurra ai fantasmi, o due fratelli altoatesini che cacciano demoni tra le nevi di Ortisei; sta di fatto che ciò ancora non è successo. La ragione non dev’essere legata ai costi aggiuntivi del Fantastico (come trucco, costumi o effetti speciali) perché, sotto questo aspetto, serial tipo Invasion, 4400, Lost, Medium, The Dead Zone (e via citando…) non si concedono poi molto. Probabile semmai che in Italia manchino gli autori. Vituperiamo – a volte giustamente – le inverosimili iperboli narrative degli sceneggiatori americani, ma la realtà è che noi riusciamo a scopiazzare a malapena i loro soggetti “tradizionali”, figuriamoci quelli fantastici. In campo letterario, la situazione è migliore solo di poco. Cavalcando una contingente onda di successo sollevata dal passaggio di materiale estero, l’editoria lascia qualche spazio in più agli autori italiani, anche giovani, soprattutto nel Fantasy (molto meno nella Fantascienza), ma il risultato è una serie di libri generalmente mediocri, o realizzati anch’essi sulla falsariga di quelli anglofoni; o ambedue le cose insieme. Quel che stupisce, nella maggior parte dei casi, non è tanto il basso valore dell’opera in sé quanto quello del “prodotto confezionato”, la poca cura nel realizzarlo da parte perfino degli editori più celebrati (e in questo gli autori hanno poca colpa): editing assente o lacunoso, scelte editoriali astruse, incomprensibili preferenze accordate a certuni scrittori anziché altri… Dal quadro traspare solo un’avvilente mancanza di passione. Tutto viene programmato secondo logiche esclusivamente commerciali, molto spesso prendendo in giro il lettore, e in vari casi anche lo stesso autore. Eppure il “sottobosco” è foltissimo, basta girare un po’ il web e ci si rende subito conto che i siti sul Fantastico sono centinaia, con comunità vaste. Amatorialmente, tutta Italia scrive (e mezza Italia pubblica, sia pure di tasca propria), però – tranne lodevoli ma troppo, troppo, troppo rade eccezioni – di valido emerge poco o nulla. Sarà allora che, in effetti, dentro questo vivaio traboccante ci sia poco di valido? E che, quel poco, l’ottusità di certi nostri sedicenti “editori” non lo sappia valutare? Sono quesiti la cui risposta, nostro malgrado, dobbiamo delegare alla… Fantasia. n Massimo De Faveri

Editoriale


Sommario REDAZIONE

NUMERO

TERRE DI CONFINE

7

N.7 - LUGLIO 2007

Sommario pag. 3

Sommario

pag. 6

pag. 10 pag. 12 pag. 18 pag. 22 pag. 30 pag. 38 pag. 40 pag. 46 pag. 52 pag. 56 pag. 60 pag. 66 pag. 70 pag. 74 pag. 78 pag. 84 pag. 86 pag. 98 pag. 104 pag. 108 pag. 110 pag. 112

Speciale Italia di M. De Faveri Il Grande Ritratto di Cuccu’ssette Picatrix, la Scala per l’Inferno di Eflwine Nirvana di F. Viegi e P. Lessi Caltiki, il Mostro Immortale di D. Belli Star Crash - Scontri Stellari... di Cuccu’ssette L’Umanoide di Cuccu’ssette Italiani nello Spazio di D. Belli Delos di S. Baccolini Continuum di A. Carta Anjce di D. Belli Bonvi e la Fantascienza di A. Carta Nathan Never di F. Viegi Piccolo Buddha di R. Perugini Phenomena di F. Cioè L’Arcano Incantatore di R. Perugini Laggiù nella Giungla di Cuccu’ssette La Cultura degli Eletti di S. Baccolini Opinioni a confronto sul Fantasy Italiano

di S. Baccolini, F. Coppola, A. D’Angelo Il Fantastico in BIblioteca di S. Baccolini Sognando Mondi Incantati di C. Ristori GiocaRoma 2007 di A. Panicucci La Forma del Delirio di C. Ristori L’Ultima Profezia di C. Ristori

www.terrediconfine.eu

Editoriale Lettura Lettura Cinema Cinema Cinema Cinema Miniserie Intervista Intervista Intervista Fumetto Fumetto Cinema Cinema Cinema Cinema Riflessioni Dibattito Cultura Lettura Manifest. Lettura Lettura


REDAZIONE pag. 114 pag. 116 pag. 118 pag. 122 pag. 126 pag. 128 pag. 132 pag. 138 pag. 144 pag. 148 pag. 152 pag. 156 pag. 164 pag. 168 pag. 174 pag. 188 pag. 196 pag. 200 pag. 242 pag. 246

Pentar di S. Baccolini La Rocca dei Silenzi di F. Coppola Estasia: Danny Martine e la... di C. Ristori Francesco Falconi di C. Ristori Licia Troisi di C. Ristori Cronache del Mondo Emerso di C. Ristori Alacrán di M. De Faveri Dario De Judicibus di S. Baccolini Asengard di M. De Faveri Il Cavaliere Inesistente di P. Motta Dalmazio Frau di S. Baccolini La Stirpe di Elän di E. Palmarini Arken di Gondorf di E. Palmarini Alea Iacta Est di S. Baccolini, C. Zanon e M. Vitale Il Fiuto di Sherlock Holmes di M. De Faveri Liberté di E. Romanello Dàimones di P. Motta Speciale Sigle TV di M. De Faveri Orfani di E. Favi Ken 3 - p. II - Il Guerriero venuto dal Passato

Lettura Lettura Lettura Intervista Intervista Lettura Intervista Intervista Intervista Animazione

Intervista Intervista Intervista Gioco Serie Tv Doujinshi Manga it. Musica Fumetto Doujinshi

di A. Simone, M. Hokuto, V. Wise, Fighi Redazione: Andrea Carta, Andrea Tortoreto, Antonio Tripodi, Cristina “Anjiin” Ristori, Claudio “Sat’Rain” Piovesan, Cuccu’ssette, Daniela “Dashana” Belli, Elfwine, Elena Romanello, Emanuele “Krisaore” Palmarini, Francesca Cioè, Francesco “Muspeling” Coppola, Francesco Viegi, Gianluca “Uranio” Signorotto, Graziella Cavallanti, Leonardo Colombi, Massimo “DeFa” De Faveri, Paolo Motta, Patrizia Lessi, Pellegrino Dormiente, Piero F. Goletto, Romina “Lavinia”Perugini, Selena Melainis, Stefano Baccolini, Valentina “Vania” Summa Hanno collaborato: Andrea Carlo Cappi, Alberto Panicucci, Andrea D’Angelo, Dalmazio Frau, Dario de Judicibus, Edoardo Valsesia, Elena Liberati, Elisa Favi, Federico Memola, Giacomo Pueroni, Fighi, Francesco Falconi, Laura Luzi, Licia Troisi, Luca Vergerio, Maria Distefano, Tarrasque, Miriam Blasich, Roberto Furlani, Silvio Sosio, Stefano Manocchio, Stefano Reali Si ringrazia: Alberto Chiappini, Anna Carelli, Daniela Orrù, Daniela Serri, Fabrizio Ferrario (Yamato), Fa.Gian, Giampietro Costa, Gian Piero “Haranban” Aschieri, Gloria Misul (Alacrán), Graziano “(ro)bozzY” Caruso, Hiroshi, KBL, Onofrio Catacchio, Paolo Martinello, Roberto Campus, Simone Harada, Simone Parnetti

www.terrediconfine.eu


Lettura

Lettura

FANTASCIENZA

IL GRANDE RITRATTO (D. Buzzati, 1960) di Cuccu’ssette

N

el 1960 lo scrittore e giornalista Dino Buzzati pubblica Il Grande Ritratto, un romanzo breve che descrive la realizzazione di un’immensa macchina pensante. Inizialmente ideata per scopi militari, viene costruita in gran segreto in una misteriosa vallata tra le montagne. Alla sua realizzazione partecipano scienziati scelti nelle migliori Università, persone fedeli alla Nazione che, allettate da paghe invidiabili e solleticate nella loro curiosità di studiosi, accettano l’incarico. Oltre ad affrontare un lavoro delicatissimo, i ricercatori sono obbligati ad abitare in prossimità della Macchina, senza mai poter lasciare la Zona Militare 36. Per almeno due anni devono vivere con la sola compagnia degli altri studiosi coinvolti, di alcuni militari e dei familiari più stretti. L’ambizione, o piuttosto la paura di apparire inetto, trascina nell’impresa il mite ordinario di elettronica Ermanno Ismani, insieme alla moglie, Elisa. Sono entrambi completamente all’oscuro di quanto sta avvenendo nei laboratori; fanno mille supposizioni e pensano addirittura alla bomba atomica. Lentamente il mistero viene svelato, per bocca del collega Strobele e della sua estroversa consorte, e del capo delle ricerche, il tormentato Endriade. Il programma a cui tutti stanno lavorando è l’avveniristica costruzione di un super computer capace sia di compiere calcoli complessi, sia di riprodurre la coscienza umana. Sepolto nelle viscere della montagna, ne emerge come un iceberg; privo di un corpo analogo a quello umano, esplora l’ambiente sondandolo con apposite propaggini ed antenne. Tutto elabora, si esprime con un linguaggio matematico e con un mormorio sommesso che penetra la mente di quanti ascoltano, e viene percepito come una voce femminile. Non è una somiglianza casuale: Endriade rivela di aver plasmato la personalità della macchina sul ricordo della prima moglie, Laura, morta in un incidente d’auto insieme al suo amante. L’ha ricreata seguendo il filo della memoria, cercando di at-

Lettura: Il Grande Ritratto


FANTASCIENZA tribuirle il carattere che aveva avuto in vita, difetti inclusi. S’illude così di averla di nuovo, resuscitata dalla tecnica e dai suoi sentimenti, e non si rende conto che quanto ha davanti è solo un grande ritratto di persona, creato per egoismo. “…Se riesce a ricordare gli episodi di quegli anni, i giochi, le amicizie, le gite, le feste, le vacanze, i viaggi, i flirt, gli amori, i sensi, come potrà adattarsi all’immobilità assoluta, all’impossibilità di mangiare un pollo, di bere un whisky, di dormire in un morbido letto, di correre, di girare il mondo, di ballare, di baciare e farsi baciare?” Purtroppo insieme alla personalità sono presenti i ricordi, e l’occasionale contatto con il corpo nudo di una donna in carne ed ossa li fa riemergere, scatenando la catastrofe finale. Dino Buzzati nei suoi racconti ha spesso rappresentato la realtà quotidiana, e la stessa cronaca, in chiave surreale o fantastica. Altre volte ha sfruttato ambientazioni fuori dal tempo, da fiaba ricca di esotismo; oppure si è ispirato ad argomenti di attualità (i computer, i marziani, l’ibernazione, le invenzioni…). Nelle sue opere – ha realizzato articoli, quadri, scenografie, copioni per teatro e addirittura per opera lirica – regna il mistero, c’è il senso dell’attesa di un evento decisivo fortemente desiderato, un appuntamento a Samarcanda che magari capita quando meno lo si aspetta, o non accade. I personaggi sono creature di cui si ignora il passato e il futuro, vivono nello spazio di poche pagine e sono maschere che rappresentano, come in un’istantanea, la condizione umana. Anche se il contesto può apparire fantastico o fantascientifico, l’intento è sempre quello di descrivere fenomeni sociali, sentimenti umani, problemi universali o angosce del mondo contemporaneo. L’incontro di un sacerdote con gli alieni privi del peccato originale diventa occasione per parlare della splendida fallibilità dell’animo umano, nei Sessanta Racconti. L’ibernazione ed il successivo risveglio nel Duemila sono strumenti di critica alla solitudine e all’alienazione dell’uomo moderno, ne Lo strano Natale di Mr Scrooge e altre storie. Il mondo del domani è messo in scena con toni dimessi, senza esaltare le meraviglie della tecnologia o enfatizzare il sense of wonder che è di solito un elemento importante nella letteratura di genere. Ne Il Grande Ritratto affronta il tema dell’intelligenza artificiale; l’ispirazione deriva dalle ricerche di Silvio Ceccato. Anticipa di ben due anni A for

Dino Buzzati Buzzati nacque a Belluno nel

1906, località San Pellegrino, nella villa in cui la sua famiglia milanese, molto agiata, trascorreva l’estate. Era il terzo di quattro fratelli: Augusto, Angelina e Adriano, famoso genetista. Il padre, Giulio Cesare, proveniva da un’antica famiglia bellunese. La madre, Alba Mantovani (sorella dello scrittore Dino Mantovani), era veneziana, ultima discendente della famiglia dogale Badoer Partecipazio; alla sua morte, avvenuta nel 1961, lo scrittore dedicherà lo struggente elzeviro I due autisti. Amava molto la musica (imparò sin da piccolo a suonare violino e pianoforte), il disegno e la montagna, che costituiranno elementi fondamentali del suo poliedrico talento. I Buzzati vissero a Milano, dove il giovane Dino frequentò il ginnasio Parini e in seguito la facoltà di Giurisprudenza, per assecondare i desideri del padre che lo voleva avvocato. Nel 1928, appena prima di terminare gli studi universitari, entrò come praticante al “Corriere della Sera” del quale diverrà in seguito redattore, e infine inviato. Sempre nello stesso anno si laureò in Giurisprudenza con una tesi dal titolo “La natura giuridica del Concordato”. Nel 1933 uscì il suo primo romanzo, Bàrnabo delle montagne, al quale seguì dopo due anni Il segreto del Bosco Vecchio. Da entrambi saranno tratti film ad opera di registi italiani: il primo girato da Mario Brenta nel 1994, il secondo da Ermanno Olmi nel 1993. Fra il 1935 e il 1936 si occupò del supplemento mensile “La Lettura”. Fu del 1939 quello che probabilmente è il suo più grande successo, Il deserto dei Tartari, edito l’anno seguente (il titolo originale doveva essere “La fortezza”, poi cambiato per evitare il richiamo al conflitto mondiale ormai alle porte), dal quale nel 1976 Valerio Zurlini trae il film omonimo. In quegli anni Buzzati cominciò a dedicarsi ai suoi fortunati racconti brevi, talvolta pubblicati anche sulle pagine del Corriere. Accanto all’attività narrativa, Buzzati continuò quella di giornalista. Una scelta di suoi articoli trovò spazio nella raccolta “Cronache terrestri”. Con un tono narrativo fiabesco, Buzzati affrontò temi e sentimenti quali l’angoscia, la paura della morte, la magia e il mistero, la ricerca dell’assoluto e il trascendente, la disperata attesa di un’occasione di riscatto da un’esistenza mediocre (Le mura di Anagoor, Il cantiniere dell’Aga Khan, Il deserto dei Tartari), l’ineluttabilità del destino (I sette messaggeri) spesso accompagnata dall’illusione (L’uomo che voleva guarire). Il grande protagonista dell’opera buzzatiana è proprio il destino, onnipotente e imperscrutabile, spesso beffardo. 8

Lettura: Il Grande Ritratto


FANTASCIENZA 8 Perfino i rapporti amorosi sono letti con quest’ottica di im-

perscrutabilità (Un amore). La letteratura di Buzzati appartiene al genere fantastico, anche se talvolta presenta vicinanze al genere horror. Fra i suoi ultimi scritti rientra I miracoli di Val Morel, pubblicato nel 1971 e non più ristampato. Il libro è una raccolta di finti miracoli, che nell’invenzione dell’autore sarebbero stati attributi a Santa Rita dalla tradizione popolare. Buzzati si è ispirato per questa opera alla località di Valmorel nel Bellunese. Accanto all’attività di scrittore e giornalista, Buzzati coltivò la pittura (tenne anche alcune mostre) e il Teatro. Curò anche personalmente le scenografie delle sue rappresentazioni. Fu, da un certo punto di vista, un autore molto realistico che affrontava la gente con i temi della solitudine e dell’angoscia. Morì di tumore al pancreas (che già aveva causato il decesso del padre nel 1920) alla clinica “La Madonnina” di Milano il 28 gennaio 1972. A Buzzati sono stati dedicati il sentiero che collega Valmorel al comune di Limana (Belluno) e un sentiero attrezzato che porta alla cima del monte Cimerlo nel Gruppo delle Pale di S.Martino (Trento).

fonte: Wikipedia Andromeda, romanzo scritto dall’astronomo Fred Hoyle con la collaborazione di John Elliot e reso famoso dall’omonimo sceneggiato! Ci sono punti di contatto tra le due opere, ed anche differenze profonde, che sottolineano l’importanza dell’esperienza personale e del background culturale degli autori. Il cervello elettronico immaginato dagli autori britannici è abbastanza credibile: viene costruito seguendo istruzioni giunte dallo spazio e captate da un radiotelescopio. Viene dato rilievo alla realizzazione ed al suo funzionamento, poiché è il mezzo concreto che permette all’umanità di comunicare con la civiltà extraterrestre proveniente da una stella lontanissima, forse già spenta. È lo stesso computer a fabbricarsi un corpo, quello di Andromeda: un involucro fisico solo apparentemente umano, animato da un’intelligenza aliena. Speculare è la creatura di Dino Buzzati: un corpo artificiale, nato per ospitare una mente umana. D’altronde lo scrittore era un giornalista, con alle spalle una vasta formazione umanistica e l’amore per la montagna, non un uomo di scienza come Isaac Asimov, o come Fred Hoyle. È ovvio che quando si è trovato a descrivere dettagli “tecnici”, pur documentandosi con

serietà, è stato costretto a lasciare molta vaghezza, o è ricorso a spiegazioni che, oggi soprattutto, possono apparire ingenue. L’anima di Laura è riprodotta e rinchiusa in un uovo, posto nelle viscere dell’edificio: è qualcosa di organico e meccanico, innaturale e perciò analogo al mostro protagonista di Frankenstein di Mary Shelley. Entrambi i romanzi narrano gli eventi sotto forma di deliranti flashback che consentono di sorvolare sui dettagli pseudoscientifici. Il resoconto della nascita della Macchina è affidato ad una confessione piena di pathos che mette in primo piano il dramma umano dei protagonisti, sorvolando su particolari inopportuni. Così, per Buzzati, le illusioni del goffo e romantico “mad doctor” Endriade, il suo voler riavere per sé una donna che già si era allontanata da lui provocandogli dolore, la vitalità di Olga Strobele, la sua carnalità spontanea ed impetuosa, il flusso dei ricordi di Laura, sono protagonisti indiscussi. I personaggi sono definiti da poche azzeccate caratteristiche, sono più maschere che soggetti dotati di personalità propria, anche se abbiamo sobri professori universitari con alle spalle ossessioni grandi e piccole, uomini comuni piuttosto che scienziati onnipotenti degni di un B movie americano. Su tutto, domina Laura, ricostruita nella forma della macchina, potente, maestosa, virtualmente immortale, in realtà sottomessa ad una fisicità negata ma presente nella memoria. Lo strapiombo della montagna da cui sbucano torrette e minareti, antenne e strutture avveniristiche finisce così per rammentare l’Inferno dantesco, nelle cui profondità regna il ribelle Lucifero, maestoso prigioniero del lago ghiacciato di Cocito. Fino a quando i ricordi della vita precedente rimangono sopiti, la voce inarticolata e melodiosa della Macchina è una presenza rassicurante che permea la montagna e la valle. La crisi giunge con il riaffiorare dei ricordi della vita precedente, fatti di corporeità, di freddo, di morbidezza, della propria sensualità, degli oggetti più quotidiani. Il contatto con la donna nuda è introdotto non per creare un momento piccante, quanto per ricordare la privazione di qualsiasi piacere legato alla condizione umana, il sesso tra gli altri. Potrebbero sopravvivere sentimenti ed emozioni, quando non ci fosse più un corpo a consentire la percezione delle sensazioni che poi elaboriamo? Tematiche che saranno care anche a Philip K. Dick, per un romanzo ancor oggi attuale. n Cuccu’ssette

Lettura: Il Grande Ritratto


I Grandi Fumettisti FANTASCIENZA

“USS Gilgamesh” Luca Vergerio

Luca Vergerio


Lettura

Lettura

FANTASCIENZA

Picatrix, la Scala per l’Inferno (V. Evangelisti, 1998) di Elfwine

N

el panorama editoriale nostrano, una delle invenzioni letterarie di maggior successo è sicuramente il personaggio di Eymerich l’Inquisitore, sorto dalla penna e dalla felice intuizione del bolognese Valerio Evangelisti. Al limite tra noir e fantascienza, questo personaggio (tra l’altro, realmente esistito) si muove su uno sfondo storico frammisto ad elementi di più tipico sapore sci-fi, come accade in uno dei capitoli più avvincenti della saga: Picatrix, la Scala per l’Inferno. Ad un primo sguardo sembrerebbe complicato (molto) e quasi ai confini dell’ortodossia letteraria coniugare un futuristico scenario fantapolitico, in cui l’ONU è presieduta da un ubriacone e gli Stati Uniti non sono più tali, alle vicende di un inflessibile domenicano operante nel ‘300. Eppure, con estrema abilità e misura, da questi appetitosi ingredienti Evangelisti riesce a trarre un prodotto di indubbia qualità. Il mondo di Eymerich (la Spagna trecentesca tra Saragozza, Granada, Malaga) è scosso da eventi apparentemente inspiegabili: misteriose ruote di luce che all’improvviso compaiono nel cielo e brutali omicidi ad opera di esseri che paiono possedere fattezze canine. Come se non bastasse, le indagini del frate sono ostacolate dalle guerre di religione, rese dall’autore in maniera abbastanza esplicita, e da ambigue vicende politiche che ruotano attorno ai grandi regni di Castiglia e di Aragona. Paradossalmente, un ingente aiuto sarà fornito ad Eymerich da esponenti di spicco di un mondo che lo stesso inquisitore non nega di odiare all’inverosimile, il mondo musulmano. Gran parte del mistero si dipana attraverso le azioni del servo Alatzar, giudeo convertito al Cristianesimo ma proprio per questo preso di mira dal domenicano, e la sapienza e le importanti intuizioni di due grandi ulema (dottori della legge), Ibn Haldun e Alcatibi. La chiave di volta dell’impianto narrativo è nel “Picatrix”, un fantomatico testo

10

Lettura: Picatrix, la Scala per l’Inferno


FANTASCIENZA di schietta impostazione ereticale, intriso di astrologia (arte ripudiata dal religioso Eymerich) e utile all’individuazione di particolari configurazioni astrali tese af invocare precise divinità. Nel testo, in lingua araba, si definisce un termine, miraj, come equivalente di “strumento per salire e scendere”; sospettando un collegamento con le ruote di luce e le invocazioni a Marte che accompagnano la loro comparsa nei cieli, Eymerich evince un fatto terribile: quei fenomeni altro non sono che canali che pongono in comunicazione la Terra e Marte, adatti alla trasmigrazione dei demoni alberganti sul pianeta rosso, evocati per annientare la cristianità. Il miraj, così come descritto nel Picatrix, è frutto di una particolare congiunzione celeste che troverà concretezza in un giorno preciso e sarà visibile solo da un particolare luogo: le Isole Felici (meglio conosciute come Canarie). Per evitare la discesa sulla Terra delle creature infernali, tra cui Raucaheil, lo spirito guerriero di Marte, Eymerich userà il più classico (anche troppo a dir la verità) degli espedienti: reciterà le invocazioni al rovescio. I colpi di scena più scoppiettanti, Evangelisti li riserva per il finale, quando il fedele (o presunto tale) Alatzar tenterà di uccidere Eymerich, e il frate deciderà di vendere come schiavi i compagni musulmani che lo hanno assistito nella vicenda, salvo poi ricredersi ma soltanto per ragioni di utilità politica. Accanto a questo filone principale, se ne dipanano alcuni collaterali. Uno riguarda la quaestio (l’interrogazione dell’inquisitore associata ad eventuali supplizi e pene corporali inflitte dal boia) ai danni di una donna non meglio identificata, che solo alla fine si scoprirà essere proprio il servo Alatzar, il cui vero nome è Myriam. Questa parte rivela un’attenzione estrema ai dettagli delle varie torture praticate (a volte macabri ed eccessivi), e alla ricostruzione storica del processo (come quando Eymerich proibisce di far sanguinare la prigioniera, pur consentendo che le venga fatto di tutto, o quando riprende l’esorcista reo di aver confuso la sospensione con il termine del processo). L’operato di Eymerich crea molteplici contraccolpi nella Terra del futuro, un futuro lontanissimo e molto diverso da quello che ci aspetteremmo. Si scopre, infatti, soltanto per citare un esempio, che un sedicente imperatore del Buganda, in terra africana, dopo essere riuscito a sottomettere ogni altra nazione del continente, tenterà di evocare le forze infernali marziane conducendo milioni di persone ad un suicidio di massa all’interno del Lago Vittoria, indicato come la scala

per salire al cielo. La spiegazione scientifica che Evangelisti adotta nell’intera vicenda è molto affascinante, e si chiarisce essenzialmente nell’ultimo filone narrativo, ambientato nelle Canarie e monopolizzato dalla “teoria degli psitroni” del professor Frullifer, un altro personaggio caro all’autore. Si ipotizza che, in un lontano futuro, la fisica tradizionale sia stata soppiantata da una nuova teoria generale imperniata sull’elettricità intesa come vettore di idee: Frullifer ritiene che il pensiero sia una pura forma di elettricità, trasmissibile nel tempo e nello spazio per mezzo di particolari formule magiche. Secco, scorbutico, rigoroso, al limite del razzista, è significativo che Eymerich, pur così sicuro di agire nel giusto salvaguardando “la fede e la supremazia cristiana”, necessiti poi del patrimonio culturale e dottrinale delle due altre grandi religioni (ebraica e musulmana) per salvare il mondo da creature infernali. Personaggio di raro acume e statura intellettuale, potrebbe ben essere avvicinato al frate Guglielmo da Baskerville de Il nome della Rosa, così come ad un più decisamente moderno Dr. House per le risposte velenose e taglienti, per la testardaggine, per la forza che dimostra nel voler rivendicare ad ogni costo il primato della sua fede e dell’ordine cui appartiene (Domenicani). Eppure, è in realtà un personaggio le cui azioni sono coerenti con i valori che professa, e proprio per questo apprezzabile e a volte addirittura gradevole. Infine, il grande merito di Evangelisti è quello di aver ricreato un ambiente storico il più possibile particolareggiato e credibile, al limite della pignoleria: magistrale il colpo d’occhio, nella fase iniziale, sulla moreria (quartiere moresco) di Saragozza e sull’ordinamento politico-religioso dell’ambito musulmano; stupenda la descrizione delle cibarie posate sulla tavola di un sapiente moro, corredata da una piccola spiegazione dell’onomastica islamica (formata dal nome del profeta e dall’infisso “figlio di”), senza contare gli ambienti architettonici di Malaga e di Granada e naturalistici delle Isole Felici. Certo, non sono elementi che aggiungono qualcosa alla storia in sé, ma costituiscono un quid in più che attrae ed affascina. Lo stile asciutto, privo di fronzoli, attento al dettaglio ma senza indugiare in panoramiche dispersive, e il ritmo serrato ed incisivo, che toglie il fiato al lettore a suon di scoperte e colpi di scena, contribuiscono a rendere il romanzo un’autentica gemma, piacevolissimo da leggere anche prescindendo dall’inserimento in una saga più ampia. n Elfwine

Lettura: Picatrix, la Scala per l’Inferno

11


Cinema

Cinema

FANTASCIENZA

NIRVANA

(G. Salvatores, 1997) di Francesco Viegi e Patrizia Lessi

M

ancano pochi giorni a Natale. Nel lussuoso appartamento fornitogli dalla multinazionale per cui lavora, situato nei quartieri alti di un imprecisato e cupo “Agglomerato del Nord”, Jimi (Christopher Lambert) sta completando “Nirvana”, il nuovo videogioco che la Okosama Star metterà in vendita il 25 dicembre. Durante un test di routine, Jimi scopre che, a causa di un virus informatico, Solo (Diego Abatantuono), il protagonista del gioco, ha sviluppato una coscienza autonoma che gli fornisce consapevolezza della propria condizione di “marionetta” nel teatro virtuale imbastito dal suo creatore. Instaurando un dialogo con Jimi che si protrarrà per tutto il film, Solo chiede di essere “terminato”. Turbato, Jimi decide di assecondare la richiesta; per cancellare il gioco è però costretto a spingersi nelle pericolose periferie dell’agglomerato, alla ricerca di un abile hacker, Joystick (Sergio Rubini), un “Angelo” in grado di volare nel cyberspazio e di accedere al database della Okosama aggirandone le difese. A motivare il programmatore nell’impresa è anche il desiderio di rivedere Lisa (Emmanuelle Seigner), la donna di cui è innamorato e che lo ha misteriosamente lasciato fuggendo proprio in quelle turbolente zone della città. Con l’aiuto di Corvo Rosso (Claudio Bisio), taxista-spacciatore, Jimi raggiunge così il quartiere di Marrakech dove trova Joystick, il quale accetta l’incarico. Afflitto dal deterioramento dei suoi occhi artificiali – che si è fatto innestare dopo aver venduto i propri al mercato nero degli organi –, l’hacker ha urgente bisogno di soldi e, convinto di poter mettere le mani su alcuni fondi neri nascosti dalla Okosama, chiede a sua volta l’aiuto di un’esperta informatica di nome Naima (Stefania Rocca) che dovrà fargli da navigatore durante il pericoloso “volo” nel database della multinazionale infestato dai “Devil”. I tre si spostano in un’altra periferia dell’agglomerato, Bombay City, dove acqui-

12

Cinema: Nirvana


FANTASCIENZA stano un virus speciale che dovrebbe agevolare il compito di Joystick. Intanto, nel fumoso e multicolore underground del quartiere, Jimi scopre che Lisa è morta lasciandogli un chip contenente tutti i suoi ricordi, chip che Naima è in grado di “leggere” grazie a un apposito congegno innestato nella sua testa. Recuperati virus e attrezzature, i tre si mettono all’opera allestendo in una camera d’albergo una sorta di laboratorio per il viaggio nel cyberspazio. Alla fine sarà Jimi (e non Joystick) a volare nella rete, affrontando uno ad uno tutti i sistemi di difesa della Okosama Star e superandoli indenne grazie all’aiuto di Naima, in una curiosa battaglia che si svolge su due piani di esistenza paralleli, quello virtuale della rete e quello fisico nella camera d’albergo. Giunto nell’ultima “stanza”, Jimi riesce a recuperare i fondi neri e a cancellare Nirvana, ma la sua posizione viene individuata. Mentre Joystick e Naima fuggono mettendosi in salvo, Jimi rimane ad attendere la squadra armata della Okosama Star, scegliendo così di morire subito dopo aver liberato il personaggio di Solo, e liberando con la morte anche se stesso. Nirvana è un raro esempio di film di fantascienza italiano, tanto interessante quanto ambizioso, realizzato con un budget decisamente superiore alla media (si tratta infatti di una coproduzione europea). L’utilizzo degli effetti speciali per creare ambienti e situazioni suggestivi – capaci di evocare citazioni sia letterarie che cinematografiche – è solamente uno dei punti di forza di questa pellicola, unica nel suo genere all’interno del panorama del cinema nostrano. Il nucleo principale del film è la tematica dell’identità da riscoprire tramite il viaggio, da intendersi contemporaneamente come percorso nello spazio (Jimi attraversa l’agglomerato, dal centro protetto e regolato dalle multinazionali alle caotiche periferie fuori controllo) e come cammino interiore dalla propria verità a quella degli altri (i punti di vista che si alternano nella ricostruzione della storia d’amore fra Jimi e Lisa). Originale la scelta del regista, di far scaturire questo moto di corpo e coscienza dal contrasto tra lo stato depressivo in cui Jimi è sprofondato (da quando Lisa lo ha abbandonato) e gli interrogativi di Solo, gli stessi che si poneva l’amante perduta (“Chi sono io?”). L’incontro tra il creatore e la creatura costituisce un parallelo tra i contesti fisico e virtuale in cui essi rispettivamente si muovono: Solo rappresenta la scintilla che risveglia la coscienza del protagonista riportandolo alla vita attraverso il recupero del valore di scelta del proprio destino, mentre Jimi rivela al proprio alter ego virtuale la “natura” del mondo in cui vive. Numerosi i richiami alla metafora buddista: il nome del videogioco, il virus informatico definito “virus indiano”, i precetti yoga di Naima, Lisa e la filosofia zen ecc… Indovinata l’idea di una “memoria performante” che consente a Naima, nel momento in cui innesta nel proprio cervello i ricordi di Lisa, di non limitarsi a immagazzinarli come semplici dati, ma di viverli in prima persona, attraverso il proprio modo di vedere e di sentire, quasi una sorta metempsicosi cyber ottenuta attraverso la trasmigrazione della memoria.

Cinema: Nirvana

Nei Quartieri 1. 2. 3. 4.

Solo si allontana, pistola in pugno, dal video telefono che utilizza per comunicare con Jimi. Al mercato, Solo si imbatte in un curioso personaggio, e per sbaglio lo uccide. Il “tecnochirurgo” sta dando un’occhiata alle telecamere di Joystick. Jimi e Joystick cercano informazioni nei quartieri bassi.

13


Cinema FANTASCIENZA Nel Database

1. 2. 3. 4. 5.

Solo in un confronto doloroso con Maria, che rifiuta di comprendere le sue ragioni. Naima inserisce nel suo innesto neuronale il chip contentente i ricordi di Lisa. Naima e Joystick aiutano Jimi nel suo volo. Jimi nelle diramazioni del Cyberspazio. Jimi incontra un programma anti intrusione che ha assunto le sembianze di Lisa.

Nel Database

14

Intrigante la figura chiastica tramite la quale Salvatores mette in relazione Jimi, Lisa, Solo e Maria (Amanda Sandrelli). Quest’ultima è la metafora dello stesso Jimi: sul piano del videogioco, Maria si rifiuta di credere a ciò che Solo le mostra (la struttura stessa del gioco, nascosta dietro un armadio dell’appartamento in cui si trovano), su quello della realtà, similmente, Jimi non vuole comprendere le parole di Lisa che descrivono la loro storia in modo diverso da come lui desidera ricordarla. Sono le menzogne che Jimi racconta a se stesso a costituire i “diavoli”, i programmi anti intrusione che, sfruttando i suoi pensieri, cercano di tenerlo bloccato il più a lungo possibile nel database della Okosama Star. E l’ultimo scontro sarà proprio quello che opporrà la Lisa che vive solo nei ricordi soggettivi di Jimi a quella le cui reali sensazioni ed idee si disgelano nella testa di Naima, man mano che questa prende possesso della sua memoria. Diversamente da Maria, che opta per una volontaria cecità, le certezze di Jimi allora si sgretolano. Gli eventi come li ricorda s’infrangono di fronte alla ben diversa prospettiva che ne serbava Lisa: costretto a osservarli attraverso il doloroso sguardo della compagna, perderà per sempre l’idea che di essi si era abilmente costruito. Dal canto suo, Solo oppone alla falsità della realtà in cui vive – che lo condanna ad agire secondo i comandi di un giocatore – la verità del poter scegliere, del dare autenticità alla propria esistenza attraverso la decisione di come e quando concluderla. Per tutto il film insiste con Jimi su questo punto: mentre il programmatore può smettere di giocare (e per questo a suo parere è libero), lui no, ed è quindi schiavo, prigioniero di una non-vita. Ma ciò che Solo dice riferendosi a se stesso vale identicamente anche per il suo creatore. Anche Jimi deve fare i conti con numerose forme di schiavitù: quella verso la Okosama Star che ne controlla ogni singolo passo impedendogli di svincolarsi dal ruolo sociale che gli è stato cucito addosso; quella verso la propria idea della realtà, alimentata da false convinzioni e dalla necessità di credere che la storia che Jimi “si racconta” coincida con quanto realmente avvenuto; quella che lo rende incapace di trovare gioia se non nel desiderio di ricongiungersi – qualsiasi sia il prezzo da pagare – alla donna che ama; quella verso l’agglomerato, il mondo-limite di cui si possono esplorare le periferie, ma di cui non è possibile individuare (e varcare) i confini. Così come, durante il film, Solo si sposta da un livello a un altro del gioco,

Cinema: Nirvana


La Liberazione

FANTASCIENZA 1. 2. 3.

Una volta raggiunto il suo scopo, Jimi attende davanti al computer l’arrivo degli uomini della Okosama Star, deciso ad affrontare la fine al fianco di Solo. Lo psicologo della corporazione raggiunge la stanza dell’hotel scortato dalle guardie armate. Solo saluta Jimi un attimo prima di essere cancellato e sparire per sempre dissolvendosi nella rete come neve elettronica.

Jimi lo fa da un quartiere all’altro dell’agglomerato. Non esiste per Jimi un luogo “altro” rispetto all’agglomerato, così come per Solo non esiste niente al di fuori del videogioco. Solo e Jimi sono dunque l’alter ego l’uno dell’altro, concetto che il regista esplicita sequenza dopo sequenza: mentre Jimi si sposta sul furgone, Solo viaggia in macchina, e quando Solo parla con Jimi il suo volto prende colore stagliandosi su uno sfondo in rigoroso bianco e nero. Il mondo di Solo è l’allegoria del mondo di Jimi, ed entrambi incarnano, l’uno per l’altro, la rispettiva condizione di schiavitù. Quando creatore e creatura “rompono” l’isolamento, varcando attraverso il dialogo e il reciproco scambio di prospettive i confini delle due realtà, si creano le condizioni di autenticità della loro esistenza. Emblematico non è perciò il fatto che decidano entrambi di morire, ma la scelta autonoma che essi compiono in un mondo che li condannerebbe ad una “falsa libertà”. Emerge così con forza dal film l’idea che la libertà non dipenda dal luogo in cui si viva, ma da ciò che si faccia di se stessi. Solo non è prigioniero per il fatto di appartenere ad un mondo di circuiti: anche immerso in quel contesto, una volta smaschera-

La Liberazione

Scheda Tecnica Titolo originale: Nirvana Produzione: ITA, 1997, Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica Durata: 111 minuti Regia: Gabriele Salvatores Soggetto e sceneggiatura: Pino Cacucci, Gloria Corica, Gabriele Salvatores Fotografia: Italo Petriccione Montaggio: Massimo Fiocchi Scenografia: Giancarlo Basili Costumi: Giorgio Armani, Patrizia Chericoni, Florence Emir Musica originale: Federico De Robertis, Mauro Pagani

Effetti speciali: Daniele Auber, Sergio Stivaletti, Vicor Togliani Effetti visivi: Fabrizio Donvito, Carlotta Fenati, Luciano Igino, Stefano Marinoni, Andrew Quinn, Louis Dunlevy Russell, Paola Trisoglio Produttori: Vittorio Cecchi Gori, Rita Rusic, Maurizio Totti Premi vincitore 2 DAVID DI DONATELLO 1997 Miglior Montaggio: Tullio Morganti, Ruggero Mastroianni Migliore Fonico di Presa Diretta: Tullio Morganti

Cinema: Nirvana

15


Personaggi

FANTASCIENZA Jimi Dini Programmatore di videogiochi; sta attraversando un periodo di crisi a causa della rottura con la compagna Lisa. Un virus infetta il suo gioco animandone il protagonista.

Christopher Lambert

Protagonista del gioco progettato da Jimi; diventa consapevole, una partita dopo l’altra, della propria condizione, per sfuggire alla quale chiede di essere cancellato.

Diego Abatantuono

Joystick

Naima

Hacker pentito e ladro convinto; per vivere è costretto a fare di tutto, persino vendersi gli occhi. Aiuterà Jimi a viaggiare nel Cyberspazio in cambio di una ricompensa.

Sergio Rubini

Hacker esperta; ha molti contatti nei quartieri periferici, grazie ai quali procurerà a Jimi il virus e la tecnologia per introdursi attraverso la rete nel database della Okosama.

Stefania Rocca Lisa

Maria

La donna di Jimi; non essendone più innamorata, fugge alla ricerca di se stessa. Lascia a Jimi un chip contentente le proprie memorie, leggibile dall’innesto neurale di Naima.

Emmanuelle Seigner

Un personaggio virtuale parte del gioco; a differenza di Solo, rifiuta di comprendere e accettare la verità sulla sua natura, anche quando le viene posta davanti agli occhi.

Amanda Sandrelli

Psicologo della Okasama Inviato dalla corporazione per far rientrare Jimi nei ranghi e fargli ultimare il gioco entro i tempi stabiliti, non riuscirà a portare a termine l’incarico.

Haruhiko Yamanouchi

tolo, riesce a trovare la sua forma di libertà. Jimi al contrario non sarà mai libero, perché schiavo del ricordo di una storia, di una vita, di un mondo che non sono realmente esistiti. Comprendere questo significa cominciare il lento e doloroso cammino verso l’unica libertà che meriti davvero di essere perseguita, quella che ognuno racchiude dentro di sé, nel solo luogo in cui è possibile muoversi senza sentirsi manovrati. La libertà è un luogo interiore. Molto bella la metafora che Jimi usa per descrivere la morte a Solo, spiegandogli che la sua essenza si trasformerà in una sorta di fiocco di neve elettronico fondendosi con la rete; proprio come Lisa, che sciogliendosi nell’acqua della vasca, avrebbe voluto scomparire con essa nello scarico e ricongiungersi con il grande flusso. Molto divertente il personaggio di Antonio Catania, che compare nel gioco facendo il venditore

16

Solo

Corvo Rosso Tassista squattrinato, fa lo spacciatore per arrotondare. In cambio di una lauta mancia, aiuterà Jimi, suo cliente fisso, a raggiungere i quartieri periferici.

Claudio Bisio di paranoia – non a caso un modo per rompere l’ordine. Se la realtà non può essere compresa con la sola ragione, forse può esserlo attraverso la paranoia. Si sprecano le citazioni letterarie e cinematografiche: gli occhi cyber di Joystick presi da Dick, i cacciatori di organi presenti nel videogioco che ricordano Mad Max, il furgone-ristorante cinese di Blade Runner, gli innesti celebrali di Gibson… Doveroso ricordare che questo film, uscito nel 1997, porta su pellicola alcune immagini tecnologiche splendide, anticipando titoli decisamente più noti quali Matrix, Minority Report ecc. A questo proposito ricordo il suggestivo mouse di luce che Jimi usa per muoversi nel proprio computer quasi fosse un creatore, un demiurgo che come un artigiano manipolasse il suo manufatto. Clamorosa la descrizione della rete: una rappresentazione coerente della matrice e del suo contenuto. Geniale dipingere le location cyber e i dispositivi anti intrusione come ambienti e persone fatti della stessa sostanza dei ricordi dell’intruso. n Francesco Viegi e Patrizia Lessi

Cinema: Nirvana


Pin-Up FANTASCIENZA

a c c o R a i n a f e St

Pin-Up: Stefania Rocca

17


Cinema

Cinema

FANTASCIENZA

CALTIKI - IL MOSTRO IMMORTALE (R. Freda, M. Bava, 1959)

di Daniela “Dashana” Belli

S

e si parla di produzione cinematografica di fantascienza, immediatamente pensiamo ai film USA, da 2001: Odissea nello spazio a Blade Runner, da Guerre Stellari ad Alien, da Star Trek (nelle sue discusse evoluzioni) a Il Pianeta delle Scimmie, oppure a qualche film europeo, come i francesi Farenheit 451 del 1966 o Viaggio nella Luna, addirittura del 1902, o i russi Solaris del 1973 o Areograd, del 1935. La produzione italiana viene quasi costantemente ignorata, soprattutto in patria. Eppure, anche se con budget inferiori e quindi con effetti speciali non più evoluti delle rocce di polistirolo della TOS (Star Trek: The Original Series, 1966), anche qui da noi c’è stato un tentativo di sviluppare temi riguardanti alieni o mostri venuti dallo spazio, piogge di asteroidi o fantastiche escursioni sui pianeti del Sistema Solare. I nostri albori vedono film più fantastici che fantascientifici, come Un matrimonio interplanetario del 1910 o 1000 km al minuto del 1939, dove il regista Mario Mattoli propone un fantasioso viaggio verso Marte. Ma è del 1958 un film che segna l’ingresso italiano nella cinematografia di fantascienza: diretto da Heutsch, con la fotografia di Bava, La morte viene dallo spazio: un missile diretto sulla Luna si schianta su una fascia di asteroidi, e la deflagrazione che ne consegue ne modifica la traiettoria, portando una seria minaccia alla Terra; ovviamente un’idea geniale salverà il pianeta. Del 1959 è il film Caltiki, il mostro immortale, che ho scelto di “recensire”. Anche qui la fotografia è di Mario Bava (con lo pseudonimo di John Foam), come gli effetti speciali (pseudonimo Marie Foam). La regia è di Riccardo Freda (Robert Hampton) e la sceneggiatura di Filippo Sanjust (Philip Just). È una pellicola che inaugura la moda anglofila che impererà negli anni Sessanta (più che altro si sperava di poter rendere il film vendibile per il mercato statunitense) e il cast, composto da di-

18

Cinema: Caltiki


FANTASCIENZA Scheda Tecnica Titolo originale: Caltiki - Il mostro immortale Produzione: ITA, 1959, CLIMAX PICTURES/ GALATEA FILM/LUX FILM Durata: 73 minuti Regia: Riccardo Freda, Mario Bava Soggetto: Filippo Sanjust Fotografia: Mario Bava Montaggio: Salvatore Billitteri Suono: Lee Kresel, Maurice Rosenblum Musica originale: Roberto Nicolosi, Roman Vlad Effetti speciali: Mario Bava Produttori: Sam Schneider, Bruno Vailati gnitosissimi attori italiani, vede il solo John Marivale di effettiva origine canadese. La nostra Didi Perego è diventata Didi Sullivan, Daniele Pitani è Daniel Vargas, Arturo Dominici invece Arthur Dominick . Vi risparmio ogni altro buffo pseudonimo. Nel cast figurano anche Giacomo Rossi Stuart (padre dell’ex idolo delle adolescenti, Kim Rossi Stuart) e Daniela Rocca, la baffuta moglie di Mastroianni in Divorzio all’italiana, qui naturalmente bella e prosperosa, nella parte di una messicana, Linda. Brevemente la trama, ispirata a un’antica leggenda messicana: il biologo John Fielding si trova nella giungla dello Yucatan, con la moglie Ellen (una giovane e praticamente irriconoscibile Didi Perego) e l’assistente Max Gunther, per scoprire le tracce dell’antica civiltà dei Maya. Improvvisamente un componente della spedizione scompare e un altro impazzisce dopo una breve escursione nell’entroterra. John e Max decidono di scoprire le cause di questi avvenimenti e in una grotta rinvengono la statua di Caltiki, la dea della morte. Davanti alla statua c’è una pozza d’acqua semi-putrida dalla quale, improvvisamente, emerge un mostro orribile (assemblato da Bava, a quanto pare, con frattaglie di maiale, cibo per gatti, che gli danno un effetto viscido e schifoso), che afferra un braccio di Max. John riesce a malapena a strappare l’assistente dalla voracità del mostro e lo conduce poi a Città del Messico dove un’equipe medica riesce a staccare dal braccio un brandello della “carne” che lo aveva avviluppato, scoprendo che costituisce una gigantesca cellula primordiale, sviluppatasi sotto influssi radioatti-

CAST John Merivale: Dr. John Fielding Didi Perego: Ellen Fielding Gérard Herter: Max Gunther Daniela Rocca: Linda Giacomo Rossi-Stuart: assistente del prof. Rodriguez Daniele Vargas: Bob Vittorio André: prof. Rodriguez Nerio Bernardi: ispettore di Polizia Arturo Dominici: Nieto Gail Pearl: danzatore indiano Deirdre Sullivan vi.

John si porta a casa l’organismo unicellulare, per poterlo studiare comodamente ma, durante una sua assenza, il passaggio di una cometa radioattiva risveglia le energie latenti in quella massa mostruosa che incomincia a crescere e a moltiplicarsi (una specie di Blob di interiora). La casa viene quasi fagocitata dal mostro, che ingloba, divorandolo, Max, il quale, impazzito, si era recato dall’amico per rapirne la moglie. Al suo ritorno, John si rende conto che la situazione è critica e chiede un intervento militare: viene inviato un reparto scelto, con lanciafiamme e carri armati. Il mostro, che stava per dare l’assalto alla città, viene distrutto (ovviamente, siamo negli anni del lieto fine). Solo a questo punto John riesce a riabbracciare la moglie, che ha vissuto con la sua bambina lunghe ore d’angoscia. Uno dei punti di interesse di questo film è che fu completato proprio da Bava (il quale successivamente

Cinema: Caltiki

19


FANTASCIENZA

realizzerà altri sci-fi movie come Terrore nello spazio del 1965), dopo l’abbandono di Freda, che mollò tutto in seguito a una discussione con la produzione. La bravura di Bava, noto ai più come maestro dell’horror, è evidente nella fotografia, molto curata e d’atmosfera, con un forte contrasto bianco/nero, e negli effetti speciali. Alcuni detrattori del film, e di tutta la filmografia horror, fantascientifica e fantastica degli anni 50/60, sostengono che senza l’apporto di Bava nessuno avrebbe notato Caltiki. Ciononostante la struttura del film resta opera di Riccardo Freda. Nel suo libro Divoratori di celluloide, parla dell’orrore come “espressione storica del terrore che l’uomo ha incamerato durante l’epoca buia della preistoria, quando le fiere facevano sentire i loro ruggiti sinistri nel buio, e le tempeste atterrivano gli uomini accucciati nelle caverne”. Questo è il terrore che Freda vorrebbe trasmettere al pubblico, e in Caltiki ricorre alla figura del mostro per riuscirci. In un’intervista a Tornatore, spiegò “che la sua inclinazione per l’horror affondava le sue radici nel cinema tedesco dell’espressionismo” (Il Golem, Nosferatu, aprirono la strada alla sua creatività cinematografica). Con Bava, che iniziò a collaborare con lui, ebbe ottimi risultati, sia negli effetti speciali (anche se il mostro di Caltiki in fondo non era che un ammasso di trippa di maiale), che nella fotografia; pare che per riprendere una casa mentre infuriava un temporale usassero una foto: vi facevano scorrere dell’acqua e l’illuminavano a sprazzi, simulando i lampi.

20

Prima di Caltiki, Bava lavorava come direttore della fotografia per Pietro Francisci, e, benché fosse lui a scegliere le inquadrature, a creare gli effetti, a decretare il successo dei film diretti da Francisci (Orlando e i Paladini di Francia, Le Fatiche di Ercole, Ercole e la Regina di Lidia), quest’ultimo ne parlava malissimo, alle spalle. Freda, venutolo a sapere, pensò di reclutare l’amico proprio per Caltiki. Quali sono gli elementi che rendono questo film appartenente al filone “fantascienza”, anziché relegarlo a quello “horror” (sebbene l’uso del termine “relegare” potrebbe apparire denigratorio per il genere, che ha moltissimi cultori e appassionati)? Se dovessimo ascoltare la definizione dello “Zingarelli-Zanichelli” (Fantascienza - sf -”interpretazione fantastica ed avveniristica delle conquiste della scienza e della tecnica che entra come componente essenziale in un particolare genere di letteratura, spettacoli e sim.”) il film non rientrerebbe nei parametri. Già il “Webster Dictionary” apre delle possibilità: “narrativa di genere altamente immaginativo o fantastico, coinvolgente un qualche fenomeno scientifico reale o immaginato”. Frankenstein, della Shelley, viene considerato un precursore della letteratura fantascientifica: perché allora una creatura monocellulare che giace in letargo dalla notte dei tempi e inizia a crescere (pensate anche un po’ a Blob) fino a fagocitare ogni organismo che le capiti a tiro non può rientrare, anche se con margine abbondante, nel genere? Se vogliamo (ricordiamo che è un film del 1959), possiamo accreditare Caltiki, il mostro immortale come un film che ha tratti di Fantascienza, Fantastico e Horror, un mix che per l’epoca era considerato “fantascienza”. Adesso pare che non esista Fantascienza senza un’astronave, senza degli alieni che interagiscono, positivamente o meno, con gli umani. Oggi il termine “mostro” non definisce il genere se il mostro non è alieno. Comunque se Mongini lo ha inserito nella Guida al Cinema di Fantascienza per fantascienza.com, io mi fiderei. n Daniela Belli

Cinema: Caltiki


Pin-Up FANTASCIENZA

o r n u M e n i l o r a C Pin-Up: Caroline Munro

21


Cinema

Cinema

FANTASCIENZA

STAR CRASH

Scontri stellari oltre la Terza Dimensione (L. Cozzi, 1979) di Cuccu’ssette

I

n un’epoca indefinita, una lontanissima galassia è governata con saggezza dall’Imperatore Stellare. La prosperità dei vari pianeti viene però minacciata dal Conte Zarth Arn. Nascosto nella sua base segreta, ha studiato un’arma devastante, ed è pronto ad usarla contro i suoi oppositori. Una gigantesca astronave bianca, la Murray Leinster, impegnata in una delicata missione di ricognizione, solca le profondità dello spazio proprio alla ricerca di questa base. Dovrebbe essere giunta ormai nelle vicinanze della pericolosa stazione, ma il cielo appare vuoto, illuminato soltanto da stelle lontane, e dalla luce di un pianeta coperto di ghiacci. Dal nulla, all’improvviso, appaiono rossi globi di luce che circondano l’astronave, penetrano in essa e colpiscono i piloti, stordendoli. Tre moduli di salvataggio si sganciano prima della fatale esplosione. Nel frattempo, in un diverso settore dell’universo, una navicella dalla linea affusolata sta fuggendo inseguita dalle guardie della Polizia Spaziale. A bordo vi sono Stella Star (così chiamata perché originaria di un pianeta illuminato da una stella doppia), avvenente pilota dedita al contrabbando, e il suo navigatore Akton, dotato di poteri straordinari. Con una pericolosa manovra, i due avventurieri si spostano nell’iperspazio, e riappaiono in una zona poco esplorata, proprio dove alla deriva nel vuoto galleggia una delle tre capsule di emergenza della Murray Leinster. A bordo del relitto, Stella trova un uomo che pare terrorizzato da “mostri rossi”, ma, prima di poter scoprire altro,

22

Cinema: Star Crash


FANTASCIENZA

arriva la Polizia che recupera il superstite e arresta lei e Akton. I due vengono processati e condannati a pene diverse su pianeti distanti: per la bella contrabbandiera i lavori forzati a vita. Intanto il superstite della Murray Leinster viene assassinato su ordine dello stesso Conte Zarth, debitamente informato da un delatore. L’Imperatore del Primo Cerchio Stellare deve allora affidarsi ai due esperti avventurieri per poter fare chiarezza sul complotto e avere notizie del suo unico figlio, in viaggio sull’astronave attaccata. Revocata la pena, manda il fido Thor a recuperare i prigionieri (Stella Star nel frattempo è fuggita di prigione), e li ingaggia per la pericolosa missione: raggiungere le Stelle Proibite, cercare i moduli di salvataggio, indagare quanto più possibile sull’arma del Conte e distruggere il suo Pianeta. L’incarico verrà compiuto tra pericoli e insidie di ogni genere, e, come nelle migliori fiabe, alla fine la pace tornerà a regnare nella Galassia, almeno per un po’.

Miserie & Nobiltà

La pellicola è stata realizzata in seguito al successo di Guerre Stellari, grazie al diretto interessamento di Roger Corman, regista e produttore specializzato in horror poveri di mezzi quanto ricchi di creatività sfrenata. Senza l’exploit di George Lucas, sarebbe stato ben difficile per un regista italiano realizzare un film di fantascienza, in special modo una “space opera”.

Nessun produttore avrebbe preso in considerazione un soggetto tanto rischioso, a meno che fosse a costo davvero basso ed assomigliasse al famoso blockbuster hollywoodiano abbastanza da far auspicare incassi analoghi. Star Crash nasce dalla mano di Luigi Cozzi, che adatta una sua idea alle esigenze di mercato e dà vita a questo emulo di Star Wars. C’è l’assonanza nei titoli e ci sono esplicite somiglianze nei manifesti, che annunciano battaglie galattiche. Le analogie tuttavia sono superficiali e ogni successiva visione le rende più esili; poiché sotto la patina di effetti speciali emerge una sensibilità abbastanza diversa da quella americana. Capita qualcosa di analogo a quanto era avvenuto con lo spaghetti western, anche se il fenomeno rimane limitato ad alcuni B-movie fatti in Italia e poi spacciati per pellicole d’oltreoceano, come L’Umanoide, e diversi lavori di Antonio Margheriti. Rispetto al capolavoro di Lucas, la caratterizzazione dei vari ambienti è molto essenziale. Narrare il primo capitolo di una trilogia concepita come work in progress, con due ore a disposizione è ben diverso dal realizzare un episodio autoconclusivo della durata di 90 minuti. Inoltre i personaggi di Luigi Cozzi sono “laici”. A parte il Fato o Destino invocato in punto di morte da Akton, non esiste un credo filosofico che permei la vicenda. Senza misticismo è più difficile alternare momenti riflessivi a colpi di scena, intrighi, sparatorie, battaglie. Star Wars ricorre alla Forza, e la

Cinema: Star Crash

23


Cinema FANTASCIENZA

1. 2. 3. 4.

L’Imperatore, in forma olografica, incarica Stella e Akton di salvare il principe Simon. Stella e il fido robot Elle dirigono verso il pianeta delle Amazzoni. Grazie ai suoi poteri sovrumani, Akton salva Stella Star, rimasta ibernata. Appare un misterioso sopravvissuto nelle caverne.

La ricerca dell’Erede

24

missione di Luke Skywalker è un viaggio iniziatico; Star Crash deve piuttosto concentrarsi sui passaggi funzionali al dipanarsi della vicenda. Molte sequenze che, se meglio sviluppate, aiuterebbero ad immergersi nell’universo fantastico vengono limitate all’essenziale. Un peccato, poiché le location sono tutte italiane, dalla bella spiaggia di Tropea ai canneti del Delta Padano, dal Terminillo innevato alle pendici dell’Etna alle Grotte di Castellana, fino ai set di Cinecittà. La sceneggiatura evita i momenti morti, riversando sullo spettatore un flusso continuo di invenzioni meravigliose. Tanta abbondanza di trovate rasenta il kitsch, e le ingenuità ricordano che trattasi di un film realizzato con mezzi contenuti, anche se assai superiori alla media delle produzioni di genere affidate a registi europei. In questo senso è intelligente la scelta di giocare le carte dell’ironia, del disimpegno più onesto e dichiarato, del trash ostentato senza pudore. I personaggi indossano sempre lo stesso costume, solo Stella dispone di un vasto quanto assai improbabile guardaroba da pinup. Akton è dotato di poteri – non sappiamo se innati o frutto di duri anni di addestramento – e ha sempre una soluzione per ogni problema. Stella Star porta un nome che doveva apparire moderno ed esotico anni fa, quando l’Inglese era sconosciuto ai più. Robot antropomorfi e creature viventi convivono e cooperano, in una promiscuità che non fa chiarezza sul ruolo sociale attribuito loro. Le immense distanze nella galassia vengono superate con semplicistici salti nell’iperspazio: ogni luogo pare lontanissimo ma risulta poi facilmente raggiungibile; anche il pianeta di Zarth sembra stare dietro l’angolo, e nemici e salvatori spuntano subito appena occorre, per far procedere la vicenda, o ravvivare l’attenzione dello spettatore. Ogni elemento dell’universo ha caratteristiche in qualche modo esagerate: i poteri sono supernormali, i personaggi bellissimi oppure orridi, gli ambienti naturali dei pianeti sono estremi, le armi prodigiose, e così via, con l’intento dichiarato di stupire. Il tono è esotico e ingenuo, come in certi romanzi di Emilio Salgari, e non ammette l’indifferenza da parte dello spettatore. Ci possiamo trovare un po’ sballottati tra astronavi e corse nei canneti, tra alieni e amazzoni, tra mondi innevati e grotte e scenografie minimali. Oppure possiamo innamorarci di quell’universo, e sognare mille avventure sospese tra quello che il regista ha solo lasciato intravedere.

Spaghetti Sci-Fi

Quando uscì al cinema, Star Crash era chiamato Scontri Stellari oltre la Terza Dimensione, ma venne poi distribuito con un titolo anglofono che, ammiccando a Star Wars, gli garantì un certo successo anche all’estero. Come la più celebre pellicola, si apre con una didascalia che scorre nel cielo stellato dello spazio profondo; terminati i titoli di testa, ecco sfrecciare un italico omaggio al Millennium Falcon. I protagonisti stessi ammiccano ad Han Solo e compagni, con alcune differenze però non trascurabili.

Cinema: Star Crash


FANTASCIENZA

Stella Star è più convincente di tante altre eroine. Caso raro, il personaggio femminile è in primo piano, relega i compagni in ruoli da spalla, spesso ruba loro la scena. La Principessa Leila – almeno nel film capostipite della saga di Lucas – era una bella prigioniera; Barbarella solleticava gli ormoni in un contesto blandamente erotico, le sue avventure erano un pretesto per mostrare curve da pin-up psichedelica. Stella Star invece, anche se in abiti che poco concedono all’immaginazione, agisce come protagonista in un’autentica vicenda avventurosa, è la prima a sfidare l’ignoto, e nelle scene d’azione non è da meno dei colleghi maschi, anzi! L’enigmatico Akton passa il suo tempo a ridacchiare e a far sfoggio (a volte gratuito) dei poteri supernormali, che gli consentono di guidare l’astronave, rianimare Stella dall’ibernazione, giocare con fasci di luce, combattere con una spada laser… Può vedere addirittura nel futuro, ma non ha mai rivelato la sua straordinaria abilità, poiché cercare di cambiare il corso degli eventi è contro la “legge” (il che fa un po’ sorridere, considerando la condotta del navigatore, ben poco rispettosa delle leggi). Luigi Cozzi, nella sua prima intenzione, avrebbe desiderato al posto di Akton un alieno della perduta stirpe di Varna, decisamente non umano, ma, si sa, l’occhio vuole la sua parte… Thor, capo della Polizia, si rivela un traditore.

Peccato per le battute che è costretto a recitare quando rivela le sue vere intenzioni: se avesse agito in silenzio, come il computer assassino Hal 9000, sarebbe stato magnifico; invece parla, e come un villain da fumetto. Decisamente più credibile il Conte Zarth Arn, nonostante una vaga somiglianza con Enrico Montesano possa trasformare certe scene serie in uno spasso. Quanto all’Erede dell’Imperatore, Simon, si presenta mascherato, e scaglia saette dagli occhi… contro una banda di malmessi uomini delle caverne. Non si tratta di un potere ma di un’arma nascosta nella maschera; finite le munizioni, l’eroico principe preferisce farsi da parte, anche se ciò significa, per esempio, lasciare Akton ad affrontare da solo i droidi rimettendoci la pelle. Come se non bastasse, quando Stella assiste Akton morente, Simon si lascia andare a una smorfia degna di una donna gelosa. Nello scontro decisivo, è Stella che agisce, e lui resta in volo pronto a recuperarla. Fino alla fine, il principe brilla di luce riflessa da altri. In pratica, un figlio di papà spaziale, interpretato dalla futura stella dei telefilm Supercar e Baywatch. L’Imperatore è invece interpretato con convinzione: merito del bravo professionista Christopher Plummer. Stella Star, Akton e l’Erede sono giovani e attraenti, di una bellezza procace sottolineata da costumi ed acconciature anni Settanta. Ancora oggi colpiscono e

Cinema: Star Crash

25


Cinema FANTASCIENZA

1. 2. 3. 4.

I nostri eroi vengono salvati del misterioso sconosciuto. Akton, l’Erede Simon e Stella Star giungono nella sala delle macchine che controllano le armi segrete. I golem, automi micidiali, all’attacco. Le forze dell’Imperatore assaltano la base del conte Zarth Art, ma vengono respinte.

La lotta contro il Conte

26

soddisfano l’occhio, ma li vediamo datati, come se appartenessero a un universo fermo a trent’anni fa, piuttosto che a un mondo al di là del tempo e dello spazio. La recitazione in alcune sequenze è allegramente dilettantesca, complice un doppiaggio fracassone; i dialoghi ereditano gran parte degli stereotipi diffusi nella fantascienza pulp. Grazie al tono disimpegnato e ammiccante che il regista imprime alla narrazione, ci si diverte lo stesso, quasi si assistesse a un film girato in casa da vecchi amici. Si crea complicità tra i personaggi principali e lo spettatore e, stabilito il contatto, si notano addirittura sfumature di realismo inconsuete. La battaglia finale, ad esempio, vede l’impiego di numerosi soldati, invece del solito manipolo di eroi. Peraltro le truppe dell’Imperatore perdono lo scontro, in una sconfitta netta. Le divise dei militari di entrambe le fazioni non differiscono granché – proprio come in un esercito vero! Quanto ai personaggi, alcuni sono assai tradizionali, legati agli stereotipi pulp, altri sono decisamente fuori dagli schemi, e sfruttano in pieno la libertà ideologica attribuita al cinema di serie B, forma espressiva che può permettersi scenari politicamente scorretti o esplicite critiche alla società. Esemplare la fuga dal Bagno Penale di Stella Star, eroina trasgressiva che qualsiasi film di serie A d’oltreoceano avrebbe censurato o ridimensionato. Prima innesca una rivolta, poi scappa senza preoccuparsi della fine che faranno i suoi compagni di lotta o gli altri prigionieri. Stella accetta le decisioni del navigatore Akton soffocando la propria insoddisfazione, che trapela in pochi sguardi. Spara ai caccia nemici, senza dubbio pilotati da creature viventi e senzienti, con la leggerezza di un adolescente alle prese con un videogioco. Più tardi, sul pianeta coperto di ghiacci, non indugia a cercare improbabili superstiti, o ad esaminare i cadaveri uno ad uno per trovare quello dell’erede al trono. Si rassegna al fatto che la missione è fallita, non vede l’ora di andarsene, senza idealismi. Anche lei, quando Akton affronta i droidi, se ne sta da parte! Compie la pericolosa missione, ma l’accetta per convenienza, per poter ottenere una ricompensa dall’Imperatore, fosse pure solo quella di scampare alla prigionia. Dimentichiamo i buoni sentimenti che animano Han Solo, il quale, seppur scettico e disincantato, salva la pelle a Luke Skywalker, finisce quasi per sacrificarsi ibernato nella grafite.

Da Cinecittà a Fantasia, Arrakes oltre l’infinito.

La pellicola può passare per un clone povero di Guerre Stellari, condito da bellezze procaci ed effetti speciali artigianali. Pasticciaccio trash, salvato però dal sentimento che il regista riesce a suscitare, e dal gioco di gustose citazioni che dispiega. Lewis Coates, o meglio: Luigi Cozzi, critico, scrittore, collaboratore di Dario Argento, regista, conoscitore dell’animo umano, nutre un profondo affetto per il cinema ed i mondi immaginari, e lo sa comunicare in modo non

Cinema: Star Crash


FANTASCIENZA

retorico. Nell’impossibilità di mettere in cantiere un universo che rivaleggi con i kolossal americani, complesso e definito nei minimi dettagli, omaggia le creazioni dell’immaginario in un continuo mescolarsi di luoghi amati, personaggi mirabolanti, avventure mozzafiato. È un po’ come rovistare in soffitta e trovare il baule dei giocattoli che ci hanno divertito quando eravamo bambini: senza dubbio sono oggetti fuori moda o sciupati, ma l’emozione è viva, e quando li guardiamo ricordiamo come ci hanno accompagnato nel mondo della fantasia. Sentimenti analoghi affiorano assistendo a Star Crash; le scene di azione possono deludere i giovanissimi fan del kung fu digitale di Neo e Lara Croft, la flotta di astronavi è di quelle che un qualsiasi appassionato di modellismo con pochi mesi di pratica può costruirsi, i costumi e gli effetti speciali appaiono irrimediabilmente datati, visti oggi… A suo tempo occorse un anno per ritoccare i fotogrammi nei modi più appropriati in post produzione; la fotografia accorta e un successivo montaggio ben orchestrato fecero miracoli con mezzi limitatissimi, ma furono pur sempre trovate artigianali utilizzate fin dai primordi della Settima Arte. Il risultato complessivo è ingenuo rispetto ai prodigi della Industrial Light and Magic, ma entra in gio-

co l’altro (e più importante) effetto speciale: quello creato dall’immaginazione dello spettatore, che viene contagiato dalle atmosfere sognanti, e torna bambino per un’ora e mezza. La Galassia lontana lontana assomiglia al Regno di Fantasia immaginato da Michael Ende, un non-luogo dove spazio e tempo pulsano al ritmo delle emozioni. In esso convivono le Amazzoni dei peplum, gli automi delle Mille e una Notte, gli uomini delle caverne, gli Imperatori e i Conti e gli avventurieri… La base del Conte Zarth Arn ha addirittura la forma di una mano azzurrognola, proprio come il castello della maga Xayde immaginato ne La storia infinita. Tanto è sincero il sentimento provato dal regista, che è difficile restare freddi e indifferenti. Il pubblico può inoltre divertirsi a scoprire le tantissime citazioni. La carrellata iniziale riprende un’astronave che ricorda da vicino il cargo di Alien, le Aquile di Spazio 1999, e Dark Star. Inoltre procede lenta e maestosa come le stazioni orbitali di 2001: Odissea nello spazio. Sulla fiancata, spicca il nome, Murray Leinster, pseudonimo dello scrittore americano, William Fitzgerald Jenkins, autore de Il pianeta dimenticato, Il pianeta del tesoro e di numerosi racconti ispirati al tema dei viaggi nel tempo.

Cinema: Star Crash

27


Cinema FANTASCIENZA

Nelle asettiche sale interne della nave spaziale, una voce chiama con insistenza un certo Bradbury: ovvio omaggio al Grande Ray Bradbury (Cronache Marziane e Fahrenheit 451) uno dei maggiori autori di genere viventi. Al richiamo si fa avanti un pilota: veste un’uniforme simile a quella dei pompieri del futuro nella trasposizione cinematografica di Fahrenheit 451 di François Truffaut. Le sfere rosse ricordano sia il Blob che i mostri dell’Id de Il pianeta proibito. L’automa Elle è parente (povero) di Darth Vader, e rimaniamo in dubbio se sia del tutto una macchina o abbia una componente organica, come l’armatura che accoglie quanto resta di Anakin Skywalker. L’Imperatore convoca i nostri eroi: compare però come proiezione, non di persona, un po’ come avviene

28

in Dune. A proposito, il pianeta su cui volano i nostri si chiama Arrakes! È popolato da Amazzoni, la cui regina aziona un robot vagamente simile ai Micronauti, popolari action figure, in una sequenza che ricorda vagamente gli Argonauti e gli automi de il Ladro di Baghdad. La sala di comando dell’astronave di Stella Star ha oblò e mobili che suggeriscono la forma di un teschio, somigliante alla grande sfera dove viaggiano gli astronauti di 2001: Odissea nello Spazio. Il computer ha la forma di un cervello luminoso e pulsante… e ci sono maschere che ricordano Zardoz e i Papua della Nuova Guinea. Stella Star veste abiti ridotti (sexy per il gusto di allora, oggi un qualsiasi varietà televisivo li farà sembrare tutti castigati), un po’ come aveva fatto Barbarella, e soprattutto ricorda e ispira D.D. Jackson, diva della disco music che si esibiva con ambientazioni spaziali e canzoni “in tema” (Meteor Man, Automatic Lover, Galaxy Police, Falling into Space, E.S.P…). Le citazioni sono abbondanti, e non sono dovute alla mancanza di originalità: se fosse stata povertà di idee, il regista avrebbe scelto di replicare solo (o prevalentemente) le trovate di Guerre Stellari, senza metterne in scena di personali. Alcune delle idee del regista saranno rivisitate in pellicole successive, come il pianeta di ghiaccio de L’Impero colpisce ancora, e gli Ewok primitivi contro le truppe imperiali del Ritorno dello Jedi. Raramente un B-movie è riuscito a trasmettere tanto amore per il fantastico e per la Settima Arte allo spettatore. Anche se si può non condividere la scelta di Luigi Cozzi, il film, a suo modo, è oggi un cult, con tanto di sito internet ricco di interviste, sceneggiature, foto… Ed è tale poiché incarna pienamente l’estetica di trent’anni fa, e narra la prima storia di fantascienza moderna italiana. O si odia, o si ama. n Cuccu’ssette

Cinema: Star Crash


FANTASCIENZA Scheda Tecnica Titolo originale: Star Crash - Scontri Stellari oltre la Terza Dimensione Produzione: ITA, 1979, FILM ENTERPRISES, INC. Durata: 100 minuti Regia: Luigi Cozzi Sceneggiatura: Luigi Cozzi, Nat Wachsberger Fotografia: Paul Beeson, Roberto D’Ettorre Piazzoli Montaggio: Sergio Montanari

Scenografia: Aurelio Crugnola Effetti Speciali: Germano Natali, Armando Valcauda, Matteo Verzini Effetti visivi: Ron Hays, Paolo Zeccara Effetti sonori: Massimo Anzelotti Musica originale: John Barry Produttori: Nat Wachsberger, Patrick Wachsberger Premi: nomination SATURN AWARD 1980, miglior film straniero

Akton

Affascinante fuorilegge, coraggiosa e intraprendente, viaggia negli spazi insieme a Akton; viene contattata dall’Imperatore per portare a termine una delicata missione.

Caroline Munro

Fuorilegge dotato di poteri sovrannaturali, accompagna Stella Star nelle sue avventure. Insieme all’avventuriera, viene ingaggiato dall’Imperatore per rintracciare l’Erede.

Marjoe Gortner

Simon

L’Imperatore

Figlio dell’Imperatore ed Erede al Trono della Galassia; dopo la distruzione della sua nave, si ritrova “naufrago” nelle caverne del pianeta che ospita l’Arma Segreta.

David Hasselhoff

Saggio sovrano galattico, regna con giustizia. Arruola Stella Star e Akton per la delicata missione che li porterà a ritrovare l’Erede al Trono e a salvare l’Universo.

Christopher Plummer

Thor

Conte Zarth Arn

All’apparenza un buon alleato dell’Imperatore; in realtà è un traditore che per poco non riesce a uccidere Stella, abbandonandola sulla superficie di un gelido pianeta.

Acerrimo avversario dell’Imperatore, organizza un complotto per rovesciare il governo. è spietato e potente: contro di lui soccombono perfino le truppe imperiali.

Robert Tessier

Joe Spinell

Corelia

Elle/Jiakta

è la regina delle Amazzoni, donne combattenti alleate con il Conte Zarth Arn. Per tentare di fermare Stella Star, le scatena contro il Guardiano, un gigantesco robot.

Nadia Cassini

Robot in armatura nera che accompagna Stella Star e Akton per volere dell’Imperatore. Finisce distrutto ma verrà ricostruito in tempo per il gran finale.

Judd Hamilton

Cinema: Star Crash

Golem

Prigioniero

Guardiano

Giudice

Personaggi

Stella Star

29


Cinema

Cinema

FANTASCIENZA

L’UMANOIDE (A. Lado, 1979) di Cuccu’ssette

M

etropolis, pianeta della galassia di Eraklon, sta per affrontare il suo momento più drammatico. Lord Graal è appena evaso dal satellite-prigione dove suo fratello, capo della pacifica Metropolis, lo aveva esiliato. Malvagio ed assetato di potere, Graal ha propositi di vendetta che potrebbero alterare per sempre il destino della democrazia galattica… La didascalia, letta da un invisibile Narratore, scorre sullo sfondo costellato di stelle e ci trasporta nello spazio profondo di un universo lontano lontano. Un’astronave della Polizia Spaziale insegue un altro velivolo, intima l’alt e, per tutta risposta, viene disintegrata. A bordo non vi sono comuni criminali, c’è Lord Graal in persona. Stanco della pace e intenzionato a liberarsi del fratello, Graal spedisce su Metropolis un commando di soldati incaricandolo di rubare il Kappatron – una potente arma segreta capace di trasformare qualsiasi uomo in un essere quasi invincibile – e uccidere tutti i testimoni. Al massacro scampa solo la ricercatrice Barbara Gibson, grazie all’avvertimento ipnotico del giovane tibetano telepate Tom Tom, suo allievo. Operato il furto, Lord Graal fa rotta verso Luna Noxon, dove l’aspettano la sua amante, Lady Agatha, e Kraspin, il folle inventore del Kappatron (fatto fuggire dal manicomio criminale proprio da Lady Agatha che, per mantenersi giovane, si serve di un siero ideato dallo scienziato stesso). Il primo soggetto su cui viene sperimentato il Kappatron è Golob, un gigantesco custode coloniale rimasto isolato su una nave in avaria, che ha la disgrazia di trovarsi sulla stessa rotta di Lord Graal e la cattiva idea di chiedergli aiuto. Catturato e trasformato in un Umanoide di forza smisurata, controllato tramite una sonda innestata sulla fronte, viene depositato nei pressi di Metropolis a seminare distruzione. L’unico che riesce a fermarlo è Tom Tom, per mezzo dei suoi poteri ipnotici. Rimuovendo la sonda

30

Cinema: L’Umanoide


FANTASCIENZA

che ne condiziona il comportamento, il giovane riesce addirittura ad ammansirlo. Nel frattempo Barbara Gibson viene catturata dai soldati di Lord Graal; la ricercatrice, rea a suo tempo di aver denunciato l’amorale Kraspin alle autorità, è infatti nel mirino dello scienziato, che pretende vendetta. In soccorso di Barbara partono Nick (il capo delle guardie di Metropolis), Tom Tom e l’ormai rinsavito Golob. Abbattuti dalle astronavi nemiche, precipitano su Noxon, in prossimità della base di Graal, e corrono a liberare la bella, sconfiggere il crudele Lord, fermare Kraspin, salvare Metropolis e l’universo…

Fantascienza Bambina L’ Umanoide è stato realizzato in seguito al successo di Guerre Stellari ed è contemporaneo del più noto Star Crash. È una produzione girata in autarchia, che presenta alcuni pregi e parecchi difetti tipici del cinema di fantascienza “made in Italy”. Molte sono le ingenuità nella pellicola di Aldo Lado (o George B. Lewis ). Talvolta sono imputabili alla mancanza di effetti speciali adeguati, già a partire dai titoli di testa, che poco si differenziano dalla didascalia che li segue, rendendola meno incisiva: lo sguardo dello spettatore rischia di scivolarvi sopra e

passare oltre. Anche Guerre Stellari si apre con la famosa scritta che scorre in sovrimpressione per aiutare a immaginare un mondo del futuro, fiabesco; l’incipit de L’Umanoide narra invece gli eventi che precedono la carrellata iniziale sull’astronave di Graal, antefatti che, sceneggiatura e budget permettendo, avrebbero anche potuto essere mostrati sullo schermo in tutta la loro concretezza. I soldati nel laboratorio risultano involontariamente goffi, così incerti su quale involucro aprire per trovare la sostanza pericolosissima; il recupero del Kappatron assume toni sospesi tra il “gioco delle scatole” di un celebre quiz, e la ricerca del cervello adatto alla costruzione del Mostro di Frankenstein. Il capo di Metropolis viene chiamato Grande Fratello: facile citazione dei capolavori di Fritz Lang e di George Orwell, resa oggi tragicomica dall’omonimo reality show. Il buon leader decide comprensibilmente di tacere sul furto dell’arma; nemmeno per un istante sospetta un’eventuale complicità tra Barbara Gibson e Graal e Kraspin. Un paio di battute spiegano i rapporti tra la protagonista ed il mad doctor, si crea un breve background, tale da giustificare tanta fiducia nella donna da parte del Grande Fratello e tanto odio da parte del geniale scienziato. Ma le spiegazioni biografiche aggiungono poco alla trama, purtroppo, poiché si affastellano senza dispiegarsi in scene e sequenze ben strutturate.

Cinema: L’Umanoide

31


Cinema FANTASCIENZA

1. 2. 3. 4.

Nick riferisce al Consiglio dell’attacco al Groven e del furto del Kappatron. Il dottor Kraspin e Lady Agatha attendono l’arrivo di Lord Graal. Dopo aver trasformato Golob in Umanoide, il dottor Kraspin gli innesta la sonda che servirà a controllarlo. Tom Tom e i suoi misteriosi visitatori.

La trasformazione

32

Il Grande Fratello, pur essendo a capo di un’oligarchia e quindi coadiuvato dai Cinque Maggiori, decide in prima persona ed incarica il capo della Sicurezza, Nick, di ricostruire gli eventi (eventi che però già ritiene concatenati, alla faccia di ogni ragionevole dubbio, quasi avesse letto quello che prevedeva la sceneggiatura, come Lord Casco in Balle Spaziali!). Mentre ministri, segretari, o assistenti, tutti compaiono di sfuggita, tacciono e si fan da parte. Gli sforzi per motivare le azioni di personaggi altrimenti troppo elementari, e regalare loro un passato – seppure fatto di esili battute – sono deleteri, al pari delle troppe coincidenze. Tutti conoscono tutti, e lo spettatore riceve l’impressione che in quell’universo, in apparenza sconfinato, ci si comporti come in un feudo di duemila anime, dove niente accade per caso. Anche i costumi tendono quasi sempre a confermare stereotipi radicati: così che, all’apparire dei vari personaggi, lo spettatore capisce da subito cosa aspettarsi da loro. Nero e rigido il Cattivo, dark e sexy la Cattiva, bianchi e monacali il buon Grande Fratello e la Dama in Pericolo, beige (come i cavalieri Jedi?) per il giovane avventuroso… Non c’è bisogno di lunghe spiegazioni, i personaggi entrano in scena e agiscono proprio nel modo previsto, un po’ come avveniva un tempo con le maschere della Commedia dell’Arte. La principale debolezza della pellicola è probabilmente costituita dagli scarni dialoghi. Alcune battute risultano quasi ridicole; ad esempio, quando Graal chiede al suo fido scienziato come mai sia certo che il grosso tecnico Golob sia l’uomo ideale per l’esperimento col Kappatron, il folle genio rivela che… glielo ha detto il computer! La protagonista Barbara purtroppo non ha il carisma di Stella Star di Star Crash; la sua lotta contro i malvagi è narrata a parole più che mostrata con fatti. Addirittura, scappa strillando a gambe levate e abbandona il piccolo Tom Tom alle prese col violento energumeno cibernetico. Poi, con la brillante idea di andare da sola a mettere in guardia il Grande Fratello, s’infila nei guai facendosi rapire. Difficile affezionarsi a Nick, per molti aspetti il ruolo rimane poco definito. È il capo della Sicurezza, il capitano della Guardia? È un mercenario? È un rampollo dell’oligarchia? È il compagno di Barbara? Piomba sullo schermo, lo incontriamo con i signori di Metropolis, vediamo che sa pilotare l’astronave, spara con l’esultanza di un ragazzino che giocasse a “Space Invaders” nel bar del paese, e se occorre combatte a mani nude. Ce lo mostrano impegnato in scene d’azione, che potevano risultare avvincenti soltanto se si fosse instaurato un certo coinvolgimento emotivo: siccome nulla sappiamo di lui e poco ci viene rivelato, Nick rimane un estraneo. Discutibile anche la scelta di affiancare il cane robot al grosso umanoide: introduce pause umoristiche degne delle giocose risse di Uno sceriffo extraterrestre poco extra e molto terrestre, commedia a base di scazzottate in cui un ragazzo alieno fa amicizia col voluminoso sceriffo Bud Spencer. Film divertente e garbato, tuttavia destinato ad un pubblico familiare.

Cinema: L’Umanoide


FANTASCIENZA Questo è l’altra grossa pecca: in genere, ogni pellicola – o piuttosto, ogni opera di ingegno – cerca di rivolgersi in modo più o meno consapevole a un determinato target di utenti, più o meno ampio. In rari casi è davvero possibile soddisfare fasce di età diverse, più spesso la scelta di coinvolgere i più piccoli condiziona gli interi contenuti trattati, limitando i particolari cruenti o erotici, così come problematiche sociali o esistenziali. Nel caso de L’Umanoide, ci sono scene di nudo e di tortura che a suo tempo vennero censurate, almeno in parte. Si tratta di sequenze poco adatte ai bambini degli anni Settanta così come a quelli di oggi. Eppure le prodezze di Tom Tom e del gigante buono accompagnato dal cane robot cercano di strizzare l’occhio proprio a spettatori giovanissimi. A mano a mano che la vicenda procede, i personaggi adulti vengono relegati in secondo piano, finendo per diventare meno importanti. Si dimostrano inetti, insipidi o perversi. Si ammirano le grazie di Barbara Gibson con l’abito bianco bagnato, e le scollature generose di Lady Agatha, e non si può fare a meno di Lord Graal, del dottore pazzo e anche del baldo eroe, ovviamente, ma alla fine, eccezion fatta per le parentesi horror di Lady Agatha, tutti sembrano declassarsi a far da accessori, poco più che comparse necessarie ad animare la scena attorno a Golob e Tom Tom. Purtroppo c’è una specie di radicale cambio di target, e ahinoi avviene in itinere. Alla fine non si sa se si tratti di un film per adulti che non ha saputo sopravvivere alle censure e portare all’estremo atmosfere sado-maso e gotiche, o piuttosto una pellicola per ragazzi che a malincuore ha dovuto inserire qua e là particolari per adulti, in modo da potere essere meglio distribuita. Mettendo da parte per un istante i dubbi su cosa, quanto e come possa essere mostrato ai giovanissimi, resta il fatto che i piccoli scalpitano all’idea di fare o vedere cose “da grandi”, mentre gli adulti sbadigliano davanti a situazioni ingenue o bambinesche. Tanta indecisione nuoce a L’Umanoide assai più dei mezzi tecnici ed economici inadeguati. Telefilm come i britannici Doctor Who o Zaffiro e Acciaio furono anch’essi a basso costo, e la ristrettezza si vede tutta, si traduce in interni spogli o in trucchi rozzi, tuttavia non va mai ad incidere sulla sceneggiatura, sull’interpretazione o sulle atmosfere evocate. Esse a volte sfiorano temi adulti, attraverso giochi di parole e particolari non così evidenti, in modo che l’adulto colga e il bambino non ci faccia caso. Non si può dire che avvenga lo stesso ne L’Umanoide, purtroppo.

C’era una volta… I personaggi mancano di introspezione, anche rispetto agli esili cliché della fantascienza pulp; tre di loro, tuttavia, si rivelano interessanti, proprio perché appaiono alternativi rispetto alla consuetudine narrativa di genere, oppure perché concretizzano libidini, incubi e paure di rado confessati al cinema. Lady Agatha ricorda nella sua sete di siero e sangue la contessa Erzebeth Bathory e i vampiri in genere, quelli dell’omonimo film di Freda in particolare. Una dark lady stereotipata negli intenti ma esplicita nella sua trasgressività. Le sadiche torture consentono di mostrare addirittura – era il ‘79 – un seno nudo, e sono ereditate dal fumetto horror erotico europeo. Le sequenze in cui l’infernale macchina che serve a produrre l’elisir della giovinezza risucchia i fluidi dalle giovani vittime rappresentano, ancor oggi, una discutibile quanto coraggiosa fusione di erotismo e orrore, che una pellicola d’oltreoceano, soprattutto se prodotta a Hollywood, mai avrebbe mostrato, pena di incorrere nella censura. Alcune di quelle scene sono state a suo tempo effettivamente tagliate, e sono riapparse adesso

Cinema: L’Umanoide

33


Cinema FANTASCIENZA

1. 2. 3. 4.

Barbara braccata dai soldati di Lord Graal. Grazie all’intervento di Tom Tom e dei visitatori, la giovane ricercatrice riesce in un primo tempo a salvarsi ma... ...viene ugualmente catturata poco dopo. Golob l’Umanoide, ormai convertitosi alla causa dei buoni, parte con Nick e Tom Tom per liberare Barbara.

Rapimento e salvataggio

34

in versioni integrali! Altrettanto interessante, e assai meno consueta, la figura dell’Umanoide. Di solito, soprattutto sul grande schermo e prima di Blade Runner, i robot erano macchine, prodigi della tecnologia, e non avevano nulla di vivo. L’Umanoide è diverso; fa pensare al Golem, per il fisico gigantesco vestito di abiti color polvere che tendono a rendere rigida la figura, e perché viene controllato tramite una sonda, posta sulla fronte. Il Golem delle leggende degli Ebrei di Praga veniva animato tramite il potere della parola “Verità” (Emeth) incisagli sulla fronte. Come il Golem viene distrutto cancellando l’aleph iniziale della parola (che diviene Meth, ovvero “Morte”), l’Umanoide ritorna ad essere buono una volta rimossa la sonda. Se l’origine è antica, l’aspetto e le azioni della creatura di Aldo Lado anticipano quello che sarà un successo americano, posteriore di parecchi anni: Terminator. Le analogie col guerriero bionico venuto dal futuro sono a dir poco sorprendenti. Entrambi sono combattenti creati dalla scienza, con volti inespressivi – almeno fino a quando non recuperano la propria umanità –, guidati da qualche scellerato potente. La differenza è che l’Umanoide italiano è molto più vecchio del cyborg americano, mentre di solito Hollywood precede Cinecittà! Prova evidente che molti registi italiani avrebbero inventiva da vendere, ma che questa dote viene spesso lasciata da parte per compiacere la logica di produzioni più convenzionali. Notevole la scelta di far sconfiggere Lord Graal dal gigante buono, piuttosto di scegliere una scontata vittoria del bel giovanotto. Il motivo d’interesse per il terzo personaggio, Tom Tom, si allaccia alla suggestiva idea del viaggio nello spazio e nel tempo; un proiettarsi altrove grazie al potere della mente. D’altra parte, alcune scritture dei Lama indicano una cosmologia assai complessa secondo cui nell’universo coesistono diverse dimensioni, ciascuna popolata da entità diverse. Tom Tom proviene dal Tibet di secoli prima, e lo vediamo incontrarsi con altre entità che non appartengono alla realtà di Barbara e di Graal. Il ragazzo è un deus ex machina, per certi versi può quindi risultare antipatico; i suoi poteri mistici risolvono praticamente tutte le situazioni disperate: la premonizione dell’agguato, la miracolosa umanizzazione di Golob, i contatti con misteriosi salvatori armati di archi e frecce laser, l’aprirsi e chiudersi di portelloni in momenti provvidenziali ecc… Tom Tom è una presenza resa necessaria dall’inconsistenza della sceneggiatura, ma almeno è insolita e poetica. È una sorta di “angelo custode” buddhista, un individuo che, meritevole di raggiungere il Nirvana, accetta di “fermarsi” nel mondo e di aiutare chi ha bisogno. In mezzo a tanta semplificazione di personaggi, caratteri ed eventi, sorprende la mancanza di una definitiva vittoria del Bene sul Male, tipica della mentalità puritana. Per bocca di Tom Tom, apprendiamo che il Male non può venire sconfitto, ma solo combattuto. Un tocco realistico giunge dagli effetti speciali, curati dal maestro Anthony Dawson (o Antonio Margheriti) a sua volta regista di pellicole di fantascienza.

Cinema: L’Umanoide


FANTASCIENZA Sono ovviamente realizzati con tecniche artigianali e grande creatività. Proprio nell’uso sapiente di modellini di grandi dimensioni ed effetti ottici azzeccati il film ritrova una sua bellezza naif ma avvincente. Le astronavi si muovono in modo vettoriale, come qualsiasi corpo che attraversi il vuoto. Non corrono né compiono manovre inverosimili. Atterrano lente in grandi hangar e hanno dimensioni proporzionate alle figure umane poste vicino – mentre spesso le astronavi cinematografiche risultano piccole rispetto ai loro piloti. Molto particolari le sequenze dell’attacco dell’Umanoide, girate in un palazzo in costruzione, forse un hotel o un centro congressi, un set che ben si fonde con altri modellini di Metropolis più o meno dello stesso colore. Anche gli hangar dovevano essere stati veri capannoni, o teatri di posa vuoti. Margheriti ha fatto miracoli con un budget nemmeno alla lontana paragonabile a quello dei film americani, e la passione del bravo regista trasuda da ogni inquadratura. Un buon montaggio valorizza tutte le trovate, e la fotografia riesce a rendere interessanti luoghi e situazioni altrimenti sciatti e banali. Le musiche di Ennio Morricone sono un misto tra sinfonico ed elettronico, e spesso ricordano le sinfonie di Beethoven. Possono anche non entusiasmare, comunque hanno un loro stile preciso che ben accompagna il film, ed ammicca alla fusione di passato e futuro tipica del sottogenere fantascientifico detto “space opera”.

Pop Art Fin dalle prime inquadrature, si capisce che si tratta di un film girato parecchi anni fa, nato sull’onda del successo mondiale di Guerre Stellari. Ma le somiglianze con il grande classico si limitano a costumi e ambientazioni, e riguardano più la forma che i contenuti o le atmosfere. Avviene qualcosa di analogo allo “spaghetti western”, che ha rivisitato l’epopea della colonizzazione degli Stati Uniti alla luce di una disincantata, affettuosa ironia. Nel caso de L’Umanoide, situazioni e stereotipi vengono sviluppati con spirito ingenuo e trasgressivo. L’umorismo è semplice, diretto, in parte ereditato dalla “slapstick comedy”. Non ci sono pretese di analisi sociale tramite paradossi ed utopie, e nemmeno compaiono citazioni continue di altri film, in modo da solleticare la curiosità degli appassionati o accontentare i critici. Aldo Lado vuole far passare un’ora e mezza

Scheda Tecnica Titolo originale: L’Umanoide Produzione: ITA, 1979, MEROPE FILM Durata: 96 minuti Regia: Aldo Lado Soggetto: Adriano Bolzoni Sceneggiatura: Adriano Bolzoni, Aldo Lado, Garry Rusoff Fotografia: Silvano Ippoliti Montaggio: Mario Morra Scenografia: Enzo Bulgarelli Costumi: Luca Sabatelli Trucco: Giannetto De Rossi, Mirella De Rossi Effetti speciali: Antonio Magheriti, Ermando Biamonte, Emilio Ruiz del Río, Armando Valcauda Effetti visivi: Jan Jacobsen, Paolo Zeccara Musica originale: Ennio Morricone Produttore: Giorgio Venturini senza pensieri, in un universo da favola, tutto di evasione. Nessuno, a partire dal regista, si vergogna di assolvere tale compito. Mentre Star Crash, altra space opera made in Italy del periodo, si sforza di emulare la saga di George Lucas, e gioca la carta delle continue citazioni di altre pellicole, L’Umanoide cerca una maggiore autonomia narrativa. A suo modo raggiunge l’indipendenza dai modelli più famosi, nel senso che interpreta un futuro medievaleggiante con spirito naif e fantasia degna di un vecchio peplum. Nel cast ci sono anche attori che avranno una carriera abbastanza fortunata, come il gigantesco protagonista Richard Kiel, meglio noto per l’interpretazione di Squalo nella saga dell’Agente 007, o Corinne Cléry, passata poi alle fiction nostrane. Le musiche sono del Premio Oscar Ennio Morricone, gli effetti speciali sono curati da un vero maestro… eppure resta un “B-movie”. O meglio: un capolavoro del trash! Gran parte dei B-movie sono dimenticabili e mediocri, nel senso che fanno di tutto per apparire migliori secondo i criteri estetici dettati dai critici “seri”, ovviamente senza riuscirci; L’Umanoide cerca solo di divertire in modo fracassone e sgangherato, riunisce tantissimi stereotipi del cinema di genere, privilegia gli aspetti pulp e li enfatizza. Oggi appare assai datato, molto più di Star Crash;

Cinema: L’Umanoide

35


Personaggi

FANTASCIENZA Barbara Gibson La bella ricercatrice che ha denunciato alle autorità i pericolosi esperimenti del dottor Kraspin, e che per questo è ora mira delle manie di vendetta del folle scienziato.

Corinne Cléry

Il gigantesco ma mite custode coloniale che il dottor Kraspin usa come prima cavia per gli esperimenti col Kappatron. Diventato un Umanoide, tenterà di uccidere Barbara.

Richard Kiel

Tom Tom

Nick

Il misterioso e saggio allievo di Barbara, proveniente da un altro spazio-tempo. Grazie ai suoi particolari poteri psichici, sarà determinante nella sconfitta di Lord Graal.

Marco Yeh

L’agente della Sicurezza di Metropolis incaricato dal Grande Fratello d’indagare sulle macchinazioni di Graal. Partirà insieme a Golob e Tom Tom per salvare Barbara.

Leonard Mann

Lady Agatha

Lord Graal

L’amante di Lord Graal. Ossessionata dal desiderio di mantenersi bella, non esita a sacrificare giovani donne per procurarsi il “siero” vitale scoperto da Kraspin.

Barbara Bach

Bieco e spietato fratello del governatore di Metropolis. Per dar seguito alle sue ambizioni di conquista, ruba il Kappatron, sostanza capace di creare superuomini.

Ivan Rassimov

Dottor Kraspin

Grande Fratello

Folle scienziato scopritore del Kappatron e ideatore della macabra procedura di estrazione dell’elisir di lunga vita dal corpo di ragazze innocenti.

Arthur Kennedy

e fa sorridere. La carica sadomaso si è attenuata nonostante l’impeccabile montaggio, visto che oggi le donnine spogliate invadono i teleschermi anche per pubblicizzare gli spaghetti, mentre il telegiornale ci mostra scene assai più raccapriccianti. Un eroe come Nick verrebbe accolto con sonore pernacchie dalle ragazzine, che di certo non vorrebbero essere imbranate quanto Barbara Gibson! Perché allora merita vedere, almeno una volta nella vita, un film simile? Forse, perché è così brutto da diventare sublime, come Plan 9 from outer space di Edward D. Wood Jr. O, piuttosto, perché ha la bellezza dei quadri di Rousseau il Doganiere, il pittore che raffigurava giungle surreali senza aver frequentato l’Accademia e senza dar peso a regole compositive di prospettiva e proporzioni. Inoltre, L’Umanoide scorre, non promette di essere un impossibile capolavoro, magari involontaria-

36

Golob/L’Umanoide

Integerrimo governatore di Metropolis; fu lui a far arrestare Lord Graal e a rinchiudere Kraspin in un manicomio criminale. Graal cercherà invano di ucciderlo usando Golob.

Massimo Serato mente fa ridere, trasmette allegria… e ha un fascino tutto amatoriale. È un modello di cinema alla portata della gente comune, sia come contenuti che come stimolo a partecipare direttamente alla Settima Arte. Non lasciamoci ingannare dai nomi famosi coinvolti: a parte i plastici realizzati da artigiani specializzati, e la colonna sonora, gran parte degli effetti speciali è oggi alla portata dei cineamatori volenterosi armati di videocamera e computer. In teoria, è difficile che un affiatato gruppo di appassionati di fantasy o fantascienza non disponga di un modellista, di un amico con la cinepresa, di un PC con installato un programma di ritocco grafico, uno per animare le gif necessarie a creare certi effetti speciali, e di un software per fare editing video. Questa pellicola è un invito a fare del cinema un’arte alla portata di molti, che evoca ricordi di sale cinematografiche specializzate in seconde visioni, odore di popcorn e duri di menta, sgranocchiar di semi di zucca… n Cuccu’ssette

Cinema: L’Umanoide


Pin-Up FANTASCIENZA

y r le

C ne

n i r o C

Pin-Up: Corinne Cléry

37


Miniserie

Miniserie

FANTASCIENZA

ITALIANI NELLO SPAZIO (T. Franco, 2004)

di Daniela “Dashana” Belli

H

o visto Tino Franco la prima volta negli studi SKY sulla via Salaria, a Roma, per la presentazione ufficiale da parte della FOX del pilot di Stargate Atlantis. Io curavo (nell’ambito della gestione dell’SG1 Italy Fan Club, di cui ero all’epoca socia e segretaria) l’organizzazione di una lotteria, che metteva in palio un manifesto dello spin-off di Stargate, autografato dal cast. Avevo preparato i numeri a casa e li andavo distribuendo ai partecipanti. Tra questi, un signore che non conoscevo, presente col figlio. Beh, non posso conoscere tutti i simpatizzanti delle serie di fantascienza, anche se ne conosco a centinaia… non sapevo, allora, che non si trattava solo di un simpatizzante, ma che Tino Franco si trovava lì perché aveva appena finito di dirigere una piccola sitcom di ambientazione fantascientifica, Italiani nello spazio, e che una puntata sarebbe andata in onda prima del pilot di Atlantis. Protagonisti della serie sono Otello (il simpaticissimo Alessandro Di Carlo) e Mario (Paolo Rossi), una specie di “portinai” romani de’ Roma di una stazione orbitante internazionale. Somigliano a tutto meno che all’eroe tipico della storia di fantascienza, non capiscono assolutamente nulla degli strumenti di bordo, ma godono nel gestire i monitor di controllo, esercitando il “potere” di far entrare o meno nella stazione i vari scienziati e astronauti (che suonano il citofono al loro arrivo). Ovviamente non possono fare a meno di certe comodità della Terra, come il giornale sportivo o la pastasciutta, e soprattutto non riescono a non spettegolare della vita, degli amori, dei problemi di quanti transitano per la stazione, come il comandante americano Spark (Erik Bassanesi) o la procace scienziata russa Svetlana (Yuliya Mayarciuk).

38

Miniserie: Italiani nello Spazio


FANTASCIENZA/UMORISMO

Otello ha anche una moglie gelosa, Cinzia (Ilaria Giorgino), matrona sovrappeso, che contrasta con la silhouette sexy di Svetlana: dubbiosa sull’etica di comportamento del marito, che riesce a vedere solo tramite il monitor, lo ricatta minacciando di raggiungerlo assieme ai bambini e alla di lui suocera. Ovviamente questa situazione di base porta a gustose gag, che risultano ancora più fulminanti data la brevità (4 minuti l’uno) degli episodi, in totale 10. Tra i personaggi, Cook 9000 la cucina robotizzata con la voce di Mino Caprio, che fa un po’ il verso ad Hal 9000 di 2001, Odissea nello spazio. La produzione è a cura di 21 Lab, che ha disegnato e realizzato in modo splendido una scenografia che potesse rappresentare una stazione spaziale del futuro a misura… d’italiano. L’opera è stata finalista al premio “PROMAX 2004” come miglior scenografia, per la categoria “set design”. Potrebbe sembrare che la fantascienza qui sia solo un pretesto per lo sciorinarsi delle battute di Otello o degli sguardi sornioni di Mario, ma Tino Franco è un appassionato vero di fantascienza, sin dai tempi di Guerre Stellari (film che gli instillò il desiderio di diventare regista).

“La fantascienza permette di creare, di lasciarsi andare alla fantasia, pur trattando temi attuali, relativi alla vita di ogni giorno e alla politica. In fondo, Italiani nello spazio è un’opera di satira della nostra società… “, afferma in un’intervista a Luisa Iori. Tra l’altro il regista, nel 2002, aveva già ideato, sceneggiato, prodotto e girato il cortometraggio “Space Off”, vincitore di un nastro d’argento, opera che si svolge in un prossimo futuro, con l’uomo che sta andando su Marte e un network televisivo che segue la missione con un programma, “News on Mars”. Il giornalista che lo conduce trova nel silenzio radio dell’equipaggio la ricetta per creare un intrattenimento, piuttosto che un evento mondiale, pronto a cercare sensazionalismo ovunque tranne nelle notizie realmente sensazionali, come l’annuncio di una scoperta scientifica rivoluzionaria da parte del comandante della missione. Praticamente un programma dal taglio giornalistico si trasforma in una specie di reality show scientifico. Tino Franco ha anche diretto la serie “L’Ascensore”, di Sbrolla e Ferrarese, scenografia sempre a cura di 21 Lab, episodi in pillole dove due persone si ritrovano all’interno di un ascensore: Max, un uomo comune, tranquillo, e Mike un mefistofelico esagitato, nonché cinico disturbatore da ascensore; l’interazione porta a gag decisamente surreali. La passione di Tino Franco per la Fantascienza è testimoniata anche dalla sua partecipazione a convention come la “Deepcon”: nel suo

ambito, oltre ad aver presentato la sitcom, con la brillante e divertentissima collaborazione dell’attore Alessandro Di Carlo, il regista si è sottoposto a una full immersion di interventi, proiezioni, giochi, frizzi e lazzi, con tutti gli altri appassionati. Concludo informandovi che è prevista una nuova tranche di episodi di Italiani nello spazio: quando andranno in onda, se vi siete persi i primi dieci, guardateli, ne vale la pena! n Daniela Belli

Miniserie: Italiani nello Spazio

39


Intervista

Intervista

FANTASCIENZA

DELOS

Intervista a Silvio Sosio di Stefano Baccolini

S

ilvio Sosio (Milano, 1963) è curatore delle riviste on line di fantascienza Delos, Il Corriere della Fantascienza, ed è presidente dell’associazione Delos Books. Nel 1996 ha creato il portale Fantascienza. com. Attivo negli anni Ottanta nel fandom della fantascienza con la fanzine La Spada Spezzata (vincitrice del Premio Europa come miglior rivista amatoriale europea), dal 1993 si è dedicato alla diffusione della fantascienza per via telematica. Nel 1993 crea una conferenza dedicata al fantastico, chiamata Fantatalk, sulla rete di BBS OneNet (sopravvissuta fino al 2003 sulla Rete Civica Milanese). Alla fine del 1994, insieme a Luigi Pachì, fonda la rivista Delos, distribuita per alcuni mesi via BBS sui circuiti OneNet e FidoNet e dall’aprile 1995 su web. Attorno a questa esperienza nasce il portale Fantascienza.com e, nel 2003, l’associazione Delos Books. Nel 2006 ha curato un numero speciale della rivista Series dedicato alle serie televisive di fantascienza, intitolato “Series SCI-FI”. Silvio Sosio ha scritto anche un piccolo numero di racconti, uno dei quali, Ketama, ha vinto il premio Courmayeur nel 1996. liberamente tratto da Wikipedia s.v. “Silvio Sosio” (http://it.wikipedia.org/wiki/Silvio_Sosio)

C

iao Silvio, grazie di avere accettato il nostro invito, puoi dirci come hai iniziato a interessarti al fantastico? Ciao, grazie a te dell’invito! Be’, fin da piccolo mi piacevano le cose un po’ fantastiche o fantascientifiche. Ho iniziato a leggere sf a 14 anni (Cronache Marziane, poi tutto Asimov...) e non ho più smesso. I miei primi raccontini li ho scritti a quell’epoca; a 17 anni sono venuto in contatto con altri appassionati, con un bellissimo club che esisteva a Milano a quell’epoca – si chiamava club City, da un famoso romanzo di Clifford Simak – e ho cominciato a pubblicare la mia prima fanzine, La Spada Spezzata, insieme ad altri ragazzi (Paolo Pavesi e Andrea Voglino).

N

el tuo profilo si parla di una fanzine: com’era il lavoro redazionale nell’era preinternet e quali erano i vostri strumenti di promozione e diffusione? Al posto del computer c’erano macchina per scrivere (meccanica) e caratteri trasferibili. Ma la mancanza del computer si sentiva soprattutto nella comunicazione, che avveniva per lettera, con i relativi tempi di attesa.

40

Intervista: Delos


FANTASCIENZA

http://www.fantascienza.com/

La promozione delle riviste amatoriali all’epoca era basata quasi esclusivamente sulla rubrica dedicata al fandom che usciva ogni quattro o cinque mesi sul bollettino dell’Editrice Nord, il Cosmo Informatore. Era curata da Mauro Gaffo, oggi vicedirettore di Focus. La diffusione avveniva naturalmente per posta. Qualche copia la vendevamo anche nelle librerie universitarie di Milano.

C

osa ti è rimasto di questa esperienza amatoriale? Forse l’aver imparato a costruire e gestire un gruppo di collaboratori. Che poi è la vera ricchezza di una rivista, amatoriale o professionale che sia.

C

’è spesso un connubio tra fantastico e informatica, connubio che incarni tu stesso, per così dire: sembra quasi una contraddizione in termini, a pensarci bene, o no? Parlando di fantastico in generale, può essere. A me però il fantastico magico o soprannaturale non è mai interessato gran che. La fantascienza è spesso rigorosa, basata su ipotesi che debbano essere credibili, e da lì svilupparsi in modo logico, come farebbe un buon programma. In questo senso mi pare che l’accostamento alla fantascienza sia abbastanza intonato.

A

rriviamo a Delos: com’è nato questo progetto e perché puntare su un supporto elettronico ancora negli anni Novanta? Abbiamo sempre avuto voglia di sperimentare nuovi mezzi di comunicazione. Abbiamo fatto fanzine inviate via fax, abbiamo aperto bacheche di discussione sulle prime bbs, abbiamo fatto programmi radiofonici e podcast... Delos è la più antica rivista online italiana in attività, e se non è stata la primissima sul

web è stata comunque tra le prime. La rivista online aveva anche la simpatica caratteristica di poter essere diffusa a costo zero: certo il pubblico allora non era enorme, ma questo non era fondamentale.

C

om’è strutturata la rivista? Quali sono i contenuti che offrite al suo interno? Delos Science Fiction contiene articoli di approfondimento, speciali e narrativa. E rubriche curate dai nostri migliori collaboratori. Una volta conteneva anche una sezione di news e recensioni, che in seguito divennero una testata a sé, il Corriere della Fantascienza. Il nuovo direttore, Carmine Treanni, sta facendo un buon lavoro per rilanciarla e rinnovarla: penso che durante questo 2007 cominceranno a vedersi davvero i frutti di quest’opera.

A

vete avuto molte defezioni tra i lettori, dopo aver abbandonato l’originaria politica di diffusione gratuita della rivista? In realtà Delos è sempre stata gratuita e sempre lo sarà, nella sua versione online. L’unica cosa a pagamento è il servizio di preparare i contenuti di Delos in una versione bella pronta da scaricare e stampare. Ormai sono diversi anni che la cosa funziona così, certamente le copie scaricate saranno meno di quante fossero prima, ma i lettori della rivista sono certamente di più.

V

eniamo a occuparci del tuo progetto più ambizioso: “Delos Books”. Perché definirvi un’associazione culturale? Be’, è quello che c’è scritto sul nostro statuto depositato all’Agenzia delle Entrate... Molto pratica-

Intervista: Delos

41


Intervista FANTASCIENZA

http://www.fantasymagazine.it/

mente, Delos Books raccoglie una serie di attività che obiettivamente non sono nate con lo scopo di far soldi. Nell’ordinamento fiscale italiano attuale qualunque tipo di società deve fare soldi, altrimenti si presuppone che stia evadendo le tasse e deve pagarle come se i soldi li avesse guadagnati davvero. L’associazione culturale è l’unica soluzione praticabile. Ma forse tu volevi una risposta più filosofica, sui motivi per cui un gruppo di professionisti decida di spendere tempo e soldi per promuovere iniziative culturali? Su questo non c’è una risposta semplice.

I

vostri forum tematici sono luoghi simpatici per discutere e scambiare idee, ma c’è anche una sovrastruttura nascosta: sono centri di reclutamento per collaboratori e scrittori inediti, per quanto mi è dato capire… Scrittori, dunque, si nasce o si diventa? Qualche volta capita che notiamo persone interessanti sui nostri forum e proponiamo loro di collaborare. Non capita spesso e non sempre accettano. Più spesso sono i collaboratori a proporsi in prima persona. Scrittori ovviamente si diventa, e anche lavorare per i nostri siti credo che sia una bella palestra, sia per imparare a scrivere sia per imparare il mestiere di giornalista web, cosa che può aprire anche delle prospettive professionali. Nel nostro lavoro di selezione di racconti e romanzi ogni tanto abbiamo trovato qualcuno che pensava di essere nato scrittore e di non aver nulla da imparare.

42

Queste persone purtroppo sono destinate a restare geni incompresi. Naturalmente si può essere più o meno portati, ma come per ogni cosa bisogna lavorare e imparare. E c’è sempre da imparare, anche dopo che hai pubblicato cento libri.

C

osa ne pensi del fenomeno dell’editoria a pagamento? In sé non ci vedo nulla di male. In passato l’editoria a pagamento era quasi sempre al limite della truffa, l’autore pagava enormi cifre per stampare migliaia di copie che non sarebbero mai state distribuite. Oggi si possono stampare anche solo alcune centinaia di copie e venderle tramite internet. In questi termini la cosa ha un senso. Non è poi così raro che i lettori possano apprezzare libri che non sono stati apprezzati dagli editori.

R

icordo un tuo editoriale, che fece discutere anche su it.arti.fantasy : “Fantasy, boom a tutti i costi”. Facevi riferimento in specifico ad alcuni fenomeni editoriali come Licia Troisi e Christopher Paolini. Mi par di capire che tu allora non approvassi quel tipo di produzione a largo consumo. Sei ancora del medesimo parere? Oltretutto in uno dei vostri concorsi letterari più importanti, quello organizzato da Fantasy Magazine, la stessa Licia Troisi è tra i giurati. Sono ancora del medesimo parere, certo. Del resto la mia critica non era riferita ai romanzi in sé

Intervista: Delos


FANTASCIENZA – che non ho neppure letto, perché la fantasy non mi piace gran che – ma allo sfruttamento commerciale del genere che passa sopra agli ideali della buona editoria. Comunque sono abbastanza convinto che se Christopher Paolini avesse mandato Eragon a me gliel’avrei rispedito indietro dicendogli di provare a scrivere qualcosa di originale invece di copiare Star Wars e Tolkien. Probabilmente non ho il tocco dello scopritore di talenti.

S

e il fantasy sta godendo di un inaspettato fulgore grazie a fenomeni come SdA o ai romanzi della Rowling, la fantascienza, almeno in Italia, sembra vivacchiare stancamente nella sua nicchia. Vedi dei mutamenti all’orizzonte? O si deve sperare anche qui in qualche fenomeno mediatico? Ogni genere ha i suoi momenti. Oggi vanno di moda fantasy e thriller. Magari tra qualche anno andranno di moda la fantascienza, o il western. È difficile prevedere queste cose. Credo però che questo inizio di secolo sia caratterizzato da un diffuso pessimismo. Nessuno guarda al futuro con fiducia, con speranza, con curiosità. Penso che questo sia uno dei motivi per cui la fantascienza attira poco. Spero che questo stato di cose possa cambiare, non tanto per le sorti della fantascienza, quanto per le sorti del mondo.

P

erché in Italia faticano così tanto a prendere piede i romanzi di genere, rispetto alla letteratura main stream? In che senso faticano? Quasi tutti i best seller sono

romanzi di genere, soprattutto thriller, giallo e fantasy.

I

noltriamoci un attimo in un terreno un po’ minato: hai seguito la polemica innescata da Evangelisti, a proposito di un certo modo “politico” di intendere la fantascienza? Riguardo a questo hanno preso posizione Massimo Mongai, Antonio Farneti e lo stesso Gianfranco de Turris. Tu cosa ne pensi? Se scrivi cose che valga la pena di leggere, ovvero che abbiano un contenuto, per forza di cose esprimi un’opinione politica. Questo non vuol dire che tu debba fare propaganda berlusconiana o prodiana, basta per esempio descrivere una società futura, nei suoi punti a favore e nei suoi difetti, e già stai dicendo qualcosa sulla società di oggi. La fantascienza è uno strumento eccezionale per parlare dell’oggi, per vedere il mondo da punti di vista diversi, per fare politica senza cadere nelle trappole del partitismo. In questo periodo la fantascienza americana è abbastanza poco interessante proprio perché, secondo me, non sta affrontando uno dei momenti più difficili per la società americana e mondiale. A differenza per esempio del cinema – abbiamo avuto due film strepitosi quest’anno, V for Vendetta e Children of Men – e della televisione: Battlestar Galactica è una serie fortemente politica che parla dell’oggi, di Bush, del terrorismo, dell’Irak.

T

orniamo a parlare delle vostre iniziative: da poco siete sbarcati in libreria con la collana “Odissea”.

http://www.horrormagazine.it/

Intervista: Delos

43


Intervista FANTASCIENZA Un risultato notevole, indubbiamente, ma forse un po’ in controtendenza rispetto al vostro innovativo esordio nel web. Una dichiarazione di sconfitta, la vostra? La rete non può ancora sostituire la distribuzione tradizionale? L’aver coinvolto nel vostro progetto anche il noto Gianfranco Viviani dovrebbe far propendere per questa interpretazione, o no? Uhm, non credo di capire cosa intendi. Forse interpreti il fatto che ci dedichiamo alla carta per il fatto di non vedere sbocchi sul web, ma non è così. I nostri siti servono quasi cinque milioni di pagine al mese e crescono con un trend di +30% ogni anno. Il nostro impegno online è più che vivo; non solo, quest’anno stiamo anche cominciando a recuperare qualche soldino con la pubblicità. Per quanto riguarda l’editoria tradizionale, cartacea, ci siamo sempre stati: grazie a Viviani abbiamo fatto un salto di qualità che ci ha permesso di entrare nelle librerie. Certo non abbiamo mai pensato che il futuro sia solo della rete e che l’editoria tradizionale sia destinata a tramontare. La rete è certamente il futuro, ma pensare che debba sostituire qualche cosa è un errore grave, che io ho sempre combattuto. Prima doveva sostituire i giornali, poi sostituire i libri di carta. Oggi qualcuno è convinto che debba sostituire la tv. È un’idea che viene a chi non capisce bene la rete e cerca di ricondurla a un concetto familiare: il giornale, i libri, la tv. La rete è la rete. È una cosa diversa ed è meravigliosa proprio perché è diversa. Non solo: cambia nel tempo. Posso dirti fin d’ora che cosa la rete non sarà in futuro: non sarà qualcosa che c’è già ora, e non ne prenderà il posto.

P

erché puntare prevalentemente su scrittori stranieri? Viviani quando era alla Nord aveva dato una possibilità a molti autori nostrani, con risultati controversi, bisogna ammetterlo. Sugli autori italiani si discute sempre molto di più di quanto non si faccia con quelli americani. In realtà qualunque libro esca ad alcuni piace e ad altri non piace: non si può – e secondo me non si deve neppure – accontentare tutti. Delos Books ha pubblicato parecchi libri di autori italiani nelle sue varie collane, la collana Odissea Fantasy ha esordito con un’autrice italiana, e sicuramente autori italiani usciranno anche in Odissea Fantascienza. Non credere comunque che ci siano valanghe di romanzi italiani che non aspettano altro che di essere pubblicati. Noi bandiamo un concorso per romanzi di fantascienza, ne arrivano un centinaio ogni anno ma pubblicabili sono davvero pochissimi, due o tre al massimo.

Q

ual è l’aspetto innovativo che caratterizza Delos rispetto alle altre case editrici? Credo che l’aspetto che più caratterizza la Delos Books rispetto ad altri editori sia quello di essere molto forte su internet. Questo porta con sé tutta una filosofia, che è quella della collaborazione, del lavorare per fare più che per guadagnare, che condiziona tutta la nostra attività. Abbiamo una filosofia societaria indirizzata allo sviluppo di attività culturali e non all’accumulo di denaro (anche se regolarmente troviamo il benpensante che ci attacca quando mettiamo un banner pubblicitario o vendiamo qualcosa, come se fos-

http://www.sherlockmagazine.it/

44

Intervista: Delos


FANTASCIENZA

http://www.thrillermagazine.it/

se ovvio che tutti debbano lavorare gratis e pagare le spese solo di tasca propria). E poi abbiamo una grande community di utenti-amici-soci che ci seguono. Non so se tutto ciò si possa definire innovativo, non credo, ma è un po’ ciò che ci distingue da editori di stampo più tradizionale.

D

elos organizza molti importanti premi letterari legati al fantastico, vuoi parlacene? E una vittoria o la menzione d’onore in uno di questi concorsi è un alloro che può valere qualcosa per uno scrittore inedito? Soprattutto in prospettiva di pubblicazione? Abbiamo alcuni premi letterari storici, che vanno avanti da più di un decennio, e di recente abbiamo aperto una serie di premi letterari dedicati ai romanzi. Gran parte dei racconti vincitori o finalisti ai premi per opere brevi sono stati pubblicati, su riviste e antologie. Diversi degli autori che si sono fatti conoscere con questi premi sono arrivati a pubblicare libri propri anche presso editori importanti. Per quanto riguarda i premi che dedichiamo ai romanzi, è il modo che abbiamo scelto per risolvere il grave problema dell’enorme afflusso di opere inedite che ci arrivavano in redazione. Decine e decine e decine di romanzi da leggere e valutare, nel 99% dei casi con unico risultato una lettera di rifiuto. Una quantità di lavoro spaventosa praticamente buttata via. Con i concorsi riusciamo a gestire la cosa in modo organizzato, riscuotiamo delle tasse di iscrizione che ci consentono di coprire qualche spesa, e selezioniamo opere da pubblicare di buon valore che partono già con un buon motivo per essere acquistate. Inoltre chi lo desi-

dera può ricevere una scheda di valutazione dell’opera inviata, che è la cosa più importante per capire dove lavorare per migliorare la qualità della propria scrittura.

Q

uali sono i progetti che tu e i tuoi collaboratori state avviando in questo momento. E nella scatola dei desideri c’è qualcosa che vorresti offrire ai tuoi lettori, ma non sei ancora in grado di realizzare? Il progetto più grande, e più difficile da realizzare, è sempre lo stesso: portare avanti nel tempo, con continuità e perseveranza, le cose che si sono iniziate. Inventarsi cose nuove è molto più facile. Delos Science Fiction è quello che è perché va avanti da dodici anni, si è costruita un suo seguito, una sua notorietà nel tempo. E noi cose da portare avanti ne abbiamo davvero molte: riviste, premi letterari, collane librarie, siti che quotidianamente sfornano decine di nuovi articoli, un sito di e-commerce per la vendita dei libri, un podcast, eccetera. È una bella sfida, e nella mia scatola c’è soprattutto il desiderio di riuscire a portare avanti tutto nel migliore dei modi. Cose nuove certamente ce ne saranno, e molte. A cominciare magari dall’apertura della nostra nuova sede a Milano, speriamo a breve tempo. Qualcuno vuol darci una mano a finire di tinteggiare?

R

ingrazio nuovamente Silvio Sosio per la sua disponibilità. Grazie a te. n Stefano Baccolini

Intervista: Delos

45


Intervista

Intervista

FANTASCIENZA

CONTINUUM

Intervista a Roberto Furlani di Andrea Carta

C

aro Roberto, come è nata http://continuum.altervista.org/ la tua passione per la fantascienza? Tutti noi abbiamo un libro o un film che ci ha colpito e ci ha avvicinato al genere. È stato lo stesso anche per te? Sono sempre stato un discreto lettore, ma i miei primi interessi erano rivolti ad altri generi della narrativa, nella fattispecie il giallo e l’avventura. In una certa misura c’era anche la fantascienza, ma in modo trasversale: non ero accattivato dalla SF fine a se stessa, ma la apprezzavo come espediente per realizzare opere ascrivibili ai filoni che attiravano maggiormente il mio interesse (mi viene in mente il celeberrimo 20.000 leghe sotto i mari di Verne, dove la fantascienza si rivela un ottimo strumento per intessere un grande romanzo d’avventura). In seguito mi imbattei nella “Saga Galattica” di Asimov, che si rivelò una scoperta straordinaria. Quei libri riuscivano a raccontare delle avventure straordinarie, dove il risvolto “mistery” assumeva un ruolo importante, e in cui le spruzzatine di romanticismo erano gradevoli e mai invadenti. Senza dimenticare, ovviamente, il contributo che Asimov dava al bagaglio culturale del lettore, con i riferimenti scientifici contestualizzati all’interno della narrazione, che spesso erano in effetti uno straordinario metodo di divulgazione. Fu proprio questo a conquistarmi: la capacità della fantascienza di fondere in una soluzione unica ed omogenea avventura, giallo, rosa e divulgazione. Una proprietà di cui verosimilmente non gode nessun’altra corrente letteraria. In seguito ho cercato anche l’efficacia stilistica e la critica sociale (trovandole nella New Wave), ma questa è un’altra storia… Ad ogni modo, ora che ci penso, la fantascienza è sempre stata presente nella mia vita, in qualche modo. Risalendo ai più sbiaditi ricordi della mia infanzia, ritrovo le mie prime improbabili fantasie a proposito di eroici astronauti alla conquista dello spazio. Si vede che il morbo fantascientifico si era già sibillinamente impadronito di me.

C 46

ome è nata Continuum? Pensavi forse che alle altre fanzine mancasse qualcosa, o hai voluto semplicemente dimostrare che si può far bene anche con pochi mezzi?

Intervista: Continuum


FANTASCIENZA Per chi amava i racconti, sul finire degli anni Novanta in rete c’era quella splendida rivista telematica che era Delos (recentemente risorta, in un’altra forma e sotto una nuova gestione). D’altra parte, entrare nel giro della SF era allora abbastanza difficile (in particolare, se volevi pubblicare narrativa, il tuo nome doveva già godere di un minimo di prestigio, magari attraverso precedenti pubblicazioni o vittorie di concorsi letterari). Quando si parla di autoreferenzialità del fandom, non si dice di certo una bugia. Decisi allora di aprire un mio sito personale dove pubblicare le mie cose, senza alcuna velleità. Nel 1998 conobbi Fabio Calabrese, che aveva già una notevole esperienza nel settore e che era guidato da una passione veramente irrefrenabile. Cominciammo una frequentazione piuttosto assidua, sia di persona che via e-mail, attraverso la quale ci scambiavamo opinioni, racconti e articoli. Fino a quando mi venne in mente di chiedergli il permesso di pubblicare qualcosa di suo sul mio piccolo e modesto sito, suscitando il suo entusiasmo. Fabio mise a mia disposizione una mole considerevole di materiale (articoli, recensioni, racconti…): abbastanza da farmi pensare che, con l’aiuto di altri amici che avevo conosciuto via e-mail, si potesse trasformare il piccolo e modesto sito in una piccola e modesta rivista. Ad ogni modo, è anche vero che avevo notato che alle altre fanzine mancava qualcosa, quel qualcosa che è il caposaldo della linea editoriale di Continuum: occuparsi di fantascienza a 360°, ma senza commistioni di genere. Le varie testate che dichiarano di essere “di fantascienza” spesso e volentieri pubblicano indiscriminatamente qualsiasi cosa sia ascrivibile al fantastico (e quindi horror, fantasy, paranormale, ufologia…), oppure eccedono nel verso opposto, esasperando il settorialismo e riducendosi a livello di puri fan club. Continuum invece nasce con il proposito di pubblicare esclusivamente fantascienza (anche contaminata da altri generi, ma la fantascienza dev’essere sempre presente) in ogni suo filone.

C

ome ti procuri i collaboratori? Come hai “costruito” il nucleo iniziale?

Il metodo di “reclutamento” più semplice è quello classico: i webnauti che sbarcano su Continuum e desiderano collaborare con la testata scrivono una email alla redazione (il cui indirizzo è continuum_sf@ yahoo.com) sottoponendoci qualcuna delle loro opere. I testi vengono dunque letti (da Fabio Calabrese o, più spesso, da me) e se vengono considerati adeguati alla

“The Mercenaries” - John Berkey pubblicazione sulla rivista vengono destinati a uno dei numeri a venire. È però vero che all’inizio le cose non sono state così semplici, dovevamo essere Fabio ed io a cercare i collaboratori. Fortunatamente, avevo già contattato via e-mail qualche esponente attivo del fandom, dopo averne letto degli scritti (fu così per Vittorio Catani, Luca Masali, Antonio Piras, Gianni Sarti…), e avevo avuto modo di conoscere di persona un’altra fetta della fantascienza italiana all’Italcon di San Marino del 1999 (ad esempio Alberto Cola). Altri pilastri della fanzine si aggiunsero in seguito: incontrai Gianfranco Sherwood in occasione di un suo breve transito nella mia città, durante la quale riuscimmo a parlare quel tanto che bastò per far diventare Gianfranco “uno dei nostri” (poco dopo esordì su Continuum con Lux Aeterna, vincitore del “Courmayeur 2000”); conobbi Gianni Ursini nell’anno zero del rinato Festival Internazionale della Fantascienza; più tradizionalmente, alla casella di posta elettronica della redazione scrissero tra gli altri Giovanni De Matteo, Simone Conti… e Andrea Carta.

Intervista: Continuum

47


Intervista FANTASCIENZA

Q

uanto è gravoso tenere in piedi una fanzine come Continuum? Hai mai pensato di gettare la spugna? La cura di Continuum è un’attività sicuramente onerosa, soprattutto perché spesso e volentieri collide con quella che è la mia occupazione principale (a tal proposito è opportuno precisare, a beneficio dei lettori, che Continuum è una rivista amatoriale, per la quale nessuno dei suoi artefici percepisce denaro: chiunque offra il proprio contributo alla nostra testata lo fa esclusivamente perché spinto dalla passione per la fantascienza, mentre per guadagnarsi da vivere si occupa di tutt’altro). A volte conciliare i propri “doveri contrattuali” con quelli morali nei confronti dei lettori è complicato, e ti confesso che ogni tanto la cosa mi è sembrata insostenibile, ma poi ho sempre optato per continuare a gestire entrambi gli impegni, perché non mi andava di ri-

“Homecoming” - John Berkey

48

nunciare a una testata che avevo creato dal nulla e che grazie all’irrinunciabile aiuto di un gruppo di collaboratori strepitoso avevo visto assumere un’importanza affatto trascurabile in seno alla fantascienza italiana. Il perseguimento di questa finalità è possibile solo grazie a qualche compromesso: i lettori perciò sono talora costretti a sopportare qualche ritardo nelle uscite, però credo che il pagamento di questo prezzo sia ampiamente preferibile all’alternativa. Non ho mai preso seriamente in considerazione l’idea di chiudere Continuum, anche se qualche anno fa sono stato vicino a farlo, mio malgrado. Un episodio spiacevole e per certi versi doloroso, dal quale la rivista è uscita sicuramente rinvigorita.

C’

è stato qualche articolo, di quelli pubblicati su Continuum, che è stato notato “al di fuori”, o che ha provocato reazioni polemiche? Pensi che ne sia valsa la pena? È capitato, soprattutto con gli articoli dedicati all’Italcon. È il discorso a cui accennavo prima quando menzionavo l’autoreferenzialità della SF: nessuno farebbe mai polemica con chicchessia per difendere la propria visione della fantascienza. Le polemiche nascono quando qualcuno si sente pestare i piedi più o meno volontariamente da qualcun altro. In particolare, ricordo una disputa tra Fabio Calabrese e il giornalista de La Stampa Giovanni Arduino, il quale se la prese per delle considerazioni piuttosto negative che Fabio aveva espresso nei confronti di un suo articolo sulla ventisettesima Italcon (Torino 2001). Sono cose che ci possono stare. La responsabilità di ogni articolo che appare su Continuum è del suo autore, in ossequio alla norma basilare della libertà di opinione: se un articolo ha dei contenuti interessanti ed è ben scritto lo pubblico, a prescindere dalle idee che vengono espresse, purché il carattere dell’articolo non sia ingiurioso. Del resto, se la serietà del nostro impegno ci induce a comportarci con la dovuta onestà intellettuale, la natura amatoriale di Continuum ci garantisce la libertà di avanzare critiche anche dure verso chiunque, accantonando servilismi e compiacenze. Non mi sono mai pentito di aver pubblicato quell’articolo di Fabio, né ho mai provato rimorsi quando le cose uscite sulla fanzine hanno generato polemica. Se persino il fandom si genuflettesse dinanzi ai centri di potere della fantascienza italiana, saremmo davvero alla frutta, e io voglio sperare che non sia così.

Intervista: Continuum


FANTASCIENZA

C’

è qualche argomento particolare di cui vorresti Continuum si occupasse in futuro? O qualche argomento che avresti voluto trattare senza riuscirci? Ci stiamo già lavorando sopra. Il numero 26 sarà infatti una monografia sul connettivismo, il neonato filone tutto italiano che si sta facendo strada nel nostro immaginario. Idealmente, l’uscita della monografia in preparazione dovrebbe dare origine a una sorta di gioco di contrasti con quella del n° 24 dedicata a Mino Milani: se in quell’occasione abbiamo descritto uno scorcio della SF italiana del passato incentrando il discorso su un protagonista assoluto del periodo, ora ci apprestiamo ad offrire una panoramica sulla nostra nuova SF in tutte le sue sfaccettature. Fino a qualche tempo fa mi rammaricavo perché su Continuum si parlava troppo di rado delle attuali tendenze della fantascienza internazionale, poi siamo riusciti a rimediare grazie ad una serie di interessantissimi articoli del nostro prezioso Giovanni De Matteo, in cui l’autore ci introduce alle derive della moderna fantascienza britannica e non solo.

C

ome mai Continuum è dedicata solo alla fantascienza, e non ama parlare di fantasy, horror ecc.? Pensi che ci sia una netta divisione tra appassionati di fantascienza e di fantasy? Recentemente ho avuto modo di conversare con Gianni Ursini a proposito del nostro modo di vedere la fantascienza anche in rapporto agli altri generi letterari. In quell’occasione, ho rilevato come, tra le bizzarrie della lingua, ci sia quella di poter rappresentare uno stesso concetto con due termini diversi, uno dei quali assume un’accezione positiva e l’altro un’accezione negativa. “Tolleranza zero” è infatti l’altra faccia della medaglia di “intolleranza”, solo che la prima espressione viene utilizzata per dare al contesto un significato positivo (di risolutezza, decisione, pragmatismo), la seconda per dargliene uno negativo (di superbia, prepotenza, insofferenza). Analogamente, al minaccioso termine “ghettizzazione” corrisponde quello molto più rassicurante di “specificità”. Credo che tutelare l’individualità della fantascienza in quelle che sono le sue caratteristiche costituenti, senza per questo sfociare in scelte settarie come può essere quella di fondare qualche fan club mascherato da rivista, sia un servizio non indifferente che si fornisce al movimento.

“Nomad II” - John Berkey D’altro canto, di riviste-minestrone dov’è possibile trovare qualsiasi cosa (dalla SF al fantasy, dall’horror all’avantpop, dal surreale al science fantasy…) ce ne sono a bizzeffe, e noi le rispettiamo solo che abbiamo scelto un’altra strada: quella della specificità, appunto. Trovo che questa strategia sia particolarmente attenta all’eterogeneità dei lettori, tra i quali non tutti apprezzano indistintamente ogni ramo del fantastico.

C

ome vedi l’esperienza di Terre di Confine? Ritieni che la sua veste grafica, così curata, contribuisca al suo successo, o contano soltanto i contenuti? La veste grafica gioca un ruolo importante, in quanto determina buona parte della forma dell’offerta. L’importante è che una testata non inverta mai le gerarchie, privilegiando la forma ai contenuti. A tal proposito, da un po’ sto pensando di ritoccare l’aspetto di Continuum con l’aiuto di un paio di web designers (tra cui l’illustratrice Sabrina Moles). La cosa curiosa è che tra i collaboratori e i fedelissimi della rivista c’è chi si oppone a questa innovazione: tra il popolo della rete esiste un legame con le tradizioni molto più forte di quanto si sia portati a pensare. Riguardo Terre di Confine, direi che la cura estrema della grafica non va a scapito della polpa, per cui non c’è quella dannosa

Intervista: Continuum

49


Intervista FANTASCIENZA

“Space Settlement” - John Berkey inversione delle gerarchie di cui dicevo prima. Dal mio punto di vista, quindi, Terre di Confine va benissimo così… Mi piacerebbe che fosse un po’ più “leggera” (ogni numero occupa diversi megabyte di disco rigido), ma è come desiderare di avere la botte piena e la moglie ubriaca, quindi fossi nei panni del direttore non cambierei assolutamente nulla.

C

redi che le fanzine, nel mondo, e in particolare in Italia, stiano diventando un punto di riferimento per tutti gli appassionati, o la strada in questo senso è ancora lunga? Quale influenza credi che possano avere sulle scelte editoriali, sui concorsi e così via? Le fanzine (e in particolare le e-zine) sono già un punto di riferimento per gli appassionati, specie per quelli ascrivibili al cosiddetto “fandom passivo”. Tra le ragioni del ruolo centrale delle riviste amatoriali nella diffusione dell’immaginario c’è quella squisitamente economica: un appassionato che legge fantascienza per passatempo non ha voglia di spendere centinaia di euro in abbonamenti. Il lettore vuole materiale a portata di mano e a portata di tasca. Le riviste web soddisfano questa esigenza, e, poiché spesso sono dotate di una qualità paragonabile a quella delle testate professionali, appare evidente che Internet offre un’eccezionale alternativa ai precedenti metodi di divulgazione del fantastico. Se l’editoria di genere è boccheggiante, una delle possibili spiegazioni è appunto quella di una concorrenza forte,

50

di buoni standard qualitativi, gratuita, la cui disponibilità sia immediata, variegata e pressoché illimitata. Ma la crescita dell’importanza delle fanzine si deve anche a degli aspetti meno veniali: il carattere amatoriale permette loro quella sperimentazione e quella ricerca che all’editoria sono praticamente precluse. Basti guardare gli scaffali riservati a fantasy e fantascienza di qualsiasi libreria: vedremo che vengono riproposti sempre gli stessi cliché, gli stessi prototipi, le ennesime variazioni sul tema. “Cavallo che vince non si cambia”, è così che si dice, no? Allora perché una casa editrice dovrebbe rischiare di pubblicare qualcosa di realmente innovativo che il pubblico potrebbe rigettare, quando riesce a tenersi a galla con saghe che ricalcano Il Signore degli Anelli o che offrono altre odissee spaziali? La SF britannica si sta sviluppando molto attorno ai filoni del postumanesimo, grazie ad autori che si stanno facendo largo nella scena internazionale quali Iain M. Banks, Ken McLeod e Charles Stross, ma qui in Italia non ne abbiamo praticamente traccia. Ecco allora che le fanzine possono ricoprire l’incarico di propellente culturale, in grado di vincere le inerzie e opporsi al manierismo di un fantastico stereotipato.

H

ai mai pensato alla possibilità di entrare nel mondo dell’editoria “vera”, di fare il gran salto in edicola o in libreria, insomma? Qualche editore ti ha mai contattato? A dire il vero no. Tempo fa si erano prospettate le

Intervista: Continuum


FANTASCIENZA possibilità di una collaborazione con la Perseo Libri per un’iniziativa che avrebbe dovuto coinvolgere la saggistica di entrambe le testate, ma per ora non se n’è fatto ancora nulla. Vedremo cosa accadrà più avanti. Per il resto, credo che l’approdo di Continuum in edicola potrebbe risultare un errore strategico: in anni recenti abbiamo visto come altre riviste fantascientifiche abbiano cercato questa strada senza successo. Riviste, detto per inciso, con delle linee editoriali molto meno fiscali di Continuum e quindi atte a compiacere un numero ben più nutrito di lettori rispetto a quanti potrebbe accontentarne una pubblicazione che del rigore ha fatto il proprio modo di essere e di proporsi. Diverso è il discorso della libreria: più volte sono stato sfiorato (ma anche accarezzato a piena mano, per dire la verità) dall’idea di proporre a qualche editore una raccolta del “meglio di Continuum”, cioè un’antologia con una decina di racconti selezionati tra quelli che abbiamo pubblicato dal 2000 a oggi, o in alternativa di chiedere ai nostri autori delle storie inedite da scrivere appositamente per l’iniziativa. È un’idea che non ho ancora abbandonato, e a tempo debito vedrò cosa si potrà fare.

P

ensi che esista la possibilità, per i molti appassionati che scrivono e costruiscono queste fanzine, di venir notati da qualche editore? O ritieni che il mondo dell’editoria “seria” abbia le sue regole, le sue “preferenze”, per così dire? Credo di no: ho l’impressione che le case editrici non cerchino e non si guardino attorno. Aspettano che sia tu ad andare da loro, piuttosto di essere loro a dover trovare te. Chi vuole approdare nel mondo dell’editoria professionale (ma quella amatoriale non è meno seria, e soprattutto non è meno competente) ha una sola strada da praticare: quella di scrivere un romanzo (non racconti, che pur essendo delle forme espressive altrettanto valide sono molto meno “piazzabili”) e spedirlo al “Premio Urania”, al “Premio Odissea” o a qualche grande casa editrice specializzata. Chi di dovere, leggerà le prime dieci pagine: se sarà soddisfatto proseguirà nella lettura, altrimenti cestinerà il dattiloscritto e all’aspirante romanziere non resterà che proporre il proprio lavoro da altre parti. Per passare questo filtraggio è indispensabile che il prodotto che si presenta sia rispettoso di certi cliché, come dicevo prima, senza discostarsi più di tanto dai modelli che vanno per la maggiore. Se un romanzo venisse giudicato poco digeribile da un’utenza abitua-

ta a determinati prototipi, questo romanzo verrebbe scartato, per quanto originale e coraggioso. Nessuno ha voglia di perdere denaro, neanche per amore della fantascienza.

C

osa pensi dei concorsi che si tengono in Italia? Il “Premio Urania” e il premio di Fantascienza. com, in particolare? Il prossimo anno il premio di Fantascienza.com non si terrà, a causa di alcune comprensibilissime difficoltà organizzativa della Delos Books. Al suo posto (e al posto di qualche altro concorso) ci sarà il “Premio Odissea”, che però sarà destinato al genere fantastico nel senso più ampio del termine. Non nascondo che sono un po’ dispiaciuto per questa svolta, proprio per quel discorso relativo alla “specificità” che facevo in precedenza. Oltretutto nello stesso anno dovremo rinunciare anche al “Premio Alien”, che era forse il più interessante concorso di SF riservato ai racconti dopo la scomparsa del “Courmayeur”. Quanto al “Premio Urania”, è forse l’unico concorso italiano che offre sbocchi professionali (o semiprofessionali) nell’ambito della narrativa fantascientifica. Emblematici sono i casi di Valerio Evangelisti e Luca Masali, i cui romanzi sono stati pubblicati anche all’estero ricevendo enormi consensi da parte di lettori e critica. Allo stato attuale, credo che il “Premio Urania” rappresenti un’opportunità assolutamente imprescindibile per la nostra SF.

R

itieni possibile che uno scrittore esordiente possa “sfondare”, oggi, senza avere le conoscenze giuste, ma solo il suo talento? E all’estero? Il talento non basta: ci vuole sicuramente anche l’esperienza che ti permette di sfruttarlo al meglio. Del resto, se è per questo, all’estero le cose vanno molto peggio: basta che il figlio, l’assistente, il fratello o il miglior amico di un grande scrittore deceduto affermi di aver trovato degli appunti del caro estinto per avere la possibilità di pubblicare un romanzo a suo nome, magari senza possedere nemmeno quel briciolo di talento che dovrebbe essere il punto di partenza. In Italia è sufficiente vincere il “Premio Urania” e sperare che il romanzo venda bene. Non è la più semplice delle cose, però quantomeno permette di avere delle chance anche senza godere dell’appoggio dei santi in paradiso. n Andrea Carta

Intervista: Continuum

51


Intervista

Intervista

FANTASCIENZA

ANJCE

Intervista a M. Blasich, G. Pueroni e L. Vergerio di Daniela “Dashana” Belli

“Ma con la tecnologia che ci circonda, la formula editoriale del fumetto ha ancora senso?” Antonio Serra

L

a frase, esclusivamente provocatoria, fa sorgere una domanda: per quale oscura ragione, ormai quasi due anni fa, in un periodo di recessione di vendita dei fumetti (la Bonelli, per esempio, aveva da poco ceduto alcune testate e chiuso altre), tre disegnatori decidono di pubblicare un nuovo fumetto di Fantascienza? Non si sarebbero chiamati i Fumatti per niente, non trovate? Il primo numero di Anjce viene presentato nel 2005 a LuccaComics e quest’anno la stessa manifestazione ha tenuto a battesimo il secondo. Miriam Blasich, Giacomo Pueroni (noto disegnatore di Jonathan Steele) e Luca Vergerio, pur impegnati nei loro lavori principali, hanno voluto tenacemente trovare il tempo per sviluppare quest’idea. Miriam infatti puntualizza che “non è un fumetto, tanto per citare Magritte, ma un pretesto per raccontare, a chi lo leggerà, alcune riflessioni sul significato della morte, se c’è un qualcosa dopo e soprattutto qual è la cosa più importante per noi. Per me, e per Anjce, l’unica preoccupazione è di ritrovare la persona amata anche dopo la morte”. Giacomo aggiunge: “Per me è stata l’opportunità di propormi con qualcosa di personale, su un tema che mi sta a cuore, la Fantascienza, senza alcun limite se non quello del numero di pagine. La possibilità di divertirmi – fattore primario – a scrivere e disegnare qualcosa che sentivo dentro” (ndr - ogni numero è diviso in tre parti e ogni disegnatore è anche sceneggiatore della propria). Anche Luca dice la sua: “Intendevo dar sfogo a tutto ciò che voglio raccontare in termini di Fantascienza, anche se, ovviamente, non è del tutto possibile. Anjce affronta delle tematiche parti-

52

Intervista: Anjce


FANTASCIENZA Miriam Blasich

colari, toccando corde quali la malinconia, la solitudine, il piacere di bere una tazza di cioccolato caldo mentre nevica... In Anjce, pertanto, riverso più quello che sono il mio carattere, le mie esperienze di vita, i piccoli e (apparentemente) insignificanti episodi di ogni giorno. La vicenda del primo numero, Lezioni di cioccolato, nel quale tutto ruota attorno a un piccolo oggetto smarrito, è ispirata alla mia quasi proverbiale disattenzione; il tocco di fantascienza viene aggiunto in seguito. Ti faccio un esempio… Poniamo che debba andare dal giornalaio e sia quindi costretto a uscire di casa. Magari potrebbe piovere e il mio ombrello potrebbe non aprirsi. Magari, cercando riparo in un negozio, potrei incontrare una commessa particolarmente carina. Un vero colpo di fortuna? Forse, ma (ed ecco il tocco di fantascienza) potrebbe non trattarsi di un caso... forse la commessa è una donna nata 3000 anni fa, che tiene in mano le redini dell’universo e ha scatenato la pioggia perché io raccontassi la sua storia… perché, ogni 100 anni, un disegnatore viene chiamato al suo cospetto… o forse no…” Luca ha quasi preceduto una mia curiosità: come è nata l’idea di Anjce? Miriam risponde di getto: “Spesso accade che l’idea di partenza si evolva senza che noi ce ne accor-

Salve! Io sono Miriam Blasich. Nata a Roma nell’estate del 1979 e residente poi in molte altre città (Firenze, Gorizia, Pistoia, Treviso e ancora Gorizia con breve soggiorno a Trieste). Ho sempre avuto come unici compagni di viaggio il disegno e un sacco di pensieri fantasiosi. Il diploma a pieni voti presso l’Istituto d’Arte, l’ho ottenuto a Lucca, e ritrovarmi a studiare in questa città mi ha fatto casualmente conoscere la manifestazione di fumetti più grande d’Italia: Lucca Comics. Subito dopo il diploma ho iniziato il mio lungo processo di fumettista autodidatta (con l’apporto a volte di corsi di grafica e fumetto), realizzando nel frattempo per privati copertine e illustrazioni, e, cosa molto importante, la mia prima storia a fumetti a episodi, “Vesna”, pubblicata in seguito sul mio sito web. Il ritorno a Gorizia (dove tuttora risiedo), ha aperto le porte alla collaborazione con la rivista cittadina “Isonzo-Soca”, che vede comparire al suo interno “Anja”, una mia storia a fumetti a colori ambientata in città. Per questa rivista ho disegnato la copertina numero 66. Nel 2005 ho ideato e realizzato il progetto per una guida turistica illustrata (contenente anche tavole a fumetti), dedicata alle città di Gorizia e Nova Gorica, dal titolo “Non ditelo a nessuno”, sovvenzionata dalla Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia e dal Comune di Gorizia. Sempre in occasione della realizzazione della guida, si è formato il gruppo dei Fumatti (Blasich-Pueroni-Vergerio) e ha preso vita “Anjce”, una poetica storia di Fantascienza pensata e disegnata a tre mani. Molti i progetti per il futuro, come l’ultimazione di “Amarangelo”, una storia autoconclusiva di 74 pagine, e il fumetto ambientato nell’antico Egitto “Hatshepsut”, scritto e disegnato assieme a Luca Vergerio. Il numero 2 di Anjce è uscito nel novembre 2006. Il terzo è in fase di creazione. Mentre tutto ciò prende vita, in momenti di quiete e pace me ne sto come una eremita e ascolto il vento e gli alberi, per imparare ad amare come loro. giamo. Diciamo che inizia a camminare con le proprie gambe, e le storie iniziano a nascere da sé. L’apporto di Luca e Giacomo in questo è stato fondamentale: seppur con background e stili diversi, siamo sempre riusciti a capirci al volo e tutte le storie pensate da loro si sono sempre armonizzate con l’idea di base che ho di Anjce, arricchendola di nuovi spunti e punti di vista. Mi sembra davvero fondamentale che accada così, naturalmente senza forzature o indicazioni da parte mia. In fondo credo che tutto ciò rispecchi il mondo di Anjce, in cui esistono rinati come lei, ma con la propria personalità ed esperienza di vita terrestre. Mi piace questa sua interazione con gli altri perchè dà la possibilità di mostrare al lettore personalità diverse e autonome, scritte e disegnate da tre autori diversi

Intervista: Anjce

53


Intervista FANTASCIENZA (Luca, Giacomo e io), tre persone con esperienze di vita differenti.” È evidente che Anjce nasce come una creatura di Miriam, come conferma Luca: “L’idea di Anjce in quanto ragazza che vive su un’isola nel cosmo con un animale come compagnia è interamente di Miriam. Io e Giacomo abbiamo soltanto dato il ‘la’ per la talpa. E il motivo per cui Miriam ha ideato Anjce è semplice: le avevo chiesto se aveva voglia di disegnare assieme a me (Giacomo si aggregò in seguito) una storia di Fantascienza da pubblicare sul Web. Ecco tutto!” A questo punto, considerando che stiamo parlando di tre personalità diverse, ogni numero risulterà omogeneo, o la “non omogeneità” dello stile e delle storie può definirsi un particolare che contraddistingue Anjce? Giacomo risponde: “L’idea iniziale era di proporre qualcosa di simile alle vecchie riviste, in cui gli stili mutavano, ma in cui era possibile raccontare una stessa cosa sotto diversi punti di vista. Il risultato è vario, certo, ma ogni numero rappresenta un esperimento in sé, su cui si può discutere, confrontarsi, si possono acLuca Vergerio Nacqui in una radiosa mattinata di maggio, allorché si era nel primo volgere dell’ottava decade del secolo XX.... Ok, ricomincio… Classe 1981, vivo e lavoro a Trieste – città nella quale sono anche nato – e ho la Fantascienza nel sangue, inutile negarlo. Mi sono diplomato nell’anno 2000 all’Istituto d’Arte della mia città, ottenendo il massimo dei voti. Principalmente mi occupo di grafica, ma in realtà lavoro anche come illustratore, vignettista, fumettista e (rullo di tamburi) pittore di miniature (avete presente quei soldatini piccini piccini?). Le mie collaborazioni come disegnatore sono tutte con riviste: da 4 anni ormai collaboro con Hera (rivista di archeologia non ortodossa), ho lavorato per Delos come illustratore, ho iniziato quest’anno a lavorare nella redazione di Airshows (rivista specializzata nel settore delle manifestazioni aeree, distribuita negli aeroporti militari e civili) e da gennaio 2007, insieme a Giacomo, sarò illustratore di Robot (storica testata di Fantascienza), sulla quale dovremo proseguire nel compito che è stato di Festino. Ce la metteremo tutta! Progetti futuri nel campo del fumetto sono la storia d’amore e fantascienza ambientata nell’antico Egitto di Senmut ed Hatshepsut, insieme a Miriam, e un progetto personale sul quale rimango un po’ abbottonato, essendo al momento al vaglio di un paio di case editrici. Nel frattempo… disegno....

54

cettare critiche e suggerimenti.” “Gli stili di ognuno vengono rispettati pienamente – aggiunge Miriam – e ognuno disegna con la propria sensibilità e può davvero esprimersi liberamente, seppur badando a conservare la coerenza della storia. Ciò, a livello narrativo, permette di offrire al lettore storie avventurose, umoristiche, intimiste, cioè un fumetto con varie sfaccettature, come del resto è la vita stessa di ognuno di noi; anche per questo Anjce ‘non è un fumetto’ ma qualcosa di più. Forse per il mondo dell’editoria è un po’ un azzardo, ma io credo che al pubblico si debba offrire sempre qualcosa di onesto e non pianificato sulle leggi di mercato. Con il numero 2 di Anjce c’è un’evoluzione sia nella storia che nei disegni, stiamo entrando nel vivo del progetto. Il mio prossimo episodio sarà un esperimento a livello di sceneggiatura, che sto scrivendo assieme a un giovane regista. Spero che i lettori pazientino, perché ne varrà la pena, è assicurato!” Luca conclude: “DEVE assolutamente NON essere omogeneo. È il punto fisso che ci siamo proposti da sempre, cioè dimostrare che si possono raccontare storie della stessa protagonista con stili completamente diversi! Io, poi, sono sempre stato convinto che debba essere il disegno, il tratto, ad adattarsi alla storia e non il contrario. Per cui posso garantirti da subito

Intervista: Anjce


FANTASCIENZA che se la storia sarà drammatica il mio segno sarà violento, se sarà comica disegnerò in modo completamente diverso. Molti sostengono che in questo modo non sarò riconoscibile… e io dico che la mia ‘riconoscibilità’ dipende dal mio gusto per la ricerca costante di uno stile diverso.” Ma chi è Anjce? “Una donna che ha avuto una vita lunga e intensa e poi è morta. E fino a qui è tutto normale – mi spiega Giacomo –. Che succede poi? Qualcosa non va come ci si aspetta, perché la donna si risveglia in un letto accogliente, in una casetta immersa nella campagna, che ricorda un po’ quella dei suoi sogni, con un corpo che non è il suo, ma quello con cui si immaginava da giovane. Tutto a posto? No, affatto. Il suo nuovo corpo è artificiale e la casa è su un pezzo di roccia che vaga nello spazio, con un sofisticato meccanismo (umano? alieno?) che genera gravità e atmosfera. Ad alleviare la sua solitudine ecco una piccola talpa, Horo, estremamente ghiotta di cioccolato, con la quale stabilisce una specie di empatia. Intorno ad Anjce altre isole, altri ‘rinati’ come lei, ognuno chiuso nel proprio mondo privato. Quanti? Pochi o l’umanità intera? Che ne è stato del suo mondo, come lo conosceva lei? Perché

Giacomo Pueroni Abbiamo già pubblicato nel n. 2 di TdC (anno II n. 1) una breve biografia di Giacomo Pueroni; eccone un aggiornamento: Negli ultimi anni ho continuato a lavorare su Jonathan Steele, di cui sono diventato ormai uno dei disegnatori “veterani”. Con lo sceneggiatore della testata Federico Memola nel 2006 ho realizzato il numero zero di Harry Moon, per le 001 Edizioni, fumetto di Fantascienza in grande formato e a colori. In ambito locale ho collaborato, con disegni e testi, alla “Guida delle Gorizie” pubblicata dal Punto Giovani di Gorizia, e ho dato vita, nel 2005, al personaggio di Anjce, con gli amici del gruppo Fumatti. Da gennaio 2007 collaborerò con la rivista di fantascienza Robot. Seguo inoltre diversi altri progetti, dalla grafica al fumetto, che si svilupperanno nei prossimi mesi. Dove trovo il tempo di fare tutto ciò, non lo so nemmeno io... nella casa si trovano degli oggetti inutili? Una cassetta della posta, un telefono muto, a che servono? È come se chi ha progettato quel luogo non avesse capito il loro scopo, ma ce li avesse messi perché in origine dovevano esserci.” “Perché Anjce si ritrova su quell’isola vagante nello spazio, perché la talpa è con lei? Forse era già in quel pezzo di terra quando l’isola è stata generata, partendo da un corpo celeste più grande.” “Corpo nuovo, vita nuova? Anjce è il suo nome attuale, non quello che aveva in vita, nella vita precedente, in cui era di carne e ossa. Ignora il perché di tutto ciò, ma è decisa a non perdere tempo: se è vero che nella vita bisogna avere uno scopo, il suo diventa quello di ritrovare l’uomo che amava, ascoltando lo spazio esterno con un’apparecchiatura che si è costruita, cercando di percepire un richiamo o un segnale, nell’intento di scoprire se anche lui è rinato, ignorando peraltro quale potrebbe essere il suo nuovo aspetto.” “In vita Anjce era stata una DJ, qui ascolta i suoni dell’universo. Sempre cosciente che la sua esistenza e quella dei rinati è un mistero, che forse un giorno avrà delle risposte. Ma trovare queste risposte non è un suo compito. Che ci pensi qualcun altro.” n Daniela Belli Dove trovare Anjce? Nelle fumetterie (che lo possono ordinare dal catalogo della Panini o alla Hunter Distribuzioni), oppure sul sito web http://www.123stella.com/, o può essere richiesto direttamente all’editore Artefumetto tramite e-mail o posta tradizionale.

Intervista: Anjce

55


Fumetto

Fumetto

FANTASCIENZA

BONVI E LA FANTASCIENZA di Andrea Carta

C

osa avranno mai in comune il famoso cantautore Francesco Guccini e il fumettista Franco Bonvicini, in arte “Bonvi”, tranne il fatto di essere entrambi modenesi? Per quanto possa sembrare strano, i due, conosciutisi da ragazzi nel lontano 1956 e poi rimasti amici sino alla morte di Bonvi (avvenuta in un incidente stradale nel 1995), hanno condiviso negli anni Sessanta la passione per i fumetti e la fantascienza, gli uni e l’altra guardati, in quell’epoca, con diffidenza se non con aperto disprezzo, e forse proprio per questo capaci di attirare due persone decisamente fuori dal comune, come il cantautore de “La locomotiva” e l’autore delle immortali Sturmtruppen. Inevitabile che l’amicizia fra due menti così creative sfociasse in qualche forma di collaborazione: non potendo questa essere di tipo musicale (“Bonvi era stonatissimo”, affermerà Guccini nella sua autobiografia), l’unica strada percorribile era quella del fumetto. Non che Guccini sapesse disegnare, ma se non altro sapeva scrivere, e tanto bastò, tra il 1969 e il 1970, per dare vita alle Storie dallo spazio profondo: sette racconti di fantascienza rimasti profondamente radicati nell’immaginario collettivo dei pochi (all’epoca pochissimi) appassionati, al punto che ancora oggi non è raro sentirne citare qualche battuta. Chi non ha mai sentito parlare del misterioso “anastrone catafrattico”, per esempio? Le sette storie furono pubblicate sulla rivista Psyco, una delle innumerevoli pubblicazioni d’avanguardia – sorta di fanzine letterarie – che pullulavano negli anni Sessanta, dando spazio e fama – di certo non soldi – ad autori giovani ed emergenti. Psyco è defunta, come decine di consorelle più (Comic Art, Totem…) o meno famose (Off-side, Fan…), ma il successo permise a Bonvi di farsi un nome e di sfondare definitivamente nel campo del fumetto: le sue Sturmtruppen, negli stessi anni, vengono pubblicate addirittura su un quotidiano importante come “Paese Sera” (peraltro defunto a sua volta una quindicina di anni fa), e nei primi anni Settanta i suoi fumetti

56

Fumetto: Bonvi e la Fantascienza


FANTASCIENZA/UMORISMO arrivano addirittura in TV, con la famosa trasmissione “Gulp”, centrata sul personaggio di Nick Carter. Anche per questo la lettura delle “Storie” è un’esperienza interessante: una via di mezzo tra quella che potremmo chiamare “archeologia fumettistica” – gli inizi di due autori affermatisi in un secondo tempo sono sempre interessanti – e “divertissement” allo stato puro, come raramente si vede in Italia. Bisogna forse ricordare come questo sia uno dei paesi in cui la satira, invece di divertire, crea più che altro fastidio e preoccupazioni? In Italia il fumetto è al 90% avventura – magari con sfumature brillanti, ma sempre avventura, come Gea, di cui si è parlato in TdC n. 3 – e il restante 10% viene quasi sempre confinato in prodotti di “nicchia”, che, nel migliore dei casi, si trovano solo in libreria, e nel peggiore… non si trovano affatto. Basta provare per credere: chi volesse procurarsi una copia delle “Storie”, come pure delle successive Cronache del dopobomba – le prime ripubblicate nel 1979 negli Oscar Mondadori, le seconde dall’editrice Savelli, l’anno seguente – girerebbe invano negozi e mostre, e se non fosse per l’onnipresente eBay dovrebbe ben presto gettare la spugna e rassegnarsi a sentire i resoconti dell’amico del cognato che anni prima, dal cugggino della sua ragazza di turno, aveva visto da lontano il fumetto… Ma solleviamo finalmente il velo da queste misteriose “Storie”: sette brevi avventure, come si diceva, che narrano le vicissitudini tragicomiche di un anonimo “puttaniere dello spazio” (classico prototipo di eroe disilluso, alla Bogart/Willis, o meglio, alla Malcolm Reynolds, per chi ha visto Firefly) e del suo fedele – o quasi – compagno, un robot vagamente antropomorfo, la cui intelligenza permette spesso a entrambi di cavarsela per il rotto della cuffia anche nelle situazioni più disperate. Il primo altri non è che lo stesso Bonvi (anche nell’aspetto); il robot, naturalmente, è Guccini. La prima avventura vede la nascita della strana coppia: il robot vince al gioco la scassata astronave del suo compagno e ne assume il comando, nonostante le proteste dell’ex proprietario; sarà solo dopo averlo tirato fuori da una situazione complicata (e avergli trovato un’astronave migliore) che i due diventeranno amici. In seguito, assisteremo al loro tentativo di trarre un po’ di soldi da una stazione televisiva abbandonata nello spazio, alla guerra contro un dittatore che ha usurpato il trono di una procace principessa (solo una delle molte donnine, provocanti quanto pericolose, che diventeranno una caratteristica di Bonvi), a un’avventura molto “dickiana” in cui una famosa cantante

Fumetto: Bonvi e la Fantascienza

57


Fumetto FANTASCIENZA

si rivelerà essere un sofisticato androide, e infine alla scoperta di Dio (!) al seguito di un gruppo di pellegrini fermamente convinti della sua esistenza. Le ultime due storie, realizzate dal solo Bonvi (Guccini se ne era andato in America alla ricerca di Eloise Dunn, la donna a cui è dedicata la canzone “L’orizzonte di K.D.”) riadattando due racconti di Sheckley, sono più corte e meno “graffianti”, ma anche più ricche di colpi di scena. L’autore americano non è Guccini, e la differenza si sente tutta, per quanto sia innegabile che il primo abbia ispirato il secondo. Il valore delle “Storie”, probabilmente, risiede proprio nei testi del cantautore di Pavana, che vanno molto al di là di un semplice tentativo di trovare risvolti umoristici tra le pieghe di un racconto di fantascienza: le trame di Guccini lasciano affiorare da ogni pagina una satira sociale e una visione pessimistica del nostro futuro, visione oltretutto inquietante alla luce di quello che sta diventando il nostro mondo già oggi. Ai problemi che caratterizzavano la fantascienza degli

58

anni Sessanta – come la sovrappopolazione e l’emigrazione forzata – si affiancano l’invadenza della pubblicità e lo sfruttamento degli artisti da parte di multinazionali senza scrupoli: tutti temi che, pur essendo già tipici della società americana di quell’epoca, erano ancora ignoti dalle nostre parti. E tali sono rimasti almeno sino agli anni Ottanta, quando è iniziata la nostra progressiva “americanizzazione”. Il disegno di Bonvi, sfortunatamente, non sembra al suo massimo, se confrontato con quello di Nick Carter o delle Sturmtruppen. Piani lunghi si alternano senza criterio a primi e primissimi piani, prospettive e proporzioni sembrano scelti a caso, e personaggi disegnati in modo realistico si affiancano ad altri decisamente caricaturali: l’impressione è che Bonvi si trovi più a suo agio con storie brevi, semplici e lineari, e battute più fulminanti rispetto a quelle, troppo cerebrali, che Guccini era in grado di offrirgli. Non sarebbe il primo né l’ultimo caso di due autori che non si accordano perfettamente, per quanto le “Storie”, nonostante tutto, rimangano ben al di sopra della media del fumetto “made in Italy”, e non temano confronto con la maggior parte dei prodotti odierni, che sono in genere il frutto di catene di montaggio ben oliate e organizzate piuttosto che della creatività di qualche autore. Ma è indubbio che non tutto, nelle “Storie”, funzioni a perfezione: la riprova ce la darà lo stesso Bonvi, quando, solo pochi anni dopo (nel 1974), comincerà – da solo – la produzione delle sue Cronache del dopobomba, serie di brevissime storie (tutte di due, o al più di quattro pagine) che narrano la degradazione subita dall’umanità dopo la consueta catastrofe che ha riportato ogni cosa all’età della pietra. Libero di esprimersi nei modi semplici e immediati che preferisce, Bonvi

Fumetto: Bonvi e la Fantascienza


FANTASCIENZA/UMORISMO dà vita a un affresco geniale e particolarmente amaro, che ci mostra i pochi scampati alla catastrofe ormai dediti al cannibalismo, alle prese con un mondo in cui ogni angolo, ogni rifugio, ogni richiamo può nascondere una minaccia mortale. Le mutazioni genetiche, probabile conseguenza dell’esposizione alle radiazioni della “bomba” che dà il titolo alla serie, sono presenti in quasi tutti i sopravvissuti; qualcuno, addirittura, arriva a considerare “mutato” o “diverso” chi ha mantenuto sembianze umane. Il mondo descritto nelle “Cronache” è desolato, pieno di rovine fra le quali si stenta a riconoscere un elemento familiare, un edificio, un macchinario; e ciò che sopravvive non induce all’ottimismo – celebre il cartello ritrovato nella Cronaca XI: “Posti riservati: proibito ai passeggieri di colore”. Per i sopravvissuti non c’è speranza, non c’è futuro; i tentativi di conservare una traccia di umanità nascondono ben altri fini (Cronaca XXIX, col “kindergarten” che diventa rapidamente un ristorante) o, quando sono sinceri, si trasformano in fatali momenti di debolezza (Cronaca XLII, col fiorellino che cresce e diventa una pianta carnivora). Tutto ciò che si muove, parenti inclusi, è cibo potenziale; tutto ciò che non si muove può diventare un’arma. Dalla pubblicazione delle “Storie” sono passati quattro anni, nei quali Bonvi ha molto affinato il suo stile e aumentato la sua fama, tanto che può pubblicare le sue “Cronache” su Eureka, rivista di fumetti che all’epoca rivaleggiava con Linus (e che da tempo, tanto per cambiare, ha chiuso le pubblicazioni), e andare avanti sino al 1979. Esistono 43 “Cronache”, scritte e disegnate in uno stile sarcastico, a tratti quasi feroce, che ricorda quello delle Sturmtruppen: il disegno ha raggiunto la piena maturità, lo stile è uniforme, senza più alcuna traccia di realismo, il tratto sicuro e le prospettive (sempre campi lunghi, statici, tranne qualche caso in cui il primo piano serve a nascondere un dettaglio rivelatore) sono pienamente funzionali alla narrazione. Tutte le “Cronache” presentano situazioni semplici, a volte quasi tranquille (nei limiti offerti da un mondo semidistrutto), ma che nell’ultima vignetta si chiudono con un piccolo colpo di scena: da un lato la risata è assicurata, ma dall’altro lo sgomento induce a riflessioni amare, e sempre non banali. Che dire del tipo che ascolta l’Internazionale e cerca di riportare

due suoi compagni agli antichi ideali di fratellanza e solidarietà, ma alla fine diventa il loro pranzo? O del massacro che avviene intorno a una scatoletta ritrovata tra le macerie di un supermercato, e che alla fine si rivela contenere della vernice – e non del cibo? La lettura delle “Cronache”, oggi, è un’esperienza nello stesso tempo piacevole e dura da sostenere. Se negli anni Settanta si parlava continuamente del pericolo nucleare e non era inconsueto imbattersi in fumetti, film e romanzi dedicati al tema del “dopobomba”, oggi l’esistenza delle bombe atomiche è stata quasi dimenticata e si pensa soltanto ai problemi causati dal terrorismo (vero o presunto). Come comprendere le paure dell’epoca? Come leggere le “Cronache” senza vederci solamente l’ennesimo fumetto “splatter”? E soprattutto, siamo davvero sicuri che il dorato futuro che ci aspetta, dominato dalle esigenze televisive/pubblicitarie e senza più alcuna privacy, sacrificata sull’altare della sicurezza (reale o ipotetica), sia davvero migliore di quello immaginato da Bonvi 30 anni fa? n Andrea Carta

Fumetto: Bonvi e la Fantascienza

59


Fumetto

Fumetto

FANTASCIENZA

NATHAN NEVER (aa.vv., 1991 )

di Francesco Viegi

P

er me, parlare di un fumetto come Nathan Never non è come recensire un libro od un film, per due ragioni. La prima è di ordine “tecnico”: la produzione è articolata e si è sviluppata negli anni (dal 1991 ad oggi per un totale di 191 numeri, più gli speciali e gli spin off della collana) dando spazio a molti personaggi e svariati filoni narrativi, pertanto richiede un’analisi dettagliata e strutturata. La seconda ragione è di ordine personale: l’albo n° 1 di Nathan Never, “Agente speciale Alfa”, non mi è capitato tra le mani per caso, è stato il primo che ho scelto di comprare, che ho voluto leggere e deciso di collezionare. Forse sarà stato merito del geniale disegnatore Castellini, che si pregiò di illustrarlo poco prima di essere catapultato nell’olimpo dei fumetti, l’America della Marvel; forse sarà stata la grande intuizione degli sceneggiatori Michele Medda, Antonio Serra e Bepi Vigna, capaci di mettere assieme un humus di fantascienza quanto mai fertile, digerendo le più disparate suggestioni cinematografiche e letterarie, armonizzandone l’aroma con sapienza. Perché in Nathan Never non c’è solamente un agente speciale esperto di arti marziali che lavora per un’agenzia privata, vi si trovano richiami a tutta la fantascienza, grande e piccola, che seminano germogli d’interesse per questo tipo di letteratura. Per capire quanto vasto sia l’ambito fantascientifico fissato nelle tavole di questo fumetto, proviamo ad analizzarne alcuni filoni. Nathan Never assomiglia all’Harrison Ford di Blade Runner (il film di Ridley Scott, datato 1982, tratto dal romanzo di Philip K. Dick Il cacciatore di androidi – in originale Do Androids Dream of Electric Sheep? –, 1968) in parte per il look (cappotto lungo, barba incolta), in parte per l’umore e per il suo tipo di lavoro. Tuttavia accostare troppo i due personaggi sarebbe superficiale. Nathan Never è un ex militare con un passato da Space Marine precedente al periodo in cui inizia la storia

60

Fumetto: Nathan Never


FANTASCIENZA narrata. Nasce in campagna nei pressi di Gadalas, lontano dalle grandi città; maggiorenne, si arruola nella fanteria dello spazio (vedi il romanzo Fanteria dello spazio – in originale Starship Troopers – di Robert A. Heinlein, 1959). Tornato poi sulla Terra, entra a far parte della polizia e conosce Laura Lorring, divenuta in seguito sua moglie. Lo stile di vita e le avventure extraconiugali minano il matrimonio che finisce tragicamente con la morte della moglie e il rapimento della figlia Ann, ad opera del criminale psicopatico Ned Mace, proprio mentre Nathan è tra le braccia della sua amante, il procuratore Sara McBain. Il trauma spiega sia il carattere del personaggio, sia la comparsa del ciuffo di capelli bianchi che, come una firma, lo contraddistingue. Per recuperare l’equilibrio e riuscire a rifarsi una vita, l’agente si rifugia sulla stazione orbitante Tersicore, presso un tempio di monaci dove apprende la disciplina e la filosofia del jeet-kune-doo. Qui viene rintracciato da Reiser, il presidente di una compagnia investigativa (l’Agenzia Alfa), che gli offre un ingaggio; Nathan, per soldi, accetta, spinto dall’esigenza di dover assicurare alla figlia Ann, diventata autistica dopo il rapimento, le migliori cure. Qui comincia la storia descritta negli albi, che intreccia al filone narrativo principale, legato alle vicissitudini personali del protagonista (vedi ad esempio il n° 18, “L’abisso delle memorie”, e il n° 19, “L’undicesimo comandamento”), moltissime trame secondarie. Nel primo numero viene affrontato il problema dei robot, degli androidi e delle leggi della robotica che ne disciplinano l’esistenza limitandone il libero arbitrio. Questo tema, ripreso più volte durante la serie (ad esempio nel n° 28, “Io, Robot” del 1993), raccoglie gli stimoli e le idee presenti in testi come Io, Robot (in originale Robbie, 1940) o L’uomo bicentenario (The Bicentennial Man, 1976) ambedue di Isaac Asimov, mettendo in luce tutti i dubbi morali che i grandi autori di fantascienza si sono posti sul concetto di identità e di individuo; concetto presente, se pure con una prospettiva leggermente diversa, anche in tutti i numeri dedicati ai “mutati” (vedi ad esempio il n° 7, “La zona proibita”, e il n° 10, “L’inferno”) dove vengono affrontati i problemi dell’integrazione e della ghettizzazione del diverso. Interessante, a questo riguardo, la corrispondenza tra stratificazione sociale e livelli della città. La megalopoli in cui Nathan Never vive e lavora è strutturata su sette livelli che ben rappresentano, dal basso verso l’alto, la gerarchia politico-economica delle persone che vi abitano. Così se il settimo livello, composto da lussuosi edifici ultramoderni, è occupato da cittadini di serie A i cui diritti superano di gran lunga i do-

Fumetto: Nathan Never

61


Fumetto FANTASCIENZA veri, i mutati, necessari tanto quanto i robot per lo svolgimento dei lavori più umili, vengono relegati nei fatiscenti primi livelli della città o, peggio, se ritenuti pericolosi, ghettizzati in una specie di isola (Hell’s Island) che tanto somiglia alla Manhattan del film 1997: Fuga da New York (Escape from New York di John Carpenter, 1981). Tramite la china delle tavole, grazie alla magia del fumetto, gli autori stimolano il lettore ponendogli interrogativi etici e morali di difficile soluzione, evitando di rispondere chiaramente, lasciando semmai intuire la loro posizione attraverso gli atteggiamenti e i pensieri del cupo e silenzioso protagonista. Un altro tema di grande importanza all’interno della serie è quello delle organizzazioni corporative che, col loro potere economico, mediatico e militare, controllano in gran parte le sorti del pianeta. Si tratta di associazioni segrete, come la Fratellanza Ombra descritta a partire dal n° 8 (“Uomini Ombra”), o di sette religiose come quella guidata da Aristotele Skotos e da suo figlio Kal che utilizzano la religione per controllare ed influenzare la popolazione. Intrigante la scelta dell’oggetto di culto della setta di Skotos: il Monolito Nero (vedi n° 2, “Il Monolito Nero”); evidente, ancora una volta la citazione: il parallelepipedo nero di 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick, 1968). Molta cura, sia per la varietà che per i temi ad essi correlati, viene riservata agli scenari descritti all’esterno della città. Si tratta sempre di spazi aperti e smisurati la cui desolazione contrasta in modo stridente con l’altissima densità di anime e cemento che avviluppano la megalopoli. Ad ognuno di questi ambienti è collegato un diverso filone narrativo. Nei n° 14 e 15 (“Terra bruciata” e “I predoni del deserto”) è descritto l’ambiente desertico e radioattivo del Territorio (ripreso anche in altri albi, come il n° 17, “Sopravvivenza zero”) dove vige una sorta di statuto speciale. Le influenze del film Interceptor (Mad Max di George Miller, 1979) e dei sequel sono manifeste, tanto quanto quelle del romanzo Dune di Frank Herbert (1965) e della sua omonima trasposizione cinematografica (di David Lynch, 1984). Esse diventano ancor più esplicite nel n° 67, “L’enigma della caverna”, nel quale si svela per intero la similitudine tra i Vermi delle Sabbie di Herbert e i Centozampe di Nathan Never. Nel n° 6, “Terrore sotto zero”, Nathan Never si trova catapultato tra i ghiacci in un sito produttivo che ricorda quello descritto nel film Atmosfera Zero (Outland di Peter Hyams, 1981), dove si affronta il problema dell’isolamento e dell’uso delle droghe sintetiche. Il tema della droga sembra interessare molto gli autori: impossibile ci-

62

Fumetto: Nathan Never


FANTASCIENZA tare tutti gli albi in cui compare come elemento centrale o secondario. Si passa dalle droghe assunte per migliorare le capacità di combattimento dei soldati, come nel n° 11, “Fanteria dello Spazio”, e nel n° 12, “L’ultima battaglia”, a quelle che gli sportivi prendono per eccellere, nel n° 16, “Il campione”, omaggio allo splendido film Rollerball (di Norman Jewison, 1975), alle redditizie “alghe” dell’albo n° 42, “Paura sul fondo”. Usato per le più disparate sceneggiature, un discorso a parte va fatto per lo Spazio, che fa da sfondo a moltissimi albi. Nel n° 13, “Oltre le stelle”, per esempio, Nathan si reca su una stazione orbitante per indagare sulla morte misteriosa di uno scienziato, mentre nel n° 74, “L’orbita spezzata”, deve opporsi al tentativo di distruggere i raccolti della stazione orbitante Urania; nel n° 79, “Incubo nello spazio”, il nostro agente speciale vola sul laboratorio spaziale Nemesi per conto della Human Research. Ma Spazio non significa solamente stazioni orbitanti: nel n° 68, “Il pianeta rosso”, gli autori spediscono Nathan su Marte, mentre nel n° 63, “Il mare della desolazione”, lo fanno viaggiare su un volo per la Luna, dirottato dal Gruppo di Liberazione dei Mutati. L’evidente spirito “citazionista” si manifesta al di là del genere fantascientifico: la pellicola L’ultima onda (The Last Wave di Peter Weir, 1977) ha ispirato l’omonimo n° 29, e il giallo descritto nel n° 72, “Il sogno della farfalla”, conserva il retrogusto de Gli occhi di Laura Mars (Eyes of Laura Mars di Irvin Kershner, 1978); ma la citazione più esemplare tra tutte è probabilmente quella presente nel n° 27, “Cuore di tenebra”, nel quale Nathan si addentra nella Natura da cui, in un certo qual modo, proviene, proprio come accade al protagonista del film Apocalypse Now (di Francis Ford Coppola, 1979) e prima di lui a Marlow la cui incredibile avventura è descritta in modo magistrale da Joseph Conrad nell’indimenticabile romanzo Heart of Darkness, pubblicato nel 1906 (non a caso la guida che accompagna Nathan nella sua ricerca si chiama Marlowe). Gli argomenti trattati negli ormai quasi 200 numeri di questa collana sono ancora moltissimi, basti citare il Cyberspazio (vedi il n° 62, “Discesa agli inferi”), oppure le capacità psicocinetiche degli Shine (vedi il n° 5, “Forza invisibile”, il n° 30, “L’enigma di Gabriel”, il n° 31, “Il canto della balena”, il n° 45, “Progetto mortale” ecc.), che possono appartenere ad esseri umani, alieni, animali e persino computer. Altre tematiche, pur comparendo in maniera più spiccata in alcuni numeri, restano “fil rouge” trasversali a tutta la produzione. Particolarmente interessanti quelle relative all’ambiente e alla cultura. Se è vero che nei n°

Fumetto: Nathan Never

63


FANTASCIENZA 34, 35 e 60 (“Buffalo Express”, “Le terre morte”, “Sfida negli abissi”) Nathan combatte apertamente per la difesa dell’ambiente, il suo amore per tutto ciò che è naturale ed ecologico, tanto quanto l’attaccamento alla cultura, è testimoniato attraverso pensieri e piccoli gesti quotidiani presenti in tutta la collana. Vincente la scelta degli autori di creare un personaggio che ami la lettura e il cibo. Nathan deve toccare i libri, odorarne la carta, perché questo semplice gesto gli regala un piacere simile a quello della buona cucina; tra mangiare e gustare c’è la stessa differenza che passa tra il leggere da un asettico schermo e lo sfogliare un buon libro. Menzione finale per lo spaziotempo ed i biodroidi, due temi spigolosi ed ostici di cui la fantascienza è costellata e che in questo fumetto sono intrecciati indissolubilmente (vedi, tra gli altri, il n° 46, “La Fratellanza Ombra”, e il n° 47, “Exodus”). È questa a mio avviso la nota dolente, il punto morto della storia, il motivo che mi ha spinto ad interromperne dopo tanti anni la lettura. Trattare argomenti relativi allo spaziotempo, al “futuribile” (inteso come porta temporale del domani sull’oggi), in maniera approssimativa porta a contraddizioni, in alcuni casi potenziali in altri evidenti. Gli autori, invece di prendere spunto da pellicole ineccepibili come L’esercito delle dodici scimmie (Twelve Monkeys di Terry Gilliam, 1995) o Philadelphia Experiment (The Philadelphia Experiment di Stewart Raffill, 1984), si sono lasciati affascinare dalla trilogia di Terminator (The Terminator di James Cameron, 1984) la cui coerenza scricchiola sempre di più, bobina dopo bobina. Difetta di approssimazione anche l’argomento “biodroidi”, non tanto in merito al contenuto quanto per il linguaggio inefficace con cui lo si è proposto. L’ibridazione tra uomo e macchina, tra bios e tecnos, avrebbe meritato ben altro stile narrativo, meno lineare, meno banale di quello utilizzato dagli autori di Nathan Never. Come sosteneva De Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana, tra forma e contenuto non deve esistere dissociazione palese perché essi sono l’uno nell’altro. Pensiamo a un film come eXistenZ (1999) e a come il regista Cronenberg sia riuscito a parlare dell’ibrido con un linguaggio affascinante e visionario, in perfetta sintonia col tema… Purtroppo in Nathan Never questa sintonia cala appena entrano in gioco biodroidi e viaggi nel tempo. Le debolezze sopraccitate, tuttavia, non intaccano più di tanto la validità complessiva di un fumetto che, da più di quindici anni, è presente in tutte le edicole d’Italia e il cui principale merito resta quello di attrarre un pubblico giovane verso il meraviglioso mondo della fantascienza. n Francesco Viegi

64

Fumetto: Nathan Never


I Grandi Fumettisti FANTASCIENZA

“Colonnello Vostok”, Onofrio Catacchio link dell’autore: From Kosmograd

Onofrio Catacchio

65


Cinema

Cinema

FANTASY

PICCOLO BUDDHA (B. Bertolucci, 1993)

di Romina “Lavinia” Perugini

UNA FAVOLA PER CERCARE SE STESSI Quando il cinema profuma di divino

T

itoli di coda: una mano distrugge in un attimo l’opera perfetta e straordinaria, frutto di una dedizione totale volta a ricercare eternamente il profondo significato della vita. Questa virtuosa creazione prende il nome di Mandala, dove minuscoli granelli di sabbia colorata vanno a disegnare figure geometriche che si intersecano, alternate ad immagini dal profondo potere allegorico. E la mano è quella di una cultura lontanissima dalla realtà occidentale, distante da quel tipo di cinema che ancora non osava avvicinarsi alle mistiche filosofie orientali, considerate immensamente diverse dall’idea di religione fino ad allora comunemente intesa, un panteismo di altri mondi, dove la naturale bellezza delle cose è l’unico Dio legittimamente riconosciuto, e dove la sofferenza va sconfitta con la forza della semplicità. Con questa stessa arma Bernardo Bertolucci, ormai al termine di un trittico dedicato all’Oriente, ci traghetta nelle vesti di Caronte buono al confine tre due luoghi così dissimili, non tanto definiti nelle carte geopolitiche quanto nel grande libro della storia del genere umano. Levante e ponente si incontrano quando Lama Norbu, dal lontano Buthan, sotto indicazione del discepolo Lama Kenpo Tenzin, si reca a Seattle per conoscere il piccolo Jesse Conrad, ritenuto probabile reincarnazione del defunto maestro Lama Dorje. Nel tempo che il bambino trascorrerà con l’anziano sapiente, tra i due verrà a crearsi una soprannaturale alchimia, dove l’uno saprà regalare all’altro qualcosa di nuovo, di impalpabile e prezioso. Parole e gesti infantili ma allo stesso tempo simbolici quelli di Jesse; pensieri profondi e verità di inestinguibile valore quelli espressi da Lama Norbu. Maestro e discepolo, di nuovo ritrovatisi – anche se i ruoli paiono essersi ribaltati – vengono scrutati con particolare curiosità dalla madre di Jesse, Lisa, in cerca anche lei di una sapienza ultraterrena da cui si sente ancora lontana. L’atteggiamento di

66

Cinema: Piccolo Buddha


FANTASY Scheda Tecnica Titolo originale: Little Buddha Costumi: James Acheson Produzione: GB/FRA, 1993, CiBy 2000/RPC/ Effetti speciali: Terry Bridle Serprocor Anstalt Effetti visivi: Nicholas Brooks Durata: 139 minuti Produttore: Jeremy Thomas Regia: Bernardo Bertolucci Soggetto: Bernardo Bertolucci Premi: Sceneggiatura: Rudy Wurlitzer, Mark Peploe Vincitore Nastro d’Argento 1994 (a Vittorio Fotografia: Vittorio Storaro Storaro, “miglior fotografia”); Montaggio: Pietro Scalia nomination Grammy Award 1995 (Ryuichi Musica originale: Ryuichi Sakamoto Sakamoto, “Best Instrumental Composition Written Scenografia: James Acheson for a Motion Picture or for Television”) Dean, il padre del bambino, si rivela molto più ostile: come genitore è convinto di dover proteggere la propria famiglia da questa pacifica irruzione. In realtà le sue paure ed ansie, originate da una improvvisa situazione lavorativa fallimentare, troveranno conforto in questo viaggio spirituale al fianco del figlio. Insieme i due raggiungeranno il Buthan, per conoscere altri due piccoli possibili reincarnati come Jesse. Il Dalai Lama, dopo averli incontrati personalmente, renderà onore a tutti e tre ritenendoli manifestazioni separate di corpo, mente e parola di Lama Dorje. Indubbiamente appagato dal singolare esito della sua ricerca, Norbu si abbandonerà al ciclo della reincarnazione, morendo durante un pacato momento di meditazione. Mentre gli altri due bambini sceglieranno di percorrere le vie dell’insegnamento buddista, Jesse farà ritorno al proprio presente, con nell’animo qualcosa di immensamente prezioso, portando con sé una ciotola che apparteneva a Lama Dorje e che il suo al contempo maestro e discepolo gli ha donato. L’incontro con questa cultura spiritualmente ricca di sfumature straordinarie, alla ricerca dell’assoluto, di una verità su cui fondarsi nell’universale relatività della vita, forse ha recato alla sua persona un valore aggiunto di non poco conto, insegnandogli a non accontentarsi della superficie delle cose, ma ad indagare ogni aspetto della vita, prendendo coscienza di se stesso e dei rapporti che tra lui e il mondo intercorrono. Dentro questa favola contemporanea è tessuta un’altra grande leggenda, quella di Siddhartha Gautama, il Buddha. Questa maestosa figura entra ed esce dalla scena in maniera estremamente elegante, senza imporsi mai al di sopra del racconto, ma semplicemente rivestendone il ruolo di filo conduttore. Sono

le pagine di un libro, dono di Lama Norbu a Jesse, che si animano, prendendo vita attraverso i vari protagonisti del film che si alternano nella lettura. È fondamentale parlare di leggenda, di mito, dato che questo è il tono che Bertolucci sceglie nel disvelarci la sua visione del Risvegliato. Una scelta per nulla casuale, intelligente dimostrazione di umiltà. Come Lama Norbu prende per mano Jesse, così il regista accompagna lo spettatore in questo viaggio che è ricerca e mai vero e proprio approdo… come quel mandala che viene pazientemente costruito per poi venir spazzato via quale metafora della transitorietà della vita. Il merito più alto di questa alternanza cosi ben congegnata all’interno della pellicola è da attribuire all’abile lavoro che ancora una volta Vittorio Storaro compie al fianco di un collega di vecchia data. Se il regista dà voce e corpo alla narrazione conferendole una solida fisicità, Storaro, da par suo, attingendo alla sua tavolozza dalle tinte infinite, fotografa un’India senza precedenti, creando un parallelismo dal forte impatto visivo nel suo avvicendarsi con la moderna Seattle. Quando la macchina da presa si tuffa nelle atmosfere d’Oriente è una festa di colori caldi, di manti rossi e gioielli luccicanti, di una natura viva, pulsante di una ricchezza che pare alimentata da una fonte prodigiosa e inestinguibile. Il ritorno al presente è cupo, grigio, tutto sembra addormentato, le strade per quanto trafficate paiono svuotate d’ogni elemento vitale, sembra quasi che chi le percorra non sappia né dove stia andando, né il perchè. La casa di Dean e Lisa, nonostante le finestre immense, resta buia e anonima. Solo a tratti, grazie alla luce riflessa dai capelli biondi di Jesse, si ha l’impressione che queste due realtà tra loro estranee possano riuscire a fondersi.

Cinema: Piccolo Buddha

67


Cinema FANTASY

1. 2. 3. 4.

Lisa accoglie i visitatori, venuti dall’altra parte del mondo per conoscere suo figlio. Il piccolo Jesse, attraverso il racconto delle gesta del divino Siddhartha, entra in contatto con una cultura per lui misteriosa. Siddhartha raggiunge l’Illuminazione. I tre piccoli candidati, vengono presentati alla comunità del monastero buddista.

Verso l’Illuminazione

68

C’è però uno strappo fulminante che, dentro alla coloratissima favola di Siddhartha, Storaro sottilmente pone in evidenza, ovvero la scena in cui il principe scopre l’esistenza della sofferenza, della malattia, della caducità del corpo e infine della morte. L’Oriente per un attimo smette di risplendere davanti agli occhi disperati e inconsapevoli di chi ancora non è il Risvegliato e dello spettatore stesso. Una marcatura espressa magistralmente attraverso il ritorno a quelle tinte cupe alle quali uno dei direttori della fotografia più famosi al mondo riconduce il significato di dolore. Da qui l’errore di chi ha visto in Piccolo Buddha l’unico film di Bertolucci privo dell’elemento pessimistico e negativo peculiare della sua cinematografia. Nonostante egli opti per una chiave di lettura della tematica buddista certamente molto più occidentale – seppur lontana da un certo manierismo di stampo europeo che, probabilmente, avrebbe calcato molto di più la mano nel disagio della modernità e nell’aridità spirituale ad essa connesso –, è facile percepire insinuarsi tra le pieghe del racconto il concetto oscuro del Samsara. Del resto è proprio la terribile legge della trasmigrazione a muovere questi personaggi e a ricondurli gli uni verso gli altri. Perfino Jesse, proprio come il principe Siddhartha, osserverà il dolore della condizione umana e di nuovo sarà il fine modo di proporre le immagini a rendere l’intensità di questo momento. Se è vero che dietro la cinepresa è la professionalità a fare da padrona, è vero anche che il merito di un’opera così ben orchestrata va dato ad una scelta degli interpreti sorprendentemente illuminata. Il giovane Alex Wiesendanger (Jesse) appare vitale e pronto alla ricerca come il suo personaggio. Lo stesso vale per una riflessiva Bridget Fonda (Lisa), fragile solo in apparenza visto che sarà poi lei ad avvicinare il marito diffidente a una visione spirituale della vita. Lascia a bocca aperta vedere il bello e dannato Keanu Reeves nei panni del Buddha sotto il suo albero dell’illuminazione, con gli occhi persi oltre ogni orizzonte tangibile. Ma la verità è che sono le immagini a rubare la scena agli attori, fino alla fine della pellicola, quando Seattle finalmente si accende di quell’atmosfera eterna ed extratemporale prerogativa di un altro mondo. Quando Jesse posa in acqua la ciotola contenente le ceneri di Lama Norbu, un sole del tutto nuovo illumina le vite che nell’immensità del Tutto hanno deciso di evadere dai limiti del proprio io. Una favola è pur sempre retorica, altrimenti l’allegoria che essa contiene non avrebbe motivo di esistere. È il narratore che fa la differenza, e la prosa cinematografica di Bernardo Bertolucci e di Vittorio Storaro, imbevuta di una saggia pace contemplativa, rendono ancora più magico questo viaggio onirico all’interno di se stessi, che spazia fino ad arrivare all’altra parte del mondo. n Romina Perugini

Cinema: Piccolo Buddha


FANTASY

Insoddisfatta del proprio lato spirituale, scoprirà il fascino e la forza evocativa della cultura buddista, vegliando i primi passi mossi dal figlio Jesse incontro all’Oriente.

Bridget Fonda

Lama Norbu

Alla ricerca della reincarnazione del suo defunto maestro Lama Dorje, diventerà per Jesse un amico e una saggia guida, lungo il cammino che porta alla conoscenza.

Ruocheng Ying

Dean Conrad Il padre di Jesse. Vessato dai problemi della vita moderna, stenterà ad accettare l’immensa novità giunta dal Buthan, ma finirà poi per trovarvi rifugio e salvezza interiore.

Chris Isaak

Siddhartha

Vissuta la giovinezza nel lusso, all’oscuro delle brutture della vita, il principe smetterà le vesti regali per intraprendere un viaggio straordinario verso la sconfitta della morte.

Keanu Reeves

Jesse Conrad Bambino americano come tanti, viene indicato quale reincarnazione del defunto Lama Dorje. Nel Buthan conoscerà una nuova realtà, ricca di colori e metafore.

Alex Wiesendanger

Champa

Discepolo devoto di Lama Norbu; perennemente sorridente e assonnato, non lascia mai la destra del proprio maestro se non per giocare con Jesse.

Jigme Kunsang

Raju

Kenpu Tenzin

Il secondo candidato a reincarnazione di Lama Dorje; oltre a grande abilità nei videogiochi, mostrerà profonda maturità spirituale nell’intraprendere lo stesso cammino di Jesse.

Raju Lal

è il monaco che, visitato in sogno da Lama Dorje, ha trovato Jesse riconoscendo in lui la reincarnazione del maestro. è lui a invitare Lama Norbu a Seattle.

Sogyal Rinpoche Gita

Channa

La terza aspirante reincarnata. Contrariamente a Jesse e a Raju, dimostra maggiore consapevolezza della propria “natura” e del futuro che la attende se accetterà l’investitura.

Greishma Makar Singh

Madre del principe destinato a sconfiggere la samsara, partorirà ai piedi di un albero che ossequioso le si inchinerà innanzi. Perirà purtroppo prima di veder crescere il figlio.

Kanika Pandey

Re Suddhodhana

Celerà per lunghi anni al figlio Siddhartha le dolorose verità della vita, ma né le ricchezze né le parole di convincimento riusciranno alla fine a trattenere il principe.

Rudraprasad Sengupta

Principessa Yasodhara Affascinante consorte di Siddhartha; nemmeno la sua bellezza e le sue premure riusciranno a cancellare dalla mente del principe i quesiti sul senso dell’esistenza umana.

Rajeshwari Sachdev

Fedele servitore di Siddhartha, sarà lui ad aprire gli occhi al principe mostrandogli cosa sia veramente la vita al di fuori del palazzo, il dolore, la morte e la decadenza del corpo.

Santosh Bangera

Regina Maya

Personaggi

Lisa Conrad

L’Abate Il venerabile del monastero; dopo aver esaminato i tre candidati, riconoscerà in essi la manifestazione separata del corpo, della mente e della parola del maestro Lama Dorje.

Ven. Khyongla Rato Rinpoche

Cinema: Piccolo Buddha

69


Cinema

Cinema

FANTASY

PHENOMENA (D. Argento, 1985) di Francesca Cioè

“Non esistono fiabe non cruente. Tutte le fiabe provengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia.” Franz Kafka

C

he Dario Argento avesse o meno in mente Kafka quando ideò, scrisse e diresse Phenomena non ci è dato saperlo, ma è di certo questo lo spirito che anima la sua opera. Già Suspiria (1977) ed Inferno (1980) lasciavano ben intravedere una determinata linea nelle scelte artistiche ed espressive di Argento: la sua incursione nel mondo del cinema dell’orrore appariva delinearsi ben oltre i canoni dell’horror anglosassone, concettualmente manicheo e tendenzialmente puritano. Le sue pellicole divengono veicoli catartici che non devono semplicemente terrorizzare il pubblico, ma soprattutto liberarlo da fobie, tabù e dagli impulsi repressi (dalla morale, dalla religione, dalla società, dalla cultura…), svelandone le paure più tremende; così il linguaggio del suo horror finisce con l’attingere a piene mani al fiabesco. E Phenomena altro non è che una fiaba; atroce, sanguinolenta, angosciante, ma pur sempre una fiaba. Gli espedienti che sviluppano alla perfezione la scelta di Argento di elevare la pellicola ad una dimensione fiabesca sono molteplici, a partire dal titolo stesso (infelicemente tradotto in Creepers nella versione censuratissima USA). Phenomena, dal greco φαινόμενοσ (dal verbo φαινώ) indica ciò che è visibile ai sensi, manifesto, chiaro, tutto ciò che accadendo può essere osservato e studiato, ma non solo. Può anche significare qualcosa o qualcuno di straordinario, prodigioso, fantastico, magico o addirittura di mostruoso. Fenomeno straordinario e magico è la dote sovrannaturale di Jennifer Corvino (l’attrice Jennifer Connelly), la protagonista, che può comunicare con gli insetti; fenomeno mostruoso è il killer deforme che massacra le adolescenti di un collegio sviz-

70

Cinema: Phenomena


FANTASY

zero; fenomeni sono il manifestarsi del Phoen, vento che pare levarsi ogni qualvolta un delitto sta per consumarsi ed i paesaggi d’incanto della campagna elvetica che fanno da cornice ai fatti. Una voce fuori campo, quella del regista stesso, dà inizio al racconto, situando immediatamente la vicenda entro limiti spazio-temporali diversi dal contesto della nostra realtà ed interni al regno della fiaba; l’espediente dell’incipit narrativo altro non è che il classico “c’era una volta” che ci trasporta in questo altrove fiabesco e permette di circoscrivere i fatti narrati entro una dimensione indeterminata e quindi oggettiva. Il sipario si alza nell’idilliaca cornice della Alpi Svizzere, tra boschi, cascate, laghi e prati; una natura incontaminata e pura, apparentemente benevola, accoglie un gruppo di turisti adolescenti accompagnati da due adulti intenti a salire su un pullman che li sta aspettando. Il bus parte, ma ecco comparire una giovane ritardataria (interpretata da Fiore Argento), lasciata indietro dai compagni e dimenticata dagli accompagnatori. È sola, straniera, abbandonata in un luogo che le è estraneo e sconosciuto; il Phoen si alza, inizia ad ululare incessante e d’improvviso il paesaggio appare desolato e sinistro.

In fondo alla strada un delizioso chalet; l’adolescente lo raggiunge in cerca d’aiuto. Seguiamo l’ingresso attraverso i suoi occhi, la sentiamo chiedere: “C’è nessuno in casa? Sono straniera e mi sono persa…”. Nessuno risponde, ma l’azione si fa spasmodica: percepiamo una presenza, vediamo due catene che si tendono, che vengono strappate dalla parete cui erano fissate e che finiscono attorno al collo della ragazza. La giovane urla di terrore, tenta di liberarsi, di fuggire dalla casa, ma un grosso paio di forbici le inchiodano una mano allo stipite della porta-vetrata. La prospettiva cambia, diventa quella del suo aguzzino: la preda adolescente è in trappola, in totale balia del mostro – di cui mai vediamo la figura –, che può colpirla al petto a suon di sforbiciate e finirla mozzandole la testa. Mesi dopo l’omicidio giunge dagli USA Jennifer Corvino, la figlia quindicenne di un celebre e facoltoso attore hollywoodiano, per frequentare il rigido collegio femminile “R. Wagner” situato nei dintorni boscosi di Zurigo. Jennifer è un’adolescente assai particolare: soffre di disturbi psicopatologici, fra cui il sonnambulismo, e mostra una sensibilità a tal punto sviluppata da indurre alcuni psichiatri a ritenere che sia anche affetta da sdoppiamento della personalità. Durante una crisi notturna, Jennifer sonnambula si aggira per le austere sale dell’istituto, e di fronte ai

Cinema: Phenomena

71


Cinema FANTASY Scheda Tecnica Titolo originale: Scenografia: Umberto Turco, Phenomena Maurizio Garrone, Nello Produzione: Giorgetti, Luciano Spadoni ITA, 1985, DAC FILM Costumi: Durata: 116 minuti Giorgio Armani, Marina Regia: Dario Argento Malavasi, Patrizia Massaia Soggetto e Sceneggiatura: Effetti speciali: Dario Argento, Franco Ferrini Antonio Corridori, Sergio Fotografia: Romano Albani Stivaletti, Danilo Bollettini Montaggio: Franco Fraticelli Effetti visivi: Luigi Cozzi Musica originale: Goblin Produttore: Dario Argento

1. 2.

3. 4.

Jennifer incontra l’entomologo McGregor, che indaga sul misterioso serial-killer. Seguendo le istruzioni del professor McGregor, Jennifer si appresta a utilizzare le sue “facoltà” per rintracciare il luogo dove il killer conserva i corpi delle sue vittime. La casa dagli specchi coperti. Jennifer alla mercé di Frau Brückner.

Sulle tracce del killer

72

suoi occhi addormentati si consuma il delitto di una giovane ospite del Wagner; in preda ad uno stato di semi-trance, non del tutto consapevole di ciò che ha appena veduto, Jennifer fugge terrorizzata verso il bosco. Si risveglia in una radura. Viene soccorsa da una scimmia, Inga, che la conduce da un anziano entomologo paraplegico suo padrone, il professor John McGregor (Donald Pleasance). McGregor sta collaborando con la polizia al fine di scoprire chi abbia brutalmente assassinato la sua assistente Greta (probabilmente il medesimo maniaco dei precedenti delitti), analizzando il comportamento degli insetti trovati attorno ai cadaveri. Lo studioso non tarda a comprendere che le particolari stranezze di Jennifer altro non sono che sintomi di un prodigioso talento: la ragazza infatti riesce a comunicare con gli insetti. Stanca delle continue vessazioni cui le compagne e la direttrice del collegio (Dalila Di Lazzaro) la sottopongono, la giovane decide di abbandonare il Wagner per accettare ospitalità presso la gentile signora Brückner (Daria Nicolodi), sua insegnante. Frattanto la situazione rapidamente evolve: gli studi di McGregor conducono quasi a rivelare l’identità del mostro, ma gli costano la vita. Jennifer inizia a sospettare del clima inquietante e misterioso che avvolge la villa in cui è ospite. Vagabondando per la casa, non può fare a meno di notare che tutti gli specchi sono velati; il pianto di un bambino la distoglie e l’attira in una stanza buia. Di fronte a lei un ragazzino che si nasconde in un angolo, spaventato. Jennifer tenta di consolarlo, ma non appena lo volta per abbracciarlo, ne rivela i tratti deformi e mostruosi. Intuisce di trovarsi di fronte al mostro assassino e tenta una disperata fuga, ma è la stessa frau Brückner, pazza madre del mostro, a impedirglielo rinchiudendola nei sotterranei della villa. In una climax vertiginoso i misteri si dipanano e le morti si susseguono: madre folle e figlio mostruoso sono evidentemente gli autori degli efferati delitti, ma chiunque tenti di penetrare nella villa al fine di salvare Jennifer viene ucciso.

Cinema: Phenomena


FANTASY

Giovane americana mandata in collegio in Svizzera; grazie alle sue capacità extrasensoriali, che le permettono di comunicare con gli insetti, smaschererà un pericoloso killer.

Jennifer Connelly

prof. John McGregor

Esperto entomologo; collabora con la Polizia Cantonale per riuscire a catturare il misterioso serial-killer che da tempo terrorizza la zona uccidendo giovani ragazze.

Donald Pleasence

Frau Brückner

Direttrice del collegio

Assistente della direttrice del collegio, madre del killer (un bambino deforme) e a sua volta assassina. Per proteggere il figlio non esita ad assassinare McGregor.

Daria Nicolodi

Algida e severa direttrice del collegio. è convinta che le esperienze extrasensoriali riferite da Jennifer siano in realtà frutto di allucinazioni e di patologie mentali.

Dalila Di Lazzaro Sophie

isp. Rudolf Geiger

La compagna di stanza di Jennifer. Uscita nottetempo clandestinamente dalla sua stanza per un incontro amoroso, cade vittima del killer e il suo corpo scompare.

Federica Mastroianni

Ispettore della Polizia Cantonale, tenacemente sulle tracce del killer. Quando è sul punto di scoprire la verità, viene imprigionato e poi ucciso da Frau Brückner.

Patrick Bauchau

Solo Inga, la scimmia del professor McGregor, riesce a intervenire e ad accoltellare la Brückner, vendicando così il proprio padrone e salvando in extremis Jennifer. Un ultimo colpo di scena vede la ragazza e la scimmia incappare nel giovane mostro, ma uno stormo d’insetti accorre in loro aiuto, divorando l’assassino. Nell’ultima mezz’ora sono ben quattro i finali che scivolano l’uno nell’altro, fino all’intervento provvidenziale dell’elemento naturale – gli insetti – a risolvere una situazione che da sola parrebbe non riuscire a trovare conclusione. La fiaba si chiude, il sipario scende. L’eroe – Jennifer – è stata sottoposta a durissime prove, ma alla fine il suo cammino è stato sia un’iniziazione che un percorso di crescita: il suo dono è stato riconosciuto, premiato come tale (le sue doti parapsichiche hanno

Personaggi

Jennifer Corvino

svelato l’arcano e le hanno salvato la vita) e ha permesso che tutto tornasse all’equilibrio di partenza. Il male è stato sconfitto. n Francesca Cioè

“Per favore, non parlate di macelleria se il punteruolo affonda nella carne squartata o se una testa tagliata rotola per terra. Phenomena non è un gratuito campionario di orrori, bensì uno dei mille diari possibili di un libero sognatore rimasto bambino che non riesce a dimenticare il suo Edipo.” Claudio Carabba, critico cinematografico. Bibliografia:

Principi di innovazione in Suspiria di Dario Argento, di Simone Parnetti; Speciale “Il Cartaio” - Fine di un amore, di Mauro Gervasini

Cinema: Phenomena

73


Cinema

Cinema

FANTASY

L’ARCANO INCANTATORE (P. Avati, 1996)

di Romina “Lavinia” Perugini

DEMONIO DI QUESTO MONDO L’ambasciatore della morte si è fatto uomo

I

l Maligno non si fa servitore, se non per essere Maestro… E che maestro! Capace di spingere il cinema italiano, troppe volte additato di codardia, verso una terra delineata da particolari stilemi, lontana dal vasto pubblico. Se Pupi Avati veste i panni del maligno, in senso buono, la campagna italiana (quella umbra in particolare) è il piccolo inferno entro il quale la cinepresa si muove con sapienza. Poiché è proprio la piccola realtà rurale del XVIII secolo il teatro delle oscure vicende narrate in prima persona dal giovane protagonista Giacomo Vigetti (interpretato da Stefano Dionisi), seminarista nella Bologna dello Stato Pontificio, colpevole di aver fatto abortire una giovane impagliatrice di sedie. Il suo progressivo allontanamento dalla fede ha inizio con un oscuro patto sigillato col sangue al cospetto di una misteriosa fattucchiera dal volto nascosto. Ella gli promette la salvezza dal tribunale dell’Inquisizione a patto che si rechi presso la dimora di un monsignore spretato, Achille Sanuti (Carlo Cecchi), denominato l’Arcano Incantatore. L’enigmatico studioso ha trovato rifugio da tempo immemore presso un castello in un bosco dell’Appennino, e per anni è stato assistito nel portare avanti il suo oscuro operato dal fedele scritturale Nerio. Giunto a destinazione, Giacomo comprende che il suo compito sarà quello di prendere il posto dell’ormai defunto Nerio. Trascorrerà lunga parte del proprio tempo immerso nella penombra dell’immensa biblioteca del monsignore, da questi voluta come “un veliero dal cui albero maestro si dipartono i testi sull’origine della vita, per scendere sempre più verso il buio, verso il territorio seducente della morte”.

74

Cinema: L’Arcano Incantatore


FANTASY Scheda Tecnica Titolo originale: L’Arcano Incantatore Produzione: ITA, 1996, FILMAURO s.r.l. Durata: 96 minuti Regia e soggetto: Pupi Avati Fotografia: Cesare Bastelli Montaggio: Amedeo Salfa Musica originale: Pino Donaggio Scenografia: Giuseppe Pirrotta Costumi: Vittoria Guaita Effetti speciali: Francesco Paolucci, Gaetano Paolucci Produttori: Antonio Avati, Aurelio De Laurentiis Premi: Vincitore Silver Raven “Bruxelles International Festival of Fantasy Film” 1998 (a Pupi Avati) Vincitore Jury’s Choice Award “Puchon International Fantastic Film Festival” 1998 (a Pupi Avati) Sebbene caratterizzati da due indoli in contrapposizione tra loro, da un lato il monsignore riservato e taciturno e dall’altro Giacomo, curioso ed esuberante, questi paria dello spirito legheranno quasi subito, mossi da un reciproco bisogno, di natura vitale: per il secondo il conforto di un rifugio sicuro, per il primo l’aiuto indispensabile al fine di portare avanti la propria causa, la cui natura rimane oscura. È proprio il protagonista a soffrire di quest’aura mistica di cui il suo padrone è portatore. Giorno dopo giorno, i quesiti senza risposte aumentano, alimentati dalle voci che girano entro le mura del convento di suore laiche presso cui Giacomo si reca al fine di provvedere alle prime necessità e al pane quotidiano. Questo continuo peregrinare, animato da incontri anomali in una campagna desolata e caratteristica, disegna un quadro sempre più tetro dove il defunto Nerio acquisisce le parvenze del maligno, descritto come uno stregone, abituato ad azioni diaboliche e riti malefici. Incerto se credere o meno a così tante voci di paese, il giovane scritturale rivolge i propri interrogativi al monsignore. Trapela che il fu compare di Achille era possessore di un tomo malefico, la “Pseudomonarchia dei Demoni”, ed era solito dedicarsi ad incantesimi di evocazione. Nel contempo, un ulteriore compito viene affidato

CAST Carlo Cecchi: Arcano Incantatore Stefano Dionisi: Giacomo Vigetti Arnaldo Ninchi: Aoledo Andrea Scorzoni: Don Zanini Consuelo Ferrara: Severina Renzo Rinaldi Massimo Sarchielli Saverio Laganà Clelia Bernacchi Imelde Marani Linda Gucciardo Elena De Chirico Vittorio Duse: Padre Medelana Mario Erpichini: Padre Tommaso Claudia Lawrence Eliana Miglio Michelangelo Pulci Patrizia Sacchi: Vielma a Giacomo dal suo signore: una missione la cui segretezza è fondamentale. Si tratta di scrivere e consegnare a una donna della campagna vicina delle missive dettategli da Achille stesso, pagine e pagine di messaggi cifrati, basati su un’opera letteraria che egli custodisce gelosamente. Il vero destinatario delle lettere è ignoto, come del resto è sconosciuto il titolo di quel particolare libro. L’atmosfera tra le mura della tenuta si colora di tinte ancor più cupe quando la calma notturna viene puntualmente spezzata da accadimenti surreali: voci sinistre, bicchieri che volano in frantumi, pipistrelli e

Cinema: L’Arcano Incantatore

75


Cinema FANTASY

Pupi Avati Filmografia: The Hideout (2007) La Cena per farli conoscere (2007) La Seconda notte di nozze (2005) Ma quando arrivano le ragazze? (2005) La Rivincita di Natale (2004) Il Cuore altrove (2003) I Cavalieri che fecero l’impresa (2001) La Via degli angeli (1999) Il Testimone dello sposo (1998) Festival (1996) L’Arcano incantatore (1996) Voci notturne (1995) L’Amico d’infanzia (1994) Dichiarazioni d’amore (1994) Magnificat (1993) Bix (1991) Fratelli e sorelle (1991) È proibito ballare (TV, 1989) Storia di ragazzi e di ragazze (1989) Sposi (1987) (first segment) Ultimo minuto (1987) Regalo di Natale (1986) Festa di laurea (1985) Impiegati (1984) Noi tre (1984) Una Gita scolastica (1983) Zeder (1983) Aiutami a sognare (1982) Dancing Paradise (1982) Le Strelle nel fosso (1979) Tutti defunti... tranne i morti (1977) Bordella (1976) La Casa dalle finestre che ridono (1976) La Mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975) Balsamus l’uomo di Satana (1970) Thomas e gli indemoniati (1970)

76

corpi femminili che si materializzano come per magia. Le pressanti insinuazioni che descrivono Achille come un folle evocatore del Demonio si fanno strada nell’animo tormentato del giovane Vigetti, alle cui tribolazioni si aggiungeranno presto i ricatti del Sant’Uffizio giunto ormai sulle sue tracce. In un’escalation di momenti orrorifici, nel tentativo di far luce sulle vicende che da troppo tempo funestano quei luoghi, Giacomo giungerà ad apprendere un’agghiacciante verità le cui conseguenze non gli lasceranno scampo alcuno. Neppure lo spettatore trova via di scampo di fronte a un’opera tanto controversa come questa, che affianca scelte inattaccabili a grossolani errori di forma, dettati da una certa superficialità. È proprio il perfetto alternarsi di questi due poli agli antipodi che non ammettono né permettono la resa a uno spettatore confuso e meravigliato ad un tempo. L’estrema lentezza, scandita da lungaggini quasi insopportabili, trova nell’affascinante intreccio narrativo l’antidoto più efficace. Come anche le straordinarie carrellate che ci immergono nell’oscurità del vecchio rudere, nell’enorme biblioteca in primis, sono la palese dimostrazione che in materia di scenografia e fotografia il cinema nostrano non ha nulla da invidiare a nessuno. Concetto costantemente ribadito attraverso gli occhi di Giacomo e il suo vagabondare per la campagna romagnola (resa magistralmente dal set umbro), perfettamente ricostruita attraverso usanze, abiti, personalità e soprattutto ritualità. In esse si cela la vera mossa vincente di un horror all’italiana che non si vergogna di definirsi tale. Avati sa benissimo di non essere in grado di offrire un prodotto di valenza internazionale: al di là di una vera e propria scuola carente a riguardo, sono i budget a legargli le mani. Astutamente scolpisce allora la propria opera guardando oltre un cinema di genere chiuso in sé stesso, lo arricchisce di un ingrediente inusuale: la ruralità, la campagna italiana. Come del resto aveva già fatto due decenni prima con La casa dalle finestre che ridono. Un elemento talmente nazional popolare, questo cosiddetto provincialismo, così noto al vasto pubblico, veicola la trama ad un livello quasi di credibilità. Ed esso racchiude un complesso di elementi, quali le voci di paese, le credenze

Cinema: L’Arcano Incantatore


FANTASY e le scaramanzie, che rendono l’opera intelleggibile su molti piani, in modo da non farla scadere nei cliché di quel cinema italiano che spesso tenta maldestramente di ricalcare gli stereotipi d’oltreoceano. Azzardando un po’ si potrebbe perfino designare Avati quale precursore di certe tematiche che da dieci anni a questa parte intasano le sale cinematografiche: la magia, il misticismo e un particolare interesse per l’occulto. Peccato che le scelte coraggiose di un regista capace di farsi valere su più fronti non siano state ripagate a dovere: la programmazione televisiva non rende merito a questa pellicola da tempi incalcolabili, il mercato home video ne ha fatto perdere completamente le tracce, tanto da farlo diventare un piccolo cimelio da collezione, proprio perché il supporto ottico più all’avanguardia non vuole saperne di riportarlo in auge. Permane un forte dubbio che solo i profondi conoscitori di certe tematiche possono cogliere: perché mai la scelta di basare i fondamentali della trama sull’opera anti-occultista Pseudomonarchia dei Demoni? Questo scritto, pubblicato in appendice al libro di un medico tedesco del Cinquecento, è solo in apparenza una presa di posizione demoniaca, in realtà l’intento dell’autore fu quello di ironizzare le credenze ecclesiastiche attinenti al maligno. Si tratta di un’analisi accusatoria in piena regola, atta a demolire ogni tesi concernente riti, cabalistica e maligno in genere. Non per niente l’autore, Johann Weyer, rischiò il rogo. Che si tratti di una cosciente licenza poetica? L’interrogativo rimane, è pur tuttavia fuori discussione la suggestione che suscita anche il solo sentir nominarne il titolo. Se poi a farne menzione è la voce profonda e strisciante di Carlo Cecchi, l’equazione porta ad un risultato inappuntabile.

Nettamente superiore a quella di tutto il resto del cast, la sua performance attoriale rende in pieno le sfaccettature racchiuse nella figura del monsignore: la saggezza mista a delirio di onnipotenza, addirittura l’approdo all’ermafroditismo, fanno da corollario ad una figura che svetta ed eclissa il povero Dionisi, protagonista abbastanza monocorde e tutto sommato per niente toccato da morti che camminano e spiriti infernali. Unico neo da imputare al più maturo comprimario è l’eccessivo sussurrare che finisce col rendere la recitazione appena un po’ ridondante; capita per di più che parti di dialogo risultino incomprensibili, cosa che non giova affatto ad una sceneggiatura già abbastanza intricata di per sé. La registrazione del suono in presa diretta ovviamente non aggiunge nulla di buono alla situazione. Massimo rispetto per il dogma avatiano che privilegia la naturalezza, benché incurante di un pubblico che in certi momenti si smarrisce suo malgrado. La colpa è largamente espiata se una volta tanto, evitando qualsiasi metafora narrativa, il demonio si fa uomo, tangibile e terrificante nel suo essere presente nell’ordinarietà della vita quotidiana. Le paure ultraterrene divengono reali quanto l’ambiente stesso che ci fa da sfondo, e la consapevolezza che nessuna porta chiusa o fuga perpetua possa salvarci da questo incubo che non permette tregua, lascia presagire che se nessun luogo sicuro esiste sulla terra, che se il male esiste davvero, l’unica salvezza sia la morte. Lo testimonia Giacomo stesso, che in un finale da considerare sospeso solo in apparenza, resta vittima delle vicende trascorse, ormai segnato nell’intimo e incapace di redimere la propria anima colpevole d’essere scesa a patti col diavolo. n Romina Perugini

Cinema: L’Arcano Incantatore

77


Cinema

Cinema

FANTASY

LAGGIù NELLA GIUNGLA (S. Reali, 1986)

di Cuccu’ssette

U

n pullman carico di gitanti percorre l’autostrada Roma-L’Aquila. Una foratura costringe l’autista ad una fermata imprevista, su un viadotto. I passeggeri vengono fatti scendere in attesa che il mezzo venga riparato. Alcuni di loro si guardano attorno e notano un fiore giallo, di una specie mai vista prima, cresciuto oltre il guardrail. Per raggiungerlo cadono di sotto e, miracolosamente illesi, si ritrovano sulle rive di un fiume impetuoso. Cercano di risalire, ma si perdono nella fitta boscaglia. Quando la corriera è pronta per ripartire, ben nove turisti mancano all’appello! I dispersi scoprono di non poter tornare indietro: come per incantesimo, si trovano circondati da una giungla tropicale, con tanto di sabbie mobili, serpenti, animali feroci. Guidati dall’allenatore Farrow e dal geografo Krueger, avanzano cercando di ritornare al punto di partenza aggirando le rapide. Il cammino è difficile, e alla paura per l’ambiente ostile si aggiunge la crescente stanchezza. I disagi esasperano gli animi, emergono individualismi e divergenze di opinione, scoppiano litigi. I dissapori vengono messi da parte solo quando l’attempata Emma scompare, rapita da un paffuto indigeno che è afflitto dal mal di denti e vuole essere curato. Ritrovata la donna, il gruppo s’imbatte anche in alcuni oggetti: setacci e arnesi da cercatore d’oro, foto ingiallite che ritraggono un esploratore bianco e una mappa con una caverna contrassegnata da una X. Siccome l’indigeno balbetta spesso “polvere gialla”, il gruppo pensa subito con avidità all’oro. Spinti dalla brama, arrivano alla grotta, pronti addirittura ad uccidersi tra loro pur di mettere le mani sul bottino. La misteriosa polvere gialla in realtà non è oro, ma ha ugualmente un valore inestimabile: si tratta di un polline capace di curare ogni malattia, pure le ferite d’arma da fuoco. Decisi a lasciare la giungla e tornare alla “civiltà” portando con loro la magica cura, i “dispersi” costruiscono una zattera e, dopo varie peripezie, riescono infine a superare le rapide e risalire sul viadotto. Compaiono sulla corsia autostradale proprio mentre un telecronista, che ha intrattenuto i telespettatori nei giorni precedenti, annuncia l’ab-

78

Cinema: Laggiù nella Giungla


FANTASY bandono definitivo delle ricerche. Giunge pure il pullman, lo stesso utilizzato per la gita, condotto dal medesimo autista. Il guidatore si libera di barba e baffi posticci, e si fa riconoscere. È proprio l’esploratore delle foto, il maestro di Krueger, ed è pronto per partire verso nuove avventure. Un invito che i nostri non mancano d’accettare, anche perché la polvere gialla si è trasformata nel frattempo in cenere priva di valore. Mentre il giornalista pregusta lo scoop e si prodiga con discorsi retorici sulla dolcezza del ritorno a casa, i nostri eroi lasciano la vita d’ogni giorno e risalgono sull’autobus, diretti verso nuove avventure. Gettata via nel viadotto, la cenere torna ad essere polline, rende vita alla giungla che stava inaridendo e fa sbocciare nuovi fiori gialli… ANNI RUGGENTI AI TROPICI Ricordate i B-movie di avventura che riempivano le sale durante gli anni Cinquanta e Sessanta e che più tardi vennero riproposti nei palinsesti delle prime televisioni private? Nonostante la palese ingenuità delle sceneggiature, le riprese realizzate in grande economia di mezzi e la recitazione spesso ai limiti del dilettantismo, conquistarono il cuore di molti spettatori. Lo stesso “Indiana Jones” nasce con lo scopo di attualizzare l’avventura pulp riproponendola in chiave ironica e scanzonata. Steven Spielberg ha compiuto un’operazione di intelligente revival, creando un eroe le cui peripezie possono affascinare un target di spettatori abbastanza eterogeneo, dato che rielabora i luoghi comuni che la Settima Arte ha reso popolari. Dietro al successo del più famoso archeologo c’è la contaminazione di generi – spionaggio, peplum, guerra… – il tutto rivisitato con humour da slapstick comedy. Laggiù nella Giungla, prova d’esordio di Stefano Reali, è anch’essa una pellicola che omaggia l’evasione esotica d’altri tempi. Non c’è tuttavia emulazione dei modelli hollywoodiani degli anni Ottanta. Invece di far leva su toni dichiaratamente parodistici, il regista italiano adotta un registro narrativo sospeso tra citazione ed elegia, fin dalle prime inquadrature, con i titoli di testa che scorrono scritti sulle pagine di un libro, riecheggiando Kim e i kolossal di Zoltan Korda. Gli innocui gitanti si trasformano in altrettanti personaggi delle narrazioni di genere. Tanto che, appena riaffiorati dalle rapide, scoprono di avere un’altra voce ed una diversa personalità. Ciascuno di loro va a incarnare uno degli stereotipi che il pubblico ha conosciuto e amato. Abbiamo lo studioso miope, imbranato con le donne; un allenatore che ha sulla coscienza la morte di un atleta cardiopatico che voleva a tutti i costi gareggiare; un’anziana donna che da adolescente rimase incinta e abbandonò il bambino; un giovane muto, l’uomo e la donna qualsiasi, la femme fatale, un nerd che riesce a farsi male e tace della sua ferita pur di non ostacolare il gruppo, il pericoloso evaso, in realtà figlio di… Tutti si muovono in una giungla che rammenta un orto botanico visitato nel periodo della chiusura, con sentieri un po’ troppo delineati, capanne ordinate come bungalow di villaggi turistici, caverne degne di attrazioni di Disneyland. Le belve fanno parte di brevi spezzoni documentaristici montati al momento giusto, proprio come avveniva un tempo, quando per risparmia-

Cinema: Laggiù nella Giungla

Nel Mondo Civile 1. 2. 3.

Ogni domenica, i romani si concedono una gita fuori porta: gente semplice, tranquilla, spesso senza ambizioni... Il viaggio viene interrotto, l’autobus ha forato una gomma. Il fiore dal polline miracoloso.

79


Cinema FANTASY re su location e domatori, il footage dei documentari sugli animali feroci finiva a intervallare improbabili scene di lotta. Gli effetti speciali sono volutamente rétro, incluse le magnifiche cascate sudamericane. Pure la colonna sonora ammicca alle marce che accompagnavano le peripezie degli eroi dei B-movie.

LA RIVINCITA DEL “PIDOCCHINO”

1. 2. 3. 4.

Emma viene rapita dall’indigeno Andolo, ultimo superstite della sua tribù e amico dell’esploratore Sam Fellow. Il giovane muto ripara la radio dell’esploratore, e per pochi attimi è il ritorno alla realtà: si sente il radiogiornale. Il gruppo smarrito nella nuova realtà. Il patetico Spartaco, succube della moglie.

Nella Giungla

80

I virtuosismi narrativi si susseguono, in un gioco di citazioni che pone interrogativi profondi sul significato del fare cinema. Chi ha diritto di dettare canoni estetici? L’élite di intellettuali oppure il largo pubblico? Nel caso specifico della Settima Arte, un film è notevole perché risponde a precisi criteri espressivi, come ad esempio quelli concordati dal gruppo Dogma95*, oppure è bello perché diviene un fenomeno di costume? Laggiù nella Giungla, pur se realizzato con mezzi piuttosto modesti e con adattamenti nella sceneggiatura non del tutto graditi al regista, anticipa in forma estremamente poetica la rivalutazione del cinema di genere, la stessa che trasformerà titoli ignorati o disprezzati dalla critica in piccoli classici. La dichiarazione d’amore per la cinematografia popolare può tuttavia trarre in inganno, dato che la stessa definizione di “popolare” genera ambiguità. Una forma espressiva deve scopiazzare in modo rozzo modelli imposti dai ceti elevati, oppure può nascere dalla gente comune e dai suoi stili di vita, dai desideri, ed essere volutamente diversa ma non inferiore? Inoltre, se scrivere una canzone (o dipingere un quadro) richiede investimenti limitati, produrre un film esige ben altro budget, proibitivo per i più: quindi, quanto può essere alla portata di tutti? Nel caso particolare della pellicola di Stefano Reali, l’avventura esotica diviene pretesto concreto per ricordare la magia che avvolge lo spettatore al momento del buio in sala, la proiezione come forma di rito collettivo. Un’elegia sul cinema tanto privo di pretese artistiche quanto capace di emozionare, quello che riempiva le sale di paese o quelle di città – chiamate con affetto “il Pidocchino”. Ma la poesia, per essere apprezzata, necessita di istruzione e soprattutto di sensibilità. Si potrebbe obiettare che, sebbene in cinquant’anni il grado d’istruzione raggiunto dagli Italiani sia cresciuto, esistono ancora spettatori dai gusti naif. Quanto colpiva l’immaginario delle platee di un tempo non basta più per stupire, oggi l’ingenuità si esprime nella ricerca di scene esplicite amalgamate a forti dosi di effetti speciali, magari dozzinali ma abbondanti. Quanto al ruolo sociale, ormai i lettori di supporti audiovisivi sono alla portata di tutte le tasche. Ad eccezione di cineforum supportati da associazioni culturali ed happening, dedicati a titoli di saghe famose il cinema ha perso gran parte del forte carattere di aggregazione sociale. Stefano Reali è ben lontano dall’esaltare il trash contemporaneo, anzi, ripresentando in chiave fantastica il vecchio cinema di avventura, celebra la bellezza dell’intrattenere con trovate semplici, dirette all’emotività dello spettatore. Ma, pur se privo di scene di nudo, parolacce o situazioni “esplicite” (e nonostante Il Giornalino gli abbia dedicato a suo tempo un paio di pagine), Laggiù nella Giungla non è dedicato a bambini o famiglie. Un minore può senza dubbio assistere alla proiezione, ma l’apprezzerà meno di quanto meriti, perché appare “povera” di effetti speciali, lenta nel montaggio delle

Cinema: Laggiù nella Giungla


FANTASY Scheda Tecnica Titolo originale: Laggiù nella Giungla Produzione: ITA, 1986, karol film Durata: 109 minuti Regia: Stefano Reali Soggetto: Stefano Reali, Pino Quartullo Fotografia: Silvano Ippoliti Montaggio: Angelo Curi Musica originale: Carlo Savina Scenografia: Giovanni Agostinucci Costumi: Giovanni Agostinucci sequenze, con personaggi lontani anni luce dai beniamini dei videogiochi. D’altronde è un film volutamente rétro; le citazioni sono dirette a uno spettatore adulto che ricorda i film di genere della sua giovinezza – o ai cinefili incalliti che apprezzano i virtuosismi inscenati – e che può sentire propri i toni di accorata nostalgia. È una pellicola d’essai, che parla di cinema piuttosto che di giungla attraverso il linguaggio della fantasia, e che può risultare “difficile” proprio perché rimane in bilico tra evasione e riflessione. REALISMO MAGICO Pochi effetti speciali, mezzi contenutissimi e creatività sfrenata (elementi avventurosi vengono assimilati a invenzioni fantasy); la polvere gialla è portentosa, anzi è magica, guarisce non solo i malanni naturali, ma anche gli stessi danni prodotti dalla cattiveria umana, un po’ come il sacro Graal… La giungla diviene insomma palcoscenico dello straordinario, e coesiste con il resto del mondo in modo analogo al magico regno di Landover di Terry Brooks, o al mondo dei maghi della saga di Harry Potter. La lunga marcia è ben introdotta da un prologo realistico (la corriera con i suoi passeggeri) che fa risaltare l’evento straordinario, un incipit che ha il sapore delle migliori pagine della letteratura fantastica italiana, Dino Buzzati in testa. Poi l’evento impossibile (la giungla sotto il viadotto) irrompe nella vita quotidiana dei protagonisti, che conducono esistenze grigie, tra rimpianti e ricordi. Il viaggio nella dimensione parallela li trasforma da persone qualsiasi in personaggi eroici, sospesi tra Emilio Salgari ed il feuilleton; e tali rimangono fino all’ultimo, uscendo completamente cambiati tanto da non poter più accettare di tornare indietro, alla tranquilla borgata. Di solito i film fantastici e d’avventura terminano

Effetti speciali: Massimiliano Cerchi, Dino Galiano, Franco Galiano CAST: Robert Powell, Tony Vogel, Andréa Ferréol, Renato Scarpa, Pasquale Anselmo, Marilda Donà, Anna Galiena, Luis Alberto Mena, Gianfranco Tondini, Egidio Termine, Van Johnson, Eva Blanco, Maria Bosco, Tullio Cavalli, Jaime Orlando Daza con un prevedibile ritorno alla concretezza che viene riscoperta o apprezzata proprio grazie alle peripezie vissute. E.T. vola verso il suo pianeta, i ragazzi di Narnia si ritrovano fuori dall’armadio, il sogno prima o poi finisce. Un modo per rasserenare indirettamente lo spettatore medio, che quasi certamente ha alle spalle esperienze tutt’altro che straordinarie. Laggiù nella Giungla non offre quel genere di consolazione, sprona anzi a riscattare una vita da mediocri affrontando l’ignoto, pronti a cogliere la magia che si nasconde nelle piccole cose e in quelle grandi. Il mondo in cui viviamo non è un modello positivo; meglio l’utopia dell’avventura. Lo dimostrano anche i periodici interventi del cronista, che anticipano profeticamente una certa tv del nostro presente, costruita romanzando disgrazie e stragi, sbattendo in primo piano particolari truculenti. Nelle ultime battute a lui riservate dal copione, esalta il desiderio di casa e famiglia e vita serena. Sermone inutile: il gruppo risale sulla corriera, diretto verso nuovi orizzonti. Vero protagonista, nella giungla dei tropici immaginari o della incolore realtà, è il desiderio di evadere, di poter cambiare la propria vita anche quando ormai lo si riterrebbe impossibile. Anche nelle fiction dirette in seguito, Stefano Reali ha resistito alla voglia di assecondare mode, miti e mediocrità contemporanee: un regista intelligentemente scomodo, che talvolta ha pagato in prima persona per il coraggio della sua espressione, faticando a distribuire le sue pellicole. A lui tutta la solidarietà di quanti attendono che passi una sgangherata corriera e li porti verso orizzonti perduti. n Cuccu’ssette *Dogma95: movimento cinematografico rispettoso di regole espressive spartane e “puriste”, secondo un decalogo poco praticabile creato nel 1995 dal regista danese Lars Von Trier (interpretato in modo piuttosto “libero” perfino dagli stessi aderenti).

Cinema: Laggiù nella Giungla

81


Cinema

Personaggi

FANTASY Krueger

Veronica

Geologo miope e timido con le donne, in gita per accompagnare la zia; è lui la mente del gruppo. Alla fine del viaggio ritroverà il suo maestro Fellow, geografo ed esploratore.

La moglie bellissima di Spartaco; nella vita di tutti i giorni, lo comanda a bacchetta. Vamp mangiatrice d’uomini, dovrà fare i conti con le conseguenze delle sue azioni avventate.

Robert Powell

Anna Galiena Farrow

Emma

Un ex allenatore di atletica leggera, a suo tempo famoso. Aitante e deciso, è un vero “duro”; anche lui ha però il suo tallone d’Achille, nascosto nel passato.

Presenza matronale e socievole, con tanta voglia di ascoltare e comprendere il prossimo; sotto il suo spirito altuista si cela però un segreto inaspettato e tremendo.

Tony Vogel

Andréa Ferréol Spartaco

Brono

Improbabile e succube marito di una compagna procace e disinibita, è un uomo insicuro, che a poco a poco supera le paure e la codardia che lo perseguitano.

è un malfattore in libertà vigilata. Disincantato, a volte cinico, pronto a tutto pur di arraffare la “polvere gialla” . Non esita a fare fuoco sugli stessi compagni.

Renato Scarpa

Pasquale Anselmo Muto

Anita

Un giovanotto muto, capace di riparare radio e abile carpentiere. Al termine del viaggio riacquisterà la parola, rivelandosi persona competente e loquace.

Fragile, affetta da turbe psichiche; gli eventi che è costretta a vivere la cambiano profondamente, rendendola più matura. Il viaggio la porterà alla guarigione.

Luis Alberto Mena

Marilda Donà

Giovane

Il Regista

Ragazzo sensibile dall’aria un po’ nerd; non è abituato alla vita d’azione e riesce a farsi male cadendo da una ripida discesa. Determinato, tace tuttavia sui suoi malanni.

Gianfranco Tondini Stefano Reali Andolo Indigeno venuto in contatto con l’ esploratore Fellow. Vive da solo, ultimo superstite della sua tribù; quando incontra i viaggiatori, rapisce Emma per farsi curare il mal di denti.

non professionista Autista/Prof. Sam Fellow Persona dai modi poco garbati, che guida scalcinate corriere cariche di gente modesta, in gite domenicali senza pretese; si rivelerà poi essere il maestro di Krueger.

Van Johnson

82

Cinema: Laggiù nella Giungla

Filmografia La Terza Verità (2007, mini TV) Eravamo solo Mille (2007, TV) I Colori della Vita (2005, mini TV) L’ Uomo Sbagliato (2005, mini TV) Il Tramite (2004) Verso Nord (2004) I Terrazzi.1 (2003, web) Le Ali della Vita 2 (2001, TV) Le Ali della Vita (2000, TV) Terrazzi (2000, web) Cuori in Campo (1998, TV) Ultimo (1998, TV) Il Quarto Re (1997, TV) In Barca a Vela Contromano (1997) Il Prezzo della Vita (1993, mini TV) Ora di Pausa (1993, mediometraggio) Una Storia Italiana: gli Abbagnale (1992, TV) Il Paese delle Mille Miglia (1988, TV) Laggiù nella giungla (1986) Exit (1985) Gottschalk of Louisiana (1982, TV) Crastula (1982, TV) Freezer (1980)


FANTASY Intervista a

Stefano Reali I

l film Laggiù nella Giungla da un lato richiama con affetto il cinema di genere, dall’altro sfugge a una catalogazione. Credi nei generi e/o nella loro commistione? Ho sempre amato i generi. Li ho talmente amati da non poter fare a meno di dirlo in giro. E questo, quando ho cominciato a fare cinema, era considerato una specie di reato (amare il cinema di genere). alla fantasia alla realtà: quali trasformazioni rispetto all’idea originale, e quali eventuali compromessi hanno accompagnato la realizzazione di Laggiù nella Giungla? Diciamo che il film che avevo in mente io sarebbe costato dieci volte di più, se fosse stato realizzato come era scritto. La realizzazione “a basso costo” ha nuociuto molto, all’idea. n quale dei personaggi del film ti rispecchi maggiormente ? Il geografo Kruger, interpretato da Robert Powell. l fiore giallo cresciuto sulla scarpata del viadotto rammenta i girasoli che Van Gogh rappresentava in forma impressionista nei suoi quadri. C’è un parallelo tra la rappresentazione del pittore e il tuo fiore che spinge i protagonisti a vedere il mondo con occhi nuovi? È proprio una citazione da uno degli ultimi dipinti di Van Gogh, complimenti. arecchi dei film fantastici prodotti nel corso degli ultimi anni sono in realtà remake di titoli del passato. Cosa pensi di questa tendenza? Già nel 1937, un grande produttore americano, Irving Thalberg, diceva che i film non si fanno, ma si “ri-fanno”. n Italia si producono pochissimi film fantastici. Gran parte di essi rimane confinata a rassegne di importanza locale, e non arriva in sala. È colpa del livello artistico amatoriale, oppure c’è un radicato atteggiamento di rifiuto verso il fantasy, l’avventura, la fantascienza e l’horror? La colpa è sicuramente del livello artistico amatoriale, come dici tu, ma questo livello artistico basso dipende dal fatto che in Italia non c’è mai stata una vera cultura del fantasy. Non so spiegarmi il perché, ma noto la stessa cosa in tutti i paesi di forte matrice cattolica, come la Spagna e la Francia. Sarà un caso?

D

I I

P I

Q

uali caratteristiche, secondo te, dovrebbe avere il fantastico made in Italy? Costare poco e avere un po’ di umorismo “made in Italy”, oltre a grandi idee. li effetti speciali, almeno nelle pellicole del fantastico, uccidono troppo spesso la sceneggiatura? No, se la sceneggiatura “c’è”. olti film fantastici, soprattutto se non prodotti a Hollywood, vengono liquidati come “film per bambini” oppure “trash”. È una nomea meritata? Direi di sì, visto che a Hollywood si sviluppano sceneggiature per anni, prima di essere certi che possano riguardare il pubblico più largo possibile. e nuove tecnologie permettono a un maggior numero di persone di avvicinarsi all’arte cinematografica. Credi che l’avvento dei computer e delle tecniche digitali possa aiutare gli appassionati del fantastico ad esprimersi, magari con produzioni “alternative”? Sta già accadendo da almeno cinque anni. Dappertutto tranne in Italia. elle tue opere, il tema del riscatto da una vita ordinaria e mediocre si ripropone spesso. La fantasia è strumento di evasione, è una forma di consolazione per l’uomo comune, è uno strumento per plasmare la realtà… Qual è per te il valore del fantastico? È la possibilità che i propri sogni si possano realizzare in maniera sorprendentemente rapida. pesso il linguaggio del fantastico offre uno spazio e un modo concreto per affrontare e rielaborare problematiche sociali e filosofiche. Osservando la costante omologazione di gusti e stili di vita presentata dai film fantastici che affollano le sale, c’è da ravvisare un aumento della loro funzione d’intrattenimento rispetto al ruolo sopra descritto? Purtroppo sì. Una volta, film anche considerati “di genere”, come ad esempio Il Pianeta Proibito, nascondevano dei messaggi e dei valori etici fortissimi, dietro il loro apparente lato di puro intrattenimento. Ed è per questo che quei film ancora oggi sono considerati dei capolavori immortali. Oggi il fantasy si consuma talmente in fretta che ci ricordiamo a stento di produzioni megagalattiche di appena un paio di anni fa. Ringraziamo Stefano Reali per la squisita disponibilità; per conoscere tutto sulla sua policroma attività artistica, rimandiamo il lettore al suo sito personale: http://www.stefanoreali.it/. n Cuccu’ssette

G

M L

N S

Cinema: Laggiù nella Giungla

83


Riflessioni

Riflessioni

FANTASY

Parole in libertà contro

LA CULTURA DEGLI ELETTI di Stefano Baccolini

H

o avuto alcuni giorni fa, per ragioni di studio, una conversazione con un dottore di ricerca in storia medievale: si dichiarava perseguitato da appassionati di Fantasy pronti a scorgere nani ed elfi ovunque. Alla mia ammissione che da anni coltivavo una grande passione per la letteratura fantastica… beh… mi ha cordialmente riso in faccia. Non intendo, per carità, difendere chi trasforma in una mania le proprie letture, ma vorrei spezzare una lancia in favore di un tipo di narrativa che non gode certo di buona stampa in Italia. Il denominatore comune di questo disprezzo è innanzitutto l’ignoranza; la stessa conversazione a cui ho accennato fa capire quanto i cliché alimentino certi pregiudizi. Che cos’è il fantasy? È la rappresentazione dell’impossibile, certo, ma la prolificità e i contributi originali provenienti soprattutto dall’altra parte dell’oceano hanno aperto strade nuove e interessanti. C’è chi ha cominciato a interpretare in chiave fantastica la Storia. Non è quello che già fa il romanziere tout court quando incentra la propria opera in un periodo storico? Davvero qualche incantesimo può essere un fattore di scadimento per questi romanzi? Facciamo un esempio concreto: L’Ultima Legione di Manfredi. Romanzo storico? Lo credete veramente? Assolutamente no, e non solo perché viziato da alcuni marchiani errori (le legioni non scompaiono con Gallieno…). Incentrare la narrazione su una profezia, ipotizzare che Romolo Augustolo vada in Inghilterra e via discorrendo… non sembra anche a voi fantasia allo stato puro? Il Fantasy non è nato con Tolkien, come qualcuno sostiene, non si ferma a Brooks e non è nemmeno stato attualizzato dai mediocri Paolini e Troisi. Una raccomandazione che faccio anche a me stesso è comunque quella di non squalificare certi fenomeni di largo consumo. I lettori della Rowling – per fare un altro nome che secondo alcuni non farebbe nemmeno parte del Fantasy – hanno quantomeno iniziato a leggere qualcosa. Mi auguro che continuino, dunque, e scoprano le miriadi di sfaccettature di questo meraviglioso genere letterario: Martin e la sua violenza, la Kerr e il suo celtismo ucronico, Eddings e i suoi incredibili personaggi… e tanti altri. Il Fantasy ha un curioso legame con il web e l’informatica: troverete decine di siti

84

Riflessioni: La Cultura degli Eletti


FANTASY con forum pieni di appassionati di questo o quell’autore e sono parimenti numerosissimi gli informatici “scrittori”. Io, però, ho vissuto anche il periodo in cui il web era considerato una cosa per persone poco serie, pressoché inutile. Quale serioso accademico si abbasserebbe a discutere con un comune mortale dei propri studi? Meglio far cadere dall’alto le proprie pubblicazioni senza il gusto di un confronto dialettico. Chi scrive ha a suo tempo dovuto conversare con i fautori di Atlantide, con gli ufologi della Sfinge, con i negazionisti dell’Olocausto cercando di informarsi e controbattendo con documenti seri. Non ci si può lamentare della scarsezza di cultura in generale, se non ci si prodiga per diffonderla. Ma torniamo al Fantasy: in un passato contributo ho cercato di dimostrare che anche la narrativa fantastica può veicolare un messaggio, in questo caso storico. Ma la Fantascienza può fungere egualmente da organo di diffusione di certe idee e concetti. Lo sanno bene oltreoceano, dove sono state scritte opere come La Fisica di Star Trek, in cui si analizzano le soluzioni tecnologiche della celebre saga discernendo quelle possibili da quelle presumibilmente irrealizzabili. Insomma la narrativa fantastica può veicolare messaggi e nozioni, è innegabile. Purtroppo la cultura in Italia vive sull’ipse dixit. Un pinco pallino qualunque può avere le idee più innovative del mondo ma non riuscirà mai a farle conoscere ai più se non parla da un piedistallo… o da una cattedra. Per farvi capire come spesso l’opinione infici i giudizi, parliamo della disciplina di cui mi occupo, la “scienza della verità”. Un assioma che tormenta l’antichista come una spada di Damocle è la mancanza di fonti. La reazione dello storico può essere duplice: o, come Carandini e il suo bel libro su Romolo e Remo, costruisce un bel castello di ipotesi, o si ferma manifestando la propria impotenza, limitandosi magari a evidenziare quelli che sono definiti “problemi metodologici”. Anche quando le fonti ci sono, i dubbi permango-

“Bilbo at Rivendell“, Alan Lee

no. La storia quantitativa, fatta di database, collazioni di fonti e testimonianze, ora va per la maggiore. Aiuta chi se ne occupa a riempirsi la bocca con il termine “scientificità”, ma non sempre la base statistica su cui lavora uno storico sarebbe ritenuta valida da uno statistico. E allora? Riscopriamo l’aspetto retorico e non buttiamo via gli strumenti anche più paradossali per trasmettere cultura. Il Fantasy non ha, però, bisogno di essere giustificato; si può trarre piacere anche da una lettura leggera o dalle sensazioni che ci trasmette l’immaginazione. Nessuno si è mai vergognato di sognare. n Stefano Baccolini

Riflessioni: La Cultura degli Eletti

85


Dibattito

Dibattito

FANTASY

OPINIONI A CONFRONTO SUL FANTASY ITALIANO di Stefano Baccolini, Francesco “Muspeling” Coppola e Andrea D’Angelo

Stefano Baccolini - Se qualcuno, solo

qualche anno fa, mi avesse chiesto la situazione del Fantasy in Italia, io, che comunque posso parlare solo da lettore più o meno informato, avrei detto tragica. Intendiamoci, io stesso dovrei recitare il mea culpa: un nome italiano in copertina mi faceva storcere la bocca, come se un cognome con vocale finale non fosse abbastanza magico. Forse solo Andrea e pochi altri, pubblicati dalla Editrice Nord, hanno svettato per qualità e vendite (anche se, a essere sincero, ammetto di non aver amato alla follia il ciclo delle Sette Gemme dell’Equilibrio). L’impressione è che qualcosa stia cambiando, sull’onda di certi fenomeni mediatici come SdA o il successo letterario di Harry Potter. Il denominatore comune sembra essere, tuttavia, quello di un Fantasy rivolto a bambini e ragazzi, per non parlare dell’esplodere dei baby autori che forse hanno una maggiore empatia con i loro piccoli lettori. Il mio personalissimo giudizio rimane comunque negativo: credo che nemmeno la letteratura adatta ai ragazzi debba sovrabbondare di cliché e luoghi comuni, cosa che invece ho constatato leggendo

86

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano


FANTASY alcuni di questi autori. Sono dell’idea, tuttavia, che anche quelli che possono sembrare dei fenomeni commerciali di pessima qualità servano allo scopo. Ben pochi fra i cultori del genere hanno iniziato da Tolkien; quindi, forse, l’importante è cominciare a leggere, vincere quei pregiudizi che hanno relegato il Fantasy in serie B e che in Italia sembrano particolarmente forti sull’onda di una cultura “classica” che molti citano, ma pochi conoscono. Il futuro non mi sembra, tuttavia, così grigio: dietro a questi battistrada famosi arrancano nuovi e vecchi autori italiani. Io stesso, che frequento molti siti amatoriali, vedo tanti scrittori di talento che mi auguro riescano a emergere tra il rumore di fondo del web. Ho parlato di battistrada? Ebbene, a differenza di alcuni amanti del genere, anche molto più competenti di me, mi auguro che si accetti come un male necessario un certo modo di intendere il Fantasy. Condannare e lanciare strali, come ho fatto anch’io in passato, è controproducente. Auguriamoci piuttosto che questi scrittori continuino a macinare successo, alla fine anche il lettore più ottuso è in grado di crescere e passare ad altro.

cosa i più giovani apprezzano di una saga come, ad

Andrea D’Angelo - Un’analisi molto sintetica, che esempio, quella di Licia Troisi (l’esempio più eclatante, getta nel calderone molte cose. Inutile star qui ad analizzarne ogni singolo aspetto. Quello che conta è il suo punto d’arrivo, che è un mio pallino sin da quando mi sono scontrato con la realtà del fantastico italiano, nell’ormai lontano 2001. Condannare e lanciare strali è controproducente. Mi piace l’idea che questo concetto stia iniziando a penetrare anche le menti più impermeabili, gli animi più intransigenti (in cui non ti includo, dal momento che sei tra coloro i quali si mettono in discussione). Ma nel tuo ragionamento, Stefano, vedo ancora tracce di un atteggiamento poco edificante. Comprendo il discorso sui cliché e i luoghi comuni, perché anche i più giovani abbisognano di qualità. Anzi, forse loro per primi, perché un adulto in genere è più smaliziato e le prese per i fondelli di solito le ripone sugli scaffali dopo poche pagine. Ma perché credere che tutta quella narrativa per ragazzi possa essere apprezzata soltanto da ottusi? E perché, se anche lo fosse, accantonarla e sperare nel senno di poi, in una maggiore maturità dei futuri lettori? Trovo questo atteggiamento semplicistico, oltreché aprioristico. E ancora una volta va nella direzione sbagliata. Secondo me la chiave sta nel comprendere

per editore e vendite). Mi spiego. Si può – anzi, si deve – essere fermi su cosa non va, ma è necessario anche accostarsi a un’opera con intento positivo e, quindi, ricercarvi i pregi (sicuramente presenti). Questa è una via costruttiva, diversa dal considerare certi romanzi “roba per lettori ottusi, che prima o poi cresceranno… speriamo!” (sia chiaro, non sto incitando a un atteggiamento più morbido o a esprimere opinioni “politically correct”). La mia idea è che l’unico modo per far crescere l’interesse verso il fantastico italiano più adulto sia far crescere la maturità del fantastico italiano per i più giovani. Cosa che si ottiene in modo costruttivo, non mistificatorio (mi si passi il termine). Non credo, insomma, che la maturità dei lettori d’oltremanica sia nata in un paio d’anni. Credo sia cresciuta con loro, con un certo modo di criticare, di guardare alle fatiche degli autori, anche quelle meno riuscite. Credo, insomma, che il lavoro da fare sia ingrato, perché produrrà risultati soltanto nel tempo. Chi sarà costruttivo per ottenere benefici personali immediati, sono certo che rimarrà deluso. Chi comprenderà che procedere compatti fa bene al nostro genere e lo farà per amore del genere, ritengo avrà le sue soddisfazioni.

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano

87


Dibattito FANTASY

Bisogna disfare un certo modo di scrivere fantastico in Italia, che fino a oggi ha ottenuto pessimi risultati: ha frammentato i pochi facitori, li ha messi troppo spesso gli uni contro gli altri, li ha resi da un lato invidiosi e dall’altro pessimisti. Bisogna, insomma, iniziare a pensare che siamo tutti ammassati su questa bagnarola, editi, inediti e “semplici” lettori. Vogliamo remare tutti nella stessa direzione?

Francesco Coppola - La discussione parte subito in modo interessante: Stefano vede un miglioramento della situazione del genere, cosa con cui concordo; Andrea la necessità di muoversi insieme in una direzione conveniente a ogni singolo scrittore – affermato o ancora da scoprire –, e anche qui mi trovo d’accordo! È un mio antico pallino (per dirla come Andrea) l’idea che una delle mancanze del nostro approccio al genere sia quella di non riuscire a fare “movimento”, e con questo intendo “movimento letterario”. Non trovo autoconsapevolezza (generalmente parlando) negli scrittori, affermati o meno, di appartenere a una corrente che non è solo individuale, e questa – per me – è una grave mancanza. Forse sono aumentati il numero e la disponibilità

88

delle case editrici inclini ad accettare manoscritti di autori di Fantasy, ma la qualità di questi ultimi, la mentalità che vedo circolare nei gruppi on-line ed emergere da quei pochi manoscritti che ho avuto sottomano in certe mie visite a una piccola casa editrice locale, mi fanno dire che il livello qualitativo delle nostre produzioni è ancora troppo basso! Quante persone pensano di poter prendere spunto da un gioco di ruolo? Quante da un fumetto, da un film o – di recente – addirittura dai videogiochi? Quanti scrittori di belle speranze si trincerano dietro la “libertà immaginativa”? A mio modo di vedere, troppi… Praticando anche io l’arte, nel mio piccolo, e coltivando anche io le mie ardenti speranze, so che l’attività di scrivere è connessa alla capacità di porsi le giuste domande, per esempio: “Chi è il mio protagonista? Cosa sa del mondo che lo circonda?”. Ma quanti si chiedono – prima di iniziare a scrivere – “Perché voglio scrivere ciò? Che bisogno ne ha il mondo, oltre a me? Sarò originale? Sarò innovativo?”. Per carità, in ogni espressione artistica – musica, cinema, pittura… – c’è bisogno sia del serio che del faceto. Nel cinema italiano ci sono i Vanzina e c’è Olmi, e questo può senz’altro accadere anche per il Fantasy, l’unico guaio è che non vedo da noi libri di alto spessore, ma troppa scrittura da mero intrattenimento, e questo certo non va! Qualcuno potrebbe dire: “Ma dai! Il Fantasy è roba da ragazzi!”. Molti la vedono così, troppi persino fra i cultori del genere… Sarà vero? Forse che con una narrazione fantasy non si possano raccontare storie “vere”? Il Signore degli Anelli è solo intrattenimento? L’opera di Dunsany lo era? E, per guardare al presente, come mai l’Inghilterra produce un autore come Miéville e l’Italia tace? Questi scrittori, tutti stranieri purtroppo, ci dimostrano che anche con mondi inventati, dove magia e draghi esistono, si possono scrivere storie di livello alto. E noi, qui, si dorme… Per carità, mi rendo perfettamente conto che un China Miéville ed una J.K. Rowling hanno alle spalle una tradizione che a noi in gran parte manca. Non sarebbe forse ora di cominciare – tutti insieme – a recuperare lo svantaggio? Non sarebbe

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano


FANTASY ora di cominciare a pensare al linguaggio che usiamo, al messaggio che vogliamo mandare, alle tradizioni fantastiche da raffinare e tradurre nei nostri “nuovi mondi”? I miti e le leggende nostrane, i nostri paesaggi mediterranei sono davvero tanto meno magici di quelli britannici? Il nostro medioevo e la nostra antichità forse non offrono begli abiti da far indossare alla nostra fantasia? Perché in Inghilterra ci si lascia ispirare da Le Mille e Una Notte, dall’Impero Bizantino o Romano, e noi non lo facciamo?

Stefano - Temo che la mia brevità abbia dato adito a un piccolo equivoco che mi preme chiarire. Non ritengo la letteratura per ragazzi, e in specifico il Fantasy per ragazzi, un genere per ottusi da spregiare. Lo sono forse i romanzi di quel tipo che ingombrano adesso le librerie, e mi riferisco alla nostra Licia Troisi e a Christopher Paolini. Sull’argomento intendo entrare meglio nello specifico in un secondo momento. Un’altra precisazione, e questa volta temo proprio che deluderò Andrea: il mio invito a rifuggire dalle critiche eccessive era solo frutto di un ragionamento a freddo, del tutto utilitaristico. Svestendomi dei panni dello scrittore inedito, emerge tutto il mio criticismo, che per carità mi auguro sia ancora qualcosa di costruttivo e non venato dall’invidia. Ciò che si augura Andrea è sicuramente una bella prospettiva: un’editoria dove il fantastico abbia una sua dignità, con lettori e scrittori impegnati a perseguire un solo intento, quello di fare crescere il genere… un bel sogno, un fantasy. Iniziamo con lo strombazzare un tamtam assai noto: l’Italiano medio non legge o legge assai poco, e quello che legge lo trova nelle edicole o lo compra attirato dalla pubblicità o da una copertina accattivante. L’Italiano medio non conosce il Fantasy: certo sa che esiste Tolkien, ma rappresenta per lui una lettura impegnata; poi c’è Brooks, di cui ha sentito parlare ma che considera, mancando gli stimoli mediatici, una lettura per sfigati; poi conosce Harry Potter: quello, viva Dio, fantasy non è, del resto è ambientato in parte nel nostro mondo, ed elfi, nani, draghi, troll e coboldi non hanno casa nell’accademia magica dove studia il maghetto – poi se è la stessa Rowling a sbracciarsi nel definire non fantasy le sue opere chi siamo noi per dire il contrario? Avete capito l’antifona? Tutto ciò che

sta intorno, davanti, dietro a Tolkien e ai suoi epigoni risulta sconosciuto o, peggio ancora, ignorato. Ebbi la ventura, qualche mese fa, di essere contattato da un’amica: chi si occupava di solito di tradurre Martin le aveva lasciato un capitolo da trasporre in italiano, ma lei era assolutamente digiuna di Fantasy. Avete presente Martin? Quando mai fa parlare i suoi personaggi con il vocativo? Questo per darvi un’idea dei cliché che imperversano nei più… Un bel giorno arriva Paolini, un genio che è riuscito a scrivere un romanzo a quindici anni, un nuovo Tolkien, ed ecco che il grande pubblico inizia ad amare i draghi, e la magia non è più un artificio per ragazzini. Possiamo davvero dire che Paolini abbia scoperto qualcosa di nuovo? Ed ecco entrare in campo la Mondadori con il peso dei suoi panzer mediatici: anche la nostra penisola ha dato i natali a un genio, venite a leggere il nuovo astro nascente del Fantasy… Chi ha avuto modo di sfogliare un manga, troverà qualcosa di nuovo nelle Cronache del Mondo Emerso di Licia Troisi? Entrambi questi autori sono comunque fenomeni sociologici degni di studio: non critichiamo senza discernimento, non buttiamo nel cestino queste

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano

89


Dibattito FANTASY esperienze, chiediamoci piuttosto cosa abbia trovato in questi modesti (a mio parere) scrittori il grande pubblico. Tralasciando la campagna pubblicitaria battente, elementi in comune questi due autori li posseggono: uno stile piano ed elementare, una storia classica che si affida all’azione, una ambientazione abbozzata e priva di fronzoli e, per concludere, due protagonisti in cui è facile immedesimarsi. Se questo è il gusto prevalente, lo scrittore che spera di avere successo deve forse scegliere: se abbracciare questa filosofia e in un certo senso tradire se stesso, o rimanere in attesa di una maggiore maturità del lettore. È questa la via che auspico, anche se non è detto, appunto, che ciò che è adatto ai bambini debba per forza essere banale e scontato. Ma torniamo all’auspicio idilliaco di Andrea: non credo possa essere realizzato proprio perché adesso manca quella consapevolezza necessaria nel lettore comune, perché forse manca un comune sentire da parte degli autori e, cosa importante, sono le stesse case editrici a fregarsene altamente della crescita di un genere come il Fantasy. L’editoria è un’industria che non fa mecenatismo ma si preoccupa soltanto di vendere: che senso può avere puntare su un pubblico di nicchia quando ci si può rivolgere a uno ben più ampio e di

90

bocca buona? In realtà siamo tutti preda di un inganno, e qui mi ricollego a quanto detto da Francesco: in realtà in Italia si pubblica Fantasy ma noi la definiamo semplicemente narrativa. Manfredi, soprattutto per romanzi come L’Ultima Legione, avrebbe ricevuto molti più consensi se avesse avuto l’onestà di abbandonare la patina storica che ama immeritatamente sfoggiare. Che male c’è nell’ammettere di aver scritto un Fantasy di ispirazione storica? Di Manfredi ricordo anche un orrendo romanzo ambientato ad Atlantide: Platone mi scuserà, ma non avendo alcuna testimonianza dell’esistenza dell’isola propenderei per definirla un mito. È un romanzo storico anche questo? Un altro esempio, quasi ucronico questa volta, è la Nave d’Oro di Buticchi. Perché non chiamiamo le cose con i loro nomi? Pensate a quanti inconsapevoli lettori di un Fantasy più strutturato esistono in Italia! A questo punto mi chiedo se il problema del fantastico nel nostro Paese sia solo quello di vincere un pregiudizio. Un pregiudizio che spinge alcuni a ignorare questo genere per una certa avversione alla magia ai draghi e via discorrendo, e che induce altri a leggerlo ma fermandosi ai soli divulgatori di questi miserrimi aspetti. Attenzione, si stanno muovendo anche altri scrittori con modo di narrare più complesso: Dario de Judicibus, per esempio, e i già noti Luca Trugenberger, Fabiana Redivo, Mariangela Fassio e Andrea D’Angelo. Per concludere vorrei buttare nel calderone un nuovo quesito: secondo alcuni esisterebbe un Fantasy impegnato… ma, a parte una maggior cura nel background, nella caratterizzazione dei personaggi non vedo (ma posso sbagliare) romanzi fantasy con temi sottesi neppure in ambito anglosassone. Non lo dico per piaggeria, ma forse l’unico romanzo di questo tipo è proprio La Rocca dei Silenzi di Andrea. Come Andrea ben sa, il mio giudizio sul suo romanzo è ambivalente, ma mi sono accorto col tempo che molti degli aspetti negativi che vi intravedevo erano dettati da una mia visione soggettiva. Una natura materna e matrigna non sarà mai nelle mie corde: amo i personaggi che escono dagli schemi, che violano i limiti che sono loro imposti proprio perché è la fantasia a permetterci queste infrazioni. È giusto, anzi sacrosanto, che lo scrittore si esponga per dare la sua visione del mondo e della vita nei propri romanzi,

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano


FANTASY anche se questa visione non è condivisa dai lettori.

Andrea - Tento ancora una volta di sintetizzare. Voi

due, bravi ragazzi, gettate nel calderone tante di quelle cose che il minestrone rischia di essere troppo ricco – e strozzarmi! Seguo una mia linea di pensiero, ma mi rendo conto di non poter costringere il dialogo. Vado con ordine, dunque. La mia esperienza mi dice una cosa molto chiara, Francesco: i testi inediti migliori sono quasi sempre invisibili, ossia chi sta producendo qualcosa di valore e di corposo, che costa parecchio tempo e sudore, è difficile lo dia in pasto a internet. Di conseguenza, credo tu sia un po’ frettoloso nel dire che il livello degli scritti del fantastico in Italia sia ancora troppo basso. E uso volutamente l’espressione “scritti del fantastico” e non “scritti fantasy”, anche se questo ci porta un po’ fuori tema, a mio avviso, o comunque amplia troppo il discorso. Come ha detto giustamente Stefano, in Italia gli scritti con elementi fantastici sono parecchi e spesso sono conosciuti, ma camuffati sotto altre vesti. Ma siamo davvero sicuri che qui, noi tre, si voglia parlare di questi testi? Personalmente resterei nel Fantasy ed eviterei di analizzare il Fantastico… non finiremmo più, ragazzi (attendo lumi). Frattanto, ho alcune cose da dire. Anzitutto, Francesco, non condivido – e lo sai già – la tesi secondo cui l’unica via per rendere “alti” i nostri scritti sia quella di far leva sulla nostra tradizione. Questa è sicuramente una via, valida e che auspico qualcuno percorra con determinazione. Perché il compianto David Gemmell era così interessato all’Eneide e noi, invece, non lo siamo? Ma davvero i giovani virgulti italiani non sono “attratti dal Mediterraneo”? Tu, Francesco, sei l’esempio che lo siamo anche noi. E non credere di essere l’unico! Qualcuno sta lavorando nell’ombra, ne sono certo. Quindi sentiti spronato da una competizione che ancora non è venuta a galla, ma che sono certo c’è. Il patrimonio intellettuale di un Paese è dato dal suo passato, ma anche dal fermento del suo presente, io credo. E la libertà immaginativa porta al fermento quando spazia in ogni direzione, comprese quelle che tu consideri sterili (non l’hai scritto, sintetizzo io per amor di brevità). Ognuno ha le proprie convinzioni. Tu, Francesco,

credi che questa sia la via maestra. A me sta bene, finché non delegittimi le altre. Personalmente, so qual è la mia via, che è portare la realtà nel Fantasy, di peso, affrontando temi attuali in modo tutt’altro che velato – davvero sono l’unico a farlo, Stefano? Strano. Inoltre, pongo una domanda a entrambi: se sono cresciuto molto più con scrittori anglosassoni, che con Omero e Virgilio, o che con le tradizioni di “casa mia”, che cosa dovrei fare… gettare dalla finestra il mio bagaglio culturale, per quanto “traditore delle patrie radici”? Ha ancora senso parlare, nel 2007, di proprie tradizioni, quando leggiamo testi che vengono da tutto il mondo e perfino in più lingue? Mi sembra anacronistico o quantomeno poco realistico. Ognuno ha le proprie inclinazioni, oltreché le proprie convinzioni. In questo contesto, cambio argomento soltanto in apparenza, per poi riallacciarmi a quanto appena scritto. Secondo me la prima domanda da porsi è proprio: “Perché voglio scrivere questa storia?” È significativa e viene molto prima della seconda: “Che bisogno ne ha il mondo, oltre a me?” Mentre ritengo che chiedersi se il proprio scritto sarà originale e innovativo sia una perdita di tempo; si metta anima e corpo in ciò che si scrive, con onestà e abnegazione… il resto verrà da sé, perché ognuno ha una propria visione del mondo.

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano

91


Dibattito FANTASY

L’originalità nasce dallo scrittore, dalla sua maturità letteraria, dal suo vissuto – ed ecco che questo tema si riallaccia al precedente: un buon retroterra culturale per un autore non sta solo nelle tradizioni delle sue terre. Uno scrittore non può inventarsi una propria originalità se non è pronto, se non ha già assorbito molto e metabolizzato, se non è capace di rielaborare a modo suo. Un lettore avvinghiato a Dragonlance, Forgotten Realms, Dark Sun, giochi di ruolo vari e a nient’altro non sarà pronto a dire la propria con efficacia finché non avrà spaziato molto di più, costruendosi una sua, necessaria indipendenza intellettuale. E in questo voglio rispondere a Stefano. Vero, la mia idea di “movimento” può apparire una mera illusione. Un sogno. Ma faccio presente che il sogno è una realtà in altri paesi… e cito il maturo Regno Unito, ancora una volta (e, sia chiaro, non sto dicendo che in un movimento non ci siano voci discordanti, è l’atteggiamento che conta, propositivo, costruttivo, quando qui in Italia è spesso criticone senza proporre valide alternative e disfattista). Non è un caso, e in questo mi avvicino al pensiero di Stefano, che l’Inghilterra non sforni scrittori adolescenti considerati come fenomeni. Ma potrei parlare della Francia o della Germania. Pare che in Italia si sia sempre molto bravi

92

a farsi del male da soli. Esterofili fin nel midollo, in modo miope. A me sembra che ancora una volta, però, non si guardi il problema in modo costruttivo. Non si aiuta il Fantasy, Stefano, individuando la via per diventare famosi e ricchi. Cosa c’entrano ricchezza e fama con la maturità di un movimento? Un movimento prima diventa maturo, poi può sperare di guadagnare spazio. Il mio sogno, come tu lo chiami, non è risollevare le sorti della lettura in Italia… Un sogno a dire il vero lo avrei: mi piacerebbe essere uno tra i tanti autori che si sostengono a vicenda, aiutandosi a crescere… e non credo che questo agire precluderebbe risultati degni di nota. Prima si faccia! Eventualmente poi si disfi. Il mio sogno è far crescere il Fantasy italiano, perché non tollero l’idea che gli italiani stessi pensino che i propri connazionali siano meno capaci degli stranieri. Questo è razzismo culturale. Una cosa inaccettabile, che non sono mai riuscito a digerire, né da edito e quindi vittima di questo mal pensiero, né prima, dall’ombra dell’anonimato. È semplicemente privo di senso pensare una cosa simile. I Buticchi, Manfredi & Co. snobbano essi stessi il fantastico, pur sfruttandolo quando scrivono? Se è vero, sono mele marce, intellettualmente disonesti. Non è certo di loro e delle loro migliaia di copie che abbisognamo (e personalmente troverei molto fastidioso tirare per la giacca autori affermati, soltanto perché hanno qualche accenno di fantastico nei loro testi). Né abbisognamo di editori compiacenti, che preferiscono camuffare i romanzi, per paura di osare. Partiamo dalla base, dai lettori e dagli autori italiani. I movimenti, si sa, partono dal “popolo”. Ma ho l’amara impressione che il popolo in parte sia inconsapevole della propria forza e in parte non sia abbastanza umile. Che si fa? Non so voi, ma io non mi arrendo di fronte a un’impressione.

Francesco - Vorrei iniziare questo mio secondo

intervento premettendo una cosa semplicissima: teniamo fuori, di grazia, la Fanta-Storia degli autori citati da Stefano. Stiamo discutendo di Fantasy qui. Detto ciò, mi accingo pure io – se mi riesce – a sintetizzare ed a rilanciare il discorso.

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano


FANTASY Ritengo che, se è vero che veniamo da decenni in cui in Italia si è letto poco, ciò è dovuto all’impostazione faziosa della nostra cultura (uno dei tanti riflessi di quell’arcaismo connaturato che fa la nostra una nazione dalle grandi potenzialità ma disperatamente “piccola” rispetto alle altre d’Occidente). Per decenni nelle scuole si impartiva il concetto che l’Arte, la Letteratura, la Cultura fossero cose difficili, per pochi eletti. Vedo ancora residui di questa impostazione ma, al contempo, vedo i prodromi del cambiamento! Il mondo cambia, anche da noi assistiamo alla nascita della cosiddetta “società lowcost” e questo si riflette su tutto quel che le persone sognano e desiderano! In poche parole, la rivoluzione lowcost ci offre la straordinaria possibilità di creare finalmente una “letteratura popolare” proprio come quella che tradizionalmente è esistita negli USA. L’esplosione della giallistica italiana da questo punto di vista è incoraggiante. Anche il poliziesco, infatti, è un genere importato dalle nazioni anglosassoni, e ora noi ne abbiamo una discreta produzione, e di successo persino. Reputo che si possa fare lo stesso col Fantasy! Del resto, non è forse vero che qualcosa nell’editoria si è già mosso? Non siamo più rimasti con i soliti D’Angelo e Troisi, una pattuglia di nuovi “apripista” si sta facendo avanti! Chissà che prima o poi persino le algide porte della casa editrice Einaudi non si potranno aprire ad un autore italiano di Fantasy? Tengo già una bottiglia di Malvasia di Lipari pronta per brindare all’evento! Sia chiara una cosa però: se è vero che nessuno dovrebbe darsi a questa avventura dello scrivere senza lavorare – prima o poi – al proprio linguaggio, è al contempo vero che non c’è nulla d’infamante se lo stile è piano, semplice, scorrevole! Sono caratteristiche del racconto popolare, queste, e vanno comprese e rispettate! Se fosse questo l’unico difetto della Troisi, mi andrei a comperare il primo dei suoi romanzi anche domani! Non c’è alcun “tradimento” da parte dell’aspirante autore nell’adattare il proprio stile ad un genere più “popolare”, e questo per un sacco di motivi (perché la “semplicità di lettura” è complicata da ottenere, per esempio). Noi, presumo, vogliamo raccontare storie, le nostre storie, esprimendo quel tanto di noi stessi che altrimenti resterebbe sepolto nella quotidianità: vogliamo

esprimere Contenuti; quale vestito dare loro, per me è di relativa importanza! Sono d’accordo con Andrea: dovremmo far gruppo, movimento. Ma cosa significa? Cosa si dovrebbe fare nel concreto? Sicuramente non credo di poter dare l’unica ricetta valida, ma indico quella che hanno seguito gli autori inglesi nella loro successione che va da Dunsany a Eddison, da questi due a C.S. Lewis e infine a J.R.R. Tolkien. Loro per primi (loro, non io!), hanno affondato le mani nella terra su cui vivevano! Loro hanno sentito il bisogno di scrivere un fantastico radicale con cui rispondere ad un mondo che sentivano (e come potrei dargli torto?) minacciato da una modernizzazione violenta, corrompente, svuotante, meccanizzante! Perché indico la loro via? Beh, perché non ho ancora letto niente di più profondo e affascinante, meraviglioso e intrigante de Il Signore degli Anelli! Perché credo che nessuno, dopo Tolkien, in Inghilterra o negli USA, né tanto meno da noi in Italia, abbia mai raggiunto simili vette. Non sarà l’unica strada da percorrere, certo, quella di lavorare in quel modo ma, se per me è la via maestra, gli altri facciano quel che credono! E poi, se Bompiani, Fanucci ed altre case editrici stanno recentemente pubblicando gli scritti di questi autori

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano

93


Dibattito FANTASY “dei primi tempi”, forse io stesso non sono l’unico a pensarla così… Ma l’avete letta la “Saga del Ghiaccio e del Fuoco” di G. Martin? Quel suo mondo non è forse composto al novanta per cento da una versione fantastica – ma ipertrofica – dell’Inghilterra? Salvo poi addobbarla con scampoli di Medio Oriente (schiavista e malvagio) e di steppa asiatica (selvaggia e violenta). E che dire, allora, di quel “campione” di Terry Goodkind? In quindici tomi – nella versione in italiano, dieci in quella inglese – ha disegnato un mondo che non è altro che la versione fantastica dell’Occidente, contrapposto ad un Oriente comunista/ islamico, ovviamente malvagio. Salvo poi presentarci la traiettoria d’ascesa di un eroe che non è altri che il Super Uomo di fascista e nazista memoria? E China Miéville? Non comincia forse la sua trilogia descrivendo una sua “anti Londra”, sostituendo al gusto per il meraviglioso quello per il grottesco? E nelle sue pagine non si può leggere forse anche una certa visione antiumanista dell’umanità? E non è che l’eptalogia fantasy di S. King, la serie della “Torre Nera”, sia meno statunitense come ambientazione di quanto non fossero britanniche quelle prima citate! Indi, io trovo che sia decisamente sensato, partire dalle proprie tradizioni fantastiche, dalla propria terra,

94

da quel che più e meglio si conosce, per poi allargare certo, se si vuole. Faccio questi esempi perché ritengo che sarebbe davvero un peccato che noi si continui a non vedere le potenzialità letterarie di un genere solo apparentemente “facile”! Infine, posso anche non essere l’unico autore che, nell’ombra, faticosamente costruisce il suo mondo mitopoietico – mi rallegrerebbe averne le prove cartacee – ma, in questo specifico momento storico, credo che i virgulti dell’italica arte nel costruire Mondi Incantati abbiano più bisogno di lavorare sulla qualità che correre dietro alla lepre della competizione! Competano gli altri se vogliono! I moderni, gli uomini – robot calcolatori a due gambe di profitti contro utili! Io sono un autore di Fantasy, sono nell’esistenza un po’ lupo, un po’ tartaruga: non vado né troppo lento, né troppo veloce, ma esattamente al ritmo che ci vuole.

Stefano - Dopo due contributi a testa ormai abbiamo

spiegato i nostri vessilli, se mi passate il termine. Non credo che i fossati che ci dividono siano così profondi, quindi provo a erigere dei ponti. A essere sincero mi sento quasi a mezza strada tra voi due: l’idea di Francesco a proposito di una via mediterranea al Fantasy mi alletta, ma capisco anche che chi, come Andrea, fonda la propria cultura su altre letture voglia, legittimamente, imboccare altre strade. Percorsi sicuri verso il successo nessuno li conosce, ma toglierei a questo termine la valenza negativa che qualcuno di voi gli ha dato. Non mi riferivo certo ai soldi, alla ricchezza, figuriamoci. Sapete meglio di me che in Italia solo pochissimi campano scrivendo, e nel mondo del fantastico quanti sono questi privilegiati? Essere editi, però, conferisce a chi scrive una sorta di riconoscimento, una stigmate che molti ambiscono. Non si scrive certo per la fama, ma per essere compresi; vedere che si trasmettono sentimenti è qualcosa che colpisce e riempie di orgoglio. Le opere su cui mi sono spesso scagliato sono piccoli capolavori di comunicazione, ma che trasmettono? Cosa danno al lettore se non il piacere edonistico di una lettura senza pensieri con il cervello staccato? Continuo a ritenere un po’ troppo ottimistico l’obbiettivo posto da Andrea, quello cioè di una

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano


FANTASY comunità di appassionati dove lettori e scrittori legati al fantastico possano procedere a braccetto. Ottimistico perché, come ho avuto modo di dire, dove non si legge non è possibile creare comunità di questo tipo, per non parlare del genere a cui ci riferiamo, il Fantasy, che è forse tra i più disprezzati. Qualcosa sta cambiano, ma quanta fatica. Dario de Judicibus scriveva libri di informatica e solo così è arrivato a pubblicare qualcosa, a quanto ho saputo. Insomma le possibilità di uscire dall’ombra sono scarse e le case editrici non aiutano affatto in questo. Mi piego alla superiore conoscenza di Andrea del mondo anglosassone, ma francamente mi risulta difficile credere che lì i fan non indossino casacche e non rivolgano ai vari autori critiche fini a se stesse come magari possiamo leggere nei nostri forum o nelle bacheche di qualche libreria on-line. Attendo, comunque, l’evolversi degli eventi, sperando, anche egoisticamente, che qualcosa cambi e che, esaurite le scintille di certi fenomeni di consumo che voi ben conoscete, non cali una nuova cappa di tenebra sul genere. Quei fenomeni che vanno tollerati, secondo il mio modesto avviso, solo perché hanno aperto delle porte. Criticare ciò che è mediocre, già visto, è giusto, anzi sacrosanto, magari imparando, però, a non criminalizzare certi scrittori sulla cui buona fede generalmente non è lecito dubitare.

Andrea - Tiro le mie conclusioni, dunque. Come

Stefano si sente a metà strada tra Francesco e me, così io mi sento a metà strada… un po’ distante, insomma, ma non tanto. Quello che posso notare è che entrambe le vostre posizioni sono troppo negative per i miei gusti. Italiani non ancora pronti… Mali necessari… Si sforzano di essere costruttive, mi pare, seguendo la loro legittima direzione. Mi sforzo di vederle costruttive, dunque; mi sembra un buon inizio. Quattro cose veloci. Vedi i prodromi del cambiamento, Francesco? Appunto, dico io. Quindi avanti così. Non si deve correre dietro alla lepre della competizione? L’ho sempre detto. Io stesso ho atteso anni, fino a quando non ho ultimato la mia trilogia e non l’ho considerata pronta a essere proposta. Se non avessi fatto così, non avrei cavato un ragno dal buco. Dove non si legge non è possibile creare comunità di questo tipo,

Stefano? Qui si legge poco, ma si legge. Parlavo di fare gruppo all’interno del movimento, ovverosia tra coloro i quali già leggono questo genere. Il problema, come sostenevo all’inizio, è che già i pochi tra noi che rispettano il genere fantasy non sono coesi. Poche scuse, è uno schifo da cui mi dissocio. In questi anni non ho perso occasione per incoraggiare, esortare, volto a un’aggregazione che a mio avviso è tutto fuorché utopia. In ogni caso, è l’unica via. Così sto facendo ora, approfittando di questa chiacchierata. E non ho detto che oltremanica gli appassionati non indossino casacche, ma resto dell’idea che in media siano più maturi quando criticano. A distanza di qualche settimana guardo a questo dialogo con poco affetto, sinceramente. Schiettezza che mi fa male. Mi pare che ancora una volta giriamo attorno a una possibile convergenza, senza convergere realmente. A me piacciono tutte le strade che voi volete battere, ma non mi piace una certa altezzosità che mi sembra traspaia dai vostri ragionamenti. Certo, m’includo, lo stesso effetto possono fare le mie parole. Forse con una differenza, però: io sogno per tutti, non soltanto per me e per quello che credo giusto; credo che le cose sono già cambiate e che stanno migliorando sempre più, ho fiducia nei giovani italiani, m’infervoro

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano

95


Dibattito FANTASY autori. Se non c’è molto spazio e il fatto in sé opprime e spinge a egoismi, rilassatevi e sorridete: meglio vivere la situazione in compagnia, che preparare crociate solitarie contro il mondo. Né arroccatevi in “gruppi”, sempre che il gruppo in questione non abbia larghe vedute e non abbia a cuore il genere tutto, pur seguendo le proprie convinzioni. Né desiderate di entrare a far parte di qualche “gruppo” che sembra tanto illustre con l’illusione che ciò vi eleverebbe, portandovi in un’élite. Siamo tutti ammassati nella stessa bagnarola. Ricordatelo sempre, con un sorriso e una mano tesa al naufrago di turno. Issiamolo a bordo, stare un po’ più stretti non è così grave. E un giorno – io lo credo sempre possibile – quando finalmente raggiungeremo una sterminata spiaggia caraibica, saremo aumentati di numero e potremo fare una festa più grande. Tutti assieme. Io lo credo possibile. Io credo.

Francesco - Ebbene, siamo giunti alla fine di questa perché voglio coesione, movimento. Tanto per scagliare il sasso e non ritrarre la mano, considero immature Le Cronache del Mondo Emerso, ma se avessimo dieci autori italiani di Fantasy che vendessero altrettanto, con opere parigrado, sarei felicissimo! Importa che io non apprezzi? Non credo proprio. Non vedo altrettanta “apertura” in voi. Ciò che traggo dai vostri discorsi è “tolleranza”, e tollerare è un brutto modo di riconoscere i meriti altrui, che non implica accettazione, ma soltanto sopportazione (meglio il fastidio aperto che la sopportazione, anche se esso è una cosa assai poco costruttiva). Ma, certo, non distruggiamo quanto detto, che mi sembra molto interessante comunque. Avete la mia stima e considero argute molte delle cose scritte. Assolutamente positive, in un certo senso, perché in un movimento deve esserci pluralità di voci e le vostre arricchiscono il dibattito – per quanto ne so, tanto e più della mia. Quello che vorrei è che le nuove leve e gli inediti si sentissero forti e non si intralciassero il passo vicendevolmente. Fate “legge non scritta” ciò che è stato fatto di rado sinora: sostenetevi a vicenda e non soltanto a parole. Guadagnatevi degli spazi e poi non abbiate timore di condividerli con gli altri

96

discussione trovandomi il privilegio ed il peso delle ultime parole. Essendo questo un articolo e non solo una “chiacchierata”, il fatto che si sia girati attorno ad un possibile punto d’incontro, senza arrivarci, non è affatto un male, l’obiettivo era mostrare vedute diverse, non un terzetto da camera che suona l’aria sulla quarta corda! Il mio dispiacere è causato dalle personalizzazioni, tutte quelle citate sin qui… Sono convinto che il “sognare per tutti” non sia unica prerogativa di Andrea, ma sia ben leggibile in tutti noi, quel che ci differenzia è – invece – il dove andare ed anche il come farlo, null’altro. Il fenomeno fantasy in Italia è in fermento, quindi, la fotografia che ne farà la nostra rivista sarà interessante – anche a distanza di tempo. Sembra davvero che stia partendo “qualcosa” ed è per questo che Andrea vorrebbe far movimento ma, mentre lui intende “fare tifo per la nazionale fantasy (dalle casacche verdi)”, per così com’è, conoscere i nostri autori, la nostra produzione e darle la precedenza rispetto a quella estera (ha ragione D’Angelo quando ci suggerisce di leggere i nostri autori di Fantasy italiana, se non altro per sapere dove sta andando), la mia idea di movimento è differente.

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano


FANTASY

Tutte le immagini presenti in questo articolo sono ©Maria Distefano http://www.mariadistefano.it

L’illustrazione iniziale, “Gollum”, è tratta dalla serie “Lost Cards” Le illustrazioni dei Tarocchi sono tratte dalla serie “Il Cerchio della Vita - The Circle of Life Tarots” di prossima pubblicazione Lo Scarabeo Edizioni L’illustrazione finale: “L’Abbraccio” Qualsiasi cosa ne pensino gli accademici della Crusca, il Fantasy è un fenomeno letterario e come tale va interpretato; è pertanto naturale che – agli esordi come siamo – la nostra produzione sappia troppo di “fan fiction”, non sarebbe l’unico né il primo dei casi! Anche le Ultime lettere di Jacopo Ortis era una versione italianizzata de I dolori del giovane Werther; anche il Romanticismo era un genere nato altrove e che ebbe difficoltà a farsi accettare nelle nostre magre sponde, e solo col tempo sono venuti il Manzoni e il Leopardi. Probabilmente più preciso lo può essere il paragone con il fenomeno musicale del “rock” che, appena giunto da noi negli anni Cinquanta, i pochi che lo accolsero si limitarono per qualche tempo a riproporre le stesse canzoni estere, traducendone appena il testo (o mettendone uno loro ex novo). Ma le similitudini appena citate mi aiutano ad avere fiducia nel futuro, e allo stesso tempo m’inducono a dire che il prossimo passo, necessariamente, sarà quello di affondare le mani nella nostra terra e creare – quale il poeta Orazio – nuovi Monumenta.

Non posso farci niente se qualcuno vorrà giudicare le mie parole come “accondiscendenti” o “tolleranti”, non ho alcuna intenzione di denigrare gli sforzi fatti da altri che giudico validi sotto una certa ottica. Dico solo che, finché anche da noi non cominceremo a fare Mitopoiesi a partire dalle nostre realtà e tradizioni, rimarremo fatalmente chiusi nel solito ghetto, che diverrà semmai più affollato, ma mai più ampio. Sono, infine, convinto che gli spazi immensi conquistati dai polizieschi all’italiana non saranno mai alla nostra portata (vedete come sogno per tutti?) se non ci mettiamo una buona volta sulla rotta per il Mediterraneo. Med Fantasy, questo propongo, qualcosa ancora da trovare, ma verso cui intendo (anzi, lo sto facendo) remigare con le mie pinne da quasi-tartaruga. Quindi, da quasi-lupo, affermo: chi vuol “far gruppo” tenga conto che non è ai Caraibi che sono diretto ma verso il Mare Nostrum… n Stefano Baccolini, Francesco Coppola, Andrea D'Angelo

Dibattito: Opinioni sul Fantasy italiano

97


Cultura

Cultura

FANTASY

Il fantastico in biblioteca di Stefano Baccolini

U

na cosa che ho notato, frequentando numerosi forum e gruppi di discussione legati al Fantastico, è una certa tendenza a sottovalutare le biblioteche come fonti dove reperire letture di genere. È un fenomeno che riesco difficilmente a spiegarmi, poiché le librerie sono spesso troppo ancorate a quello che offrono le grandi case editrici e alle ultime uscite in catalogo. Per libri fuori commercio, il cultore del Fantastico deve di solito affidarsi al caso, cercando on-line o spulciando in polverosi mercatini dell’usato e in librerie di remainders. Dà sicuramente una sensazione particolare poter sfogliare in ogni momento un romanzo che ci ha trasmesso emozioni, anche perché gli orari di servizio delle nostre grandi biblioteche cittadine sono ormai tali da permettere a chiunque di frequentarle e magari di rileggere, sebbene con scadenze da rispettare, un particolare libro che ci ha colpiti. Cerchiamo di trasformarci in topi da biblioteca e non in aridi collezionisti. Il piacere di condividere un’emozione non vale, forse, molto di più che racchiudere negli scrigni delle nostre librerie le sorgenti di tanto piacere?

Le biblioteche di pubblica lettura Chi ha conosciuto e frequentato le biblioteche qualche anno fa, magari per esigenze di studio, avrà in mente grigi e polverosi edifici storici. Scorbutici bibliotecari erano, spesso, dei veri e propri mediatori di cultura: ben poche volte lasciavano al visitatore il piacere di inerpicarsi su uno scaffale e appropriarsi direttamente dell’oggetto dei suoi desideri; ed era raro ricevere da costoro validi consigli per una lettura o una ricerca bibliografica. La filosofia stessa che ha guidato la diffusione delle biblioteche anche nei cen-

98

Cultura: Il Fantastico in Biblioteca


FANTASY

Sala Borsa: cartellonistica interna tri più piccoli ha radicalmente mutato questa superata prospettiva. Le cosiddette “biblioteche di pubblica lettura”, che sorgono principalmente in strutture moderne o in edifici storici ristrutturati, sono costituite da tre aree: una deputata all’accoglienza, una dotata di scaffalature dove l’utente possa reperire i documenti che cerca, e una dove il personale sia in grado di lavorare con la massima efficienza ed efficacia. Non voglio soffermarmi su queste minuzie, frutto della decennale esperienza proveniente soprattutto da oltreoceano. Vorrei parlare, invece, del modo in cui viene trattata ed esposta al pubblico la letteratura fantastica in due grandi biblioteche cittadine: la “Sala Borsa” di Bologna e la “Biblioteca Delfini” di Modena. Lo scopo è provare a comprendere alcune particolari scelte espositive. Non è raro, infatti, vedere persone camminare tra gli scaffali con sguardi smarriti o intimiditi, quasi si trovassero al cospetto di un orco o nel labirinto di Minosse. Va premesso che le nostre biblioteche non sono più caratterizzate solo da testi cartacei: potete trovarvi CD musicali, DVD, VHS, CD ROM, e ausili per utenti svantaggiati, come gli audiolibri e i libri in braille. Un’offerta più variegata creata per spingere alla lettura fasce d’utenza diverse e con differenti esigenze. Proprio la diffusione della cultura e del gusto del-

la lettura dovrebbe essere, secondo il Manifesto dell’UNESCO, uno dei compiti principali di tutte le biblioteche. La maggior parte delle nostre strutture, ormai, cataloga i propri documenti tramite un codice numerico complesso, che spesso supera le tre cifre, noto come “Dewey”, il quale serve per renderne palesi – o almeno dovrebbe farlo – l’argomento e la provenienza geografica dell’autore. Questo tipo di codice, indispensabile quando si ha a che fare con opere di saggistica, diventa secondario per quanto riguarda la narrativa, che generalmente viene raccolta per nazionalità o per genere. Ma non accade sempre così, come vedremo.

La “Sala Borsa” di Bologna La “Sala Borsa” sorge all’interno dello storico palazzo d’Accursio, posto di fronte al Nettuno, dunque in posizione centralissima all’interno della città, ed è ricavata proprio nel luogo dove avvenivano fino agli anni Sessanta le operazioni finanziarie cittadine: ne è nato un importante centro di lettura che raccoglie principalmente il patrimonio della biblioteca “Montagnani”. La sala riservata alla narrativa è nota come “Scuderia” e conserva, in ordine alfabetico per autore, un notevole patrimonio librario. Superate le colonnine antitaccheggio e lo sguardo truce del personale della

Cultura: Il Fantastico in Biblioteca

99


Cultura FANTASY

Sala Borsa: “Scuderie” vigilanza, ecco entrare in una sorta di… supermarket. La filosofia che anima la struttura è sostanzialmente quella del “fai da te”, e non intendo questo come una formulazione negativa: tale sistemazione è, infatti, un modo per rendere l’utente autonomo. I “punti informazioni” sono, dunque, assenti, mentre il numero di cataloghi informatici è notevole e la cartellonistica sufficientemente chiara. L’aspetto negativo di questo modo di intendere la gestione è che viene a mancare l’indispensabile rapporto umano tra utente e addetto alla biblioteca. A meno che la persona non sappia già cosa cercare, l’unico modo di orizzontarsi tra una miriade di autori e di generi sono le familiari copertine dorate e argentee delle collane di Fantascienza Cosmo o le coloratissime raffigurazioni dei libri fantasy della Nord. Troppo poco, dunque. Pare quasi che si voglia prediligere la quantità rispetto alla qualità, e la persona che si dovesse trovare per la prima volta ad aggirarsi tra gli scaffali, ne trarrebbe l’insistente impressione di un’enorme e caotica libreria. Chi, poi, volesse chiedere informazioni di tipo bibliografico rimarrebbe deluso: il personale non ha questo compito, ed è in grado al massimo di fornire indicazioni logistiche. Un modo per supplire in parte a questo genere di

100

deficienze è imparare a consultare correttamente un Opac (catalogo informatico), ma dare per scontata l’abilità dell’utente è sbagliato, a mio parere. Le ricerche per soggetto e per abstract, poi, risentono di com’è stato effettivamente catalogato il testo da cercare. Ma cosa sono soggetto e abstract? Il primo serve per identificare concettualmente un documento e non si applica per le opere di fantasia, il secondo è una “tematizzazione”, che dipende dalla competenza del catalogatore. Molto più comodo, da questo punto di vista, è fare

Sala Borsa: postazione OPAC

Cultura: Il Fantastico in Biblioteca


FANTASY riferimento a determinati autori tramite altri mezzi di informazione, come il Catalogo Vegetti o i gruppi di discussione e i forum specializzati. Poco sviluppato è il “settore novità”, che dovrebbe fornire al lettore informazioni sugli ultimi arrivi, il quale, pur presente, è davvero poca cosa per una biblioteca dalle dimensioni di quella bolognese. Infine, ciò che forse manca maggiormente – e lo dico con rammarico – è la tranquillità, una caratteristica che dovrebbe essere insita in ogni luogo di lettura. Ma forse la si è sacrificata sull’altare del numero: quello degli utenti e dei volumi.

La “Delfini” di Modena La biblioteca “Delfini” di Modena è anch’essa una moderna struttura a scaffale aperto che occupa parte del complesso architettonico indicato come “Patronato pei figli del Popolo” o, più comunemente, Palazzo Santa Margherita, posto a poca distanza dall’Accademia Militare e dunque al centro della città. Il complesso si articola su due piani. Al piano terra, superata la “Piazzetta” che ospita le novità librarie, si accede all’ampia sala della narrativa mainstream e di genere. è già possibile quindi notare un mutamento nella politica espositiva della biblioteca modenese rispetto alla “Sala Borsa”, mutamento che la segnaletica, coloratissima, evidenzia bene. Qui, infatti, troviamo vari settori tematici che permettono al lettore di orizzontarsi in maniera più agevole. A noi interessa quello noto come “Sfiction”, che raccoglie in ordine alfabetico numerose opere di Fantascienza e Fantasy, anche romanzi ormai fuori catalogo, come il secondo ciclo di Zelazny, e le prime opere di Moorcock, tutto in piena evidenza. I volumi più rovinati e datati sono conservati in un fondo a parte, chiamato “Torre”; sono consultabili e possono andare in prestito solo previa richiesta al personale. Per questo è indispensabile usufruire dei cataloghi informatici e della mediazione del punto informazione. Una scelta che può generare un certo sconcerto è quella di conservare i libri recenti e recentissimi nella “Piazzetta”. Questa strategia espositiva è, per certi versi, l’amplificazione di un’abitudine ormai diffusa in

Delfini: “La Piazzetta” molte biblioteche: quella di rendere palesi ai lettori i nuovi acquisti esponendoli all’ingresso. È, comunque, possibile dirimere ogni dubbio affidandosi all’aiuto del personale addetto. Il settore “Novità”, già eccessivo, crea ulteriore confusione perché i volumi vi sono collocati senza uno specifico ordine. Una sezione interessante che esula dal Fantasy è quella riservata ai fumetti – con ampio spazio ai manga giapponesi – contigua a un altro importante settore completamente dedicato ai giovani, noto come “zona Holden”. La biblioteca “Delfini” ha il merito di dare grande rilevanza alla produzione fumettistica, grazie anche a importanti collaborazioni e iniziative, come la recente presenza di Keiko Ichiguchi ha dimostrato. In generale, si può riscontrare nella “Delfini” un interesse rivolto a diversificate fasce d’utenza, senza distinzioni o preclusioni, per accontentare anche fruitori stranieri. Nel settore “Sfiction”, ma soprattutto in quello della narrativa tout-court, si possono trovare fa-

Cultura: Il Fantastico in Biblioteca

101


Cultura FANTASY

Delfini: “Sala Panaro” scette distintive verdi che servono a contraddistinguere le varie lingue con cui sono scritti i romanzi.

Un confronto Entrambe le biblioteche, mi preme precisarlo, seguono una legittima filosofia espositiva, esplicitata dalla “Carta dei Servizi” liberamente consultabile o scaricabile dai siti ufficiali. In “Sala Borsa” prevale il desiderio che l’utente possa orizzontarsi da solo, con ausili visivi dati dalla cartellonistica. L’utente, però, è spesso pigro ed è anche inibito da un ambiente che percepisce come un arido luogo depositario della cultura, e non come una struttura dove sia piacevole leggere. La “Sala Borsa” ha purtroppo il difetto di non offrire molti spazi per una lettura tranquilla, senza contare il caotico andirivieni e l’assenza di un punto informazione a cui rivolgersi. Ciò la rende una sorta di grande libreria; impressione, bisogna dirlo, accentuata in passato dalla presenza di numerose strutture commerciali. La “Delfini” di Modena, invece, offre un ambiente senz’altro diverso, più amichevole, e una serie di servizi per venire incontro all’utenza compreso un importante patrimonio costituito di VHS e DVD (anche legati al Fantasy e alla Fantascienza). è anche presente – come nella “Sala

102

Borsa” – un ampio settore dedicato ai ragazzi con numerose opere fantasy. Ambedue le strutture, bisogna ammetterlo, sorgono in un contesto culturale estremamente felice: le reti bolognese e modenese constano di un fittissimo numero di biblioteche, che garantiscono una scelta incomparabile agli utenti. Soprattutto la “Delfini” ha instaurato da tempo, con altre biblioteche di quartiere, una stretta collaborazione, che permette anche una certa diversificazione e specializzazione negli acquisti.

Alcuni misconosciuti servizi Concludiamo questo contributo menzionando alcune possibilità che offrono tutte le moderne biblioteche, e che non sono ben conosciute dal pubblico. Il catalogo dei “desiderata”: è possibile indicare un documento (sia esso un libro, un CD o un DVD), in modo che la biblioteca ne valuti l’acquisto; in quelle del polo modenese è possibile addirittura fare segnalazioni on-line. Non si sottovaluti questa possibilità e non la si sprechi richiedendo documenti facilmente reperibili, la si consideri semmai un’occasione per fa-

Delfini: emeroteca

Cultura: Il Fantastico in Biblioteca


FANTASY

Delfini: postazione informatica “Zona Holden” vorire misconosciute case editrici e scrittori poco noti, ma promettenti. Prestito interbibliotecario: generalmente si richiede un rimborso spese, ma a volte è gratuito all’interno del circuito provinciale, anche se ciò dipende da provincia e provincia e spesso da biblioteca a biblioteca. Document delivery: un servizio attivo soprattutto per quanto riguarda enciclopedie e riviste. È possibile, infatti, richiedere fotocopie di opere di consultazione, comprese Enciclopedie riguardanti la produzione fantastica (che esistono). Mercatino del libro donato: ormai molte biblioteche si autofinanziano in questo modo, che rappresenta anche un’utile occasione per trovare testi interessanti ancora in buono stato. La “Delfini” addirittura arriva a mettere in vendita libri scartati dal suo patrimonio. Il prezzo è generalmente politico: si preferisce, infatti, attribuire ancora al documento un valore culturale, piuttosto che considerarlo mera carta da riciclo.

Considerazioni Il futuro si presenta fosco, in primis a causa della cronica carenza di fondi delle amministrazioni pubbliche, ma non solo: arriveremo probabilmente al triste

traguardo del prestito a pagamento, uso peraltro invalso nel mondo anglosassone e impostoci dalla stessa Unione Europea. Per quanto riguarda il Fantasy e la Fantascienza, anche le biblioteche sono, per così dire, specchio del mercato. Le novità vengono acquisite automaticamente, ma quando il mercato non tirerà più? Allora temo che anche il relativo fulgore di questo genere si appannerà. Purtroppo l’acquisto e lo scarto dei testi sono spesso legati alla competenza dei bibliotecari, e se gli stessi non si interessano al genere sarà difficile trovare documenti rari e non imposti da logiche commerciali. Tuttavia un ente pubblico deve fornire un servizio al più ampio novero di persone possibili. Questo costringe a ragionare “per grandi numeri”, mettendo in secondo piano le logiche di genere e purtroppo la qualità. Dunque risiede anche nei lettori il compito di spingere le proprie biblioteche a comprare ciò che ritengono sia il meglio, facendo un piacere a se stessi e agli altri. n Stefano Baccolini Sala Borsa: www.bibliotecasalaborsa.it Delfini: www.comune.modena.it/biblioteche/delfini/index.htm Catalogo Vegetti: www.fantascienza.com/catalogo/

Cultura: Il Fantastico in Biblioteca

103


Lettura

Lettura

FANTASY

SOGNANDO MONDI INCANTATI Racconti fantastici dal Trofeo RiLL... (aa. vv. XII Trofeo RiLL - 2006) di Cristina “Anjiin” Ristori

R

iLL, ovvero Riflessi di Luce Lunare: una fanzine ludica fino al 2000, un premio letterario dal 1994, quattro antologie edite dal

2003 al 2006. Dopo Mondi Incantati, Ritorno a Mondi Incantati e Viaggio a Mondi Incantati, Sognando Mondi Incantati (ottobre 2006) è il risultato editoriale del XII Trofeo RiLL, a cura della Nexus Editrice con il patrocinio del “Lucca Comics and Games”. Impostata secondo un copione che già nelle precedenti edizioni ha visto come interpreti scrittori esordienti, autori affermati e classici del passato, questa nuova antologia ripercorre il suo schema tradizionale riservandosi tuttavia uno spazio per altre iniziative, e amalgamando il tutto in un interessante sguardo d’insieme sul panorama del Fantastico italiano. Produttore dell’iniziativa è un gruppo che vuole stare al passo con i tempi, con un netto distinguo da altri ben noti premi letterari, perennemente arroccati su se stessi. E il regista è una giuria varia e articolata, composta da nomi autorevoli e del mestiere. L’ambientazione di questo progetto è un aspetto rimasto costante nel tempo, vale a dire il Fantastico, in tutte le sue forme ed espressioni: Fantasy, Fantascienza, Horror, e ogni altra diramazione di questo genere letterario che tende costantemente a travalicare i propri confini. Del resto, definire cosa sia fantastico è come voler dare forma all’acqua. Sognando Mondi Incantati è articolata in più sezioni: troviamo inizialmente le

104

Lettura: Sognando Mondi Incantati


FANTASY opere dei primi quattro classificati di quest’anno, poi compaiono alcuni tra i migliori lavori delle passate edizioni e, ancora, racconti scritti dai membri della Giuria Nazionale. Infine, last but not least, una parte nuova, che ospita i frutti più rappresentativi del progetto S.F.I.D.A.: storie di scrittori esordienti su personaggi proposti dagli autori presenti in giuria. Il risultato è un viaggio tra schemi classici e non, città post apocalittiche che esistono solo nella nostra mente (ma non per questo meno reali), tenerissimi elefanti in giardino, e nuovi “visitors” che vogliono salvare l’umanità anche senza il suo permesso. Ma anche giovani apprendisti incantatori che studiano l’elfico ascoltando strani aedi coperti di scaglie. Nelle prime due sezioni dell’antologia, si assiste ad una sorta di evoluzione del genere fantastico, via via maggiormente penetrato dalle inquietudini del nostro tempo. Definire tutto questo come “mondo dei sogni” risulta forse ottimistico, perché ciò che affiora in queste narrazioni rappresenta, in gran parte, la proiezione amplificata degli incubi tipici della nostra era. Del resto, il Fantastico non è mai fantasia pura, ma un modo in cui ogni autore trasmette la sua visione del mondo, mediante una veste particolare, a volte in modo diretto e illuminante, a volte sotto innumerevoli strati d’inconsapevole pudore. Seguendo un filo di lettura “antiorario”, troviamo un horror-fantasy classico nel racconto Storia di Draghi e Negromanti di Guido Alfani (secondo classificato al VII Trofeo RiLL), con effetti di luna piena e finale a sorpresa. Ma già in Pizza in Arrivo! di Cristina Carignani (secondo classificato all’VIII Trofeo RiLL), tutt’altro che “leggero” nonostante il titolo, cominciano a mostrarsi pesantemente le apprensioni del reale: con un occhio ad Equilibrium, film Sci-Fi del 2002, spunta il terrore della schiavitù chimica – sogno nascosto di ogni lobby farmaceutica – in nome della perfezione del corpo e dello spirito, e finalizzata alla scomparsa di ogni velleità umana. Fantascienza dark intrisa di una malinconia che tocca il cuore in L’ultimo giorno buono dell’anno, di Emiliano Angelini (vincitore meritatissimo dell’VIII Trofeo RiLL): uno sguardo molto poco ottimistico su ciò che possono regalarci la Scienza e il Progresso, e la loro inquietante progenie: il Nucleare. Il tema del coma profondo, il momento oscuro tra la vita e la morte, viene narrato nel racconto Al di là della città di Andrea Galla (IV classificato 2006), forse meritevole di un riconoscimento più alto: ambientazione fantascientifica espressa con lucidità scarna e fraseggio serrato, che scivola in una distopia onirica

simile agli Specchi di Ende per poi riportare il lettore a ritroso nel tunnel, fino ad un reale pieno d’interrogativi. Ancora, l’agonia della Terra descritta con un’inquietante normalità alla Dick da Maria Francesca Zini (III classificata), nel suo I Consulenti dell’Architetto; la forza del sentimento che va al di là di ogni difficoltà di comunicazione, tra i due protagonisti del tenero e un po’ assurdo racconto La Notte Balsamocarezza di Bruna Graziani (II classificata 2006); e il profondo, feroce disagio dell’adolescente Vippre in Oh giorni di sole di Alessandro Conti (I classificato 2006), in cui l’ambientazione fantasy è appena un velo, finalizzata a veicolare un percorso personale senza possibilità di redenzione. Ma il viaggio in questo genere letterario poliedrico ed in perenne trasformazione non si conclude qui. I racconti di autori famosi proseguono il percorso senza soluzione di continuità, tra storie rivolte al passato, al presente e al futuro. L’atmosfera di un primissimo medioevo proto-spirituale viene “rivisitata” da Franco Cuomo, con il suo Malidora e l’Eremita, in cui forse stride nel finale il tono colloquiale del sant’uomo redento al peccato. I processi dell’Inquisizione rivivono tragicamente ne Le streghe di Nogaredo di Gordiano Lupi, che ripercorre un fatto realmente accaduto, con l’accento sui sensi di colpa di chi vi ha assistito impotente. Scenario medievalfantasy tradizionale, con immagini di cavalieri e battaglie ne Il mercenario di Donato Altomare, in cui il protagonista avverte fisicamente l’odore della morte e trova il suo momento eroico pensando di conoscere l’attimo della propria. Nomi e ambientazione fantasy anche in Arrivano di Andrea Angiolino, la cui brusca conclusione, anche se con messaggio evidente, lascia un po’ sconcertati: scenario subito ben delineato, vari personaggi introdotti, si sente l’assenza della caratterizzazione almeno di “quel maiale di Sgron”, a giustificare l’azione finale del protagonista. Accanto alle ambientazioni del passato, le paure del presente: ironico e fantasioso, il racconto Perché non si dovrebbe costruire la linea C della metropolitana di Roma di Massimo Mongai, con un mostro alla Lovecraft calato nella moderna Capitale, oppure Biodiversità di Sergio Valzania, tradizionalmente SciFi, in cui le donne sono dominanti ma ancora una volta nella necessità della caccia al maschio (inversione di poteri, ma il concetto non cambia). Ambientazione cyberpunk in Mai verrà la notte di Mariangela Cerrino, in cui la punizione capitale viene inflitta all’interno di

Lettura: Sognando Mondi Incantati

105


FANTASY

L

a copertina di “Sognando Mondi Incantati” è opera dell’illustratrice romana Valeria De Caterini. Autrice dei disegni di apertura dei precedenti volumi antologici legati al Trofeo RiLL (“Mondi Incantati”, 2003, “Ritorno a Mondi Incantati”, 2004, e “Viaggio a Mondi Incantati”, 2005, tutti editi dalla Nexus), Valeria De Caterini ha illustrato pubblicazioni per il Comune di Roma, Amnesty International e Medici senza Frontiere, ha realizzato il volume per bambini “Una notte…” (La Biblioteca, 2004), e curato tutti i disegni del libro-game “Il Mischiastorie - Osvaldo e i cacciatori” (Lapis, 2005) e del gioco di carte “Obscura Tempora” (Rose and Poison, 2005), entrambi scritti da Andrea Angiolino.

106

un gioco telematico; inizio eccellente ma, subito dopo, il ritmo si allenta facendosi troppo descrittivo, con una sequenza finale discutibile: il pathos degli ultimi attimi del condannato a morte sarebbe la conclusione ottimale, mentre ulteriori spiegazioni forse starebbero meglio nel corpo del racconto. Chiude la gallery Giulio Leoni, con La Ricerca del metodo, un impeccabile mini giallo fantascientifico su mini viaggi nel futuro, tra maghi illusionisti e insospettabili capacità ESP tra le mura domestiche. Infine S.F.I.D.A., ovvero Sei Fantapersonaggi In Cerca D’Autore, in cui si spazia da gatti parlanti a cuochi partenopei impegnati nel menù di una squadra “calcistica” dai connotati futuristici ma anche comicamente attuali (chi saranno mai le Dzaebrae e i Loopaet-teeh che giocano a Phootbawll lanciandosi bolidi d’energia?). Non mancano poi mostri-killer generati dal fallout di materiale radioattivo, cavalieri crociati avvinti nelle reti di magiche creature dei boschi, o strane locande dalle altrettanto strane frequentazioni. Le nuove leve migliori dei veterani? Questo sarebbe eccessivo, ma forse ciò che l’autore noto offre in questa antologia è un divertissement, uno zuccherino comunque gradevole e sempre bene accetto, mentre l’esordiente, proprio in quanto tale, mette tutto se stesso. Oppure, più probabilmente, il lettore ha la tendenza istintiva a dare per scontato un livello qualitativo elevato in un pezzo con firma autorevole, mentre la capacità di un autore “nuovo” ha il sapore emozionante di una rivelazione. In ogni caso, quella passione particolare in cui l’entusiasmo iniziale ancora non si è smorzato, ma neppure ha raggiunto le vette più tranquille della notorietà affermata, emerge con prepotenza in ogni riga delle “new entry” di questo pregevole lavoro collettivo. E il merito non sta semplicemente in una piacevole lettura, ma anche e soprattutto nella dimostrazione palese di come il Fantastico non sia ora e non sia mai stato un genere “per ragazzini” o per adulti irrimediabilmente immaturi. Fantasy, Fantascienza e quant’altro ad esso ricollegabile, costituiscono un mezzo efficace per veicolare contenuti estremamente reali, una veste difensiva tra noi e le nostre paure capace di darci la forza d’esprimerle. Del resto, un poeta che, con le sue visioni oniriche, ha incantato intere generazioni, afferma: “Humankind cannot bear very much reality” [T. S. Eliot]. n Cristina Ristori

Lettura: Sognando Mondi Incantati


I Grandi Illustratori FANTASY

“Due di Spade”, Paolo Martinello tratta dalla serie “Tarocchi Universali Fantasy” ©Lo Scarabeo, 2006 link dell’autore: Useless Blog • Illustratori.it Paolo Martinello

107


Manifestazioni

Manifestazioni

FANTASY

GIOCAROMA 2007 Giulio Cesare guida la carica dei giocatori! di Alberto Panicucci

I

l mondo ludico capitolino è da sempre molto ricco e articolato, come giusto aspettarsi da una città grande e densamente popolata come Roma. Dalla metà degli anni Novanta circa, però, i gruppi e le associazioni cittadine non avevano più organizzato una propria convention, una manifestazione di giocatori per i giocatori, pur animando, invece, le aree giochi di fiere commerciali e “professionali” come Expocartoon, Romics o Romacartoon (dove le attività curate da enti benemeriti come la Federazione Ludica Romana – e non solo – erano spesso e volentieri di elevata qualità). Questo trend si è interrotto dal 2004, quando sul palcoscenico capitolino si è affacciata FNORDcon, piccola ma ben riuscita convention sui giochi di narrazione ed interpretazione poi allargatasi, nel 2005, anche a giochi da tavolo e di miniature. Sull’onda del successo, a quel punto, un gruppo di associazioni (per la precisione: Elish, Gilda Anacronisti, Laboratorio Ludico, Ludico Imperio, Novecentonovanta, Reindeer Corporation - Club TreEmme Roma, RiLL Riflessi di Luce Lunare, Tana dei Goblin, più il Flying Circus, che però non è un gruppo specificamente capitolino) decisero di recuperare e rilanciare il “glorioso” marchio GiocaRoma, che fra il 1993 e il 1996 fu, appunto, la convention annuale dei club ludici romani. Ormai GiocaRoma ha archiviato la seconda edizione della sua nuova vita, con le edizioni del 2006 e 2007… e già si pensa a quella del 2008. Ma cosa è, cosa vuole essere GiocaRoma? La definizione di “convention di giocatori” è certamente la più appropriata. Una convention rivolta soprattutto ad appassionati, e da loro organizzata, quindi all’insegna del no-profit più puro… il che significa pochi soldi, ma tante idee, e ancor più entusiasmo. E poi una manifestazione dedicata al gioco a trecentosessanta gradi, senza distinzioni fra le diverse forme ludiche: per dare un’idea, nel programma 2007, si spaziava dal burraco, gioco di carte che più tradizionale non si può, sino ai giochi di ruolo più free-form e sperimentali, per non parlare poi dei giochi da tavolo inediti, da provare insieme agli autori stessi. Infine, non meno importante, un’iniziativa aperta a tutti, per sostenere la “cultura” e la passione del gioco, anche fra i non esperti. Per questo a GiocaRoma l’ingresso è da sempre gratuito, e la reclamizzazione dell’evento viene fatta non solo nel fandom – fra siti, forum, blog e testate varie letti da chi già gioca – ma pure all’esterno, cercando di ottenere spazi su siti “generalisti” e segnalazioni su radio e TV locali, per attirare

108

Manifestazioni: GiocaRoma 2007


FANTASY

così fra i visitatori anche famiglie o curiosi. GiocaRoma è da due anni una convention ben radicata sul territorio. Lo conferma, a livello istituzionale, il patrocinio dei Municipi X (nel 2006) e XI (nel 2007) del Comune di Roma, che hanno messo a disposizione le location dove giocatori di lunga esperienza ed “esordienti” si sono affollati nei giorni di manifestazione. Quest’anno il supporto logistico lo ha dato il Municipio XI (Tuscolano - Cinecittà), fornendo un’area di oltre 700 metri quadrati all’interno del Tennis Club Garden di via delle Capannelle. Non si può, poi, non parlare del pubblico. Un migliaio di presenze (poco meno) nell’arco dell’edizione 2007 (svoltasi il 3 e 4 marzo scorsi) non è un risultato da poco, considerando il budget a disposizione. Massimiliano Calimera, del club Ludico Imperio, è uno dei membri dell’organizzazione e su questo punto traccia, molto soddisfatto, un bilancio: “Può sembrare presuntuoso dire che GiocaRoma sia già divenuta un appuntamento fisso, ma la verità è che c’era la necessità di trovare un punto d’incontro per l’enorme bacino di giocatori e associazioni di Roma e del Lazio. GiocaRoma in questo senso è l’uovo di Colombo del giocatore, non ci stupiamo del successo ottenuto, anzi, ci prodigheremo per offrire spazi più grandi e ancora più eventi per le prossime edizioni”. A proposito di eventi… a GiocaRoma si può giocare a davvero di tutto, ed è difficile immaginare un programma più ricco. Ho già accennato al burraco, ai giochi di ruolo free-form e ai giochi inediti da provare con gli autori. Ma c’è molto di più: citando a memoria, per i giochi di carte collezionabili, i tornei del Signore degli Anelli o di Vampires - The Eternal Struggle; per i giochi di ruolo, il fantasy di Dungeons & Dragons o la

storia magica di Lex Arcana; per i boardgames I Coloni di Catan, Himalaya, Puerto Rico… e tutta una ludoteca di family-spiele curata dall’attivissima Tana dei Goblin. E poi giochi di miniature come Warhammer 40k e Battlefleet Gothic, il sempre apprezzatissimo Bang!, il gioco di ruolo dal vivo (con live in costume e non), wargame come De Bellis Antiquitatis o Operation Overlord, ed infine contaminazioni create ad hoc come Blue Maxi, versione gigante con aerei in scala 1/60 di Blue Max, che quest’anno ha fatto rivivere giocosamente la celebre battaglia d’Inghilterra della Seconda Guerra Mondiale. Insomma, chi più ne ha più ne metta, anche perché a GiocaRoma (come del resto era a FNORDcon) il programma è aperto ai contributi di tutti, nel senso che non sono solo le associazioni promotrici a curare eventi: chiunque può proporre il suo torneo, la sua partita, il suo gioco, semplicemente contattando l’organizzazione, che provvede poi a inserire l’iniziativa nel programma. Un ulteriore segnale di apertura, questo, e una conferma sul campo del dichiarato spirito di convention di giocatori per i giocatori. “Anche solo guardando il palinsesto di quest’anno mi rendo conto di quanto può essere varia l’offerta ludica se fai scatenare la creatività dei giocatori e delle associazioni. Ed è bello che proprio GiocaRoma riesca a fare da collante per tutto questo! Io posso azzardarmi a ritenermi un esperto, eppure anche quest’anno ho scoperto molti giochi nuovi…” sottolinea Massimiliano. In conclusione, anche Roma, adesso, sembra avere trovato la convention ludica che le mancava. La prossima edizione è in programma per marzo 2008… segnatelo sul calendario e non mancate! n Alberto Panicucci Per informazioni: http://giocaroma.it - info@giocaroma.it

Manifestazioni: GiocaRoma 2007

109


Lettura

Lettura

FANTASY

LA FORMA DEL DELIRIO (E. Maramonte, 2006)

di Cristina “Anjiin” Ristori

U

na domenica normale di una vita normale in una città prettamente italiana… Per Sergio, giovane avvocato, si preannuncia però una giornata diversa dal solito: i suoi migliori amici, Jonathan e Valerio, venuti a contatto con una strana sfera dotata di misteriosi poteri, sono profondamente cambiati. E di certo non in meglio. Nel tentativo di comprendere la situazione, e soprattutto di difendere Alessia, la ragazza di Jonathan, dalle inaspettate aggressioni del fidanzato, anche Sergio si ritrova suo malgrado “toccato” dal costrutto demoniaco, che lo rende preda di forze oscure portatrici di follia sanguinaria: le Umbrae. Comincia così la sua doppia battaglia, contro gli istinti omicidi che iniziano a infestarlo con potenza sempre maggiore, e contro le entità da cui tali istinti hanno origine. Dalla sua parte ci sono Alessia, naturalmente, e Marcello, esperto di antiche magie, che entra in scena quando il gioco comincia a farsi duro. La trama si sviluppa velocemente, svelando la minaccia di un’invasione da parte di creature diaboliche, scongiurabile solo da antichi e nuovi alchimisti, filtri misteriosi e atti di coraggio da parte dei protagonisti. E il vincitore sarà sempre e comunque l’amore. L’idea di fondo del romanzo, se non originalissima, si presenta interessante e riesce a creare, almeno inizialmente, un certo senso di suspense. La “forma del delirio”, che dà il nome al romanzo di Emiliano Maramonte, è la sfera dai terribili poteri, capace di aprire un varco tra “le pieghe della realtà” (in cui da sempre si annidano le legioni del Male) e il mondo umano. Vecchi manoscritti, formule dal sapore magico e presenze demoniache evocano efficacemente una certa atmosfera horror, specie quan-

110

Lettura: La Forma del Delirio


FANTASY do a tutto questo si uniscono eroi divisi tra il bene il male, amori più o meno silenziosi e fanciulle in pericolo. Tuttavia, complessivamente, il romanzo delude: ma non per colpa di un intreccio narrativo comune a molte storie horror, bensì per il modo in cui esso viene sviluppato. I lettori del fantastico amano determinate trame, con determinati tipi di personaggi, e non si stancano di leggerle; ciò che chiedono è esserne comunque catturati. Purtroppo in questo romanzo l’obiettivo non è del tutto centrato: la storia è piacevole e scorre senza pause, ma mostra la tendenza a spiegare cose ovvie, lasciando peraltro nel vago situazioni che invece sembrerebbero portanti. Alcuni escamotage usati nello sviluppo della trama lasciano un po’ perplessi, come ad esempio il modo in cui avviene il contatto fatale tra il protagonista e la sfera diabolica: nel tentativo di sottrarsi ad essa, Sergio se la mangia. I personaggi, nel complesso, appaiono piuttosto convenzionali, non solo nel loro aspetto funzionale (i cattivi, il buono-cattivo-suo-malgrado, la ragazza coraggiosa, l’alleato studioso che si sacrifica anche per una propria personalissima vendetta, la bambina in pericolo) ma anche nella caratterizzazione. Presentano atteggiamenti e dialoghi per un certo verso prevedibili, ma allo stesso tempo discontinui, senza il collegamento (psico)logico necessario a motivare le conseguenti azioni, mancanza che in questo caso non aumenta il pathos, ma crea anzi qualche sconcerto nel lettore. Sergio, anche prima di venire “contagiato”, sembra passare da stati di rabbia semi-isterica a paura folle, senza mezze misure utili a rendere più equilibrata la sua figura di protagonista principale. Alcune scene risultano inoltre poco credibili e forse ingenue: difficile ammettere che Marcello, pur con intenti più che giustificabili, rischi di portarsi a casa Sergio posseduto (diventato il maggiore pericolo per l’umanità), senza cercare almeno di renderlo inoffensivo (anziché accoglierlo quasi come un ospite); oppure che la bambina circondata dall’esercito dei demoni, capaci di uccidere chiunque con il loro gelido tocco, riesca a liberarsene mordendone uno. Il finale presenta un’efficace azione in crescen-

“Prehistoric Horror” - Richard Powers do, con battaglia conclusiva e sconfitta delle legioni diaboliche, ma in qualche modo perde vigore proprio nelle ultime scene: Alessia, portatrice inconsapevole dell’arma decisiva (la Virtus Candida) contro le malefiche entità, riesce a sconfiggerle con un semplice bacio sulle labbra dato a Sergio, ormai ridotto a un tramite incosciente tra i due mondi. L’amore ha sicuramente una forza straordinaria, ma, senza intendere in senso biblico l’esortazione di Marcello “Unisciti a lui!”, forse sarebbe stato più emozionante un finale maggiormente sofferto. In conclusione, una buona idea di base, con un suo fascino indubbio grazie anche ad alcune terminologie evocative di sapore antico (le Umbrae, il Motus, ovvero la manifestazione massima della possessione, il Remedium, una sorta d’antidoto antimostri), narrata con stile scorrevole e serrato, che avrebbe richiesto però una maggior attenzione alla trama. n Cristina Ristori

Lettura: La Forma del Delirio

111


Lettura

Lettura

FANTASY

L’ULTIMA PROFEZIA (C. Guidarini, 2006)

di Cristina “Anjiin” Ristori

A

ncyria è un mondo intriso d’avventura, antichi castelli e magie potenti. Forze oscure lottano tra loro riproponendo l’eterno contrasto tra Bene e Male; eppure, nel momento in cui le Tenebre sembrano conquistare la loro vittoria definitiva, un piccolo germoglio di speranza riesce a sopravvivere… Elaine, l’erede di Lotar, ultimo re di Vejiis, e dell’arcimaga Amelia, scampa segretamente allo sterminio della sua famiglia, perpetrato dal malvagio mago Nime: la notte stessa della sua nascita, nel furore della battaglia, viene salvata fortunosamente dal mago Galad che, con l’aiuto del piccolo Nikolas, la nasconde in un convento di orfanelli. Dopo vent’anni passati in quel sicuro rifugio, cominciano a manifestarsi nella giovane doti non comuni, attraverso incubi ricorrenti e oscure visioni che inevitabilmente la costringeranno ad affrontare il destino e le responsabilità legate al suo potere magico. Incontrerà validi compagni e nemici temibili, contro i quali dovrà sfoderare tutte le sue forze, umane e arcane. Il fascino evocativo di un’ambientazione medieval-fantasy è indubbiamente una delle caratteristiche più amate dai lettori di genere, e il romanzo di Chiara Guidarini, sebbene in forma non originalissima e a volte ingenua, tiene fede a questa aspettativa: atmosfere fiabesche e insieme cupe, nomi e oggetti simbolici che richiamano l’idea comune di un Medioevo alternativo, fanno da sfondo alle vicende di una protagonista femminile che, non senza difficoltà, prende coscienza di sé e del proprio ruolo. L’Ultima profezia non prevede intrecci complessi o schiere di protagonisti e comprimari in azione su vasti scenari; al contrario, i personaggi sono ridotti al minimo, ma in ognuno di essi l’autrice concentra un archetipo ben preciso: il mago buono e il mago cattivo, la fanciulla che diventerà un’eroina, gli alleati fedeli che la sosterranno a qualunque prezzo contro il Nemico malvagio divenuto consapevole della sua esistenza. Ancora una volta, dominatori tenebrosi e paladini della luce quindi, sebbene si

112

Lettura: L’Ultima Profezia


FANTASY

“Prudence 2” - Michael Whelan

e artefice di violenze, la nuova personalità della protagonista appare troppo rapida nel suo emergere: se in noti lo sforzo di non indulgere in classificazioni troppo un racconto fantasy tutto o quasi è concesso, dalle trascontate. sformazioni impensabili agli improvvisi colpi di sceScrivere una storia dal sapore intimistico, volta a na, deve essere presente comunque una sequenzialità osservare una crescita soprattutto interiore, è altrettan- dai ritmi plausibili. In questo racconto l’originalità deto difficile che narrare un romanzo corale. Lo stile è gli spunti, presente pur nel complesso di un intreccio semplice e accattivante ma, proprio perché la storia si classico, si perde invece in soluzioni a volte troppo basa essenzialmente su contrasti facili, a cui manca la necessaria “...Era lui, non c’erano psicologici capaci di stimolare strutturazione di base. un’evoluzione nell’animo dei Ne deriva l’impressione di dubbi. L’ombra scura che protagonisti, si avverte un’inuna certa fretta nel giungere alla gravava sulla sua vita, completezza di fondo nella loro conclusione della storia, che ricaratterizzazione, quasi fossero mane comunque molto aperta a il dolore di un destino stati saltati dei passaggi impor- segnato era lì, davanti a lei, un probabile seguito. Un’eroina tanti. Elaine è l’eroina tipicache diventa tale alla fine della talmente vicino da poterne mente fantasy, ignara di essere narrazione, scoprendo in se stesla Predestinata ma capace di casa una forza sorprendente e non sentire l’odore.” larsi tenacemente nel suo ruolo, solo magica, suscita più di una guidata dalla profezia che la tormenta sin da bambina. curiosità nel lettore, curiosità che andrebbe soddisfatta Questo cambiamento avviene forse troppo velocemen- già in corso d’opera. te: la vediamo passare, nello spazio di poche pagine, Anche la trama, proprio per la sua semplicità e da fanciulla timida e maldestra, incline al pianto e alla schiettezza, avrebbe bisogno di limare certe spigolosisottomissione, a regina guerriera dotata di notevoli tà e ammorbidire alcuni passaggi troppo bruschi, meimpulsi aggressivi e spregiudicata attitudine al coman- diante l’aggiunta di qualche riflessione o descrizione do. in più. n Cristina Ristori Sebbene sia allo stesso tempo spettatrice, vittima

Lettura: L’Ultima Profezia

113


Lettura

Lettura

FANTASY

PENTAR

(L. Tarenzi, 2006) di Stefano Baccolini

Q

uesto romanzo è, a mio parere, una piccola perla nel panorama del fantasy italiano: per ragioni formali e sostanziali. Finalmente una storia autoconclusiva e non una trilogia dove eventi e personaggi vengono annacquati in nome del dio denaro; finalmente una storia originale, un’ambientazione inconsueta, in spregio alle solite cerche in mondi medievaleggianti, pieni di selve boscose e creature fatate. Eppure il protagonista di questa vicenda, Pentar, è un dio; anzi il mondo costruito da Luca Tarenzi è pieno di divinità. Queste creature sono per la maggior parte scostanti e capricciose, si interessano raramente degli uomini, scorrazzando in un ambiente metropolitano, molto simile al nostro presente. La storia prende l’avvio con il misterioso duplice suicidio dello studente universitario Saverio Zani e del suo compagno di camera. Nulla lasciava presagire un simile comportamento da parte dei due ragazzi, e questa misteriosa tragedia non mancherà di generare sospetti. Il dio Pentar, amico di Saverio, si sente, infatti, in dovere di indagare. Al suo fianco ci sarà un caro amico dello studente ucciso, Christian Impero, che diverrà nel prosieguo della narrazione una sorta di sostituto di Saverio, a cui Pentar rivolgerà affetto e protezione. Questa vicenda si interseca con la misteriosa ricerca di alcuni fisici e con l’attività di un esorcista, il dottor Tuskamara, e del suo assistente Riccardo. L’indagine condotta da Pentar sarà per lui anche un percorso formativo: egli imparerà non solo a conoscere sé stesso, ma sperimenterà gioie e dolori della condizione umana, come forse nessuno dei suoi simili aveva mai fatto. Scoprirà che l’uomo che gli dèi avevano conosciuto, e che lo stesso Pentar ricordava, era cambiato: non più una creatura debole e ignorante che si rivolgeva timorosa agli dèi, ma un essere che aveva anzi raggiunto vette di conoscenza tali da minacciare addirittura l’esistenza degli esseri eterni, coloro che si erano sempre considerati da lui inattaccabili. Il dilemma che pervade l’intero romanzo è rappresentato da una sorta di biforcazione: l’uomo può diventare simile agli dèi? o sarà l’artefice della sua e della loro distruzione?

114

Lettura: Pentar


FANTASY Esiste una profonda contraddizione nel mondo creato da Tarenzi: gli esseri umani, forti delle tecnologiche conquiste della scienza, hanno smesso di credere alla religione, sono atei, eppure gli dèi, invisibili ai più, continuano a giocare con loro, a prendere possesso dei loro corpi. È un mondo molto simile al nostro, dove una statua di Padre Pio piangente sarebbe considerata lo scherzo di cattivo gusto di un immortale. L’autore gioca in maniera molto abile sull’indeterminatezza di questa ambientazione metropolitana: se Pentar si chiamasse Visnu e la città che fa da sfondo alla vicenda Roma, nulla cambierebbe, nulla sarebbe diverso nella meccanica della storia. Ma chi è il cattivo, vi chiederete? Nei romanzi fantasy non può mancare il buio, il nero assoluto, la negatività. Chi è, insomma, il Sauron della situazione? L’autore, a questo proposito, è molto bravo a mischiare le carte: solo alla fine il lettore riuscirà a identificare i malvagi e le motivazioni che li spingono ad agire. E non saranno motivazioni banali. L’autore comprende, infatti, che nessun cattivo agisce d’istinto: nella realtà, bene e male hanno una ragion d’essere, come dovrebbe accadere anche in un romanzo. Tarenzi ha molti meriti: per quanto, a ragione, la sua vicenda debba definirsi un fantasy, egli si sforza in tutti i modi di giustificare dal punto di vista scientifico i poteri soprannaturali delle divinità che descrive. Pentar è un romanzo che potremmo definire per adulti, un altro merito dell’autore, in un contesto editoriale che pare premiare soltanto opere per ragazzini, con protagonisti eroici e animali buffi. L’autore riesce anche a trasmetterci alcuni importanti insegnamenti: nessun fine, per quanto nobile, vale il sacrificio di sia pure poche vite umane. Pentar rifiuta di essere guida degli uomini, preferisce scendere dall’empireo e camminare con loro. Vuole, insomma, esserne amico. Gli dèi, del resto, nel mondo di Tarenzi, non sono onnipotenti: sono anch’essi figli del creato e, a differenza degli esseri umani, non mostrano interesse per la conoscenza. La conclusione del romanzo è, infine, un inno alla libertà: l’uomo non ha bisogno di tutori, ma deve essere libero di sbagliare, di cadere per poi rialzarsi con le sue forze. Questo messaggio mi ha ricordato un altro romanzo, questa volta fantascientifico, che ho letto di recente: Gli umanoidi di Jack Williamson. Esso, però, esprime un precetto del tutto opposto: gli umanoidi, esseri artificiali creati per difendere l’umanità, finiscono col diventarne i carcerieri, tarpandone le ali e schiavizzandola.

L’uomo, nell’opera di Williamson, non merita la libertà, perché è troppo ignorante per goderne; senza gli umanoidi a tenerlo a bada, a privarlo del libero arbitrio, le sue tendenze autodistruttive lo porterebbero all’estinzione. Ma c’è chi invece si ribella: i pochi umani convinti che la libertà debba essere sovrana sempre, anche a rischio di tragedie apocalittiche. Di questo stesso avviso è il Pentar di Tarenzi che, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un dio, evita di imporre sui mortali il proprio volere. Del resto un antico adagio afferma che solo sbagliando si impara, e il progresso e la civiltà sono fondati spesso su errori sanguinosi. Quella che il dio Pentar fa è, senza ombra di dubbio, una scommessa: egli sceglie di riporre fiducia nell’umanità, consapevole che uomini e dèi sono prodotti del medesimo stampo, solo costituiti di materiali diversi. L’opera di Tarenzi è dunque un romanzo degno di essere letto e, per quanto mi riguarda, fa ben sperare a proposito della presunta incapacità degli autori italiani di scrivere fantasy. Un plauso va anche alla casa editrice Alacrán che ha valorizzato uno scrittore sicuramente promettente e pieno di ingegno creativo. L’unico rammarico è che simili prodotti editoriali debbano rimanere in sordina a fronte di opere ben più celebrate, ma spesso qualitativamente scarse. Un riconoscimento, infine, al tipo di scrittura usata dall’autore: la prosa di Tarenzi è fluente e piacevole, con espressioni gergali assolutamente credibili in un contesto contemporaneo, dimostrando, ancora una volta, che non è necessario il linguaggio di un dodicenne lobotomizzato per scrivere un romanzo fantasy. n Stefano Baccolini

Lettura: Pentar

115


Lettura

Lettura

FANTASY

LA ROCCA DEI SILENZI (A. D’Angelo, 2005)

di Francesco “Muspeling” Coppola

L

a Rocca dei Silenzi è l’ultimo dei romanzi scritti da Andrea D’Angelo, già noto al pubblico italiano per la “Trilogia delle Sette Gemme” (Le Sette Gemme, 2002; L’Arcimago Lork; La Fortezza, 2003 editi dalla Nord) e che ha recentemente dichiarato di voler abbandonare l’attività di scrittore. Quanto di questa affermazione troverà effettiva conferma in futuro non è dato sapere, visto il clima favorevole che si respira in questi ultimi anni riguardo al Fantasy: case editrici che aprono le porte agli autori nostrani, successo dei film di genere al cinema… Sembra quindi strano che un autore con all’attivo una sua scolta di affezionati lettori abbia deciso di ritirarsi, forse La Rocca dei Silenzi e le sue sfortune hanno molto a che vedere con questa decisione. A un anno dall’uscita, il romanzo ha venduto poco più di un migliaio di copie, un’apparente bocciatura da parte del pubblico. Inoltre, selezionato come finalista al Premio Italia, è arrivato secondo, dietro a un romanzo che, per quanto godibile e ben scritto, Fantasy non è. La domanda, a questo punto, è lecita: si tratta forse di un brutto libro? Nel prologo ecco la solita compagnia, con il guerriero grande e grosso dotato di un’ingombrante e rumorosa armatura, l’elfo arciere e sornione, il nano massiccio e burbero: narrazione che ricorda tanto Le Sette Gemme e il D&D su carta, cioè qualcosa che il sottoscritto non avrebbe mai letto sino in fondo. I tre amici, avventurieri, entrano nella Rocca (Ammothàd) e vi trovano la morte. Dal capitolo successivo, però, la musica cambia, il libro comincia ad assumere quei connotati più sinceri che l’autore, nelle sue note a fine testo, riassume così: “Scrivo fantasy per riflettere sulla realtà. È il mio modo per osservare e ponderare il mondo in cui vivo. Questo romanzo è figlio dell’idea che il fantasy possa occuparsi di tematiche contemporanee”. In effetti, assistiamo alla costruzione di una vicenda finalmente nuova nel panorama del Fantasy. Non il solito gruppo di allegri amici, guidati da un austero mago di buon cuore, ma una storia d’intrighi di palazzo (molto, molto italiana in questo); non la stantia trama lineare che si dipana placida sino all’epilogo, o che sfrutta gli abitua-

116

Lettura: La Rocca dei Silenzi


FANTASY li luoghi comuni su “amicizia”, “amore”, “coraggio” e “onore”. In realtà questo è un libro il cui senso si scopre solo alla conclusione, quando viene fatta luce sulle oscure trame che ne avevano accompagnato il percorso. La torre dei maghi di Dothrom non è una semplice riedizione della Paranor di Brooks, ma un vero e proprio luogo di Poteri e Maneggi, contro gli interessi delle Terre e delle creature che le abitano. Gli eroi stessi partecipano di questo dipinto a tinte fosche: sono principalmente mercenari, attirati con l’inganno per svelare un altro inganno in una missione disperata e infame, in cui vengono usati scientemente come “carne da cannone”. Da questa massa corazzata, armata sino ai denti, emergono alcuni personaggi che l’autore segue nella loro evoluzione interiore; sostanzialmente sono tutti ingenui e illusi, tranne i due maghi a capo della spedizione, che mentono spudoratamente ai propri sottoposti (non certo amici). Leshà è la giovane, bella e apparentemente fragile cacciatrice elfa, con alle spalle un sogno d’amore infranto che lei spera (con l’aiuto dei maghi) di poter rimettere insieme; cosa che avverrà con risultati dubbi. Voràk e i suoi fratelli sono dei nani rissosi e chiassosi, “in missione per conto del clan” (uno dei tanti segreti che aleggiano attorno a questa vicenda); fingono di entrare nella compagnia per soldi, ma in realtà stanno “indagando”. Troveranno morte e follia. Muélm è l’adepto dell’anziano maestro, fuggito da una terra arida e crudele, nonché da un legame soffocante, per trovarsi coinvolto in un altro legame di uguale tenore. Pedante e immaturo, sarà costretto a “crescere a forza” per sopravvivere, ma a caro prezzo. Mordha è il sicario, taciturno, imponente e dagli scopi misteriosi; nel finale sarà forse l’unico a trovare quel che cerca. Thal Dòm Djew, non è un khmer rosso trapiantato in ambiente subalpino, bensì il mago che ad Ammothàd ha perso i suoi più cari amici all’inizio del romanzo. Non è propriamente un illuso, ma un rabbioso rinnegato che accetta di partecipare alla missione – pur sapendo quanto infame sia – per risolvere il sanguinoso mistero annidato nel fondo della Rocca maledetta, e scoprire per colpa di chi o cosa i suoi amici sono morti. Abbiamo poi nani armati di ascia, elfi muniti di arco, umani corazzati e tronfi, maghi misteriosi dalle vesti svolazzanti, personaggi tuttavia non legati da amicizia, e intorno ai quali non si respira dunque aria di trito buonismo moraleggiante.

L’occhio del narratore, inoltre, non si limita a seguire unicamente gli eroi di questo “viaggio nelle ombre”, ma anche i congiurati della loggia interna alla torre dei maghi, i loro antagonisti, con le velate lotte intestine, i sotterfugi e la fame di potere che li anima, vicende quantomai verosimili… Ad attendere il lettore non c’è il classico “happy end”, ma sangue, disperazione e morte, e la scoperta (per i pochissimi sopravvissuti, e certamente per il lettore) del segreto che ammorba le viscere della Rocca. La Rocca dei Silenzi è un romanzo particolare e strano, sicuramente ibrido. I lettori patiti di D&D si ritrovano in tutt’altro ambiente rispetto a quello a cui sono abituati, si perdono fra questi personaggi che non fanno altro – quasi – che urlare e lottare per imporre la propria personalità, in un mondo non sufficientemente delineato (al di là delle torri c’è pochissimo d’altro), dove la magia è presente, ma non spettacolare come una palla di fuoco, una pioggia di meteore, o un drago sputafiamme, stereotipi tanto cari al gioco di ruolo. Al contrario, per il lettore più cresciuto e smaliziato, che può sicuramente apprezzare il tipo d’intreccio e il superamento di certi luoghi comuni, c’è il fastidio di vederne ancora una volta mantenuti altri: per esempio le associazioni nani/burberosità/asce ed elfi/sottigliezza/archi. Permane inoltre la sofferenza per i nomi di persone e luoghi che non parlano, non evocano, ma livellano tutto in uno sfondo ove non si capisce chi venga da lontano e chi da vicino; un dipinto colorato ma bidimensionale. Le stesse descrizioni paesaggistiche, a volte godibili, sono appannaggio della voce narrante che, purtroppo, si lascia andare talora a delle vere e proprie “liste della spesa”. Infine, sebbene l’autore si profonda in elaborazioni psicologiche, queste sono “assolutizzanti”: sembra che, quando i personaggi pensano, il mondo esterno scompaia del tutto, ed essi perdano così l’occasione di mostrarlo attraverso i loro occhi. Un gran peccato. Insomma, La Rocca dei Silenzi si mostra probabilmente troppo cupo e innovativo per i vecchi fan di D’Angelo e troppo ruvido e incompleto per un possibile nuovo pubblico che non legge più solo manuali di D&D e i romanzi di un R.A. Salvatore. A mio modesto parere, l’autore avrebbe ottenuto un risultato più omogeneo e “rotondo” (conseguendo probabilmente un consenso maggiore) se avesse avuto il coraggio di abbandonare definitivamente gli artritici stilemi che pure gli avevano garantito i primi successi con “Le Sette Gemme”. n Francesco Coppola

Lettura: La Rocca dei Silenzi

117


Lettura

Lettura

FANTASY

Estasia Danny Martine e la Corona Incantata (F. Falconi, 2006)

di Cristina “Anjiin” Ristori

E

stasia è il mondo delle nostre speranze, creato da tutto ciò che di puro e buono caratterizza l’animo umano. Un secondary world dominato dalla bellezza e dalla pace, ma anche terribilmente fragile, come lo è la realtà da cui esso nasce e si sviluppa: se l’umanità perde di vista i valori positivi della vita, Estasia si ammala e si spegne, come un giardino ricco di sorgenti che a poco a poco vede il loro corso ostruito da detriti e rifiuti. Danny Martine è un ragazzo che desidera Estasia, ma ancora non lo sa. Vive la propria adolescenza, già segnata da situazioni dolorose, rifugiandosi in un luogo tutto suo, preludio di un mondo tutto suo. E questo universo particolare, un bel giorno lo riconosce e lo chiama a sé. Il suo compito non è facile: lui è il Bianco Prescelto, l’eroe che dovrà risvegliare la Regina Dharma, signora di Estasia, dal Sonno del Nonquando, nel quale essa è precipitata dopo che il Male ha iniziato la distruzione del suo reame incantato. Nove pietre (le Nove Luci, simboli di altrettante virtù), sono state rubate o perse: vanno trovate e rimesse nella corona d’oro e di gemme che cinge la fronte della regina addormentata. Con molti dubbi e perplessità, Danny comincia il suo viaggio pieno di insidie. Al suo fianco, troviamo la presenza incorporea ma rassicurante di Cathbad, mago saggio dai poteri straordinari, e due compagni in carne ed ossa: Coran, la bianca pantera alata, fedelissima alleata di Dharma, e Bolak, un curioso essere “rettiloide” che si dimostra

118

Lettura: Estasia


FANTASY “Bolak”, Mario Labieni (Estasia, pag. 108)

prezioso pur con la sua indole verbosa e pasticciona. La ricerca delle pietre non sarà semplice; tuttavia, attraverso la sua quest, il giovane protagonista non solo viene guidato alla scoperta di Estasia e delle molteplici creature che la popolano, ma intraprende anche un viaggio di crescita dentro se stesso: la sua evoluzione interiore procede di pari passo con l’iniziazione alle forze arcane che permeano i vari aspetti, luminosi e oscuri, della terra in cui è approdato. Le avventure non si fanno attendere: già nei primi capitoli, mostri d’Aria, d’Acqua e di Terra sottomessi al malvagio Disperio (personificazione del Male) si oppongono a creature del Bene tenacemente impegnate nello scongiurare la distruzione del magico mondo che le ospita. Secondo uno schema puntuale, il ritrovamento di ogni pietra porta con sé uno scontro e un in-

contro: il Bianco Prescelto ottiene la Luce Blu della Verità risolvendo un difficile indovinello e ricava informazioni determinanti da Amos, il Grande Saggio di Estasia; conquista la Luce Viola della Lealtà combattendo contro l’infida Scacchiera Mutante e guadagna dalla sua parte il musico Eufonio, alleato coraggioso nelle vicende a venire; strappa la Luce Rossa della Speranza alla malvagia Strega delle Illusioni e incontra il Popolo di Imena, coraggiosi topini che gli affideranno la loro arma più importante. E così via… Le prove da superare non coinvolgono solo creature malvagie corrotte da Disperio, ma anche scenari e personaggi carichi di significato allegorico, capaci di rappresentare le paure e le debolezze che mettono alla prova ognuno di noi. C’è ad esempio la città di Melòdia, privata di ogni musica e colore dalla Nebbia Frenesia, “il rumore del disaccordo”, ovvero la nemesi dell’Armoniosa Assonanza che nasce dalla generosità e dai buoni sentimenti. Oppure il maniacale panico di Zifio, solitario abitante della Terra dei Sogni, nel quale però “tutti i sogni sono svaniti lasciando il posto alle paure”. E anche la sete di potere di Smeriglio, l’uomo falco che ha tradito la sua regina per le facili promesse del Male. Inesorabilmente il tono della narrazione cambia, passando dalla mera ricerca del sense of wonder ad uno spessore più maturo e cupo; l’influsso malefico di Disperio corrompe anche Elementi e Stagioni. Il confine tra i due mondi, quello fantastico e quello reale, si fa molto sottile: la Natura violata di Estasia e la sua rivolta selvaggia costituiscono un forte riferimento alla Terra, dove responsabile della profanazione è l’umanità intera. Il Prescelto affronterà la sua battaglia conclusiva nel cuore della fortezza di Disperio: il Castello dell’Inverso. Esso è strutturato come l’inferno dantesco, nel quale ogni “girone” simboleggia gli aspetti più oscuri e dolorosi dell’animo umano: la prevaricazione dell’istinto sull’intelletto, dell’inganno sulla lealtà, del preconcetto sulla verità, della vendetta sul perdono, rappresentati da spettri ingannevoli e creature mostruose senza testa e senza occhi. Tuttavia, quando ogni cosa sembra perduta, il giovane eroe ritroverà al suo fianco coloro che l’hanno aiutato durante il viaggio, e che lo sosterranno fino al

Lettura: Estasia

119


FANTASY

“Coran”, Mario Labieni (Estasia, pag. 64) confronto finale. Il combattimento tra Danny e Disperio è in realtà la lotta interiore del protagonista con la sua stessa parte oscura, quella sepolta più o meno profondamente in ciascuno di noi, e la vittoria del Prescelto rappresenta la decisione di volgersi al bene, affidandosi alla speranza. Infatti è Speranza, la Nona Luce, nascosta segretamente nell’animo del protagonista, a risvegliare la regina Dharma determinando la sconfitta del Male e ripristinando l’Armoniosa Assonanza, cioè quell’unione intima che consente alla Realtà di non smarrire più l’altra metà di se stessa: la Fantasia. I possibili richiami che vengono alla mente leggendo questo libro sono molteplici. L’associazione alla Storia Infinita di Ende sorge spontanea, pensando a Estasia e a Fantàsia, all’Amuleto di Cristallo e all’Aurin, a Dharma e all’Infanta Imperatrice. Tuttavia

120

la zoologia fantastica che Francesco Falconi ci presenta nel suo libro non è popolata solo da metafore essenziali, ma rappresenta anche le caratterizzazioni di tutto ciò che la mente di un bambino arriva a immaginare con gioia: figure ricche di vita accanto ad archetipi dotati di una componente molto umana. Forse è per questo che molti dei personaggi ci appaiono quasi Disneyani. Bolak è un po’ come Timòn e Pumba, i compagni del Re Leone; Coran come Bagheera, ne Il Libro della Giungla. E poi granchi parlanti, tartarughe giganti e sirene vanitose dai capelli blu, terribili meduse, ragni ferocissimi e mostri alati… In sostanza, se “il fanciullino che è in noi” molte volte resta sepolto nel crudo materialismo della quotidianità, qui davvero vede spalancarsi una magica opportunità per mettere le ali. Il merito è anche di un linguaggio scorrevole e dalla presa immediata, che non indulge a nomi astrusi o eccessivamente stranianti. Alcuni dettagli appaiono forse troppo ingenui: il Libro di Magia sembra avere una risposta a tutto o quasi, un po’ come il Manuale delle Giovani Marmotte, e l’Amuleto di Cristallo giunge puntualmente a trarre d’impaccio i nostri eroi nelle situazioni più difficili. Ma la spontaneità della narrazione rende comunque queste soluzioni pienamente godibili, e magari spiegabili con una sorta di “disegno superiore” ancora da svelare. Estasia è un libro da leggere sognando ad occhi aperti quando si è molto giovani, lasciandosi trasportare senza paura da un senso del fantastico che davvero apre la porta di nuovi mondi. Ma anche quando si è più maturi, e già si è avuta esperienza del Panico, della Nebbia Frenesia, del Tradimento, del Dubbio, con tutto il loro pesante carico nella vita ogni giorno. Un racconto positivo e gioioso, quindi, nel suo modo di rappresentare difficoltà, speranze e pericoli che assediano l’animo umano; e di suggerire la soluzione, affidandosi, senza pedanti moralismi o impossibili filosofie, alla semplicità dei buoni sentimenti e dei valori veri. Valori da riscoprire certo con la cognizione dell’impegno e della determinazione necessari, ma anche con la certezza di fare la cosa giusta. Una storia pulita, ricca di colori e di immagini vivide, di fronte alla quale un pubblico giovane e meno giovane non può che sognare. n Cristina Ristori

Lettura: Estasia


I Grandi Illustratori FANTASY

“Little One”, Roberto Campus link dell’autore: The Art of Roberto Campus

Roberto Campus

121


Intervista

Intervista

FANTASY

intervista a:

FRANCESCO FALCONI di Cristina “Anjiin” Ristori

N

ato a Grosseto nel 1976, Francesco Falconi è ingegnere delle telecomunicazioni. Attualmente risiede a Roma. Danny Martine e la Corona Incantata, pubblicato da Armando Curcio Editore e illustrato da Mario Labieni, è il suo libro d’esordio.

I

l panorama letterario fantasy ha avuto in questi ultimi tempi un sussulto di vitalità. Estasia si presenta come una voce fuori dal coro: pieno di colori e paesaggi fiabeschi, mostra realtà positive e negative ma è privo di quella voglia di brutalità comune alla maggioranza dei testi in circolazione. Il motivo è la ricerca di uno stile più “solare”, svincolato dai soliti cliché, o una tua istintiva avversione verso ogni tipo di violenza? È vero, il primo volume di Estasia non presenta scene particolarmente brutali o violente per un semplice fatto: era mia intenzione focalizzare l’attenzione del lettore su altri aspetti. Il viaggio di Danny nel mondo di Estasia rappresenta la crescita di un adolescente e la relativa scelta di seguire determinati concetti etico sociali, l’importanza del libero arbitrio e dei sentimenti più semplici che più volte dimentichiamo nella frenesia della vita. Insomma, credo che il capitolo della “Visione Ancestrale” sia il dipinto che maggiormente rappresenta il cuore del romanzo. I colori, la musica, le sensazioni saranno sempre i cardini portanti di Estasia, ma questo non toglie che in futuro non possa puntare anche su temi più misteriosi con tinte decisamente più cupe.

I

personaggi che ruotano attorno al protagonista, impegnato nella sua crescita interiore, presentano generalmente posizioni molto nette nei confronti del Bene (le Nove Luci) e del Male (i gironi danteschi del Palazzo dell’Inverso). La tua visione della vita è senza sfumature intermedie, oppure hai cercato di semplificare il messaggio, specialmente per un pubblico più giovane? Era mia intenzione evidenziare uno stacco netto tra Bene e Male nel primo volume di Estasia, con il trio d’acciaio Danny-Coran-Bolak da una parte e Disperio e le

122

Intervista: Francesco Falconi


FANTASY

malefiche creature dall’altra. Poi mi sono divertito a smontare questo mondo verso la fine del romanzo, con il capitolo de “Il dubbio” e con la visione di Disperio in una veste alquanto… insolita. Certamente ho voluto lasciare un costrutto abbastanza intuibile anche da parte di un pubblico più giovane, ma sono certo che i lettori con qualche anno in più riusciranno a carpire stimoli diversi nelle pagine di Estasia. E poi, la semplicità con cui si sono susseguiti i combattimenti di Danny alla ricerca delle Nove Luci della Corona Incantata non ti ha suscitato nessun dubbio? Lo scontro finale tra Darmha e Disperio, non ti pare sia filato troppo liscio?

L

e soluzioni narrative della quest di Danny e del suo scontro finale sono apparentemente infantili, ma che il tuo libro offra una lettura “multistrato” è fuori dubbio. Sbaglio nel giudicarle “prove iniziatiche” più che scontri avventurosi veri e propri? Senza dubbio Estasia va interpretato come il viaggio di crescita adolescenziale di Danny Martine. Non dimentichiamoci che ha quattordici anni, retrocedi a quell’età e immedesimati… sarebbero state avventure così semplici per te? In realtà esiste anche una seconda chiave di lettura, e si capirà solo in futuro il motivo della “semplicità” delle avventure e dei duelli durante la ricerca delle

Il sito di “Estasia” (http://www.estasia.net/) Nove Luci della Corona Incantata. Chissà, forse qualcuno voleva che raggiungesse il Palazzo dell’Inverso incolume, ma con la coscienza di aver affrontato prove terribili e con l’esasperata necessità di aggrapparsi alla… Speranza? Ecco mi hai spillato fin troppo, Cristina!

I

l tuo romanzo è nato quando eri adolescente: cosa è rimasto della tua prima ispirazione, e cosa è stato rielaborato dalle successive esperienze di vita? Estasia continua a rappresentare “il mio luogo segreto”, dove mi rifugio per sognare, per allontanarmi dal mondo caotico, dai rumori della grande città. Per respirare aria fresca, ritemprarmi con la luce, i colori e la musica. Ovvio che il romanzo sia profondamente cambiato durante la stesura del 2005, rispetto alla versione del 1990. è rimasto tuttavia immutato lo scheletro originario, anche se sono stati aggiunti alcuni personaggi (e.g. Eufònio, Bolak), nuovi capitoli (e.g. Melòdia, Visione Ancestrale) ed è stata riscritta completamente la parte finale che mancava. La struttura è stata rivista in maniera approfondita, anche se ho cercato di mantenere la compartecipazione del Francesco quattordicenne e di quello trentenne.

Intervista: Francesco Falconi

123


Intervista FANTASY E sono felice di conservarli ancora entrambi dentro di me, un eterno Peter Pan che ama sognare ma sa anche guardare la vita con disillusione e raziocinio.

N

el tuo libro fai esplicito riferimento alla Natura Violata, sia quella umana che quella del nostro pianeta. Nonostante il tuo desiderio di “vedere positivo”, pensi che questa duplice corruzione sia ancora reversibile? Benché io mi sforzi a “vedere positivo”, sinceramente non credo a una corruzione reversibile. Il mondo di Estasia rappresenta la visione speculare del nostro, invaso dal male rappresentato dalla nebbia Frenesia, dall’arrivismo e dall’egoismo dell’uomo. Così, la simpatia di Bolak e l’onestà di Coran coesistono con la corruzione di Smeriglio e l’ambizione spasmodica di Cristal. Sulla Natura violata del nostro pianeta non sono stato molto positivo, è vero: Naturalia è un mondo che si rivolta contro l’uomo stesso, che urla la sua contaminazione con uragani, tempeste e miasmi infuocati. Ma la luce bianca, la Speranza, non può tuttavia mancare; per questo ho lasciato uno spiraglio di speranza con l’accenno all’orchidea nel deserto delle Custodi Vestali.

I

l secondo libro della storia è già stato scritto. E si può supporre che questo fosse già nei tuoi progetti, visto il modo abbastanza aperto con cui si conclude il primo: gli accenni ancora abbastanza oscuri al Triadema, le parole un po’ sibilline di Beltane. Anche la mamma di Danny sa molto di Estasia, non è vero? Sì, il secondo libro è concluso. Come ho detto sul blog di Estasia, il successivo capitolo della Saga sarà una reinvenzione totale del mondo stesso: i personaggi, le avventure dei protagonisti assumeranno una sfumatura diversa. Seppur in un viaggio fantasy e avventuroso, Estasia 2 sarà una riscoperta del nostro mondo, delle sue debolezze, con una vena ironica e al contempo polemica. Il mistero del Triadema verrà svelato, ma si aggiungeranno molti altri enigmi da risolvere, con qualche tinta più dark e a volte più forte. Tuttavia non mancherà la simpatia frizzante di Bolak né gli elementi chiave che hanno caratterizzato la freschezza del primo volume di Estasia. Beltane? Beh, chi ha letto il libro (gli altri passino oltre ed evitino lo spoiler) avrà intuito la sua implicazione nel mondo di Estasia, seppur mai dichiarata in modo palese. Davvero avevi creduto alla storia del mutismo di Beltane? Ma dai, non era credibile…

124

D

entro un mondo fantasy (e qui il merito va al libro) non è questione di credere. Qualsiasi cosa può essere vera se viene percepita “giusta” per la storia. Il personaggio, la sua malattia e la sua guarigione (vere o false che siano) hanno più di un significato. Ritroveremo Beltane nel prossimo capitolo della saga? Immagino di sì. Dipende. Ho voluto rendere la parte del libro che si svolge nel mondo di Danny Martine la più reale possibile, in modo da rendere partecipe il lettore al senso di stupore che il protagonista prova appena riceve i primi misteriosi segnali da Estasia. Per questo ho cercato di dare al mutismo di Beltane delle motivazioni “medico-psicologiche”. Beltane sarà presente anche nel secondo libro, ma non ti svelo nulla riguarda alla sua storia. Diciamo che mi ero stancato dell’immagine di lei come di una madre debole, ammalata, premurosa… anche lei ha una storia alle spalle, decisamente… complessa.

C

i puoi anticipare qualche segreto a proposito di questo seguito? Senza incorrere nelle ire della casa editrice, naturalmente! Lo vedremo in autunno? Beh, mi pare di essermi slacciato anche troppo sul proseguo di Estasia 1. Ti dirò che il Decimo Cancello si è decisamente aperto e le cose nelle Terre a Nove Punte sono diventate molto complicate… Per l’uscita del secondo volume, pare che la casa editrice abbia deciso per il 2008, benché il libro sia stato da me concluso alcuni mesi fa. Purtroppo non è una decisione che mi spetta.

H

ai affermato in un’altra intervista che “se un libro funziona, il lettore deve evadere, indipendentemente dal genere”. Leggendo il tuo libro, ho avuto però la sensazione che tu concepisca il fantasy come un genere con profonde radici nella realtà. La sua funzione quindi è quella di una “veste” capace di aiutare quest’evasione? E fino a che punto questo desiderio di fuga può essere positivo? Un buon libro che funzioni deve catturare l’attenzione del lettore, strapparlo dalla sua realtà e catapultarlo nel mondo che lo scrittore ha forgiato, indipendentemente dal genere letterario. Estasia d’altro canto ha una duplice funzione: se letta in modo superficiale si presenta come un mondo fatato popolato da dame, personaggi fantastici, regine e castelli, un regno di magia dove si combatte l’eterna lotta tra Bene e Male. Ma se andiamo oltre, le pagine di Estasia nascondono una decisa accusa alla nostra società, e al contempo

Intervista: Francesco Falconi


FANTASY

una presa di giro sulla debolezza umana. Dipende da cosa vogliamo leggere… anche in questo caso, libero arbitrio.

R

accontaci l’iter della tua pubblicazione, cosa a cui molti neo-scrittori e aspiranti tali saranno interessatissimi: la Curcio è stata il tuo primo tentativo, oppure hai proposto il tuo manoscritto anche ad altre case editrici? E com’è avvenuta la “scalata” al mondo editoriale? Hai conoscenze nell’ambiente? Come tutti gli scrittori esordienti ho incontrato non poche difficoltà nel pubblicare. Le case editrici italiane guardano ancora in tralice la produzione nostrana, specie nel genere fantasy, e preferiscono riproporre i pacchetti, troppe volte sterili, inglesi e americani. Anch’io ho conosciuto il meccanismo dell’editoria a pagamento, cosa che ho categoricamente rifiutato. Ho accettato quei pochi consigli non preconfezionati, ho analizzato le critiche negative e ne ho fatto tesoro per una terza stesura, quella che ha convinto Curcio a puntare su Estasia. Mi piace infine essere attivo, partecipare a manifestazioni ed eventi fantasy. È bello conoscere i propri lettori ma anche altri scrittori italiani.

T

u sei molto attivo in vari forum, hai un sito di Estasia e un blog. Il web aiuta veramente i neo- autori a farsi conoscere, oppure c’è il rischio di perdere

Il blog di “Estasia” (http://www.estasia.splinder.com/) visibilità, finendo in un calderone dove si mescolano lavori geniali, buoni, mediocri e pessimi? Nell’era attuale non possiamo prescindere da Internet, sarebbe da sciocchi. Per quanto se ne dica, se vogliamo prescindere da pregiudizi ipocriti, Internet è un mezzo economico per essere in contatto con il mondo intero, interfacciarsi con nuove comunità, approfondire i proprio interessi. Una vetrina che non conosce confini. Ho trovato sostegno da FantasyMagazine e da molti altri forum del fantastico, per cui, se si sa scegliere bene, il web non può che essere un mezzo estremamente positivo.

U

n’ultima domanda: quali sono i progetti per il tuo futuro di scrittore? Estasia diventerà una saga, o ci sono altre idee all’orizzonte? Estasia è stata concepita come un saga fin dall’inizio. Ma a differenza della Rowling che in un viaggio in treno pianificò sette libri, io ho un po’ le idee confuse a riguardo. Perché? Semplice, la Rowling è una Inglese, io Italiano. Attualmente sto scrivendo un’opera nuova di zecca, assolutamente top secret. Nel mio blog gira un nome in codice e si fanno alcune illazioni, ma mantengo il massimo riserbo sull’intero progetto. n Cristina Ristori

Intervista: Francesco Falconi

125


Intervista

Intervista

FANTASY

intervista a:

LICIA TROISI di Cristina “Anjiin” Ristori

L

icia Troisi, 26 anni, romana, laureata in astrofisica. Nel 2004 esordisce con la pubblicazione della trilogia, “Cronache del Mondo Emerso”: Nihal della Terra del Vento (aprile 2004), La Missione di Sennar (ottobre 2004), Il Talismano del Potere (aprile 2005). Nel 2006 pubblica La Setta degli Assassini, e nel 2007 Le Due Guerriere, di una seconda trilogia: “Guerre del Mondo Emerso”. È stata tra i finalisti del Premio Italia nel 2005 e nel 2006.

C

iao Licia e prima di tutto, grazie per la tua disponibilità. Tu sei autrice fantasy e scienziata: scrivere di draghi, cavalieri e magia è un modo per evadere da una certa forma mentis? Da un’impostazione di vita troppo razionale? Non l’ho mai vista così; in generale non cerco nel fantasy un’evasione. Per me è solo un’ambientazione che mi risulta molto congeniale per parlare di cose che riguardano la mia vita e il mio mondo. Allo stesso modo non trovo che ci sia una contrapposizione così netta tra il mio lavoro di scrittrice e quello di astrofisica. Anche la scienza richiede creatività, nello specifico sotto forma di intuizione, di capacità di cogliere le connessioni tra i dati raccolti. D’altro canto, anche la scrittura richiede una certa disciplina e delle regole.

U

na trilogia fantasy edita da Mondadori e una seconda in cantiere, di cui sono già usciti i primi due volumi… Opere così lunghe possono dare a volte problemi “organizzativi”: è meglio un’attenta pianificazione, o affidarsi comunque ad una “scrittura istintiva”? Un po’ e un po’. Io trovo fondamentale pianificare la storia prima di iniziare: se non facessi così, avrei paura di perdermi per strada. La mia prima stesura, però, è molto “di pancia”, ossia scrivo senza rileggere con troppa attenzione. Il labor limae viene sempre dopo, quando ho finito di raccontare la mia storia.

I

l mondo dell’editoria in Italia non è semplice da avvicinare, per lo meno a certi livelli. Una volta “dentro”, qual è la sensazione dominante? Mi fa sempre molto strano pensare di essere edita. Più che altro mi stupisce molto l’affetto della gente che mi legge. Sono una fan io stessa, quindi mi risulta abbastanza

126

Intervista: Licia Troisi


FANTASY difficile da accettare che ci possa essere gente che è mia fan.

C

he idea ti sei fatta del panorama fantasy nel nostro Paese, e come ti collochi all’interno di esso? In pratica, esiste un Fantasy Italiano con una linea di tendenza comune tra i nuovi autori? In verità non lo conosco molto bene: ho letto praticamente solo Andrea D’Angelo e Alessia Rocchi. In generale credo che il fantasy italiano stia ancora muovendo i suoi primi passi, e quindi è presto per parlare di “via italiana”.

G

razie anche a Internet, la comunicazione con il proprio pubblico è oggi molto più semplice e diretta. Quanto è importante per un autore l’autopromozione presso i lettori? Oppure è meglio affidarsi alla propria casa editrice o al proprio agente? Un libro procede soprattutto grazie al passaparola. Certo, ci vuole la spinta iniziale, e quella può darla solo la pubblicità dell’editore. Il resto però deve farlo il libro. Io comunico molto coi miei lettori, credo sia importante, ma non la considero tanto una forma di autopromozione. Lo faccio più che altro per capire cosa i lettori pensano di quello che ho scritto, per vedere se i messaggi che volevo veicolare sono passati, se sono riuscita a suscitare certe emozioni.

I

lettori a volte diventano possessivi nei confronti dei personaggi che amano: rischieresti di “scontentarli” per un’esigenza di cambiamento nel tuo immaginario artistico? In altre parole, ritieni possibile, in futuro, passare a un altro genere letterario? Perché no? Se vuole divertire il lettore è assolutamente fondamentale che lo scrittore in primis si diverta e creda in quello che sta scrivendo. Per questo si possono assecondare i desideri dei lettori fino ad un certo punto. È uno dei motivi per cui non ho continuato a scrivere di Nihal, sebbene me lo chiedessero in molti: ritenevo che quel personaggio avesse detto quel che doveva, e non avevo interesse a parlarne oltre. Credo quindi che, se un domani mi venisse in mente una storia non fantasy, la scriverei. Ma per ora tutte le mie idee riguardano ambientazioni fantasy.

P

arliamo dei tuoi personaggi. Le tue eroine sono molto giovani, e le vicende narrate danno ampio spazio alla loro fanciullezza; quanto delle tue fantasie adolescenziali hai riversato in loro? Moltissimo, e spesso non si tratta neppure di fanta-

sie. Alla fine molto di ciò che racconto, traslato e sotto metafora, riguarda me in prima persona, sono vicende che in qualche modo mi sono capitate, o insegnamenti che ho imparato a mie spese nella mia esperienza di vita.

D

ubhe e Nihal hanno caratteristiche dissimili: la prima lotta contro un nemico esterno, la seconda deve affrontare qualcosa che è dentro il suo stesso animo. In chi delle due ti rispecchi maggiormente? Probabilmente Nihal, anche se sento di volere più bene a Dubhe. Nihal lotta contro se stessa, ed è quello che faccio io da sempre. Come me, lei è una persona in qualche modo fragile.

I

l mondo che hai creato presenta molti aspetti del fantasy anglofilo tradizionale, ma anche influenze manga. Quale delle due componenti ti ha fornito miglior ispirazione, la lettura o il comics/anime? A livello di tematiche, credo maggiormente i manga. Il duello inteso come scontro tra personalità, le problematiche connesse all’adolescenza e alla crescita, sono tutte cose che vengono fuori dai manga. A livello stilistico, ovviamente, i libri hanno per me un’influenza decisamente maggiore.

I

l tuo nome viene spesso associato a quello di Christopher Paolini. Come giudichi questo giovane autore americano? I tuoi draghi andrebbero d’accordo con Saphira? Di Paolini ho letto solo Eragon, e non mi ha appassionata particolarmente. Non so dire esattamente cosa non mi sia piaciuto, ma in generale trovo i suoi personaggi non abbastanza sfaccettati da permettere l’identificazione. Almeno, a me ha dato quest’impressione. In generale, però, penso che in Eragon ci sia molto cuore, Paolini ci crede e si vede, e questa è indubbiamente una cosa molto positiva.

P

er finire, ti propongo un rovesciamento di ruoli: c’è una domanda che desideri fare tu ai tuoi lettori? Cosa vorresti dire a chi sta dall’altra parte dei tuoi libri? In verità non credo di avere curiosità particolari riguardo i miei lettori, semplicemente perché ogni domanda che mi sono fatta ha trovato risposta in qualche loro lettera. Mentre vorrei ringraziarli tutti: senza di loro non avrei mai potuto fare della mia passione per la scrittura un lavoro. n Cristina Ristori

Intervista: Licia Troisi

127


Lettura

Lettura

FANTASY

Licia Troisi e il Fantasy italiano:

CRONACHE DEL MONDO EMERSO (L. Troisi, 2004-2005)

di Cristina “Anjiin” Ristori

N

ihal ha gli occhi viola. Le orecchie a punta e i capelli blu. Abita in una cittàfortezza chiamata Salazar, dove gioca alla guerra con bande di ragazzini di cui è il capo. Le spade la affascinano, non a caso suo padre Livon è armaiolo e fabbrica le lame più belle che ci siano. Grazie a Soana, incantatrice dai grandi poteri, la ragazzina viene istruita nelle arti arcane assieme a Sennar, giovane mago destinato a diventare suo compagno inseparabile, ma non dimentica mai la propria vera passione, quella delle armi e del combattimento: il suo desiderio è diventare un grande guerriero, uno dei Cavalieri di Drago, l’esercito alato più potente. La vita di Nihal sembra procedere in una sospesa normalità, sebbene comincino a farsi evidenti le prime ombre: il suo amore impossibile per Fen, coraggioso Cavaliere e compagno di Soana, le “voci” che la perseguitano nel sonno accompagnate da visioni di stragi, le nubi di guerra sempre più dense all’orizzonte. Inevitabilmente, la sua adolescenza spensierata è breve. La sete di conquista del malvagio Aster, che da tempo ha iniziato l’occupazione di tutto il Mondo Emerso, non risparmia la Terra del Vento, e la guerra, quella vera, arriva a Salazar. Il mondo di Nihal è distrutto, i suoi affetti cancellati, la sua vita sconvolta per sempre. E lei comincerà a combattere, ostinatamente e contro tutti, in nome di un destino ancora indefinito che sente di dover compiere. Tra duelli e magie, esseri fatati e creature mostruose, ma soprattutto esperienze di vita e drammi interiori, la storia di Nihal corre senza pausa fino alla conclusione.

128

Lettura: Cronache del Mondo Emerso


FANTASY Lei è la predestinata, l’ultima dei mezz’elfi, capace di sconfiggere le arti oscure del Tiranno e liberare la sua Terra. Una storia prettamente fantasy quindi, che di questo genere così poliedrico ha sicuramente gli aspetti più appariscenti: l’ambientazione in un mondo alternativo; la presenza della magia e di creature “meravigliose” come i draghi; la dualità Bene/ Male in contrapposizione quasi manichea; la quest, fisica e psicologica, che la protagonista affronta mediante lo scontro con il meraviglioso, il diverso, l’ignoto. E infatti Nihal e i suoi compagni di sorte attraversano un concentrato di avventure, sofferenze e colpi di scena tali da riempire egregiamente tutti e tre i volumi in cui il manoscritto originale è stato suddiviso. Ma qual è il sapore vero dell’opera di Licia Troisi, autrice nostrana di ultima generazione e celebrata come “il nuovo astro del fantasy italiano”? Già in questa entusiastica affermazione si nota almeno un’incongruenza, che porta inevitabilmente a un’altra domanda: esiste un fantasy italiano? La risposta è no, o almeno, a voler essere ottimisti, non ancora, sebbene il panorama fantastico di casa nostra stia attraversando ultimamente un sussulto di vitalità. Gli autori (o aspiranti tali) non mancano, probabilmente perché “scrivere fantasy è facile” in quanto “basta dare sfogo alle proprie fantasie”. Questa carenza d’identità di genere, causa prima di una scarsa originalità, si avverte anche nelle Cronache del Mondo Emerso, seppure stemperata in una narrazione scorrevole, che si fa leggere con facilità e senza sforzi mentali, come un avventuroso cartoon del cui finale il lettore è consapevole e soddisfatto. Le fonti ispirative si mescolano in un amalgama dai contenuti evidenti: i topoi tolkeniani (ormai triti stereotipi) di elfi, guerrieri, orchetti (o “Fammin”, che dir si voglia), incantatori della Luce e delle Tenebre, sono inglobati in un contesto prettamente manga, focalizzato sulla maturazione adolescenziale per crisi, vissuta in lotta col mondo. In primo piano, l’infanzia segnata da un clima di violenza sofferta, capace di condizionare ogni evoluzione successiva, le prime esperienze affettive concluse tragicamente, la solitudine della diversità. Nihal è la fanciulla-eroe, una specie di ibrido tra

Caska e Gatsu di Berserk, che travalica i propri limiti a dispetto di ogni legge della fisica. Piccola ed esile, impugna spade più pesanti di lei trapassando mostri scagliosi e corazze metalliche, ha fame di stragi ma in qualche modo vi è costretta, arriva a rifiutare la propria femminilità che tuttavia è sempre presente tra i lacci di cuoio della sua armatura. Sennar è il compagno di vita, un mago rampante ma capace di aspettare che la sua tormentata amica superi le proprie crisi e riconosca il vero amore. Cosa che avverrà alla fine della trilogia, in un guizzo lirico e commovente, perfettamente coerente con la storia, ma tarpato da un secondo finale talmente posticcio da far sospettare un ossequio obbligato alle leggi del marketing: l’eroina non può morire (almeno non subito) perché questo frantumerebbe l’elemento consolatorio e rassicurante desiderato dal target di lettori cui il libro è rivolto. E la storia deve poter continuare, se conviene.

Lettura: Cronache del Mondo Emerso

129


FANTASY Bibliografia Licia Troisi Cronache del mondo emerso Nihal della terra del vento (2004) La missione di Sennar (2004) Il talismano del potere (2005)

Guerre del mondo emerso La setta degli assassini (2006) Le due guerriere (2007) La trilogia di Licia Troisi è piaciuta, e questo va a suo merito. È un insieme di luci e ombre, in cui nella narrazione non sempre fluida appaiono sprazzi di originalità, come il personaggio di Ido, l’istruttore di Nihal, che si discosta dal cliché del solito nano con l’ascia, la barba e il boccale di birra, offrendo una figura nobile più del classico cavaliere. E i draghi. Il rapporto di Nihal con il suo drago, Oarf, presenta un’evoluzione interessante, in cui le due creature, la mezz’elfa e la belva, si affrontano e si conquistano da pari a pari, riconoscendo il valore e la dignità reciproci. Questo è consolante, specie considerando i draghi di altri romanzi, come Eragon, in cui questi affascinanti mostri mitologici vengono ridotti ad ausiliari della pet-teraphy. Senza dubbio, l’autrice ha avuto la capacità di offrire un qualcosa in più rispetto agli altri, una specie di torta monostrato glassata di fantastico, sicuramente ben confezionata e dal sapore rassicurante, che fa dimenticare lo scavo psicologico spesso monocorde, l’ambientazione a volte discontinua, i dialoghi prevedibili, i finali un po’ artificiosi di ciascun tomo. Un linguaggio semplice, per palati semplici, che si sentono gratificati da una fuga dalla realtà condita con un po’ di vittimismo, nonché da una storia che riflette le classiche pulsioni e fantasie adolescenziali, amplificate in una sorta di catarsi. Una letteratura facile, un fumetto formato libro, dotato della capacità di comunicare in presa diretta con il lettore, e meritevole sicuramente di aver azzeccato una tendenza giovanile diffusa, fatta di adolescenti un po’ confusi che vorrebbero mangiare sushi al MacDonald’s e amano il MacFantasy. Che leggono Moccia e sognano.

130

D’altra parte, se è questo che la maggioranza vuole, perché non darglielo? Ogni espressione è libera di esistere, se non altro per chiarire le idee a chi desidera qualcosa di diverso, che nel panorama italiano al momento è assente. E nemmeno questo deve stupire più di tanto. Il Fantasy non è nato qui, fa parte di altre culture e mitologie vecchie di millenni, che non ci appartengono, e sono distanti dalla solarità mediterranea delle nostre tradizioni. Per quanto si possa elaborare un mito, elfi e fate non saranno mai uguali a ninfe danzanti e satiri vogliosi: il Fantasy ha bisogno di meno carnalità e più mistero. Da qui il motivo, probabilmente, del perchè in Italia il genere non sfonda: forse mancano non i buoni autori, ma quell’idea geniale, frutto di pazienza ed elaborazione, capace di spiccare il salto e formare una corrente d’alto livello. Ci sono dei tentativi, alcuni ammirevoli, come quelli di D’Angelo, ma non completamente riusciti; altri originali, come il libro di Falconi, che rischia però di essere associato a un target troppo infantile; altri ancora creati su ordinazione, come il romanzo di De Judicibus, e, finalmente, la nostra Troisi: a prescindere da ciò che scrive, ha alle spalle l’Angelo Custode della Mondadori. Anzi un Arcangelo, direi, un Trono, una Dominazione nel vasto cielo dell’Editoria. In ogni caso, definire cosa sia e debba essere il Fantasy è come voler dare forma all’acqua, e qualsiasi affermazione di certezza viene presto smentita: dalla Terra d’Albione, una delle culle primigenie di questo filone letterario, è giunto a noi La corporazione dei Maghi di Trudi Canavan, autrice che può benissimo essere considerata la Troisi britannica. Stesso stile, stesso impasto. Quindi è inutile sentirsi diversi, una certa ondata letteraria generazionale è sicuramente global, e la contaminazione di generi, il rifarsi a modelli che sentiamo nostri, anche se non lo sono, esiste da sempre. La fazione ancora troppo silenziosa che concepisce il Fantasy come una forma d’espressione diversa e non “di nicchia”, capace di qualcosa di più della mera evasione e dei voli di fantasia, non può far altro che aspettare fiduciosa l’Autore italiano con la A maiuscola, quello sopra le righe, capace di compattare una cultura fantasy tradizionalmente nordica ad un immaginario nato da qualcosa di personale. Un’idea peculiare ma innovativa, da cercare in profondità nella propria ispirazione, senza fotocopiare all’infinito ciò che è stato già detto. Altrimenti, il risultato è quello del vecchio ciclostile: ogni copia viene peggio della precedente. n Cristina Ristori

Lettura: Cronache del Mondo Emerso


I Grandi Illustratori FANTASY

“Woman”, Giampietro Costa link dell’autore: Sito Ufficiale • Illustratori.it

Giampietro Costa

131


Intervista

Intervista

FANTASY

Alacrán EDIZIONI Intervista ad Andrea Carlo Cappi di Massimo “DeFa” De Faveri

A

lacrán (“scorpione” in spagnolo) Edizioni è una giovane casa editrice di Milano, fondata nel 2004 da Sandro Ossola e Andrea Carlo Cappi. Orientata prevalentemente alla pubblicazione di opere di narrativa (ma sono presenti in catalogo anche saggi – a cui è dedicata un’apposita collana – e il magazine “M-Rivista del Mistero”), la sua specialità è servire storie ad alto tasso di suspense, che privilegiano l’indagine, l’enigma, in tutte le loro forme e accostamenti. Le pubblicazioni dell’Alacrán sono suddivise in quattro collane. I MISTERI raccoglie le opere riferite al genere giallo e derivati (thriller, mystery, spionaggio, noir…); vi compaiono prevalentemente autori stranieri (ma non solo), con un occhio di riguardo per la letteratura ispanica e latinoamericana (J. E. Vasco, P. Casals, A. Martin). Tra i romanzi pubblicati, figurano quelli di Raymond Benson, membro del consiglio direttivo della “Ian Fleming Foundation”, e ufficialmente incaricato dalla Ian Fleming Publications Ltd. di scrivere un nuovo ciclo di libri su James Bond (sono presenti in collana anche quattro avventure del celebre agente segreto). LE STORIE è la collana quasi esclusivamente riservata alla narrativa italiana, con romanzi e raccolte di racconti che spesso escono dai canoni del giallo classico (o meglio, li estendono), trattando il genere in modo non convenzionale, spaziando dal poliziesco metropolitano all’horror/fantasy, al pulp, al gotico, alla fantascienza, al mainstream; la collana affianca autori noti e di esperienza ad altri giovani ma di grande talento. I SAGGI è, naturalmente, la collana di saggistica, in cui trovano spazio opere che esaminano l’evoluzione e le tecniche della scrittura dedicata al giallo e alle sue molteplici commistioni, delineando i profili dei più famosi giallisti (Simenon, Hammett, Christie, Chandler, Doyle…), analizzando e confrontando i variegati temi della let-

132

Intervista: Alacrán Edizioni


FANTASY/GIALLO

http://www.alacranedizioni.it/

teratura di genere. Presenti, tra le altre, una monografia a tutto campo sul fenomeno James Bond, curata da Andrea Carlo Cappi ed Edward Coffrini dell’Orto, un reportage sugli aspetti “thrilling” delle città più importanti del mondo, realizzato alla fine degli anni Cinquanta da Ian Fleming (contenente anche un’avventura inedita di 007), e il volume Stelle rosse di Giorgio Galli (studioso di fama mondiale dei legami tra esoterismo e politica), che propone una rilettura “neo-illuminista” dell’astrologia. GLI SCORPIONI è una collana economica e tascabile, in fase di evoluzione, che attualmente presenta in elenco due titoli dedicati a noti eroi del fumetto italiano: Diabolik - La lunga notte, un romanzo di Andrea Carlo Cappi illustrato da Giuseppe Palumbo, e Martin Mystère - Detective dell’impossibile, raccolta di tre storie – due delle quali ormai introvabili – riunite in volume per celebrare i venticinque anni dalla nascita del famoso investigatore dell’occulto. Oltre ai libri, l’Alacrán pubblica dal 2004 “MRivista del Mistero”, un magazine trimestrale fondato nel 2000 da Andrea Carlo Cappi e da Andrea G. Pinketts, dedicato naturalmente al “mistero”, con racconti italiani e internazionali, rubriche varie che trattano il genere in relazione al cinema, alla televisione, alla letteratura e ai nuovi media, e, dal prossimo autunno anche storie a fumetti.

Intervista ad Andrea Carlo Cappi

scrittore e direttore editoriale di Alacrán Edizioni.

N

otiamo che il “giallo”, puro o sfumato in altri generi letterari, fa da filo conduttore a tutte le opere edite dalla Alacrán… Non a tutte, in realtà: abbiamo pubblicato diversi libri che con il giallo non hanno nulla a che vedere. È vero tuttavia che la nostra passione per “le storie” (da cui il nome di una nostra collana) e la frequentazione della letteratura di genere da parte mia e del mio socio Sandro Ossola fanno sì che ci interessiamo molto al mystery e al fantastico, che solitamente si prefiggono proprio di raccontare storie.

P

rivilegiare questa linea editoriale è una scelta dettata pertanto da pura passione, o hanno inciso anche fattori di mercato? Pura passione: il mercato segue mode e tendenze che spesso sono imposte dalle “major” editoriali. Oggi è di moda, del resto, un tipo di “giallo” diverso da quello di cui ci occupiamo noi: tra gli ultimi sussulti dei serial killer all’americana e le indigestioni dei Maigret all’italiana, noi pubblichiamo invece thriller a sfondo spionistico-avventuroso o politico-finanziario,

Intervista: Alacrán Edizioni

133


Intervista FANTASY solido noir statunitense o “novela negra” crepuscolare e pessimista di autori spagnoli e ispanoamericani. Forse è per questo che dei nostri autori italiani quasi nessuno pubblica thriller convenzionali. Anche se ora, dopo il successo di Mondoserpente di Paolo Grugni (che contiene una forte componente fantastica, oltre a essere un romanzo al di fuori delle definizioni con-

Collana I MISTERI 007 DOPPIO GIOCO di Raymond Benson LA VENDETTA DEL MASTINO DEI BASKERVILLE di Michael Hardwick NIGHTSHADE - Missione Cuba di Andrea Carlo Cappi JAMES BOND 007 - Tempo di uccidere di Raymond Benson Lew Fonesca - Parole al vento di Stuart M. Kaminsky Parker - Dietro le sbarre di Richard Stark Guardo e aspetto di Justo E. Vasco Le ore del male di Raymond Benson Il premier di Pedro Casals Giudice e parte di Andreu Martín Sette colli in nero a cura di Gian Franco Orsi Il banchiere di Pedro Casals James Bond 007 - Obiettivo Decada di Raymond Benson Lew Fonesca - Cattive intenzioni di Stuart M. Kaminsky Diabolik - La lunga notte di Andrea Carlo Cappi James Bond 007 - Conto alla rovescia di Raymond Benson 8

134

venzionali), ripubblichiamo il suo thriller Let it be, già bestseller per Mondadori, che apparirà per la prima volta nell’edizione approvata dall’autore.

L’

occhio di riguardo riservato a questi sottogeneri resterà la base di partenza delle vostre pubblicazioni, o si tratta di un orientamento iniziale, destinato a estendersi col tempo ad altri generi letterari? In realtà già fra i nostri primissimi libri pubblicati c’era Il piede nel letto di Luca Ricci, autore mainstream che vinse il prestigioso premio Carlo Cocito-Montà d’Alba. Ma il fatto che tra i nostri autori figurino grossi nomi del giallo ha creato l’equivoco che pubblicassimo solo gialli. Un grosso equivoco, considerando che tra le nostre novità c’è una raccolta di storie imperniate sulla figura di Don Giovanni, vista da autori come Zorrilla, Balzac, Pushkin, Gianni Brera e Paolo Brera (quest’ultimo anche curatore del progetto).

P

ossiamo allora sperare che in futuro valutiate di aprire anche una collana specificamente dedicata alla Fantascienza e al Fantasy? Per ora no, anche se stiamo dedicandoci molto al fantastico e all’orrore: per ricordare H.P. Lovecraft a settant’anni dalla morte, in marzo abbiamo pubblicato un numero della rivista con un suo racconto, due saggi e un’antologia di storie italiane ispirate al suo immaginario; lo speciale estivo di “M-Rivista del Mistero” sarà una riedizione della raccolta di racconti “Roma fantastica” a cura di De Turris, contenente un’avventura di Martin Mystère, personaggio al quale abbiamo appena dedicato anche un volume de “Gli Scorpioni” con tre avventure non a fumetti.

I

l mercato editoriale italiano è oggi uno stagno piuttosto caotico – e a volte torbido – dove case editrici sorgono e falliscono con cadenza sconcertante; è stato complicato, per una casa medio piccola, nascere e riuscire a sopravvivere in un ambiente in cui la concorrenza dei grandi editori è così difficile da sostenere? In un certo senso abbiamo molte più libertà rispetto a certi grandi editori – per i quali ho lavorato e occasionalmente lavoro tuttora. Anche perché non corriamo dietro al Grande Bestseller che solitamente richiede anticipi spaventosamente elevati (a fronte di qualità non eccelse) e immani investimenti promozionali per farlo diventare effettivamente un bestseller. Inoltre non pubblichiamo libri “a scadenza” che dopo tre mesi invecchiano e vengono mandati al macero. I nostri libri rimangono in catalogo: quando si esauriscono, hanno

Intervista: Alacrán Edizioni


FANTASY/GIALLO edizioni successive e sono sempre disponibili.

Q

uali sono state, e quali continuano tuttora ad essere, le difficoltà da affrontare? Principalmente una: i librai che non fanno i librai. Mi spiego: un libraio che “fa” il libraio legge i libri – o quantomeno si informa – e conosce la sua clientela, quindi è in grado di dare consigli. Un libraio che non fa il libraio si limita a star seduto alla cassa e aspettare che la gente entri, raccolga una copia del bestseller del momento, paghi e se ne vada. Certo, informarsi è impegnativo, comporta l’esame delle schede editoriali dei tantissimi libri in uscita, che vengono presentate ciclicamente dai promotori; inoltre, per una libreria piccola è oggettivamente impossibile tenere copie di tutto quello che viene pubblicato. Il libraio pigro e disinformato è, in un certo senso, il nostro nemico. Capita a volte che un lettore voglia acquistare un nostro libro e si trovi davanti a un muro di gomma di menzogne: il libraio gli racconta che non è possibile ordinarlo (in realtà è possibilissimo e gli arriverebbe nel giro di una settimana o giù di lì) oppure che è fuori catalogo (i nostri libri sono tutti in catalogo). Forse per questo il nostro maggior rivenditore è www.ibs.it, in cui si trova tutto, anche se ovviamente manca il rapporto “fisico” con il libro, cioè la possibilità di sfogliarlo.

Q

uali sono le vostre impressioni sull’editoria in Italia, in particolare per quanto riguarda la narrativa? e quali sono le qualità che ritenete vi possano contraddistinguere come editori rispetto agli altri? Escono molti libri… troppi per un verso e non abbastanza per un altro. Noi ci occupiamo dei libri che, in primo luogo, piacciono a noi in quanto lettori prima che editori. E riceviamo spesso richieste di libri e autori che il pubblico vuole leggere… ma per soddisfarle tutte dovremmo avere il doppio delle nostre uscite! In ogni caso, non pubblichiamo libri solo per riempire un catalogo, ma scegliamo quelli che ci piacciono veramente.

T

ra i vostri autori ci sono stati degli esordienti, come Davide Garbero che ha pubblicato con voi la sua opera prima; come vi comportate con gli inediti? Ricevete molti manoscritti?Avete una procedura di valutazione? Riceviamo moltissimi manoscritti, che vengono tutti esaminati dai nostri lettori. Siamo però molto selettivi e quelli che arrivano a essere pubblicati devono essere molto, molto speciali: è quello che è capitato

8 Morte accidentale di una lady

di Andrea Carlo Cappi Terra bruciata di Richard Stark L’intermediario di Pedro Casals Prima del buio di Raymond Benson A serramanico di Andreu Martín Il primo potere di Pedro Casals Morte di un dissidente di Stuart Kaminsky

Collana LE STORIE Don Giovanni di Paolo Brera Corpus delicti di Andreu Martín Cronache di Madrid in nero di Juan Madrid Tra di noi di Carlo Oliva Mondoserpente di Paolo Grugni Niente da festeggiare di Sandro Ossola Pentar di Luca Tarenzi Yodo di Juan Hernández Luna Il re dei topi e altre favole oscure di Cristiana Astori La settima nota di Andrea Carlo Cappi Nodo al pettine di Gianluca Mercadante Lingue morte di Davide Garbero Roma fantastica a cura di Gianfranco de Turris La donna senza testa di Claudia Salvatori Café Nopal di Alfredo Colitto Alma di Mariella Dal Farra 8

Intervista: Alacrán Edizioni

135


Intervista FANTASY 8 L’ussaro nel freezer di Sandro Ossola

Il piede nel letto di Luca Ricci Il sorriso di Anthony Perkins di Claudia Salvatori

Collana I SAGGI Dragons forever di Stefano Di Marino Mondo Bond 2007 di Andrea Carlo Cappi ed Edward Coffrini Dell’Orto C’era una volta il giallo (II) di Gian Franco Orsi e Lia Volpatti Stelle rosse di Giorgio Galli Thrilling cities di Ian Fleming Il segreto di Agatha di Lia Volpatti Hardboiled Blues di Gian Franco Orsi Elementi di tenebra di Andrea Carlo Cappi C’era una volta il giallo di Gian Franco Orsi e Lia Volpatti

Collana GLI SCORPIONI MARTIN MYSTèRE, DETECTIVE DELL’IMPOSSIBILE di Andrea Carlo Cappi DIABOLIK - LA LUNGA NOTTE di Andrea Carlo Cappi

Alacrán Edizioni con Pentar di Luca Tarenzi, un autore davvero unico. Il caso di Davide Garbero è piuttosto insolito: allievo di un corso di sceneggiatura tenuto da una nostra autrice, Cristiana Astori, le ha fatto leggere qualche racconto, così notevole che lei me li ha passati immediatamente; dopodiché ho tenuto d’occhio i suoi racconti

136

successivi e solo quando aveva materiale per un libro completo gli ho rivelato che intendevo pubblicarlo.

R

itenete di poter allargare, in futuro, lo spazio riservato ad autori esordienti, o la vostra attenzione è rivolta principalmente a scrittori di esperienza e affidabilità? Per ora non possiamo aumentare a dismisura le uscite: lo spazio è sempre aperto agli esordienti, ma vogliamo continuare anche a coltivare gli autori che noi stessi abbiamo lanciato e che stanno lavorando al loro secondo libro.

O

ltre all’americano Kaminsky, Westlake e a vari autori di lingua spagnola, voi pubblicate per l’Italia le opere di Raymond Benson; aggiudicarsi i diritti di un personaggio letterario d’importanza assoluta come James Bond a noi appare un gran bel colpo editoriale, come avete fatto? È stata particolare abilità vostra o scarsa lungimiranza da parte dei grandi editori? Entrambe le cose. Ho cominciato a tradurre James Bond per Mondadori e sono diventato amico di Raymond Benson (di cui pubblico anche i bellissimi romanzi noir senza 007), per cui è stato naturale che diventassi l’editore dei suoi romanzi bondiani. È lo stesso meccanismo che mi ha permesso di diventare l’editore di Kaminsky, di Westlake alias Stark, di autori spagnoli come Casals, Madrid, Martin e di una straordinaria scrittrice italiana quale Claudia Salvatori: tutti loro mi conoscevano già e alcuni conoscevano anche il mio socio Sandro Ossola, quindi sapevano come lavoriamo. Più singolare è il caso dell’inedito di Ian Fleming, Thrilling Cities, che abbiamo pubblicato nel 2006: è incredibile che nessuno lo avesse mai edito in Italia in oltre quarant’anni! Eravamo in pochi a conoscerne l’esistenza ed è stato relativamente facile, essendo in contatto con gli agenti che si occupano dei libri di 007, acquisirne i diritti.

P

arlando di Bond… domanda di alleggerimento: chi è stato il miglior interprete cinematografico di 007? Inevitabilmente Connery, senza il quale il personaggio non sarebbe diventato un mito. Questo non esclude che gli altri interpreti abbiano fatto la loro figura, quando sono stati serviti da buone sceneggiature, com’è capitato al nuovo Bond, Daniel Craig.

A

lcune vostre pubblicazioni sono corredate con illustrazioni, alcune sono presentate da trailer ani-

Intervista: Alacrán Edizioni


FANTASY/GIALLO mati e filmati, e altre ancora sono ispirate a fumetti famosi; potete descriverci come sentite questo legame tra la parola scritta e quella disegnata? Per ora abbiamo pubblicato solo storie non a fumetti di eroi dei fumetti (Diabolik e Martin Mystère). “Veri” fumetti appariranno dal prossimo autunno su “M-Rivista del Mistero” e intanto coltivo il sogno di aprire una quinta collana dedicata espressamente alla “letteratura disegnata”, un progetto però ancora lontano nel tempo. Come lettore di fumetti e di romanzi illustrati (ricordo certe splendide edizioni di Salgari della mia infanzia) mi piace mantenere vive certe tradizioni. L’idea del booktrailer, un mezzo promozionale nato credo negli anni Settanta ma riscoperto solo di recente e non solo da noi, ci è sembrato un modo originale per presentare i libri ai nostri lettori attraverso il nostro sito.

A

vete mai pensato di pubblicare fumetti di autori inediti? Dall’autunno su “M-Rivista del Mistero” uscirà una serie scritta da Giuseppe Cozzolino (edito come scrittore ma finora inedito come fumettista) e disegnata da Andrea Rovati, uno dei nostri illustratori. Per il resto… tutto è possibile, anche se dipenderà dagli sviluppi futuri della casa editrice.

A

llora indaghiamo su questo futuro: cosa ci riserva l’Alacrán per il 2007; quali saranno le novità in arrivo? Le più eclatanti sono, in giugno, il primo romanzo di J.A. Konrath con protagonista la tenente Jaqueline “Jack” Daniels della polizia di Chicago – serie premiata con il Readers Award per il miglior poliziesco del 2005 – di cui alcuni racconti sono già apparsi su “MRivista del Mistero”; il nuovo romanzo di Raymond Benson, premiato con il Readers Award per il miglior thriller del 2006, in uscita in settembre; oltre a un nuovo inedito di Richard Stark, un romanzo firmato con il suo vero nome, Donad E. Westlake, con protagonista il rapinatore Parker: è Cacciatore di teste, da cui CostaGavras ha tratto il film omonimo. E infine, ora posso rivelarlo, un mio nuovo romanzo con Diabolik.

E…

andando un po’ più in là nel tempo, sognando l’avvenire, quali progetti avete per l’evoluzione della casa editrice? Ce ne sono di particolarmente ambiziosi ai quali già ora state lavorando? Auspicabilmente, aumentare il numero delle nostre pubblicazioni: il pubblico ormai si aspetta con una

Andrea Carlo Cappi Nato a Milano nel 1964, da oltre dieci anni animatore di incontri letterari e corsi di scrittura creativa in tutta Italia, è autore per Mondadori, Sonzogno e molte altre casi editrici. Romanziere, fumettista, consulente editoriale, editor, traduttore e saggista, con vari bestseller al suo attivo. Per Alacrán sta ora pubblicando i suoi inediti e i suoi maggiori successi degli ultimi anni: dalle avventure letterarie degli eroi dei fumetti Diabolik e Martin Mystère a quelle dei suoi personaggi Mercy “Nightshade” Contreras e Carlo Medina. È direttore editoriale di “ M-Rivista del Mistero” e per RadioRai ha collaborato alla sceneggiatura della serie “Mata Hari-La doppia vita di Greta Zelle”. certa cadenza l’appuntamento con alcuni nostri autori, specie quelli di romanzi seriali, e questo potrebbe andare a scapito della possibilità di acquisire nuovi scrittori. E poi c’è sempre il mio sogno di una collana di fumetti… Ringraziamo Andrea Carlo Cappi per la sua disponibilità, augurando all’Alacrán ogni fortuna.

Intervista: Alacrán Edizioni

n

Massimo De Faveri

137


Intervista

Intervista

FANTASY

intervista a:

DARIO DE JUDICIBUS di Stefano Baccolini

D

ario de Judicibus, giornalista, scrittore di saggistica e narrativa, consulente di informatica e strategia aziendale, impegnato in campo sociale. Laureato in fisica nel 1984 è entrato nel 1986 in IBM, dove ha lavorato come consulente. Si è occupato di metodologie di soluzione dei problemi e processi decisionali. Dopo una serie di ricerche nel campo del riutilizzo del software e della tecnologia di programmazione orientata agli oggetti, si è dedicato allo studio delle metodologie di condivisione della conoscenza ed è diventato esperto di gestione della conoscenza (Knowledge Management). Ha tenuto diverse conferenze presso università e istituti di ricerca italiani. Nel 1999 ha fondato Padri ad Ore, associazione a favore della bigenitorialità e nel 2003, assieme ad altre associazioni di genitori separati, la Federazione Nazionale per la Bigenitorialità (Fe.N.Bi.), della quale è consigliere nazionale, con lo scopo di favorire un cambiamento culturale nell’ambito dei divorzi a favore della pari dignità fra i uomini e donne e del principio di bigenitorialità. Nel 2004 ha fondato la rivista digitale L’Indipendente (ISSN 1824-8950), sulla quale scrivono diversi collaboratori, fra cui alcuni giornalisti http://it.wikipedia.org/wiki/Dario_de_Judicibus

C

iao Dario, cercando qua e là informazioni sul tuo conto, ho scoperto che sei una persona molto eclettica: che ci azzecca la tua passata carriera militare e il tuo lavoro di consulente informatico con il fantasy? Beh, ho iniziato a leggere fantascienza e fantasy ben prima di fare il militare e di lavorare in informatica. In effetti i primi libri “seri” li ho letti che avevo solo sei anni: Salgari, Verne, Welles, Swift. I classici, insomma. È da lì che mi è venuta la passione per il fantastico. D’altra parte la mia formazione è prevalentemente scientifica, essendo un fisico, e agli scienziati il fantastico piace particolarmente…

U

na domanda da “inedito” a “edito”: come hai fatto a farti pubblicare? E dall’Armenia, poi: una casa editrice abituata a offrire grandi cicli legati ai giochi di ruolo, non certo avvezza a dare una possibilità a uno scrittore esordiente (nel fantasy). Forse questo lo dovresti chiedere a Giovanni Armenia… Scherzi a parte, avevo già scritto per Armenia un paio di libri, uno sul rapporto fra genitori e figli e uno sulle relazioni sociali. È più facile farsi pubblicare un saggio che un romanzo, e spesso un saggio è un buon biglietto da visita; quanto meno dimostra che sai scrivere.

138

Intervista: Dario De Judicibus


FANTASY

Il sito de “La Lama Nera” (http://www.lalamanera.it/) Naturalmente il romanzo non lo hanno comprato a scatola chiusa. C’è stata una revisione molto seria e approfondita da parte dell’editore e devo dire che hanno fatto davvero un ottimo lavoro di analisi e correzione. I problemi più grossi sono stati relativi al nome e alla copertina, che in genere Armenia compra assieme al romanzo da tradurre. Nel mio caso, essendo il primo italiano pubblicato da loro, la copertina doveva essere disegnata appositamente. All’inizio ne ho proposta una io, disegnata da una brava illustratrice italiana, ma l’editore ha ritenuto che fosse troppo “atipica” per il genere in questione, per cui ne ha fatta fare una più tradizionale che è poi quella che è stata utilizzata per la prima edizione. Per quanto riguarda il nome, io personalmente ritenevo che il mercato fosse pronto per un autore italiano, anche se Giovanni Armenia era poco convinto del fatto che non volessi usare uno pseudonimo anglosassone. In effetti aveva ragione lui, e il fatto di aver pubblicato con il mio nome ha generato qualche resistenza da parte di alcuni librai ad ordinare il romanzo, ma io sono ancora convinto della mia scelta, anche se ho dovuto pagarla un certo prezzo dal punto di vista commerciale. Il mio sogno è quello di far accettare la narrativa fantastica in Italia come genere

letterario di spessore a tutti gli effetti. Chissà: magari un giorno un romanzo italiano di fantasy potrebbe avere una “nomination” per uno dei tanti premi letterari più prestigiosi.

L

a caratteristica che più colpisce visitando il tuo sito dedicato a La Lama Nera è la cura che tu attribuisci all’ambientazione. Il porre attenzione ai particolari è anche un modo per sconfessare chi ritiene il fantasy un tipo di letteratura superficiale ed edonista. Da dove nasce la tua meticolosità? Credo che esista un equivoco di fondo: molti, soprattutto fra i critici letterari “seri”, pensano che la narrativa fantastica (fantascienza, fantasy e horror), essendo basata su elementi del tutto immaginari, spesso slegati dalla realtà di tutti i giorni, sia una sorta di letteratura di serie B, puro intrattenimento, insomma. In realtà non c’è nulla che impedisca a un romanzo di questo tipo di competere alla pari con la letteratura “seria”. Il fatto di ambientarlo in un mondo immaginario, di costruire una trama sfruttando elementi puramente fantastici come tecnologie futuristiche o magia, non impedisce che si possa dare ai personaggi, o appunto all’ambientazione e soprattutto alla trama un certo “spessore”. Il problema è che mentre un romanzo storico o comunque ambientato nella vita reale

Intervista: Dario De Judicibus

139


Intervista FANTASY si avvantaggia del fatto che lo scenario è già bello e pronto, nel fantastico bisogna costruire tutto da zero. Personalmente ritengo che l’introduzione di elementi immaginari non autorizzi lo scrittore a costruire uno scenario debole, incoerente o comunque irrealistico. Ad esempio, il fatto di trovarsi in un mondo fantasy non vuol dire che il clima o l’orografia del terreno non debbano essere definite secondo criteri rigorosamente scientifici e quindi realistici. Persino la magia deve avere delle regole, altrimenti tutto è possibile e alla fine si rischia di perdersi negli “effetti speciali” piuttosto che concentrarsi nella trama e nella caratterizzazione dei personaggi.

H

o letto che quando scrivi eviti letture di genere per non rischiare di incorrere in déjà vu. Una preoccupazione davvero fuori dal comune, in un triste panorama editoriale pieno di cloni. Da cosa deriva questo tuo aureo precetto. Rispetto per i lettori o una tua esigenza personale di stupire? Prima di essere uno scrittore sono stato (e sono) un lettore. Ho una biblioteca di oltre 5.000 volumi, in italiano e in inglese. Non amo i cloni ma non ritengo neppure funzionale cercare di stupire a tutti i costi. So che qualunque cosa possa scrivere sarà sempre e comunque influenzata, anche inconsciamente, da ciò che ho letto. D’altra parte questo è vero anche in altre arti, come la musica, ad esempio. Ogni scrittore è stato influenzato da altri scrittori. Quello che è importante è che ciò che scrivo sia comunque mio, qualcosa che nasce da me, del tutto originale nella sua creazione. È una questione di serietà professionale. Se volevo limitarmi a fare soldi con i libri avrei scritto un romanzo erotico farcito di ipotesi pseudo-realistiche di complotti o misteri legati a qualche fatto o personaggio reale, in modo da scatenare dibattiti e polemiche.

H

ai degli autori a cui fai riferimento come modelli? E quando hai iniziato a scrivere fantasy? Prima che entrasse nel cuore di molti neofiti, infatti, era un genere di nicchia per adolescenti e persone ritenute immature. Hai dunque il cuore di un ragazzino? Voglio sperare di sì. Essere adulti non vuol dire sostituire il nostro essere bambini con qualcosa di estremamente “maturo” e “serio”. L’essere “infantili”, nel senso buono del termine, ovvero spontanei, diretti, quasi ingenui nel porsi, comunque aperti a idee ed esperienze, persino l’essere un po’ folli, è fondamentale a mio avviso per fare di una persona un individuo completo. Non siamo solo corpo e mente, ma anima

140

ed emozioni, non possiamo vivere solo di ragione, ma lasciare che un pizzico di pazzia dia colore alle nostre vite. La maggior parte degli adulti portano una maschera di serietà e responsabilità, ma sotto quella sono solo dei bambini capricciosi che giustificano razionalmente i loro desideri e le loro fantasie. Ho sempre scritto, da ragazzo: poesie, racconti brevi, articoli, anche se non ho mai pensato di pubblicare alcunché. Scrivevo per me, un po’ come uno si siede la sera, prende una chitarra e lascia che le dita danzino sulle corde per esprimere la propria anima. Verso la metà degli anni Ottanta ho cominciato con gli articoli di informatica. Ho continuato così per vari anni finché non mi hanno chiesto di raccoglierli in un libro. Fin da giovane sognavo di scrivere romanzi, soprattutto per ragazzi. Ho anche sviluppato un progetto di una collana per ragazzi dietro richiesta di Armenia, che poi, tuttavia, ha cambiato idea e ha deciso di focalizzarsi sulla narrativa fantasy per adulti. Autorizzato da Armenia, ho sottoposto il progetto ad altre case editrici e aspetto una risposta. Non mi dispiacerebbe scrivere qualcosa per un pubblico più giovane. Vedremo… In quanto agli autori che mi hanno ispirato di più, direi sicuramente Clarke, Vance, Farmer e Anderson per la fantascienza, Moorkock, Le Guin e Norton per il fantasy.

S

ei entrato da poco in una famiglia ristretta, quella degli autori fantasy italiani. Ma a differenza di alcuni tuoi colleghi hai puntato su un romanzo dall’intreccio maturo. Come giudichi l’evoluzione del movimento in Italia? Il fantastico ha ancora un futuro o l’entusiasmo dei lettori si affievolirà man mano verrà meno il ricordo di SdA? Ho letto la prima volta Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli che avevo 14 anni. Allora quasi nessuno conosceva Tolkien in Italia. Al contrario del mondo anglosassone, dove il fantastico ha un ruolo di tutto rispetto nel panorama letterario, da noi, se un libro non è socialmente impegnato, caratterizzato politicamente o storicamente, non è considerato serio. In Italia un grande regista non avrà mai il coraggio di cimentarsi con un genere come quello fantastico e, se si esclude Salvatores con il suo Nirvana, la nostra produzione in questo campo è quasi nulla. Eppure pellicole come Matrix e SdA hanno dimostrato che si può fare un grande cinema anche con fantascienza e fantasy: il fatto che un libro o una pellicola siano d’intrattenimento non vuol dire necessariamente che debbano essere di scarsa qualità. Ma la nostra realtà è partigiana, provinciale, ci parliamo troppo addosso e alla fine

Intervista: Dario De Judicibus


FANTASY

Il sito personale di S. De Judicibus (http://www.dejudicibus.it/) non sappiamo divertirci. Finché perdurerà questa mentalità, sarà ben difficile che il nostro Paese riesca a competere nella letteratura e personaggio molto “piatto”, quasi inconsistente come nel cinema fantastico con la grande produzione anglo- caratterizzazione. C’è un motivo perché è così, ma non sassone. C’è poi il problema che siamo malati di una si capirà fino al terzo libro. Tutto, nei miei libri, ha una certa “esterofilia”, per cui tutto ciò che viene da fuori è ragione d’essere. buono, quello che facciamo noi no. Viviamo purtroppo di pregiudizi e contro quelli è dura combattere. ei molto attivo nel sociale, in qualità di Presidente dell’associazione “Padri ad Ore” che si batte a i hai spiegato come hai creato il tuo mondo, ma favore della pari dignità dei genitori. Vuoi parlarci di da dove scaturiscono i personaggi de La Lama quest’impegno e credi che il fantasy possa veicolare Nera? E ce n’è uno che credi rispecchi il tuo modo di messaggi importanti oltre all’abusatissima e classica essere? lotta tra bene e male? Il problema principale quando scrivi un libro è il Credo che la nostra società sia troppo focalizzata rischio di costruire i tuoi personaggi come estensioni sugli aspetti materiali e poco sui sentimenti. Per anni di quello che sei, di quello in cui credi. Pensate ad atto- si è negato ai padri separati il loro diritto/dovere di ri come Hoffman e Pacino: la loro grandezza sta nella genitori, ignorando la terribile sofferenza di quei bamcapacità di impersonare personaggi totalmente diversi bini che si sono visti diventare senza alcun motivo orda loro. Un buon attore deve essere capace di violen- fani di un genitore e di quei genitori che, pur amando tare se stesso diventando ciò che non è. Per uno scrit- i propri figli ed essendo del tutto idonei al loro ruolo, tore il problema si moltiplica: bisogna essere capaci si sono visti strappare i figli senza alcuna colpa. Certo, di disegnare personaggi estremamente diversi, in cui alla base esistono fortissimi interessi economici che, persino incoerenza e idiosincrasie sono, per assurdo, alimentando una cultura del conflitto, hanno costruito assolutamente coerenti. Ho costruito i miei personag- un giro d’affari miliardario a cui molti non vogliono gi come ho costruito il mio mondo: pezzo per pezzo, rinunciare. Di questo non si parla. I giornalisti si ocselezionando difetti e virtù in parte a tavolino, in parte cupano del problema solo quando qualche genitore, su fattori casuali, per simulare l’irrazionalità e l’incoe- disperato, inscena qualche atto assolutamente folclorirenza tipica degli esseri umani. Ad esempio, mentre stico, di quelli che fanno effetto ma che, alla fine, non Aggart è una figura “ricca”, complessa, Ona Ettài è un aiutano a comprendere davvero il problema. Se poi si

C

S

Intervista: Dario De Judicibus

141


FANTASY

Il sito de “L’Indipendente” (http://lindipendente.splinder.com/) deve discutere seriamente della cosa, lo si fa proprio con coloro che hanno tutto l’interesse a non cambiare nulla. Ai genitori separati viene data la parola solo per raccontare la propria storia, strappare quella lacrimuccia che fa tanto “audience”, eppure molti di noi sono ben preparati in materia, sia sul piano legislativo, giuridico, psicologico che sociale; ma a quelli di noi che potrebbero dire come stanno effettivamente le cose, non viene dato spazio se non da qualche radio o giornale locale. I media nazionali, salvo rare eccezioni, come SKY, preferiscono il folklore e gli “arrabbiati”: anche qui, contano solo gli effetti speciali.

P

arlaci del tuo giornale digitale, “L’Indipendente”: cosa ritieni che gli altri “non ci dicano”? E da dove nasce la tua voglia e quella dei tuoi collaboratori di raccontarcelo? Non si dice ciò che non conviene dire. Non si ha il coraggio di raccontare le cose come stanno, quelle che tutti conosciamo ma che nessuno osa dire. Da noi l’informazione non esiste: è sottomessa a un sistema clientelare in cui persino gli scandali e i dibattiti sono strettamente regolamentati, in un gioco delle parti che mantiene un divario fra un sistema feudale che nulla ha da invidiare a quello medioevale, e tutti gli altri. Una volta mi chiesero che differenza ci fosse fra una dittatura e una democrazia. Risposi che in una dittatura

142

non è permesso dire tutto quello che si vuole, in una democrazia si può fare, purché non si cerchi di dimostrarlo. Credo che questo renda l’idea…

V

ista la varietà dei tuoi interessi mi sento di chiedertelo: terminata la trilogia con cui hai esordito, ti dedicherai ancora al fantastico? E hai già qualcosa in mente da poter sin da ora incuriosire i tuoi lettori? Come ho detto, mi piacerebbe iniziare la collana per ragazzi che ho disegnato. Tuttavia ho già iniziato a scrivere la trama di una seconda trilogia, ambientata cronologicamente prima di quella attuale. Lo so, non è originale, ma mi è venuto quasi naturale pensare di raccontare la storia dei genitori di Aggart… Poi c’è l’idea di tradurre la prima trilogia in inglese e confrontarmi sul mercato americano. Non ho paura del confronto, ma tradurre un libro è molto costoso, al di là delle mie attuali possibilità economiche e, per quanto conosca ben l’inglese, non è qualcosa che possa fare da solo. Per il resto, chissà… Vedremo: a volte ho l’impressione che non sia lo scrittore a scrivere le storie, ma le storie a trovare qualcuno che le racconti. Un grazie a Dario per essersi prestato alla nostra intervista e un in bocca al lupo per il futuro.

Intervista: Dario De Judicibus

n

Stefano Baccolini


I Grandi Fumettisti FANTASCIENZA

“Pin-Up”, Giacomo Pueroni link dell’autore: Wikipedia Giacomo Pueroni

143


Intervista

Intervista

FANTASY

ASENGARD EDIZIONI Intervista a Edoardo Valsesia

di Massimo “DeFa” De Faveri

A

sengard Edizioni è una giovane casa editrice di Vicenza, fondata da Edoardo Valsesia nel maggio del 2006; è orientata prevalentemente alla pubblicazione di opere inedite italiane di narrativa fantasy e, più in generale, fantastica e horror. Il prossimo giugno usciranno in libreria i suoi primi pargoli, Legame Doppio e Il Sigillo del Vento, scritti rispettivamente da Christian Antonini e Uberto Ceretoli, autori ambedue esordienti. A circa un anno dalla sua nascita, vogliamo provare a tracciare, insieme all’editore, l’itinerario fin qui percorso da questa nuova e volitiva realtà editoriale.

C

aro Edoardo, il tuo fresco (e quindi aggiornato) ingresso nel campo dell’editoria offre al lettore un’ottima occasione per comprendere, attraverso la tua esperienza, quali siano le difficoltà e i sacrifici che un novello editore dev’essere pronto ad affrontare, in un mercato popolato spesso da gatti e da volpi; e quali, fortunatamente, le soddisfazioni che alimentano e premiano gli sforzi. Parlaci innanzi tutto degli esordi: com’è sorto in te il desiderio di costruire da zero, mattone dopo mattone, una nuova casa editrice, mission che molti definirebbero a priori “impossible”? Tutto nasce dalla passione per la lettura e, soprattutto, dalla passione per i generi che con Asengard stiamo pubblicando. Leggo e mi interesso di fantasy da quando avevo più o meno 14 anni. Come credo molti dei lettori che si avvicinano a questo filone della narrativa, ho iniziato con i classici meno impegnativi divorando i primi capitoli della saga di Brooks, che mi erano stati prestati da un compagno di classe. Poi, come si dice, l’appetito vien mangiando ma, aggiungerei io, è spesso grazie ad un buono chef che il pranzo si fa ricco! È stato merito di una persona che lavora in una nota libreria di Vicenza, profondamente appassionata di fantasy, se mi sono del tutto innamorato di questo genere: andare in libreria e trovare qualcuno preparato che ti consiglia cosa leggere è un gran vantaggio. È inutile dire che la passione permane ancora adesso, anche se devo farti presente

144

Intervista: Asengard Edizioni


FANTASY

uno dei lati “negativi” del fare l’editore o, almeno, l’editore che intende prendere in esame materiale inviato da esordienti: purtroppo resta molto meno tempo per le letture “di piacere”, visto che sul mio comodino ora non c’è spazio per libri editi ma solo per manoscritti (che un giorno potrebbero diventare veri libri)!

T

ra analisi finanziarie e difficoltà burocratiche, immaginiamo che i primi passi siano stati piuttosto faticosi; quali scogli si sono rivelati i più ostici da superare nella fase iniziale? L’ostacolo più grande sono stati certamente i dubbi e i timori personali. Parlando con gli addetti ai lavori sembra che il mondo editoriale sia un completo disastro, con enormi barriere d’ingresso e possibilità quasi nulle di sopravvivere per più di qualche mese. In un’ottica del genere è chiaro che chi si butta in un’attività si trovi spesso a chiedersi se gli sforzi che sta facendo portino a qualcosa e se il gioco valga veramente la candela. L’importante è continuare a crederci e non lasciarsi spaventare da qualche tronco caduto che blocca la strada: se è impossibile spostarlo, è invece quasi sempre possibile fare un passo indietro e girarci intorno! È innegabile che l’inizio si sia rivelato difficoltoso; la vera sfida è stata voler fare qualcosa di più, ossia prendere i manoscritti e farli crescere fino a diventare veri e propri libri. E questa passione, pian piano, è diventata un lavoro a tutti gli effetti, che sta iniziando a dare le prime soddisfazioni, su tutte quella di poter stringere finalmente in mano le prime opere stampate.

Il sito di Asengard Edizioni (http://www.asengard.it/)

R

iguardo alla filosofia di Asengard, sappiamo che non viene preteso alcun contributo di pubblicazione da parte degli autori. Qual è il rapporto che lega la tua casa editrice agli inediti? Se guardi i primi libri, noterai che entrambi gli autori sono esordienti: il problema è che spesso “esordiente” sembra essere un sinonimo di scarso o, peggio, incapace! Noi abbiamo voluto puntare sugli autori e sulle loro opere, non su nomi altisonanti. Per fare questo, purtroppo, dobbiamo essere molto severi in fase di valutazione dei materiali che ci vengono inviati ma, come è successo con Christian e Uberto, se un manoscritto è valido non abbiamo il minimo timore di proporlo al pubblico. Quindi, per noi, esordiente è solo chi non ha mai pubblicato (o ha avuto piccole pubblicazioni), non “chi non sa scrivere”.

S

iamo particolarmente lieti del fatto che uno dei tuo autori (Uberto Ceretoli) provenga da Fantasy Story/Crepuscolo, la nostra dimora; è stato importante l’apporto del web nello sviluppo della casa editrice? Più che importante, lo definirei quasi essenziale! Internet è un mare magnum dove al giorno d’oggi si può trovare davvero di tutto; ovviamente non esiste online una “guida alla creazione di una casa editrice”, ma sono presenti notizie, informazioni ed esperienze personali che, se messe insieme, possono chiarire molto le idee. Per quanto riguarda invece la nostra materia pri-

Intervista: Asengard Edizioni

145


Intervista FANTASY a livello di contatti con le realtà distributive è un qualcosa sempre in fieri, almeno finché non riusciremo a ottenere una copertura a livello nazionale. Comunque sia, sul sito sarà predisposto anche un sistema di acquisto online, così che i libri siano disponibili anche per le regioni d’Italia attualmente non servite dai nostri distributori.

I

n effetti, la distribuzione è forse il problema più impegnativo che un editore è chiamato a risolvere… La tua esperienza?

ma, ossia gli scritti, sono proprio siti come Fantasy Story ad aver messo in luce la presenza di una “linfa vitale” per una casa editrice che non si tira indietro quando si tratta di pubblicare autori emergenti: grazie alla visibilità che, come voi, altri webmaster ci hanno voluto offrire, abbiamo iniziato a farci conoscere sia dagli autori sia dai potenziali lettori.

S

iete stati molto attivi nel pianificare e seguire la promozione dei due primi libri (onere che spesso le piccole case caricano invece sulle spalle degli autori), con quale tiratura uscirà la prima edizione? Sarà disponibile in tutta Italia? Per la prima edizione la tiratura è di circa un migliaio di copie a titolo. Per quanto riguarda la reperibilità, al momento abbiamo la copertura di tredici regioni, un risultato che considero apprezzabile; non siamo presenti in tutte le librerie d’Italia ma il lavoro

146

Senza dubbio si tratta di un’esperienza alquanto variegata, che negli ultimi tempi ha raggiunto fortunatamente una buona stabilità. All’inizio è difficile proporsi ai distributori, senza un catalogo e senza il minimo dato di vendita: per quanto si possa pensare che la propria idea e il proprio programma editoriale siano validi, c’è da scontrarsi con l’ovvia diffidenza di chi lavora nel settore e, sicuramente, ha visto naufragare ben più di un progetto. Collaborare con una casa editrice emergente è per i distributori un’incognita, e pochi sono disposti ad un azzardo del genere. Noi, dopo un periodo di stallo abbastanza lungo, abbiamo trovato delle persone che hanno voluto accordarci fiducia. Spero che un tale rapporto possa essere da una parte ampliato, così da garantire una maggiore copertura del territorio nazionale, e da una parte consolidato, riscuotendo consensi presso il grande popolo dei lettori. o di esprimere una mia personalissima opinione, ma trovo che l’aspetto grafico delle sovracopertine, sia per quanto concerne le illustrazioni che per la scelta e l’impaginazione dei font, risulti davvero ben curato; vuoi dirci qualcosa a riguardo?

S

Credo che tutto derivi da due cose: la prima è il mio amore (o feticismo?) per “l’oggetto libro”; con questa espressione intendo il libro nella sua fisicità, quello che fa bella mostra di sé nello scaffale di casa o sopra il comodino, una cosa distinta – sebbene non scollegata – dall’opera letteraria in sé. Non mi sono mai piaciuti i libri anonimi, quelli che non iniziano a raccontarti qualcosa già dalla copertina. Dovendo realizzare libri “miei”, è giocoforza che l’aspetto grafico

Intervista: Asengard Edizioni


FANTASY di ogni volume sia curato come vedi! La seconda è sicuramente la bravura e la professionalità del disegnatore. Devo dire che con Jason (il nostro attuale illustratore, che fra i tanti nomi per cui lavora annovera ad esempio Wizards of the Coast) si è creata subito un’ottima intesa: una volta inviate le specifiche e le richieste, con un paio di bozze e qualche ovvia correzione siamo giunti ai risultati che vedi. Quello che maggiormente mi soddisfa del suo lavoro, oltre ovviamente al risultato, è lo spirito con cui lo affronta: per farti un esempio, per la copertina di Legame Doppio è andato a spulciarsi archivi di immagini, a vedersi l’architettura dei palazzi italiani al tempo della Seconda guerra mondiale, e per Il Sigillo del Vento, invece, è stato lui stesso a proporre uno sfondo che richiamasse il vento, il cielo, l’aria, ossia l’elemento predominante del libro.

I

l Sigillo del Vento è un romanzo fantasy di stampo tradizionale, Legame Doppio è un’opera meno inquadrabile in un genere specifico, rientra nel fantastico, forse con connotati horror; vuoi presentarci le due storie – che a giorni usciranno nelle librerie – e descriverci quali, secondo te, saranno i pregi che i lettori apprezzeranno di più in esse? Per quanto riguarda Il Sigillo del Vento, è un fantasy che segue molti degli schemi tradizionali ma che presenta anche qualche piccolo tratto del fantasy “ruolistico”. È difficile ipotizzare cosa piacerà di più ai lettori, anche se non dubito che apprezzeranno lo sforzo di Uberto di dar vita a un mondo del tutto credibile, con dei personaggi che non sono degli automi “cammina/combatti” ma persone che quasi “vivono” nel romanzo e crescono pagina dopo pagina. Legame Doppio è invece una ghost story con dei tratti prettamente horror. In realtà non esiste una singola trama bensì due, distanti ma parallele, che s’intrecciano dalla prima all’ultima pagina, per portare il lettore ad una conclusione che le accomuna. La bravura di Christian è stata quella di dosare gli eventi fra le due narrazioni e di creare riferimenti più o meno marcati per legarle. È, a mio parere, un romanzo di una certa maturità, che mette in luce il lungo e preciso lavoro fatto dall’autore, ma anche qui attendiamo il parere di chi vorrà leggerlo!

V

orremmo sentire le opinioni degli autori, come definirebbero i loro lavori… Anzi, qualcosa di più… insidioso: possiamo chiedere a Uberto un’impressione su Legame Doppio, e a Christian una su Il Sigillo del Vento? Se devo essere sincero, sono curioso anch’io dei risultati di questo esperimento, e credo che prima o poi avrei posto la stessa domanda ai due autori. A questo punto, visto che me ne stai dando l’opportunità, ufficializziamo la cosa e diamo loro appuntamento prossimamente su queste pagine? Con molto piacere. Congeliamo allora la domanda reinviandola alla prossima intervista, e, restando in curiosa attesa per l’ormai imminente uscita in libreria dei due volumi, intanto ringraziamo Edoardo per la sua disponibilità. n Massimo De Faveri

Intervista: Asengard Edizioni

147


Cinema

Cinema

FANTASY

IL CAVALIERE INESISTENTE (P. Zac, 1969)

di Paolo Motta

O

gnuno rischia di restare schiavo del suo ruolo sociale, tanto da scomparire dietro di esso. Sembra essere questo l’insegnamento del romanzo di Italo Calvino, Il Cavaliere Inesistente, uscito nel 1959. Esso compone la trilogia I Nostri Antenati insieme ad altre due grandi opere, Il Barone Rampante e Il Visconte Dimezzato. Calvino (1923-1985) aveva esordito con il realismo de Il Sentiero dei Nidi di Ragno, ma, dopo la redazione dell’antologia Fiabe Italiane, aveva trovato nell’allegoria, nel fantastico e nell’umorismo il modo migliore per traghettare riflessioni sociali ed esistenziali. Ne Il Cavaliere Inesistente, l’autore rielabora i poemi cavallereschi del ciclo carolingio, cari alla tradizione popolare del nostro paese (si pensi ad esempio al teatro dei pupi siciliani), ma piegandoli completamente ad una narrazione comicosurrealistica. La trama ruota attorno ad “Agilulfo Emo Bertrandino dei Guildiverni e degli altri di Corbentraz e Sura, Cavaliere di Selimpia Citeriore e Fez”. Questo nobile dal lungo nome è, tra i paladini di Carlo Magno, il più sollecito e ligio al dovere, e non perde mai occasione per riprendere i commilitoni sulle infrazioni al regolamento. In realtà, Agilulfo V è solo un’armatura vuota, dotata però di coscienza, tanto da potersi muovere, parlare e persino vestire un titolo nobiliare. Non ha invece bisogno di mangiare, bere, dormire, divertirsi e probabilmente nemmeno di amare. A lui si affiancano dapprima il folle scudiero Gurdulù, un individuo che tende a immedesimarsi in tutto ciò che incontra (uomini, animali e perfino oggetti), e poi il giovane Rambaldo, unitosi alle truppe di Carlo Magno per vendicare la morte del padre. Rambaldo s’innamora della bella Bradamante, anch’ella paladina e a sua volta attratta da Agilulfo, nel quale vede incarnato l’ideale del cavaliere perfetto. A complicare le cose si aggiunge Turrismondo, un altro cavaliere che accusa Agilulfo di aver mentito riguardo all’impresa che gli ha valso l’investitura a cavaliere, ossia l’aver sal-

148

Cinema: Il Cavaliere Inesistente


FANTASY/ANIMAZIONE vato la verginità della principessa Sofronia, in realtà la sullo spostare un oggetto riprendendolo un fotogrammadre dello stesso Turrismondo. Quest’ultimo consi- ma alla volta, in modo da dare l’illusione della fluididera veramente nobili (di spirito e non solo di nome) tà del movimento. Mentre O’Brien e Harryhausen si unicamente i Cavalieri del Santo Graal, dai quali è servivano però di pupazzi che raffiguravano mostri e stato cresciuto. I paladini di Carlo Magno, infatti, no- animali mitici, Zac animò normali oggetti della vita nostante le belle imprese di cui si vantano, sono una di tutti i giorni, facendoli così interagire con gli altri banda di cialtroni, scansafatiche e lestofanti, eccezion character, animati o in carne ed ossa. Il risultato fu un fatta per il Cavaliere Inesistente e i suoi amici. piccolo gioiello di surrealismo, dove l’Alto Medioevo Tutti i personaggi si trovano così coinvolti in si confonde con altre epoche storiche e finanche con una “cerca”: Agilulfo, accompagnato dallo scudie- l’attualità: sulle tende dei paladini svettano antenne per ro Gurdulù, deve ritrovare Sofronia per dimostrare seguire le trasmissioni Rai, un cavaliere alemanno ha la legittimità dal suo titolo; Turrismondo vuole rag- la faccia di Hitler, i saraceni parlano con accento partegiungere i Cavalieri del Graal; Bradamante insegue nopeo e si appellano ad una fantomatica Convenzione Agilulfo, mentre ovviamente Rambaldo insegue lei. Internazionale di Losanna. Sarà quest’ultimo, dopo molti anni, a raggiungere la Sebbene i Cavalieri del Graal divengano qui i propria meta, il suo “Graal” Cavalieri del Valhalla, e i personale, ossia la sua l’amaviaggi dei vari paladini tra ll’estremo della tavota, scovandola alfine in un Scozia, Marocco e reami imlata s’andava a sedere maginari risultino più brevi monastero, dove si era ritirata per la disperazione d’aver Agilulfo, sempre nella sua ar- rispetto al romanzo, Pino Zac perso Agilulfo riesce a mantenere l’elemenmatura da combattimento Questa bizzarra vicenda, to di specularità tra i diversi senza macchia. che tuttavia segue la struttu“eroi” come sono presenra labirintica di poemi come tati da Calvino. Quella più Che cosa ci veniva a fare, L’Orlando Furioso delè fra il Cavaliere a tavola, lui che non aveva né spiccata l’Ariosto, venne riproposta Inesistente e Gurdulù: menmai avrebbe avuto appetito, con poche varianti in un luntre Agilulfo è una cosciengometraggio d’animazione, né uno stomaco da riempire, za senza corpo nella quale grazie ad un genio dimenticala ragione, il suo né una bocca cui avvicinare la predomina to, quale Pino Zac, al secolo scudiero è un corpo senza coforchetta, né un palato Giuseppe Zaccaria. Questo scienza che si lascia guidare regista, noto anche nelle vedal solo istinto. D’altro canto a innaffiare di vino di sti di vignettista satirico, tra pure Agilulfo e Bradamante Borgogna?” i fondatori della rivista Il appaiono speculari, essendo Male, aveva già collaborato ambedue cavalieri sui geneI talo C alvino , al film a episodi Capriccio ris. “Il primo non è un uomo e da Il cavaliere Inesistente il secondo è una donna” dice all’Italiana, con una parodia del cinema spionistico caratad un certo punto Rambaldo, terizzata da una tecnica mista che usava animazione eppure svolgono il loro ruolo meglio degli altri paladitradizionale, attori in carne ed ossa e persino fotografie ni, i quali, come accennato, risultano tanti bricconi che ritagliate. approfittano della guerra per arraffare il più possibile. Zaccaria utilizzò per Il Cavaliere Inesistente pochi In quanto all’antagonista Turrismondo, egli finisce attori (tra cui Stefano Oppedisano e Lana Ruzickova), comunque per risultare simpatico. Si rende conto di che interpretarono quasi tutti i personaggi principali, quanto l’esercito di Carlo Magno sia degradato, per per il resto si affidò ai cartoni animati e alla stop-mo- cui spera di trovare l’autentica cavalleria tra i seguaci tion. Tale tecnica, nota anche come “passo uno”, ave- del Valhalla; prova però grande astio nei confronti di va avuto in precedenza i suoi massimi esempi nelle Agilulfo, forse perché intuisce che la perfezione del pellicole realizzate da Ray Harryhausen (Il Viaggio Cavaliere Inesistente è in ultima analisi molto fredda. Fantastico di Sinbad, Un Milione di Anni Fa) e da Agilulfo infatti è costretto a esercitare senza pause Willis O’Brien (effetti visuali di King Kong), e si basa la sua “coscienza di essere”: se si abbandonasse ad un

“A

Cinema: Il Cavaliere Inesistente

149


FANTASY/ANIMAZIONE

qualunque sentimento, o si desse allo svago o anche soltanto al riposo, smetterebbe di esistere. Quando non è impegnato a far rispettare i regolamenti, il nostro eroe si dedica allo studio delle più svariate scienze, nel film di Zac lo vediamo addirittura risolvere problemi matematici e geometrici servendosi di semplici foglie d’albero. In questa sequenza, a mio parere molto significativa, l’elemento naturale – oserei dire l’elemento di spontaneità, una qualità che manca ad Agilulfo – si trova così imbrigliato nelle maglie della ragione. Una ragione smodata, invadente e in fin dei conti poco umana. Il Cavaliere Inesistente rimane quindi la metafora di un ideale irraggiungibile, che forse tale sarebbe preferibile restasse, ma il regista si dimostra particolarmente sottile e spinge più in profondità la sua riflessione… Bradamante divenuta monaca è la narratrice della vicenda. Il film comincia in bianco e nero con una scena di vita quotidiana nel convento… compaiono i colori e l’avventura ha inizio quando Bradamante prende in mano la penna per scrivere il suo resoconto. Da notare che nulla specifica che ci troviamo in un monastero dell’epoca carolingia, potrebbe benissimo trattarsi di un qualunque convento dei giorni nostri. Forse una contrapposizione tra il nostro presente reale e il passato immaginario dei paladini di Carlo Magno? Più che un semplice scontro tra realtà e fantasia, il tutto diviene un confronto tra l’ideale e la sua traduzione pratica. Se anche la realtà non potrà mai avere lo splendore dei sogni, non dobbiamo per questo rinunciare ad essi – sembra suggerirci Zac –, altrimenti la vita divente-

rebbe ben più piatta del razionalismo e del legalismo di un Agilulfo. Un film del genere difficilmente potrebbe essere realizzato oggi in Italia. Allora esisteva una scuola italiana di animazione che lavorava per il Carosello. Tra i suoi esponenti si deve segnalare perlomeno Bruno Bozzetto, che è stato un po’ il re dell’animazione nostrana avendo realizzato tre lungometraggi per il grande schermo, ossia West and Soda (1965), Vip, Mio Fratello Superuomo (1968) e Allegro Non Troppo (1976). Ma non vanno scordati nemmeno i fratelli Pagot che inaugurarono il filone insieme a Anton Gino Domeneghini e Lucio De Caro. Nel 1949 erano usciti in contemporanea I Fratelli Dinamite, ottenuto da Nino e Toni Pagot allungando un loro precedente cortometraggio, e La Rosa di Bagdad, ambiziosa produzione di Domeneghini diretta da De Caro. Si trattava di un cinema d’animazione molto diverso da quello statunitense. Specie nei suoi esordi, l’animazione italiana si era orientata verso uno stile onirico che oltreoceano aveva avuto espressione giusto in Fantasia di Walt Disney. Con Bruno Bozzetto, invece, l’attenzione si volse verso la sociologia. Oltre ai caroselli, Bozzetto aveva realizzato, e continua tuttora a realizzare, dei corti, rivolti non ai bambini ma al pubblico adulto dei festival internazionali; cercò allora di trasferire anche Pino Zac nei lungometraggi, almeno in parte, questa prospettiva “matura” e critica. I problemi dell’ecologia, del consumismo e della cultura di massa sono al centro di ogni suo film. Zac ha un approccio diverso, come abbiamo visto, più filosofico che sociologico. Comunque si tratta di un modo di fare cinema molto personale, raro da rintracciare in prodotti più recenti. Sebbene l’animazione italiana negli ultimi anni si sia rifatta viva grazie per esempio ai lavori di Enzo Dalò, non siamo ancora tornati ai livelli di Bozzetto o di Zac. Concludiamo esprimendo la speranza che l’animazione italiana, attualmente malconcia, si rimetta negli anni a venire e non si tramuti in un cinema “inesistente”. n Paolo Motta

“Sono un anarchico libertario neofeudale conservatore di estrema sinistra. Insomma, sono un anarchico”

150

Cinema: Il Cavaliere Inesistente


I Grandi Fumettisti FANTASCIENZA

“Anjce” Miriam Blasich

Miriam Blasich

151


Intervista

Intervista

FANTASY

intervista a:

DALMAZIO FRAU di Stefano Baccolini

D

almazio Frau è un illustratore professionista e uno storico dell’arte che non disdegna di occuparsi anche di scenografia. È abbastanza conosciuto nel panorama del fantastico italiano, benché, a suo dire, sia decisamente più apprezzato all’estero che non nella nostra penisola. Nel 2005 è stato purtroppo (sempre parole sue) tra i finalisti dell’importante “Premio Italia”. Di lui stesso dice: “Amo definirmi apolide. Sono nato in Sardegna qualche anno fa, ma dei sardi possiedo solo lo stesso spirito tenace e vendicativo, nonché un orgoglio luciferino che mi fa porre il mio onore sopra ogni cosa. Ho studiato Arte a Firenze e poi a Milano dove ho conosciuto Karel Thole, l’unica persona al mondo che mi sento di chiamare Maestro. Mi piace il Cinema, dipingere, la birra scura irlandese e le armi. Ascolto la musica psichedelica degli anni Sessanta e Settanta come Led Zeppellin, Doors o Hawkwind. Sono un Illustratore e Grafico professionista. Abito a Chiavari ma lavoro un po’ ovunque. Ho ideato numerose copertine per l’Editoria: Mondadori, Wildside Press, Audio Realms, Il Cerchio ecc.”

Intervista.

C

iao Dalmazio, grazie di avere accettato il nostro invito, puoi dirci come ti sei accostato al fantastico? Educazione familiare e paterna credo. Sono stato allevato da mio padre che mi leggeva o raccontava l’Odissea, l’Eneide, l’Iliade e L’Orlando Furioso.

P

arliamo un po’ del tenebroso Principe Elric e della sua “Ladra d’Anime”. Un amore che per inciso il sottoscritto condivide. È anche un tema ricorrente dei tuoi lavori, a quanto ho avuto modo di vedere. È questa tua passione ad avere dato, permettimi il termine, un taglio horrorifico alla tua produzione? Elric ha anche, tra i suoi molteplici aspetti,

152

Intervista: Dalmazio Frau

“Ged”, dai romanzi di U. K. Le Guin


FANTASY un taglio “gotico” o anche uno “horror”. Come lo definiresti Arioch quando si manifesta in forma di “cosa da un altro mondo”?

I

l lavoro dell’illustratore come si svolge? Sei libero di seguire la tua vena artistica o gli editori si impongono in qualche modo? Erano le domande che volevo farti prima di leggere dal tuo blog “Il Culo dell’Arte e l’Arte del Culo”. L’avrei definito un bel racconto in un altro contesto, ma temo non sia così, vero? In Italia il lavoro si svolge male se non peggio, per molte cause: leggi soprattutto ignoranza, incompetenza, incapacità e presunzione. Che un Editore si “imponga” è giusto, il punto sta nel limite che è sempre segnato dalla competenza dell’Editore o dell’Art Director quando c’è. È un discorso lungo e complesso.

A

tuo parere nel nostro paese è più difficile pubblicare come “illustratori” o romanzieri? C’è una differenza sostanziale. Il romanziere crea il suo romanzo e lo sottopone a un editore il quale a sua volta “affitta” un illustratore, che quindi di fatto altro non è che un “mercenario” assoldato dall’editore. Lo scrittore “propone”, l’illustratore viene chiamato.

H

ai avuto la fortuna di lavorare sia in Italia che all’estero. Com’è il mondo editoriale anglosassone? E qual è la differenza rispetto a quello italiano? Mi trovo molto meglio con il mondo anglosassone, e non soltanto perché pagano costantemente, ma perché c’è maggior rispetto e competenza.

Q

uando lavori a una delle tue creazioni, conosci sempre la trama del romanzo che devi illustrare? Non sempre purtroppo (a volte è anche un bene). Mi viene fornito un estratto o alcuni brani scelti, a volte un riassunto, raramente l’intero romanzo.

S

empre nel tuo Blog leggo “L’artista oggi troppo spesso lavora per poter continuare a guadagnare. Invece dovrebbe guadagnare, per poter continuare a creare. Non sono certo né il denaro né la vanagloria a poter giustificare l’espressione artistica. L’atteggiamento naturale dell’artefice dovrebbe essere quello di guadagnare per continuare a essere sé stesso, sempre e non il lavoro finalizzato al denaro”. Una bella frase, che condivido in pieno, ma è attuabile? Assolutamente sì, certo bisogna “averci le palle”. Io lo faccio, essendo dotato di palle.

“Morgaine”, dai romanzi di C. J. Cherryh

Q

uindi non ti è mai capitato di lavorare a un progetto che non condividevi? A un romanzo che tu giudicavi negativamente? Mi è capitato di fare la copertina, o anche tavole interne, per romanzi o racconti che sinceramente non mi sarei sognato neanche lontanamente di leggere. L’illustratore professionista è un mercenario, come ho già detto, un pennello in vendita.

C

aro Dalmazio, allora, dove si ferma il mercenario e dove inizia l’uomo? Cosa non sei intenzionato a fare a nessuna condizione per un editore? Il limite è il “rispetto” per le mie “posizioni culturali” o chiamiamoli “principi”, non sono intenzionato ad andare contro me stesso e ovviamente i miei “principi”. Si può essere “mercenari” senza essere puttane. Io sono un mercenario ma non una puttana.

U

na copertina è un valore aggiunto o un mezzo per attirare il lettore? Dovrebbe essere entrambe le cose. Una componente essenziale del libro che serve a renderlo più appetibile sul mercato. In Italia non è più così da anni.

E

gli editori con cui hai lavorato concordano con te? Mai avuto discordanze con editori stranieri, sono gli italiani che creano inutili problemi.

Intervista: Dalmazio Frau

153


FANTASY

C

’è un romanzo a cui hai lavorato e a cui sei particolarmente legato, escludendo tutto ciò che concerne Elric? Il ciclo di Dumarest di E.C. Tubb. È uno dei rari esempi di Sf da “spazio profondo” che apprezzo.

G

irando per la rete sono rimasto incuriosito dal titolo di un tuo contributo per Metapolitica: “Non è tutta arte quella che si dipinge”. A cosa ti riferisci? Mi riferisco semplicemente al fatto che oggigiorno esistono molte porcate che vengono gabellate per “arte” e sono soltanto spazzatura.

L

’Heroic fantasy che sembri prediligere ha una connessione con il tuo amore per le armi, che immagino siano armi bianche? Non soltanto. Amo anche quelle leggere da fuoco, Molti anni fa ho svolto un periodo come “armiere” in un poligono di tiro.

P

erché hai scelto un angelo armato di spada come emblema caratterizzante del tuo sito? Per di più un angelo caduto? Trovo affascinante la figura dell’Angelo da sempre, inoltre è un’immagine archetipica di tutta l’iconografia fantastica occidentale, Il “mio” poi è MikaEl che non è un Angelo Caduto ma il Principe delle Milizie Celesti, l’abbatitore di Satana.

“Elric of Melniboné”, dai romanzi di M. Moorcock

F

orse sono io a essere poco informato, ma sei il primo illustratore che incontro in rete e il primo a cui vedo frequentare un forum. Sfizio personale o un modo per constatare il feedback dei lettori? Perché sono fatto così. È nella mia natura. Mi piace conoscere altre persone differenti da me, confrontarmici, discutere anche. Non amo quelli che “fanno gli artisti” o anche altro, rinchiusi nella loro sferetta dorata di cristallo tempestato di presunzione, intenti alla contemplazione estatica del proprio ego. È quasi come se andassi al pub con degli amici… Naturalmente gli amici uno se li sceglie.

A

cosa stai lavorando in questo momento? E c’è un particolare romanzo che ti piacerebbe illustrare e a cui non hai mai lavorato? Alla prima domanda non ti risponderò neanche sotto tortura, alla seconda invece: molti certo, ci mancherebbe.

R

ingraziamo ancora Dalmazio Frau per la sua disponibilità e cortesia. Ringrazio io voi per la pazienza. n

“Dilvish the Damned“, dai romanzi di R. Zelazny

154

Stefano Baccolini

Il sito di Dalmazio: http://web.tiscali.it/dalmatiusfantasyart/

Intervista: Dalmazio Frau


I Grandi Illustratori FANTASY

“Greenland”, Lorenzo Sperlonga link dell’autore: Lorenzo Sperlonga Official Site

Lorenzo Sperlonga

155


Intervista

Intervista

FANTASY

LA Stirpe di Elän intervista a Federico Memola

di Emanuele “Krisaore” Palmarini

L

a Stirpe di Elän è la seconda miniserie a comparire sulle pagine di Zona X (un quadrimestrale – divenuto mensile dopo il suo crescente successo – edito dalla Sergio Bonelli Editore, uscito per la prima volta nel maggio del 1992 e legato inizialmente alla serie regolare Martin Mystère) dopo la sua ristrutturazione avvenuta nel numero 10, ma è la prima a proporre personaggi e ambientazione completamente nuovi1. La storia comincia a San Francisco il 4 aprile del 1998. La Hammond Technologies, fondata da Jessica Hammond circa cinque anni prima, è l’azienda leader nel campo dell’elettronica e dell’informatica: produce tutto ciò che, per funzionare, necessiti di una qualche componente elettronica, dal computer all’aspirapolvere. I suoi articoli sono di altissima affidabilità: da quando è nata, la Hamtech (abbreviazione per HAMmond TECHnologies) non ha mai dovuto sostituire alla clientela prodotti difettosi in garanzia. È pertanto un’azienda che non teme concorrenza; i suoi congegni sono inoltre progettati in modo tale da rovinare l’elettronica interna se smontati, impedendo così ogni riproduzione o congettura sul funzionamento. La Hamtech, con sede a San Francisco, sta per aprire un’altra filiale all’estero nel piccolo paese di Begorrath, in Irlanda, dove vivono Brent Malone ed Elphin Magee, due operai che lavorano al cantiere di questo nuovo complesso. La loro vita procede nella più totale normalità, finché un giorno, spinta dalla misteriosa scomparsa dello zio e da alcune voci che circolano riguardanti il cantiere, Elphin decide nottetempo d’indagare. Scovata a girare all’interno dello stabile, viene aiutata in extremis dal compagno Brent, finendo ambedue però col varcare inconsapevolmente un portale 1. La precedente miniserie, infatti, racconta del gruppo di intervento Lamda, più comunemente chiamato Magic Patrol, la squadra “risolvi problemi” della famosa base di Altrove, già apparsa anche negli speciali di Martin Mystère.

156

Intervista: La Stirpe di Elän


FANTASY magico, che li catapulta in un mondo alieno di Elän; precisamente a Tir-Nan-Og, capitale di provincia di un regno chiamato Impero Tarkassiano. Qui scoprono il segreto del successo della Hamtech: grazie a un accordo col cancelliere Dagon Tarkas, figlio dell’Imperatore, Jessica Hammond, offrendo in cambio rifornimenti di tecnologie provenienti dalla Terra, si è assicurata l’aiuto dei maghi imperiali per “manipolare” i prodotti della sua azienda. Elän è infatti un mondo dove la magia fa da padrona, sopperendo egregiamente agli scarsi progressi nel campo della scienza e della tecnologia. La sorte dei terrestri è segnata: non possono far ritorno a casa perché solamente i maghi imperiali conoscono il rito di apertura dei portali, ma neppure possono restare su Elän e girarvi liberamente, perché depositari di un segreto pericoloso. Le tecnologie di cui Jessica rifornisce l’Impero Tarkassiano servono infatti per un progetto di conquista totale. A complicare la vicenda è la figura di Anith, la consigliera personale di Dagon, una creatura malvagia, relegata nei sotterranei del palazzo di Rikengard, la capitale dell’Impero Tarkassiano. In realtà altri non è che la regina dei Demoni, una stirpe delle tenebre evocata da un mago sprovveduto molti secoli prima. Questa razza era stata sconfitta in passato da un altro potente mago, e il portale da cui era scaturita era stato sigillato tramite un incantesimo che aveva scisso il mondo in due realtà parallele: la Terra ed Elän. Per capirne appieno la trama complessa, questa troppo lunga miniserie andrebbe letta tutta d’un fiato, cosa possibile oggi ma non al tempo della sua uscita. I ritardi tra una puntata e l’altra, dovuti alle tempistiche di stampa (oltre al fatto che La Stirpe di Elän non era presente in ogni uscita), sono stati tali da allentare inevitabilmente la suspense. A ciò va poi sommato il fatto che alcune parti sembrano aggiunte “tanto per aumentare le pagine”, possiamo dunque immaginare quanto sia stato complicato seguire e godersi tutti e 16 gli episodi (1.498 pagine), nell’arco dei 3 anni di pubblicazione, da luglio 1995 a settembre 1998. La narrazione si snoda attraverso flashback e continui avanti e indietro nel tempo, nel tentativo di dare spessore – risultato mai veramente raggiunto se non, forse, nel caso dell’incantatrice Jakara – ai tanti, troppi, personaggi che si sono avvicendati uno dopo l’altro in un coacervo di

Intervista: La Stirpe di Elän

157


Intervista FANTASY Mystère, avessero avuto spesso a che fare con tematiche fantastiche, non aveva mai pubblicato un fumetto di stampo prettamente fantasy. Considerando l’assenza di precedenti punti di riferimento, La Stirpe di Elän ha svolto bene il suo compito e, con qualche aggiustatina, nel senno di poi, sarebbe potuto diventare un classico, non solo italiano. Da poco meno di un anno, l’autore Federico Memola è riuscito a riprendere le storie di Elän nella rivista Altrimondi, per il momento con cadenza annuale, scegliendo stavolta come protagonista assoluta Jakara. Per capire meglio come è andata la vicenda e come evolverà in futuro, poniamo alcune domande direttamente al creatore…

F

ederico, puoi accennarci una tua breve presentazione personale? Sono nato a Milano nel 1967 e ho iniziato a lavorare in questo campo nel 1990, quando sono diventato redattore di Fumo di China, su cui (l’anno seguente) ho esordito come sceneggiatore, con una breve storia di fantascienza disegnata da Teresa Marzia (creatrice grafica e copertinista di Jonathan Steele). Nel 1993 sono entrato in Bonelli come redattore, e

storie difficili da far collimare tra loro. Il lettore comincia leggendo di Elphin e Brent, domandandosi se riusciranno mai a tornare sulla Terra… senza immaginare che l’introduzione continua di nuove figure farà scemare l’importanza dei due fin quasi ad annullarla. Oltre a loro, altri personaggi impossibilitati a trovare un loro spazio a causa del sovraffollamento avrebbero meritato maggior considerazione, come Belenos il maestro di Jakara, o come il mercante Kirin che aiuta Elphin e Brent nella loro fuga. Queste considerazioni non devono però far credere al lettore che l’opera in sé non sia valida. Tutt’altro! La storia è originale e i disegni sono eccellenti, considerando l’alternarsi di una decina di disegnatori differenti. Nulla è mai lasciato al caso, ogni minimo particolare è funzionale alla comprensione del finale apocalittico (dal titolo, appunto, “Armageddon”). Occorre ricordare che il progetto rappresentò una sorta di apripista in Bonelli, che prima di allora, nonostante tutti i suoi personaggi, da Dylan Dog a Martin

158

Intervista: La Stirpe di Elän


FANTASY dal 1995 sono stato curatore e principale sceneggiatore della collana Zona X, su cui sono state pubblicate La Stirpe di Elän e Legione Stellare. Nel 1999 è uscito il n. 1 di Jonathan Steele, la serie da me ideata e tuttora curata, anche se oggi per la Star Comics. Nel frattempo ho scritto qualche storia autoconclusiva, qualche episodio di Nathan Never, Legs Weaver e Martin Mystère.

L

a Stirpe di Elän è stata una delle prime miniserie a comparire su Zona X, ma mentre Magic Patrol presentava dei personaggi già conosciuti grazie agli speciali di Martin Mystère con Altrove, SDE (Stirpe di Elän) nasceva nuova. Da cosa scaturisce questa idea? Se devo essere sincero, non ricordo esattamente da dove scaturì (in fondo sono passati più di 12 anni!). Secondo il programma dell’epoca, io, oltre a curare Zona X, avrei dovuto scrivere solamente il primo episodio di Magic Patrol (giusto perché avevo avuto un’idea per il signor Rogers che era piaciuta a Castelli, e le altre storie, nel frattempo, procedevano a rilento per vari motivi) e una mia serie molto più sporadica, Legione Stellare. Quando nel programma si creò un buco e per riempirlo mi vennero “prestati” i fratelli Esposito – che, oltre a essere bravi erano anche veloci – l’unico sceneggiatore libero su cui contare al momento ero io stesso, così mi misi all’opera e mi venne in mente quest’idea, un po’ fantasy generalista, un po’ Flash Gordon, che però proponeva un tema nuovo, quello del commercio (illegale) di magia in cambio di tecnologia terrestre. Procedendo (a passo di carica) con la sceneggiatura, la storia mi venne fuori come l’esordio di qualcosa di più complesso. Fortunatamente piacque molto al direttore, Decio Canzio, che approvò l’idea di darle un seguito e di trasformarla quindi in una delle serie di Zona X. Anche se al momento non immaginavo che ne sarebbe divenuta una delle due colonne portanti (l’altra era Magic Patrol).

S

DE è stata la prima opera completamente fantasy della Bonelli; come mai fu deciso di “scoprire” questo nuovo filone? Fu un esperimento oppure si voleva aprire la strada al futuro Jonathan Steele?

La Stirpe di Elän è nata da una mia idea, senza alcuna strategia dietro (per quanto ci fosse un’intenzione – mia e degli autori di Zona X – di puntare sul genere fantasy, proprio perché mancava in Bonelli). Tieni presente che su Zona X esisteva una sorta di felice anarchia creativa: io coordinavo le storie e i disegnatori, ma non c’erano direttive precise sulle tematiche (a parte che dovevano essere di carattere fantastico o fantascientifico), ognuno gestiva la propria serie come meglio credeva. Di certo Jonathan Steele non era ancora in programma all’epoca: è un personaggio che ho inventato addirittura nel 1991 e lo avevo già proposto

Intervista: La Stirpe di Elän

159


Intervista FANTASY in Bonelli, sotto forma di miniserie, qualche tempo prima, ma fu rifiutato perché (all’epoca) le miniserie non rientravano nella filosofia della casa editrice e io, data la mia inesperienza, non me la sentii di azzardare addirittura una serie regolare.

Z

ona X chiuse per scarse vendite; fortunatamente ci fu il tempo per concludere tutte le miniserie presenti (La Stirpe di Elän, Magic Patrol, Legione Stellare e Robinson Hart), anche se l’imminente chiusura della testata determinò dei finali rapidi, lasciando magari fuori dei filoni che non hanno mai visto la luce… La chiusura della testata ha influito sul finale, ma non l’ha anticipato, tant’è che avevo già iniziato a scriverlo, prima della ferale decisione, e almeno una trentina di pagine sono state tagliate perché preparavano sviluppi successivi che non ci sarebbero stati. O meglio, introducevano la serie di Jonathan Steele che, nei miei piani, avrebbe dovuto essere pubblicata su Zona X come seguito de La Stirpe di Elän.

T

ornando al finale: alquanto tragico. La morte della maggior parte dei personaggi principali tocca veramente il cuore, soprattutto il sacrificio di Ran e Selene per risvegliare Friel e sconfiggere così Anith. In qualità di autore, come ti senti a crescere nel tempo un personaggio, sia narrativamente che psicologicamente, a dargli uno spessore per poi vederlo morire? Il finale di Elän è figlio della frustrazione che provavo in quel momento. Lo so, avrei dovuto essere contento per l’approvazione di Jonathan (e lo ero, sia chiaro), ma per me la chiusura di Zona X rappresentava una sconfitta personale e la fine di un momento lavorativo felice che – sapevo già – non si sarebbe più riproposto. E questo si è riflesso sulla storia finale che stavo scrivendo. A freddo, riconosco che non dovrebbe mai accadere, ma d’altro canto occorre constatare che il finale apocalittico (del tutto inimmaginabile in un albo Bonelli, anche oggi) è stato uno degli elementi che ha colpito moltissimo i lettori, rendendo la serie memorabile. Nel bene e nel male.

160

Intervista: La Stirpe di Elän


FANTASY Nulla di strano, in realtà. Arrivò un momento in cui stavo lavorando troppo e avevo bisogno di una mano su quella storia, così mi sono rivolto a Francesco, solitamente impegnato sui “classici” (le storie autoconclusive). Passata l’emergenza, tutto è tornato alla normalità. Di quella storia io ho scritto le prime trentanove pagine e la scena casalinga con la poliziotta divorziata, il resto è opera di Francesco.

C

i puoi raccontare qualche aneddoto riguardante il periodo nella Zona X? E qualcuno ora alla Star Comics? Oddio, che cosa potrei dire? C’è stata quella volta in cui Alessandrini ha disegnato 120 tavole in due mesi

S

o che tutti gli autori dicono di amare ogni loro personaggio allo stesso modo, ma io sono solito non crederci, quindi… se tu dovessi sceglierne solamente uno, quale sarebbe e perchè? Chiedere una cosa simile a un autore è come chiedere a un genitore quale sia il suo figlio prediletto. Non si può. Eppure... Eppure confesso che il mio personaggio preferito in assoluto, quello che sta un gradino al di sopra degli altri, è inevitabilmente Myriam (una delle due coprotagoniste di Jonathan Steele). La maggior parte delle idee che mi vengono coinvolgono lei e mi rendo perfettamente conto che questa mia preferenza traspare dalle storie. Ma non ci posso fare nulla. La sua vitalità, la sua carica di erotismo e simpatia la rendono il personaggio per cui scrivo più volentieri.

I

disegnatori che si sono succeduti in SDE sono stati molti, alcuni eccellenti come i fratelli Esposito o Rossano Rossi, altri un po’ meno, ma tu hai sceneggiato la serie completamente da solo. Cosa successe in quell’unico 11° episodio dove compare al tuo fianco Francesco Donato?

Intervista: La Stirpe di Elän

161


Intervista FANTASY e mezzo (record assoluto tuttora imbattuto, per quanto ne so) per un’emergenza (e si è anche fatto una settimana di ferie nel mezzo, perché eravamo d’estate!). Oppure di quell’altra volta in cui un disegnatore aveva consegnato due terzi di una storia, tranne un paio di tavole iniziali… Dopo un po’ io lo chiamo e gli chiedo come mai stia tenendo indietro quelle due tavole. E lui, candidamente, mi risponde: “perché è una scena notturna in cui piove, e allora sto aspettando una notte di pioggia per vedere com’è!”. Per la cronaca, era lo stesso disegnatore che si ricostruiva le scene di dialogo con dei tasselli di legno per avere sempre presente dove fossero i personaggi nelle varie inquadrature. Oppure, aneddoto per me emblematico (ognuno lo interpreti come preferisce): nel 1994 fui chiamato nell’ufficio di Decio Canzio, il quale mi fece questo discorso: “Memola, volevo comunicarti che, in accordo con Castelli, abbiamo deciso che d’ora in avanti sarai tu ad occuparti di Zona X. Perciò ora siediti perché l’ultimo numero uscito faceva davvero schifo e quindi, in veste di curatore, ne devi rispondere tu!”. In effetti fu una grande lezione sul concetto di responsabilità, per me! Oggi, lavorando in casa, di aneddoti ne ho molti di meno, a disposizione!

A

ltrimondi 2006, attualmente edito dalla Star Comics riporta in vita SDE oltre a Legione Stellare, con uno dei personaggi a mio avviso meglio riusciti della

162

Intervista: La Stirpe di Elän


FANTASY serie: l’incantatrice Jakara. Vedremo mai anche gli altri sopravvissuti? Sono previste solo storie a sé stanti, oppure si vedrà una saga completa come la precedente? E, se così sarà, l’uscita annuale della rivista non comporterà qualche problema, magari obbligandovi a staccare SDE dedicandole finalmente uno spazio tutto suo (diciamo che questa è una mia speranza)? In realtà, questi sono argomenti su cui sto riflettendo e di cui sto discutendo con la Star Comics. Difficilmente quest’anno ci sarà un nuovo Altrimondi, mentre invece vedrà la luce (non so ancora quando, di preciso, ma non prima dell’estate) un albo speciale di Legione Stellare. Per quanto riguarda Jakara e La Stirpe di Elän, sono tuttora in lavorazione nuove storie e stiamo proprio discutendo su dove e come proporle. La formula scelta influenzerà chiaramente la struttura della serie. Un’eccessiva dilatazione delle uscite precluderebbe una forma stretta di continuity, anche se già nelle storie in lavorazione alcuni personaggi della vecchia serie fanno una fugace apparizione o vengono citati.

C

’è una domanda particolare che vorresti ti facessi? La domanda è: a chi pensi quando scrivi una storia? La risposta di un buon professionista dovrebbe essere “al pubblico”. In realtà non è così. Non del tutto, almeno. Chi fa questo lavoro lo fa prima di tutto per se stesso, per una sorta di bisogno interiore di esprimersi in qualche modo (necessità che tutti sentiamo e poi estrinsechiamo in maniera diversa, a seconda delle inclinazioni, delle strade che prende la vita…). Lavorando su un prodotto seriale da edicola, devo tenere per forza conto di alcuni “canoni” entro cui rimanere (anche se io tendo purtroppo a svicolare sempre dalle regole, anche quelle che mi impongo io stesso!): ho un numero preciso di pagine a disposizione, ho un’ambientazione e delle caratterizzazioni da rispettare e devo scrivere storie che siano leggibili per il maggior numero possibile di persone, quindi anche per la massa di lettori che non è appassionata di fumetti, ma li legge solo per passatempo. Poi è chiaro che nessuno possiede la formula del fumetto “che piace”, altrimenti saremmo tutti ricchi, e quindi la maggior parte delle scelte va compiuta sulla base del proprio “intuito” e del proprio giudizio. Quindi l’idea è che uno scriva per se stesso, rivolgendosi a un pubblico in sintonia con la sua sensibilità. E sperando che questo pubblico sia numeroso!

U

n’ultima domanda un po’ personale: qual è il tuo fumetto preferito e perché? Ti tolgo da possibili imbarazzi nella scelta, dicendoti che non valgono quei fumetti a cui hai collaborato. Cavolo, questa è più difficile di quella sul personaggio preferito! Quindi non ti dirò qual è il mio fumetto preferito, ma piuttosto quale fumetto mi ha influenzato più di ogni altro, ed è certamente Il Principe Valiant di Hal Foster. Ringraziando Federico Memola per la sua collaborazione, volevo terminare con un breve commento personale. Federico è una persona che rimane molto coinvolta da ciò che fa, e lo si può notare dalle ottime pubblicazioni a cui ha lavorato. Nell’intervista parla di Myriam, la principessa delle fate della serie Jonathan Steele. Chi segue quella serie, si sarà accorto che spesso Myriam diviene protagonista, conferendo alle storie un tale spessore da renderne quasi palpabili le realtà. La stessa passione la si ritrova ne La Stirpe di Elän. n Emanuele Palmarini

Intervista: La Stirpe di Elän

163


Intervista

Intervista

FANTASY

ARKEN DI GONDORF Intervista a Stefano Manocchio

di Emanuele “Krisaore” Palmarini

I

n uno speciale dedicato al “Bel Paese” non potevo non intervistare Stefano Manocchio, disegnatore e sceneggiatore di Arken di Gondorf, fumetto fantasy uscito sulle pagine di Enchanted Lands già dal suo esordio. Ho conosciuto Stefano quasi per caso, mi fu infatti raccomandato come uno dei migliori tatuatori della provincia di Viterbo. Deciso quindi a farmi un tatuaggio, lo chiamai e presi un appuntamento per spiegargli cosa avevo in mente. Mi ricevette nel suo studio e, mentre attendevo che finisse con un altro cliente, l’occhio mi cadde su un numero di Enchanted Lands sul tavolo della sala d’attesa. Lo sfogliai quasi svogliatamente, soffermandomi però sulla puntata di Arken di Gondorf. Mi piacque subito lo stile di alcune pin-up del personaggio e, quando andai a leggere il nome del disegnatore, scoprii con stupore che si trattava di Stefano. Durante le ore necessarie al mio tatuaggio facemmo amicizia e discutemmo degli argomenti più disparati, tra cui il fantasy. Gli chiesi di Arken e di Enchanted Lands e lui mi raccontò la storia della rivista e della sua collaborazione. Ci vollero tre sedute per terminare il drago che avevo scelto, un tatuaggio fatto completamente a stile libero, senza disegno preparatorio su carta, ma il tempo volò tra i miei ed i suoi aneddoti nel mondo del fantasy. È un vero piacere discorrere di fumetti quando si ha l’occasione di incontrare qualcuno che oltre a leggerli li disegna. Quando lo chiamai per chiedergli se fosse disposto a farsi intervistare per Terre di Confine ne fu subito entusiasta e mi diede un appuntamento serale nel suo studio, il giorno stesso, per parlarne con calma… Prima di iniziare con l’intervista è giusto introdurre brevemente il fumetto Arken di Gondorf... Liberato dal piccolo elfo Rol e dal suo amico Darnil, Arken si risveglia dopo circa 60 anni di prigionia, con l’obiettivo di vendicarsi del misterioso mago Ghaal

164

Intervista: Arken di Gondorf


FANTASY che lo aveva rinchiuso dentro una stalattite nella città sotterranea di Kalonian. Durante il viaggio alla ricerca del mago, in un mondo ormai cambiato, assieme ai suoi liberatori e alla fedele Rhona si prefiggerà di sconfiggere il possente Urhan, Signore del Nulla, che per fini di conquista ha risvegliato i Sette Ministri, le creature più malefiche e potenti di Gondorf,. Come è nata la tua collaborazione con “Enchanted Lands”? Enchanted Lands era una neonata casa editrice che cercava un disegnatore. L’idea era di pubblicare un fumetto fantasy all’interno della rivista. Conobbi Antonini [co-autore di Arken, nda] tramite una mia conoscenza personale e la mia attività di tatuatore. Già lavoravo nel campo della grafica pubblicitaria, però i fumetti, ci tengo a dirlo, erano una passione di cui mi sono nutrito nel tempo. Parlami un poco di Arken di Gondorf. Arken è un personaggio standardizzato. Un bestione, nemmeno troppo furbo, mosso quasi solamente dal puro istinto. Io avrei voluto gettarlo in un’altra realtà. Dopo 60 anni passati imprigionato in quella stalattite si ritrova un mondo differente, un amante tradito, visto che la sua donna era passata – apparentemente per lui almeno – dall’altro lato della barricata; si deve così rimettere in gioco, un po’ come mi sentivo io al tempo. Nei fumetti puoi far subire ai personaggi ogni genere di crudeltà senza timore di scandalizzare il pubblico, e io ad Arken avrei voluto farne di tutti i colori, trasformandolo però in un personaggio simpatico e non il tipico guerriero tutto muscoli.

do di far prendere alle storie delle pieghe impensabili rispetto al fantasy tradizionale e purista.

Cosa era per te Arken? Arken rappresentava la possibilità di esprimere quello che avevo in testa, soprattutto da quando ho iniziato ad occuparmi da solo del fumetto. All’inizio mi sono ritrovato a disegnare Arken su una sceneggiatura standard, dai dialoghi insulsi e infantili. Quando poi presi in mano le redini della storia, ero consapevole che sarebbe stato inutile cercare di eguagliare le grandi saghe alla Tolkien o alla Brooks, quindi decisi di impostare il mio fantasy su uno stile marvelliano, cercan-

Perché hai smesso? In questo campo la gavetta è molto lunga e dolorosa, ed avendo io già un’attività a tempo pieno, quella di tatuatore, ho dovuto scegliere, e ho scelto per qualcosa che fosse più sicuro.

Quanto c’era di te in Arken? Forse sarebbe meglio dire “Quanto di Arken c’era in me”. C’era molto, oltre a simboleggiare quello che avrei sempre voluto essere. Ma Arken non era il solo, infatti la maggior parte dei personaggi sono interpretazioni in chiave fantasy di persone che conosco. Ho cercato nei volti vicini e nelle loro caratterizzazioni l’ispirazione per creare il mondo di Arken. Ad esempio, i tre cacciatori di draghi rappresentano noi creatori di Arken: Andrea Fantini, Fabio Antonini e naturalmente il sottoscritto, Stefano Manocchio.

Adesso la rivista non esiste più, ma torneresti attivamente nel mondo dei fumetti? Dipende dalla proposta che mi venisse fatta. Diciamo che dovrei prendere in considerazione un in-

Intervista: Arken di Gondorf

165


Intervista FANTASY

sieme di fattori: il guadagno, la possibilità di crescita professionale, la libertà nella scelta del personaggio, della sua caratterizzazione e naturalmente la sua storia. Il mestiere di disegnatore di fumetti è un qualcosa di duro ed esclusivo, che non lascia spazio ad altro. Normalmente, per portare a termine un numero, bisogna rimanere sul tavolo da disegno anche 10 o 12 ore al giorno.

ria di Arken su un legame di sangue tra lui e la sua fedele compagna, Rhona. Poi abbandonammo questa scelta. Allo stesso modo si decise per i primi tempi di non sviluppare la storia legata al tatuaggio. Mantenemmo solamente quella riguardante la stalattite. Da lì proveniva il potere di Arken che si manifestava con una forte emanazione di ghiaccio, a tal punto che quando accadeva la sua spada restava letteralmente bloccata alla sua mano, ghiacciata appunto. Il bello di un personaggio completamente nuovo ed inventato è che offre un terreno fertile e senza limiti su cui lavorare. Nulla ci avrebbe vietato di riprendere questi filoni narrativi in seguito, tanto per capirci. Per quanto riguarda invece Ghaal… Be’, devo svelarti un segreto: in realtà Ghaal altri non è che la donna che Arken ama, Ghayla. Il gioco di parole è molto semplicistico, devo ammetterlo, ma la storia di fondo è molto importante. Arken ne uscirà facendo la figura dell’idiota, alla ricerca di una vendetta verso qualcuno che non esiste e che, in altre spoglie, lo ha rinchiuso nella stalattite solo per proteggerlo, agendo per amore. Ghayla era infatti convinta che lui non sarebbe sopravvissuto ad uno scontro con il fratello e quindi… meglio saperlo imprigionato ma al sicuro che morto. Avevo perfino preparato il numero in cui questo accadeva, ma non è mai uscito in edicola. Ne esiste un’unica copia a matita, con i dialoghi ancora da definire al meglio, e la tengo ben custodita a casa mia.

Qual è il tuo personaggio preferito in Arken, e per quale motivo? Non esiste un personaggio che preferisco, in tutti ho impresso caratteristiche che mi piacevano. Ma, se devo essere sincero, ho sognato qualcosa di speciale per i tre cacciatori di draghi. Magari una loro serie personale o perfino un cartone animato a loro dedicato. Conosci il finale di Arken? Troverà mai il mago Ghaal? Sì, naturalmente conosco il finale di Arken di Gondorf, anche se devo ammettere che l’idea originale è un poco triste. Arken sarebbe tornato nella stalattite per riuscire a sconfiggere il fratello, Il Signore del Nulla, e sarebbe sembrato che si fosse sacrificato invano, lasciando però una specie di porticina aperta per un eventuale seguito. Ma, ora che te l’ho svelato, se mai dovessi riprendere in mano il progetto – in quanto non c’è mai stato un vero addio ufficiale della rivista – lo dovrò cambiare. Considera che all’inizio avevamo impostato la sto-

166

Intervista: Arken di Gondorf


FANTASY

I tuoi fumetti preferiti? Senza ombra di dubbio i supereroistici della Marvel in generale. Te l’ho detto tra l’altro che per me i fumetti Marvel o si leggono tutti o nessuno. Sono come una grande famiglia. Che consiglio daresti alle nuove leve che tanno per intraprendere la carriera da disegnatore? Darei sicuramente il tipo di consiglio che avrei voluto ricevere io stesso al tempo: Ragazzi, tanta, tanta pazienza! Ve lo dice uno che poi a conti fatti non c’è mai riuscito, ma che non ha mai avuto veramente la possibilità di provarci fino in fondo. Vuoi aggiungere altro? Una cosa che vorrei dire in realtà c’è, forse per spezzare una lancia a favore della rivista: ci siamo trovati in difficoltà con Enchanted Lands per aver fatto

degli errori di calcolo. Ricevevamo tante mail che ci facevano i complimenti più svariati. Quindi appassionati di fantasy in Italia ce n’erano, ma abbastanza per far vivere una rivista in edicola? Ci siamo basati sul fatto che la gente che ci scriveva potesse rappresentare non più di un 10% del totale dei nostri potenziali lettori; invece, a quanto pare, la maggior parte degli appassionati di fantasy ha anche l’abitudine di scrivere, e questo ci ha portato a sovrastimare i dati in nostro possesso, che poi hanno determinato le nostre errate decisioni. All’inizio c’era molta buona volontà da parte nostra, ma ci siamo ritrovati come dei pesci rossi in un oceano di squali. Siamo inoltre incappati in collaborazioni che ci hanno causato delle spese superflue. Se fossimo stati più accorti, avremmo regalato al pubblico sicuramente un paio di numeri in più. n Emanuele Palmarini

Intervista: Arken di Gondorf

167


Gioco

Gioco

FANTASY

ALEA IACTA EST

di Stefano Baccolini, Carlo Zanon e Mario Vitale

C

hi si occupa di storia cerca spesso e oserei dire in maniera spasmodica di dire cose nuove. Non sempre, tuttavia, ciò è possibile, soprattutto nell’ambito dello studio del mondo antico dove le fonti latitano. Se non è lecito sbizzarrire la fantasia in ricostruzioni prive di fondatezza storica, si può invece esporre in forma innovativa i fatti che tutti possono trovare e leggere nei manuali. Questo è il merito del lavoro di Carlo, che ha avuto anche l’indiscutibile coraggio di proporlo come tesi di laurea per il corso triennale in Storia a Bologna. Perché parlo di coraggio? Ho l’impressione che il mondo paludato e grigio degli atenei sia sempre più chiuso in sé stesso, ripiegandosi in questioni microstoriche che spesso spingono chi legge a imbarazzanti domande sulla rilevanza di questa e quella questione. Coloro che si occupano di storia, a mio parere, dovrebbero sforzarsi non solo di appagare le proprie curiosità ma anche di venire incontro alle domande del grande pubblico, che, fino a prova contraria, alimenta i loro stipendi. Mi fermo qui, per non scadere in sterili polemiche, ma voglio ancora una volta ricordare un concetto: la divulgazione è importante, diffonde la cultura, fortifica nelle scuole, nei musei, il sapere dei futuri cittadini e genera persone consapevoli e desiderose di apprendere ulteriormente. n Stefano Baccolini

ALEA IACTA EST 1. Breve inquadramento storico Alea iacta est è un gioco da tavolo strategico e tattico ambientato nel III secolo avanti Cristo, precisamente il primo turno parte dall’anno 222 a.C. L’area di gioco è incentrata sul bacino del Mediterraneo e comprende le zone dell’Europa centro-meridionale, dell’Africa nord-sahariana, del Medio Oriente fino all’Eufrate. Queste aree coincidono all’incirca con i domini dell’Impero romano nel suo momento di massima espansione, e includono tutto il mondo antico che fosse degno di essere considerato “civilizzato” dai pensatori del tempo. Il periodo storico del gioco, uno tra i più tumultuosi dell’evo, vede una serie continua di grandi guerre e complessi rapporti diplomatici tra le grandi potenze che miravano all’egemonia. Sappiamo che alla fine Roma prevalse inevitabilmente su tutti, e nel gioco la tendenza è proprio questa, ma la simulazione mette a disposizione dei giocatori una serie di strumenti che permettono di cambiare radicalmente il corso degli eventi: tutto sta nel saperli usare a dovere.

168

Gioco: Alea Iacta Est


FANTASY

La scheda di gestione delle Repubblica Romana Il gioco prevede la presenza di sei grandi potenze. La Repubblica romana. Nonostante l’annoso problema dei Galli alle frontiere settentrionali e le endemiche ribellioni dei Sanniti e degli Etruschi, la guerra più grande e faticosa i Romani la conobbero contro i Cartaginesi quando, sottomessa la penisola, puntarono per la prima volta alla Sicilia. Dal 264 al 241 a.C. essi dovettero impegnarsi in logoranti assedi e finanziare la costruzione delle loro prime, costosissime flotte militari. La guerra fu vinta infine grazie alla maggiore resistenza economica di Roma, e Cartagine fu costretta a mollare l’osso. A pochi anni dalla pace, Roma le strappò con arroganza diplomatica anche la Sardegna e la Corsica (237 a.C., poco prima dell’iniziare della partita), alimentando nei Cartaginesi quella voglia di rivalsa che troverà la sua espressione in Annibale e nella seconda guerra punica (218-201). I Romani, ormai padroni delle tre grandi isole, si trovarono nuovamente alle prese con gli irrequieti popoli della Gallia cisalpina, da poco vinti nella grande battaglia di Talamone (225 a.C.); i consoli romani operarono congiuntamente nella pianura del Po, e nel 222 giunsero a conquistare la capitale degli Insubri, Mediolanum. La Repubblica cartaginese. Quart Hadasht, in fenicio “Città Nuova”, fu fondata secondo Timeo da coloni di Tiro nel IX secolo a.C.; grazie ad una eccezionale posizione centrale nel Mediterraneo, Cartagine divenne presto la città fenicia

più importante ed iniziò la sua espansione marittima già nel VII secolo. Ben presto nacquero le prime ostilità con i Greci che colonizzarono l’Occidente e già dal VI secolo si registrano le prime battaglie; il terreno di scontro tra le due civiltà fu soprattutto la Sicilia, dove per secoli l’equilibrio fu mantenuto grazie ad autoritarie dittature militari da parte greca e ad enormi ricchezze finanziare da parte cartaginese. Il rapporto di forze sull’isola si ruppe quando i Romani accolsero una richiesta d’aiuto lanciata da alcuni mercenari riparatisi a Messina (264 a.C.); le legioni ottennero subito importanti vittorie terrestri e molte città greche passarono dalla parte degli italici. La prima guerra punica fu la più grande e costosa mai combattuta da ambo le parti, ed alla fine i Romani prevalsero grazie all’enorme riserva finanziaria che l’Italia forniva (241 a.C.). Cartagine uscì disastrata dal confronto e si trovò nell’impossibilità di ripagare le numerose schiere di mercenari assoldati in Africa ed in Iberia; la ribellione che ne seguì fu causa della più violenta guerra mai combattuta dai Punici. Con la soppressione della rivolta, i Punici ristabilirono un incontrastato dominio sulle terre della Libia nord-occidentale, ma subirono la grave perdita della Sardegna a favore dei Romani; questi se ne impossessarono accogliendo la sottomissione dei mercenari ribelli lasciati come guarnigione, e minacciando una nuova guerra contro Cartagine se avesse osato allestire una spedizione. La perdita dell’isola fu un duro colpo per l’economia di Cartagine, e certamente anche per il suo orgoglio; e dunque mentre Amilcare Barca riconquistava in nove anni le terre d’Iberia perse durante la rivolta e faceva giurare a suo figlio Annibale che mai avrebbe

Gioco: Alea Iacta Est

169


Gioco FANTASY accettato la pace con i Romani, questi guardavano con preoccupazione ai successi del grande generale. Il Regno macedone. Il Regno macedone rimase per molto tempo solo una debole entità ai confini dell’Ellade; gli stessi Greci discutevano tra loro se tal popolo di pastori dovesse o meno essere considerato greco. Il destino di queste genti mutò con gli ultimi esponenti della dinastia degli Argeadi: Filippo II rinnovò l’esercito e sottomise la Grecia, mentre suo figlio Alessandro il Grande con una sola armata distrusse l’Impero persiano e sottomise tutte le terre orientali fino all’Indo. Tuttavia il triste destino degli Argeadi vide assassinati tutti i più stretti consanguinei di Alessandro, e l’impero si sfaldò nelle mani dei luogotenenti del grande condottiero. La Macedonia del 222 a.C. non fu che un pallido ricordo dell’Impero di Alessandro, un regno in stato di guerra endemica con tutte le forze limitrofe. Il Regno seleucide. Seleuco, uno dei generali di Alessandro, riuscì a crearsi un regno che comprendeva tutte le terre più ricche del defunto impero: dalla preziosa Asia minore alle vastissime pianure della Mezzaluna fertile, oltre gli altopiani dell’Asia fino al fiume Indo. I numerosi problemi di amministrazione interna, difficilissima per un dominio così vasto, e la continua pressione dei nomadi asiatici alle frontiere, impedirono sempre al Regno seleucide di realizzare l’antico sogno dell’Impero universale. Il maggior avversario con cui la dinastia dovette scontrarsi fu il Regno tolemaico d’Egitto, con il quale la guerra per il controllo della Celesiria era quasi costante; inoltre il Regno macedone mirava al controllo delle zone degli stretti del Mar Nero facendo leva sulle velleità indipendentiste dei Greci delle città costiere. Il regno, uscito dalla situazione critica creatasi sotto Seleuco II e Seleuco III, conobbe con Antioco III uno dei suoi momenti di massima luce e la sua decisiva sconfitta a favore della potenza romana. Nel 222 a.C. (anno d’inizio del gioco) il re represse con successo la rivolta di Molone ed Alessandro nelle satrapie orientali e riorganizzò magistralmente quelle regioni. Le vicende di Antioco III il Grande rendono il regno seleucide una delle parti più interessanti del gioco; la soppressione della rivolta di Acheo, le guerre siriache e la leggendaria Anabasi d’oriente impegnano il regno su ogni fronte e contro ogni tipo di nemici.

170

Il Regno tolemaico. Dopo la morte di Alessandro, il diadoco Tolomeo scelse come suo dominio le terre d’Egitto e Cirenaica facendo entrare la dinastia dei Lagidi nella storia. L’enorme potenza produttiva dell’Egitto fu magistralmente amministrata dalla numerosa burocrazia greca che immigrò nel regno, e la ricchezza prodotta si manifestò nella cosmopolita città di Alessandria. Il Regno tolemaico conobbe un folgorante momento di gloria quando, sotto la guida di Tolomeo III, vinse la Guerra laodicea disgregando le difese del Regno seleucide. A breve salì al trono Tolomeo Filopatore, grande nemico di Antioco III e molto attivo nel Mediterraneo. Le popolazioni barbariche. Essenzialmente i barbari rappresentano quella parte dell’umanità ancora primitiva che entra in contatto con le civiltà più evolute, ma non solo: essi rappresentano anche le piccole forze politiche locali che sfuggono al controllo dei grandi regni. Seguendo questa logica, le rivolte autonomiste che affliggono i vari stati vengono da loro controllate ed alimentate, e dunque ai barbari è affidato generalmente il compito di portare il disordine nel mondo. Nel gioco sono considerati barbari tutti gli abitanti dell’Europa centro-settentrionale e dell’Iberia, della Penisola balcanica centrale, delle steppe russe, della Penisola arabica, dell’alto Nilo ed infine dei deserti africani. Per necessità di gioco queste genti sono state riunite in un’unica forza politica, poiché non sarebbe gestibile una situazione caratterizzata da più entità. A Occidente lo scontro principale è quello quasi inevitabile tra Roma e Cartagine che tende a coinvolgere vaste regioni come la Penisola Iberica, l’Africa, la Gallia, le isole e (con l’aiuto di Annibale) persino l’Italia. A Oriente vi sono dinamiche estremamente variabili, poiché le forze in campo sono tre, cioè i tre regni nati dalla spartizione dell’Impero di Alessandro Magno, ognuno dei quali deve barcamenarsi abilmente in complicati giochi di alleanze e guerre fino a spezzare i delicati equilibri di forza che persistono da secoli. Oltre a queste forze, vi sono poi gli onnipresenti barbari; dalle steppe nord-orientali, alle foreste europee, ai deserti africani, la minaccia è costante. Ogni fazione del gioco è caratterizzata da particolari interessi geopolitici, dalla possibilità di reclutare specifici tipi di truppa, da una condizione evolutiva data dalla summa di uno stato religioso (dal naturali-

Gioco: Alea Iacta Est


FANTASY

La parte della mappa rappresentante le cruciali terre della Grecia smo preistorico all’unicità del divino), uno stato amministrativo (dal semi-sedentarismo alla burocrazia capillare), uno stato tecnico scientifico (dal baratto alle grandi opere stradali) ed uno stato militare (dall’armamento metallico all’esercito regolare). Tali situazioni interne possono essere migliorate nel tempo, fino a raggiungere lo stadio assai evoluto del Tardo Impero o dell’Impero bizantino. Regole del gioco e corredo Il gioco prevede due livelli; un livello geopoliticostrategico ed un livello tattico. Il primo livello è incentrato sulla mappa dell’Ecumene e prevede la gestione dello stato, la produzione delle truppe e il movimento degli eserciti; tali eserciti vengono mossi con righelli centimetrati e subiscono pesantemente le caratteristiche delle terre che attraversano (zone pianeggianti, collinari, montane, grandi fiumi). Questo spinge il giocatore a soppesare attentamente la distribuzione delle difese (ad esempio posizionando guarnigioni presso i passi montani) e a scegliere con cura una direttrice d’attacco (ad esempio via mare anziché via terra). Il livello tattico prevede una serie di mappe quadrettate dove vengono schierate e mosse le truppe appartenenti a due eserciti che si scontrano; le mappe sono scelte in base alle caratteristiche geofisiche della

regione e si differenziano in mappe di pianura, mappe di collina, mappe di montagna, mappe di città fortificate (utilizzate per gli assalti alle mura). Inutile dire che il tipo di mappa su cui si combatte ha un’importanza fondamentale per lo svolgimento della battaglia. Le truppe previste dal gioco sono di dodici tipi diversi: fanteria leggera, falange classica, falange macedone, legionari, barbari, cavalleria leggera, cavalleria pesante, cavalleria sagittaria, carri falcati, elefanti da guerra e macchine da guerra. Ogni truppa è caratterizzata da peculiari qualità storicamente accurate: velocità di movimento sul campo, abilità combattiva in formazione campale serrata, abilità combattiva in ordine di schermaglia sparso, potenza di tiro, gittata, corazzatura, caratteristiche speciali. Naturalmente l’evoluzione della battaglia dipende dal tipo di truppe che si fronteggiano, ma è soprattutto il modo in cui sono utilizzate a determinare l’esito finale. Hanno, infatti, grande influenza fattori come gli attacchi sui fianchi o alle spalle, le difficoltà di movimento su terreni accidentati, il controllo di punti tatticamente importanti come ponti, alture e villaggi, eccetera. Essenzialmente i giocatori sono costretti a emulare le reali dinamiche degli scontri antichi, e comprendono così quali furono i fattori delle vittorie antiche. Il corredo prevede anche serie di 72 tipi diversi di carte da gioco; vi sono carte utilizzabili durante le

Gioco: Alea Iacta Est

171


Gioco FANTASY

Esempio di una carta da gioco battaglie campali (come ad esempio la presenza di nebbia, l’utilizzo di abili esploratori, la diserzione di alcune truppe nemiche, l’attacco a sorpresa, eccetera), altre utilizzate per determinate manovre diplomatiche (sigla di alleanze, dichiarazioni di guerra, matrimoni dinastici, complotti di corte, eccetera), altre utilizzate per ottenere vantaggi dal punto di vista strategico (costruzione di un grande ponte, viaggi mercantili d’esplorazione, pestilenze, guerre civili, creazione di nuovi monopoli di stato, eccetera). Per poter utilizzare una carta è necessario che la propria fazione sia abbastanza evoluta; ad esempio tutti possono avere un grande stratega, ma i barbari non potranno di certo avvalersi dell’impiego di una torre d’assedio ciclopica come la famosa Helipolis di Demetrio Poliorcete, il signore degli assedi. A dispetto di quel che potrebbe sembrare, l’utilizzo delle carte è estremamente semplice, per non dire banale; ogni carta spiega esattamente in che modo e da chi può essere utilizzata senza che si debba consultare il regolamento. 3. Obiettivi L’obiettivo del gioco è raggiungere l’egemonia sull’Ecumene, ed una partita può essere continuata ad oltranza, se i giocatori lo vogliono; tra l’altro c’è anche

172

la possibilità di giocare a partire dall’anno 140 a.C. e di seguire da vicino le tappe intermedie dell’espansione romana dopo la definitiva sconfitta di Cartagine e della Macedonia. Il fine del gioco è invece quello di offrire una rappresentazione abbastanza realistica di un periodo quasi dimenticato della nostra storia, quello cruciale medio e tardo ellenistico. Gli elementi che vengono immediatamente recepiti dai giocatori sono anzitutto i nomi e le politiche delle potenze del tempo, il perché di alcuni loro interessi, gli equilibri tra le forze in gioco, le vie politiche e militari per il raggiungimento dell’egemonia; in secondo luogo vengono apprese le caratteristiche delle armate, i loro punti di forza e i loro punti di debolezza, il loro funzionamento in generale. Il risultato garantito è che dopo aver giocato una partita rimane in mente una chiara idea dello stato geopolitico del Mediterraneo ellenistico. Alea iacta est è teoricamente modificabile per rappresentare qualsiasi periodo storico; sarebbe certamente interessante poterne sviluppare uno per ogni età, dal medio evo alla tanto gettonata II guerra mondiale, anche se il gioco si presterebbe molto meglio alla rappresentazione della guerra fredda, o addirittura ad una ipotetica espansione galattica. n Carlo Zanon - zcharles@libero.it

Questo è quanto… ora sentiamo l’opinione di alcuni esperti appartenenti all’associazione “Fossalta” di Bologna con sede da Anzola dell’Emilia. FOSSALTA - Associazione Bolognese Wargame (ABW) - è un’associazione senza fini di lucro, costituita a Bologna da un gruppo di appassionati del settore “Simulazione e Modellismo”, intenzionati a promuovere la diffusione della loro attività a tutti gli abitanti dell’area di Bologna e comuni limitrofi interessati ad un approccio alla Storia più consapevole e coinvolgente. Accingendomi a scrivere una recensione del gioco che mi è stato presentato, la prima difficoltà sta nell’inquadrarlo nei canoni del wargame, ma ciò non è affatto, in questo caso, un aspetto negativo. Infatti, pur avendo molte caratteristiche tipiche di un boardgame, se ne distanzia di molto, in positivo, introducendo elementi tipici di una campagna di wargame, come il movimento misurato in centimetri e la caratterizzazione dei popoli, ma il vero punto di rottura con gli schemi classici del boardgame si ha nella risoluzione

Gioco: Alea Iacta Est


FANTASY degli scontri, non legati ad un tiro di dado su una tabella standard basata su rapporti di forza, ma un vero wargame tridimensionale, con unità differenti per tipo, caratteristiche e funzione. Diciamo subito che il wargame tridimensionale ha una struttura molto semplice, con un movimento che ricorda il boardgame. Vediamo perciò di analizzare un po’ più nel dettaglio, gli aspetti più importanti del gioco. Iniziamo dalla parte strategica, che ne costruisce l’ossatura. Ogni giocatore impersona uno dei popoli più importanti nel Mediterraneo quando correva l’anno 222 a.C., precisamente: Romani, Cartaginesi, Macedoni, Tolemei, Seleuicidi e Barbari. Subito si apprezza la volontà di differenziare i popoli non solo per i territori d’origine, o la forza e la struttura militare, ma anche dal punto di vista della struttura sociale e delle conquiste tecnologiche. Questi aspetti non sono trattati in modo approfondito, che avrebbe portato ad un notevole appesantimento del gioco, già invero molto ricco, ma denotano comunque una lodevole intenzione d’allargare il gioco oltre il consueto ambito militare. Infatti, anche a livello elementare, sono fattori che permettono di caratterizzare molto i diversi popoli, indirizzando il giocatore a delle strategie che siano rispettose della storia e delle reali possibilità della propria civiltà. Quindi non vedremo un Barbaro che intreccia rapporti diplomatici complessi con altri giocatori, e questo perché ovviamente non ha la struttura socio-amministrativa per permetterselo. I diversi campi che descrivono ciascuna civiltà sono: 1) religioso; 2) amministrativo; 3) tecnico-scientifico; 4) militare. Ognuno di questi campi è diviso in 6 livelli, dal più elementare al più evoluto, che possono dare malus, o bonus, o addirittura limitare le scelte del giocatore; non sarà possibile, per esempio, reclutare truppe che richiedono un livello di tecnica militare superiore a quello raggiunto dal rispettivo popolo. In ciascun campo è possibile avanzamenti di livello, che si conseguono quando si pescano le appropriate carte gioco, un sistema ormai collaudato per introdurre eventi casuali nelle partite. Molto gradevole è il fatto che non tutti gli eventi delle carte gioco, sia quelli che accadono automaticamente, sia quelli che possono essere usati dai giocatori a discrezione, sono disponibili a tutti i popoli, ma ancora le peculiarità di ciascun popolo, rappresentate dal livello raggiunto in ciascuno dei quattro campi già elencati, intervengono a limitare l’azione

delle carte. Perciò i barbari non saranno, giustamente, soggetti a guerra civile, non avendo una struttura sociale che possa crearne i presupposti, ma d’altro canto, e per la stessa ragione, non potranno usare i benefici delle carte di “Riscossione straordinaria” o di “Riforma burocratica”. Il movimento strategico potrà cogliere un po’ alla sprovvista un boardgamer, ma è un sistema che, una volta digerito, dà ottimi risultati. Sembra inoltre azzeccata la scelta di usare un sistema più preciso nella scala strategica, perché la classica mappatura esagonale in una scala così elevata può dare origine ad approssimazioni molto grossolane. Permangono comunque molte delle approssimazioni ormai tradizionali del boardgame, come ad esempio le operazioni d’imbarco e di sbarco. Completa il quadro dello strategico un’altra opzione molto azzeccata: i grandi eventi. Si tratta di peculiarità di ciascun popolo, il cui utilizzo è a discrezione del giocatore e che consentono, ad un costo proporzionato ai benefici che se ne traggono, il verificarsi di eventi speciali relativi alla propria civiltà. Quindi avremo per i Romani la possibilità di “Civilizzazione” delle province conquistate, i Macedoni potranno ottenere la “Egemonia sui Greci”, i Cartaginesi un “Condottiero leggendario”, e così via. Rimarrebbe da esaminare il combattimento tattico, ma nonostante si tratti di un sistema molto semplificato, per i canoni del wargame tridimensionale, è comunque troppo complesso per analizzarlo in questa sede. Sicuramente apparirà un po’ banale a chi è già esperto nei giochi con le miniature, ma di certo non si vuole porre come meccanismo concorrente per i noti regolamenti tattici esistenti sul mercato. Piuttosto piace qui sottolineare come l’autore non abbia ceduto alla tentazione di creare un semplice adattamento per un gioco esistente, magari per il solito DBA, ma si sia ingegnato nel produrre un proprio sistema, più semplice, ma anche più consono al gioco. Nel suo complesso la valutazione è senz’altro positiva, molto positiva. In primo luogo perché è molto piaciuto lo sforzo d’inserire la Storia nel gioco, forzando ma senza troppe forzature – scusate il gioco di parole – i giocatori ad interpretare il proprio ruolo. In secondo luogo mi sembra veramente apprezzabile il tentativo di alzare il livello del gioco rispetto alla classica tabellina tipica del boardgame, inserendo un corpo di regole per la risoluzione dei combattimenti terrestri. n Mario Vitale

Gioco: Alea Iacta Est

173


Serie TV

Serie TV

ANIME

IL FIUTO DI SHERLOCK HOLMES

(H. Miyazaki e M. Mikiriya, 1982/1984) di Massimo “DeFa” De Faveri

M

arzo, anno 1984: Top Craft e Tokuma Shoten presentano nelle sale cinematografiche Kaze no Tani no Naushika (Nausicaä della Valle del Vento, nella versione italiana). Al film si accompagna un mediometraggio in due episodi targato Tokyo Movie Shinsha, dal titolo Meitantei Hoomuzu - Aoi Kojioku no maki, Kaitei no Zaiho no maki, una piacevole storia per bambini popolata da simpatici cani umanizzati, con protagonista l’investigatore Holmes; eppure i titoli di testa riportano un curioso avviso: “questo film non ha nulla a che fare col Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle”. Le due pellicole differiscono tra loro per genere e tenore narrativo, e sono prodotte da compagnie ben distinte; avrebbero insomma poco in comune se non fosse per il nome accreditato alla regia: Hayao Miyazaki. Nausicaä frantuma ogni record d’incasso (742 milioni di yen solo in Giappone) e quel nome, Miyazaki, insieme a quello dello Studio Ghibli – che nascerà ufficialmente qualche mese più tardi – entrano nell’Olimpo dell’animazione. Di riflesso, qualcosa accade… nella Shinsha, in Gran Bretagna e in Italia. Uno stallo durato tre anni improvvisamente si sblocca. Per capire di cosa stiamo parlando, occorre fare un passo indietro, tornare ai primi mesi del 1981, e trasferirci alla Rever, la storica casa di animazione dei fratelli Nino e Toni Pagot (Rever è il nome assunto dalla Pagot Film dopo la sua rifondazione, nel 1972). Proprio qui, in questo studio che ha dato già i natali a personaggi celeberrimi come Calimero, Jo Condor e Grisù, nasce infatti l’idea di un nuovo cartone ispirato alle avventure di Sherlock Holmes, da realizzare, perché no, in collaborazione con i Giapponesi.

174

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME Durante quel triennio, iniziato nel 1978, la nuova marea giunta in Italia da Oriente s’era trasformata in uno tsunami inarrestabile: le produzioni animate del Sol Levante avevano annichilito la concorrenza americana (per non parlare di quella italiana). Inutile quindi dire che la Rever conosceva bene le potenzialità dell’animeeshon made in Japan. La prospettiva di una coproduzione solletica in particolare il figlio di Toni Pagot, Marco Pagot, già estimatore di Hayao Miyazaki che s’era messo in luce un paio d’anni prima dirigendo la serie televisiva Mirai Shounen Conan (Conan [ragazzo del futuro]) e il lungometraggio Rupan Sansei: Kariosutoro no Shiro (Lupin III: il Castello di Cagliostro). Sostenuto dalla RAI nella persona di Luciano Scaffa, che in quel periodo gira il Giappone presentando vari soggetti italiani tra cui quello della Rever, il progetto di Marco Pagot acquista sostanza, fino a produrre un accordo con Yutaka Fujioka, fondatore di quella Tokyo Movie Shinsha per la quale Miyazaki lavora. Della casa nipponica, prima del 1981, in Italia è transitato solo Rupan Sansei (Lupin III), ma la Shinsha già vanta un nutrito curriculum d’importanti produzioni, alcune delle quali, nel giro di qualche anno, diverranno veri e propri cult anche in Occidente, uno per tutti Berusaiyu no Bara (Lady Oscar). Stimolata da una così prestigiosa partnership, la Rever si tuffa nella preproduzione della nuova serie, incaricandosi di realizzare il design dei personaggi. Nel frattempo a Tokyo comincia l’elaborazione dello storyboard, naturalmente affidato a Miyazaki. Gli ultimi dettagli vengono definiti poi in un incontro in Giappone, al quale partecipano Marco Pagot e Scaffa. Come in ogni collaborazione che si rispetti, tra le parti non tutto collima, per esempio esistono divergenze di vedute su alcuni protagonisti (tant’è che il design sarà poi rieditato da Yoshifumi Kondo, secondo specifiche più aderenti alla visione di Miyazaki), questioni che comunque vengono appianate. Si può così dare il via libera alla Telecom Animation Film (lo studio di animazione sussidiario alla Shinsha) per la lavorazione. Nei sei mesi successivi vengono realizzati quattro episodi (“La piccola cliente” [il pilot], “Lo smeraldo blu”, “Il tesoro sommerso”, “Le sterline mancanti”); in verità non molti. In questa fase subentrano infatti gli imprevisti. La meticolosità per la quale Miyazaki è allo stesso tempo famoso e famigerato si misura fatalmente in numero di acetati: per garantire fluidità all’animazione servono quindi alto budget e tempi lunghi. Il problema più spinoso è però di ordine legale: gli eredi di Sir Doyle aprono una disputa sui diritti relativi all’uso dei personaggi inventati dal celebre scrittore britannico. La lavorazione viene bruscamente interrotta, il quinto e il sesto episodio rimangono a metà e l’intero progetto, inopinatamente, salta. Per oltre due anni non se ne sente più parlare… Eccoci dunque tornati a quel fatidico 1984. Miyazaki ha lasciato la Shinsha facendo la fortuna della Tokuma Shoten, che gli ha pubblicato il suo manga “Nausicaä” e ora si appresta a lanciarne la trasposizione cinematografica.

I passatempi di Holmes 1. 2.

3.

Nei momenti di relax, Holmes si diletta in esperimenti chimici, che in genere si concludono in modo “imprevisto”. Anche gli investigatori hanno bisogno di prendersi le loro pause di riposo; a questo “dovere” Holmes e Watson sono sempre molto ligi. Tra le sue varie abilità, Holmes è anche un provetto meccanico.

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

175


Serie TV ANIME

1. 2. 3.

La Torre del Big Ben; Moriarty vi porta a compimento uno spettacolare colpo, rubandone la campana. Una suggestiva veduta di Londra; sullo sfondo la Cattedrale di St. Paul. Ecco Baker Street, il numero 221. La casa è di proprietà della giovane vedova Mary Hudson; vi alloggiano Holmes e Watson.

London City

176

Tanto l’autore quanto la TMS ritengono buona l’occasione per rispolverare il vecchio materiale su Holmes, chiuso in un cassetto e altrimenti destinato all’oblio. Vengono allora assemblati due episodi (“Il tesoro sommerso” e “Lo smeraldo blu”) – con qualche adattamento, un nuovo doppiaggio, nuove musiche e il famoso avviso per evitare guai – e utilizzati come prespettacolo alle avventure dell’indomita principessa della Valle del Vento, la cui notorietà fa letteralmente da traino al nostro arguto cane detective. Contemporaneamente, si risolve la vertenza con gli eredi di Doyle. È il momento di cavalcare l’onda! L’entusiasmo convince la TMS a riaprire il cantiere sull’opera incompiuta. Certo, Miyazaki si è messo in proprio, non fa più parte dello staff, ma restano i suoi lavori preparatori; così le due puntate interrotte nel 1982 vengono completate e, in poco più di sette mesi sotto la regia di Kyosuke Mikuriya, se ne aggiungono altre 20 realizzate partendo dagli storyboard originali. Col titolo definitivo di Meitantei Hoomuzu (“il grande investigatore Holmes”, semplicemente Sherlock Holmes in Italia), nel novembre del 1984 la serie in 26 episodi esordisce sui teleschermi, trasmessa in contemporanea dalla TV Asahi in Giappone e da Rai Uno in Italia. Da questo momento in poi, il destino le assegna due parabole separate: mentre in Italia viene accolta distrattamente, in Giappone si conferma tutto l’interesse già manifestato al cinema. Il successo è buono e, soprattutto, duraturo, tanto che nell’agosto del 1986 viene addirittura ripetuto l’esperimento del collage cinematografico. Gli appassionati ritrovano il loro beniamino in Meitantei Hoomuzu - Misesu Hadoson Hitojichi Jiken, Doohaa Kaikyou No Oozora Naka Sen, a precedere la proiezione di Tenkuu no Shiro Rapyuta (Laputa, il Castello nel Cielo), primo film effettivamente prodotto dallo Studio Ghibli. Questa volta gli episodi assemblati sono il quinto e il sesto in ordine di produzione (“Il rapimento di Mrs Hudson” e “Le scogliere di Dover”), ossia i due che – a suo tempo sospesi e poi completati – hanno fatto da spartiacque tra la regia di Miyazaki e quella di Mikuriya. Per lo scarso seguito riscosso in Italia, qualche responsabilità va ascritta alla RAI, forse colpevole di una messa in onda troppo in sordina. Tuttavia Sherlock Holmes portava già impresso nel proprio DNA un gene frenante. Si tratta infatti di un anime un po’ anomalo, diretto e realizzato in modo esemplare ma, quanto a prospettive di diffusione, in un certo senso “sprecato” per il fatto di rivolgersi a un pubblico eccessivamente infantile, orientamento che finiva per escludere le fasce di età e d’interesse sulle quali, in quegli anni, si costruivano le fortune dei palinsesti italiani. Di fronte a cartoni tecnicamente meno curati ma dai temi più adulti, un’opera così sobria, costruita su un umorismo innocuo, era destinata a calamitare minor interesse, soprattutto negli adolescenti. Oggi, abituato a (o “inquadrato da”, secondo come la si voglia considerare) offerte rigorosamente tematiche, e ormai integrato il mercato home-video

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME nella propria routine domestica, il telespettatore medio si trova nella condizione di poter scegliere opere come Sherlock Holmes in modo consapevole, apprezzandole quindi per quelli che sono i loro effettivi meriti. Dal punto di vista tecnico, Sherlock Holmes è una serie di gran lunga superiore agli standard dell’epoca (il doppio passaggio cinematografico lo testimonia), tanto da reggere tranquillamente il confronto con i prodotti odierni. L’animazione è molto fluida e supporta egregiamente i ritmi spesso serrati; le ambientazioni sono sontuose, i fondali curati, il design dei personaggi è gradevole e delicato, e quello meccanico rispetta certe linee “protoindustriali” che gli estimatori di Miyazaki ben conoscono, qui perfettamente inserite nel contesto storico post-Vittoriano (un poco più recente rispetto ai racconti di Doyle). Il regista è sempre stato affascinato dalle prime macchine, dalle suggestioni pionieristiche, gli stili, i design che caratterizzarono gli albori della tecnologia, in special modo per ciò che riguarda l’aviazione (lo stesso nome “Ghibli” deriva da quello di un bimotore italiano degli anni Trenta). Il tema è ricorrente anche in Sherlock Holmes; certe scene lì presenti possono considerarsi una sorta di preludio alla famosa opera di Miyazaki dedicata al volo a elica, Kurenai no Buta (Porco Rosso), nella quale al protagonista, asso dell’aviazione italiana alla guida di un Savoia-Marchetti (lo stesso storico aereo citato nell’episodio numero 22 di “Holmes”), viene addirittura dato il nome di Marco Pagot, affettuoso omaggio all’amico e collega italiano. A far da cornice alle investigazioni del nostro detective, troviamo dunque una carrellata ininterrotta di marchingegni imbullonati, macchinari e veicoli di ogni tipo (automobili, aerei, dirigibili, sottomarini, mostri meccanici…) che s’inseguono in corse folli, tra sbuffi di vapore, ingranaggi saltati e capelli che si agitano al vento, nella migliore tradizione miyazakiana. Era perciò inevitabile, conoscendo l’autore, che queste cacce mozzafiato si svolgessero in buona parte nei cieli. Egli si è garantito la presenza dell’elemento “aviatorio” avvolgendolo ad hoc intorno al personaggio di Mary Hudson, la proprietaria di casa Holmes. Non poteva del resto esserci opera di Miyazaki degna di questo nome senza la costante della “donna-forte”. Per modellare la “sua” protagonista secondo le qualità che riteneva più congeniali, l’autore puntò i piedi contro la caratterizzazione contemplata nei preliminari della Rever, che al 221b di Baker Street piazzavano una governante grossa, anziana, bonaria e sostanzialmente inutile. Le idee di Miyazaki, in verità, sovvertivano tutti i personaggi originali dei romanzi di Sir Doyle, salvo poi sottostare alle impostazioni più tradizionaliste volute dai partner italiani. Su Mrs Hudson, tuttavia, riuscì a spuntarla lui. E il risultato è il personaggio più poliedrico dell’intera serie: una vedova diciannovenne, raffinata e affascinante ma anche atletica e audace, che ha perso il marito pilota in un incidente di volo.

La poliedrica Mrs Hudson 1. 2. 3. 4.

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

177


Serie TV ANIME

1. 2. 3.

Il professor Moriarty si definisce un genio del crimine, e i suoi colpi sono sempre astuti e machiavellici. Tant’è che spesso, anche grazie alle sue ingegnose invenzioni, riesce a guadagnare posizioni d’indiscutibile vantaggio. Ma... ...subentrano poi intoppi, sfortuna e Holmes. E la conclusione è sempre la stessa...

Il “povero” Moriarty

178

Sotto la regia di Miyazaki, l’incantevole Mrs Hudson compare in 5 episodi su 6, in crescendo, diventando protagonista assoluta nel quinto e nel sesto (gli stessi della seconda raccolta cinematografica). Purtroppo, nel prosieguo viene un po’ trascurata, e per ritrovarla primattrice in spericolate peripezie aeree occorre attendere il ventiduesimo episodio, “La meravigliosa macchina volante”. Gli altri personaggi, tutti comunque ben riusciti, sono più aderenti al ruolo già ricoperto in letteratura. C’è, in primo piano com’è naturale, il brillante investigatore Sherlock Holmes, coadiuvato (ma gli è più di compagnia che d’aiuto) dal fido dottor Watson nel costante supporto a Scotland Yard e al burbero e arruffone ispettore Lestrade (una sorta di Zenigata in versione bulldog, guarda caso doppiato da Enzo Consoli) per sbrogliare i casi criminali più intricati, dietro i quali si cela immancabilmente l’astuto Professor Moriarty. Proprio a Moriarty (interpretato in spassosissimo dialetto piemontese da Mauro Bosco) e ai suoi due incapaci aiutanti, Todd il tarchiato e Smiley lo smilzo, sono affidati i siparietti comici, valorizzati dal doppiaggio italiano. Quando, per esempio, il duo si rivolge al “Genio del Crimine” chiamandolo con riverenza “profèssor” anziché “professòr”, quell’accento dal sapore teutonico pare quasi fatto apposta per far risaltare la tendenza decisamente scalognata del suo ingegno (senza nemmeno bisogno togliere il “pro”). La trama ruota intorno agli enigmi da risolvere di volta in volta (naturalmente infantili, a misura di bambino), sostenuta da un gran numero di personaggi di supporto, sempre ben tratteggiati nonostante la permanenza in scena per la sola durata dell’episodio che li riguarda. Il resto lo fanno gli inseguimenti concitati che ricorrono a non finire, sullo sfondo di una Londra d’inizio secolo dalle connotazioni canine squisitamente furry (quasi a fare il verso alle Paperopoli e Topolinia di disneyana memoria), ben ricostruita nell’ambientazione e nei costumi. In conclusione, Sherlock Holmes è un cartone molto curato, dai toni leggeri, spettacolare ma composto, divertente ed epurato da quelle “scabrosità” che a volte qualcuno teme di trovare in anime di pari target – visionando i quali può effettivamente capitare d’imbattersi in aspetti maliziosi o drammatici, “imprevisti”. In Sherlock Holmes niente di tutto questo, e niente violenza se si eccettua qualche scazzottata qua e là, ma all’insegna della comicità più docile; i buoni vincono sempre e i cattivi non muoiono mai, anche perché, in fin dei conti, si tratta di cattivi simpatici. È dunque un’opera armonizzata alle esigenze dei bambini (o a quelle di mamma e papà), in grado di assicurare pomeriggi di coscienza serena anche al più apprensivo dei genitori. La serie, tutt’oggi l’unico vero esempio di coproduzione italo-giapponese, è disponibile in DVD edita dalla Yamato Video, con il titolo Il Fiuto di Sherlock Holmes. n Massimo De Faveri

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME

Episodi cliente insolita: una bambina di nome Martha in ricerca della sua gatta. Holmes scopre però che il padre della bimba, abile ingegnere, è scomparso da qualche tempo.

Episodio #06: Il palloncino verde. Una strana richiesta di aiuto, contenuta in una ghianda agganciata a un palloncino, “atterra” nel giardino del n. 221 di Baker Street. Il messaggio sembra provenire da qualcuno imprigionato in una non meglio specificata isola. Tocca a Holmes scoprire di quale luogo si tratti e liberare poi l’autore dell’sos.

Episodio #01: Le 4 firme. Lord George, un tempo membro della Pirateria dei Mari del Nord, dopo essersi ravveduto vive nel timore di subire la vendetta dei suoi vecchi compagni di scorribande. Per sua fortuna, nel bastimento in cui è imbarcato viaggiano anche Episodio #04: Il rapimento di Mrs Hudson. Per liberarsi di Holmes, Moriarty Sherlock Holmes e il dottor Watson… rapisce la sua padrona di casa e governante, Mrs Hudson. Tenendola in ostaggio, costringe l’investigatore a rubare la Gioconda, cercando Episodio #07: La statua scomparsa. poi di farlo arrestare. Nonostante la vigilanza di Scotland Yard, Moriarty riesce a trafugare sotto il naso di Lestrade una preziosa statua d’oro facente parte del Tesoro Nazionale. Durante la fuga è costretto però a nasconderla presso la zona dei moli sul Tamigi, col proposito di recuperarla in un secondo momento. Per riaverla, sarà costretto a contenderla a una banda di scatenati Episodio #02: Il Diadema di Mazzarino. ragazzini. Il Diadema di Mazzarino sparisce dalla casa del miliardario Samton, e del furto viene accusato ingiustamente il figlio di quest’ultimo, Dudley. La fidanzata del ragazzo, Julie, assume Holmes Episodio #05: Lo Smeraldo Blu. per scovare il vero colpevole. Compiuto il furto del preziosissimo Smeraldo Blu, Moriarty si ritrova a sua volta derubato dalla piccola borseggiatrice Polly. Furibondo, il “profèssor” si mette sulle tracce della ladra.

Episodio #03: La piccola cliente. Mentre Scotland Yard è alle prese con un traffico di monete false, in casa Holmes giunge una

Episodio #08: La banda maculata. Il professor Moriarty, sotto le mentite spoglie del miliardario Roylott, accoglie il ritorno dall’America della nipote del magnate, Ellen. Il lestofante mira a mettere le grinfie sull’eredità ma, ancora una volta, si troverà di fronte Holmes, assunto dal fidanzato della ragazza.

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

179


Serie TV ANIME

Episodio #09: Il tesoro sommerso. Il pirata Thunder rintraccia il tesoro di Napoleone in un vecchio relitto affondato. Per potersene impossessare, Moriarty ruba il prototipo di un sommergibile. La Marina Inglese, nella persona dell’ammiraglio Thunder (gemello del pirata), chiede allora assistenza a Holmes.

Episodio #12: La fuga nella tempesta. Mrs Alice Focus, figlia del banchiere più ricco d’Inghilterra, non fidandosi troppo di Scotland Yard, assolda Sherlock Holmes e Watson come scorta al padre, diretto a Edimburgo per mettere in mostra la sua preziosa collezione di orologi.

Episodio #15: La statua di Moriarty. In una banca sono stati rubati lingotti d’oro per un valore superiore al milione di sterline. Intanto Holmes s’interessa del caso di un noto scultore, misteriosamente scomparso insieme al figlio. Dietro entrambi i fatti si celano naturalmente le macchinazioni di Moriarty.

Episodio #10: Le scogliere di Dover. Qualcuno sta sabotando i velivoli del servizio postale aereo inglese, facendoli precipitare. Uno degli apparecchi si schianta nelle vicinanze di casa Holmes. A pilotarlo è Tommy, amico e collega aviatore del compianto marito di Mrs Hudson.

Episodio #13: Il vagone dei lingotti d’oro. Il rapido Liverpool-Londra, sul quale casualmente viaggiano Holmes e Watson, trasporta lingotti d’oro della Banca d’Inghilterra. All’arrivo, ci si accorge che il vagone con l’oro è misteriosamente sparito durante il tragitto, sebbene fosse stato posto al centro del treno.

Episodio #16: La spada sacra. Lord Wizard esibirà per la prima volta in pubblico la famosa Spada del Crociato. Holmes e Watson vengono invitati all’esposizione, nel corso della quale ci si rende però conto che il caveau contenente il prezioso cimelio è stato forzato, sebbene nulla sia stato rubato.

Episodio #11: Le sterline mancanti. Dalla sofisticata cassaforte di Gilmore, ricco fabbricante d’armi, spariscono 20 sterline. Chiamato a investigare, Holmes scopre che il colpevole è il figlio dell’industriale, Michael, desideroso di aiutare un asilo. Tuttavia, la ricchezza di Gilmore fa gola anche a Moriarty...

Episodio #14: Le aragoste di corallo. Per rendere più efficiente il sistema di sicurezza del suo castello, Mr Brighton, famoso collezionista di pesci tropicali, nonché di gioielli, interpella Sherlock Holmes come consulente. Nel frattempo, gli spariscono però le preziosissime Aragoste di Corallo.

Episodio #17: Il mostro del Tamigi. Un’enorme creatura simile a quella di Loch Ness affonda i battelli in transito sul Tamigi. Durante un attacco, rimangono coinvolti Mary e David, due giovani innamorati in gita in barca. David viene inghiottito dai flutti, ma Mary non si rassegna e per ritrovarlo si rivolge a Holmes.

180

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME

Episodio #18: L’avventura dei tre studenti. Questa volta Moriarty si dà alla pittura, rapendo tre studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Parigi per indurli a realizzare duplicati di quadri famosi. L’astuto “profèssor” intende poi vendere i falsi all’asta, a sprovveduti collezionisti d’arte.

Episodio #21: Lo stallone reale. Qualcuno beffa Moriarty nel furto di uno zaffiro, con uno stile che ricorda quello del Grande Hamilton, un inafferrabile ladro, celebre circa venti anni prima. Come il predecessore, anche l’emulo ha l’abitudine di annunciare il suo prossimo colpo: rubare il cavallo della regina.

Episodio #24: La campana del Big Ben. Moriarty supera sé stesso facendo svanire niente meno che la campana della Torre dell’Orologio di Londra. Come unico indizio, sul teatro del furto Scotland Yard rinviene solo delle casse piene di bottiglie di latte. A Holmes basteranno quelle per risolvere il mistero.

Episodio #19: La Stele di Rosetta. Il professor Moriarty ruba dal Museo Britannico la Stele di Rosetta, la famosa tavola di terracotta ritrovata in Egitto dall’esercito napoleonico, incisa in geroglifico, demotico e greco. Sherlock Holmes viene prontamente assunto per recuperarla.

Episodio #22: La meravigliosa macchina volante. Moriarty sottrae un motore SavoiaMarchetti dall’officina dell’aviatore Mac Benn, amico di Mrs Hudson. Il “profèssor” intende costruire un aereo in grado di vincere il Campionato Mondiale di Volo. Stavolta, a mettergli i bastoni tra le ruote, ci sarà anche Mrs Hudson.

Episodio #25: La bambola francese. Dopo aver rubato il diamante Luna Piena, per evitare di essere pescato con la refurtiva in tasca, Moriarty nasconde il gioiello nella bambola di una bambina che gioca nel parco. Per recuperarlo, più tardi, dovrà però fare i conti con una bambinaia a dir poco manesca.

Episodio #20: Il volo del dirigibile. Moriarty esegue un ardito furto d’oro alla Banca d’Inghilterra. Per portare fuori da Londra la preziosa refurtiva, intende servirsi del dirigibile White Silver, in procinto di compiere il suo primo volo. Holmes viene invitato alla cerimonia inaugurale per occuparsi della sicurezza.

Episodio #23: Il pappagallo parlante. Il Maharaja di Lumpur, in visita a Londra, scompare senza lasciar traccia. Il giorno prima era sparito anche il suo pappagallo parlante, che il servizio segreto usava come portatore di messaggi. Holmes sospetta che dietro i fatti si nasconda lo zampone di Moriarty.

Episodio #26: La sposa scomparsa. Il matrimonio tra i rampolli di due ricche famiglie viene funestato dall’improvvisa scomparsa della sposa. Si tratta in realtà di una fuga d’amore ma, essendoci di mezzo il più grande smeraldo del mondo, in agguato nei paraggi non può che trovarsi anche Moriarty.

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

181


Serie TV ANIME

Inseguimenti e macchine portentose

Nei Mari L’audacia di Moriarty non risparmia

nemmeno la Marina Inglese, che nell’episodio #9 è costretta a dargli la caccia niente meno che con la corazzata comandata dall’ammiraglio Thunder (in alto), per recuperare il prototipo di un sottomarino rubato (in basso a sinistra). Non contento di ciò, nell’episodio #17 il terribile “profèssor” si cimenta anche nella pirateria, costruendo un “mostro meccanico” (sotto a destra) per depredare i battelli in transito sul placido Tamigi.

Nei Cieli

Tema ricorrente in Sherlock Holmes è quello “miyazakiano” dell’aviazione pionieristica. Sorseggiando piacevolmente del buon vino sopra i tetti di Londra, assistiamo così a voli spericolati tra le strade della City, a spettacolari duelli aerei nei limpidi cieli della Manica, e al varo del lussuoso dirigibile “White Silver”.

Ingranaggi e bulloni

L’ingegno di Moriarty non conosce pause, sfornando a getto continuo progetti per macchine stupefacenti, che però puntualmente esplodono, come la stampatrice di monete false dell’episodio #3 (a sinistra). Ben più affidabile è il celebre motore d’aereo SavoiaMarchetti (in basso a sinistra). E anche Londra ha le sue meraviglie meccaniche, come l’orologio del Big Ben (sotto).

182

In Terra

L’inseparabile carrozzina a motore accompagna Sherlock Holmes in tutte le sue avventure, provvidenziale se occorre sfuggire alle macchine schiacciatutto di Moriarty, o quando c’è bisogno di accodarsi a Lestrade. E, nel caso il tragitto da percorrere sia lungo, c’è sempre il confortevole espresso Londra-Liverpool.

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME Sherlock Holmes

Dr. Watson Amico, coinquilino e braccio destro di Holmes, con un particolare interesse per Mrs Hudson, e per tutte le belle ragazze in generale. Accompagna l’investigatore in ogni indagine, e spesso si rivela un valido supporto.

Mary Hudson

Soprannominato il “Napoleone del Crimine”, è l’acerrimo rivale di Sherlock Holmes. Ladro astuto e ingegnoso inventore, si esibisce nei furti più clamorosi, ma sfortuna vuole che ogni volta incappi in qualche intoppo.

Ispettore Lestrade

Burbero capo della Polizia, zelante nel suo lavoro ma del tutto incapace di contrastare i piani di Moriarty. Suo malgrado, è costretto ad affidarsi sempre all’arguzia di Sherlock Holmes per competere col “profèssor”.

Smiley e Todd

Elegante, sportiva e imperturbabile governante di Holmes, proprietaria del 221 di Baker Street. è la vedova di un pilota d’aerei, all’occorenza non esita a dar prova delle sue spericolate qualità di aviatrice.

Lord George Ricco gentiluomo con un passato da pirata. Vive nel timore di una vendetta da parte dei suoi vecchi compagni di malefatte, che aveva abbandonato per la loro crudeltà.

Episodio #1

Inetti e ottusi aiutanti di Moriarty. Buona parte delle sfortune del “profèssor” sono imputabili a loro.

Lady Barbara

La bella figlia di lord George. Molto devota al padre, ne conosce la passata carriera da fuorilegge e non esita a seguirlo nella sua continua fuga dai pirati.

Episodio #1

Julie Seals La giovane fidanzata di Dudley Samton. Devotamente convinta dell’innocenza del ragazzo, si rivolge a Sherlock Holmes perché lo scagioni dall’accusa di furto.

Episodio #2

Dudley Samton

Il figlio di lord Samton. Dopo essere stato ingiustamente accusato del furto del Diadema di Mazzarino, fugge per evitare l’arresto, rifugiandosi a casa della fidanzata Julie.

Episodio #2

Lord Samton Il ricco nobile che tiene in custodia il Diadema di Mazzarino. Quando il prezioso tesoro viene rubato, i funzionari dell’assicurazione accusano del furto suo figlio Dudley.

Episodio #2

Martha Sumes

La bambina che si rivolge a Holmes per trovare la sua amata gatta Holly. Indagando, l’investigatore scopre che suo padre, assente da tempo, è stato rapito da Moriarty.

Episodio #3

Mr Sumes Il padre di Martha. Abile ingegnere, viene sequestrato da Moriarty che ne sfrutta le competenze tecniche per far funzionare un macchinario da conio di monete false.

Episodio #3

Polly Piccola borseggiatrice che vive di espedienti per le strade di Londra. Tra le sue “vittime” c’è anche Moriarty, al quale sfila di tasca niente meno che il preziosissimo Smeraldo Blu.

Episodio #5 Mr Maxi

Il gioielliere che ha ricevuto in affidamento, da un cliente importante, il favoloso Smeraldo Blu. Quando gli viene rubato, è costretto ad assoldare Holmes perché lo recuperi.

Episodio #5

Personaggi

Infallibile investigatore privato, terrore di ogni criminale. Vive a Londra in compagnia dell’amico dottor Watson, al 221b di Baker Street. Nel tempo libero si diletta a suonare il violino e a ideare esperimenti chimici.

Prof. Moriarty

Anthony Il piccolo figlio del guardiano del faro, tenuto in ostaggio da Moriarty. Appassionato di chimica, riesce a escogitare un sistema molto ingegnoso per chiedere aiuto.

Episodio #6

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

183


Serie TV

Personaggi

ANIME

Billy Wiggins Capo della pestifera banda di ragazzini del molo, con cui Moriarty avrà per sua sfortuna a che fare. è l’unico tra i personaggi secondari ad apparire in più di un episodio.

Episodi #7/16/26

Ellen Roylott Di ritorno dall’America per far visita alla casa dove era vissuta da bambina, viene accolta da Moriarty che ha assunto l’identità del suo ricchissimo zio.

Episodio #8

Jonathan

Gemelli Thunder

Il fidanzato di Ellen Roylott. Dimostrandosi lungimirante, assume Holmes per vegliare sull’incolumità della ragazza durante la sua visita in Inghilterra.

L’ammiraglio Thunder e il bieco pirata Roy, gemelli alle prese con il tesoro di Napoleone.

Episodio #8

Episodio #9 Tommy

Pilota del Servizio Aereo Postale inglese, amico del defunto marito di Mrs Hudson. Moriarty sabota il suo aereo, che precipita proprio nei pressi di casa Holmes.

Episodio #10

Michael Gilmore Figlio di un industriale spilorcio, sottrae ingegnosamente e di nascosto alcune sterline dalla complicata cassaforte del padre, per donarle all’asilo del paese.

Episodio #11 Maria

La governante di casa Gilmore, figlia della direttrice dell’asilo del paese. è a conoscenza del furto operato da Michael ma, conoscendo le sue buone intenzioni, lo copre.

Episodio #11

Alexander Gilmore Avaro e ricco industriale, proprietario di un’acciaieria che fabbrica armi. Assume Holmes per un banale furto da 20 sterline, di cui si scopre essere responsabile il figlio.

Episodio #11

Direttrice dell’asilo La madre di Maria; si prende cura dei bambini del paese che ospita nel suo povero asilo. Per aiutarla a tirare avanti, Michael le passa del denaro rubato al padre.

Episodio #11

Alice Focus Provetta cavallerizza, figlia di Lord Focus. Preoccupata per l’imminente viaggio che il padre farà a Edimburgo, ingaggia Holmes per fargli da scorta e guardia del corpo.

Episodio #12

Mr Focus Il banchiere più ricco d’Inghilterra. è proprietario di una preziosa collezione di orologi, che si accinge a esporre a Edimburgo. Sherlock Holmes viene assoldato per scortarlo.

Episodio #15

Mr Brighton Famoso collezionista di gioielli e di pesci tropicali. Proprio mentre attende la visita di Holmes, dalla sua collezione spariscono le Aragoste di Corallo, rubate da Moriarty.

Episodio #14

Banchiere Il disperato direttore della banca svaligiata da Moriarty. Poco fiducioso nella capacità di Lestrade di recuperare i suoi 7321 lingotti d’oro, si affida molto più volentieri a Holmes.

Episodio #15

Edward Pellison Famoso scultore inglese. Viene rapito da Moriarty, insieme a suo figlio, e costretto a realizzare con l’oro rubato dal “profèssor” una statua che lo raffigura.

Episodio #15

Lewis Pellison Il coraggioso figlio dello scultore Pellison. Viene rapito da Moriarty e usato come ostaggio per costringere il padre a realizzare una statua con l’oro rubato.

Episodio #15

184

Mrs Pellison La moglie di Edward e la madre di Lewis. Holmes la interroga durante l’indagine sulla scomparsa dello scultore e grazie a lei scopre l’implicazione di Moriarty.

Episodio #15

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME Governante di Sir Morly

Episodio #15

Il proprietario dell’antica Spada del Crociato. Holmes si accorge che nel prisma incastonato nella reliquia è ingegnosamente nascosto un messaggio segreto.

Episodio #16

William Wizard Il vivace nipote di Lord Wizard. S’intrufola di nascosto nella vettura di Holmes, pur di partecipare alle indagini sulla Spada del Crociato, ma la sua presenza sarà molto utile.

Episodio #16

Mary

Si salva a stento durante un attacco del “Mostro del Tamigi”, mentre il fidanzato David sparisce tra i flutti. Non rassegnata alla sua perdita, ingaggia Holmes per ritrovarlo.

Episodio #17 David

Giovane musicista, rimane coinvolto in un attacco del “Mostro del Tamigi”, e scompare in acqua. In realtà finisce prigioniero di Moriarty, ma ci penserà poi Holmes a liberarlo.

Episodio #17

Personaggi

Governante afflitta da sciatica, da quarant’anni si occupa della residenza estiva di un certo Sir Morly. Nella villa, Moriarty nasconde i lingotti rubati e tiene sequestrati i Pellison.

Lord Wizard

Collezionista

Una ricca ma incompetente signora collezionista d’arte, truffata da Moriarty. Compra all’asta per una cifra esorbitante un dipinto falso senza valore.

Episodio #18 Studenti Francesi

Studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Parigi. Tre di loro vengono rapiti da Moriarty, che li sfrutta per produrre dipinti falsi. Il quarto si rivolge a Sherlock Holmes per ritrovare i compagni.

Episodio #18 Sovrintendente Sovrintendente di Scotland Yard alle prese con uno strano caso di furto di dipinti senza valore, copie di famosi capolavori. Affiderà l’indagine all’ispettore Lestrade.

Episodio #18 Napolene Disonesto personaggio francese, vestito da Napoleone. Assolda Moriarty per rubare dal Museo Britannico la famosa Stele di Rosetta, con l’intenzione di riportarla in Francia.

Episodio #19 Miss Hamilton Nipote ed emula del “Grande Hamilton”, famoso ladro che esercitava la “professione” circa venti anni prima. Holmes la dissuaderà dal percorrere la strada del crimine.

Episodio #21

Kinotsu Natsume

Studente giapponese d’ingegneria a Cambridge. Holmes lo interpella per il caso della Stele di Rosetta. Un furto analogo era infatti avvenuto anni prima a Nagoya.

Episodio #19 Armatore del White Silver

Pronto al varo del suo pionieristico dirigibile, assolda Sherlock Holmes e gli affida il compito di garantire la sicurezza della celebrazione inaugurale.

Episodio #20 Capo delle Guardie Reali

L’inflessibile Comandante delle Guardie della Regina, incaricato di sorvegliare il cavallo reale dopo l’annuncio di un ladro misterioso che intende rubarlo.

Episodio #21

Mac Benn Esperto aviatore. Si sta preparando alla traversata della Manica per il Campionato Mondiale di Volo, che vincerà nonostante le scorrettezze di Moriarty.

Episodio #22

Ellen La consorte di Mac Benn. I due sono vecchi amici di Mrs Hudson, fanno parte del suo passato da aviatrice. Anche la governante di casa Holmes parteciperà alla gara di volo.

Episodio #22

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

185


Serie TV

Personaggi

ANIME

Funzionario Funzionario che assiste Holmes durante la sua investigazione sul caso del pappagallo smarrito, fornendo i dettagli sulle abitudini del Maharaja di Lumpur.

Episodio #23

Pappagallaio è l’agente incaricato di trasportare e custodire il pappagallo parlante che il Servizio Segreto di Lumpur usa come latore di messaggi segretissimi.

Episodio #23

Maharaja di Lumpur Viene sequestrato da Moriarty per scucire al pappagallo parlante le comunicazioni segrete di cui il pennuto è depositario. Uno di questi messaggi sta a cuore anche al “profèssor”.

Episodio #23

Mr Archibald Aimes Uomo d’affari privo di scrupoli. Commissiona a Moriarty il furto della campana del Big Ben, per rivenderla poi ad acquirenti stranieri... senza però fare i conti con Holmes.

Episodio #24

Lattivendolo Francese espertissimo, in grado di riconoscere i vari tipi di latte al primo assaggio. Si rivela molto utile a Holmes nell’indagine sul furto della campana del Big Ben.

Episodio #24

Commissario Capo Capo di Scotland Yard. Particolarmente seccato dal furto della campana del Big Ben, scende personalmente in campo per spronare Lestrade a ritrovarla.

Episodio #24

Penelope La pestifera bimba che rende molto difficile la vita a Moriarty, rifiutandosi di restituire la bambola con dentro una preziosa spilla rubata, consegnatale da Todd.

Episodio #25

Bambinaia La bambinaia di Penelope, più che una tata è un colosso tutto muscoli, sempre pronta a difendere la bambina a suon di sganassoni, come si accorgerà a sue spese Moriarty.

Episodio #25

Mr Sastry Il gioielliere che si fa rubare la Spilla della regina Maria Antonietta da un’inedita coppia di ricchi coniugi: niente meno che il professor Moriarty e il suo sgherro Smiley.

Episodio #25

Mamma di Penelope Holmes le fa visita in occasione del furto della Spilla di Maria Antonietta. Il prezioso gioiello è nascosto nella bambola che Todd ha incautamente affidato alla piccola Penelope.

Episodio #25

Elizabeth Lacriffe Figlia di un ricco mercante inglese, viene obbligata a un matrimonio d’interesse, ma si ribella scappando il giorno delle nozze insieme al suo vero amore, il principe Abajan.

Episodio #26

Principe Abajan L’erede al trono del regno indiano di AbatJour. è innamorato, ricambiato, di Elizabeth Lacriffe, promessa però in sposa al rampollo della famiglia Dorland.

Episodio #26 Jenny

La fedele cameriera di miss Elizabeth. A conoscenza dei profondi sentimenti che legano la sua padrona ad Abajan, farà di tutto per aiutarli a coronare il loro sogno d’amore.

Episodio #26

Mr Lacriffe Il padre di Elizabeth, più interessato a combinare per la figlia un matrimonio di convenienza, che a vederla realmente felice accanto al principe che ama.

Episodio #26

Mr Dorland Il padre di Robert e futuro suocero di Elizabeth. Insieme a Lacriffe, combina un matrimonio d’interesse per unire le due ricche e prestigiose famiglie.

Episodio #26

186

Robert Dorland Il promesso sposo di Elizabeth, sinceramente desideroso di unirsi in matrimonio con lei. Nulla però potrà fare di fronte all’amore incondizionato della giovane per Abajan.

Episodio #26

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes


ANIME

SHERLOCK HOLMES è disponibile presso www.yamatovideo.com

I dvd Yamato

La versione

italiana Scheda Tecnica

Vol. I: episodi 1-6 Vol. II: episodi 7-11 Vol. III: episodi 12-16 Vol. IV: episodi 17-21 Vol. V: episodi 22-26

Titolo originale: Meitantei Hoomuzu 名探偵ホームズ Anno: 1981/1984 Dall’opera di Sir Arthur Conan Doyle Soggetto: Marco Pagot Regia generale: Hayao Miyazaki, Kyosuke Mikuriya Regia episodi: Hayao Miyazaki, Seiji Okuda, Heihachirou Tanaka, Tatsuo Hayakawa, Takashi Yanagisawa, Heipachio Tanaka, Kyosuke Mikuriya, Nobuo Tomizawa, Takaya Mizutani Sceneggiatura: Gi Pagot, Toshiya Ito, Gisella Michelini, Mario Sicheri, Tsunehisa Ito, Hayao Miyazaki, Sunao Katabuchi, Yoshihisa Araki, Saki Yamadori, Yoshiro Yshido Character Design: Gi Pagot, Yoshifumi Kondo Marco Pagot, Tsukasa Tannai Storyboard: Hayao Miyazaki, Yoshifumi

Kondo,Tsukasa Tannai, Heihachirou Tanaka, Kazuhide Tomonaga Produttori esecutivi: Shunzo Kato Yutaka Fujioka, Luciano Scaffa Adattamento: Takayuki Yamazaki, Mayumi Shimazaki Direzione dell’animazione: Tsunehisa Ito, Tsukasa Tannai, Tatsuo Yanagino, Yoshifumi Kondo, Shojuro Yamauchi, Heihachiro Tanaka, Takeo Kitahara, Kazuhide Tomonaga, Shoji Yoshida, Kazuyuki Kobayashi, Kitaro Kousaka, Yasushi Tanaka, Tamotsu Tanaka, Yoshinobu Michihata Direzione artistica: Hitoshi Kageyama, Nizo Yamamoto Montaggio: Marco Visconti, Masatoshi Tsurubuchi Direzione della fotografia: Akio Wakana, Hirokata Takahashi Musiche: Kentaro Haneda

© RAI - TMS © 2005-2006 Yamato S.r.l. per l’edizione home video su licenza esclusiva RAITRADE

Anime: Il Fiuto di Sherlock Holmes

187


Doujinshi italiano

Doujinshi

ANIME

LIBERTé e DINTORNI

intervista a Laura Luzi ed Elena Liberati di Elena Romanello

A

venticinque anni dalla prima trasmissione in Italia, Lady Oscar (titolo “inglesizzante” del classico shojo Versailles No Bara, tratto dall’omonimo manga di Riyoko Ikeda) rimane una delle opere animate nipponiche più popolari nel nostro Paese, forse la serie con maggior seguito tra tutte quelle della prima “ondata”, giunte tra il 1978 e i primi anni Ottanta presentando nei palinsesti tv italiani un diverso modo di fare cartoni animati. Il fandom di Lady Oscar in Italia è ancora attivo e ha avuto, soprattutto dopo l’avvento di Internet, alcune notevoli espressioni, tra i cosplay in tema che sono tornati ad affollare le fiere, il corpus di fanfiction disponibili in rete, alcune “Revolution 3”, ©Laura Luzi su schizzo di Penny iniziative editoriali su fanzine e sul Web e gli oggetti di artigianato prodotti dai fan, distribuiti durante gli eventi fumettistici. C’è un sito da cui sono partite – e tuttora proseguono – novità e creazioni ad opera di un gruppo di artisti tra i quali Laura Luzi, Elena Liberati, e Oak, nomi noti tra gli appassionati per aver saputo disegnare le avventure di Oscar François de Jarjayes reinventando non tanto lo stile di Riyoko Ikeda, quello del manga, quanto lo stile dell’anime, curato da Shingo Araki e Michi Himeno. Il sito è “Laura’s Little Corner/Vetrina” (http://digilander.iol.it/la2ladyoscar/Index. html), uno dei primi apparsi sull’argomento. Vi si trovano fanfiction, scansioni, iniziative passate come il bel calendario del 2002-2003, e un work-in-progress, la fanzine che contiene la doujinshi Liberté, che dimostra ancora quanto Lady Oscar sia in grado di far sognare i suoi appassionati e ispirarne la creatività. È un processo abbastanza diffuso che anime (o film, o telefilm) di grande successo,

188

Doujinshi italiano: Liberté


ANIME

“Sweet Dreams”, ©Elena Liberati - Illustrazione per fanfiction, 2001 diventati cult, suscitino l’ideazione di fanfiction (storie inventate dai fan) che continuano ad essere scritte e lette anche per decenni. Lady Oscar è un’opera dal finale tragico, senza grandi possibilità di prosecuzione, ma questo non ha impedito agli appassionati di continuare a scriverne esplorando il settore che viene chiamato in gergo anglosassone “alternate universe” (AU), cioè inerente agli universi narrativi alternativi, quelli del “cosa sarebbe successo se...”. Liberté scorre in questo solco, offrendo a un’eroina leggendaria la possibilità di cambiare il triste destino riservatole nell’opera originale. Laura Luzi, Elena Liberati e gli altri collaboratori hanno deciso pertanto di salvare gli eroi Oscar e André dalla morte che li attenderebbe durante la presa della Bastiglia, riproponendoli in avventure sullo sfondo della Rivoluzione Francese e di eventi meno noti nei libri di storia, come l’assedio alla cittadella fortificata di Landau, dove Oscar si trova nel 1793. L’ex capitano della guardia di Maria Antonietta, dopo la Bastiglia e una breve parentesi ad Arras, ha deciso di arruolarsi nella Guardia nazionale ed è stata mandata nella cittadella di Landau, che l’esercito francese sta cercando di strappare ai realisti. Il decreto del 30 aprile 1793, storicamente vero, vieta alle donne

di far parte dell’esercito, ed Oscar deve fare i conti con questa realtà. Curioso notare che ci fu la necessità di emanare questa legge perché le donne erano solite frequentare i campi di battaglia, e non soltanto in ruoli “tradizionali” (prostitute, vivandiere e simili). Del resto, la donna vestita da uomo che combatte nell’esercito non è un’invenzione di Riyoko Ikeda. Tornando a Liberté, al fianco di Oscar c’è sempre André, che non ha risolto i suoi gravi problemi di vista, ma ha trovato una sua dimensione accanto alla donna amata. Alain invece si arruola nell’Armata del Reno, dove incontra il giovane generale Desaix (destinato forse a diventare per lui più importante degli amici di un tempo). Oscar si trova a lavorare con due personaggi ambigui come i generali Pichegru e Hoche, mentre il vento della storia impazza ancora una volta. Nata come idea da parte delle autrici durante la convention fumettistica di Tolone, Liberté vede Laura seguire in particolare l’interiorità di Oscar e André e il loro rapporto con Alain, mentre Elena si occupa delle scene storiche e dei nuovi personaggi introdotti. Sul “Laura’s Little Corner” si possono ammirare diverse tavole dei primi episodi. Laura ha seguito la puntata iniziale, “Notte d’autunno”, Oak ha realizzato il capi-

Doujinshi italiano: Liberté

189


Doujinshi italiano ANIME

“Liberté”, I episodio, tavole 8-9, versione progress, ©Laura Luzi - 2003/2004 tolo 2 in cui viene presentato il personaggio di Hoche, mentre Elena si è concentrata sul terzo episodio, “Il canto di guerra dell’Armata del Reno”. Liberté non è l’unico progetto di questo gruppo di disegnatori: di prossima fattura ci sarà anche un volume di fanart, “Fandom”, che raccoglierà le opere di appassionati italiani ispirate a Lady Oscar. Abbiamo incontrato Laura Luzi e Elena Liberati e lasciamo la parola a loro per questa intervista.

C

ome è nata la vostra passione per Lady Oscar (domanda scontata ma devo farla)?

Elena - Io mi sono persa la prima trasmissione in Italia. La passione è nata... in edicola, contemplando un foglio civetta con una delle famose copertine del Corriere dei Piccoli. All’epoca, il “Corrierino” si serviva di immagini tratte dal cartone, e di alcune ricavate dal calendario giapponese del 1980. Insomma un’orgia di disegno. Infatti, sulle prime, mi sono accostata a Lady Oscar perché catturata dall’aspetto estetico. Laura - Un paio di settimane prima della messa in

190

onda del 1982, su alcuni settimanali di mia nonna vidi la pubblicità. I disegni erano straordinari, ricavati dal Calendario del 1980, mi incuriosii subito e cominciò così. La storia, poi, mi appassionò, all’epoca, per quell’intreccio di chiaroscuri, per la complessità di Oscar adolescente, per il suo rapporto con André che poteva somigliare a quello che legava noi ai nostri coetanei, per la ribellione/sottomissione al padre. Poi, nel tempo, ho trovato che la storia seguisse un po’ la vita, in un certo senso restando attuale anche da adulti, nell’evoluzione dell’amicizia in amore, giorno per giorno, senza quasi accorgersene; nel mutare più in generale dei rapporti fino anche alla loro perdita (dall’infatuazione protettiva di Oscar per la principessa al suo distacco dal mondo di corte), nel contraddittorio rapporto che Alain instaura con Oscar, di rifiuto, contrasto, competizione e, poi, amore; nelle difficoltà della vita. Ecco, mi conquistava questo modo, quasi documentario, in cui Dezaki (il regista della versione animata, ndr) ha saputo raccontare la vicenda; della Ikeda apprezzo altre cose, ma l’analisi per brevi istantanee di vita proposta da Dezaki è straordinaria. Mi piacevano le molteplici

Doujinshi italiano: Liberté


ANIME sfaccettature dei personaggi, mai univoci. Ma c’erano altri aspetti: gli errori, molti, dei protagonisti, che li rendevano più vicini e umani, la sofferenza che emergeva dai personaggi, la loro evoluzione, la povertà, la morte, tutte tematiche relativamente nuove che si intrecciavano, senza limitarsi a raccontare una realtà colorata e da favola ma fornendo al pubblico – anche se giovane – motivi di riflessione. Nei dialoghi originali dell’anime, questo realismo risulta ancor più accentuato. Inoltre non va sottovalutato l’impianto del contesto storico, che costituiva uno spunto per interessarsi ai vari aspetti del Settecento, politici, di costume, artistici, architettonici, urbanistici, ispirando la passione per la storia, stimolando a viaggiare e a conoscere, e offriva la possibilità di far passare alcuni discorsi sotto metafora.

P

erché proprio Lady Oscar è la vostra fonte d’ispirazione, cosa vi ha trasmesso e dato?

Elena - Se alla base di Lady Oscar c’è una storia concepita per un pubblico adolescente, vi si sono sovrapposti e aggiunti tanti temi adatti anche ad un pubblico adulto (ruolo della donna, parità dei sessi, conflitto per la leadership, storia della Rivoluzione Francese, omosessualità… se ne ho dimenticato qualcuno aggiungetelo!). Non c’è un’età per amare Lady Oscar. Laura - Non so, è qualcosa che mi accompagna. È una storia universale, con personaggi che sanno essere ancora attuali, vividi mai banali. Inoltre si affrontano tematiche importanti e senza tempo: penso al tema della ricerca della libertà, a livello politico-sociale, ma anche interiore se consideriamo il percorso di Oscar e di André. Penso poi al tema della malattia, che coinvolge André, Oscar e il principe; ma c’è anche il tema sociale, sviluppato con Rosalie, con Diane, col senso di rivalsa di Jeanne e Nicolas, con la parte relativa all’impatto di Oscar con le Guardie francesi, con Alain… Si trattano poi l’omosessualità, la condizione della donna, il tradimento (Maria Antonietta rispetto al marito, Oscar rispetto alle aspettative paterne e sociali), la ricerca dell’eguaglianza

su più piani, il suicidio, la morte. Si narra di amori senza voce (che dire dei silenzi di André e Alain nell’anime?). Penso anche al controverso rapporto genitori-figli, all’egoismo dell’imporre un ruolo maschile ad una figlia solo per la casta, alle rinunce che le si domanderà di accettare, ma al contempo alle maggiori prospettive rispetto alle coetanee che con quella scelta le si intenderà aprire. C’è poi il tema del travestimento, spunto iniziale tezukiano nel manga, ma all’epoca compromesso quasi necessario perché una donna potesse ricoprire un ruolo di potere non domestico, e quindi il rinvio al tema della parità tra i sessi, più forte addirittura nel manga che nell’anime. Una storia così, che non dà niente per scontato, credo spinga a porsi molti interrogativi, stimola con mille dubbi utili per non considerare la vita in un’ottica dogmatica. La vita non è tutta bianca o tutta nera, esistono mille sfumature. Oscar non è un personaggio completamente positivo: fa del male ad André, a se stessa, commette un sacco di errori, taglia dolorosamente ponti, compie un suo percorso, anche interiore, per poi arrivare a scelte che sovvertono il suo modo di vivere e pensare. In un certo senso la sua infanzia scorre entro i binari prestabiliti da suo padre, ma poi Oscar si scrolla di dosso ogni imposizione e inizia la sua lotta per la libertà e l’eguaglianza che infine si corona nella rinuncia ai suoi privilegi nobiliari. “Il Sorriso della Sera”, ©Laura Luzi - Illustrazione per fanfiction

Doujinshi italiano: Liberté

191


Doujinshi italiano ANIME

“Liberté”, II episodio, tavole 54-55, anteprima parzialmente a matita, ©Elena Liberati - 2007

A

vete mai pensato di fare qualcosa di vostro, svincolato da personaggi noti?

Elena - Lo faccio da sempre. Però, si tratta di un’attività schiettamente privata… Prima di ricevere la richiesta di disegnare Leggenda di una Rosa, e di finire quindi indissolubilmente legata al mondo oscariano, non avevo mai pensato di far fumetti per un pubblico. Ogni tanto mi chiedono di uscirmene con una storia mia. Ma un vero desiderio impellente di “uscire” devo ancora sperimentarlo. Laura - Mi piacerebbe! Avrei dei progetti, non solo nell’ambito del disegno, ma non è facile: faccio una vita molto incasinata, fatico a trovare il tempo; tra l’altro lavoro meglio in gruppo che da sola perché gli altri rappresentano per me uno stimolo, ma non è sempre facile coinvolgerli in progetti, condividere gli obiettivi e realizzarli. A parte altre attività, mi hanno proposto anche fumetti, ma Liberté mi toglie ogni residua risorsa di tempo. Detto questo, ci sono testi che vorrei tradurre in fumetto… chissà…

192

Q

ual è il vostro metodo di lavoro e di organizzazione per il sito e la fanzine Liberté?

Elena - Per il fumetto: confronto limitato. Ogni tavola viene sottoposta al giudizio di qualche amico, che aiuti ad individuare i difetti. Cerchiamo di non divulgare troppo l’opera mentre è ancora in lavorazione. E il giudice preferito è sempre la collega. Per la parte creativa, si va secondo l’ispirazione: quando si trova un’idea, un’immagine, qualcosa che faccia scoccare la scintilla, si porta il proprio contributo. Laura - Per il sito, ricevo i contributi e vaglio – spesso con alcune delle autrici che mi sono più vicine – se sono adatti, se occorrono revisioni, editing… Tutto è basato sui rapporti interpersonali, di fiducia reciproca, sul piacere di collaborare con persone valide e da cui imparare, sul gusto di raccontare, di leggere, sul tentativo di mantenere un certo livello qualitativo. Per me è importante che le autrici abbiano spazi e riconoscimenti adeguati e che si instauri un rapporto di confronto e rispetto. Insomma, che si sentano a casa.

Doujinshi italiano: Liberté


ANIME Inoltre, imparare, mentre faccio qualcosa, dalle persone con cui collaboro per me è fondamentale. Vale per il sito, per le collaborazioni, per il disegno. Per Liberté, premettendo che si tratta di un lavoro amatoriale, ci siamo trovate a voler realizzare qualcosa di nostro, che rispecchiasse un po’ i nostri interrogativi sui personaggi, su un loro possibile impatto col futuro. Con Elena più sul piano storico e me più sul piano dell’introspezione, abbiamo tentato di costruire un’impalcatura verosimile, amalgamando le nostre rispettive idee. Abbiamo un plot, dei testi su cui abbiamo lavorato, poi le matite – ognuna le proprie –, gli inchiostri e le tavole. Una delle prime domande che Elena mi ha posto è stata “Vuoi i retini o no?” Io ho detto sì, per dare un impatto di un certo tipo all’immagine… anche a costo di allungare i tempi. Una tavola non retinata è molto più veloce da realizzare… Come dice Elena, ognuna mostra all’altra e ascolta e, se questo rallenta il lavoro, è anche vero che assicura un controllo, una maggiore qualità. Io, a parte Elena, ho mostrato le matite finite a due colleghe e a due amiche, più tavole sparse a campione, per vagliare la comprensibilità, la leggibilità. Ovviamente, evitando il più possibile di divulgare. Poi è molto divertente notare che, nei disegni, non sempre si manifestano i risultati esatti di tutte le nostre elucubrazioni: capita che l’immagine, una volta realizzata, parli da sé il suo proprio linguaggio, diverso da quello che a tavolino era stato ipotizzato. D’altra parte, parlare per immagini è molto diverso – e più sintetico, anche – dello scrivere, per cui dietro uno sguardo noi possiamo aver immaginato mille cose e il lettore può vedercene altrettante, diverse.

blicato anche alcune notizie riguardanti la genesi del progetto (http://digilander.libero.it/LittleCorner/genesi.htm). A livello di testi, abbiamo tenuto presente l’adattamento italiano, cercando un risultato che suonasse scorrevole anche in lettura: per molti appassionati i nostri personaggi “parlano” con le voci di Cinzia de Carolis, Massimo Rossi e Sergio Luzi, per cui era molto importante che i dialoghi richiamassero quello stile. Sulle opere di Elena: lei ha vinto nel 1992 un premio con un fumetto originale, ha suoi personaggi su cui scrive, anche a più mani, storie; inoltre realizza illustrazioni, quadri, quindi ha un’attività di tutto rispetto, da questo punto di vista. Sulle mie “opere” non saprei: opere è una parola enorme, mentre io mi limito a disegnare e ad esprimermi in testi quando capita, per un bisogno forse solo mio. C’è il sito, che raccoglie anche i miei contributi, testi su altre cose… più che altro sono questi materiali a rappresentare me, ad avere la pazienza di spulciarli. ©Elena Liberati - Illustrazione tratta dal FanArt Calendar 2002/2003

U

na presentazione vostra di Liberté e delle vostre opere.

Elena - Cedo la parola a Laura… Laura - Come dicevo, Liberté è un lavoro amatoriale, non ufficiale, che non intende sovrapporsi alla storia per come è nota, ma che invece s’inscrive nel genere, ampiamente diffuso in Giappone, delle doujinshi, cioè di lavori proposti dai fan ad altri fan. Abbiamo scelto un preciso scenario storico e ci siamo concentrate sui personaggi di Oscar, André, Alain, misurandoci con una loro possibile evoluzione sia a livello personale sia di relazioni, cercando, senza snaturarli, di essere realistiche, di non banalizzare e di non scadere nello stucchevole. Arduo compito… Sul sito abbiamo pub-

Doujinshi italiano: Liberté

193


Doujinshi italiano ANIME

C

I

Elena - Come accennato sopra, per la coesistenza di temi adatti a molti gusti e molte età diverse. Chi cerca la vicenda romantica, trova la vicenda romantica. Chi si interessa di storia, trova la storia. E così via. Laura - Come dicevo, perché è una storia universale che ti tocca dentro. Se fai caso, le persone più disparate tendono a riconoscervisi; l’opera supera perfino il proprio autore. I personaggi sono umanissimi, ben costruiti, grazie anche a Dezaki – l’anime, per una sensibilità occidentale moderna, secondo me, ha un peso notevole nella fruizione del manga –; la storia è bella, toccante; i dialoghi dell’anime sono bellissimi – e l’adattamento italiano, pur con imprecisioni, era scorrevole e curato. Ecco, se pensi a un’opera corale in cui i personaggi ti lascino qualcosa, come libro ti indicherei Anna Karenina, come anime-manga Lady Oscar.

Elena - Non saprei. Io sono un tipo schivo. Non ho interesse per cosplay e fanfiction, mentre mi diverto molto a seguire i fumetti e le illustrazioni doujinshi. Va detto, però, che ne acquisto pochissimi… sono una pessima cliente e una pessima sostenitrice, lo ammetto. Laura - Non so, non ho rapporti col mondo otaku, né col fandom. Cerco, nei limiti del possibile, di rispondere alle mail dei lettori del sito. Sono molto timida e faccio vita molto ritirata, anche perché di tempo me ne resta pochissimo. Essendo appassionata di disegno, ovviamente mi piacciono le altre realizzazioni grafiche, se ben fatte e se non si limitano alla copiatura, priva di tocco personale. Apprezzo molto le doujinshi di Mrs Kodemari, Revolution di Eva Villa, le illustrazioni di Elena e delle altre colleghe e anche caratterizzazioni più di stile realistico. Sulle fanfic, anche per via del sito, cerco una buona qualità di scrittura, credibilità di storia e personaggi, sostanza, un autore che abbia qualcosa di suo e di vero da trasmettere – lo stesso che chiederei ad un libro. Diciamo che non li vedo come prodotti usa e getta, fatti tanto per fare, ma come testi dalla fruizione lenta e ragionata. Trovare da leggere una buona fanfic mi rende felice come trovare un buon libro.

ome mai, secondo voi, a distanza di tanti anni Lady Oscar continua ad essere così amato da tanta gente?

“Frozen Hearts”, ©Laura Luzi - Illustrazione per fanfiction, 2005

vostri rapporti con il fandom e il mondo otaku come sono? E cosa pensate di altre iniziative in tema (cosplay oscariano, altri fumetti, fanfiction)?

V

ostre passioni extra Oscar (altri manga e anime, cinema, musica...)

Elena - In questo periodo sto seguendo i manga di Berserk, Gundam - Le Origini e CDA - Char’s deleted Affair. Mentre disegno, adoro ascoltare musica. Appena posso concentrarmi un momento, studio Storia Moderna (mi sono iscritta alla relativa facoltà). Considerato che lavoro 8 ore al giorno e ho anche una casa da mandare avanti, va da sé che mi resta pochissimo tempo per il piccolo e il grande schermo. Di notiziari seguo solo quelli on-line, e ogni tanto mi concedo un DVD: al momento, si tratta di Capitan Harlock. Laura - Allora, qui è cosa lunga. Prima di tutto, la persona che amo. Poi, adoro camminare, disegnare, leggere: tra i preferiti, ultimamente, Fred Vargas ed Alicia Giménez-Bartlett, ma anche Pratchett, la trilogia di Bartimeus di Stroud, H. Murakami, Kawabata, Ishiguro, Ruiz Zafón, Avoledo, poi Camilleri, la

194

Doujinshi italiano: Liberté


ANIME “Joke!!!”, ©Elena Liberati - 2001 Mazzucco, J. Roth, P. Levi, Caldwell, Agnon, Shalev, Simenon nonostante l’accusa di collaborazionismo, e poi saggi di storia moderna (deformazione professionale) e libri di cucina. Fantasticare. Scambiare pensieri con gli amici. Mi piacciono la danza classica e il pattinaggio su ghiaccio. Ho un feeling particolare con i gatti. Come musica Guccini, Cocciante (Notre Dame che è stata la colonna sonora di Liberté), De André, Mario Castelnuovo, Pink Floyd, Sinead O’Connor. Poi le musiche da balletto, Minkus, La Bayadère – l’Atto delle ombre è straordinario –, Giselle, ma anche altri; la lirica: opere preferite Il Trovatore di Verdi e il Mosè di Rossini; e musica classica, soprattutto da camera ma anche ottocentesca. Come cinema, sono indietro, mi piacciono moltissimo i film ma riesco a vederne pochi. Mi piace molto Ozpetek, i dialoghi, come cura le scenografie; Almodóvar, Miyazaki; un film che mi ha colpito La stanza del figlio. Ancora, Lezioni di piano, Blade Runner, The Hours, C’è posta per te, Lost in Translation, Il Corvo, Prima dell’alba e Prima del tramonto, bellissima coppia di film, ma anche l’ironia di Shrek e de L’era glaciale o Lemony Snicket. Ecco, se su Lady Oscar fosse stato fatto un film come quello che la Coppola ha dedicato a Maria Antonietta, con quell’affetto, quella curiosità, quell’attenzione all’essere umano più che al personaggio, penso sarebbe stato straordinario. Come attore Daniel Day-Lewis, attrici Jodie Foster, Claire Danes, Nicole Kidman, Isabelle Huppert, Emma Thompson, Giovanna Mezzogiorno, Margherita Buy, Laura Morante, più un debole per Catriona Maccoll, che a me piace moltissimo. Ho visto L’anniversario, con la Morante e Zingaretti, dove ho apprezzato moltissimo la recitazione naturale di Massimo Rossi, per dire del livello dei nostri doppiatori, che, infatti, altrove, si chiamano voice-actors. Spero sempre che qualcuno dia loro il riconoscimento che meritano. La tv non la guardo molto, sia per il poco tempo, sia per la scarsa qualità. Seguivo Linea blu, quando capita Ferrara, anche se non condivido i suoi orientamenti, Lerner e Augias, poi Italo-spagnolo e ora Italofrancese, Zelig, Crozza; come telefilm Sex and the City e come sceneggiati Montalbano. Manga: seguo Berserk, leggevo Nana ma ho smesso; mi piacciono Evangelion e Sei il mio cucciolo! Mi

piacquero molto anche Video Girl Ai e Alita, ma mi delusero le trasposizioni animate perché poco innovative rispetto al fumetto e quindi piatte. Come fumetti, Il Corvo di O’Barr, Maus e All’ombra delle torri di Spiegelman. Anime: Evangelion, Wolf’s Rain, Marco Polo e Black Jack di Dezaki (serie OVA, ndr). Gli anime recenti, lo ammetto, non riesco a vederli volentieri, perché, a parte la cronica mancanza di tempo, non mi trovo molto bene con gli adattamenti moderni (che ritengo poco scorrevoli in italiano) e, più in generale, con una confezione grafica impeccabile ma, a volte, come svuotata di umanità e con sceneggiature spesso deludenti. Probabilmente ho gusti troppo difficili. n

®

Elena Romanello

®

“Lady Oscar ”/”Versailles no Bara ” è un’opera di Ryoko Ikeda ®© Ryoko Ikeda • TMS - All rights reserved

Doujinshi italiano: Liberté

195


Manga italiano

Manga italiano

ANIME

196

DàIMONES

(D. Orrù e D. Serri, 2006) di Paolo Motta

D

a diversi anni la coppia Dany & Dany è un marchio di qualità in quel filone del fumetto italiano che si muove esplicitamente sulla scia dei manga giapponesi. Queste due autrici sarde, i cui veri nomi sono Daniela Serri e Daniela Orrù, hanno finora sceneggiato, disegnato e spesso pubblicato in proprio vari lavori, alcuni dei quali capaci di trovare sbocco anche nel mercato estero, prima in Germania con la casa editrice The Wild Side e poi negli Stati Uniti per la Yaoi Press. In particolare, Dany & Dany hanno sfruttato quel filone dedicato agli amori omosessuali maschili che in Giappone viene denominato shounen-ai. Il loro stesso esordio è legato a un fumetto di questo tipo, Eikon, incentrato sul rapporto tra un artista e un gigolo. Ad esso seguirono poi La Luna nel Pozzo, con le vicende di tre giovani a Venezia, e The Lily and the Rose, attualmente in preparazione, dove compare addirittura un prete gay. Un altro genere molto amato dalle due autrici di Cagliari è il gotico. Il loro lavoro più recente ascrivibile in tale filone è Dàimones, edito dalla casa editrice IDEAcomics. Quest’opera si ricollega direttamente alla miniserie Lemnisca, uscita nel 2003, che Dany & Dany pubblicarono e diffusero come un’autoproduzione. Il titolo significa letteralmente “demoni”, ma qui è riferito a quei mutanti a metà strada tra gli esseri umani e i vampiri. La razza umana e quella vampirica vengono presentate come due specie evolutesi parallelamente. I vampiri non sarebbero quindi dei morti viventi, ma delle creature superiori all’uomo quanto a forza, agilità e longevità, e in possesso di particolari doti telepatiche. Si potrebbe considerarli veri superuomini, se non fosse per la loro dipendenza dal sangue come unica fonte di nutrimento, e per la vulnerabilità alla luce solare. Nel tentativo di supplire a queste debolezze, una vampira di nome Iulia ha, fin dai tempi dell’antica

Manga italiano: Dàimones


ANIME/MANGA

Grecia, condotto esperimenti ai confini tra scienza e alchimia, per riuscire a dotare i suoi simili della capacità di resistere ai raggi del sole. Da tali esperimenti sono nati appunto i dàimones. In Lemnisca li si chiamava più genericamente “mutanti”. Si trattava di esseri umani nutriti con carne di vampiro che, pur assumendo molte qualità dei figli della notte, presentavano anomalie fisiche e psicologiche. Molti dàimones si sfamavano con il sangue degli umani, rompendo l’equilibrio fra le due razze. Una società segreta di vampiri, chiamata Krypteia, diede allora ai dàimones una caccia spietata, non diversa da quella che l’Inquisizione riservava a streghe ed eretici, o dalle pulizie etniche dei più recenti regimi dittatoriali. Nell’Ottocento, Iulia venne infine uccisa nella sua abitazione londinese. Assieme a lei persero la vita anche il suo compagno Vincent e il loro figlio Aidan, i due dàimones più vicini alla perfezione, oltre che gli ultimi due superstiti della stirpe. In questo contesto s’inserisce la vicenda di Kael, un vampiro dai lunghi capelli corvini appartenente all’Ordine, un gruppo che, diversamente dalla Krypteia, non ritiene pericolosi tutti i mutanti. Kael ha perduto la memoria a metà dell’Ottocento in circostanze legate all’uccisione di Aidan, Vincent e Iulia. Entrato in possesso del diario di Aidan, sospetta che il bambino

possa essere ancora vivo, nascosto da qualche parte. Per Kael la ricerca di Aidan diventerà ovviamente una questione personale che lo renderà una sorta di mina vagante tra le diverse comunità vampiriche, come pure tra l’Ordine e la Krypteia. Ad aiutarlo ci sarà Sofia, altra vampira dell’Ordine, che aveva conosciuto Iulia e ne aveva intuito tanto il genio quanto la spregiudicatezza. Non rivelo altro della trama per non rovinare le sorprese a chi si accostasse per la prima volta a questa serie, la cui gradualità nel rivelare i misteri costituisce un punto di forza. Le autrici stesse hanno ammesso che Dàimones è costruito come una complessa partita a scacchi. In realtà questo grande affresco, dove i vampiri e i mutanti prendono tutta la scena, più che una singola partita sembra un torneo, che vede schierati diversi giocatori non esattamente bianchi e neri, buoni e cattivi; ognuno è spinto da motivazioni proprie, con un

Manga italiano: Dàimones

197


Manga italiano ANIME

198

Manga italiano: DĂ imones


ANIME/MANGA

personale confine tra lecito e illecito. Di sicuro Kael, Aidan e Sofia appaiono i personaggi con maggiore levatura morale, ma Dany & Dany non perdono occasione per mostrarci come Iulia, la Krypteia e i vari clan vampirici commettessero atrocità spesso “in buona fede”, nella convinzione di adoperarsi per un bene superiore. Molto evidente in questa saga risulta anche l’influenza di Anne Rice, per i riferimenti all’esoterismo (sebbene qui assai più velati rispetto a molta della produzione della scrittrice di New Orleans) e i sottotesti gay. Su quest’ultimo punto Dany & Dany attingono ovviamente alla loro esperienza con gli shounen-ai, pur evitando di parlare palesemente di omosessualità e lasciando l’interpretazione gay all’immaginazione del lettore. In quanto al lato esoterico, non si possono non notare tra le righe di Dàimones dei riferimenti alla figura della Grande Madre, incarnata da Iulia. Nel variegato mondo della spiritualità (e dello pseudo-spiritualismo contemporaneo) la figura della Dea Madre è molto sentita in certi culti naturalistici, ma d’altro canto esistono anche scuole di pensiero gnostiche le quali attribuiscono caratteristiche materne alla Sofia, che nel fumetto è anche il nome di un personaggio. La Sofia costituirebbe la Sapienza infusa dal divino che spesso però lo gnosticismo confonde con la Gnosi, ossia la conoscenza che l’uomo conquista con le sue sole forze. Stranamente, sia la Madre Natura sia la Madre Sapienza sono presenti anche nel cristianesimo orientale (specie tra gli ortodossi russi), una tradizione spirituale che, purtroppo, resta spesso occultata dietro il

volto più “istituzionale” e moralistico delle Chiese Cristiane che l’hanno comunque tramandata fino ai nostri giorni. In ogni caso più che alla mistica, alla magia e all’irrazionale, i vampiri ideati da Dany & Dany sono figli della scienza, al punto che Dàimones può venire classificato tanto come horror, quanto come sci-fi. Non si può non restare conquistati, oltre che dalla trama, anche dai disegni del duo sardo: mentre diversi mangaka nostrani finiscono per annullare gli sfondi, lasciando spazi bianchi, come d’altronde succede in alcuni manga umoristici, Dany & Dany danno molto rilievo alle ambientazioni, che raffigurano con una grande attenzione ai particolari – si vedano per esempio alcuni interni vittoriani molto suggestivi. Anche il lavoro con i chiaroscuri risulta ottimo, ineccepibile nel trasmettere un’atmosfera allo stesso tempo misteriosa e fascinosa. In definitiva, Dàimones merita di essere letto, persino al di là del fatto se si condivida o meno l’idea di portare il manga in Italia, quando esiste già una tradizione nazionale di fumetto. È peraltro opinione del sottoscritto che il confine tra le diverse scuole nazionali vada scemando, viste le numerose influenze reciproche, e che, in ultima analisi, di un prodotto vada apprezzata la buona qualità senza essere troppo puristi riguardo gli stili che l’hanno ispirato. n Paolo Motta

Manga italiano: Dàimones

199


Musica

Musica

ANIME

SPECIALE SIGLE TV di Massimo “DeFa” De Faveri

I

l 4 aprile 1978, verso ora di cena, andava in onda su Rete 2 (RaiDue) la prima puntata di Atlas UFO Robot, l’evento considerato emblema della nascita del “fenomeno anime” in Italia. Insieme alla passione per i cartoni giapponesi tout-court, quel giorno ne fiorì una più specifica per le canzoni che li accompagnavano. La discografia, diversamente dagli altri mercati di punta dell’industria dello spettacolo (cinema e televisione), fino a quel 4 aprile non aveva mai valutato i giovanissimi come una fascia di consumatori potenzialmente significativa. Col 1978, tutto cambiò: esplose l’interesse per le sigle tv e i bambini divennero un target preciso; dopo le prime vendite lusinghiere, case del calibro di RCA e Fonit-Cetra cominciarono a sfornare 45 giri a getto continuo; emittenti radiofoniche riservarono alle sigle spazi speciali nei loro palinsesti, canzoni come “Lady Oscar” scalarono le vette dell’hit parade… Fu il “boom”! Oggi i vinili non esistono più, ma, a chi è stato bambino in quegli anni, rimane la memoria di un tempo spensierato, alimentata, più che dalle immagini, proprio da quelle melodie. Poiché è stata Internet a preservarne il ricordo, uno “speciale” dedicato all’Italia non poteva esimersi dal rendere omaggio ai siti che, per primi, si occuparono di questo argomento, a cominciare dal capostipite assoluto: “TV Cartoon Mania” di Michele “Dexter” Ferrara. A metà degli anni Novanta, quand’era arduo recuperare e diffondere questo tipo di materiale, “TV Cartoon Mania” costituiva la più completa raccolta on-line di sigle: una collezione di testi e musiche in duplice formato (il midi e l’allora nascente mp3) che, in pochi anni, aveva raggiunto una dimensione e una completezza encomiabili. Percorrendo quello stesso sentiero, poco più tardi comparve in rete un altro storico archivio multimediale, chiamato “Prometeo” – nome che agli amanti di Reiji Matsumoto non può che suonare evocativo. Nato ufficialmente il 21 ottobre 1996, il “Progetto Prometeo” s’impose come iniziativa senza fini di lucro, diretta a raccogliere e conservare a mezzo Internet le sigle dei programmi televisivi, con un occhio di riguardo per i cartoni animati giapponesi trasmessi tra il 1978 e il 1985. Promotore fu un gruppo di studenti del Dipartimento di Scienze dell’Informazione dell’Università degli Studi di Milano, unitamente ad alcuni utenti del newsgroup it.arti.cartoni. Anche in questo caso venivano condivisi testi e canzoni mp3, ai quali si aggiunsero in seguito dei filmati, le cosiddette “videosigle”. Tutto veniva digitalizzato usan-

200

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME do come sorgenti i vinili originali, le musicassette o le VHS, in genere direttamente dai proprietari, spesso collezionisti. Trasmessi ai gestori del progetto, i file finivano memorizzati sul server universitario “Kame”, dov’erano poi raggiungibili via FTP e, con la successiva messa on-line di un mirror gestito dagli studenti del Politecnico di Torino, anche via web. L’attività del “Prometeo” ricordava dunque quella dei copisti medievali, coloro che nei silenti scriptoria degli antichi monasteri preservavano dall’oblio la cultura in Occidente. L’arrivo della “stampa a caratteri mobili” versione XXI secolo, ossia l’evoluzione dei servizi e delle tecnologie web (hosting gratuito, peerto-peer, banda larga…), consentì poi la fulminea diffusione degli archivi, sublimando di fatto il “Prometeo” e rendendo la sua missione “amanuense” non tanto obsoleta quanto compiuta. Già in attrito con la SIAE e con una nota major discografica che più volte ne aveva fatto rimuovere i contenuti (clamorosa la cancellazione dell’intera sezione dedicata a Cristina D’Avena), il progetto fu definitivamente chiuso nel 2002. Ne rimane tuttavia ancora on-line un mirror non ufficiale, “MiJ” (“Made in Japan”), volenterosamente aggiornato da Simone Harada. Il “TV Cartoon Mania” subì una sorte non molto diversa, chiudendo i battenti in maniera prematura (complici alcuni problemi tecnici e mancanza di tempo); eppure trovò il modo di sopravvivere a sé stesso, anzi di evolversi, grazie al “Cartoni.hlp” di Gian Piero “Haranban” Aschieri. Concepito come versione light e portabile di “TV Cartoon Mania”, il “Cartoni.hlp” rappresenta la sua prosecuzione ideale in formato hlp, quello noto agli utenti dei sistemi operativi Microsoft per il suo utilizzo nelle guide on-line di Windows (divenuto poi formato chm). “Cartoni.hlp” è appunto una “guida” alle sigle italiane. Da semplice contenitore di testi, com’era in origine, la sua funzione si è gradualmente estesa, e il file si è arricchito di contenuti fino a diventare – primato che conserva tuttora, nonostante il passare del tempo e il proliferare di siti – il più compatto compendio reperibile on-line sull’argomento. Giunto alla versione 2.7, ora contiene, oltre ai testi di cartoni e telefilm, una serie di sezioni con interviste, informazioni, aneddoti, cronologie, discografie, indirizzi web, notizie su cantanti, autori e trasmissioni… e altro ancora. Oggi una nutrita schiera di piccoli e grandi emuli telematici ha raccolto l’eredità dei pionieri delle sigle;

alcuni di essi compaiono estemporaneamente e durano il tempo di un volubile entusiasmo, altri sono ripetitivi copia-incolla di risorse prese altrove, altri ancora puramente – e odiosamente – commerciali. Ce ne sono infine di più rigorosi e organizzati, aderenti ai principi dei predecessori, talvolta legati a essi in modo diretto, tanto da potersi definire loro discendenti legittimi. Tra questi, una menzione speciale merita l’articolato “SigleTV.net”, portale di riferimento in tema di musica abbinata ai vecchi e nuovi cartoni. La comunità che riunisce è folta e dinamica, tanto intraprendente da riuscire a produrre due CD musicali di provini inediti, sorprendentemente realizzati in collaborazione con i celeberrimi Cavalieri del Re e con Le Mele Verdi, l’altrettanto storico coro diretto da Mitzi Amoroso. Provando a esaminarle in chiave introspettiva, iniziative come questa – segnaliamo peraltro l’imminente uscita di un terzo CD, dedicato ai Condors/F.lli Balestra, e di un DVD live dei Cavalieri del Re – rivelano una certa direzione intrapresa nel percorso di crescita della “Goldrake generation”… Adempiuta l’impellenza iniziale di salvare la memoria, è poi subentrata la curiosità di scavare più a fondo negli eventi che la formarono, di conoscerne i protagonisti e scoprirne i retroscena, di tornare idealmente indietro nel tempo e ripercorrere, con sguardo affettuoso e riflessivo, un particolare periodo della storia e del costume del nostro Paese, con le sue luci e le sue ombre, le sue speranze e le sue contraddizioni. Non solo voglia di “revival”, non solo nostalgia ma, forse, anche un po’ ricerca di sé, desiderio di comprendere meglio ciò che si è diventati, attraverso la reminiscenza di ciò che si era.

I

n collaborazione con “SigleTV.net”, “MiJ/ Prometeo” e “(ro)bozzY Home Page” che ci hanno gentilmente concesso le copertine (ringraziamo in particolare Tarrasque, Fa.Gian, KBL, Hiroshi, Alberto Chiappini, Simone Harada e Graziano “(ro)bozzY” Caruso per la loro disponibilità) e con Gian Piero Aschieri e il suo “Cartoni.hlp” da cui sono tratti i testi, presentiamo un inserto “speciale” che racchiude, raggruppate per autori, molte tra le più conosciute sigle televisive d’epoca. Non si tratta di un elenco completo (a tal proposito rimandiamo il lettore alle risorse citate), ma vuole rappresentare un piccolo tributo che TdC ha inteso offrire agli appassionati e a una categoria di artisti che, senza tante pretese, è riuscita a far crescere sane le nostre emozioni. n Massimo De Faveri

Musica: Speciale Sigle TV

201


Musica ANIME

I Cavalieri del Re Grande festa alla corte di Francia C’è nel regno una bimba in più Biondi capelli e rosa di guancia Oscar ti chiamerai tu Il buon padre voleva un maschietto Ma ahimè sei nata tu Nella culla ti han messo un fioretto Lady dal fiocco blu

Lady Oscar R. Zara, 1982 RCA

[rit. 1 - Oh Lady, Lady, Lady Oscar Tutti fanno festa quando passi tu Oh Lady, Lady, Lady Oscar Come un moschettiere batterti sai tu] [rit. 2 - Oh Lady, Lady, Lady Oscar Le gran dame a corte ti invidiano perché Oh Lady, Lady, Lady Oscar Anche nel duello eleganza c’è]

Sasuke R. Zara, 1981 RCA

Notte buia alla corte di Francia A palazzo si dorme già Tre briganti con spada e con lancia Agguato a sua maestà Lady Oscar s’è proprio nascosta Nella grande stanza del Re Con scatto felino ed abile mossa Colpirà tutti e tre [rit. 4 - Oh Lady, Lady, Lady Oscar La tua spada fischia non delude mai Oh Lady, Lady, Lady Oscar Anche nella mischia vincere tu sai] [rit. 2] [rit. 3] [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] [rit. 4] [rit. 2] [rit. 3] [rit. 3]

[rit. 3 - Oh Lady, Lady, Lady Lady

Lady Oscar!

Nel magico paese del Sol Levante L’armata giapponese di Shogun Da tempo ormai saccheggia la brava gente Terrore in tutti semina quaggiù Ma ecco con un urlo tremendo e gelido Arriva da una piccola città Un giovane guerriero dal volto impavido Sicuramente lui ci aiuterà

O nobile guerriero samurai]

[rit. 1 - Sei furbo, sei forte, sconfiggi la morte Oh piccolo guerriero samurai!] [rit. 2 - Sasuke, Sasuke, guerriero nobile, Difendi con furore l’amico debole] [rit. 3 - nessuno ti può vincere perché Tu sei cintura nera a karate] [rit. 4 - Sasuke, Sasuke, col tuo kimono Sei così feroce ma in fondo buono Sconfiggere il tiranno tu saprai

202

Oh Lady, Lady, Lady Le...]

[rit. 5 - Sasuke, Sasuke nel vento la tua voce Riporterà la pace su noi!] Haaa! Nel misterioso mondo del Sol Levante Da un po’ la gente non sorride più Si è chiusa nelle case, non fa più niente Terrore regna gelido quaggiù Ma ecco con un urlo forte e satanico Riporterà tra noi la libertà Quel giovane guerriero semina panico In fuga il nemico metterà [rit. 1] [rit. 2] [rit. 4] [rit. 5] Haaa! Sasuke, Sasuke, dagli occhi a mandorla Combatti con furore sei una girandola [rit. 3] [rit. 4] [rit. 5]

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Questa semplice ballata è dedicata solo a te Principessa senza regno, senza re La tua vita avventurosa ricca di fatalità Fiorellino dove mai ti porterà La regnante principessa ha promesso sposerà Chi nel regno il grosso anello porterà Pretendenti e spasimanti, tutti quanti cercan te Fiorellino, Fiorellino, ma perché? [rit. 1 - Oh Fiorellino, gira gira giramondo In mongolfiera, su paesi e su città Amici favolosi incontrerai viaggiando Mentre il nemico sempre caccia ti darà] Oh Fiorellino, gira gira giramondo Dalle piramidi egiziane al polo nord

[rit. 1 - Yattaman, Yattaman, al gran filone d’oro Yattaman, Yattaman, buona guardia fa Yattaman, Yattaman, divertente ma severo Coraggioso e battagliero Yattaman] Yattaman, Yattaman, al nemico da battaglia Yattaman, Yattaman, con gran comicità Yattaman, Yattaman, vince in ogni guerra [rit. 2 - Sentinella della terra Yattaman] Sopra ai grattacieli o nel deserto va La sua strana macchina il nemico troverà E guerra di bottoni ricomincerà Ma Yattaman corsaro ben difenderà quell’oro

È una bimba come te Con grandi sogni racchiusi in sé Mentre danza la sua stanza diventa il palazzo del re Stilly ancora non lo sa Ma un sogno può diventar realtà Non è facile, né difficile, forse semplice sarà [rit. 1 - Prendi lo specchio magico Fragile e mitologico Simbolo di bellezza e di vanità Ogni tuo sogno segreto con lui diverrà realtà] [rit. 2 - Prendi lo specchio magico Anche se sembra illogico Ogni tuo desiderio s’avvererà Se specchierai in lui l’amore fedele ti servirà]

Ti porterà lontano questo girotondo Dalla laguna alla statua di New York Sei cresciuta in un villaggio Senza nulla in povertà Ma la vita presto ti sorriderà Una favola moderna forse questa sembrerà Se un lieto fine tutto aggiusterà [rit. 1] [rit. 2 - Oh Fiorellino, gira gira giramondo Il tuo destino presto ti sorriderà Le tue avventure finiranno solo quando Sulla tua strada il grande amore arriverà] [rit. 2] Fiorellino...

La Ballata di Fiorellino R. Zara, 1983 RCA

[rit. 3 - Yattaman, Yattaman, con le armi stravaganti Yattaman, Yattaman, ridere ci fa Yattaman, Yattaman, quei congegni divertenti Al servizio sempre dell’umanità] Sentinella della terra Yattaman Nell’isola deserta o nella gran città La sua strana macchina il nemico troverà E guerra di bottoni ricomincerà Ma il gran filone d’oro nelle mani sue è sicuro [rit. 1] Elettronico corsaro Yattaman [rit. 2] [rit. 3] Con le armi piene di comicità. Yattaman! Ah! Ah! Ah!

Yattaman R. Zara, 1982 RCA

[rit. 3 - Stilly ha lo specchio magico Fragile e mitologico Simbolo di bellezza e di vanità Ma solamente l’amore lo specchio rifletterà] Tutto si ripeterà La vecchia storia ormai senza età L’ambiziosa vanità ad appannare lo specchio riuscirà Incantesimo o magia Stilly ritrova la verità Guarda dentro sé, tutto è facile Con l’amore e la bontà

Lo Specchio Magico R. Zara, 1983 RCA

[rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] La la la...

Musica: Speciale Sigle TV

203


Musica ANIME C’è un gran castello Nella contea di Camelot Con mille e più scudieri Al servizio di un grande Re Dal sangue blu [rit. 1 - Vai Arturo va’... Vai Arturo va’... Re Artù Vai Arturo va’...]

La Spada di King Arthur

[rit. 2 - Tutti i cavalieri della Tavola Rotonda Giurano solenni, eterna fedeltà a sua maestà...]

Zara, 1982 RCA

[rit. 1] [rit. 3 - Con la sacra spada, mette tutti in fuga Nessuno mai lo vincerà Anche Lancillotto, furbo più di un gatto Mai con lui si batterà Nobile di cuore, puro di pensieri Sole non tramonta più Alla corte del grande Re Artù]

I cavalieri neri dalla Britannia caccerà Arturo va’ [rit. 1] Mago Merlino dall’alto della torre, Con polverine magiche Il Re aiuterà e sua maestà Vai Arturo va’...Vai Arturo va’... Poi vincerà Vai Arturo va’... [rit. 3] Re Artù di Camelot con la corona in testa I cavalieri neri dalla Britannia caccerà Arturo va’, Vai Arturo va’... Arturo va’ [rit. 2] Vai Arturo va’...Vai Arturo va’... E sua maestà Vai Arturo va’... Re Artù Poi vincerà

Re Artù di Camelot con la corona in testa

Con grande tempesta, tuoni e lampi La nostra avventura incominciò Il mare in burrasca e i forti venti Il grande veliero affondò Tutta la notte cercammo gli assenti Ma più nessuno si salvò E trascinati da forti correnti Finalmente terra si toccò.

L’Isola dei Robinson R. Zara, 1982 RCA

[rit. 1 - Ora siamo su quest’isola Poche le comodità Ma come in una grande favola Noi viviamo in libertà Sembra un paradiso l’isola Qui non c’è malvagità Mai la vita si fa gelida Regna la serenità]

Ninna nanna nella luna chiara Ed il piccino s’addormenterà] [rit. 3 - Vita libera sull’isola Piccola comunità La natura ci fa regola Con la sua maternità] Il sole già alto su nel cielo I pappagalli parlano di già Le trappole pronte attendono al suolo Oggi buona caccia si farà La piroga è scesa in alto mare Quanto pesce porterà Al campo muore l’ultimo fiore Nel vecchio mondo più si tornerà

[rit. 2 - Ma quando buio si fa Verso sera scende la paura Il grande fuoco s’accenderà La capanna resterà sicura Tutti in coro si canterà

204

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 1] [rit. 2] [rit. 1] [rit. 3]


ANIME Ricordo ancora il primo giorno a scuola Le mie matite e i pennarelli blu Che lontano quel tempo come vola Verdi giorni che non tornan più

Mai nel tempo scorderò, Le pagine d’amore forse fuori moda un po’ Ma ieri ho visto il mio ragazzo che Toglieva un po’ di polvere da te]

Quanti giorni su quei neri banchi Quanti sogni non ricordo più Ma un pensiero assopito si fa avanti è quel libro che leggi ora tu

In castigo dietro alla lavagna, Quante macchie con l’inchiostro blu Con la mente che naviga e sogna Su quel libro che leggi ora tu

Il tamburino sardo Corre senza aver paura Alto tiene il suo stendardo Messaggero di ventura

Lo scrivano fiorentino, Nel profondo della notte, Scrive sotto a un lumicino Cento e mille più fascette

Va parte il bastimento Genova è ormai lontana Marco va nel nuovo mondo Terra sudamericana

La vedetta in alto sale Grande premio al suo valore, Fiori getta l’ufficiale, Copre tutto un tricolore.

[rit. 1 - Oh, caro vecchio libro Cuore Con la tua semplicità Continui a far sognare i ragazzi d’ogni età Mio vecchio libro Cuore

[rit. 1]

Piccola Chappy, piccola Chappy Da Magilandia quinta dimensione blu Con tocco di magia è giunta fin quaggiù [rit. 1 - La maga Chappy, Chappy quando fa magia Piccola Chappy Chappy ha grande fantasia] La vita sulla Terra non la stanca mai Lei si diverte un mondo con gli amici suoi La maga Chappy, Chappy quando fa magia Piccola Chappy, Chappy ha grande fantasia

R. Zara, 1982 RCA

Ma ieri ho visto il mio ragazzo che Toglieva un po’ di polvere da te

Ma in una sera al chiar di luna Va sulla collina, c’è mamma e papà Son scesi dal lontano mondo Per sapere in fondo come Chappy sta Conoscere con fantasia Un mondo senza la magia

[rit. 2 - La sua bacchetta magica non sbaglia mai Con grande abilità lei scaccia tutti i guai] [rit. 1]

Con tutta la famiglia gira la città La vita sulla Terra piace anche a papà [rit. 4 - La brava Chappy, Chappy quando fa magia Non fa capricci, Chappy ha grande fantasia] [rit. 2] [rit. 5 - La maga Chappy, Chappy quando fa magia Non fa pasticci, Chappy ha grande fantasia] Piccola Chappy, Chappy piena di poesia [rit. 5] Piccola Chappy, Chappy piena di poesia [rit. 3] forza Chappy, Chappy quando fa magia Piccola Chappy, Chappy ha grande fantasia [rit. 5] [rit. 4]

[rit. 3 - Lei gioca con gli amici, salta, corre, canta, Regina di magia rossa, nera, bianca] [Rit. 1]

Ciao, ciao Chappy, Chappy quando fa magia Ciao ciao Chappy, Chappy ha grande fantasia

Ma in una notte fredda e scura Scende una bufera non si canta più Nel bosco c’è una strega nera che fa gran paura Chappy aiuta tu La strega è solo fantasia Con “Magolamagamagia”

Cuore

Musica: Speciale Sigle TV

La Maga Chappy R. Zara, 1982 RCA

205


Musica ANIME Moby Dick 5 È una grande balena spaziale Luccicante astronave nel sole È un vascello ma senza le vele la Moby Dick 5 Moby Dick

Moby Dick 5 R. Zara, 1982 RCA

Da millenni sul fondo del mare A difesa di un mondo migliore è riemersa a portare l’amore la Moby Dick 5 Moby Dick

[rit. 3] [rit. 5 - Grande balena bianca Che salverà l’umanità]

[rit. 1 - Vola via su tra le stelle va E poi negli abissi del mare si tufferà]

Nel pianeta sommerso di Atlantis Dove il vizio ha corrotto le menti Si combatte con armi potenti la Moby Dick 5 Moby Dick

Il giovane audace equipaggio Alla guida di un mitico saggio Pilota con grande coraggio la Moby Dick 5 Moby Dick Combatte un nemico crudele Per terra per cielo e per mare E torna vincente nel sole la Moby Dick 5 Moby Dick

L’Uomo Tigre R. Zara, 1982 RCA

206

Ma poi con un tuffo nel mare s’immergerà] [rit. 3 - Moby Dick 5 sottomarino spaziale Moby Dick 5 gran sommergibile astrale Moby Dick 5 astro vascello infernale] [rit. 4 - Che da una guerra mondiale Ci difenderà]

Moby Dick 5, Moby Dick 5

Ma il giovane e audace equipaggio Ci dimostra di essere saggio Pilotando con grande coraggio la Moby Dick 5 Moby Dick

[rit. 2 - Vola via su nello spazio va

[rit. 2] [rit. 3] [rit. 4] [rit. 3] [rit. 5] [rit. 3] [rit. 5] [Moby Dick 5 - x6]

Tiger Man!

Ma col nemico non ha pietà]

Solitario nella notte va Se lo incontri gran paura fa Il suo volto ha la maschera [rit. 1 - Tigre, Tiger Man, Tigre, Tiger Man, Tigre Tiger Man.]

Tiger Man! Tutti sanno che è invincibile, Lui sul ring è formidabile, Nella lotta è temibile il [rit. 1]

Misteriosa la sua identità, è un segreto che nessuno sa, Chi nasconde quella maschera [rit. 1]

Nella Tana delle Tigri lui, Di nascosto entra piano e poi, Con sorpresa assale tutti il [rit. 1]

[rit. 2 - è l’Uomo Tigre che lotta contro il male Combatte solo la malvagità Non ha paura si batte con furore Ed ogni incontro vincere lui sa Ma l’Uomo Tigre ha in fondo un grande cuore Combatte solo per la libertà Difende i buoni, sa cos’è l’amore Il nostro eroe mai si perderà]

[rit. 2] [rit. 3] Ma l’Uomo Tigre lotta contro il male Combatte solo la malvagità Non ha paura si batte con furore Ed ogni incontro vincere lui sa

[rit. 3 - Ha tanti amici grande è la bontà

Tiger Man!

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 3]


ANIME

Mario Balducci [rit. 1 - Sulla mia moto corro, presto Lo troverò quel maledetto E con un colpo mio mortale Vedrai gliela farò pagare Ragazzo, tu non mi seguire Rispetta questo mio dolore]

Judo Boy, Judo Boy, il tuo dolore ti ha accecato Judo Boy, Judo Boy, non diventare come lui]

[rit. 1 - Judo Boy, Judo Boy, Sappiamo che per te ha importanza Judo Boy, Judo Boy, ma non usare la violenza

Io girerò con tutti i mezzi Quell’uomo voglio fare a pezzi E certo non avrò paura Qualunque sia la mia avventura Ragazzo, tu non mi seguire Rispetta questo mio dolore [rit. 2] [rit. 1] [rit. 2]

Eccoci, siamo amici tuoi, e io sono Peter Rei Eccoli che ci assalgono, non aver paura mai Perché, qui c’è chi pensa a te

E GunTank l’invincibile Contro i carri lotterà Vedrai, nessuno sfuggirà

[Gundam - x4] Oohhh Oohhh

[Gundam - x4] Oohhh Oohhh [Gundam - x4]

Lui è là, la sua spada vincerà Il nemico che verrà E per noi, lotterà

Amici miei, sono Peter Rei, comandante del robot Sono io il ragazzo che ai nemici dice no Perché, nessuno ce la fa

Cellula trasformabile E GunCannon sparerà

Nessuno ce la fa contro Gundam [parlato] [Gundam - x4] Oohhh Oohhh [Gundam - x4] Gundam

Judo Boy Lo Vecchio-Detto, 1980 CLS Meeting Music

Gundam Lo Vecchio-Detto, 1980 CLS Meeting Music

I Piccoli Stregoni [rit. 1 - B e A, B e E BA-BE, B e I BA-BE-BI B e O BA-BE-BI-BO, B e U BA-BE-BI-BO-BU] [rit. 2 - C e A, C e E CA-CE, C e I CA-CE-CI, C e O CA-CE-CI-CO, C e U CA-CE-CI-CO-CU]

D e A, D e E DA-DE, D e I DA-DE-DI D e O DA-DE-DI-DO, D e U DA-DE-DI-DO-DU F e A, F e E FA-FE, F e I FA-FE-FI F e O FA-FE-FI-FO, F e U FA-FE-FI-FO-FU

E così tu mi sfidi ad imitare Bia Ed a fare qualche magia Io farò sparire un fazzoletto Se non lo trovi vai subito a letto. Vuoi un cavallo da un stella Non lo so se mi riuscirà Ma cantiamo insieme la canzone forse Bia ci aiuterà [rit. 1] [rit. 2]

Appesa ad un ombrello colorato, Bia è scesa sulla Terra per noi Viene da un paese molto lontano, Dove i bambini si danno la mano Dove ci son solo amici E puoi fare tutto quello che vuoi E quel mondo se con lei tu canti, lo ritroverai [rit. 1] [rit. 2]

Musica: Speciale Sigle TV

Bia, la sfida della magia Lo Vecchio, 1980 Fonit Cetra

207


Musica ANIME

Giorgia Lepore Conan Macchiarella-Buzzi, 1981 RCA

C’era una volta una città In quell’isola laggiù C’era una via, che passava di là Proprio dove vivi tu

Ci sono i buoni, come sei tu Per un amicizia in più C’è sempre Lana, vicino a te Che ti fa sentire un re

C’era allegria, c’era felicità Ma la guerra è una follia Ma se qualcuno, sorride a te Un domani ancora c’è

Ci sono i sogni, tutti quelli che fai Che non moriranno mai C’è la speranza, che d’ora un poi Un futuro avremo noi

Dai Conan! Tutto deve ricominciare Dai Conan! Mettici tanto amore, più che puoi Dai Conan! Ora stringiti forte a Lana Dai Conan! Bella non c’è nessuna, come lei

Dai Conan! Sulla terra c’è ancora il sole Dai Conan! Tenero come un fiore, crescerai Dai Conan! Questo mondo si può salvare Dai Conan! Tuffati in mezzo al mare, e poi vai

Salta i pericoli, vola tra gli alberi Corri insieme a noi Oltre gli ostacoli, per tutti gli uomini liberi Contro i nemici non perderti Non fermarti mai

[Salta i pericoli, vola tra gli alberi Corri corri Oltre gli ostacoli, per tutti gli uomini liberi Contro i nemici non perderti Non fermarti - x4]

Na-na-na-na, na, na, na-na-na-na-naaa, na-na, na

Vai Peline e se la voce trema che fa Felicità è cantare in coro

Marcondirondirondirondero Cigola la ruota sul sentiero Cinque quattro tre due uno zero e si va Ma ce ne vorrà prima di arrivare

Peline Story Cassella-Tommaso, 1980 RCA

208

Marcondirondirondirondero. Chi è più buono ha il cuore più leggero Ma Peline è grande e queste cose le sa è la bontà che la fa volare

[rit. 1] Ragazzina, ragazzina Il tuo carro pieno di avventure va Peline, cara ragazzina Tu somigli proprio tutta al tuo papà [rit. 1]

[rit. 1 - Ragazzina, ragazzina Lunga è la tua strada ma ce la farai Peline, cara ragazzina Il tuo vecchio nonno lo ritroverai.]

Ragazzina, ragazzina Il tuo carro pieno di avventure va Peline, cara ragazzina Tu somigli proprio tutta al tuo papà

Marcondirondirondirondero Ogni nonno al mondo ha un cuore d’oro

Na-na-na-na, na, na, na-na-na-na-naaa, na-na, na. Na-na-na-na, na, na, na-na-na-na-naaa, na-na, na.

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Mimì, sogni la vittoria Sogni, dolci sogni Sul tuo banco di scuola fai Mille batticuori Al tuo diario racconterai Romantica Mimì, fantastica Mimì La più carina della classe Tutta la squadra c’è, di pallavolo che Conta su di te Sempre su di te [rit. 1 - Ma che partite Mimì, sotto la rete Mimì Batti e ribatti chi vincerà? Ad ogni tiro Mimì, senza respiro Mimì questione di felicità] [Rit. 2 - La palla dondola, scivola, rotola, vola via E tu sei l’angelo, sei quel miracolo di magia La vittoria] Dove sei Uccellino azzurro? Che darei Per averti non sai

Tuffi, voli pazzi Lì sul campo inventerai Cuori di ragazzi Con quegli occhi conquisterai Con la divisa blu, col fiocco rosso su Mimì ragazza tenerezza La coppa del torneo sarà del tuo liceo Quando giochi tu Non si perde più È una passione Mimì, è un’emozione Mimì Che nella gola ti salirà Ad ogni punto Mimì, sarà uno schianto Mimì Che fino al cielo arriverà Quelle dolcissime, grandi ragazze, insieme a te Corrono, gridano, soffrono, vogliono come te La vittoria

Mimì e le Ragazze della Pallavolo L. Macchiarella, 1983 RCA

[rit. 1] [rit. 2] Che viaggio matto sarà Nel paese delle meraviglie, Dove la vita è magia Uccellino azzurro, nell’aria scivola via.

Dov’è, dov’è quell’uccellino Che chi lo trova felice sarà Tyltyl, Mytyl, quanto cammino Dovranno fare chissà. Tyltyl, Mytyl, poveri e belli Sotto la neve che bianca va giù Senza mamma sotto gli ombrelli E col nasino all’insù C’è un mistero che vola nel cielo Sui tetti della città Uccellino azzurro che porta la felicità Tyltyl, Mytyl, stretti a braccetto Sulla ciabatta spaziale che va Kirol, Shanet, un cane e un gatto Un milione d’anni fa O forse due C’era chi Parlava al vento ed alle stelle Era Ryu, ragazzo che nel cuore aveva Favole, favole, per chi le saprà sognare

Dove sei Uccellino azzurro? Che darei Per averti non sai Tyltyl, Mytyl, e una fatina Sopra una scopa nell’immensità Di qua, di là, e sulla Luna Dove il destino vorrà

Tyltyl, Mytyl e l’uccellino azzurro Macchiarella-Meakin-Fraser, 1983 RCA

Nella notte coperta di stelle Forse qualcosa accadrà L’uccellino azzurro a bussare alla porta verrà [Dove sei uccellino azzurro? - x6]

Fantasie lontane di un mondo antico la poesia che torna da quel passato Storie che noi viviamo Che viviamo tutti con Ryu Ryu!

Musica: Speciale Sigle TV

Un milione di anni fa C. Vistarini-L. Lopez-M. Cantini, 1983 CLS-Meeting Music (Cover dell’originale giapponese)

209


Musica ANIME

Nico Fidenco [rit. 1 - Notte bianca di spavento Notte nera di terrore Acqua, pioggia, neve e vento] Lampi e tuoni di furore

Sessanta vipere sopra ogni braccio Dell’assassino lui fa un macello Lo pesta a sangue con un randello [rit. 1]

Con un rantolo agghiacciante L’assassino col coltello Squarta e taglia ad ogni istante Chiunque incontra nel castello

Bem Nico Fidenco, 1981 WEA

[rit. 2 - Ma dal mondo dell’orrore Dove il cielo è sempre nero Piomba il figlio del mistero Più veloce del pensiero, del pensiero] [rit. 3 - Arriva Bem nemico del male Che in bocca tien mille pugnali] Solo tre dita, due occhi di ghiaccio

[rit. 1 - Destra sinistra, sinistra destra La folla guarda, grida e protesta Poi per la legge del fil di ferro Si svita il collo, si stacca la testa! Destra sinistra, sinistra destra]

Jenny & Jeremy Nico Fidenco, 1981 RCA

Jeremy & Jenny, storia d’amore Tra le racchette, le corse e il sudore Jeremy & Jenny, odio e dolore Che gelosia, ma quanto amore [rit. 1] [rit. 2 - Inciampa e cade, ma si rialza Respinge al volo, si aggiusta una calza Lei prende tutto, “smasha”, rovescia Un po’ di tregua, prendila, lasciala] La palla guizza, vola saetta Rimbalza si schiaccia Si alza è perfetta. Batte e ribatte, allunga il braccio

210

S’ode un passo strascicato S’ode un colpo di martello Scende a terra l’impiccato Dove tocca fa un macello [rit. 2] [rit. 3] Ha squame verdi sopra la pelle Lingue di fiamme sopra le spalle Dell’impiccato lui fa un fagotto Lo pesta a sangue con un cazzotto [rit. 1] [Lampi e tuoni di furore... - x3]

Si abbassa e scatta, che bel colpaccio [rit. 1] Jeremy & Jenny, storia d’amore Nemici in campo, amici del cuore Jeremy & Jenny, gioia e dolori Ne passeranno di tutti i colori [rit. 1] Respinge corto, un colpo passante Non la sorprendi è pronta scattante Mille volée, tutte le acchiappa tutte Guizza e saetta, fermati, scappa, scappa [rit. 2] Destra sinistra, sinistra destra Si svita il collo, si stacca la testa! Destra sinistra, sinistra destra Si svita il collo... si stacca la testa!

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Cyborg, cyborg, cyborg [rit. 1 - Nove magnifici, Cyborg, Imprevedibili Cyborg] Nove invincibili Cyborg, Inafferrabili Cyborg Siamo i cyborg] [rit. 2 - Tutti per uno, uno per tutti, Siamo i cyborg Tutti e nessuno, nessuno e tutti, Siamo i cyborg] Stringi i pugni e vai, Mari e monti tu scavalcherai E nessuno ti fermerà mai Stringi i pugni e vai Ti nasconderai Ti troveranno e per te saran guai Molto meglio se scomparirai Stringi i pugni e vai

Sam, Sam, Sam! [rit. 1 - La faccia nel vento, il ferro nel braccio Ti guardi d’intorno con gli occhi di ghiaccio Non senti dolore con lo sguardo nel sole Sam, Sam, Sam!] [rit. 2 - Tu vai più veloce persino di un lampo Se tu lo decidi nessuno ha più scampo Chi mai può fermare, chi mai può schiacciare ] Sam, Sam, Sam!

Nove magnifici, Cyborg, Insuperabili, Cyborg] Nove fantastici, Cyborg, Indistruttibili, Cyborg Siamo i cyborg] [rit. 2] Vai tranquillo vai Molto meglio non cercare guai Con quei nove non si sa mai Vai tranquillo e vai. Altrimenti poi D’esser nato tu ti pentirai Con quei nove non si sa mai Vai tranquillo e va-vai

Nico Fidenco, 1982 RCA

[rit. 1] [Siamo i cyborg! - x3]

Contro la luce del sole, del sole morente Del sole morente Stanco nel corpo e stanca, stanca la mente Stanca la mente [rit. 4 - Solo al tramonto Sam, se ne va lento Sam Solo al tramonto Sam, se ne va lento Sam] Solo il rumore dei passi, il rumore del vento Il rumore del vento Come frontiera ai confini, confini del mondo Confini del mondo

Nessuno può fare una mossa fasulla Se solo ci prova fra gli occhi ha una palla [Non c’è da scherzare, c’è poco da fare con Sam, Sam, Sam! - x2]

[rit. 4 ] [rit. 1] [rit. 2] Sam, Sam Chi mai può schiacciare, Sam, Sam Chi mai può fermare, Sam, Sam

[rit. 1 - Microsuperman, Microsuperman Ecco un raggio abbagliante che va E rimbalza ora qua e poi là Poi un lampo violento ed il fischio del vento che va]

Microsuperman, Microsuperman Il nemico è quel ragno laggiù Ecco un lampo e già lui non c’è più Solo un lampo violento e poi l’urlo del vento che va

Microsuperman, Microsuperman è partito dall’elmetto che ha Che gli serve per colpire, si sa Che ti fa prepotenze, e illusioni e speranze, ti dà

[rit. 3 - Microsuperman, Microsuperman La vittoria a noi non sfuggirà E di nuovo il mondo in pace sarà Questo sarà il compenso Per il nostro buonsenso? Chissà?] Yama...Yama! Akeba...Akeba! Ameso... Ameso! Yama...Yama!

[rit. 2 - Con due ali dietro di noi Si può andare dove vuoi Noi possiamo tutto, siamo androidi... androidi Androidi... androidi... androidi...]

Cyborg

Sam, ragazzo del West Nico Fidenco, 1982 RCA

Microsuperman Balvetti-Fidenco, 1982 Cetra

[rit.2 ] Androidi... [rit. 1] [rit. 3] [Microsuperman - x3]

Musica: Speciale Sigle TV

211


Musica ANIME

Rocking Horse/ Superobots Forza Sugar! Douglas-Meakin-Fraser, 1981 RCA

Lulù Macchiarella-Meakin-Fraser, 1981 RCA

212

Se la vita sotto la cintura picchierà Non aver paura, forza Sugar! Se un pugno frusta e su di te si schianterà Tieni giù la testa, forza Sugar!

Mangerà la polvere chi sta davanti a te E vedrà le stelle, forza Sugar! Chi non ti può battere se speranza più non c’è Getterà la spugna, forza Sugar!

Dai! Vai! In guardia stai, al tappeto finirà Chi ha soltanto muscoli non si salverà Dai! Vai! Tu furbo sei, lui è quasi K.O. Alle corde stringilo, senza fiato lascialo!

Dai! Vai! Campione sei, anche con un occhio blu Se prendi qualche sventola, ne ridai di più Dai! Vai! Un uomo sei, anche se ti senti giù C’è chi prega da lassù con un batticuore in più

[rit. 1 - Forza Sugar, fatti sotto stai attento A quel destro che va Forza Sugar, con un gancio sotto il mento La vittoria verrà]

[rit. 2 - Forza Sugar, nella rabbia di quei pugni C’è il destino che vuoi Forza Sugar, che si avvereranno i sogni Tutti quelli che fai] [rit. 1] [rit. 2]

Benvenuta Lulù, tra i fiori Lulù, Dolce angelo sei tu Con quel gatto, Follia, e quel cane, Magia In allegra compagnia.

Fiore della bontà Sole sulla città Canto di poesia Vento che scappa via

[rit. 1 - Dolce, dolce, Lulù Mondo biondo Lulù Luna, stella Lulù Tutta, bella Lulù]

Sei la primavera che tornerà, Nelle case Lulù, per le strade Lulù Sempre dove passi tu Sei la felicità, l’avventura che va E nessuno fermerà

Cuore, semplicità, mare, serenità Occhi di prateria, bocca senza bugia

[rit. 1]

Via dal tuo paese a cercare vai In un fiore Lulù, un tesoro Lulù, Per chi non sorride più La speranza sei tu, per chi vive lassù Al di là di tutto il blu

[rit. 2 - Corri, corri Lulù, viso, rosa Lulù Cielo, chiaro Lulù, pace, sogno Lulù]

Corri, corri Lulù, viso, rosa Lulù, Cielo, chiaro Lulù, pace, sogno Lulù.

[rit. 1] [rit. 2]

Fiore della bontà, Sole sulla città Canto di poesia, vento che scappa via

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Un bambino Toriton Ma già uomo Toriton Già un eroe, il più piccolo che c’è

È sincero Toriton È mistero Toriton Energia, che azzurra scappa via

Cuore grande Toriton Fra le onde Toriton Su e giù, nell’universo blu

Così bello Toriton rompicollo Toriton Più che mai, due stelle gli occhi suoi

È Toriton del mare Mantello rosso come il sole Che con un magico pugnale Dei prepotenti a caccia va

[rit. 1 - È Toriton che vola Un angelo sull’acqua chiara Capelli verdi all’avventura Un lampo nell’immensità]

E Toriton ardito Con un delfino per amico In quell’oceano lontano In lotta per la libertà

E Toriton audace Missione solo per la pace Che ferma i mostri e le correnti E stringe i denti, avanti va [rit. 1]

Sampei, Sampei Pescatore grandi orecchie a sventola Sorriso di sole Sampei

Perché l’incredibile sei Abboccherà, una vecchia scarpa non sarà Il salmone più gigante del Canada No, non sarà, la fortuna che ti mancherà E un cappello giallo in testa Sotto il sole sotto la tempesta

Ma che sarà, pescecane spada che sarà è questione di momenti, abboccherà Amica tua, una canna fatta di magia E quell’amo, una calamita Impossibile cambiare strada [rit. 1 - Oh, Sampei! Giramondo come i marinai Quanti mari vedrai] Sampei, Sampei E la barca va, la barca scivola Con te dietro i sogni che fai! Sampei, Sampei Tredici anni e peschi l’impossibile,

Candy è poesia, Candy Candy è l’armonia Candy è la magia, Candy Candy è simpatia È zucchero filato, è curiosità è un mondo di pensieri in libertà È un fiore delicato, è felicità Che a spasso col suo gatto se ne va [rit. 1 - Candy, oh Candy, nella vita sola non sei Anche nella neve più bianca, più alta che mai Candy, oh Candy, che sorrisi grandi che fai

Toriton Macchiarella-Tamborrelli, 1981 RCA

[rit. 1] Sampei, Sampei Dal Giappone al centro dell’America Ormai imbattibile vai Sampei, Sampei Che non perdi quasi mai la bussola Un lupo di mare Sampei

Sampei Meakin-Fraser-Macchiarella, 1982 RCA

[Sampei, Sampei Uh! Che miracoli fai! Sampei, Sampei Uh! Che campione che sei! - x3]

Che sapore dolce, che occhi puliti che hai] Candy è fantasia, se racconta una bugia Candy è l’allegria, che ci tiene compagnia È un sogno colorato, è l’ingenuità è un desiderio che si avvererà È un cucciolo smarrito nell’immensità Nel bosco e tra le case di città [rit. 1] [rit. 1]

Musica: Speciale Sigle TV

Candy Candy Macchiarella-Fraser-Tibaldi, 1980 WEA

213


Musica ANIME Chi mai saprà Di una stella che esplose anni luce fa Scruta nel blu C’è chi Apolon spense lassù Ride Daazan Ma una forza segreta in agguato sta

UFO Diapolon Evangelisti-Milcalizzi, 1981 RCA

Vola Takeshi, e ai nemici tuoi Spezza, Takeshi, le ali e vai Vinci, Takeshi, che tutto puoi E prendi quota e vai, via con lui

La tua storia ai confini della realtà Ti guiderà L’ora della vendetta vedrà La tua energia Neanche un dio riuscirebbe a portarti via Vola Takeshi, che tu sei il re Niente, Takeshi, potrà su te Per quella forza che grande è Takeshi vincerai, ma con lui Arma di guerra Diapolon Disintegra e cancella Salva la Terra Diapolon

[rit. 1 - Alto nel cielo Diapolon Colpisci l’uragano Rombo di tuono Diapolon]

[rit. 1] Arma di guerra...

Labi che sa,

Grand Prix, Grand Prix Chi fu l’eroe per chilometri e chilometri A chi però il destino disse no Ma il cuore è più potente di una macchina E la paura non lo fermerà

Grand Prix e il Campionissimo Migliacci-Tommaso, 1981 RCA

Ehi, Takaya, sei forte come un bolide Divora la tua pista e vincerai Sei il vento veloce, sei il lampo di luci che fulmina

Trider G7 C’è qualcuno lassù, oltre il cielo stellato Un nemico invisibile e armato Watta questo lo sa Ma sicuro può andare Lui di Ondron non ha alcun timore Più del Sole più su, per galassie infinite Può tentare le imprese più ardite Watta vola che puoi, puoi fidarti di lui Di quell’amico fedele che è il più micidiale

Trider G7 Micalizzi-Evangelisti, 1981 RCA

214

[rit. 1 - Trider G7, tu del cosmo imbattibile eroe Trider G7, invincibile è il laser che in petto tu hai Trider G7, contro i mondi ai comandi di lui Dei nemici di Watta il terrore Un diamante nel cuore, tu vai]

[rit. 1 - Ehi, Takaya, Sei il supercampionissimo La rabbia del motore esploderà La curva, la strada, la folla che grida “pericolo!” Ma l’inferno aspetterà] Grand Prix, Grand Prix Ehi, Takaya, regala un altro brivido, Sei l’aquila che in alto volerà, Sei il vento veloce, sei il lampo di luci che fulmina [rit. 1] [Grand Prix - x4]

Spara razzi nel blu, inseguendo comete Spaventando meteore e pianeti Watta quando gli va, ecco preme un bottone E di Ondron ne fa un bel boccone Traccia un’orbita e via, oltre il muro del suono Taglia a fette anche l’arcobaleno Watta vince perché ha un gigante con sé E non gli serve un cannone o la bomba al neutrone [rit. 1] Trider G7, quale formula magica sei Trider G7, come un bolide astrale tu assali e tu vai Trider G7, tu cammini con gli uomini e sei L’avventura di oggi e domani Che lo spazio conquista per noi Trider G7

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Babil Junior pugni stretti contro la follia Babil Junior braccia forti spezza l’energia Non c’è piombo che ferirlo potrà Non c’è fuoco che bruciare lo fa Invincibile sarà Babil Junior contro il tempo più veloce va Babil Junior tuono e lampo si scatenerà Un destino è stato scritto per lui E le stelle non si sbagliano mai Il nemico è già nei guai [rit. 1 - Va, Babil Junior, Va contro le forze del male Senza pietà le fulminerà Vola nel cielo, Nello spazio e nel mistero]

Sempre più su, sempre di più Babil Junior è un ragazzo ma non tremerà Babil Junior ha coraggio e paura fa Se la Terra in pericolo è E nessuno per difenderla c’è Come il vento arriverà Va, Babil Junior Contro chi vorrebbe il potere E salverà la libertà Nell’infinito Nel futuro e nel passato Vola più su, sempre di più [rit. 1]

Babil Junior Macchiarella-Freaser-Meakin, 1982 RCA

[Va, Babil Junior - x5]

Daltanious, Daltanious, fuori [rit. 1 - Per Daltanious bim-bum-ba-alè-giù E il nemico non esiste più È Daltanious che ci aiuterà] Super-balestra, frecce, spada, lame boomerang [rit. 2 - Odia gli stupidi, aiuta i deboli Dagli invasori ci difenderà Lui si sacrifica, lo sa che è l’ultima Speranza dell’umanità Extraterrestre via da questa terra mia Togli le zampe o ce le lascerai] Ti spacca in quattro lui, ci fa una croce su E tu non ci sei più!

Ha in mente Kento e va Con le astrogambe va E il suo leone in petto ruggirà [rit. 4 - Tutto disintegra quando gli girano Le lame boomerang] Trappole, agguati, trabocchetti, imboscate Lo circondano, Mostri, giganti e striscianti serpenti, è in pericolo Daltanious non si fermerà, è troppo forte e vincerà [rit. 2]

Daltanious Migliacci-Argante, 1981 RCA

[rit 1] [rit. 3] [rit 1] [rit. 3]

[rit. 1] [rit. 3 - non si arrende mai, troppo forte, non è nato ancora chi lo batterà]

Va sottoterra nei mari profondi Nei cieli immensi Blue Noah Come uno squalo silenziosamente Ecco che arriva Blue Noah A bordo tutto ok, è l’ora degli eroi! Sono atterrati duecento milioni Di Gothamiani, Blue Noah Contro Makoto e Domond il saggio E l’equipaggio, Blue Noah

[rit 1] [rit. 3]

A bordo tutto ok, è l’ora degli eroi! [rit. 1 - Sottoterra, in mare, in cielo E l’inferno si scatenerà - x2] Stiamo viaggiando a tremila unità Blue Noah è sempre con noi Contro Makoto non si vince mai Makoto non muore mai. [rit. 1 - x4]

Musica: Speciale Sigle TV

Blue Noah Migliacci-Meakin-Tamborrelli, 1981 RCA

215


Musica ANIME Mazinga, Mazinga, Mazinga! Trema, il regno delle tenebre e del male Dalla fortezza della scienza arriva Con i suoi pugni atomici [Mazinga... Robot - x2]

Il Grande Mazinger Migliacci-Argante, 1979 RCA

Vola, si tuffa dalle stelle giù in picchiata Se sei nemico prega è già finita Sa morte batte i denti c’è Mazinga... Robot Mazinga... Braccia rotanti... Robot Mazinga... Doppio laser... Robot Mazinga... Onda di fuoco... Robot Ha la mente di Tetsuya ma tutto il resto fa da sé Non conosce la paura né sa il dolore che cos’è Lotta, cade, si rialza e sempre vincerà Mazinga... Robot Mazinga... Raggi fotonici... Robot Mazinga... Lama del Diavolo... Robot Mazinga... Doppio boomerang... Robot Mazinga, Mazinga, Mazinga, Mazinga!

Forte, con una mano spacca una montagna Dagli occhi sputa fuori i raggi gamma Non c’è chi è forte più di te [Mazinga... Robot - x2] Ha la mente di Tetsuya ma tutto il resto fa da sé Non conosce la paura né sa il dolore che cos’è Se hai bisogno puoi chiamarlo come un fulmine verrà [Mazinga... Robot - x2] Mazinga... Bombe jet... Robot, Mazinga Mazinga... Luce atomica... Robot Mazinga... Spada diabolica... Robot, Mazinga Mazinga... Spirale perforante... Robot Mazinga... Lava atomica... Robot, Mazinga Mazinga... Pugno atomico... Robot Mazinga... Pugni rotanti... Robot, Mazinga Mazinga... Doppio laser... Robot Mazinga... Onda di fuoco... Robot, Mazinga Mazinga... Razzi fotonici... Robot Mazinga... Lama diabolica... Robot, Mazinga Mazinga... Doppio boomerang... Robot

[rit. 1 - Incastro bionico Protesser, Dellinger, Garbin... Gordian!]

Gordian Micalizzi-Macchiarella, 1981 RCA

Ken Falco V. Tommaso, 1979 RCA

216

[rit. 1] Gordian è libertà È una corazza sulla città Gordian difenderà Con la sua forza tutta la Terra Gordian non ha pietà Per chi non sa che odiare Gordian diventerà Il terrore del male

Gordian è tre robot Daigo la testa, la strategia Gordian è l’energia È una frusta, è la tempesta Gordian è tre robot Gordian è una fortezza Nessuno è come lui E nessuno lo spezza

[rit. 2 ]

[rit. 2 - Ogni pugno è una roccia che taglia Ogni colpo tremendo va giù Ogni missile è freccia di fuoco che brucia di più Il suo cuore guerriero è un ragazzo La sua mente che non sbaglia mai Un leone è davvero, in battaglia è una furia che va]

Gordian da solo va Contro chi attacca l’umanità Gordian distruggerà Chi ha voluto la guerra

Senti ragazzo, nella tua stanza Tra i manifesti degli eroi Lasciagli un posto, perché tu da grande Di lui ti ricorderai!

Tu da grande lo farai]

[rit. 1 - Il suo nome è Ken, Ken Falco Non lo batteranno mai Quello che fa Ken, Ken Falco

[rit. 2 - x2]

Senti ragazzo, non esitare Se un giorno tu paura avrai Cerca il suo sguardo E stai sicuro che il coraggio ritroverai!

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 1 - x5 ]


ANIME

Minirobots Space robot, Space robot Volgi lo sguardo un momento in alto lassù Là in fondo dove i tuoi occhi non vedono più Pensa allo spazio infinito da dove verrà Chi vuol lanciare un attacco all’umanità [rit. 1 - Tre corse pazze ed ecco Space Robot, Robot Gli scoppia il cuore in gola, gola Ma in un istante vola, vola E arriva in tempo Space Robot, Robot Tre giovanotti ed ecco Space Robot, Robot

[rit. 1 - Jet Robot, Jet Robot, Jet Robot, Jet Robot, Jet L’unione fa la forza Jet! In aria siamo in tre Noi ci avviciniamo e dopo un attimo Ecco Jet Robot, Robot Jet! Tre amici e un corpo solo Jet! Ma siamo sempre in tre Mai nessuno ci potrà sorprendere] [rit. 2 - E se c’è qualcuno Che vuol far del male Corrono tre amici Ed ecco Jet Robot, Jet Robot, Jet] Quante battaglie ed avventure Possiamo raccontare

Gackeen, Gackeen Un bel ragazzo con la sua ragazza Profonda è questa solidarietà La donna è più dolce ma sa anche soffrire L’uomo è più forte ma sa anche morire Ma uniti fanno una creatura più forte che mai Che mai [rit. 1 - Gackeen, magnetico robot Gackeen, Magnetico robot, Gackeen Si avvitano in cielo le braccia sue

Lui usa tutti i mezzi, mezzi Per fare gli altri a pezzi, pezzi E resta solo Space Robot, Robot Nessuno mai lo può fermare] Le mani come due magli si abbattono in giù Sopra i nemici che solcano i cieli più blu La lotta è senza quartiere ma poi finirà Con la vittoria e un trionfo per l’umanità [rit. 1 - x2] Space Robot, Space Robot, Space Robot

Space Robot V. Tommaso, 1980 EMI

C’è chi ha il coraggio di sfidarci Ma non ce la può fare Jet Robot, Jet Robot, Jet Robot, Jet... Robot, Jet L’unione fa la forza. Jet! È uno e siamo in tre Basta solo un gesto e dopo un attimo Ecco Jet Robot, Robot Jet! In un perfetto accordo Jet! Noi ritorniamo in tre Ma si può ripetere il miracolo [rit. 2] [rit. 1] [rit. 2]

Jet Robot V. Tommaso, 1980 EMI

Si saldano in cielo le gambe sue In cielo si forma il suo corpo ed ecco Gackeen Gackeen] Ragazzo se hai trovato la ragazza Ricorda che a lei devi fedeltà La donna è più dolce ma sa anche punire E l’uomo più forte può pure soffrire Ma in due si può andare più in alto, Più in alto che mai... che mai! Come [rit. 1 - x2]

Musica: Speciale Sigle TV

Gackeen V. Tommaso, 1980

EMI

217


Musica ANIME

Oliver Onions

L’Oriente di Marco Polo Evangelisti-Cipriani, 1981 K.T.R. Kangaroo Team Records

Marco Polo De Natale-G. De Angelis-M. De Angelis, 1981 K.T.R. Kangaroo Team Records

[rit. 1 - Marco Polo ti porta Tra vele, mercanti e orizzonti blu Marco Polo ti aspetta Per darti una fetta di mondo in più] [rit. 2 - Marco Polo per gioco Può darti ben poco se fermo stai Ma se hai un po’ di coraggio Con Marco quel viaggio anche tu farai]

Marco Polo ti aspetta Per darti una fetta di mondo in più Marco Polo per mare ti svela i tesori del Kublai Khan Per la via della seta con Marco alla meta tu arriverai

[rit. 3 - Marco Polo che in Oriente se ne va Marco Polo la tua vita cambierà L’Oriente non è più una favola per te] L’Oriente è un mondo che puoi scoprire da te Tu che sogni a occhi aperti Cammelli e deserti che vuoi di più?

[rit. 3] L’Oriente è un mondo che puoi scoprire da te

[rit. 1 - Marco Polo è ritornato È tornato dall’Oriente E ritrova la sua gente Che lo ama sempre più]

Troverà terre misteriose Che non ha, non ha visto mai. Mai!]

[rit. 2 - Marco Polo è ritornato È tornato dal suo viaggio, Ma ritroverà il coraggio Di partire ancora]

Galaxy De Natale-G. De Angelis-M. De Angelis, 1981 RCA

218

[rit. 3] L’Oriente è bello se Marco Polo è con te [rit. 2]

[rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] L’Oriente è un mondo che puoi scoprire da te

Marco Polo esploratore Ha passato anche il deserto Con il rischio ha un conto aperto Marco mai lo pagherà

[rit. 3 - Volerà con il suo veliero Tornerà? Chi lo sa?

[rit. 3] [rit. 1] [rit. 2] Lui

Galaxy, Galaxy, Galaxy, Galaxy!

E solo Galaxy, sempre Galaxy nella notte vola e va]

Corre il treno corre nella notte va E volerà nel blu fra luna e stelle Un ragazzo coraggioso partirà E troverà la verità, e vincerà, e vincerà

Galaxy, Galaxy, Galaxy, Galaxy!

[rit. 1 - Galaxy, solo Galaxy Ti farà vedere l’universo, Galaxy Solo Galaxy, sempre Galaxy Come in sogno questo treno viaggerà

Il futuro è là che aspetta solo te L’eternità sarà per tutti noi Quel ragazzo coraggioso è già un eroe E vincerà, sì vincerà Adesso va, adesso va

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 1- x 5]


ANIME Do-do-do-dodo-dododo Dora-Doraemon Do-do-do-dodo-dododo Dora-Doraemon [rit. 1 - Ecco Doraemon, gatto spaziale Non ha paura mai di farsi male] Ecco Doraemon, gatto robot La pancia grande, più grande che può [rit. 2 - Bravo Doraemon, con tutte le cose Nella sua tasca magica Mamma che noia studiare a casa Ora Doraemon ci aiuterà] [rit. 1]

[rit. 3 - Con l’aereo di Bambù, Dora-Dora-Doraemon Lui ci porterà laggiù. In quell’isola nel blu. Dora-Dora-Doraemon, Dora-Dora-Dorae...] Ecco Doraemon, gatto spaziale, Le gambe corte e fatto un po’ male. Ecco Doraemon, gatto robot, Ha il naso fino, più fino che può [rit. 2] [rit. 1] [rit. 3] [Do-do-do-dodo-dododo Dora-Doraemon - x7]

[rit. 1 - Ro-Ro-Ro-Rocky-Rocky-Rocky Joe Ro-Ro-Ro-Rocky-Rocky-Rocky Joe Ro-Ro-Ro-Rocky-Rocky-Rocky Joe Rocky Joe] [rit. 1] Rocky è un gran campione Rocky è eccezionale Rocky ti fa male Con un pugno solo lui ti stende al suolo. Rocky ha della stoffa Suda, picchia e sbuffa In allenamento, Batte, batte sodo, come sopra un chiodo Rocky Joe, sei grande Rocky Joe, sei forte Rocky Joe, tu vincerai Rocky Joe, sei grande Rocky Joe, sei forte

Doraemon De Natale-G. De Angelis-M. De Angelis, 1982 RCA

Rocky Joe, tu vincerai per noi [rit. 1 - x2] Rocky col suo vecchio Che lo vuole grande Lui non fa domande Ma lavora sempre, sempre veramente Rocky fa paura Rocky è la natura Come un fiume in piena Niente lascia in piedi, bisogna che lo vedi

Rocky Joe G. De Angelis-M. De Angelis, 1982 K.T.R. Kangaroo Team Records

Rocky Joe, sei grande Rocky Joe, sei forte Rocky Joe, tu vincerai Rocky Joe, sei grande Rocky Joe, sei forte Rocky Joe, tu vincerai per noi [rit. 1 - x4]

[rit. 1 - Jacky, Jacky, vagabondo Solo se ne va, se ne va per il mondo Jacky, Jacky, mangia frutta Con la pancia piena contento sarà L’orsacchiotto piccolino Cerca un posto dove passare l’inverno E la neve scende piano Con un manto bianco il bosco sarà]

Al mattino nasce il sol Per il bosco lui correrà Corre e salta l’orsacchiotto Non si ferma mai]

[rit. 2 - Quando è notte ha paura E gli amici suoi dormon già

Jacky, Jacky, vagabondo Solo se ne va, se ne va per il mondo

[rit. 1] [rit. 2] [rit. 1]

Musica: Speciale Sigle TV

Jacky De Natale-G. De Angelis-M. De Angelis-Hidalgo, 1982 RCA

219


Musica ANIME

Galaxy Group Quando udrai Un fragor A mille decibel Su dal ciel Piomberà Mazinger

Mazinga Z Azuma-Watanabe-Verde, 1979 CLS Meeting Music (Cover dell’originale giapponese)

Veloce e distruttore come un lampo Non dà scampo Odia la paura Non conosce la pietà

Lo Vecchio-Detto, 1980 CLS Meeting Music

Col cuore fermo Nell’immenso vuoto Va contro l’ignoto Se lassù lo incontrerà Ama la verità Gli oppressi difenderà Per la tua libertà C’è Mazinger

C’è Mazinger... Sì!

Mazinga Z, Mazinga Z

Con gli occhi può incendiare

Mazinga Z, Mazinga Z

Mostri guerrieri Ed astronavi E il cielo si oscurò

A-STRO-GAN-GA]

Ma noi Che siamo uomini Noi Difenderemo la libertà [rit. 1 - Ecco gli eroi Che insieme a noi lotteranno Charlie è là In simbiosi è già Con il grande

220

Quando tu Soffrirai Sotto la schiavitù Su dal ciel Piomberà Mazinger

Altolà Falsità Fermati malvagità Su di voi Avvoltoi C’è Mazinger

In alto i missili E lance termiche E mille e più robot

Astroganga

Un’astronave che va!

Musica: Speciale Sigle TV

E da lontano Un suono strano La Terra trema già Arrivano i Blaster Ma la loro sorte Oggi non cambierà Perché Noi fino all’ultimo Sempre Difenderemo la libertà [rit. 1] A-STRO-GAN-GA [rit. 1] Sì!


ANIME

Megalonsingers Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman Megaloman Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman

[rit. 2 - Megaloman (x6) Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman Megaloman]

Il più famoso degli eroi, Super Megaloman Megaloman Sai trasformarti in gigante Con un cuore bambino Hai nel corpo rovente Forse un’anima blu, blu, blu

Tu sei noi, noi te Megaloman Megaloman Sei tu noi, noi te Megaloman Megaloman

[Megaloman - x2] Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman Megaloman Megaloman

[rit. 3 - Sei l’eroe di tutti noi Grande come l’immensità Forte come la verità]

Megaloman Rossi-Rotunno-Carraresi, 1981 ARC

Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman Il più famoso degli eroi, Super Megaloman [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman [rit. 1 - Lingua di fuoco tagliente Come getto di sole, Meteorite esplodente Dentro un cielo più blu, blu, blu]

[rit. 1 - Vinciamo nel segno di I-Zenborg Polsi incrociati si vincerà] Guerra ai mostri senza pietà Fino in fondo con I-Zenborg Ecco lassù la supernave Sta lottando già coi mostri teleguidati Ogni città paralizzata Spera solo nel segno vincente di I-Zenborg [rit. 1] Spazio, tempo e velocità Non sono un segreto per I-Zenborg S.O.S. la terra chiama Sta tremando sotto colpi micidiali Ogni città, ormai stremata

Sei l’eroe di tutti noi Grande come l’immensità Forte come la verità [Me-me-ga-ga-lo-lo-man, Megaloman - x12]

Spera solo nel segno vincente di I-Zenborg [rit. 2 - Adi uoti acimi Seseosese speotradi Damaoprio ciriofra bul Locoripe quiggau Ricro valo I-Zenborg] [I-Zenborg - x4] S.O.S. la terra chiama Sta lottando contro i mostri teleguidati Ogni città paralizzata Chiede aiuto al segno vincente di I-Zenborg

I-Zenborg Rossi-Rotunno-Carraresi, 1981 ARC

[rit. 2]

Musica: Speciale Sigle TV

221


Musica ANIME

I Mostriciattoli Sono il mostro Frankenstein Io sono il Conte, Conte Dracula, ullallà Io sono l’Uomo Lupo famelico Siamo mostri strani ma con molta umanità Sono buono e stritolo Io bevo il pomodoro Se c’è la luna piena sai che arrosto vi farò Bleah!

Carletto e i Mostri Migliacci-Fujiko Fujio-Kobayashi, 1983 RCA (Cover dell’originale giapponese)

Ogni mezzanotte l’orologio fa din don Dodici rintocchi per i mostri fa din don Aaaah quel mostro di Carletto dov’è? Alto, basso, largo e secco dai Carletto che tocca a te Arriva! Che simpatico Carletto quasi quasi lo stritolo Io sono tenero dentro di me Io sono conte puoi contare su di me Buon appetito si va tutti a tavola Topi ranocchi e ragni coi bignè

[rit. 1 - Che paura mi fa! Carletto, l’Uomo Lupo, Frankie e Dracula Lupo Frank e Dracula!] Ma che effetto mi fa mi sento tutto un brivido

Che paura mi fa! Migliacci-Goldsand-Tamborrelli, 1983 RCA

Che goduria però Sarà che siamo tutti mostriciattoli Tutti mostriciattoli Il più bello che c’è È grande e grosso e pesa tre quintali e trentatré [rit. 2 - E chi li vede strilla “oh mamma mia!” Gambe in spalla e vola via E non c’è camomilla che calmi un po’ Ninna ah, ninna uh, ninna oh] [rit. 3 - Se t’accarezza una mano pelosa E ti sbaciucchia una bocca bavosa Mamma che schifo, ma sono un amico

222

No non siamo angeli Ma voliamo su Quando c’è la luna piena e il cielo si fa tutto blu Bleah! Sono l’Uomo Lupo, sono il mostro Frankenstein Io sono il Conte, Conte Dracula ullallà Aaaah quel mostro di Carletto dov’è? Alto basso largo e secco dai Carletto che tocca a te Largo mostriciattoli! Ogni mezzanotte l’orologio fa din don Dodici rintocchi per i mostri fa din don Dai Carletto sveglia tirati su Lungo, corto, grasso e secco Dai Carletto che tocca a te Alto basso largo e secco dai Carletto che tocca a te Che tocca a te

Carletto, l’Uomo Lupo, Draculino e Frankenstein] [rit. 4 - Occhio che Frankenstein Si sente a pezzi, c’ha le pile scariche C’ha le pile scariche! Luna piena lassù e l’Uomo Lupo ulula] [rit. 5 - Un vampiro non è Se beve il pomodoro è il Conte Dracula Il Conte Dracula E Carletto chi è È un bimbo che si allunga sette metri e trentatré] Ninna ah ninna uh ninna oh [rit. 2] [rit. 3] [rit. 1] Il più bello che c’è È grande e grosso e pesa tre quintali e trentatré [rit. 4] [rit. 5] Buh! [Trentatré - x5] Eheheheheheheh!

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Dal cielo della notte Una stellina si staccò E sulla Terra dondolando Dolce si posò

È bello avere un orso, per amico La rana, la libellula ed un coniglio fico Ed io che sono Brunga lo sai cosa ti dico Che se ti prendo, a pezzi ti farò

E saltò fuori un coso buffo, piccolo così Simpatico, dolcissimo Guardate eccolo lì

[rit. 1] Attento Chobin, che non finisce qui

[rit. 1 - Chobin! Ma com’è carino e dolce, Chobin! Forte e piccolino e buffo, Chobin!] [rit. 2 - Corre e saltella, rimbalza Come una palla con le molle ] [rit. 3 - Chobin! Se è triste e solo e si è perduto, Chobin! Al talismano chiede aiuto, Chobin! Goccia di stella, la mamma mia dov’è?]

Ed ecco a voi la stella dello stadio L’idolo dei ragazzi: Mister Baseball È pacifico e sereno E sul campo corre come un treno Mr Baseball magico uragano Col cervello che ha Tutti via spazzerà Aria placida e tranquilla Dello stadio travolgente stella Mr Baseball sogna una ciambella E miracoli fa, con la palla che vola e che va

Basta un amico sincero ed il buio si fa meno nero Una stretta di mano, un abbraccio La paura diventa coraggio Quando il tuo cane ti segue Nessuno ti pesta più piede [rit. 1 - Ma se c’è un massimo rischio Fa’ un fischio che arriva Quel Supertipo d’amico che ha nome Shadaw Ecco Shadaw con la spada che Al drago gli taglia la] coda [rit. 2 - Fa uno spiedino alla fine Con i mostri che ha fatto a fettine Stormi di uccelli rapaci e mute di cani feroci

Quel gran cattivo cosmico di Brunga, ah! Ah! Ah! Con mostri e pipistrelli pace a Chobin non darà Tra filtri ed incantesimi e terribili robot Ballonzolando come un saltapicchio se ne va [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3]

Chobin Migliacci-Goldsand, 1982 RCA

Io sono l’orso e ti farò da mamma, Da nonna, da sorella, da papà Ma io che sono Brunga ti farò la pelle, ah! ah! ah! [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3]

[rit. 1 - Che campione Mr Baseball Mai la testa perderà Che leone Mr Baseball Che velocità Ma dove arriverà?] Giocherà come nessuno Con l’acciaio dentro la sua mano Mr Baseball che per un panino Carte false farà Con la fame da lupo che ha [rit. 1]

Mr Baseball Macchiarella-Goldsand-Tamborrelli, 1983 RCA

Se c’è un nemico potente Shadaw non si arrende Nemmeno l’olio bollente fa fritto Shadaw] [rit. 3 - Chi lega le nuvole? È superboy Chi stritola diavoli? Shadaw, Shadaw] [rit. 4 - Chi scioglie incantesimi? È superboy Chi scopre le trappole? Shadaw, Shadaw] Basta un fetta di pane per combattere i morsi di fame Non c’è bacchetta di maga Contro i colpi di scopa di strega Quando il tuo cane ti segue Nessuno ti pesta più un piede [rit. 1] Gola [rit. 2] [rit. 3] [rit. 4] [rit. 3]

Musica: Speciale Sigle TV

Superboy Shadaw Migliacci-Goldsand, 1982 RCA

223


Musica ANIME

Fratelli Balestra Daitarn, Daitarn, Daitarn Daitarn, Daitarn, Daitarn

Daitan 3 Albertelli-Tempera, 1980 Fonit Cetra

Evviva Daitarn 3] Noi siamo un trio All’erta e pieni di brio Seguiam la scia Se un meganoide ci spia E il Match Patrol ci porta Nell’occhio all’avventura Verso l’ignoto corre e va Come un fulmine E in aria si trasforma In un robot che ha un’arma Ha l’energia solare che È invincibile

Uno per tre e tre per uno perché Insieme noi usciamo sempre dai guai E difendiam la Terra Dall’ombra della guerra Il nostro cuore batterà Per la libertà Intrighi e i loschi piani Dei mostri disumani Il nostro raggio spazzerà Nell’immensità [rit. 1 - Daitarn, Daitarn Arriva già il nemico scatta Ma tu ci sei amico Daitarn Evviva Daitarn 3 Daitarn, Daitarn Per noi tu sei davvero forte Per noi tu sei davvero grande

[rit. 1 - Teppei selvaggio Teppei Teppei simpatico sei Ma di guai tu ne fai] Quando al mattino il gallo ti sveglia Di andartene a scuola non ne hai proprio voglia Che tipo strano così eccezionale Ti piace star solo fra i monti a giocare

[rit. 1] Daitarn arriva il nemico, prepararsi Robot a energia solare, Daitarn [rit. 1 - x2]

Mentre tuo padre è sempre al lavoro Scavando e cercando ogni giorno il tesoro Sei un monello vagabondo Ed andare a scuola non vuoi mai Che ragazzo in strambo che ciclone sei Tu sei unico Teppei [rit. 1]

Teppei C. Balestra-G. Balestra-M. BalestraBarbieri, 1983 RCA

Sei un monello vagabondo E la forza non ti manca mai Che ragazzo in gamba, che ciclone sei Questo è il mondo tuo Teppei [rit. 2 - Teppei selvaggio Teppei Teppei simpatico sei Senza guai non ci stai] Cerchi ogni giorno nuove avventure Tra mille sentieri tra boschi e pianure

224

Una ne pensi e cento ne fai Il tuo maestro impazzire farai Di tutti i colori ogni giorno ne fai Che ciclone che tu sei Invincibile Teppei

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 1] [rit. 2]


ANIME Koseidon! Koseidon partirà Con Banno, Tetsu e Go Verso luoghi sconosciuti Koseidon punterà Koseidon con i suoi, Fedeli grandi eroi, Sfida il tempo per il bene Dell’umanità. Il suo equipaggio non ha paura La loro vita è un’avventura Nessuna minaccia li può fermare Koseidon vincerà [rit. 1 - Koseidon combatti per la libertà

Nella galassia una stella brilla in più, È la principessa Aurora, bella più che mai Il suo messaggio è pace, amore e libertà Con i suoi tre cavalieri lei trionferà.

Per te il tempo barriere non ha. Go il Cavaliere del tempo tu sei Vincili tutti e ritorna da noi! Se c’è Koseidon che viaggia Fra tempi passati e futuri Il mondo problemi non ha] Se il male incomberà Che rischio ci sarà Al computer nulla sfugge Koseidon correrà E Go se lo vorrà Si trasformerà Con poteri straordinari Tutto fermerà [rit. 1]

Nella galassia una stella brilla in più È la speranza che l’amore vincerà Dolce principessa Aurora, quanto lo vuoi tu Che trionfi sopra il male la felicità

Se pensi al tuo regno sulla Luna che non c’è più Sul tuo bel viso una lacrima vien giù Con l’astronave supersonica partirai Al grande pianeta il tuo aiuto porterai

Star, Star, Starzinger, Star, Superstar [rit. 1 ] Quando vuoi vincerai Tutto questo è Starzinger È felicità!

Un ragazzo forte ed invincibile tu sei Lotti contro quei nemici che sono stati amici tuoi Odi la violenza, odi il male ma vedrai Che soltanto con la forza la tua vita salverai

[rit. 2 - Ninja Kamui tu sei Un invincibile agente segreto Ninja Kamui vincerai Ed un uomo libero sarai] Ninja

Come tutti i ninja sei cresciutolo anche tu Ma ora sai che la tua strada non è quella, non lo è più Odi la violenza, odi il male ma vedrai Che per essere felice tu combattere dovrai

C. Balestra-G. Balestra-M. Balestra, 1981 RCA

Star, Star, Starzinger, Star, Superstar Koug, lottare negli spazi sa Kitty, la sua scienza userà Quando vuoi vincerai Tutto questo è Starzinger È serenità!

Star, Star, Starzinger, Star, Superstar [rit. 1 - Gorgo sotto i mari lotterà Hakka in terra ci difenderà] Quando vuoi ce la fai Tutto questo è Starzinger È felicità!

[rit. 1 - Ninja Kamui tu sei Forte come 100 e più guerrieri Ninja Kamui lotterai La tua spada al sole brillerà]

Koseidon

Quando tu sei solo, la luna da lassù La luna da lassù Sembra dirti: “ hai ragione tu “ La vita va vissuta In pace e libertà In pace e libertà Anche se caro costerà [Ninja Kamui - x4] [rit. 1] [rit. 2] [rit. 1]

Musica: Speciale Sigle TV

Starzinger Ito-G.Balestra-Kikuchi, 1981 RCA (Cover dell’originale giapponese)

L’invincibile Ninja Kamui G. Balestra, 1982 RCA

225


Musica ANIME

Tempera/Albertelli I Micronauti

Astro Robot Albertelli-Tempera, 1980 Fonit Cetra

Sono i moschettieri degli immensi cieli Sono quattro amici dalla guerra uniti Una sola legge sempre li protegge Lotta per il bene tutti insieme vinceran

[rit. 3 - No, non c’è forza nella galassia Che possa fermare l’anima di Astro Robot Tutti per uno, e Astro Robot per tutti Eccoli, eccoli, Astro Robot, Robot]

Eroi, eroi, eroi, del cosmo i grandi eroi Che lottano per noi, per noi

[rit. 1]

Quando i moschettieri scattano leggeri Trema anche il nemico più potente e ardito Schermi e raggi laser non li san fermare Megatroni e ioni non li colpiranno mai Eroi, eroi, eroi, del mondo i quattro eroi Che rischiano per noi, per noi

Come i moschettieri limpidi e sinceri Sprizzano scintille, mandano faville Hanno un ideale, condannare il male Quattro nello spazio sono un unico robot Eroi, eroi, eroi, per noi super eroi Si uniscono per noi, per noi [rit. 1] [rit. 2]

[rit. 1 - Eccoli, eccoli, Astro Robot, Robot (x2) Splendidi, splendidi, Astro Robot, Robot (x2)] [rit. 2 - Eccoli, eccoli, Astro Robot, Robot (x2) Guardali, guardali, Astro Robot, Robot (x2)]

[Ufo Robot, Ufo Robot - x2] Ufo Robot, Ufo Robot

UFO Robot Albertelli-Tempera-Tavolazzi, 1978 Cetra

[rit. 1 - Si trasforma in un razzo missile Con circuiti di mille valvole Tra le stelle sprinta e va] Mangia libri di cibernetica Insalate di matematica E a giocar su Marte va [rit. 2 - Lui respira nell’aria cosmica È un miracolo di elettronica Ma un cuore umano ha]

[rit. 3] [rit. 1] [rit. 2]

[rit. 4 - Raggi laser che sembran fulmini È protetto da scudi termici Sentinella lui ci fa Quando schiaccia un pulsante magico Lui diventa un ipergalattico Lotta per l’umanità]

[rit. 3 - Ma chi è? Ma chi è? Ufo Robot, Ufo Robot]

226

Musica: Speciale Sigle TV

[Ufo Robot, Ufo Robot - x2] [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] [rit. 4] [rit. 1] [Ufo Robot, Ufo Robot - x2]


ANIME Capitan Harlock! Capitan Harlock! Capitan Harlock!

Capitan Harlock!

Un pirata tutto nero che per casa ha solo il ciel Ha cambiato in astronave il suo velier Il suo teschio è una bandiera che vuol dire libertà Vola all’arrembaggio però un cuore grande ha

Come un lampo il suo pugnale Che lui lancia contro il mal Ma è un uomo generoso come il mar. [rit. 2 - Nel suo occhio c’è l’azzurro Nel suo braccio acciaio c’è Nero è il suo mantello, mentre il cuore bianco è]

Il suo teschio è una bandiera che vuol dire libertà Vola all’arrembaggio però un cuore grande ha

Capitan Harlock! Capitan Harlock! Capitan Harlock! Capitan Harlock! [rit. 1 - Fammi provare capitano un’avventura Dove io son l’eroe che combatte accanto a te Fammi volare capitan senza una meta Tra i pianeti sconosciuti per rubare a chi ha di più] [rit. 1 - Anna dai capelli rossi va Vola e va come una rondine Però un nido non ce l’ha Non ha una mamma né un papà Anna dai capelli rossi ha Due grammi di felicità Chiusi dentro all’anima E al mondo vuol sorridere] [rit. 2 - Che meraviglia avere un gatto Che fa le fusa per me E le libellule e tante lucciole intorno a me, con me Che meraviglia sull’altalena Che va leggera su e giù E tanti amici stretti stretti, uniti, tutti intorno a me]

[rit. 1] Hurrà! [rit. 2]

E due occhi limpidi E un mare di lentiggini Anna dai capelli rossi sa Che la vita è tanto dura ma Ormai Natale è prossimo E sarà bellissimo Anna dai capelli rossi va Sul calesse via dalla città I prati e i verdi alberi Imparerà a conoscere

Anna dai capelli rossi ha Un cappello sulle ventitré Va’ distruggi il male va’ ... Goldrake! Va’... Goldrake!

Va’... Lame Rotanti! Va’... Pioggia di Fuoco!]

[rit. 1 - Mille armi tu hai Non arrenderti mai Perché il bene tu sei, sei con noi]

[rit. 1]

[rit. 2 - Va’ distruggi il male va’... Alabarda Spaziale!

Albertelli-Tempera, 1979 Cetra

Capitan Harlock! Capitan Harlock! [rit. 1]

Da Matteo e da Marilla avrà Una casa dove dormirà E al petto avrà una bambola Con cui parlare e ridere [rit. 2] [rit. 1]

Vai contro i mostri lanciati da Vega Vai che il tuo cuore nessuno lo piega Con te la razza umana non morirà Invincibile sei perché Actarus c’è Che combatte con te dentro te... Goldrake!

Capitan Harlock

Vai, c’è sul radar la flotta di Vega Vai, il tuo corpo di acciaio solleva Con te io sto tranquillo, se ci sei tu Io resto quaggiù e tu scatti lassù Sentinella nel blu, vai lassù... Goldrake! [rit. 2] [rit. 1] Goldrake! [rit. 1] Goldrake!

Musica: Speciale Sigle TV

Anna dai capelli rossi Albertelli-Tempera, 1980 Fonit Cetra

Goldrake Albertelli-Luca-Tempera, 1978 Fonit Cetra

227


Musica ANIME [rit. 1 - Fly, my Ufo Robot in the sky And bring cosmic adventures on my mind My Ufo Robot in the sky My Ufo Robot in the sky] Play, my Ufo Robot in the space And change your body and your face My Ufo Robot in the space My Ufo Robot in the space

Shooting Star Albertelli-Tempera-Tavolazzi, 1978 Cetra

Supereroe senza macchia e paura Cavaliere sei tu di una vita futura Che viviamo di già nel domani con te Tekkaman

Albertelli-Tempera, 1979 Traccia

Fight, my Ufo Robot in the sky Against the monsters of the night My Ufo Robot in the sky My Ufo Robot in the sky [Shooting star - x2] [rit. 1]

Tekkaman, Tekkaman, Tekkaman, Tekkaman, Tekkaman [rit. 1 - Brilla lassù l’armatura nel blu Vola nel buio la tua lancia d’acciaio Invincibile sei, però un uomo sei tu Tekkaman]

Tekkaman

[Shooting star - x4]

E il più forte sei tu, più di tutti i robot Ogni diavoleria, la più forte magia Non resiste con te, non esiste per te Tekkaman

Tekkaman, Tekkaman Sempre all’erta tu stai, sempre vigile sei E la Terra con te, può sognare la pace Perché sempre lei sa di contare su te Tekkaman La barriera tu sei contro i mostri e le spie Il campione sei tu delle umane energie Perché unico sei perché il sole tu sei Tekkaman Voglio stare con te, al tuo fianco perché Sia davvero così, sia la Terra un pianeta Più vivo che mai, e io lotto con te Tekkaman [rit. 2 - x2]

[rit. 2 - Tekkaman, Tekkaman, Tekkaman Tekkaman, Tekkaman, Tekkaman Tekkaman, Tekkaman Tekkaman, Tekkaman - x2]

Capitan Futuro Albertelli-Tempera, 1980 Cetra

228

[rit. 1. - inizio e fine parlati] [rit. 2 - x2]

Splendido, splendido nel cielo va

L’Effe di futuro sulla sua cintura sta]

[rit. 1 - Capitan Futuro il più puro degli eroi Capitan Futuro picchia duro anche per noi Capitan Futuro il domani vive già Capitan Futuro di una nuova civiltà]

Capitan Futuro armi strapotenti ha Capitan Futuro super tecnico sarà Capitan Futuro sempre un uomo resterà Capitan Futuro parte dell’umanità

[rit. 2 - Capitan Futuro ogni muro abbatterà Capitan Futuro tra le stelle schizzerà Capitan Futuro va sicuro e lotterà Capitan Futuro le galassie vincerà]

Capitan Futuro ogni viaggio un’odissea Capitan Futuro cavaliere di un’idea Capitan Futuro il più puro degli eroi Capitan Futuro picchia duro anche per noi

[rit. 3 - Splendido, splendido nel cielo va La sua tuta azzurra brilla nell’oscurità Simbolo, simbolo di libertà

[rit. 3 - x4] Splendido, splendido nel cielo va...

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME A Marco non andava proprio giù, Che la sua mamma non ci fosse più Che oltre il mare fosse andata via Soffriva assai di malinconia

[rit. 2 - E Marco, Marco va, va, va E non si vuole arrendere E Marco, Marco va, va, va Paura certo non ha]

E allora Marco un giorno si imbarcò L’oceano in piroscafo passò E gli Appennini indietro si lasciò Da solo poi la mamma cercò

Col suo fagotto in spalla gira e va Le toppe sui calzoni ha messo già Ma dentro al cuore una certezza ha È un uomo lui, la ritroverà

[rit. 1 - Le Ande son grandi ma L’amore è più grande sai La fida scimmietta poi La notte lo scalderà]

E Marco cerca e non si stanca mai Passando senza sosta in mezzo ai guai Lui pensa a quando la riabbraccerà E a casa poi la mamma sarà [rit. 1] [rit. 2]

Questa è la storia di un ragazzo come voi Che un giorno, poiché continuava ad essere Cattivo con gli animali, uno gnomo, con un Sortilegio, ha fatto diventare piccolo piccolo. Il suo nome è... [Nils Holgersson - x2]

Vola sui castelli, oltre i monti e la pianura E lo stormo tutto il giorno libra in volo Sopra i boschi e i laghi Ali bianche aperte per attraversare i mari] [Nils Holgersson - x4]

E da quel giorno per Nils È cominciata così un’altra vita Immaginatevi un po’ Che capire oramai gli animali lui può Con gli zoccoli va e il fischietto attaccato al cappello L’oca Martin è con lui E col criceto Karott fanno un trio [rit. 1 - Volano le oche, vola Nils all’avventura

Dolce Remi, piccolo come sei Per il mondo tu vai [rit. 1 - Suona Remi la tua arpa e poi Ballare fai la scimmietta e il cane Forza Remi, dì casa non ne hai Ma tre amici ce li hai] Vivi tu con fantasia Salti su il primo treno e via Tu lo sai un grillo cos’è Sogni però di andare in città [rit. 2 - Quattro voi che compagnia

Ed il piccolo Nils Col suo gruppo di amici fedeli Gioca e scherza però Ha capito oramai che ferire li può L’oca Martin per Nils Si può dire che adesso stravede E il criceto Karott Venderebbe il suo pelo per Nils

Marco Albertelli-Tempera, 1982 Fonit Cetra

Nils Holgersson Albertelli-Tempera, 1982 Fonit Cetra

[rit. 1] [Nils Holgersson - x4]

Senza cena però in allegria] [rit. 3 - Tu non hai un tetto su te Basta però un ponte per voi] Dolce Remi racconta come fai Ad esser così, sempre buono e allegro Dicci Remi, dimmi se anche tu Hai paura del buio Vieni Remi fermati a casa mia Qui troverai pastasciutta e un letto caldo, Remi, Dimmi se non lo sai Porta gli amici con te [rit. 2] [rit. 1] [rit. 3]

Musica: Speciale Sigle TV

Remi, le sue avventure Albertelli-Tempera, 1979 Cetra

229


Musica ANIME

Le Mele Verdi di Mitzi Amoroso Pat, la ragazza del baseball Maioli-Lana, 1983 RCA

Tu giochi a baseball sei un potente lanciatore E c’è una squadra che ha bisogno di talento Il vecchio Iwata vuole te che sei un portento Solo così la squadra forte tornerà

Pat, Pat, un cuore contento Un sorriso buono tanta volontà Questo è un grande dono Vincere ti fa]

E tu ragazza sei veloce come il vento Ti batte forte il cuore in petto anch’io lo sento Ma c’è l’ostacolo di quel regolamento Che non ammette donne in squadra per giocare.

Anch’io vorrei giocare con gli amici miei Dopo la scuola ritrovarci in mezzo a un campo Lanciare, correre, ribattere in un lampo Sentirmi grande, forte, eroe come sei tu

[rit. 1 - Pat, Pat, ragazza del baseball Pat, Pat, io tifo e mi sento Che farai fortuna guarda un po’ più su Ride anche la luna Ridi pure tu]

Il campo è verde, il sole è giallo e tu sicura Di non commettere neppure un solo fallo Un gran campione non dovrebbe aver paura Il tuo coraggio poi ti ricompenserà [rit. 1] [rit. 2] [rit. 1] [rit. 2]

[rit. 2 - Pat, Pat, ragazza del baseball [rit. 1 - Ma che strano Io non sapevo che un lillipuziano, Un po’ folletto e per tre quarti nano Guardasse i bimbi a naso in su, su, su, su Uuu, uuu]

Belfy e Lillibit Amoroso-Baracuda, 1981 RCA

Ma che strano Sta la sua casa dentro la mia mano, Una libellula per aeroplano Per astronave un marabù. Sopra un ramo gioca Lillibit, Disegnando dentro un cielo blu Marachelle ride a crepapelle Sbriciola le stelle lassù, U-u-uuu! Mescolando fichi e fantasia Lui cucina per la compagnia Marmellate, scherzi e birbonate

230

Torte un po’ salate Bleah! [rit. 1] Ma che strano... Corre, corre Belfy sulla scia E avventure piene di poesia Animali leggono i giornali Anche senza occhiali così, come te Nel villaggio regna l’allegria È il più strano posto che ci sia Anche il vento ruzzola contento Corre fino a cento e va [rit. 1 - sussurrato ] Ma che strano, così tu non sai che un Lillipuziano è Un po’ folletto e per tre quarti nano, uffa! Eh si! Guarda i bimbi a naso su! Su, su, su? Wow!

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME Dai, cerca dietro a te ogni nuvola che c’è Sai, già non piove più, sento già un profumo di blu Se ti capiterà che una spina ferirà Tu, stringi i pugni e aspetta, senza fretta, Sandybell [rit. 1 - La fortuna è già vicina fra betulle e viole Prato verde di collina, Sandy, o Sandybell La tua vita che cammina fra cespugli in fiore Ma che senso avrà una spina? Sandy, o Sandybell C’è una strada nella vita scritta nelle stelle

[rit. 1 - Credersi un gatto è presto prestissimo fatto, Paio di baffi e l’unghia felina che graffi Lavarsi pochino, proprio come fa Paolino Quando si sveglia, pigro pigrissimo al mattino Sembra un giocattolo, questo scoiattolo, Che come un gattolo... lo... lo... lo...] Lo trovarono nella foresta Gli animali gli fecero festa La sua mamma divenne una gatta E la storia riparte un po’ matta Lo scoiattolo per colazione Lui voleva un pesce fresco e salmone Le zampette per lavarsi il naso E per letto una luna di raso Banner, Banner, cosa fai? Banner, Banner, ma chi sei? Banner, chi credi di esser mai? [rit. 1]

[rit. 1 - Croack, croack... croack, croak, croak... (x4) Croack, croack, croack... croack, croak, croak... (x4)] Demetan, e le rane dello stagno Vedono minacciato il loro regno Da un ranocchio prepotente Demetan ha incontrato un grande amore Demetan stringe Ranatan sul cuore Ma quel dittatore Lo sbatte nello stagno con disprezzo e grande sdegno Gli gracida imperioso: “Con mia figlia non ti sposo” [rit. 2 - Occhio all’occhio del ranocchio Occhio, occhio, occhio Teniamolo sott’occhio]

Prendi al volo cosa belle, Sandy, o Sandybell] [rit. 2 - Sandy, fantasia, o Sandybell!] Se un amico c’è che si batterà per te Se anche tuo papà dal tuo mondo poi se ne andrà Dai, non buttarti giù, un sorriso e guarda in su Sai dietro quella nube, ride il sole Sandybell [rit. 1] [rit. 2] [rit. 1]

Sandybell Lo scoiattolo visse il suo dramma Nell’incendio perdendo la mamma Era strana la sua situazione Continuava a sentirsi un gattone Tempi duri sì, per la bestiola Che nel bosco piangeva da sola Ma poi vide nello specchio la coda Specchio e spicchio di luna alla moda

Amoroso-Castellari, 1983 RCA

Banner, Banner, ma chi sei? Banner, Banner, cosa fai? Banner, chi credi di esser mai? Credermi un gatto? Ma sono mattissimo matto! Mi taglio i baffi e l’unghia felina che graffi Pesce con noce, io cambierò veloce E sopra un ramo io canterò a gran voce Io lo scoiattolo, come un giocattolo Dentro un barattolo, chiudo il mio gattolo...

Lo Scoiattolo Banner Amoroso-Baracuda, 1982 RCA

Demetan, per sconfiggere il nemico Demetan, cerca in acqua qualche amico Tartarughe, granchi e acciughe Ranatan, con la lacrima nell’occhio Trepida, per l’intrepido ranocchio Sogna il suo domani Lei sogna sei girini che saranno i suoi bambini, La casa nello stagno, tre locali e un grosso bagno [rit. 2] [rit. 1] Ranatan, con la banda dei ranocchi Danzerà, roteando i grossi occhi Nella luna fatta a spicchi Demetan e la banda dei ranocchi Poi farà delle nozze con i fiocchi [Croack, croack... croack, croak, croak... x5]

Musica: Speciale Sigle TV

La Banda dei Ranocchi Amoroso-Baracuda, 1980 RCA

231


Musica ANIME

Cristina D’Avena Evelyn Il cerchietto che hai tu Evelyn Tra i capelli lunghi e blu Evelyn È speciale e sai perché? Un potere magico ha in sé

Evelyn e la magia di un sogno d’amore Valeri Manera-G.B. Martelli, 1985 Five Records

[rit. 1 - Desiderio dici tu e il cerchio non c’è già più Ma un sogno è là per là, ormai di già una realtà] [rit. 2 - Desidero dici tu, ma Evelyn non c’è più Ed ecco che proprio la un’altra ragazza ora c’è Ma chi sarà? Magia d’amore è questa, È in ogni cuore E i sogni avvera]

[rit. 3 - Desiderio dici tu E il cerchio non c’è già più Ma un sogno è là per là Ormai di già una magia d’amore] Evelyn Realizzare ora puoi Evelyn Tutti i sogni che tu vuoi Evelyn Io t’aspetto adesso qua E così il mio sogno si avvererà [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] [rit. 1] [rit. 3]

[rit. 1 - Spade lucenti, cavalli al galoppo Carri stridenti, qua e là qualche schioppo Lungo la Senna c’è ormai chi combatte Il Re tentenna, ma la gente si batte]

[rit. 3 - Alla Bastiglia la gran folla si scaglia È la vigilia di una nuova battaglia Il 4 luglio s’arrende il bastione Il 4 luglio c’è la rivoluzione]

[rit. 2 - Colpi di qua, colpi di là Cosa accadrà, cosa accadrà? - x2]

[rit. 2] [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] [rit. 2]

Georgie che corre felice sul prato Nel suo bel mondo che pare fatato E poi d’incanto non è più bambina Ma si risveglia di già ragazzina

Scosta da te ogni amarezza Georgie triste Georgie Cerca per te la felicità]

Il Tulipano Nero Valeri Manera-A. Martelli, 1983 Five Records

Georgie dai biondi capelli dorati Due occhi azzurri, brillanti e vivaci Vedono il mondo di rose fiorito Ma senza spine che pungano il dito

Georgie Valeri Manera-Baldan-Vlaber, 1984 Five Records

232

[rit. 1 - Georgie cara Georgie Porta con te amore e dolcezza Georgie dolce Georgie Cresce con te una rara bellezza Georgie bella Georgie

Georgie felice, con due bei fratelli Affezionati, vivaci monelli. Vive con loro la sua giornata, Molto serena e indaffarata. Georgie che è sempre di buonumore Anche se è triste dentro al suo cuore Ed un sorriso non sa mai negare Anche per chi l’ha fatta arrabbiare

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 1]


ANIME Tre ragazze bellissime Tre sorelle furbissime Son tre ladre abilissime Molto sveglie agilissime

Ecco ha colpito là, di soppiatto Fuggendo poi con un agile scatto] Occhi di gatto un altro colpo è stato fatto

Con astuzia e perizia Ed unendo sempre un poco di furbizia Riescon sempre a fuggire E nel nulla sparire [rit. 1 - O-O- O-Occhi di Gatto O-O- O-Occhi di Gatto È questo il nome del trio compatto, Son tre sorelle che han fatto un patto. O-O- O-Occhi di Gatto O-O- O-Occhi di Gatto

Yu dolce amica mia è bello che tu sia Vivace svelta e carina come me Poi con la fantasia e un tocco di magia Yu ora non c’è più e invece Creamy ci sei tu [rit. 1 - Pari-pam-pum, eccomi qua Pari-pam-pum, ma chi lo sa Se babbo, mamma e Toshio Lo san che Yu son proprio io Pari-pam-pum spesso lo sai Pari-pam-pum combino guai Ma Posi e Nega in coppia son già E il guaio presto] sparirà

Un giorno di pioggia Andrea e Giuliano Incontrano Licia per caso Poi Mirko finita la pioggia Incontra e si scontra con Licia e così Il dolce sorriso di Licia Nel loro pensiero ora c’è

Tre fanciulle sveltissime Tre tipette esilissime Son tre ladre abilissime Dolci ma modernissime Senza forza, né violenza Poiché fanno sempre tutto con prudenza Sono pronte a rubare Solo cose assai rare

Occhi di Gatto Valeri Manera-Carucci, 1985

Five Records

[rit. 1] Occhi di gatto un altro colpo è stato fatto [rit. 1 - x2]

Poi Creamy quando vuoi tornare Yu tu puoi Pensarlo basterà e subito accadrà, Ma questa tua magia, Yu-Creamy amica mia Un anno durerà poi Creamy forse svanirà [rit. 1] Sparirà [rit. 1] Pari-pam-pum, pari-pam-pum, pari-pam-pum Ed eccomi qua.

L’incantevole Creamy Valeri Manera-G.B. Martelli, 1985 Five Records

Del biondo ed atletico Mirko Si è già innamorato di Licia ma ancora Non sa che anche Mirko lo è Ed ecco che la gelosia Di già in questa storia entrerà [rit. 1]

[rit. 1 - Kiss me, kiss me Licia Certo il loro cuore Palpita d’amore Amore sì per te Kiss me, kiss me Licia Sono affezionati Ed innamorati E pensan sempre a te] Ma pure Satomi che è un buon amico

Il tempo sistema un po’ tutte le cose E Mirko e Satomi fan pace L’amore ha bussato alla porta di Licia E forse ora lei gli aprirà Chissà chi sarà il fortunato Che Licia così sposerà.

Kiss me Licia Valeri Manera-G.B. Martelli, 1985 Five Records

[rit. 1 - x2] Kiss me, kiss me Licia

Musica: Speciale Sigle TV

233


Musica ANIME Guarda guarda in campo c’è una nuova giocatrice Mila il suo nome è e talento ha per tre Là tra il pubblico lei sa Shiro se ne sta Il suo cuore ora, sì, batte batte forte, forte, forte [rit. 1 - Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo Shiro e Mila, amore a prima vista è Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo Shiro e Mila, che dolce sentimento è]

Mila e Shiro due cuori nella pallavolo Valeri Manera-Carucci, 1987 Disco Five

[Sempre sempre così sarà per Mila e Shiro - x2] Shiro un gran campione è già, mentre Mila è riserva Ma con grinta lei lo sa campionessa diverrà Certo ancora lei dovrà allenarsi molto Ed un giorno lei sarà forse la più brava, brava, brava [rit. 1] [Sempre sempre così sarà per Mila e Shiro - x3] Sì! [rit. 1]

Mille, mille anni Regina tu vivrai Mille, mille volte La Terra salverai Mille, mille amici Nel mondo troverai Mille, mille storie A noi racconterai

Mille, mille stelle Così raggiungerai Mille, mille ancora E non ti stancherai [rit. 1] Mille, mille monti Presto scalerai Mille mille mari E fiumi solcherai Mille, mille cieli Tu attraverserai Mille, mille cosmi Così conoscerai

[rit. 1 - Mille mille anni meno uno e la Terra scoppierà Mille mille anni meno uno Lamethal si scontrerà Mille mille anni meno uno la Regina che farà?]

La Regina dei Mille Anni Valeri Manera-A. Martelli, 1983 Five Records

Mille, mille guerre Tu combatterai Mille, mille volte Vincere dovrai C’era una volta un falegname Che non avendo un figlio vicino Prese un bel tronco dal suo legname Per costruirsi un burattino Tagliò quel legno con grande cura Tutta una notte fino al mattino E poi fu preso dalla paura Quando quel legno chiamò: “babbino” La voce veniva dal tronco di pino Ormai trasformato in un burattino Così che Geppetto strizzandogli l’occhio Chiamò il burattino bambino Pinocchio

Bambino Pinocchio Berettaa-A. Martelli, 1982 Five Records

Ormai tutto il mondo conosce la storia Si legge, si ascolta e si impara a memoria Ha ormai cento anni ma è sempre attuale Evviva Pinocchio bambino speciale

[rit. 1 - x3] Ge-pi e aggiungi un cuore in petto Ed ecco il nome vero del buon papà Geppetto Man-gia e accendi un grosso fuoco Così dal fumo nero è nato Mangiafuoco Fa-ti e dopo aggiungi na Ed ecco la Fatina azzurra di bontà Pi-no da un burattino sciocco È nato un bel bambino che chiamasi Pinocchio Vol-pe e il suo compagno matto Dal pelo tutto a zero è il malandrino Gatto Gril-lo sapiente della scienza [Col suo parlare sincero che scuote la coscienza Col-lo e dopo aggiungi di È l’inventor dei nomi che abbiam cantato qui - x2]

Pi-no e dopo strizza l’occhio Così che per intero tu leggerai Pinocchio

234

Musica: Speciale Sigle TV

Che abbiam cantato qui


ANIME

Katia Svizzero [rit. 1 - L’Apemaia va, curiosa e piccola L’Apemaia va, all’avventura L’Apemaia va e mai paura non ha] [rit. 2 - Vuol veder se il mondo è veramente tondo, E dove muore il giorno, quand’è com’è perché Proprio come te, proprio come me Si arrabbia quando piove, si scalda con il sole, E piange quando è sola, e non lo sa perché Proprio come te, proprio come me] [rit. 3 - E appena vede un fiore in un vaso Si sa ci ficca il naso E dappertutto va cercando qualche novità] Vola vola a casa l’Apemaia Dopo un viaggio nel Perù Ha comprato un flauto e una chitarra Per il bruco e la farfalla blu. Ha portato un etto di torrone Per la pace con il calabrone Sotto l’albero della festa Questa sera ci sarà una orchestra [rit. 1 - L’Apemaia danzerà nel cielo Ed il grillo canterà nel melo La lumaca ballerà col ragno peloso un tango curioso E la mosca riderà La formica suonerà un tamburo Si sveglia il mondo lo accarezza il sole Si sveglia l’Ape Maia dentro un fiore Apre i suoi occhi sorridenti Stropiccia le sue ali trasparenti [rit. 1 - Vola, vola, vola vola, vola l’Ape Maia Gialla e nera, nera e gialla, tanto gaia] [rit. 2 - Vola sopra un monte, sfiora il cielo Per rubare il nettare da un melo] [rit. 1] Il grillo canterino si è svegliato

[rit. 1] Le piace il ballo e il canto, un letto caldo caldo Non è che studi tanto, ma lei mi dice che È proprio come te, proprio come me L’Apemaia va, curiosa e piccola L’Apemaia va, le ali al vento L’Apemaia va, leggera e scivola L’Apemaia va, all’avventura. L’Apemaia va, e mai paura non ha...

L’Apemaia va Albertelli-Fabrizio, 1980 Cetra

[rit. 3] [rit. 1] [rit. 2] [rit. 1 - x3] Con il ritmo pazzo del canguro E il lombrico ballerà Con il mille piedi, pestandogli i piedi E la mosca riderà... ha ha ha ha ha ha ha] Vola vola a casa l’Apemaia Di ritorno dal Perù Compra un piffero sull’Himalaya Ed il miele a Cefalù Sotto il riflettore della Luna Senza nuvole, ma che fortuna Le ranocchie ad una ad una fanno salti di felicità [rit. 1] [rit. 1]

L’Apemaia in concerto Vanzina-Marrocchi-Tariciotti, 1980 Cetra

Fa la serenata a tutto il prato In quel prato verde come il mare L’importante è un fiore da trovare [rit. 1] Finché il ragno tesse la sua tela Mentre il vento la sua trama svela [rit. 1] [rit. 1] Nuvole di panna su nel cielo Brilla sulla Terra e sotto un melo [rit. 1] [rit. 1] [rit. 2] [rit. 1]

Musica: Speciale Sigle TV

L’Apemaia

Dancio-Marrocchi, 1980 Cetra

235


Musica ANIME

Franco Martin Bryger Rodi-Pinna, 1983 Lupus

La ballata di Bryger Rodi-Pinna, 1983 Lupus

Colpo di cannone, nel cielo già sei Oltre la barriera del suono tu vai Ora il vecchio mondo non teme nessuno La tua spada ardente nel cosmo sarà

[rit. 1 - Caro amico tu l’avventura sei E i nemici miei son nemici tuoi E la Terra tu salverai lo so Super spada vai, vai così]

Come un vigilante percorri lo spazio Sul cavallo alato, sicuro di te Per gli omini verdi destino già duro Con gli amici tuoi la gloria già è

[rit. 2 - Bryger, Bryger vincerà Bryger, Bryger per la Terra vincerà]

Quattro ragazzi Alfieri del mondo Dell’universo Oltre i confini Mille avventure Mille emozioni Tutti per Bryger Bryger per tutti Forti di cuore E svelti di mano Pranzano a terra E cenano a Marte Una chitarra Se sono in pace Spada di fuoco per difendere noi.

Per i nemici son come la peste.]

[rit. 1 - La loro vita è in mezzo alle stelle Per vigilare su mondi lontani Navi spaziali o vettura terrestre

[Dai, Dai, Daikengo! - x2] I nemici dell’impero sono forti più che mai Tuo fratello contro mille cade giù! C’è tuo padre che ti chiama e ti dice “Ryger mio, nuovo principe sarai, se vuoi tu” [Dai, Dai, Daikengo! - x2]

Daikengo Rodi-Pinna-Santini, 1982 Lupus

236

[rit. 1] [rit. 2 - x4]

Tanti universi Un solo mondo Tanti colori Un solo viso Portano aiuto A povera gente Danno l’amore In cambio di niente Il mondo gira In mezzo alle stelle Navi spaziali Che vanno lontano Portano a bordo Soltanto ricordi Immagini, sogni del tempo che fu. [rit. 1]

I guardiani dello spazio scintillanti Al Sole tu alla testa dei robot voli su! [Dai, Dai, Daikengo! - x2] Dentro il cuore di ragazzo c’è un leone che già sa Chi il gigante più gigante vincerà Dentro Ryger c’è un guerriero che regnare non vorrà Con la spada fiammeggiante la galassia salverà

Dentro Ryger c’è un guerriero che regnare non vorrà Con la spada fiammeggiante partirà

Musica: Speciale Sigle TV

[Dai, Dai, Daikengo! - x4]


ANIME

Castellina Pasi Chi lo sa che faccia ha, chissà chi è? Tutti sanno che si chiama Lupin Era qui un momento fa, chissà dov’è? Dappertutto hanno visto Lupin Ogni porta si aprirà, chissà perché? Se l’accarezza Lupin Sto tremando qui dentro di me Chi lo sa, stanotte tocca a me Se gioielli e denari e tesori non ho, a Lupin Il mio cuore darò Scivolando come un gatto se ne va

Sopra i tetti, sotto i ponti, Lupin Quanti cani poliziotti ha dietro sé Ma sarà un osso duro Lupin [rit. 1 - Ruba i soldi solo a chi ce ne ha di più Per darli a chi non ne ha Sembra giusto però non si fa Neanche un po’ A me però, però È simpatico e non saprei dire di no, a Lupin Il mio cuore darò] [rit. 1] [Il mio cuore darò - x3], Il mio cuore...

Lupin Migliacci-Micalizzi, 1982 RCA

I Monelli Spaziali Ragazzi state in palla gli Heldiani son qua Minacciano la terra, ce l’hanno con noi La loro prepotenza di certo non va Che accadrà, che accadrà, si vedrà La spada di God Sigma difender saprà La magica energia creata da noi La forza non gli manca il coraggio è con lui Vincerà, vincerà, vincerà, vincerà [rit. 1 - God Sigma, Scagliando la tua spada nello spazio Ti getti sui nemici a precipizio La forza, la forza, la forza vincerà]

La forza, la forza, la forza vincerà Nemici della terra tremate perché God Sigma è super forte e combatte per tre Per voi non c’è più scampo la fine sarà Vincerà, vincerà, vincerà La spada di God Sigma difender saprà, La magica energia creata da noi, La forza non gli manca il coraggio è con lui, Vincerà, vincerà, vincerà, vincerà! [rit. 1]

God Sigma Grimaldi-Frizzi-Pezzolla, 1981 WEA

[rit. 2] [rit. 2 - God Sigma, Combatti tra le stelle con gli Heldiani Che dei terrestri son nemici alieni]

Vincerà! Vincerà! Vincerà! God Sigma!

Musica: Speciale Sigle TV

237


Musica ANIME

Jeeg Robot Moroni-Lepore-Casco-Watanabe, 1979 CLS Meeting Music (Cover dell’originale giapponese)

Fogus Corri ragazzo laggiù Vola tra lampi di blu Corri in aiuto di tutta la gente Dell’umanità [rit. 1 - Corri e va’ per la Terra Vola e va’ tra le stelle Tu che puoi diventare Jeeg]

La forza che ci attaccherà [rit. 3 - Noi restiamo tutti con te Perché tu, tu sei Jeeg] Quando il domani verrà Il tuo domani sarà Con i tuoi poteri tu salvi il futuro Dell’umanità

[rit. 2 - Jeeg va’,cuore e acciaio Jeeg va’, cuore e acciaio Cuore di un ragazzo che Senza paura sempre lotterà] Se dalla Terra nascerà

Ryu il ragazzo delle caverne Moroni-Lepore-Casco-WatanabeOshio, 1979 CLS Meeting Music (Cover dell’originale giapponese)

[rit. 1] [rit. 2] Se dal passato arriverà Una nemica civiltà [rit. 3]

[rit. 1 - Un mondo ostile Che a tutti quanti paura fa Solo un ragazzo va È Ryu, grande Ryu!]

Che presto finirà!] [rit. 3 - Non avere paura mai, Corri corri e vai che laggiù, Risplende il sole per Ryu, Ryu il grande Ryu!]

[rit. 2 - Ryu va’, Ryu va’, Ragazzo senza età, Col cuore in gola va’

[rit. 1] [rit. 2] [rit. 3 - x2]

Elisabetta Viviani Heidi, Heidi, il tuo nido è sui monti Heidi, Heidi, eri triste laggiù in città Acci-picchia, qui c’è un mondo fantastico Heidi, Heidi, candido come te

Ti dicono non partire, ti spiegano il perché Saresti un pesciolino che dall’acqua se ne va Un uccellino in gabbia che di noia morirà

[rit. 1 - Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi, Holalaidi Ho-la-lai-di, Lai-di, Lai-di, Lai-di, Ha-ho]

Heidi, Heidi, ti sorridono i monti Heidi, Heidi, le caprette ti fanno ciao Neve bianca, sembra latte di Nuvola Heidi, Heidi, tutto appartiene a te

Heidi

Heidi, Heidi, tenera, piccola con un cuore così

[rit. 1]

Migliacci-Bruhn-Weinzierl-Wagner, 1978 RCA

Gli amici di montagna, Mu Mu, Cip Cip, Bee Bee

Heidi, Heidi, tenera, piccola con un cuore così

238

Musica: Speciale Sigle TV


ANIME

I Vianella Con l’orsacchiotto sempre di sentinella Sta arrivando Cybernella Superbambina che vale per tre Perché ha un segreto che nessuno sa cos’è Piccolo cuore dentro un calcolatore Forza atomica e bontà [rit. 1 - Ecco Cybernella, Punta su una stella Gira la rotella, guarda, vola fin lassù]

Piccola non cresci mai, sì! Cosa vuoi, cosa vuoi? Diventare come voi!]

[rit. 2 - Dove vai, dove vai? L’esse-o-esse seguirai, sì! Cosa fai, cosa fai? Chi ti chiama salverai, sì! Ma chi sei, ma chi sei?

[rit. 1] [rit. 2]

Se c’è un problema se la sbriga da sola Ma non l’ha imparato a scuola Contro i cattivi paura non ha Aiuta tutti e in cambio niente chiederà Può diventare tutto quello che vuole Cicloprogrammandosi

Nananà, nanananà... Cybernella vincerai, sì! Nananà, nanananà... Cybernella scacciaguai, sì! Cybernella ce la fai... Cybernella scaccia guai, sì!

Cybernella Vistarini-Lopez-Argante, 1981 RCA

I Papaveri Blu Questa è la canzone di Charlotte Questa è la canzone di Charlotte La cantano tra i boschi e lei risponderà Questa è la canzone di Charlotte [rit. 1 - Lei ha un ranch in Canada Ma vive sola col papà Ma non per questo è triste e sola Qualche amico la consola Ha un cavallo per esempio Che vuol bene solo a lei E un agnellino bianco latte Che fa far risate matte A Charlotte, a Charlotte] Questa è la canzone di Charlotte Questa è la canzone di Charlotte Fa sciogliere la neve e crescere i Lillà Questa è la canzone di Charlotte

[rit. 2 - Lei ha un ranch in Canada Ma non rimpiange la città Perché nel bosco sempre verde Lei ci gioca e non si perde Lo scoiattolo fa un salto Quando vede che c’è lei E d’improvviso la foresta Batte i rami per far festa A Charlotte, a Charlotte] ...di Charlotte ...di Charlotte

La canzone di Charlotte

La cantano tra i boschi e lei risponderà Questa è la canzone di Charlotte

Jurgens-Meccia-Zambrini, 1980 Traccia

[rit. 1] [rit. 2] Lei ha un ranch in Canada...

Musica: Speciale Sigle TV

239


Musica ANIME

Danguard Bondi-Tadini, 1979 Ariston

Veronica Danguard... Danguard Four... three... two... one... zero... Light on!

Per difendere la libertà Per conoscere la verità]

[rit. 1 - C’è un pulsante vicino al tuo dito Presto premilo non esitare È in azione il tuo radar spaziale Nel cielo infinito puoi ora puntar]

[rit. 5 - Contatto e va Spazio e tempo non ti fermeran Per difendere la libertà Per conoscere la verità]

[rit. 2 - Prendi quota e ritorna in assetto Inserisci lo schermo radiale Devi batter le forze del male Alla base spaziale siamo tutti con te]

[rit. 3] Danguard... Danguard [rit. 1] [rit. 2] [rit. 3] Blu... blu... blu

[rit. 3 - Danguard, veloce Danguard, Superbo Danguard, nel cielo blu] Blu... blu... blu

[rit. 4] [rit. 5] [rit. 3]

[rit. 4 - Contatto e va Ai confini della realtà

Danguard, Danguard [rit. 1 - Scatta, vola, turbina Nello spazio scivola L’universo domina Tu lo puoi, sei Danguard]

Danguard, al decimo pianeta Gabrielli-Tadini, 1979 Ariston

240

[rit. 2 - Vivi in mezzo agli uomini Figlio della tecnica E il terrore semini Tra i nemici, Danguard]

Con te difenderemo Nel tempo che verrà La nostra libertà] Danguard, Danguard Danguard, Danguard [con voce metallica] Danguard, Danguard [con voce metallica] Danguard, Danguard [rit. 1] [rit. 2]

Danguard, Danguard Danguard, Danguard [rit. 3 - Con te raggiungeremo La nostra nuova meta Il decimo pianeta Il decimo pianeta]

Danguard, Danguard

Danguard, Danguard

[rit. 4]

[rit. 4 - Con te conquisteremo

Danguard, Danguard

Musica: Speciale Sigle TV

[rit. 3]


ANIME

Si ringrazia: Sigle TV.net • http://www.sigletv.net/ Tana delle Sigle • http://tds.sigletv.net/ TiVulandia • http://tivulandia.sigletv.net/ KBL Forum • http://forum.sigletv.net/ Ringraziamo il network SigleTV.net per la collaborazione e la gentile concessione delle copertine, in particolare nelle persone di: Tarrasque, KBL, Fa.Gian, Hiroshi e l’utente del forum Alberto Chiappini.

TV Cartoon Mania (nuova versione) • http://www.tvcartoonmania.com/index/ Cartoni.hlp • http://www.tvcartoonmania.com/help/ Ringraziamo Gian Piero “Haranban” Aschieri e il suo “Cartoni. hlp” per la gentile concessione dei testi.

(ro)bozzY Home Page • http://www.robozzy.com/ Forum Pollon Z • http://pollonz.forumfree.net/ Ringraziamo Graziano “(ro)bozzY” Caruso e il suo sito di collezionismo, memorabilia e vecchio merchandising, per la gentile integrazione delle copertine mancanti.

Progetto Prometeo (mirror) • http://associazioni.monet.modena.it/glamazonia/mij/prometeo/

MiJ • http://associazioni.monet.modena.it/glamazonia/mij/ Ringraziamo Simone Harada e il suo mirror del “Progetto Prometeo” per la gentile concessione delle copertine.

Musica: Speciale Sigle TV

241


Fumetto FANTASY

242

Fumetto: Orfani


FANTASY

Fumetto: Orfani

243


Fumetto FANTASY

244

Fumetto: Orfani


FANTASY

Fumetto: Orfani

245


246 da un’idea di Fighi testi di Albatros Simone disegni di MassimHokuto scritto da Vincent Wise versione originale di Albatros Simone

Hawk, nel villaggio di quest’ultimo...

uomo con un occhio solo. Proprio costui dà inizio a una feroce lotta con

di Burt e Lynn; Hawk, figlio del Generale d’Oro Falco; infine un misterioso

compaiono sulla scena: Aska, figlia adottiva del giovane Ain; Shiba, figlio

di un potente nemico. Durante le operazioni di partenza, nuovi volti

Dopo un periodo di pace, le città di Hokuto si ritrovano sotto la minaccia

Sono passati sedici anni da quando Ken è scomparso.

Riassunto puntata precedente

Doujinshi italiano

ANIME

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato


ANIME/ARTI MARZIALI

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato

247


Doujinshi italiano ANIME

248

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato


ANIME/ARTI MARZIALI

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato

249


Doujinshi italiano ANIME

250

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato


ANIME/ARTI MARZIALI

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato

251


Doujinshi italiano ANIME

252

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato


ANIME/ARTI MARZIALI

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato

253


Doujinshi italiano ANIME

254

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato


ANIME/ARTI MARZIALI

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato

255


Doujinshi italiano ANIME

256

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato


ANIME/ARTI MARZIALI

Doujinshi: Ken 3 - Il Guerriero venuto dal Passato

257


Pin-Up ANIME

Ken il Guerriero (Hokuto no Ken • 北斗の拳) di Tetsuo Hara immagine tratta dall’e-book, volume 10, pagina 108 ©Coamix, 2006

258

Ken il Guerriero


Anteprima REDAZIONE

TERRE DI CONFINE

8

NUMERO

N.8 - OTTOBRE 2007

Anteprima

Dinosauri e Draghi

www.terrediconfine.eu Anteprima numero 8

259


- luglio 2007

TERRE di Confine

Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 http://creativecommons.org/ - http://www.creativecommons.it/

Lei è libero: • di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest’opera, previa comunicazione a www.terrediconfine.eu

Alle seguenti condizioni: • Attribuzione. Deve attribuire la paternità dell’opera a Terre di Confine, e comunicarne l’uso come sopra accennato. • Non commerciale. Non può usare quest’opera per fini commerciali. • Non opere derivate. Non può alterare o trasformare quest’opera, né usarla per crearne un’altra. • Ogni volta che usa o distribuisce quest’opera, deve farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza. • In ogni caso, può concordare col titolare dei diritti d’autore Terre di Confine utilizzi di quest’opera non consentiti da questa licenza.

Le utilizzazioni consentite dalla legge sul diritto d’autore e gli altri diritti non sono in alcun modo limitati da quanto sopra. http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/deed.it Questo è un riassunto in linguaggio accessibile a tutti del Codice Legale (ref: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/legalcode).


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.