Rivista aperiodica redatta da www.terrediconfine.eu
di TERRE Confine
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Fantascienza, Fantasy, Anime
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Luglio 2009 ANNO V
A.C.
LETTURA: Il Mistero dei Teschi di Cristallo n Scontro Finale n La Dimora Fantasma n L’Acchiapparatti di Tilos n
Considerazioni sul
MedFantasy:
FUMETTO:
prospettive per un Fantastico di “casa nostra”
Racconto di un Tatuatore Professionista n Pacco a sorpresa per il Sig. Derringer parte III n Ken 3 - apisodio 3 La Salvezza torna dal Nord n
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La Mano del Fato
NUMERO
1 – 2
INTERVISTE: Gelatineide - A. Fusari Berserk - F. Sanseverino e F. Deri 80 Nostalgia - L. Alberici Raggi Fotonici - M. Fabbreschi
Duma Key
Orexis - Il Fiore del Nulla
La Belle Dame sans Merci
Escaflowne
Night Warriors
OVA: Tekken - The Animation Fumetto: La Torre Nera Lettura: L’Albero delle Conchiglie, Graceling, Fuga da Mondi Incantati, L’Erede di Vitar, Il Lamento dell’Usignolo, Il Sangue della Terra, Melodia, Avelion - La Figlia dell’Acqua, Il Canto Proibito, Il Ritorno dei Cavalieri dell’Ombra
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www.terrediconfine.eu redazione@terrediconfine.eu
Foto di copertina di Alessandro Fusari
Editoriale REDAZIONE
di Massimo “DeFa” De Faveri
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Editoriale
TDC Dà I NUMERI?
ari lettori, per rincorrere nel migliore dei modi una delle finalità del progetto “Terre di Confine”, quella di dare visibilità – onesta e quanto più possibile imparziale – ad autori e artisti emergenti, introduciamo con questa nuova uscita la novità dei numeri intermedi, ossia numeri che si inframmezzano alle uscite regolari esulando dalla normale programmazione della rivista. Chi ci ha seguiti dall’inizio della nostra avventura, saprà che le scalette di Terre di Confine vengono costruite intorno a uno o più temi specifici, scelti di volta in volta; questo approccio permette la stesura di volumi che, concentrati su argomenti ben definiti, li possono trattare in modo ampio e con un buon livello di approfondimento. Così sono nati gli “speciali” sui vampiri, sui draghi e dinosauri, sui pirati… Tuttavia, col procedere delle attività e il moltiplicarsi delle richieste di recensione che ci giungono dall’esterno, spesso anche da autori, in particolare esordienti, è subentrata una nuova esigenza, quella di ritagliare in rivista spazi sempre maggiori per articoli su opere, artisti e argomenti suggeriti dagli utenti, derogando – per ovvie ragioni di varietà – alla formula dei temi circoscritti. Da qui la necessità di realizzare dei “mezzi numeri” (noi li chiamiamo numeri extra tema), caratterizzati da una scaletta totalmente libera, riempita con contenuti non legati da un filo conduttore comune; potremmo definirla una seconda collana versatile e snella, che si affianca a quella principale, più corposa ma maggiormente rigida nell’impostazione. Questa nuova modalità di progettazione consente parallelamente a Terre di Confine di sviluppare in modo assai più efficace un altro importante ramo del suo progetto: la diffusione di fumetti in formato PDF. In parte favorita dal moltiplicarsi di software di grafica gratuiti ma sempre più professionali, in grado di soccorrere i disegnatori nella pratica di una passione che fino a pochi anni fa implicava sacrifici economici non per tutti trascurabili (basti pensare al costo dei retini), in Italia si è formata una base veramente vasta di fumettisti, alcuni affermati, altri ugualmente validi sebbene impegnati in ambito amatoriale. Professionisti o dilettanti, molti di loro non trascurano l’importanza di poter distribuire gratuitamente alcune delle proprie opere in formati diversi da quello cartaceo, e Terre di Confine è lieta di poter fungere anch’essa da veicolo per la “circolazione” di un’arte ormai diventata parte integrante della nostra cultura, anzi… diventata – come ogni arte – cultura a tutti gli effetti. Un’altra novità riguarda il sito web: l’apertura di un’intera sezione dedicata ai racconti inviati dagli utenti. Raccogliendo l’eredità di “Fantasy Story”, contiamo di ricostituirne la comunità di autori, e un po’ alla volta reinserire on-line in forma aggiornata l’archivio storico degli scritti. Non ci resta dunque che augurarvi una buona lettura. n Massimo De Faveri
Editoriale
Sommario REDAZIONE
TERRE DI CONFINE
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N. 9 1/2 - LUGLIO 2009
NUMERO
1 – 2
Sommario Editoriale TdC dà i Numeri? di M. De Faveri ................................. 3
Sommario
Intervista
Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Lettura Cultura Fumetto Corto Intervista Intervista
Intervista ad Alessandro Fusari di P. Motta ................. 6 Il Mistero dei Teschi di Cristallo di V. Summa ................ 10 Scontro Finale di L. Germano ...................................... 12 La Dimora Fantasma di L. Germano ............................ 14 L’Acchiapparatti di Tilos di V. Summa ......................... 18 L’Albero delle Conchiglie di S. Baccolini ....................... 20 Graceling di F. Coppola ............................................. 22 Duma Key di V. Summa e C. Ristori .............................. 24 Fuga da Mondi Incantati di V. Summa ........................ 26 Il Lamento dell’Usignolo di V. Summa ......................... 28 Il Sangue della Terra di V. Summa ............................. 30 Melodia di V. Summa ................................................ 32 Avelion - La Figlia dell’Acqua di Cuccu’ssette .................. 34 Il Canto Proibito di C. Ristori ...................................... 38 Il Ritorno dei Cavalieri dell’Ombra di V. Summa ........... 40 L’Erede di Vitar di D. Di Bartolo ................................. 42 Considerazioni sul MedFantasy di F. Coppola ............... 44 La Torre Nera di C. Ristori .......................................... 50 Berserk - The Black Swordman di Cuccu’ssette .............. 56 Francesco Sanseverino e Fabio Deri di Cuccu’ssette ...... 58 80 Nostalgia di S. Baccolini ........................................ 60
www.terrediconfine.eu
REDAZIONE
OVA Cinema OVA
Tekken - The Animation di L. Colombi ......................... 68 Escaflowne di A. Tripodi ............................................ 72 Night Warriors - Darkstalkers’ Revenge di L. Colombi ..... 76
Fumetti
Fumetto Fumetto Manga Fumetto
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Fumetto
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Fumetto
Racconto di un Tatuatore Professionista di R. Fuiano, P. Motta .................................................................. 82 Orexis - Il Fiore del Nulla - Prologo di M. Noris ............. 86 Orexis - Il Fiore del Nulla - Cap. I di M. Noris ............... 101 Pacco a Sorpresa per il Sig. Derringer di V. Santato ..... 135 La Belle Dame sans Merci di Dany & Dany .................. 146 Ken 3 - La Salvezza torna dal Nord di Fighi, Vincent Wise, Albatros Simone ...................................................... 160 Il mio Nome è Nym di Mocha di S. Marinetti ................ 190
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Redazione
Andrea Carta, Antonio Tripodi, Carola Del Buono, Claudio “Sat’Rain” Piovesan, Cristina “Anjiin” Ristori, Cuccu’ssette, Daniela “Dashana” Belli, Daniela di Bartolo, Daniele Picciuti, Davide Mana, Diego Altobelli, Elena Romanello, Emanuele “Krisaore” Palmarini, Francesco “Muspeling” Coppola, Francesco Viegi, Giovanna Lorenza Rossano, Laura Tolomei, Leonardo Colombi, Lorenzo Davia, Luca Germano, Massimo “DeFa” De Faveri, Paolo Buscaglino, Paolo Motta, Pellegrino Dormiente, Rossella Martinelli, Stefano Baccolini, Valentina “Vania” Summa, Viviana D’Alberto
Hanno collaborato
“Albatros Simone”, Alessandro Fusari, Daniela Orrù, Daniela Serri, Fabio Deri, Filippo “Fighi”, Francesco Sanseverino, Luca Alberici (80 Nostalgia), Maurizio Noris, Mirko Fabbreschi, Remo Fuiano, Stefano Marinetti, Vanessa Santato, “Vincent Wise”
Si ringrazia
Edizioni XII, Federico Panicucci (RiLL), Viviana De Mitri (Armenia)
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Intervista
Intervista
FANTASCIENZA
Intervista ad ALESSANDRO FUSARI di Paolo Motta
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e conoscenze scientifiche di un autore possono condurlo a dedicarsi alla Fantascienza? Una tale domanda potrebbe occupare interi volumi: pensiamo solo al biochimico Isaac Asimov, all’ingegnere Roberto Vacca, e ancora a John Carpenter che legge con passione libri di fisica quantistica, e persino a Lovecraft, il quale diede ai suoi orrorifici Miti di Cthulhu un portata cosmica influenzato dal suo interesse per l’astronomia. Una condizione simile è quella che caratterizza Alessandro Fusari. Classe 1973 e residente a Cremona, Fusari proviene da studi scientifici e svolge la professione di ingegnere, ma parallelamente è sempre stato un appassionato di fumetto e di illustrazione, al punto da seguire prima uno stage di Claudio Villa (disegnatore di Tex, nonché creatore grafico di Dylan Dog) e Claudio Nizzi (ideatore del poliziesco Nick Raider e sceneggiatore di Tex e per Il Giornalino), nel 1999, e poi il corso tenuto dal grande Massimiliano Frezzato presso l’Accademia Pictor di Torino, tra il 2000 e il 2001. è soprattutto Frezzato ad influenzare lo stile di Fusari “alla francese”, dal tratto pulito e dai colori intensi. Alessandro, successivamente, inizia a collaborare con il Centro Fumetto Andrea Pazienza e con altre realtà indipendenti. Ovviamente la Fantascienza è il genere che più lo appassiona. L’abbiamo incontrato per parlare, tra le altre cose, della sua ultima “fatica”, intitolata Gelatineide.
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ome hai iniziato la tua carriera di fumettista? La passione per il disegno mi appartiene da quando ero bambino, come pure la voglia di raccontare storie. Il fumetto è stato un modo naturale di coniugare questi due aspetti. A parte qualche fumetto disegnato con e per gli amici, ho cominciato con il proporre storie brevi di 5 pagine al concorso per autori esordienti della provincia di
Intervista: Alessandro Fusari
FANTASCIENZA
Cremona, città in cui sono nato e tuttora risiedo parte della settimana. Per due volte arrivai secondo ma, nel frattempo, il Centro Fumetto “Andrea Pazienza”, organizzatore del concorso, mi propose di realizzare una storia di ampio respiro, almeno 40 pagine. Per circa un anno avevo anche seguito alcuni corsi serali di fumetto e illustrazione che Massimiliano Frezzato (autore pubblicato in Italia, ma anche in Francia e negli Stati Uniti) teneva all’Accademia Pictor di Torino, città in cui mi trovavo per lavoro. Forte di questa esperienza, intrapresi la realizzazione della storia per il Centro Fumetto, pubblicata nel 2005 con il titolo Gaudeamus Igitur, un impegno davvero consistente per me anche sul piano personale, oltre che tecnico. Rischiavo di non riuscire a finire i disegni in tempo, così passai le ferie estive curvo sul tavolo da disegno. Ricordo bene quando per la prima volta vidi il fumetto stampato sul banco dello stand a Lucca: che soddisfazione! Poi, però, per diversi mesi, non toccai più la matita, tanta era stata la fatica per rispettare la scadenza. Ecco, più o meno cominciò così: per avermi dato l’occasio-
ne di un esordio concreto, devo ringraziare il Centro Fumetto “Andrea Pazienza” e Michele Ginevra.
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quali autori ti ispiri maggiormente? Castellini, Otomo, De Angelis, Gimenez, Moebius, Frezzato e, ultimamente, Joshua Middleton. Di ognuno apprezzo qualcosa in particolare, per esempio la spettacolarità di Castellini, l’espressività cromatica di Frezzato o l’elegante grafismo di Middleton.
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uali invece puoi dire che ti abbiano dato l’imprinting in questa tua passione? Ancora Castellini e Frezzato. Ricordo bene la mia emozione sfogliando le pagine di Silver Surfer in bianco e nero, disegnate da un ispirato Castellini: ho studiato ogni singola vignetta, ammirando soprattutto la ricchezza dei dettagli e l’elaborata, spettacolare composizione di ogni pagina. Quello fu il primo imprinting. Il secondo, anni dopo, quando Massimiliano Frezzato ci portò alcune sue tavole originali, durante il suo corso di fumetto a Torino. Ricordo in particolare una storia di Wolverine, colorata magistralmente con mezzi toni, un tipo di colo-
Intervista: Alessandro Fusari
Intervista FANTASCIENZA razione alla quale mi sono ispirato molto. Poi, durante le lezioni, vedere all’opera un professionista è un’opportunità preziosa. Credo che il tipo di colorazione in scala di grigi caldi e freddi che utilizzo più spesso derivi proprio da lì.
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osa consiglieresti a un giovane che volesse intraprendere questa professione? Qui sono un po’ in imbarazzo. Per me il fumetto non è ancora una professione, anche se grazie al Centro Fumetto ho visto pubblicate già due mie storie ed è in preparazione una terza. Sono un ingegnere e il lavoro lascia poco tempo al fumetto. Durante le fiere, come Lucca o Napoli, capita di vedere ragazzi con la cartellona sotto braccio, che si propongono agli editori, mostrando i propri lavori agli stand. Passano anche da noi, dal Centro Fumetto. Per esperienza personale consiglierei due, anzi no, tre cose in particolare. Disegnare il più possibile, ogni giorno: la mano diventa fluida solo dopo un po’. Conoscere le pubblicazioni dell’editore a cui ci si propone, il quale difficilmente (anche se tutto è possibile) accetterà proposte discordanti con la propria
linea editoriale. Soprattutto nel caso del disegno realistico, lavorare sulla prospettiva e sull’anatomia. Avevo detto tre consigli, giusto? Ne aggiungo un altro: in questo campo alcuni giudizi sono indubbiamente soggettivi, ma ve ne sono anche di oggettivi e non sempre facilmente condivisibili da parte di un autore che si sente muovere una critica. In realtà, con il tempo e il raffinamento delle proprie abilità, si scoprirà che una buona parte di quelle critiche erano valide. Dunque accettare i suggerimenti degli esperti (dei veri esperti, intendo). Infine, il consiglio più importante: perseverare!
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arlaci un po’ del progetto “Gelatineide”. Gelatineide è il secondo capitolo di una mini serie di Fantascienza. Sono un appassionato del genere. Il progetto è nato nel 2001, più o meno. È nato inconsapevolmente, con una storia di 5 pagine che proposi al concorso per esordienti di Cremona. Il protagonista, Randolph Reed, un neolaureato
Intervista: Alessandro Fusari
FANTASCIENZA del futuro, è coinvolto in un diverbio con un alieno, durante un colloquio di assunzione. La storia fu pubblicata come “numero zero” nel 2004, con il titolo Dinamiche di gruppo. Nel 2005 è stata la volta di Gaudeamus Igitur, un albo di 48 pagine in cui Randolph rievoca le proprie esperienze universitarie, la goliardia (da cui il titolo), l’incontro con alieni bizzarri e il modo in cui è riuscito a salvare prima il pianeta-università e poi la stazione spaziale su cui lavora. Randolph è un ingegnere-alchimista ed è in grado di modellare un nuovo tipo di materiale, i tecnopolimeri mutageni, per il quale la sua azienda detiene un lucroso monopolio. Un altro potere forte, nella galassia di Randolph, è costituito dal nascente impero dei denebiani, alieni bellicosi e ottusi. La dialettica fra questi due centri di potere, l’azienda di Randolph e l’impero, è il contesto di Gelatineide - Battaglia per Deneb, il secondo capitolo di questa space-opera, pubblicato quest’anno e presentato a “Lucca Comics”. I toni più spensierati di “Gaudeamus” lasciano il posto a situazioni più drammatiche in “Gelatineide”, anche se, come probabilmente si evince dal titolo, non mancano spunti ironici. Dimenticavo: le gelatine kornelliane sono altri esseri alieni molto importanti in tutta la vicenda, ma il loro ruolo si chiarirà meglio in futuro. Il titolo allude all’epica battaglia sostenuta dalle gelatine per difendere il proprio pianeta dalla conquista denebiana, capitolo con cui si apre la narrazione di “Gelatineide”. Anche se questi elementi appartengono alla tradizione di certa Fantascienza, in queste avventure sono presentati in una combinazione originale di situazioni spettacolari, ironia, vicende personali del protagonista e logiche di potere tipiche di oggi. Uno degli scrittori di fantascienza che apprezzo particolarmente è Douglas Adams: l’ho scoperto a metà della lavorazione di Gaudeamus Igitur e mi sono trovato spesso in sintonia con i suoi romanzi. Lo ricordo per evocare meglio il tipo di fantascienza che racconto, anche se i miei riferimenti visivi ri-
mangono pur sempre Guerre Stellari e Star Trek su tutti.
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osa hai in serbo per il futuro? Puoi farci qualche anticipazione? Sto lavorando al terzo capitolo della mini serie, che ha il titolo provvisorio di Xilom - Il Generale della Guerra. Se tutto procede per il verso giusto, dovrebbe uscire a novembre di quest’anno, sempre in concomitanza con “Lucca Comics”, pubblicato dal Centro Fumetto “Andrea Pazienza”. Questo e il successivo saranno i capitoli in cui tutti gli elementi disseminati nel corso dei precedenti due albi troveranno la giusta sintesi, non mancheranno però alcune sorprese Ho già definito la storia durante una lunga chiacchierata con il mio amico Emiliano Guarneri, il mio primo lettore, consulente e, nel caso del prossimo albo, cosceneggiatore. La fase di concezione di una storia di un certo respiro è la fase che preferisco, e avere modo di parlarne con un amico di vecchia data è anche meglio, se si è sintonizzati sulle stesse frequenze. Da poco ho cominciato a disegnare le prime pagine, alcune delle quali sono già presenti on-line sul mio blog (www.gelatineide.blogspot.com).
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llora, ringraziandoti per la tua disponibilità, terminiamo questa piacevole chiacchierata dando ai lettori appuntamento a novembre per il capitolo conclusivo di “Gelatineide”. Ringrazio Terre di Confine, per l’opportunità di questa intervista. n Paolo Motta
Intervista: Alessandro Fusari
Lettura
Lettura
FANTASY
IL MISTERO DEI TESCHI DI CRISTALLO (S. Fusco, 2007)
di Valentina “Vania” Summa
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n’antica leggenda, forse azteca ma comune a tutte le prime genti d’America, narra dell’esistenza di 13 teschi, scolpiti in pietre dure e trasparenti, i quali racchiuderebbero un’ancestrale e terribile sapienza. Nel momento in cui l’umanità si troverà ad affrontare un pericolo che metterà a repentaglio la sua stessa esistenza, i 13 teschi verranno riuniti e, insieme, pronunceranno le parole che potranno salvare il mondo dalla distruzione. Starà all’Uomo comprenderle e metterle in pratica. Da questo enigma archeologico e antropologico ha origine il romanzo/saggio Il mistero dei Teschi di Cristallo di Sebastiano Fusco, per Edizioni Mediterranee. La pubblicità che ne è stata fatta inganna. Il tempismo nell’associare il libro di Fusco con l’uscita nelle sale dell’ultimo film della saga di Indiana Jones, incentrato appunto sul rocambolesco ritrovamento di uno di questi teschi, indurrebbe a pensare di trovarsi di fronte a uno di quei testi pseudoesoterici costituiti da entusiastiche e discutibili affermazioni su antiche civiltà dimenticate e prossime apocalissi, da lanciare sul mercato approfittando dell’onda di interesse suscitata dalla pellicola cinematografica. La lettura de Il Mistero dei Teschi di Cristallo, invece, sorprende per la lucidità delle supposizioni e della ricerca, e si scrolla di dosso lo scomodo richiamo promozionale in poche pagine, acquistando credibilità senza tanti sforzi. L’autore si interessa all’argomento in maniera analitica, quasi scientifica, senza lanciarsi in ardite supposizioni ma offrendo al lettore una solida base nozionistica da cui partire, spaziando dall’antropologia alla magia, dalla neurologia al funzionamento della psiche secondo i più recenti studi. Esistono molti teschi di cristallo sparsi per il mondo, alcuni conservati in musei, ma più spesso parte di collezioni private. Le analisi tecniche condotte su alcuni di essi,
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Lettura: Il Mistero dei Teschi di Cristallo
FANTASY n
Il “Teschio di Cristallo” conservato al British Museum di Londra fonte: Wikipedia
pur in un alternarsi di affermazioni e smentite, hanno evidenziato prerogative che − anche non volendo scadere nell’esoterico − sconcertano perfino i tecnici. I teschi sono stati scolpiti in pezzi unici (tranne un paio di essi che possiedono una mandibola mobile) partendo da “gigantesche” formazioni di quarzo cristallino. Il “senso di marcia” seguito per inciderli è opposto al piano di simmetria molecolare della gemma, e implicherebbe dunque una precisione e una delicatezza assolute nella realizzazione dell’opera, la quale, con una simile modalità di lavorazione, sarebbe stata soggetta a scheggiarsi o frantumarsi al minimo colpo. Adottare questa procedura risulta assai complicato perfino oggi con le moderne strumentazioni; capire come si sia giunti a un tale manufatto con attrezzi antichi è quindi arduo. Inoltre, i pezzi sono perfettamente levigati, senza difetti. È stata suggerita l’ipotesi di una paziente lavorazione tramite acqua e sabbia, ma un rapido calcolo ha stimato che occorrerebbero trecento anni di levigatura continua per raggiungere un simile risultato. I teschi presentano una capacità intrinseca di riflettere e rifrangere la luce, che in alcuni esemplari si concentra nel fondo delle orbite e in altri crea scomposizioni nei colori dell’iride. Ciò li accomuna in parte a certi oggetti esoterici che verrebbero utilizzati per i viaggi extra-corporei, alla ricerca di un più elevato sentire; stando alle cronache, pare infatti che varie persone abbiano subìto effetti stravaganti trovandosi di fronte ai teschi (svenimenti, convulsioni, improvvisa conoscenza di linguaggi mai parlati prima e altro ancora). Fusco ipotizza che fissare i giochi di luce al loro interno agisca sull’amigdala (un organo del cervello posto alla base del cranio) alterando la normale trasmissione di informazioni e stimoli attraverso i circuiti neurali. Il numero effettivo dei teschi esistenti varia continuamente, poiché molte persone ne millantano il possesso ma poche hanno finora acconsentito a un loro studio approfondito con mezzi scientifici. “Max”, ad esempio, è un teschio stilizzato in pietra cristallina, appartenente ai signori Parks, in Texas. Nel sito di Sha-Na-Rah in Messico sono stati ritrovati altri due teschi di pietra trasparente dalle linee simili a quelle delle raffigurazioni presenti nell’arte locale. C’è poi il “teschio Maya” del Guatemala, che emette una luminescenza verdastra, e quello in quarzo rosa trovato al confine con l’Honduras. Un teschio dalle forme essenziali è conservato al Trocadero di Parigi, e uno in pietra lattea è stato spedito anonimamente alla
Smithsonian Institution. Esiste poi un teschio in alabastro e uno dalla forma così allungata e particolare che gli entusiasti hanno subito tirato in ballo gli alieni, ribattezzandolo “E.T.” I più interessanti rimangono il “Mitchell-Hedges”, l’unico a essere stato analizzato addirittura dai tecnici della Hewlett-Packard, e quello conservato a Londra, che dà il via all’avventura di Fusco. Questa inizia con una semplice visita turistica al British Museum of Mankind a Londra, spinta dalla curiosità di vedere il pezzo ivi custodito prima che venisse riportato in magazzino. Era infatti stata smentita la sua antichità (analisi poi messa in dubbio e confutata a sua volta) e il museo intendeva toglierlo dalla sala. La vista del teschio suscita in Fusco una serie di perplessità e domande che spingono l’autore dapprima a ricercare informazioni in maniera autonoma, e quindi a chiedere un confronto con personalità scientifiche di primo piano. Gli esiti di questi colloqui non solo non dissipano i suoi dubbi, ma anzi lo inducono a immergersi sempre più a fondo in un mondo di mistero. Per cercare di venire a capo della faccenda, Fusco compie un viaggio in Centro-America per incontrarsi con uno degli ultimi uomini di potere di sangue azteco, e assiste con i propri occhi a eventi sbalorditivi, lasciati poi al giudizio del lettore. A metà strada tra il saggio nozionistico e il romanzo d’avventura, Il mistero dei Teschi di Cristallo è un libro ben fatto, chiaro ed esauriente, di facile lettura e di arricchimento culturale. Consigliato a tutti coloro che amano il mistero pur volendo restare con i piedi ben piantati a terra. n Valentina Summa
Lettura: Il Mistero dei Teschi di Cristallo
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Lettura
Lettura
FANTASY
SCONTRO FINALE (Confessor - T. Goodkind, 2007) di Luca Germano
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on Scontro Finale, libro intenso e avventuroso nello stile del miglior Terry Goodkind, giunge alla sua fine risolutiva la lunga e fortunatissima saga de “La Spada della Verità”, recentemente trasposta sul piccolo schermo da Sam Raimi. È una storia avvincente, ricca di invenzioni originali, dove le pagine scorrono rapide e le immagini si fissano con forza nella mente del lettore. Con il primo romanzo dell’ultima trilogia (La Catena di Fuoco, 2005), Goodkind aveva trasformato molti dei suoi personaggi, riuscendo nella davvero difficile impresa di mantenerne intatta l’indole modificando al contempo quei pur fondamentali tratti della personalità che, rimossa l’intera esistenza di colei che maggiormente li aveva influenzati, dovevano necessariamente presentarsi “diversi”. Ne La Catena di Fuoco, infatti, Kahlan è stata cancellata dai ricordi di tutti, come non fosse mai esistita; è divenuta davvero una sorta di Fantasma (da cui il titolo del secondo libro della trilogia). Di conseguenza, i principali alleati di Richard Rahl, sui quali Kahlan molto aveva influito con la sua tenacia e il suo profondo amore per la vita, mutano sensibilmente: Ann, la ex Priora delle Sorelle della Luce, ridiventa una fredda mente calcolatrice che brama controllare – pur nel perseguimento di un nobile fine – la vita e le scelte di tutti, mentre Zedd perde purtroppo gran parte dei tratti più squisitamente umani. Al protagonista Richard vengono così meno le risorse sulle quali aveva sempre potuto contare. Mentre, intorno, la Magia muore. In Scontro Finale si narra ancora il tentativo ostinato – che pare senza speranza – di Richard di recuperare l’amore della sua vita e al contempo difendere dalla forza inarrestabile e sconfinata dell’Ordine Imperiale le migliaia di persone di cui si sente responsabile. È un’impresa che dev’essere tentata su più piani contemporaneamente: Richard
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Lettura: Scontro Finale
FANTASY deve impedire che l’Ordine conquisti il Palazzo del Popolo; deve evitare che Jagang s’impossessi – attraverso la decifrazione dei Libri delle Ombre Importanti – del potere dell’Orden, unico capace di rompere l’incantesimo della Catena di Fuoco; deve salvare Kahlan dalla prigionia; deve riacquistare il suo Dono e imparare a utilizzarlo al massimo delle potenzialità. E soprattutto deve riuscire a sconfiggere qualcosa di più potente di qualsiasi magia o esercito: l’ideologia distorta e ammorbante che giustifica anche il più turpe gesto dell’Ordine Imperiale. Richard e Nicci (colei che ha lasciato le fila dell’Ordine ed è rinata a nuova vita proprio grazie al cercatore della Verità, del quale è ora la più potente e fedele alleata) sono infatti ben consapevoli che uccidere il Tiranno dei Sogni non basterebbe a fermare l’esercito oscuro che si è accampato fuori dalle apparentemente inespugnabili mura del Palazzo del Popolo. Bramoso di uccidere, devastare, stuprare, ogni uomo del Vecchio Mondo non si fermerebbe nemmeno davanti alla morte del proprio condottiero: troverebbe ugualmente fermo sostegno e inarrestabile guida in quell’ideologia aberrante che, inaridendo o annientando intere civiltà, è stata in grado di soggiogare milioni di uomini. Pur consapevole della sterilità di molti suoi sforzi, Richard non si darà però mai per vinto. Lui, del resto, anche senza la Spada della Verità, è detentore di entrambe le anime della Magia: sa ballare la Danza della Morte ed essere conseguentemente il più letale degli spadaccini; ma soprattutto è il Cercatore, nato per difendere e far trionfare sull’oscurità annichilente della menzogna i veri valori morali. Scontro Finale infatti non è solo un romanzo fantasy. Nel progetto dell’autore, l’intera saga è evidentemente una sorta di manifesto ideologico, la trasposizione romanzata del vibrante e inconciliabile scontro tra due visioni della vita completamente contrapposte: da una parte il razionalismo positivista, strenuo difensore del valore intrinseco della vita; dall’altra l’irrazionalismo fideistico antistorico e pessimista, che odia perché invidia, che distrugge perché incapace di creare. Così l’avventura diviene ammaestramento morale, compiuto mito filosofico della riscoperta e conquista, da parte dell’individuo, delle proprie radici etiche, contro la deriva corruttibile e contaminante della massa; la quale massa, cieca, volubile e stolta, è facile tanto al relativismo etico quanto alla disarmante e contraddittoria stolidità della falsa fede. Mentre i personaggi lottano per non dimenticare sé stessi, per rimanere integri nei loro valori morali e
Ciclo “La Spada della Verità” (The Sword of Truth)
Debito di ossa (Debt of Bones, 1998) L’assedio delle Tenebre / La Profezia del Mago (Wizard’s First Rule, 1994) Il Guardiano delle Tenebre / La Pietra delle Lacrime (Stone of Tears, 1995) La Stirpe dei Fedeli / L’Ordine Imperiale (Blood of the Fold, 1996) La Profezia della Luna Rossa / Il Tempio dei Venti (Temple of the Winds, 1997) L’anima del Fuoco (Soul of the Fire, 1999) La Fratellanza dell’Ordine (Faith of the Fallen, 2000) I Pilastri della Creazione (The Pillars of Creation, 2001) L’Impero degli Indifesi (Naked Empire, 2003) La Catena di Fuoco (Chainfire, 2005) Fantasma (Phantom, 2006) Scontro finale (Confessor, 2007) lentamente riconquistare quanto hanno perso, Richard si eleva come incrollabile baluardo, saldo nelle sue superiori certezze, ultima speranza di una vera giustizia. La struttura ideologica portante del romanzo (Goodkind è largamente influenzato dall’Oggettivismo di Ayn Rand) non è tuttavia mai tale da soffocare il ritmo incalzante di una narrazione che si mantiene come sempre piacevolmente scorrevole. Ancora una volta il lettore incontrerà le grandi battaglie, i capovolgimenti di prospettiva, le strabilianti magie, gli imprevisti, gli angoscianti orrori. E, come sempre, si perderà nei meandri oscuri della Magia così come creata e modellata da Goodkind, in un difficile equilibrio di infinite complicazioni e di risoluzioni luminose e trancianti. Vi saranno molti incontri, in una storia che si chiude simbolicamente quasi a cerchio con il ritorno sulla scena di molti personaggi che sembravano dimenticati od oramai privi di importanza; e vi saranno alcune perdite. Il finale è per molti versi sorprendente. Per chi ha letto i precedenti volumi della Saga, ovviamente imperdibile! n Luca Germano
Lettura: Scontro Finale
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Lettura
Lettura
FANTASY
LA DIMORA FANTASMA
(Deadhouse Gates - S. Erikson, 2000) di Luca Germano
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on La Dimora Fantasma, secondo volume de La Caduta di Malazan (rectius: Il Libro Malazan dei Caduti), Steven Erikson non solo soddisfa tutte le aspettative che con il precedente I Giardini della Luna aveva saputo creare nel lettore, ma addirittura queste supera, valorizzando notevolmente le sue molteplici capacità, prima solo in parte percepite. Il lettore si trova nuovamente di fronte a un elevato numero di personaggi (più di trenta) e a una trama subito articolata, con pochi elementi chiarificatori, spesso celati, spersi nella sovrapposizione di più piani di lettura e di più storie. La struttura mantiene quindi la complessità ardita del primo romanzo: il susseguirsi di colpi di scena e cambi di prospettiva induce ancora alla rilettura di passi addietro, nella convinzione, a volte la speranza, di aver perso qualche dettaglio rilevante, ma stavolta vengono almeno rimossi tutti quegli elementi percepibili come sovrabbondanti. Rispetto a I Giardini della Luna, quindi, lo svolgimento delle vicende risulta di più immediata comprensione; i flashback sono ridotti in lunghezza e frequenza; la storia è meno frammentaria e le sue linee principali sono immediatamente individuabili: si entra subito in medias res, presi dalla tensione, dalla curiosità, dalla passione. Anche laddove s’incontrino apparenti lacune irrisolte (mai però davvero disorientanti), la netta sensazione di continuità lascia il lettore sicuro di trovarne poi puntuale spiegazione nel successivo romanzo della saga (Memorie di Ghiaccio); certezza assolutamente fondata. Erikson dimostra così che complicazione e oscurità non sono il portato di un’incapacità a stento mascherata, ma il bramato frutto di chi è intenzionalmente fuorviante e
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Lettura: La Dimora Fantasma
FANTASY ambiguo. Dietro il primo inganno, Erikson ne nasconde senza dubbio un secondo: intesse perché il lettore s’illuda di iniziare a comprendere e poi d’improvviso sorprende con l’evento traumatico che rimescola le carte in tavola, che muta il significato degli eventi noti e getta nuova luce su quelli che appena appena aveva lasciato intravedere nell’ombra. Un gioco rischioso, poiché di norma, in una partita impari, è facile stancare o indispettire oltre il limite. Tanti sono però gli avvenimenti e così armoniosamente narrati che, per quanto noto sia il nome del vincitore di ogni sfida lanciata, il lettore non avverte alcuna costrizione o specioso artificio: la storia mantiene sempre il suo particolare ritmo senza stucchevoli soluzioni di comodo o lapalissiane contraddizioni. Fondamentalmente, la narrazione è costruita intorno a quattro gruppi di personaggi le cui vicende troveranno non pochi punti di contatto. Nel primo gruppo, centrale è la figura di Felisin, la minore delle sorelle di Ganoes Paran. Ne I Giardini della Luna, Felisin compare in una breve parentesi prima della partenza di Paran per il fronte. Nulla allora indicava o lasciava presagire quale importante ruolo avrebbe giocato nel prosieguo. Nella capitale, gli eventi sono precipitati e molti nobili hanno visto tramontare la propria buona stella. Nella famiglia Paran, i tre fratelli sembrano avere destini molto diversi: Ganoes è ufficilmente un traditore, mentre Tavore, la sorella maggiore, è divenuta Aggiunto (la carica che fu di Lorn). Felisin è condannata ai lavori forzati in una miniera. Suoi compagni di sventura divengono un sacerdote, al quale sono state amputate le mani, e un uomo dall’oscuro passato. Il secondo gruppo è formato dagli immortali Icarium e Mappo Trell. Sono figure leggendarie, anch’esse nominate nel primo libro: a Genabackis vi è uno dei millenari orologi creati da Icarium, il quale, dimentico del proprio passato, lascia in tutto il mondo questi misteriosi meccanismi a segno del suo passaggio. Il terzo gruppo ha come voce narrante Duiker, storico imperiale al seguito di Coltaine, capo dei Wickan (tribù guerriera che ha giurato lealtà − per motivi ignoti − al primo imperatore Kellanved, e a tale giuramento rimane fedele benché le Sette Città siano percorse oramai dai fremiti dell’insurrezione contro i dominatori Malazan). Il quarto gruppo è quello di Crokus, Kalam, Apsalar e Fiddler, da cui però Kalam si separerà presto, costretto dalle circostanze a scegliere una via mol-
Ciclo “La Caduta di Malazan” (Malazan Book of the Fallen)
Romanzi I Giardini della Luna (Gardens of the Moon, 1999) La Dimora Fantasma (Deadhouse Gates, 2000) Memorie di Ghiaccio - I parte (Memories of Ice, 2001) Memorie di Ghiaccio - II parte (Memories of Ice, 2001) La Casa delle Catene (House of Chains, 2002) Maree di Mezzanotte (Midnight Tides, 2004) I Cacciatori di Ossa (The Bonehunters, 2006) Il Mietitore delle Tempeste (Reaper’s Gale, 2007) Toll the Hounds (2008) Dust of Dreams (2009) The Crippled God (di prossima uscita) Novelle Blood Follows (2002) The Healthy Dead (2004) The Lees of Laughter’s End (2007)
to diversa da quella intrapresa dai compagni. Sono questi ultimi i soli personaggi che il lettore ben ricorda dal primo libro; altri noti, come Ben lo svelto, compariranno solo verso la metà della narrazione o avranno riservata poco più che qualche citazione (Rake, Brood). Ben altri saranno però gli attori che il pubblico non potrà dimenticare. Fra questi, senza dubbio alcuno, i citati Duiker, Icarium e Coltaine. Lo sfondo delle vicende che coinvolgeranno tutti e quattro i gruppi è Sette Città, il continente patria di Ben lo Svelto e di Kalam. Qui, diversi anni addietro, nacque la leggenda degli Arsori dei Ponti, profondamente cambiati dal viaggio compiuto all’interno di Raraku, il grande deserto dal quale si leverà il prodigioso vento dell’insurrezione. Il continente è teatro di lotte combattute su diversi piani, e le storie dei quattro gruppi sembrano almeno all’inizio seguire tale scansione: Felisin viaggia in un mondo che pare assurdo, ove nobili e dèi possono cadere in disgrazia, per il gioco crudele o forse il capriccio di forze superiori incon-
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Lettura FANTASY Il caporale List procedeva in muto silenzio accanto allo storico, la testa ciondoloni sul petto, le spalle basse. Sembrava invecchiare sotto gli occhi di Duiker. Il loro mondo stava svanendo. Barcolliamo su confini visti e non visti. Siamo decimati, eppure insolenti. Abbiamo perso il senso del tempo. Un movimento infinito, interrotto soltanto dalla sua tediosa assenza: lo shock del riposo, di quei corni che segnalano la fine della pesante avanzata giornaliera. In quel momento, mentre il crepuscolo scivola su di noi, nessuno si muove. Increduli che un altro giorno sia trascorso e che la vita non ci abbia ancora abbandonato. Di notte si era aggirato per il campo dei fuggiaschi, vagando tra tende cenciose, tendoni e carri coperti, gli occhi che registravano ciò che vedevano con ostinato distacco. Lo storico, ora testimone, che arranca nell’illusione della sopravvivenza. Una sopravvivenza sufficientemente lunga da permettergli di annotare i dettagli sulla pergamena, nella fragile convinzione che quella verità sia una causa meritevole. Che il racconto diverrà una lezione degna di nota. Fragile convinzione? Menzogna bella e buona, un’illusione della peggior specie. La lezione della storia è che nessuno impara. I bambini morivano. Si era inginocchiato, la mano sulla spalla di una madre e con lei aveva visto la vita abbandonare il piccolo che la donna teneva fra le braccia. Come la luce di una lampada ad olio, sempre più bassa, sempre più flebile, fino a quando si spegne. L’istante in cui la lotta è già perduta, la resa già dichiarata ed il piccolo cuore rallenta e si ferma in muta meraviglia. Per non destarsi mai più. Era stato allora che il dolore aveva pervaso i vivi e distrutto con la rabbia tutto ciò che toccava. Incapace di consolare la madre in lacrime, aveva proseguito. trollabili o imprevedibili; gli immortali Icarium e Mappo Trell vengono coinvolti negli oscuri disegni di Trono d’Ombra, e posti nella condizione di non potersi sottrarre alla lotta contro forze sovrannaturali capaci di sconvolgere gli equilibri del mondo tutto, mentre oscuri segreti che nemmeno i millenni possono cancellare rischiano di distruggere l’antico legame che unisce i due; Kalam, in conflitto tra le proprie origini e il dovere al quale è votato, si confronterà con le oscure macchinazioni imperiali, andando incontro a una verità sorprendente e disorientante; Duiker è testimone e attore in una tragedia militare e umana dove gli eroi rifulgono nel loro ardito valore e cadono indimenticabili in un sacrificio che ogni volta sembra dolorosamente inutile. L’intreccio delle vicende avvicinerà presto il destino degli uni a quello degli altri, mentre il lettore verrà
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condotto su lontani oceani a bordo di navi fantasma mosse da nauti decapitati; in città devastate e dimenticate il cui oscuro passato minaccia una nuova venuta; in deserti ove immani poteri si stanno destando; in luoghi ove la magia è sovrana e il potere degli dei immanente; nel cuore di battaglie grandiose ove il destino di molti può essere deciso dal coraggio e dalla virtù di pochi. Sarà testimone di prodigi grandiosi di gesta epiche e terribili eventi. Ma, per quanto complesso e vivo tale sfondo possa apparire, mai è tale da sminuire o tanto meno soffocare gli interpreti del dramma, indimenticabili nelle loro eroiche gesta o meschini atti, tra superiori afflati e bassi istinti, ancora una volta travolti da un mondo teatro di lotte titaniche dove i disegni degli dei si scontrano con le mai sopite aspirazioni di “antichi” che il tempo confina nel mito. Pure nella copiosa generosità
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FANTASY di Erikson, che certo non lesina avventure, battaglie, sorprese, trappole, alla fine il lettore scoprirà infatti di ricordare particolari che in qualsiasi altro romanzo avrebbe dimenticato. Così per i personaggi che possono definirsi “minori” e addirittura per l’indole delle cavalcature di alcuni dei protagonisti. Gli elementi ai quali il lettore de I Giardini della Luna è già abituato, ne La Dimora Fantasma si fondono con descrizioni ancor più ammalianti, in una narrazione più coinvolgente e tesa, accendendosi, con ritmo suadente, di slanci visionari e toni epici − questi ultimi pressocché assenti nel primo romanzo −, mentre la tensione viene mantenuta alta dalla prima all’ultima pagina, tra oscuri presagi e segni premonitori. Particolare attenzione meritano le vicende che vedono protagonista lo storico imperiale Duiker. In un continente ostile, i Malazan, dominatori scacciati ora in fuga, hanno innumerevoli nemici e pochi alleati. Tra questi ultimi i Wickan che, visti dapprima con diffidenza se non aperta ostilità, si riveleranno invece l’ultima speranza: abili in battaglia, fieri e astuti, addestreranno al meglio le reclute Malazan trasformandole in soldati validi e capaci, e forniranno (grazie ai loro stregoni, immuni ai deleteri effetti della tempesta scatenata nel deserto di Raraku), il supporto magico strategicamente necessario per far fronte alle forze nemiche nettamente superiori per numero. Diversamente dalle altre storie narrate ne La Dimora Fantasma, il ruolo della magia wickan in questa parte del racconto rimane comunque servente rispetto all’apporto della spada e dell’astuzia. D’effetto la scelta di narrare ogni momento delle battaglie attraverso gli occhi dello storico: Erikson conduce il lettore all’interno dell’azione e al contempo gli consente di non perdere nulla di quanto intorno accade. Duiker segue l’evolversi degli eventi; annota mentalmente tutto ciò che, pur nella dissennata tempesta del combattimento, emerge fulgido o abbietto. Individua il coraggio, la codardia, il sacrificio. E così fa il lettore, che avidamente sfoglia ogni pagina, sbalordito, angosciato, avvinto; dopo innumerevoli gloriose e sanguinose battaglie, gli sembra quasi di riconoscere ogni singolo soldato, ogni coraggioso eroe. E trema all’idea della loro disfatta. E si interroga sul motivo per il quale i rinforzi non arrivano. E già sa in cuor suo che le tetre premonizioni troveranno riscontro. Fino all’ultimo grandioso atto, che, di tutto il romanzo, è senza dubbio il momento più alto, crudele
e coinvolgente. Con Erikson, grande estimatore di David Gemmell e appassionato lettore dell’Iliade, ritorna finalmente l’epica. Il risultato complessivo è impressionante: un romanzo ricchissimo di personaggi, situazioni, eventi, chiavi di lettura… e pur tuttavia quasi inspiegabilmente capace di fissare nella memoria del lettore quadri vivissimi e indelebili. In effetti Erikson, sublimando le sue abilità, riesce a dipingere un quadro armonico dove nulla stona davvero, fondendo in un solo libro epica e avventura, horror e fantasy, in un mondo ignoto del quale lentamente svela i tanti segreti; ammalia con descrizioni trasognate o realistiche, comunque particolareggiate, con personaggi dai contorni nitidi e convincenti; crea tensione vivissima che risolve mirabilmente, lasciando il lettore frastornato, amareggiato, triste o esaltato. Le battaglie tra mostruose creature si inseriscono tra quelle degli eserciti. Il duello si affianca al massacro. Un affresco grandioso e potente che pulsa di immagini vive che non potranno mai più essere dimenticate. n Luca Germano
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FANTASY
L’ACCHIAPPARATTI DI TILOS (F. Barbi, 2007)
di Valentina “Vania” Summa
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e Terre di Confine vivono in un tristo e cupo Medioevo, segnato dalla miseria e da esistenze fatte di espedienti. Anche sulle vie che collegano tra loro le città, la criminalità non dà tregua e chi è debole rischia ogni giorno di terminare il proprio viaggio terreno in modo brusco e sanguinoso. La fede nell’unico Dio e l’ortodossia verso la Chiesa della Luce, garantite entrambe dai Guardiani dell’Equilibrio, hanno bandito la magia dal mondo. È in questo contesto di stanca quotidianità e grettezza che Francesco Barbi ci proietta fin dalle prime pagine de L’Acchiapparatti di Tilos, edito nel 2007 da Editrice Campanila, tratteggiando il territorio in cui il lettore si muoverà con descrizioni semplici nel linguaggio ma estremamente evocative. In queste martoriate Terre di Confine si intrecciano le vite di alcuni improbabili personaggi, che di certo non corrispondono allo standard cui il Fantasy più scontato ci ha abituato. Nella città di Tilos, l’iroso e scostante Ghescik, un becchino appassionato di magia e scritture antiche che ha trascorso una giovinezza resa difficile dal suo aspetto gobbo e deforme, sottrae all’ormai defunta strega Macba un ciondolo misterioso che la vecchia portava sempre con sé. L’oggetto, la cui forma ricorda quella di un pesce − o quella più inquietante di un occhio − dovrebbe essere la chiave per scoprire i segreti della magia ancora nascosti all’interno dell’antica torre dove un tempo dimorava lo stregone Ar-Gular. Ansioso di entrare in possesso di queste antiche conoscenze, Ghescik si reca alla torre, ma non prima di aver carpito all’erborista Tamarkus, con una scommessa truccata, un altro manufatto utile alle ricerche: un libro nero appartenuto proprio ad ArGular.
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Lettura: L’Acchiapparatti di Tilos
FANTASY Il manoscritto si rivela però troppo complicato da tradurre, e il ciondolo non apre alcuna porta né svela alcun enigma; il misero bottino trafugato dalla torre si riduce così a un diadema di metallo tolto dal cranio di uno scheletro polveroso. Ricercato dagli scagnozzi di Tamarkus, Ghescik si rifugia a casa del suo unico amico, Zaccaria. Costui è un mentecatto tanto espansivo quanto suonato, un poveraccio emarginato a causa dei suoi modi irritanti (che passano dall’ipercinetico al catatonico), ma capace di inventarsi un mestiere che in qualche modo gli consente di sopravvivere a Tilos e di cui va fiero: acchiappare ratti. Nonostante i suoi difetti, Zaccaria possiede un’abilità quasi sovrumana nella lettura degli antichi linguaggi, e il becchino se ne serve per farsi tradurre il libro. Le informazioni così ricavate sono tuttavia poco chiare, lasciano intravedere oscure ombre, magie proibite che hanno intessuto una rete di follia attorno allo stregone Ar-Gular. La cosa, ben lungi dal far desistere Ghescik dai suoi propositi di conoscenza, lo induce anzi a indossare il diadema, oggetto chiave degli ultimi incantesimi dello stregone ma destinato a portare dolore e morte. Esso mette infatti il becchino in contatto mentale con il Boia di Giloc − chiamato anche Mietitore − una bestia demoniaca che vive da più di quattrocento anni rinchiusa nelle segrete della città. Risvegliata la sua sete di vite umane, il mostro evade, e la sua falce inizia a seminare morte in lungo e in largo per le Terre di Confine. Scioccato dalle proprie responsabilità nella vicenda e al tempo stesso smanioso oltre ogni dire di riunirsi al demone per carpirne i segreti, Ghescik parte per un viaggio verso Giloc in compagnia dell’acchiapparatti − traduttore ufficiale e persona più informata di quanto il becchino non sappia − e di una prostituta con la passione per il cibo, Teclisotta. Lo sgangherato gruppo ne passerà di tutti i colori, incrociando il proprio destino con quello di numerosi altri personaggi: Orgo il gigante tardo di mente, lo sfigurato cacciatore di taglie Gamara, gli evasi di Giloc, la strega Guia. A caccia del Mietitore o in fuga da esso, i protagonisti dovranno trovare un modo per sciogliere l’incantesimo che tiene in vita la creatura sanguinaria, riuscendo al contempo a salvare la pelle. E, tra tante persone dall’intelletto fino, chi crederebbe mai che la soluzione riposi nell’insondabile mente di un matto? Nell’arco delle sue quattrocento e più pagine, L’Acchiapparatti di Tilos non cede a un momento di noia. Subito affezionati ai deliranti e toccanti modi di
fare di Zaccaria, la mente e il cuore del lettore rimangono costantemente avvinti ai misteri che permeano la storia fino al suo epilogo. Il “diverso” occupa tutti i posti d’onore all’interno del romanzo. Ghescik lo è nel corpo, gobbo e zoppo, ma la sua mente è sveglia e scaltra e lo condanna a percorrere una strada oscura e autodistruttiva. Zaccaria, oltre al corpo allampanato, è diverso nella mente, un povero pazzo, simpatico ma spossante con le sue fisse, incapace di seguire un filo logico; eppure, si rivela essere il più illuminato e lungimirante di tutti. Anche Orgo il gigante è un mentecatto, forte ma stupido, capace di comunicare solo il suo nome e di sciorinare pochi proverbi sgrammaticati. Gamara poi è orribilmente sfigurato, ed esercita la professione del cacciatore di taglie, cosa che lo rende un fuori casta. Perfino Guia non è altro che una vittima delle superstizioni altrui, imprigionata a causa dei suoi talenti di strega. Tra tanta gente che si ritiene furba e sana di mente, saranno proprio i matti a risultare i “vincitori”. L’autore tratteggia i deboli con fine sensibilità senza essere melenso né cadere nel patetico, rendendoli cari al lettore per ciò che sono, senza fronzoli o giustificazioni. La sottile corrente di ritorno all’innocenza e alla purezza di cuore, alla pur sgradevole verità, attraversa tutto il romanzo, trovando paradossalmente il proprio territorio nell’antica magia invece che nella razionale e rassicurante religione della Luce. Barbi ha l’ulteriore pregio di saper modificare il proprio stile narrativo a seconda delle situazioni. Si passa dal comico-grottesco al drammatico, in una commistione di linguaggio che rende più saporita la trama. Le sequenze di maggiore tensione vengono risolte in un rapido e inaspettato passaggio dall’uso del passato remoto a quello del presente; se ne ricava quasi l’impressione dello scorrere di una pellicola cinematografica, in grado di cambiare la velocità tramite scelte di montaggio. Queste variazioni non sono fastidiose, anzi regolano il ritmo ponendolo in sincrono con l’ansia e l’aspettativa di chi legge. Le sequenze del Mietitore sfiorano l’horror, non solo per la crudezza delle scene di sangue ma anche per le situazioni angosciose che caratterizzano le sue entrate in scena. Il lento salire della tensione, l’imprevedibilità delle azioni del mostro e le vite spezzate dalla sua falce toccano in modo efficace l’immaginario. Spigliato, coraggioso e a tratti commovente, L’Acchiapparatti di Tilos è un ottimo romanzo, adatto anche a chi non va pazzo per il genere Fantasy. n Valentina Summa
Lettura: L’Acchiapparatti di Tilos
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FANTASY
L’ALBERO DELLE CONCHIGLIE (Donato Altomare, 2008) di Stefano Baccolini
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e leggende provenienti dal Mediterraneo sono spesso frutto di commistione tra le varie culture che hanno solcato questo mare denso di storia. Nel Medioevo, gli Arabi avevano spezzato l’unità creata nel corso dei secoli dai Romani e dalla religione cristiana, generando quello che oggi chiameremmo uno scontro di civiltà; nel nostro meridione, tuttavia, tali culture continuarono ad amalgamarsi, culminando nel Regno Normanno che unificò Longobardi, Bizantini e Arabi siciliani sotto un unico dominio. Proprio in quest’epoca, precisamente nel XII secolo, è ambientato il racconto L’Albero delle Conchiglie, di Donato Altomare il quale, conscio della ricchezza di un simile contesto, rielabora una leggenda della sua terra, la Puglia. Gli ingredienti sono quelli classici: un giovane irrequieto dagli umili natali, una bella ragazza da salvare, i cattivi che la minacciano e che devono essere sconfitti, infine l’alleato soprannaturale, dalla natura ambigua e dagli scopi misteriosi. Gli amanti dell’originalità rimarranno facilmente delusi dal fatto che l’autore si limiti a rivisitare il mito senza aggiungervi particolari elementi; i personaggi stessi risultano solo abbozzati e perciò poco coinvolgenti: nulla sappiamo della misteriosa ragazza, se non della sua condizione di suora; nulla viene detto della tenebrosa creatura nota come Malombra (anche se l’autore si sofferma sullo strano modo per evocarla: tramite un albero di conchiglie)… Nonostante ciò, Altomare lascia trasparire caratteri e sentimenti che sarebbero stati assenti o senz’altro invertiti in una leggenda coeva: i predoni Mussulmani si svestiranno della loro immagine crudele giungendo alla fine a trasformarsi in “normali” esseri umani; i Cristiani che li combattono, per converso, assumeranno atteggiamen-
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Lettura: L’Albero delle Conchiglie
FANTASY “Il convento, detto delle monachelle, una volta era stato una torre di guardia che il mare aveva circondato e reso inutilizzabile.” [...] “Lì giungevano novizie giovanissime appartenenti a famiglie nella più nera miseria, oppure figlie di nobili o signorotti locali senza dote. La sua presenza nei pressi della costa era inquietante e, al contempo, rassicurante. Molte erano le figlie di nobili che avrebbero passato la loro non certo felice vita lì dentro, molte le voci che circolavano tra le popolane che si riunivano la sera davanti alla soglia delle proprie case per spettegolare su tutto e su tutti. Era il loro unico diversivo.” [pag. 14] “è saggio tenere lontana la Malombra. Essa è come ombra e tra le ombre sa celarsi. Ebbene soltanto la luce può generare le ombre, quindi al buio non c’è pericolo” [...] “Ti sei mai chiesto perchè i pescatori preferiscono la notte per gettare le reti e all’alba le ritirano in fretta e furia? Semplice, hanno paura.” [pag. 25] ti sempre più assurdi, soprattutto nei confronti delle povere monache dell’eremo sul mare, le vere vittime della vicenda. La storia, ha infatti, come scenario principale, un monastero femminile in cui, dopo una breve scorribanda, si rifugia un gruppo di pirati saraceni. Il giovane pescatore Corrado, colpito dall’avvenenza di una di queste monache, non riesce ad accettare i crudeli abusi ai quali è destinata, un fato la cui tragicità è resa oltretutto certa dalle imposizioni del costume dell’epoca: anche se liberata, a nessuna religiosa è concesso sopravvivere dopo il disonore del contatto maschile. La storia si conclude, come tutte le favole, con il lieto fine che porta a coronamento il sogno d’amore dei due giovani. Le umili origini sono qualcosa che il protagonista considera con orgoglio, e gli impedimenti che deve affrontare non sono i gradini di un riscatto sociale: ciò a cui egli aspira è soltanto salvare la donna che ama; sotto questo punto di vista, bisogna riconoscere ad Altomare il merito di non aver ceduto alla tentazione di trasformare questa vicenda in una sorta di denuncia sociale ante litteram, difficile da rendere vista la breve durata della storia. A parte questa impostazione e alcune trovate interessanti (l’origine del cognome “Altomare” e l’apparizione del padre di Corrado, la cui identità risulta davvero inaspettata), L’Albero delle Conchiglie, proprio per la sua brevità, scorre troppo velocemente, senza
lasciare nulla. È dunque un racconto che, pur decoroso, avrebbe avuto ben altro esito se si fosse deciso di ampliarlo in un vero e proprio romanzo, permettendo alla penna dell’autore di mettere in luce i troppi lati oscuri sottintesi nella vicenda e nella psicologia dei personaggi. Subentra così la netta impressione che si tratti di un mero esercizio di maestria scrittoria, soprattutto quando l’autore si sofferma sulla genesi della leggenda fornendo consigli e precetti noti, come il fatto di “scrivere ciò di cui si conosce” o l’importanza dell’approfondimento per conferire realismo alle vicende, insegnamenti senz’altro utili allo scrittore in erba, ma resi fin troppo zelanti. A che pro, ad esempio, impegnarsi in una coerente ricostruzione numismatica delle monete utilizzate all’epoca in cui è ambientata la storia – particolare del tutto accessorio e di poco peso – se poi si confonde il fuoco greco con la polvere da sparo? Questa mistura, creata dal greco Callinico e copiata con una formula alternativa dagli Arabi, era liquida, non certo impiegata come polvere. Di ciò Altomare sembra non avere consapevolezza, preoccupandosi, piuttosto, di evidenziare altri errori storici che appaiono del tutto veniali anche agli occhi di uno studioso del passato. Un anacronismo segnalato riguarda la tipologia di navi in uso da parte dei veneziani, ma… parlare di galee o galere è una vittoria tale da dover essere vantata in una postfazione? n Stefano Baccolini
Lettura: L’Albero delle Conchiglie
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FANTASY
GRACELING
(Graceling - Kristin Cashore, 2008) di Francesco “Muspeling” Coppola
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raceling è il romanzo d’esordio della giovane autrice statunitense Kristin Cashore, già tradotto in molte lingue, del quale sono previsti un prequel, Fire, e un sequel, Bitterblue. Rientra nel novero dei romanzi fantasy per “young-adults”, la medesima categoria alla quale appartengono le opere di Christopher Paolini o della nostra Licia Troisi. Lo stile è veloce – a volte troppo – comunque di agile lettura, un testo capace, in meno di cinquecento pagine, di risolvere una trama che ad altri autori costerebbe un’intera trilogia. La lingua non sgarra mai, e la storia mantiene una certa originalità, in cui il personaggio forte è una Lei che malmena tutti, mentre la “creatura fragile e sensibile” è il suo compagno. I Graceling del titolo sono una particolare razza di esseri umani riconoscibili per i loro occhi (uno di colore diverso dall’altro) e per il possesso di alcune capacità straordinarie, chiamate Doni – tema quest’ultimo già apparso nel romanzo Gifts di U.K. Le Guin. Questi poteri, molto vari, possono essere innocui come quelli di guarire gli animali e di predire l’arrivo di una tempesta, o letali come l’abilità di uccidere a mani nude. Seguendo le vicende dei protagonisti, Katje e Po, apprendiamo che i Doni, per quanto in grado di rendere alcuni Graceling molto potenti, sono anche difficili da comprendere e gestire, e si evolvono insieme alla persona che li porta. Nell’approfondire questo aspetto, in generale, e le psicologie dei due personaggi principali che maturano durante la narrazione risiede il maggior pregio del testo, il cui finale è di certo coraggioso e originale. Gli elementi più fantasy di questo racconto lasciano tuttavia perplessi, come pure la narrazione che pecca di scarsa verosimiglianza: troviamo subito una Lady Katje, impegnata in una pericolosa missione segreta, nella quale tramortisce un intero plotone di guardie e poi le narcotizza infilando loro in bocca delle pillole; l’eroina è
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Lettura: Graceling
FANTASY
un’assassina di corte provetta lottatrice, che in quel passo finisce con l’emulare le farmaciste della poco fantastica landa di “sottocasa”, a rischio poi di causare un discreto numero di morti per soffocamento. La ragazza, inoltre, addestrata a ogni forma di combattimento, predilige l’uso delle arti marziali in stile orientale, cosa che i puristi potrebbero apprezzare poco. Le descrizioni dei combattimenti costituiscono del resto un’occasione persa: appaiono del tutto prive di realismo, mentre una migliore trattazione di una qualsiasi delle arti orientali (karate, taekwando, tai chi e via discorrendo) avrebbe potuto valere da sola il prezzo del libro. Katje e gli altri personaggi vivono in un mondo che si vorrebbe medievaleggiante, ma i Sette Regni – di cui troviamo citati quasi solo i palazzi reali, le locande e un po’ di terre selvagge – in cui esso è suddiviso sono descritti solo per sommi capi; l’ambientazione è troppo sottomessa rispetto allo sviluppo delle
personalità dei protagonisti. Un peccato. Il libro contiene vari spunti sui quali sarebbe possibile imbastire una intera saga, per esempio quando Lady Katje arriva a fondare un Consiglio Segreto per sabotare le azioni dei sovrani dei Sette Regni (i cui nomi sono fra i più banali che abbia mai letto: Sunder il regno meridionale, Wester, l’occidentale, Estill l’orientale, Middluns quello di mezzo…), e successivamente a pretendere per sé l’indipendenza dal Re suo zio; ma in realtà i protagonisti si muovono unicamente sul personale, a parte qualche piccolo atto di sabotaggio. La tematica del Tiranno da abbattere, per esempio, sfuma ben presto. Un’altra occasione persa. Mi è ignoto, infine, quale attrazione possa esercitare una simile lettura su un pubblico adolescenziale. Quel che è certo è che a un “vecchio” come me la Cashore non appare particolarmente dotata per il Fantasy. n Francesco Coppola
Lettura: Graceling
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FANTASY
DUMA KEY
(Duma Key - S. King, 2008) di Valentina Summa e Cristina Ristori
L’
impulso di tradurre ciò che vediamo in immagini, linee e colori, accompagna l’uomo fin dalla preistoria. Il disegno è l’arte di trasporre in due dimensioni ciò che bidimensionale non è, un processo di astrazione mentale più complesso e misterioso di quanto non si creda. Disegnando, o dipingendo, noi modifichiamo la realtà, estrapolandola da ciò che i nostri sensi ci comunicano e ricreandola nostra. Non è la prima volta che Stephen King si avvale di questo misterioso potere, questa corrente di energia tra mente e mano. Basti ricordare il dipinto attorno a cui ruotava l’intero romanzo Rose Madder, una vera e propria porta verso un mondo alternativo; oppure, e qui la citazione calza a pennello, il personaggio di Patrick nell’ultimo episodio della saga de La Torre Nera. Il ragazzo, muto, comunicava attraverso il disegno, ma non solo: la sua arte poteva creare − materialmente − con pochi tratti di matita ciò che prima non esisteva e distruggerlo con un colpo di gomma. Il concetto deve aver affascinato il grande autore americano, e Duma Key è stato il terreno adatto per andare ancora più a fondo nelle possibilità intrinseche di questa potente e un tantino terrificante brama demiurgica. Edgar, proprietario di una grossa impresa di costruzioni, rimane schiacciato da una gru durante un incidente in cantiere. Perde un braccio, riporta fratture multiple agli arti inferiori e il suo cranio subisce un trauma che si ripercuote sul cervello. Il risultato è un vuoto nella memoria, una voragine d’oscurità che compromette la capacità del linguaggio. A fare da contrappunto, in Edgar si accende anche il rosso della rabbia, che viene a riempire i buchi della sua povera mente martoriata. Il cambiamento drastico e la difficile riabilitazione spezzano il suo matrimonio e lo portano a pensare al suicidio, ma il suo psichiatra e l’affetto delle figlie lo convincono ad aspettare un miglioramento. Per restare a galla, si aggrappa a una passione ormai dimenticata: il disegno. Edgar si trasferisce a Duma Key, una solitaria isoletta della Florida, avendo come unici vicini un simpatico ma misterioso ex-avvocato trasformato in badante e un’anziana signora affetta dall’Alzheimer, padrona di una buona fetta dell’isola. Lì Edgar guarda il tramonto. Vede una nave all’orizzonte. Prende fogli e matite colorate e inizia a dipingere. È il principio di una produzione ampia e in costante crescendo, come se la casa − da
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Lettura: Duma Key
FANTASY lui ribattezzata Big Pink, quasi appollaiata su una costa in erosione e cullata dal suono di conchiglie sotto le fondamenta −, l’isola stessa nella sua quiete misteriosa, lo caricassero di ansia di fare e potere nel creare. Questa singolare facoltà, a cui si aggiunge la capacità di rimodellare la realtà, si traduce presto in un vero e proprio occhio magico sul mondo, guidato dal braccio fantasma che si fa redivivo durante l’atto creativo. Così, Edgar scopre gli scomodi amanti della ex-moglie, il possibile tradimento del fidanzato di sua figlia minore, il pensiero suicida di un vecchio amico. Arriva perfino a cancellare la malattia che sta divorando Wireman, il suo nuovo amico sull’isola, salvandolo da morte certa. Il dono imprevisto, però, può facilmente mutarsi in una maledizione. Ci sono entità, nascoste a Duma Key, che già in passato hanno sfruttato talenti innati per tornare alla luce. Per fare del male. C’è una nave, che nasconde la sua apparenza di relitto nei raggi dell’ultimo sole. Il suo nome, o il nome di colei che la governa, è Perse. E ci sono fantasmi a Duma Key che non hanno alcuna intenzione di riposare in pace. Edgar dovrà fare i conti con il proprio potere e con Perse, gareggiando in una lotta disperata per porre fine a un terribile pericolo che viene dal passato e garantire la sopravvivenza a coloro che ama. Difficile come sempre classificare un libro di Stephen King. Thriller? Horror? Fantasy? Una miscela di tutti e tre i generi, probabilmente. Senza dubbio la morte vista “da vicino”, dopo il terribile incidente del 1999, ha lasciato il segno nell’immaginario creativo del Re, che mostra il desiderio di riprendere in mano le fila del suo passato biografico e letterario. Processi creativi e traumi: questo il nocciolo di Duma Key. Ancora una volta, l’autore del Maine cerca di analizzare il lato oscuro (la “Zona Morta”?) dell’ispirazione artistica, sia essa letteraria o figurativa, e in sostanza racconta sé stesso: la lotta contro il dolore fisico e l’abisso depressivo conseguenti l’episodio più difficile della sua esistenza. Come nel precedente La Storia di Lisey, l’ispirazione narrativa è cambiata. L’atmosfera nostalgica e autobiografica de Il Corpo o di Cuori in Atlantide si fonde con il tipico horror kinghiano, ma entrambi perdono quella spinta di speranza verso un futuro migliore e assumono i colori del tramonto. La morte esiste davvero e falcia impietosamente anche gli eroi. E le vittorie sui mostri lasciano comunque l’amaro in bocca. Volendo giocare un po’ con i personaggi, in questo romanzo troviamo degli easter egg stuzzicanti per gli appassionati: Edgar forse in un mondo parallelo si chiamava Eddie, e in un altro ancora aveva una certa Mother Abigail per antenata. Jack è il giovane del gruppo, Wireman il saggio con la pistola, mentre l’unica vera protagonista femminile
è su una sedia a rotelle. Tutto questo porta a intrecciarsi fra loro una serie infinita di collegamenti in cui alcune figure classiche di King appaiono cresciute, o meglio, invecchiate. Edgar Freemantle arriva a Duma Key, un’isoletta sulle coste della Florida, per leccarsi le ferite e guarire nel corpo e nell’anima. Ma la via d’uscita che gli si apre è una lama a doppio taglio, perché in quel piccolo e inquietante paradiso, dove le conchiglie sembrano ossa nella risacca notturna e strane navi appaiono al tramonto, c’è qualcosa di terribilmente sbagliato. Il mostro di It, gli alieni de Le Creature del Buio e L’Acchiappasogni, il “variolato” de La Storia di Lisey indossano qui la veste di una divinità in stile Lovecraft, un vampiro della mente che infesta i prescelti, tutti segnati da una caratteristica comune: un incidente quasi mortale, imprevisto o provocato, ha conferito loro poteri psichici. Se il fedele Wireman possiede tracce di telepatia, Edgar e Elizabeth hanno un dono particolare: l’abilità creativa. Tramite loro, questa antica Lilith delle profondità marine cerca di raggiungere il suo scopo: il potere per il potere e il male per il male. Chi tenta di ribellarsi viene ferocemente privato degli affetti più cari, destinati a ingrandire la ciurma della nave fantasma che infesta la baia, in viaggio eterno tra la vita e la morte. Un gotico americano quindi, che riprende il tema della “Casa” come tramite e punto focale del contatto con altre dimensioni: Sara Laugh, l’inquietante chalet sul lago in Mucchio d’Ossa, La Casa nel Buio nel romanzo omonimo e Big Pink in Duma Key, deliziosa villetta sul mare, sepolta in una natura primordiale fatta di spiagge sterminate, vegetazione soffocante e splendidi tramonti. Tutti luoghi collegati a strane presenze, a volte benigne, più spesso malvagie. Come in questo caso. Sebbene i classici cliché horror abbondino (l’entità diabolica, i dipinti dotati di capacità magiche, i cadaveri che emergono dall’acqua), il romanzo non incute un vero senso di paura, semmai genera inquietudine: la trama mantiene – grazie a un indubbio mestiere − la suspense del thriller, creando un livello di alta tensione… quasi fino alla fine. L’impressione circa il finale è che sia stato scritto con lo scopo di accontentare quei lettori che si aspettano “la lotta col mostro”; mentre, nel corpo del romanzo, l’autore ha avuto principalmente interesse a scandagliare il rapporto tra l’artista e le sue creature, capaci di glorificarlo come distruggerlo, di redimerlo come perderlo. Non a caso la storia in flashback di Elizabeth, l’anziana gentildonna padrona dell’isola e dei suoi fantasmi, contiene una frase significativa: “sappi quando hai finito e a quel punto metti giù la matita o il pennello”. Tutto il resto è solo vita. n Valentina Summa e Cristina Ristori
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FANTASY
FUGA DA MONDI INCANTATI
(aa. vv. dal XIV Trofeo RiLL, 2008) di Valentina “Vania” Summa
L’
antologia di racconti che riassume la XIV edizione del Trofeo RiLL (Riflessi di Luce Lunare), sponsorizzata dal Lucca Comics & Games 2008, ci offre diciannove frammenti di narrativa di nuove e vecchie promesse del fantastico italiano. Come nelle precedenti edizioni, il concorso era aperto a racconti che trattassero questo genere nel senso più ampio del termine, valutati e infine premiati da una nutrita giuria. La raccolta si apre con gli scritti vincitori, seguiti da quelli usciti dalla penna dei giurati; si chiude poi con il risultato della gustosa “sfida”. proposta ai finalisti delle edizioni precedenti. In totale comunione con il titolo dell’antologia, l’eterogeneo gruppo di racconti ha l’aria di narrare principalmente di personaggi in fuga, ricalcando le atmosfere già avvertite nelle precedenti summe del concorso. Nelle trame serpeggia una tendenza all’estraniarsi, un distacco dalle emozioni a favore di una razionalità senza scampo, di una vita incentrata su obiettivi pratici. In generale non si tratta di scelte coscienti, quanto di intimo cambiamento dovuto a fattori esterni. Pur all’interno di ambientazioni immaginarie, gli autori sembrano essersi trascinati dietro un disagio sociale del tutto contemporaneo. Appare evidente l’incapacità di godere dei piccoli piaceri, l’incombente frantumarsi di ogni illusione, l’impossibilità di spiccare il volo. La vena comune è una nostalgia per il passato, per il valore simbolico delle cose, per la magia delle coincidenze e dei segni del fato. Nonostante questo, la sensazione è quella di un esilio forzato dai sentimenti. Anche nella fantasia, i sogni non sembrano avere intenzione di avverarsi. Si rimane incerti di fronte a un bivio, troppo segnati da una civiltà – la nostra − che si fonda su verità falsamente definitive. Forse per questo motivo, nella raccolta, la Fantascienza sembra prevalere sul Fantasy, e mette in evidenza un continuo e inarrestabile deteriorarsi dell’anima umana. Quasi tutti i protagonisti devono arrendersi alla sconfitta. Il sapore di questi racconti ha sempre un retrogusto amaro.
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FANTASY Per offrire un esempio di quanto affermato, prendiamo in esame i racconti finalisti di questa edizione del trofeo. I Corvi Sono Lì Che Aspettano, il racconto di Euro Carello che si è aggiudicato la vittoria, si incentra su un futuro non troppo lontano in cui le nascite devono essere bilanciate dallo stesso numero di decessi, allo scopo di contenere la vertiginosa crescita demografica. La registrazione di un decesso in famiglia è l’unica speranza di ottenere il permesso per mettere al mondo un figlio. Gabi ha quasi superato l’età fertile e desidera disperatamente una bambina. Suo padre è ricoverato in ospedale, in gravi condizioni, ma nonostante ciò pare impiegherà ancora molto tempo a morire. Inoltre, i Corvi − approfittatori senza scrupoli − aspettano solo l’occasione buona per rubarle il decesso e rivenderlo a qualche facoltoso. La donna prende la decisione di porre fine lei stessa alla vita del genitore, scontrandosi con il marito contrario e rinnegando una parte di sé – l’amore di bambina per suo padre − pur di ottenere ciò che desidera. L’atmosfera del racconto è ossessiva, malata; la scelta di Gabi risulta perfettamente plausibile e d’attualità, alla luce degli ultimi fatti di cronaca, e per questo ancora più incisiva. Rimane alla fine una desolata tristezza. Tempus Fugit, di Francesco Troccoli, piazzatosi al secondo posto, racconta invece l’incredibile malattia “temporale” di Marco. Il normale scandire di minuti, ore e giorni diventa improvvisamente una frenetica corsa di cui l’uomo ricorda e vive solo piccole tappe significative, con pause di coscienza sempre più ampie. Tutto questo lo porta a sfiorare la follia, finché un dottore del futuro non gli garantirà di poter risolvere il suo problema riportandolo nel passato, al fatto (la passione per una ragazza) che l’ha tanto sconvolto da trascinarlo fuori dal fiume del tempo. Ma il passato si può cambiare? Il ritmo della narrazione è serrato. Il lettore capisce subito di trovarsi all’interno di un ciclo senza fine in cui il protagonista rimarrà prigioniero. Troccoli riesce a risolvere un soggetto non del tutto originale con una certa abilità, comunicando con una buona prosa la frenesia folle del tempo malato del protagonista. Ha sapore di Fantascienza anche il racconto Case History di Francesca Garello (terzo posto), ambientato in una sala conferenze ove un medico sta esponendo un caso clinico davanti a un pubblico esigente che comprende due premi Nobel. L’analisi di un paziente, all’apparenza affetto da sintomi comuni e facilmente
risolvibili con terapie tradizionali, si rivela invece un caso senza precedenti che mette in luce l’evoluzione di un virus informatico in un equivalente distruttore della macchina-uomo. La soluzione del caso, se possibile, è ancora più inquietante della sua origine. La narrazione è fluida, scorre piacevolmente nonostante l’uso frequente di termini medici e scientifici. Inoltre regala un certo brivido. Alla luce dei progressi di scienza e tecnica, una simile commistione tra digitale e biologico non sembra un fatto poi così improbabile. L’ultimo racconto dei quattro premiati dalla giuria, Zed, di Maria Francesca Zini, è un piccolo capolavoro. In una comunità cittadina che pare sospesa nel tempo, si prepara una misteriosa funzione. Una “processione” non meglio identificata sfiora le case ogni notte, dipingendone le facciate di arcani simboli, tracciati con il colore verde. Una volta l’anno, l’Ombra prende la forma delle persone amate che hanno lasciato la città. Questi demoni tentatori si insinuano tra gli abitanti, desiderosi di essere accolti per acquisire dominio di tutto e tutti; per il bene della comunità, bisogna ignorare il richiamo del proprio cuore e i ricordi che legano a queste persone ormai andate, e resistere alla tentazione di accoglierle. Zed è tornato e la protagonista dovrà lottare contro sé stessa fino al momento della “funzione”, una sorta di incantesimo di bando che dissiperà il pericolo. Senza offrire alcuna vera descrizione del dove, del quando né del contesto, Maria Francesca Zini tesse una trama fine e poetica, commovente e profonda. La dolcezza della narrazione si coniuga con una prosa elegante. I racconti premiati sono, in linea di massima, più convincenti di quelli dei membri della giuria, che non offrono particolari novità. È invece molto interessante il risultato della “sfida” di questa edizione, incentrata su alcuni contenuti obbligatori e proposta ai finalisti delle edizioni precedenti. La sfida consisteva nel creare un racconto al cui interno comparissero tutti − o quasi − i seguenti soggetti: un mimo, una penna d’oca, il deserto e la parola “abofe”. Era stato fornito anche un frammento di dialogo. La presenza di questi punti fermi, invece di limitare la creatività, sembra aver dato le ali all’immaginazione degli autori. Questi racconti si rivelano tra i più validi della raccolta. Da poco si sono concluse le iscrizioni alla nuova edizione del Trofeo RiLL. Attendiamo di leggere i prossimi frutti dei suoi “Mondi Incantati”. n Valentina Summa
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FANTASY
IL LAMENTO DELL’USIGNOLO (Laura Schirru, 2008)
di Valentina “Vania” Summa
A
Elunar imperversa la guerra civile. Il re stregone Zagart, colui che con abilità e spregiudicato uso del potere ha dapprima conquistato il trono e poi riunito sotto un’unica bandiera i Tre Regni, ha messo al bando il culto della dea Aslim Fen. Coloro che ancora lo praticano combattono strenuamente, nascondendosi in luoghi isolati ed escogitando piani per uccidere il loro acerrimo nemico. Questo stato di cose muta quando Zagart riesce a catturare un gruppo di fedeli della Dea tra cui si nasconde Lara, la figlia del sommo sacerdote. Ella diventa preda del re stregone e saggia sulla propria pelle tutte le brutture che la guerra può riservare a una donna, pur se forte e determinata. Quando Zagart comprende l’importanza strategica della giovane e la prende in sposa facendone il suo nuovo sollazzo − il suo “usignolo”, come la chiama −, lei non può fare altro che chinare il capo. Il matrimonio dona ai seguaci di Aslim Fen la possibilità di un pacifico esilio, ma Lara odia e teme Zagart, soprattutto perché in modo incomprensibile quel marito imposto le sta entrando nel cuore. Sull’orlo della disperazione e del suicidio, condannata a vivere in gabbia con la sola compagnia della sorella dello stregone, Lara riceve dalla sua Dea il conforto necessario ad andare avanti, nonché una rivelazione scioccante... Il suo destino e quello di Zagart sono legati da un voto fatto a un antico dio, Ulnh, il quale ha concesso loro di reincarnarsi dopo la brutale morte che li ha colpiti entrambi nella vita precedente. Zagart, allora Guardiano dell’antica religione, aveva assistito impotente all’esecuzione per sacrilegio della donna che amava, ora reincarnatasi in Lara. Ella aveva peccato unendosi carnalmente al Guardiano pur essendo lei
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Lettura: Il Lamento dell’Usignolo
FANTASY sterile e quindi inabile a svolgere il compito per cui l’atto sessuale è solo un preludio. Sconvolto e pieno d’odio, Zagart aveva giurato vendetta contro chiunque avesse cercato il potere mascherandosi dietro la fede a un dio. Lara inizia a comprendere l’ossessione di Zagart, il quale ricorda con chiarezza quel passato che lei ha invece rivissuto solo in sogno. La prima maternità la lega a lui ancor di più, e l’usignolo comincia a chiamare casa quella che prima era una gabbia. È proprio allora, quando nel suo animo torna la pace e il suo destino al fianco di Zagart sembra ormai scritto, che accade l’imprevisto: Wingam Aslim Fen, suo padre, la attira con l’inganno fuori dal castello e la fa rapire per ricondurla alla sua gente e darla in sposa a Vargas, un misterioso sacerdote erede del vecchio re deposto. Lara fugge da tutto e da tutti, desiderosa solo di ricongiungersi al figlio, ma non ha fatto i conti con l’ossessione di Vargas, che la desidera almeno quanto Zagart. Il re stregone dovrà usare tutta la magia e l’astuzia di cui è dotato per ritrovare il suo usignolo e strapparlo dalle grinfie di colui che è sempre stato suo rivale, mentre Lara cercherà in ogni modo di liberarsi dai legami di un voto troppo antico per poter condizionare ancora tanto in profondità le loro vite. Questa la trama de Il Lamento Dell’Usignolo di Laura Schirru, edito da Altri Mondi - Montag e vincitore del premio “Regno di Aquilonia 2007”. Il romanzo costituisce il prologo alle “Cronache di Davidia”, saga a cui l’autrice sta lavorando. Una scrittura scorrevole, di piacevole impatto, senza eccessive descrizioni o pause narrative che possano creare noia nel lettore o difficoltà a seguire la linea della trama. Laura Schirru si destreggia piuttosto agevolmente all’interno del mondo che ha creato e tra i
Lara si chiese come avrebbe reagito se avesse saputo che lei era figlia di quel sommo sacerdote che vedeva come fumo negli occhi. Le diede una certa soddisfazione pensare che l’avrebbe immediatamente classificata tra i suoi nemici più pericolosi.
“Io vi maledico tutti − ripeté lui con voce distante e fredda, la voce di un Guardiano che attingeva il potere dal luogo buio ove si trovavano tutti i poteri − perché Ulnh ci aveva uniti, e voi avete abusato di lui…” personaggi impigliati nei fili del racconto. Un linguaggio a volte crudo e le esplicite scene di sesso fanno subito capire che il romanzo non è stato scritto per un pubblico di ragazzini; le tematiche scelte, le prove a cui la protagonista è sottoposta, sono senza alcun dubbio rivolte ad un lettore maturo. Non è però un romanzo per tutti i palati. La componente fantasy si riduce all’ambientazione, alle rare esibizioni di magia del re stregone Zagart e al filo di reincarnazioni che lega i protagonisti ai voleri di un antico dio. Per sintetizzare, Il Lamento dell’Usignolo è una travagliata storia d’amore con una trama strutturata nel prevedibile schema della narrativa sentimentale rivolta alle donne. I due protagonisti dapprima si odiano, poi contraggono un matrimonio forzato che piano piano li porta ad amarsi; quando tutto sembra andare per il verso giusto, il rivale rapisce la bella e costringe i due a una lunga e dolorosa separazione, fino al ricongiungimento finale. La struttura, pur coerente, è abbastanza scontata da essere intuibile già a metà del romanzo e questo toglie freschezza alla lettura, che nella seconda parte diventa un percorso a tappe facilmente prevedibili. Il romanzo in sé è gradevole, ma dà poche soddisfazioni. Manca di una vera e propria originalità; può accontentare più facilmente neofiti al genere che assidui lettori del Fantasy. A causa dei temi su cui la trama si incentra (violenza sulle donne, amore, maternità…), inoltre, difficilmente potrà suscitare apprezzamento in un pubblico diverso da quello femminile. Non si vuole denigrare in toto il lavoro della Schirru. Come già accennato, il suo stile è buono e se ne potrebbe ricavare molto di più. Dopo questo esordio a metà tra il Fantasy e la love-story e prima di dare un giudizio definitivo, attendiamo di leggere quale carattere assumeranno i prossimi episodi delle “Cronache di Davidia”. n Valentina Summa
Lettura: Il Lamento dell’Usignolo
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FANTASY
IL SANGUE DELLA TERRA
Trilogia di Lothar Basler volume 2 (Marco Davide, 2008)
di Valentina “Vania” Summa
L
a Armando Curcio Editore prosegue la pubblicazione della “Trilogia di Lothar Basler” di Marco Davide con il secondo episodio, Il Sangue della Terra. La veste grafica dell’edizione è caratterizzata dall’inserimento di alcune illustrazioni in bianco e nero, intermezzi piacevoli all’interno di un testo che nella fase di revisione avrebbe tuttavia necessitato di maggiore attenzione. Dopo la sua battaglia con Kurt Darheim e dopo essersi lasciato alle spalle i Principati per inseguire il suo odiato nemico, ritroviamo il cacciatore di taglie Lothar imbarcato su una nave alla volta di Caeres, città sul mare appartenente a un Impero flagellato dalla guerra, ove Kurt si è nascosto. Lothar non è un normale essere umano: nel suo corpo scorre una forza magica che si manifesta attraverso potenti fiamme azzurre e che rappresenta un dono e una maledizione. A causa della sua bizzarra natura, infatti, il nostro eroe ha perso la donna che amava, brutalmente uccisa da Kurt, ha dovuto farsi carico dell’eredità lasciatagli dal nonno – una spada che gli è d’aiuto nell’uso del potere magico – ed è ora costretto inseguire in capo al mondo colui che più odia ma con il quale condivide un misterioso legame mentale. In compagnia di Lothar viaggiano Mutio, l’astuto oste dal cuore buono, Moonz il
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Lettura: Il Sangue della Terra
FANTASY mezzo orchetto, Rugni il nano e Thorval, il guerriero del nord. Superata a fatica una tempesta interminabile, l’eterogeneo gruppo di viaggiatori finisce invischiato nella lotta interna fra l’Impero – il quale, insieme alla Chiesa, ha stabilito un regime ferreo tramite il lungo braccio dell’Inquisizione – e i ribelli che combattono in nome di una popolazione ridotta allo stremo. In questo scenario difficile, Lothar scopre di essere un Figlio del Potere… La sua spada, inoltre, si rivela essere un manufatto in grado di controllare la forza magica dell’Universo – quello stesso potere che scorre nelle vene del cacciatore di taglie – creato da una stirpe antica e ormai scomparsa. La congrega di coloro che si tramandano le remote conoscenze e vegliano sulle tracce di questa civiltà perduta non ha dubbi: il Destino ha scelto Lothar per impedire a Kurt di fare propria la magia dell’Entropia, la forza distruttrice dell’Universo. La battaglia finale si avvicina, e da essa non dipende più la serenità di un solo uomo, ma la salvezza del mondo intero. Le atmosfere cupe del primo volume della saga sono riprese anche in questo episodio. Marco Davide possiede uno spiccato talento descrittivo che usa con una certa perizia rendendo realistici ambienti, situazioni e personaggi, e restituendo uno spaccato di vita grezzo, sporco, a tratti gratuitamente violento, come d’altronde ci si aspetta da un contesto che in parte ricalca la situazione europea al tempo della Controriforma. Più che alla fantasia vera e propria, l’autore si è affidato a nozioni storiche lievemente reinterpretate, riconoscibili dietro camuffamenti nemmeno troppo insistiti. Niente edulcorazioni da Fantasy per ragazzini: la grettezza e il degrado serpeggiano in mezzo a ogni strada o edificio, aleggiano sopra i pali delle forche, nelle locande, tra le prostitute, corrodono l’animo di ogni uomo… E anche il linguaggio si adegua. Lungi dal comunicare una volgarità gratuita, l’utilizzo delle parole gergali si adatta benissimo al contesto e gli dà corpo. La magia riveste un ruolo importante ai fini della storia, sebbene venga usata solo di rado. I due poteri in contrapposizione, il Mana che è forza generatrice e l’Entropia che disgrega e distrugge, regolano l’Universo e rappresentano le due facce della medaglia tramite i volti di Lothar e Kurt. Si arriva dunque all’eterna lotta tra Bene e Male, ereditata da un lontano passato e da una civiltà molto più evoluta di quella presente. La spada di Lothar assume un’identità propria:
Shaka Ni Mha, la Lama delle Ombre, uno dei pochissimi manufatti sopravvissuti al tempo, l’oggetto-reliquia in grado di incanalare la forza di un Figlio del Potere e costituire quindi la chiave per la vittoria. Nonostante la costruzione più che apprezzabile della trama, è da rimproverare a Marco Davide una certa prolissità nel tratteggiare situazioni ed eventi secondari che spesso distraggono dalla vera vicenda o, peggio, annoiano. Inoltre i personaggi non risultano incisivi e immediati quanto le ambientazioni, restando anzi piuttosto bidimensionali durante gran parte della narrazione. Lothar, di per sé, è votato ad un solo scopo e per questo quasi incomprensibile all’uomo comune. È un personaggio difficile, schivo, restio a concedersi non solo ai suoi compagni di ventura ma anche al lettore. Votato alla vendetta, rinnega il Destino e persegue solo questa ossessione. È però un uomo fallibile e ben lontano dall’ascesi cavalleresca, come egli stesso tiene sovente a precisare al compagno Mutio, il quale lo ha ammantato di una sorta di aura eroica. Lothar non ispira simpatia, né desidera farlo. Vive in funzione del nemico da raggiungere e uccidere, lasciando andare in putrefazione dentro di sé quei dolci ricordi d’amore che sono diventati il suo tormento. I rari momenti in cui si lascia andare a comportamenti del tutto comuni sono purtroppo poco credibili. Tra i protagonisti, solo Mutio è facilmente inquadrabile. Uomo dalla mente fine e dal cuore buono, la sua amicizia per Lothar è piena di rispetto, quasi di venerazione verso l’uomo misterioso e cupo che è piombato nella sua esistenza, ma la purezza dei suoi sentimenti cozza contro l’indifferente cinismo e la torbida oscurità che si cela nel cuore del cacciatore di taglie, e lascia ipotizzare un possibile, futuro punto di rottura. Gli altri compagni ricalcano stereotipi che non aggiungono molto sale alla trama; è uno dei motivi per cui la narrazione prende il via un po’ a fatica, riservando un primo momento di relativa tensione solo ben oltre la duecentesima pagina. Neppure i momenti in cui viene rivelato qualcosa in più sul passato dei personaggi riescono a creare quel pathos, quella partecipazione emotiva che sarebbe auspicabile provare durante la lettura di un tomo di queste dimensioni. Nonostante l’indubbia capacità nella prosa di Marco Davide, questa seconda avventura di Lothar Basler non raggiunge il risultato sperato, adagiandosi nell’ampio casellario dei romanzi piacevoli ma certo non indimenticabili. n Valentina Summa
Lettura: Il Sangue della Terra
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FANTASY
MELODIA
(D. Bonfanti, 2007) di Valentina “Vania” Summa
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na sera, uno scrittore riceve la visita inaspettata di uno sconosciuto che desidera raccontargli una storia. Il protagonista di questa vicenda da narrare è Mattia, un musicista ossessionato da una canzone che sta componendo ma non riesce a concludere. La melodia gli vortica nella mente, scorre nel suo sangue, annulla ogni altro pensiero, diventa il centro pulsante della sua esistenza, un lavoro incompiuto che gli impedisce di dedicarsi a qualsiasi altra cosa. Deve trovare le note finali a qualunque costo, oppure impazzirà. Guidato da un sogno, o forse da vecchi ricordi tornati a galla sulla scia della musica, Mattia indaga sul proprio passato, confuso nella sua memoria, nella speranza che la melodia da lui rincorsa si celi nelle pieghe dimenticate della sua infanzia. Si troverà invece al centro di un mistero millenario, e le note mancanti si riveleranno la chiave per svelarlo. Questo l’inizio di Melodia, romanzo a metà tra l’horror e il fantastico scritto da Daniele Bonfanti e pubblicato da Edizioni XII. Mattia non è del tutto umano, nato dall’unione tra un Angelo caduto e un comune mortale. Per la Chiesa Cattolica, che descrive gli Angeli come esseri spirituali privi di connotazioni fisiche, è imperativo distruggere la prova vivente di questo voluto errore teologico, così l’Inquisizione – nelle sue vesti moderne – cerca l’uomo per ucciderlo. Oltre al braccio armato della religione cattolica, alle costole di Mattia ostacolando la sua ricerca della verità si mettono anche esseri soprannaturali, appartenenti sia alla Luce che alle Tenebre. Solo una ragazza di nome Marina, esperta nelle arti magiche, si porrà al suo fianco per aiutarlo a ricongiungersi con la sua angelica genitrice, probabilmente la sola a custodire la conoscenza della musica misteriosa. Per quanto l’aria di cospirazione vaticana e di mistero perpetrato nei secoli non sia molto originale dopo l’abusato passaggio nelle librerie e sugli schermi cinematografi-
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Lettura: Melodia
FANTASY ci delle opere di Dan Brown, l’idea di basare la trama su una musica che rappresenta la Verità poteva affrancare il romanzo da una situazione scomoda. Purtroppo la prosa di Bonfanti non ha la consistenza necessaria per salvare la storia dalla mediocrità. Lo stile dello scrittore è caratterizzato da frasi brevi e secche, sottolineate da una serie di ridondanze e “a capo” utilizzati con abbondanza. C’è una palese intenzione di conferire in tal modo solennità e mistero anche in momenti in cui l’andamento della storia non ne sentirebbe la necessità. Il punto di vista cambia più volte durante la lettura: si va dal racconto in prima persona, al diario, alla narrazione in terza persona. I passaggi non sono sempre funzionali e di quando in quando generano qualche confusione. Lo scorrere della vicenda è veloce, quasi una corsa, con brevi momenti per riprendere fiato. Il ritmo serrato è però vittima di una prosa che spesso ha troppa fretta di giungere ai momenti di maggiore tensione. Non c’è una vera logica in ciò che accade durante il viaggio di Mattia; si tratta più di una successione di immagini solo parzialmente collegate tra loro, scene oniriche tratte da un sogno – o da un incubo – che sono ben vivide solo nei momenti di maggiore tensione e si sfilacciano nella memoria del lettore tra un culmine e l’altro. Le scelte fatte da Mattia sono prevalentemente incomprensibili, sempre dettate da improvvise intuizioni, sensazioni incontrovertibili di giusto o sbagliato, comparsa di simboli arcani o indizi che il protagonista immediatamente decodifica e comprende, oppure suggerite da personaggi che entrano in scena come deus ex machina proprio al momento del bisogno. Mattia, nel giro di poche pagine, si tuffa in un mondo fatto di sangue, magia nera e antiche credenze, senza il minimo dubbio o tentennamento. Disprezza la Chiesa e la fede in Dio ma accetta senza batter ciglio l’esistenza degli Angeli e il fatto di essere un ibrido, dimostrando nei momenti di difficoltà di saperne sull’argomento molto di più di quanto ci si aspetterebbe da qualcuno fino a quel momento estraneo ai circoli esoterici. Trova una spada e subito la brandisce con cognizione di causa, uccidendo senza un ripensamento quanti ostacolano il suo cammino: chiunque lo insegua viene battezzato senza pietà come “nemico”. È un po’ troppo anche per un personaggio di fantasia. Il romanzo è un calderone di esoterismo in tutte le sue forme. Non manca nulla: angeli, demoni, cospirazioni clericali, cavalieri Templari, antichi libri
di magia ebraica che si credevano perduti, misteriose energie nascoste sotto la superficie terrestre, fantasmi e alieni. Gli Angeli del romanzo sono esseri gretti e antropofagi che per soggiogare e controllare gli esseri umani si divisero in due fazioni. I Luminosi avrebbero inventato di sana pianta la fede in Dio, i Tenebrosi perseguono invece il “nobile” scopo di dimostrare che Dio non esiste e che i piaceri della vita terrena vanno vissuti per quello che sono. Il creatore di queste potenti forme di vita non sarebbe una spirituale forza generatrice, ma la razza extraterrestre degli Anunnaki. Per questo particolare, Bonfanti va a rispolverare le teorie sull’origine aliena del genere umano e quelle che mettono in relazione mitologia e fatti astronomici di un lontano passato, ampiamente pubblicizzate anni fa dagli scritti di molti saggisti più o meno autorevoli (fra cui Robert Bauval, Graham Hancock, Frank Rothe e Horst Bergmann) e ancora oggi oggetto di discussione tra i più accesi riformatori della storia e i tradizionalisti. La teoria afferma che nel Sistema Solare esisteva un pianeta – Tiamat, volendo fare un parallelo con la mitologia sumera – che subì una distruzione tale da costringere la sua progredita popolazione a rifugiarsi sulla Terra. Qui essa diede forma alla civiltà umana, plasmandola geneticamente e trasmettendole grandi conoscenze. Nella ricostruzione fantastica di Bonfanti, gli Angeli sarebbero stati il primo esperimento operato da questa razza aliena, poi ribellatisi e sostituitisi ai propri creatori. Si scopre tuttavia che i veri custodi della canzone sono altri… i “piccoli mostri”, la cui natura verrà svelata a romanzo inoltrato rendendo piuttosto inutile tutto il clamore creato fino a quel momento attorno alla guerra angelica, di cui infatti il protagonista stesso decide di disinteressarsi. Per quanto si tratti di un parto della fantasia, questa gran commistione di elementi eterogenei risulta poco digeribile. Le nozioni sui vari argomenti sembrano inserite più per esaltare, agli occhi del lettore, le conoscenze sul tema da parte dell’autore, che per essere di reale utilità all’evolversi della storia. Ci si trova a dover gestire una tale mole di leggende, dicerie e sovvertimenti delle teorie stesse che prima di metà romanzo viene da chiedersi con scoramento cos’altro spunterà fuori dal cilindro. Melodia viene presentato come una novità positiva per il mondo del Fantasy-Horror italiano, ma i risultati disattendono le aspettative. n Valentina Summa
Lettura: Melodia
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FANTASY
AVELION - La figlia dell’Acqua (Alessia Mainardi, 2008) di Cuccu’ssette
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velion è un mondo creato da cinque divinità corrispondenti ai cinque Elementi e retto dalle rispettive incarnazioni: le Dame dell’Acqua, della Terra, dell’Aria, del Metallo e del Fuoco. Questi avatar tuttavia sono scomparsi da secoli, insieme alle armi che rappresentavano il loro potere. L’equilibrio tra le forze degli Elementi si era incrinato in un’epoca lontana, quando con l’inganno la Dama del Fuoco aveva assorbito i poteri del Metallo, divenendo, tra tutte, l’entità più distruttiva. Gli esseri fatati − o almeno coloro tra essi che sono scampati allo sterminio − da allora vivono rifugiati nelle zone più remote del mondo nascondendosi ai mortali, mentre gli uomini hanno proseguito ignari le loro esistenze. L’Antica Fede, il culto delle Divinità Elementali, è rimasta viva solo nei cuori di pochi. Gli stessi Maghi, nel compiere i loro prodigi frutto di anni di studio uniti a doti innate, adoperano gli Elementi più per canalizzare e controllare meglio il potere evocato che per autentico misticismo. Tuttavia, presto o tardi, il passato esige il suo tributo, e ora nuovi rappresentanti degli dei sono pronti a darsi battaglia in una guerra che rischia di travolgere il mondo. In Avelion - La Figlia dell’Acqua, l’autrice Alessia Mainardi ci trasporta in un mondo fantasy piuttosto tradizionale. Nonostante i cinque Elementi ricordino in parte l’Oriente, nel romanzo troviamo tutte le razze magiche più note: elfi alteri e immortali, nani burberi, fate e “piccolo popolo”, felines (sorta di umanoidi con tratti felini), e poi golem, draghi, folletti, demoni, kelpie… Teatro della vicenda è la Pianura Padana, riveduta e corretta: la carta geografica
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FANTASY che apre il libro riporta i nomi familiari di VeniaVenezia, Pharmes-Parma, Ravena-Ravenna, MolenaModena, Rigus-Reggio, e via dicendo; ci sono i Ducati, esiste il Delta, e il Lago Verde (ovvero il Lago di Garda). Usanze e leggende ricordano il folclore e le fiabe del nord-est italiano − rivisitato quanto basta e mescolato a elementi celtici come la festa di Samhain − o derivano dalla letteratura fantasy più tradizionale, come l’Accademia e la prova di magia, le armi sovrannaturali, gli elfi rifugiati in isole lontane, la città dei nani sepolta nelle viscere della terra… Il gruppo di avventurieri al femminile ammicca a svariate saghe giapponesi, spesso firmate Clamp. L’ambientazione è sospesa tra sogno fiabesco e consuetudine. La piacevole sorpresa del piccolo mondo regionale italiano illumina un universo altrimenti fin troppo familiare. L’intreccio rappresenta l’incipit di una saga destinata a svilupparsi nel corso di svariati volumi. In effetti La Figlia dell’Acqua termina troppo presto, lasciando in sospeso le sorti dei protagonisti e rinviandone gli sviluppi al futuro sequel. Come succedeva nei romanzi d’appendice di altri tempi, per sapere come se la caveranno i nostri beniamini siamo obbligati ad aspettare. I successivi capitoli sono stati annunciati dall’autrice nel corso di interviste, e sono in fase di stesura. Più della trama sono interessanti i personaggi, principali e comprimari, mantenuti sempre in primo piano (la gente comune rimane ai margini degli eventi, anzi, a malapena viene nominata, quasi fosse accessorio di scena o facesse parte del fondale). Tutti i protagonisti hanno origini misteriose o sovrannaturali, oppure la loro nascita e la loro infanzia sono state segnate da drammi e separazioni. Eventi sepolti nel passato emergono talvolta svelandoci attitudini, motivazioni e comportamenti. Il background assume importanza e occupa gran parte del testo, anche a scapito della ricchezza dell’intreccio. L’autrice si impegna ad andare oltre la descrizione dell’aspetto esteriore e degli innati poteri che si risvegliano richiamati dalla necessità o scatenati da stress emotivi. L’approfondimento psicologico rende un po’ meno incredibili le creature che popolano Avelion; esso è coerente, nonostante i sentimenti, le aspirazioni e i vissuti siano talvolta offerti ai lettori in modo troppo esplicito. Ciascun eroe viene descritto con tratti ben definiti, e tale rimane nel corso degli eventi; se c’è un’evoluzione, si traduce in una modifica motivata, evitando l’innesco di meccanismi pretestuosi. La protagonista Riel è figlia della Dama dell’Acqua;
“Al Tempo prima del Tempo Avelion era ancora giovane e permeata di grande magia, quando i cinque Elemi, gli dei, discesero dalle loro dimore celesti. Ed Essi vennero per scegliere due elfe Chiare, una Oscura e due Umane affinché divenissero loro allieve e future custodi degli immensi poteri. Sarebbero state conosciute come Dame Elementali. Esse rappresentavano le razze meno magiche fra tutte, ma con virtù che andavano ben al di là delle loro abilità corporee e gli Elemi, che pure a lungo avevano dimorato con fate, folletti e creature magiche di ogni genere, era in loro che vedevano il futuro di Avelion.” il suo rivale Dreman è figlio della Dama del Fuoco e del Metallo. Entrambi sono stati allevati per dovere o per calcolo politico; a entrambi sono state negate le esperienze tipiche dei coetanei, e imposto un destino senza scelta. Anlia ed Estor, figli rispettivamente di elfi chiari e di elfi oscuri, sono l’uno l’opposto dell’altro: Anlia appare fiera della sua stirpe, Estor ha sempre rinnegato le proprie radici cercando di apparire umano. Orin è una mezza fata discriminata per la sua parte umana e la sua inettitudine magica, e controlla a fatica le repentine trasformazioni cui è soggetta. La danzatrice Erima, mezza felines, è una degli ultimi superstiti della sua razza, e la sua natura di meticcio finisce per sottrarle i privilegi dell’essere nata in una famiglia potente. La vita non è stata tenera nemmeno con l’apprendista strega Moran, contadina sfuggita alla sorte di sposa adolescente, e ghettizzata in Accademia per le origini modeste. Drevanna, Dama del Fuoco e del Metallo, è ormai stanca della vita ripetitiva che conduce da secoli, sfinita dal ruolo che si è imposta di recitare e dal potere che
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Lettura FANTASY possiede ma senza riuscire del tutto a dominare; pure Selema, la sarta che l’accompagna, non è una semplice artigiana… Ci sono buoni e cattivi, ma nessuno è senza macchia o senza paura, nessuno è invincibile o invidiabile. Osservati da distante, i personaggi sembrano dei predestinati, degli invidiabili eletti, potenti e magari irritanti; da vicino, scoprono i loro punti deboli, i difetti si contrappongono ai pregi e la loro condizione di “diversi” si palesa, emarginandoli sia dalla gente comune sia dai potenti. Sono più simili ai cenobiti di Hellraiser, o agli antieroi del noir, che ai consueti maghi onniscienti e saputelli, ai guerrieri anabolizzati e agli avventurieri tuttofare. Si discostano anche dal tipico Frodo Baggins di Tolkien − anch’egli poveretto invischiato suo malgrado in peripezie per cui proprio non è tagliato − il quale, pur additato come eccentrico, è ben integrato nella propria comunità e durante la sua impresa è circondato da eroi che vivono il loro ruolo senza grosse incertezze. Troppo spesso i racconti fantasy scaturiti dall’immaginazione di esordienti traboccano di alter ego letterari belli, amati e potenti; nelle Pianure di Avelion vagano invece persone poco desiderose di glorie, esistenze eroiche e poteri sovrumani, persone che invidiano anzi la gente comune. La scarsa lunghezza del testo, condizionata da esigenze tipografiche, li penalizza forse più di quanto meriterebbero. L’impressione è che, se gli eventi fossero stati narrati con maggior profondità e ricchezza di dettagli, avrebbero coinvolto maggiormente il lettore. Avelion - La Figlia dell’Acqua non rappresenta un capolavoro della letteratura di genere, tuttavia neppure si propone obiettivi tanto pretenziosi. Il traguardo di far trascorrere qualche ora in un universo da sogno viene avvicinato con garbo ed onestà d’intenti. Del resto sono rari gli esempi di Fantasy italiano che possano trasmettere qualcosa della italica sensibilità senza limitarsi a ricalcare modelli d’oltreoceano. Nonostante le ingenuità e i limiti, il lavoro di Alessia Mainardi presenta alcuni pregi: intrattiene con stile scorrevole e fresco, avvicina anche quanti non sopportano l’uso e abuso di lessico specialistico. Perché la lettura risulti piacevole è naturalmente necessario che il lettore riesca a identificarsi nei personaggi di Riel e delle sue compagne. Il gruppo di ragazze è una sorta di tramite tra il Fantasy più tradizionale e le varie serie animate stile Winx e anime shojo; un’atmosfera fiabesca che rassicura di solito anche i genitori. Per saperne di più, passiamo la voce direttamente all’autrice…
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l romanzo è parte di una saga; da quanti libri dovrebbe essere composta? Il romanzo è il capostipite di una saga sul mondo di Avelion che sarà composto da tanti filoni paralleli che si snoderanno su diversi momenti temporali e saranno dedicati ognuno a una delle Portatrici delle Armi Elementali. Questo primo filone introduttivo dedicato a Riel e Dreman, vedrà la sua conclusione con il secondo libro, suo gemello, ovvero Il Figlio del Fuoco.
I
sequel sono già stati scritti, oppure la storia è definita solo a grandi linee ma in attesa di stesura? Il Figlio del Fuoco è già in fase di scrittura anche se è ancora lontano dalla conclusione, mentre per tutte le altre storie su Avelion esiste una storia definita a grandi linee, ma ancora nulla di definitivo.
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uanto i personaggi rispecchiano te stessa? Molto e niente. Mi spiego meglio: non esiste un personaggio che più di altri rispecchi me stessa. Certo condivido con Riel i suoi problemi a camminare, per lei espressione del suo appartenere all’Acqua, per me della malattia che ho ormai da più di 8 anni, l’Atassia di Friedreich. Ma ognuno dei personaggi, essendo tutti frutto della mia immaginazione, rispecchiano in forme diversi elementi del carattere, del comportamento o convinzioni comunque riconducibili a me e al mio modo di vedere e sentire le cose. Quindi io sono − come del resto credo capiti a ogni autore − un po’ tutti e un po’ nessuno.
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ei tuoi eroi, chi ritieni il meglio riuscito? Probabilmente la sarta Selema. Era un personaggio del tutto abbozzato e nebuloso nella mia immaginazione, ma nel libro ha acquistato carattere fino a diventare uno dei perni fondamentali della vicenda.
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ome mai hai scelto un manipolo di ragazze, invece di un gruppo misto per sesso ed età? Invece un solo personaggio maschile porta un’Arma Elementale, ed è il nemico! I “baldi giovani” arriveranno ne Il Figlio del Fuoco. Ho deciso di scrivere i due libri perché risultassero opposti e complementari, così è stato normale, basando il primo volume soprattutto su Riel, mantenere una visione “femminile” della vicenda e quindi dare risalto
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FANTASY momentaneamente solo a una compagine formata da ragazze…. che comunque nelle loro avventure non rimarranno sole ancora a lungo!
Alessia Mainardi
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antasy come metafora della realtà, come evasione riflessiva dai problemi quotidiani, o come sfida letteraria? Direi Fantasy come metafora della realtà. Non sentivo l’esigenza di evadere dai problemi quotidiani, né mi sento in grado di produrre una sfida letteraria. Ho semplicemente voluto basarmi su ciò che conosco come luoghi, persone o situazioni, per dare ad Avelion un sapore più reale e credibile, nonostante parli di terre immaginarie e personaggi magici.
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uali autori apprezzi, di genere o non di genere? In realtà io prediligo le biografie dei grandi personaggi storici, e le raccolte di fiabe celtiche o di miti e leggende, specialmente del nord. Non leggo spesso romanzi, anche se prediligo il genere Fantastico e libri come La Bussola d’Oro di Philip Pullman; ho amato molto Il Silmarillion di J.R.R. Tolkien. Leggo anche “Harry Potter” di cui apprezzo molto il mondo descritto, ma ben poco il protagonista.
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a natura di alcuni personaggi ricorda un po’ quella dei mostri-buoni alla Clive Barker; hai mai letto Cabal? Veramente no.
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uoi dirci qualcosa sull’arte legata alla tua saga? L’arte di Avelion è nata contemporaneamente all’idea del libro. Essendo uscita dall’Istituto d’Arte e amando il disegno fin da bambina, il mio primo desiderio era quello di mostrare anche per immagini il mondo che stavo creando. E, visto che la mia malattia ormai mi rende più che difficoltoso disegnare, in questo progetto mi stanno aiutando due delle mie migliori amiche, Annalisa Koo e Maddalena Modena, rispettivamente copertinista e illustratrice del “Progetto Avelion”. Loro hanno entrambe alle spalle studi artistici e specializzazioni, come fumettista l’una e illustratrice l’altra. Entro l’uscita de Il Figlio del Fuoco, dovrebbero dar vita al primo volume del fumetto e al libro illustrato dedicato al mondo di Avelion.
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e non sbaglio, hai partecipato a diverse manifestazioni di cosplay, interpretando anche Lady Oscar. Cosa rappresenta per te il mondo del cosplay? Il modo per rendere reale per un giorno personaggi di pura immaginazione, di calarsi nella fantasia; e soprattutto è un hobby che mi diverte molto e mi da la possibilità di dedicarmi ad altre mie passioni come costumistica e un pizzico di recitazione, che altrimenti non avrei modo di sfruttare.
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rogetti futuri? Le saghe parallele sul mondo di Avelion, sicuramente, e poi un libro di genere più marcatamente fantastico, con ambientazione odierna in luoghi reali, che sto ideando da un po’. n Cuccu’ssette
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Lettura
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FANTASY
IL CANTO PROIBITO (Chiara Guidarini, 2009)
di Cristina “Anjiin” Ristori
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ue anni dopo il suo romanzo d’esordio, l’autrice reggiana Chiara Guidarini ci presenta il seguito della storia di Elaine, ancora in lotta contro il malvagio Nime. Se L’Ultima Profezia si concludeva con una protagonista trasformata in regina guerriera dai crudeli eventi del destino, Il Canto Proibito ci mostra fin dalle pagine iniziali come, l’indomani della prima e sofferta vittoria, la guerra sia tutt’altro che finita. Il Mago Oscuro è stato momentaneamente sconfitto, ma il suo potere è ancora grande: solo un’offensiva massiccia contro i suoi eserciti di creature mostruose può offrire una speranza di pace alle terre di Ancyria. A questo scopo, Elaine decide di affrontare un pericoloso viaggio nel deserto del Nebulin per chiedere aiuto all’orgoglioso e crudele popolo che lo abita. Alcuni dei fedeli compagni non sono più al suo fianco, ma la protagonista riuscirà comunque a trovare un nuovo e coraggioso alleato nel giovane Signore del Nebulin, Ghydiòn. Tuttavia, il patto deve essere sottoscritto con un impegno molto personale tra i due sovrani: un matrimonio, che ratifichi l’unione fra i rispettivi popoli. La giovane Arcimaga sarà quindi costretta a mettere in gioco la propria sfera affettiva a favore della “ragion di stato”, e questa svolta inaspettata risulterà determinante non solo per la salvezza di Ancyria, ma anche per capire chi è l’uomo della sua vita. Amore e duelli, quindi, perché ancora una volta lo scontro tra Nime ed Elaine sarà difficile e sanguinoso, condotto sul piano magico e su quello prettamente militare, con creature incantate e spade capaci di intonare terribili musiche di morte. L’uso della magia pretende un prezzo molto alto: il canto proibito, l’evocazione stregata che già in passato ha travolto potenti incantatori, richiederà alla protagonista una scelta difficile e assai dolorosa… Volendo giocare con classificazioni e sottogeneri, si potrebbe definire questo secondo romanzo ambientato nel mondo di Ancyria come un esempio di “Sword & Sorcery Romance”: un fantasy colorato di rosa, in cui il tema de “le donne, i cavalier,
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Lettura: Il Canto Proibito
FANTASY “Il sole si apprestava a tramontare, e i raggi illuminavano, facendolo brillare, il grande palazzo dei Signori del Nebulin. «Jashji Bujes merhijc tool Nantrès» sospirò Galad, incredulo. «Mai visto nulla di così bello!» Anche Elaine rimase senza fiato nel vedere quello che le si poneva davanti. Quattro torri altissime color mattone sorgevano dalla sabbia brulla, stagliandosi orgogliosamente nel cielo rosso sangue del sole in declino.” [cap. II, pag. 19]
“Quando la porta si richiuse lasciandole nuovamente sole, Micha si avvicinò a grandi passi e depose l’abito sul letto con la grazia di chi maneggia qualcosa di delicatissimo, poi notando lo sguardo perplesso di Elaine, si affrettò a spiegare: «Lo manda Ghydiòn… è… per le nozze!»” [cap. III, pag. 36]
“Nime la osservava sull’alta torre: nessuna espressione compariva sul suo volto. Aveva le braccia congiunte, in attesa. Sembrava dirle di attaccare, di fare la prima mossa: era pronto a difendersi. Elaine chiuse gli occhi e chiamò a raccolta i propri poteri: sfere di fuoco si abbatterono sul mago oscuro per sei volte e altrettante lui le rimandò indietro, finché alla settima volta, parte della sua torre crollò. Nime vacillò. Fu allora che Elaine chiamò il Lampo che, con terribile precisione, solcò il cielo e si schiantò sul suo avversario.” [cap. IX, pag. 102]
l’armi e gli amori” è condotto in tono non epico ma anzi ingenuamente malizioso, e l’educazione sentimentale dei due regali sposi si affianca alle situazioni classiche di armi e magia. L’eroina di Ancyria non è la solita guerriera “maschia” in cappa (succinta) e spada, bensì una ragazza caratterizzata da slanci e paure realistiche, la cui storia viene narrata dall’autrice con entusiasmo e freschezza di stile, ma talvolta con eccessiva ingenuità. È presente infatti una certa mancanza di continuità tra momenti dolorosi e capricci infantili: l’evoluzione da fanciulla a donna viene mostrata attraverso schermaglie amorose un po’ troppo “harmony”, repentini cambiamenti d’umore davanti allo specchio, reazioni di coraggio e paura alternate in modo a volte spiazzante. L’idea dell’incontro/scontro tra due culture differenti e anticamente ostili (Ancyria e Nebulin) è inte-
ressante seppure non nuova, ma resta un abbozzo poco sviluppato. C’è da sperare che eccessivi tagli in fase di pubblicazione non abbiano penalizzato questa e altre parti della storia. Il Canto Proibito è un romanzo che forse non soddisfa chi ha un’ampia esperienza di letture − fantasy e non −: l’espediente del baule ricorda molto la splendida apparizione della Cleopatra-bambina di Bernard Shaw, e la guarigione di Donal in groppa ad Ayli è un’interpretazione in chiave medievaleggiante della mitica bicicletta Silver presente in It, di Stephen King. Tuttavia, per le generazioni più giovani che iniziano ad accostarsi al genere, quest’opera costituisce un approccio gradevole, capace di incuriosire e di intrigare. Chi di noi non ha avuto voglia, almeno una volta, di leggere una storia d’amore? n Cristina Ristori
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FANTASY
IL CODICE NEMESIS Libro II - Il Ritorno dei Cavalieri dell’Ombra (Emiliano R. Albanese, 2007)
di Valentina “Vania” Summa
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ambizione di Emiliano R. Albanese nello scrivere Il Codice Nemesis - Libro Secondo: Il ritorno dei cavalieri dell’ombra, edito da MEF (L’Autore Libri Firenze) è dichiaratamente quello di resuscitare una misteriosa generazione di eroi, dimenticata e persa nelle spire della storia e tornata alla luce dopo il ritrovamento di un Codice che attraverso complicate allegorie ne tramanda le gesta. Templari Oscuri, Valchirie, divinità e perfino Sirene compaiono in questo racconto, impegnati in una lotta che mette in gioco terribili poteri. Mentre gli eserciti si scontrano per soddisfare brame di possesso, questi eroi convergono l’uno verso l’altro, con le loro rivalità ed alleanze, chi cercando gloria e chi anelando la realizzazione di altri desideri. Un continuo rimando alle leggende sui poteri dei Templari e ai miti nordici unisce il susseguirsi delle scene e dei volti, passando da un personaggio all’altro come nodi di un arazzo così ampio da non poterne distinguere il disegno, tessendo una tela che mette in comunicazione più mondi, al di là perfino della concezione stessa del tempo così come l’uomo lo percepisce. Le battaglie si dilatano in ere, e vite maledette terminano per subito rinascere, al disperato inseguimento del proprio destino…almeno finché le divinità non intervengono di prepotenza, ponendo in stasi come più piace ad esse gli epici scontri e rimandandoli a data (e mondo) da destinarsi. Nonostante le velleità epiche dell’autore, dispiace dire che Il Codice Nemesis è
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Lettura: Il Ritorno dei Cavalieri dell’Ombra
FANTASY “La lama scintillava sopra l’astro d’Amon-Ra accecando i suoi avversari. Le membra esili sembravano contrarsi come una canna di palude a ogni brezza di ponente. Eppure c’era dell’inesorabilità in quel combattere convulso e spietato. Uno slogan, un urlo di guerra, segnava la fine e l’inizio d’ogni disfida. La scintillante frusta di luce si tingeva di cremisi. Da allora nessuno avrebbe più dubitato delle qualità indomite della guerriera, se solo fosse sopravvissuto.” una lettura ostica che lascia insoddisfatti. Lo stile si alterna tra una concisione che rasenta l’aridità e l’arzigogolo artificioso. I dialoghi ridotti all’osso, lungi dall’essere evocativi, lasciano perplesso il lettore, che per la maggior parte del tempo si trova nell’impossibilità di capire cosa passi per la mente dei personaggi e di conseguenza dove l’autore abbia intenzione di andare a parare. La minuziosa scelta di vocaboli antiquati usati nelle parti di prosa cozza con le ingenuità del parlato, costellato da punteggiature enfatiche ben poco in sintonia con il resto del testo. La trama viene disgregata in una successione di micro-capitoli da una pagina e mezza, massimo due,
“L’aurora era tagliata da un lembo di divinità mentre i sogni mortali cavalcavano le chimere dei giganti. E sotto questo firmamento arido come un cuore abbandonato ed avaro di speranze, uomini dalla grande tempra ricercavano i loro peccati tra i seni della notte. A questi sciagurati senza requie, una dama bianca veniva incontro con tutto il suo carico di mistero. Era la signora dei bagliori lunari, strisce tremule di emozioni inconsuete, che col suo carico di misteri grandiosi si rivolgeva all’uomo invocante, un pezzente, figlio di un nobile decaduto. Ella giacque tra le sue spire desolate come un mite vaneggio nelle notti d’estate.”
e il continuo cambio di scenario confonde e spazientisce. L’esposizione involuta dell’intreccio estromette il lettore da un testo con tutta evidenza scritto per la soddisfazione dell’autore stesso; un ossequio alle proprie immagini mentali, mancante di un linguaggio che lo renda chiaro e fruibile. La pecca più grave è la sensazione onnipresente che l’autore non abbia alcuna voglia di soffermarsi sui dettagli e sullo scorrere del tempo, preferendo giungere al sodo a costo di cambiare scena e personaggi in pochissime parole. Giorni interi passano nello spazio di una riga, eserciti muovono attacco, eroi transitano da un luogo all’altro, da un obiettivo all’altro. Un modo di narrare che costringe di quando in quando a rileggere passaggi precedenti alla ricerca di qualche informazione essenziale che quasi si spera di aver perso per strada. Per ammantare di mistero i personaggi, spesso Albanese evita di rivelare il nome di chi parla o agisce, e il lettore, non potendo contare su presentazioni e caratterizzazioni si ritrova a farsi largo in mezzo a creature molto vaghe ben poco capaci di coinvolgerlo. Il Codice Nemesis somiglia a certe trame approssimative e spesso affrettate che abbondano nei siti di fanfiction sotto la voce originals: testi a cui va riconosciuta una dignità artistica, ma sicuramente − salvo immancabili eccezioni − non la pretesa d’essere trasferiti tali e quali da un contesto amatoriale a uno seriamente editoriale. La sensazione che rimane è quella di avere tra le mani una bozza, gli appunti per un romanzo da ampliare e rendere leggibili, non certo un racconto già pronto e concluso. Alcuni spunti gustosi, di un certo ingegno, si perdono inesorabilmente in questa totale mancanza di comunicazione. Il finale aperto lascia presagire un terzo appuntamento con Il Codice Nemesis. Ci si augura che nella prossima uscita vi sia un’evoluzione di qualche tipo. n Valentina Summa
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Lettura
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FANTASCIENZA
L’EREDE DI VITAR (Federica Ramponi, 2009) di Daniela Di Bartolo
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itar è un pianeta facente parte di una lega intergalattica di cui la Terra, nota come sede di una specie arretrata, ignora completamente
l’esistenza. Il suo governo è una monarchia illuminata che ha permesso il raggiungimento di quel benessere sociale a cui qualsiasi popolo aspira: tutela dell’ambiente, diritto alla salute, al lavoro e, perché no, alla ricchezza. Con una sola anomalia: gli eredi al trono sono tenuti in isolamento completo fino al giorno del loro matrimonio, per evitare “libertà” che rischierebbero di mettere in crisi la linea di successione. Il motivo è una vecchia legge, nota solo ai regnanti in carica e al primo ministro; essa stabilisce che chiunque dia un figlio – legittimo o illegittimo – all’erede al trono diventi automaticamente egli stesso coerede. Attualmente l’erede è Feri, ragazza bellissima e volitiva; e il futuro consorte scelto per lei è Drel, figura affascinante quanto ambigua, sempre accompagnata dalla sensuale e scaltra Fleni. Poco prima delle previste nozze reali, i genitori di Feri muoiono improvvisamente, e la giovane principessa sospetta un coinvolgimento da parte del suo promesso sposo nel tragico evento; si rende conto inoltre della relazione che costui intrattiene con Fleni. Decide allora di fuggire per trovare qualcuno più degno di affiancarla sul trono, in accordo con la vecchia legge. Giunge così sulla Terra, dove incontra Michael e Jason, due agenti della COSS, il Centro Operativo Sorveglianza Spaziale (uno squattrinato ente segreto governativo americano che si occupa di cercare forme di vita extraterrestri) diretto dal poco illuminato colonnello Morris. Jason, single troppo preso dal lavoro e quindi incapace di impegnarsi in relazioni serie, risulterà subito affascinato dall’aliena, mentre Michael, innamoratissimo della sua Mary, guarderà con sospetto la nascita di questa attrazione irresistibile che andrà avanti anche quando Feri assumerà – grazie a un ciondolo che racchiude tecnologia
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Lettura: L’Erede di Vitar
FANTASCIENZA – Ah, giusto! Forse speri che la tua anima gemella arrivi a bordo di un’astronave? In effetti pensandoci bene, forse è per quello che le tue relazioni non vanno a buon fine: non devi provarci con una terrestre, ma con un’aliena! – [Michael a Jason, pag. 22]
“Oh, Jason!” si fermò, assorta nei suoi sogni per un istante “Io vorrei declamarti il Poema dell’Amore Puro, che è la mia lirica preferita fra gli antichi scritti lasciatici dagli Tzeni, ma non capiresti nulla, e mi arresteresti prima che io arrivassi alla seconda strofa... dovrò accontentarmi di dedicarti qualcosa di meno aulico, di meno toccante per il mio cuore, ma almeno potrò farlo con relativa sicurezza.” [Feri, pag. 36]
Il colonnello accolse il drappello sfregandosi le mani: stavolta quelli del Pentagono avrebbero smesso di ridacchiare mentre firmavano assegni sempre più esigui per la sovvenzione delle ricerche... I suoi uomini gli avevano assicurato che avevano trovato qualcosa di grosso, e dal tempo impiegato per tornare alla base capì che non si trattava del solito sasso vagante. [pag. 52] extraterrestre e che fa un po’ da deus ex machina per ogni situazione – nuove sembianze e una nuova identità entrando prepotentemente, sotto altre vesti, nella vita dell’agente. Fra i due sboccerà l’amore, e Jason, una volta conosciutane la provenienza, deciderà di seguire Feri su Vitar dove affronterà il rivale Dren… Romanzo di esordio di Federica Ramponi, già autrice di racconti, L’Erede di Vitar è soprattutto una storia d’amore, all’interno della quale l’ambientazione fantascientifica costituisce una semplice variante, che infatti viene presto eliminata spostando la scena sulla Terra. Lo stile e i dialoghi di questa parte fantascientifica – se così si può definire – risentono molto di una ricerca quasi pedante di termini e situazioni che sottolineino l’alienità del contesto, perdendo in naturalezza e originalità; al contrario, quelli della parte “terrestre” riflettono il maggior agio dell’autrice, scorrendo fluidi, agevolati da alcune battute efficaci e da situazioni umoristiche e ironiche. Mentre i personaggi principali rispecchiano pienamente i canoni tipici del romanzo rosa, maggior pregio rivelano quelli secondari, come
Michael o il colonnello Morris, quest’ultimo una vera e propria caricatura del burocrate tipo, protagonista di momenti esilaranti. Poco spazio purtroppo è stato dedicato al confronto fra culture, all’analisi della società e degli usi terrestri attraverso il punto di vista di un’aliena che si trova a vivere forzatamente sul nostro pianeta; si è preferito invece sottolineare i dubbi e le “angosce”, i vari “mi ama o non mi ama”, “posso o non posso”, tipici delle schermaglie d’amore. Allo stesso modo, anche la descrizione della società vitariana è quella stereotipata degli alieni che hanno raggiunto armonia e perfezione, con l’eccezione chiaramente delle pecore nere Drel e Fleni. Nonostante questo, il libro procede in modo godibile, con un buon intreccio di eventi. L’augurio è che per il futuro l’autrice acquisisca maggiore confidenza con il genere, così da valorizzare anche quegli elementi che realmente classificano un libro come fantascientifico, senza nulla togliere al piacere di una bella storia d’amore, magari con protagonisti un po’ meno scontati. n Daniela Di Bartolo
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Cultura
Cultura
FANTASY
CONSIDERAZIONI SUL MEDFANTASY di Francesco “Muspeling” Coppola
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a mia personale impressione è che buona parte degli autori italiani stiano continuando a perdere l’occasione per scrivere un tipo di Fantasy capace non solo di ottenere successo a livello nazionale, ma di riscuoterne anche all’estero. Un Fantasy che rispecchi quel che noi siamo, il nostro passato, la cultura, le problematiche, la mentalità; che possa attrarre gli stranieri come fanno Reperti antichi i nostri beni artistici e paesaggistici. Castello di Gorizia Allo stesso modo per cui subiamo, noi, foto di Lorenzo Davia il fascino di ambientazioni nordiche, celtiche o scandinave. Tanto è l’appeal generato dall’Italia e dal Mediterraneo che autori come Turtledove, Gemmell e altri hanno già scritto opere tese a ricostruire le nostre atmosfere. La bella scrittura non è l’unico requisito; non conta solo “come”, ma anche “di cosa si scrive”. Le indagini del siculo ispettore Montalbano, per esempio, pur ottimamente scritte, non avrebbero sortito lo stesso successo se l’ambiente del sud della Sicilia non fosse così prorompente. Una premessa sul “punto di vista” La mia personale definizione di MedFantasy necessita di un excursus temporale nel periodo in cui gli autori delle mie letture di genere erano circoscritti a Tolkien e Howard tra i senior, oppure Brooks e la Bradley per i junior: quando cioè condividevo l’idea che il genere fosse materia solo anglofona, con poco o nulla da spartire con noi, tranne il piacere della lettura. Allora, però, non consideravo tutto quel che aveva preceduto Tolkien: i tanti autori antesignani del genere. Conoscere George MacDonald, Lord Dunsany, Edwin A. Abbott, William Morris, William H. Hodgson, Eric R. Eddison e Mervyn Peake, mi ha ricalibrato il punto di vista. Ritengo, perciò, sarebbe utile a tutti evitare di focalizzare l’intereresse su un singolo autore, senza tener conto del contesto in cui si è formato e delle esperienze che ha maturato. Se pensiamo ai grandi artisti come a delle “monadi”, e distogliamo lo sguardo
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Cultura: Considerazioni sul MedFantasy
FANTASY dalla dura strada che hanno percorso, resteremo sempre naso all’insù a invidiare le stelle senza capire come siano potute arrivare fin là. a) Le origini del Fantasy: la radice filosofica Il Fantasy non esiste da sempre. Fino a tutta la prima metà del XIX secolo non si è stati nemmeno vicini a quel moderno genere che tanto ci appassiona. A un certo punto compare un signore molto eccentrico, un tale George MacDonald, religioso sui generis e intellettuale filosofante, scozzese, che ha l’intuizione di mettere in prosa le proprie idee, la propria visione del mondo, attraverso storie popolate dagli esseri del folklore della sua terra. Inizia quindi a viaggiare in mondi paralleli al nostro ma ad esso profondamente legati, infarcendoli di speculazioni filosofiche. Dopo di lui diversi pionieri del Fantasy hanno seguito questa via, basti citare E.A. Abbott – un altro religioso – col suo Flatlandia ed E.R. Eddison con la sua “Trilogia di Zimiamvia” che trae personaggi fantastici ed elementi d’ambientazione dal teatro elisabettiano. b) Le origini del Fantasy: la radice celtica Un altro seme dell’odierno Fantasy viene piantato da William Morris (anticipatore dei moderni designer, oltre che poeta e romanziere) e da Lord Dunsany. Attingendo dall’immaginario delle proprie radici culturali, il primo impiega un celtismo ancora molto favolistico, mentre il secondo adotta contenuti molto più ribelli: si era all’epoca del “Golden Dawn”, di cui Dunsany fece parte insieme ad altri letterati irlandesi, fra cui William B. Yeats. Questi due autori si dedicarono a un’ampia sperimentazione. Il solo Dunsany con le sue “short stories”, inventò molteplici situazioni fantastiche: un Terzo Emisfero del mondo, il regno del Re dell’Elfland, i rinascenti Dei di Pegana. Da qui in poi, i mondi secondari cominciano a essere più indipendenti dal nostro. c) Il “contagio” negli USA Fino a quando Lord Dunsany non approda negli Stati Uniti a tenere delle conferenze sulla propria opera, l’altra sponda dell’oceano rimane muta a questi viaggi nel fantastico. In una di queste occasioni, a Providence, è presente Howard Phillips Lovecraft, uno dei famosi “tre moschettieri di Weird Tales”, insieme con gli altri antesignani statunitensi del genere: R.E. Howard e C.A. Smith. Se Lovecraft impiega la propria ispirazione dunsa-
Robert Louis Stevenson ritratto fotografico di A.G. Dew Smith National Galleries of Scotland niana principalmente nella costruzione di un coerente mondo dei sogni (vedasi le avventure di Randolph Carter in primis), Clark Ashton Smith inventa la pseudofrancesizzante terra di Averoigne, e Robert Erwin Howard sforna i suoi antieroi indoeuropei (allora molto in voga) con storie in cui la forza e il coraggio hanno il sopravvento sulla cultura, la conoscenza, i tatticismi. d) Le radici del Fantasy: l’humus in penombra Principalmente sono queste le radici del Fantasy, ma non solo. Tutto il movimento in penombra che aveva vivacizzato l’ultima Londra vittoriana, di cui fecero parte personaggi come il gallese Arthur Machen e l’irlandese Oscar Wilde, era animato dalla scoperta di poter varcare i limiti della rigida morale del loro periodo. È il mondo in cui si risveglia l’antico dio Pan, e quello di Jack lo Squartatore; è l’epoca de Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (Robert Louis Stevenson), di un Wilde che immagina un uomo stringere un patto diabolico, in grazia del quale è solo l’effigie dipinta a invecchiare al posto suo (Il Ritratto di Dorian Gray), sino alle storie vagamente “edulco-
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Cultura FANTASY rate” Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lews Carroll e Peter Pan di James Matthew Barrie. Anche questo sommovimento culturale è, a pieno diritto, un precursore del moderno Fantasy per due motivi. Il primo è che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Mervyn Peake ne fu in qualche modo l’interprete con il suo Titus Groan − e Peake, influenzando Michael Moorcock, come si suole dire “ebbe figli” −. Il secondo è il più importante, e anche fuorviante da un certo punto di vista: la lenta e faticosa stesura de Il Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien, ove un po’ tutto quello che era stato prodotto in precedenza fu vagliato, elaborato, e ricoperto da una spessa coltre di moralismo cattolico (con grande maestria, non c’è dubbio). Dopo Tolkien − e i suoi moltissimi imitatori − è storia. e) Autori di Fantasy del presente e del passato Buona parte della produzione fantasy in lingua inglese utilizza gli ingredienti di Tolkien, ovvero i toEdward Plunkett, XVIII barone di Dunsany fonte: LIFE
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poi. I nuovi, bravi autori inglesi o statunitensi, ancora una volta, non sono creatori isolati che “inventano da zero”, ma conservano profondi debiti verso quanto li ha preceduti. La magica Hogwarts di Joanne Kathleen Rowling deve molto ai mondi già descritti in precedenza, così come in Steven Erikson riecheggiano echi alla Moorcock, e quindi alla Peake; China Miéville ha uno stile “fantagrottesco” mirabile, nato però dal confronto e in opposizione all’altro mirabile stile “meraviglioso” degli albori che caratterizza soprattutto Dunsany e i suoi emuli. f) Il Fantasy in paesi non anglofoni Se consideriamo gli autori di lingua non inglese meritevolmente conosciuti nel mondo per romanzi di genere Fantasy, possiamo citare il tedesco Wolfgang Hohlbein e il russo Sergej Luk’janenko. Il primo ha iniziato rielaborando il Nibelungenlied (Il Canto dei Nibelunghi) con il suo buon protagonista di Hagen di Tronje e rimanendo poi entro i confini di un immaginario germanico; il secondo mescola il ricchissimo folklore russo con le “gangster stories”, che in quel paese vanno per la maggiore. Il Fantasy in Italia: un campo da “spolverare” Le “Italie” in cui viviamo, possiedono una varietà di storie e personaggi magici con una loro chiara connotazione: siamo un paese al plurale, con debiti verso molte altre regioni del Mediterraneo. Al centro del Mare Nostrum, siamo stati visitati da tutti i popoli che vi si sono affacciati: Etruschi, Greci, Fenici, Arabi, Bizantini, Catalano-Aragonesi, Angioini, Francesi, Spagnoli… che si sono sovrapposti a un sostrato italico ancora più antico. Se volessimo costruire un intero mondo fantasy, per renderlo variegato basterebbe dare spazio a ognuna delle nostre diverse culture locali. Esiste, ovviamente, una certa patina di polvere che ricopre il popolo fatato delle nostre sponde: maghe, sibille, anguane, sirene, strie, fauni e tanti altri. Polvere ricopre Storia, Paesaggi, Luoghi, Monumenti, ed è opinione diffusa che i nostri spiritelli, nonché boschi, mari, castelli e via dicendo, non siano adatti a una narrazione del mistero, dell’avventura, del pericolo, magari dell’horror, perché saremmo gente solare, che preferisce mangiare, fare l’amore, cantare, suonare e ballare. Non siamo i primi però a trovare una certa difficoltà nel rianimare le vecchie storie e i loro personaggi (gli Inglesi non hanno cominciato “già imparati”); semplicemente, altri paesi hanno avuto quella genera-
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Cortile interno del Castello di Primano, Slovenia foto di Lorenzo Davia zione di pionieri che da noi ancora manca. Eppure siamo o non siamo la nazione che ha visto nascere e tramontare Roma? All’estero gli autori di Fantasy sfruttano questo periodo storico, perché noi no? Siamo la terra delle repubbliche marinare, dei Longobardi, dei possedimenti Normanni, della Magna Grecia e della Fenicia, dei Quattro Giudicati, dei Sanniti e dei Mamertini, delle Compagnie di Ventura e dei Borgia. Un dio noster come Pan è alla base delle sperimentazioni britanniche sul Fantastico e noi solo ora, con il Pan di Francesco Dimitri, cominciamo a “sfruttarlo”. Come dovrebbe essere un racconto medfantasy Ma cos’è, com’è un racconto medfantasy? Di definizioni certe ancora non ne abbiamo, troppo poco (e ancora troppo poco visibile) è stato scritto dagli autori italiani. Vi sono, però, alcune opere di autori stranieri ambientate nella storia e nel mito delle nostre terre che potrebbero fornire una pietra di paragone. La “Saga di Videssos”, scritta da Harry Turtledove, quella dei “Drenai” di David Gemmell e Le Tombe di Atuan di Ursula K. Le Guin sono esempi di romanzi da cui si può partire. Turtledove, studioso di Storia Bizantina, usò le sue conoscenze per ambientare una vicenda di legioni perdute, gladi e spade magiche e salti temporali nella
bizantineggiante Videssos, con personaggi dai nomi molto grecizzanti. A Videssos si hanno capacità curative straordinarie e si adora un unico dio, Phos, contrapposto a una divinità malvagia venerata dagli eterni nemici, gli Yezda (ispirati ai Persiani?). L’ambientazione è sicuramente mediterranea, mentre il tema della guerra e del genocidio appartiene un po’ a tutti i quando e i dove. Il “Ciclo dei Drenai” di Gemmell prende spunto più dalla storia che dal puro fantastico, non parla di elfi o simili e fa riecheggiare la Grecia narrata nell’Iliade. Anche in questo caso, i luoghi sono mediterraneoorientali, le tematiche la guerra e l’eroismo. La pentalogia di U.K. Le Guin ambientata nel mondo di Terramare (Earthsea) trae origini diverse, così come le sue tematiche. Quell’arcipelago rievoca al contempo il Mediterraneo e le isole della Polinesia. Le tematiche sono molto psicologiche, ma nel volume Le Tombe di Atuan c’è una costruzione, secondo me, molto medfantasy: oltre all’ambientazione, qui è il contenuto che si focalizza sul ruolo delle donne previsto da morali tradizionaliste mutuate dalle religioni come quella cristiana. La discesa nel sottosuolo oscuro ci riporta al racconto del Filo di Arianna e alle discese negli Inferi descritte da Omero e da Virgilio. Inoltre, coinvolgendo un Lui e una Lei, è possibile riallacciare la vicenda al
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Cultura FANTASY mito di Orfeo ed Euridice, anche se con esiti opposti. Ciò che conta qui è l’intento, lo sguardo al presente dell’autrice: donne che raggiungono gli uomini, in libertà e autoconsapevolezza sebbene ostacolate da un culto ufficiale. Riguardo l’ambientazione L’ambientazione conta molto, e conseguentemente l’accurato studio delle fonti folkloristiche, mitologiche, storiche e culturali allo scopo di estrarne gli elementi necessari a un racconto medfantasy: per esempio armi come la daga o il gladio, navi come le galee, vicende come il dominio di imperi ove il sovrano è il rappresentante di un dio unico. Nei paesi mediterranei troviamo montagne e vulcani (i più alti di tutta Europa), ghiacciai, pianure nebbiose, terre boscose: certamente non è un mondo piatto come le Quattro Terre di Brooks, per esempio. Resta ovviamente la difficoltà di come reinterpretare tutti questi “ingredienti” e comporre il giusto mix. Altra sfida è quella della lingua da usare per i to-
Harry Turtledove foto di Szymon Sokół
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ponimi. Se prendiamo le mappe dei vari mondi fantasy degli autori più noti è difficile che vi si trovino sempre e solo termini in linguaggio inventato: nomi come “Darkwood” o “Blackmoor” equivalgono a “Bosco scuro” e “Brughiera nera”, sebbene a noi facciano un effetto particolare perché scritti in inglese. Possiamo (e dovremmo) scovare toponimi in italiano, magari usando termini arcaici ma evocativi. Ad esempio, una vetta sul Gran Sasso si chiama “Corno grande”, una certosa sorge in quel di Morimondo… Elementi med e “reinterpretazione” La Polvere ammanta – nel nostro immaginario – anche i più formidabili testimoni del passato, e non perché essi abbiano smesso di parlarci, ma perché ci siamo noi dimenticati il loro linguaggio. Il passato ci circonda e a volte ci ricopre, ma non sappiamo più scorgere i fili che a esso ci legano. È questa la “polvere” che annebbia gli occhi degli autori di Fantasy nostrani. Un elemento sottovalutato sebbene ricco di potenzialità per una narrazione fantasy è Roma, e quindi la Romanitas. Roma è la Repubblicana, la dominante d’Italia, la Caput Mundi imperiale e tardo-imperiale, la sede del culto cattolico con tutte le sue peculiarità e la sua storia più che millenaria; ma ancora, Roma è la schiavista e la Romanitas è anche Legge; Roma è popolino blandito eppure capace di slanci d’autonomia non indifferenti (chi si ricorda di Cola di Rienzo?), Roma è Santa e Roma è Puttana (ultimamente qualcuno le dà anche della Ladrona). Nella stragrande maggioranza dei mondi fantasy esiste un impero: perché a noi non ispira scrivere di Roma? L’ultimo ciclo heroic-fantasy di David Gemmell (“Saga dei Rigante”) prende spunto da una pseudostoria dove il rude ma onesto popolo dei “keltoi”, le cui divinità sono i magici sidhe, viene contrapposto a un nascente Impero di Stone. Stone costruisce città e strade di pietra, i suoi abitanti amano le comodità e le raffinatezze come le terme, ma è imperialista e bugiardo: se conquista un popolo ne ammazza i figli più giovani perché “non vendibili” come schiavi. Inoltre è posseduto da un credo religioso centralizzato, strutturato in un rigido clero. Gemmell si è quindi servito di Roma, spesso inventando caratteristiche per fini personali. Noi non sapremmo fare di meglio? Oltre a Roma, le città che possono offrire spun-
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FANTASY ti per storie e ambientazioni medfantasy possono essere: Venezia, Genova, Pisa e Amalfi, le repubbliche marinare di un’epoca erroneamente immaginata come dominata in modo univoco da castelli e cavalieri in armatura. Venezia è l’antica signora dei mari, ammantata di nebbia e affacciata sullo specchio dei suoi canali, una città di “palude”, vera e propria infrazione alle regole dell’urbanistica antica, ma con antesignane in Ravenna e in Aquileia. Per quanto riguarda i possibili personaggi medfantasy, ogni nostro luogo è abitato da un’infinità di “presenze”, anche se non è risparmiato dalla famigerata “Polvere”. Ad esempio: non è forse possibile sfruttare un fauno? Be’, a questa domanda in parte ha già risposto Guillermo del Toro. Un esempio (fra i tanti possibili) di reinterpretazione delle fonti ispiratrici, può essere il personaggio tolkieniano Gandalf (nome preso dall’elenco dei nani, nell’Edda). Pensando, infatti, a Il Signore degli Anelli, la stragrande maggioranza dei lettori (uno su tutti, Peter Jackson) tende a vedervi solo elementi nordici, molto pittoreschi, senza mai andare al cuore della lettura. La figura di Gandalf presenta invece connotazioni anche “med”: come Radagast, Saruman e tutti gli altri maghi della mitologia della Terra di Mezzo, egli è innanzitutto “ishtari”, termine proveniente dalla mitologia mesopotamica (cfr. la Epopea di Gilgamesh). Inoltre, il ruolo di guida delle popolazioni contro il Nemico, i bastoni che accompagnano questi maghi, la loro magia spesso fatta di “parole”, non vi dicono niente? Vescovi. Esattamente quel che sono per un autore di fede ultracattolica quale era Tolkien. Come poteva mai fare breccia, fra i lettori inglesi, un simile personaggio? Rifacendosi alle figure degli evangelizzatori delle isole britanniche e alla mitologia, Tolkien ha composto il suo Gandalf mescolando un vescovo (magari un Beda il Venerabile) con una delle rappresentazioni di Odino sotto mentite spoglie, girovago e straccione ma dotato di segreto potere. Ecco che l’elemento impresentabile viene inglobato in uno mitologico, a sua volta inserito in un contesto narrati-
“Il Sacrificio di Pan” Francisco Goya, 1771 vo che il tema della Provvidenza, del “nessuno è eroe abbastanza” e della tentazione rende molto cattolico. Gli ingredienti non devono quindi essere presi e usati per forza in modo univoco, ma possono venire combinati fra loro, in una forma che risulti coerente con ciò che si vuole esprimere in una storia fantasy. Questo è solo un aspetto di ciò che, fatto già altrove, dovremmo impegnarci a sperimentare anche in Italia. I motivi di riflessione sono ancora molti: a quale periodo storico o mitologico ispirarsi? come combinare insieme i diversi spunti? come e quanto “raffinare” il mito o il reale per trasporlo in elemento fantastico? Su queste e altre domande è mia personale opinione che non si possa teorizzare senza la sperimentazione scritta e il confronto con quanti più lettori e autori possibile. Siamo ancora in una fase pionieristica insomma, e la verifica pratica è inevitabile. n Francesco Coppola
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LA TORRE NERA
(The Dark Tower - P. David, R. Furth, J. Lee, R. Isanove, S. King, 2008) di Cristina “Anjiin” Ristori
P
David, autore di romanzi di Star Trek, di sceneggiature di Babylon 5 e dei fumetti Hulk, Wolverine, X-Factor. Robin Furth, consulente di trama e autrice di The Complete Concordance, la guida letteraria più esauriente sulla saga “Dark Tower”. Jae Lee, graphic novelist di X-Men, Spider Man, I Fantastici Quattro, Manhunter, Capitan America. Richard Isanove, colorist di illustrazioni quali Wolverine - Origin, Daredevil - Father e 1602 di Neil Gaiman. E Stephen King. Il risultato è un fumetto della Marvel progettato in cinque miniserie, edito in Italia dalla Panini Comics grazie a un accordo con Sperling & Kupfer Editori, e basato sull’opus magnum dell’autore del Maine: La Torre Nera. Già uscite da noi le prime due miniserie per un totale di otto fascicoli mensili, dei quali i primi quattro hanno come titolo La Nascita del Pistolero, e i successivi quello de La Lunga Via del Ritorno. Ciascuno è corredato da interviste agli autori, mappe e racconti ambientati nell’universo ideato dal re del brivido: la creazione del mondo da parte di Gan (lo spirito della Torre Nera), le tredici sfere di Maerlyn, il rito sinistro del Charyou Tree. Oltre a queste pubblicazioni mensili per edicola, troviamo in libreria due volumi, ciascuno comprensivo di quattro fascicoli, a cura della Sperling & Kupfer. eter
La Nascita del Pistolero La storia a fumetti di Roland Deshain, dei suoi amici di gioventù e del suo grande amore Susan prende l’avvio dal quarto volume della saga di King, La Sfera del Buio, nel quale ci viene narrata l’adolescenza del Pistolero e il suo crudele passaggio all’età adulta. Allontanato dalla casa paterna di Gilead sotto falso nome per scampare ai progetti sanguinari dell’incantatore Marten, raggiunge con i suoi compagni Alain
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e Cuthbert la città di Humbry, nella baronia di Mejis. La guerra con John Farson, detto “il Buono”, è sempre più vicina, e non risparmia i sonnolenti paesaggi di questa terra fanta-Texas, con i suoi cavalli, le sue fattorie e l’immancabile saloon. Lo scontro tra i giovani gunslinger (pistoleri) e gli emissari del Male sarà senza quartiere: il quarto fascicolo si conclude con una vittoria amara e un terribile rogo, sul quale il cuore e l’umanità del protagonista bruciano per sempre. Adattata sul materiale già esistente, questa prima parte rispetta ampiamente il testo di King: i dialoghi contengono moltissime citazioni dal testo originale e l’aspetto di protagonisti e comprimari si adatta felicemente alla caratterizzazione dell’autore. L’unica figura che si discosta è quella di Susan, drappeggiata in morbidi vestiti fluttuanti a scapito dei calzoni da cow-boy, e ammantata da una solitaria fragilità: quasi una bambola, travolta dal vento del ka (il destino). Questo probabilmente per evidenziarne la differenza figurativa rispetto agli altri personaggi: volti duri e atteggiamenti violenti, siano essi buoni o cattivi. La Lunga Via del Ritorno Distrutti i Cavalieri della Bara, emissari del demoniaco Re Rosso, il ka-tet (“uno da molti”, ovvero i compagni di sorte) di Roland deve tornare a Gilead con ciò che è stato sottratto a Rhea, la Strega del Coos: la sfera rosata conosciuta col nome di Pompelmo di Maerlyn, depositaria di malefici segreti. Cosa accade ai tre giovani eroi, che viaggiano nella sua poco piacevole compagnia? Roland cerca di distruggerla in un impeto di disperazione, ma la sua mente ne viene inghiottita. Spetterà quindi ai compagni prendersi cura di lui e sottrarlo alle venefiche influenze. Ricompare anche un altro personaggio: Sheemie, lo sciocco del villaggio, che assumerà un potere nuovo e imprevisto a causa di una creatura antica incontrata nel luogo chiamato Dogan. Ma il dominatore di questa seconda serie è sicuramente il Genio Cattivo in assoluto, il Re Rosso e la sua terribile doppia natura di uomo e insetto. Questa parte di storia non è contenuta nella saga di King, ma è stata scritta apposta per l’edizione a fumetti, e, se molte delle tavole sono spettacolari, non si può dire altrettanto dello svolgimento narrativo, che cerca di colmare il vuoto tra il duello finale a Mejis e il ritorno a casa: la fuga di Alan e Cuthbert, inseguiti da quello che resta della banda di Humbry, si svolge in parallelo al viaggio
extracorporeo di Roland all’interno della sfera, dove il pistolero rivive i suoi peggiori incubi. Probabilmente, manca l’appoggio travolgente della prosa di King: il testo di Peter David e Robin Furth è in sintonia con lo stile del Re, ma risulta ovviamente asciugato a scapito delle immagini; inoltre, la fine appare frettolosa e, se possibile, ancora più condensata delle parti precedenti. Del resto, come dice lo stesso David: “Credete che leggere Stephen King metta paura? Provate a scrivere Stephen King!” In ogni caso, i connotati weird del fantasy di King sono trasposti nel fumetto in modo efficace: il decadente feudalesimo western della città di Gilead, dove i giovani dell’Affiliazione vengono addestrati a diventare pistoleri e calzano camperos con gli speroni; la presenza tradizionale di negromanti e streghe con i loro oscuri artefatti magici a fianco di villains che utilizzano vecchi carri armati appartenuti a un mondo ormai scomparso; l’esistenza di animali mutanti o resi sterili da una catastrofe antica appena accennata, nella quale si indovina l’effetto letale delle radiazioni. E infine Roland, il cavaliere con la pistola che appartiene alla stirpe di Eld, un mito arturiano fuso in modo sorprendente con la memorabile figura del “Senza Nome” Clint Eastwood di Sergio Leone. L’atmosfera dark che permea tutta la serie è resa efficacemente anche dai colori. In questo “mondo che è andato avanti”, le tavole disegnate da Lee e colorate da Isanove offrono tinte sanguigne eppure scure, giocate sul giallo, ocra, nero e tutte le sfumature del rosso, che è presente a sottolineare i dettagli più significativi anche nelle pagine dove le emozioni dominanti sono espresse da sfondi lividi e luci crepuscolari. Un limite di questo fumetto, che regala comunque un notevole impatto visivo ed emozionale, è quello di essere poco consigliabile a chi non ha letto la saga: il concentrato di informazioni è chiaro per i fan della Torre Nera, ma meno comprensibile a chi si avvicina per la prima volta all’Universo King. Del resto, una trasposizione così particolare difficilmente sarà oggetto di attenzione da parte dei neofiti: la spinta irresistibile verso quest’opera è infatti il desiderio di incontrare visivamente alcuni di quei volti che per migliaia di pagine l’autore ha rappresentato nella nostra fantasia. E da questo punto di vista non lascia certo insoddisfatti. n Cristina Ristori
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THE BLACK SWORDMAN (F. Sanseverino, 2008) di Cuccu’ssette
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n guerriero ferito avanza in una cupa foresta. È orbo, un braccio è stato rimpiazzato da una protesi che sembra far parte delle piastre dell’armatura. Trascina un’enorme spada a due mani. L’uomo è Gatsu, avventuriero che vaga in un universo tetro popolato di demoni; combatte la sua personale battaglia contro i fantasmi del proprio passato e contro i Discepoli, una sorta di zombie. Gatsu è il protagonista del manga Berserk ideato da Kentaro Miura e dell’omonimo anime, trasposto ora in un efficace cortometraggio. Si tratta di Berserk - The Black Swordman, un fan movie realizzato da LED Production e da Deus Ex Machina Studio, senza fine di lucro. Troppo spesso cortometraggi di questo genere mostrano senza pietà dilettantismi dovuti alla scarsezza di mezzi e alla non perfetta padronanza di un linguaggio assai specialistico come è quello cinematografico. In questo caso, le riprese, dal punto di vista tecnico, poco hanno da invidiare ai telefilm che animano le serate televisive. La sceneggiatura sembra ereditata dallo storyboard e utilizza movimenti di macchina ben programmati, che rendono bene lo scorrere delle vignette ed enfatizzano la violenta eleganza del combattimento. Gli effetti speciali sono inseriti con misura, senza gratuite esibizioni. I costumi sono curatissimi, come è giusto che sia, vista la caratterizzazione di Gatsu e del suo prodigioso equipaggiamento. Il dialogo è essenziale; la scelta di inserire il flashback con la parte introspettiva recitata, esalta la dimensione intimista della vicenda. Si evita in questo modo lo scambio di battute magari inverosimili o inadeguate, agevolando inoltre l’inserimento di sottotitoli in lingua inglese che facilitano la diffusione tra gli appassionati di tutto il mondo.
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La scenografia scelta è quella di un bosco dai colori cupi; il valido montaggio accentua la tensione, contribuendo e valorizzare i temi filosofici che emergono dal mondo di Berserk. Tra una battaglia e l’altra, il manga fa riflettere sulla presenza costante del Male, sulla sua seduzione e sull’illusorietà del libero arbitrio, sulla miseria e sulla nobiltà delle aspirazioni degli esseri umani, sul fine dell’esistenza, sul destino che parrebbe tendere all’entropia. Le crudezze che indirizzano il fumetto a lettori maturi divengono una facile esteriorità che permette di affrontare temi esistenziali. Gli incubi del delirio del protagonista, più che elencare con superficialità sprazzi del passato, mettono in luce i temi più profondi propri dell’intera opera. Nel corto ci sono indubbi richiami a situazioni e simboli peculiari della serie, come il Bejelit, la pietra maledetta che trasforma i mortali in creature delle tenebre. Ci sono la runa sanguinante che appare sulla pelle di Caska e il marchio ignoto che grava sull’eroe, la protesi che rimpiazza l’arto del guerriero e l’immancabile spada ciclopica che sfida i nemici e le leggi della fisica. Elementi irrinunciabili per i patiti di Berserk, che possono al più cavillare sullo stile di combattimento o sull’aspetto più o meno appropriato degli attori, sulle musiche scelte come colonna sonora, sulla fedeltà alla pagina… Particolari che possono essere discutibili o non soddisfacenti per gli incontentabili, irriducibili
fan, ma che non compromettono la fruizione da parte di tutti gli altri spettatori. I personaggi in scena sono solo tre: Gatsu, Caska e gli eretici-zombie legati a ruote. Il protagonista, la sua donna – o la voce della sua coscienza –, i nemici: rimane la tragica lotta senza fine di un disperato e dolente eroe. Il fan movie evita di disperdersi in facili digressioni biografiche, dedicandosi a comunicare la brama di vivere del guerriero, la sua consapevolezza d’essere nato per soffrire. Una scelta assai azzeccata, adeguata ai tempi ridotti dell’opera. Ci sono sequenze che richiamano altri mondi, altrettanto cupi: dal bosco de Il Gladiatore, a quello di Blair Witch Project, alla foresta di cadaveri trafitti dai pali di Dracula… Il video forse rende le intenzioni di Kentaro Miura con maggiore fedeltà rispetto alla versione animata, considerati i tagli apportati a quest’ultima dalla censura e le modifiche dell’edizione italiana. Il cortometraggio riesce a trasmettere le atmosfere del manga, senza necessità di conoscere per filo e per segno la complessa saga nipponica. Vale la pena usare sette minuti del nostro tempo per vederlo, e convincersi così che anche gli Italiani possono realizzare qualcosa di cinematograficamente valido nel campo del Fantasy. n Cuccu’ssette
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Intervista FANTASY
Intervista a
FRANCESCO SANSEVERINO e FABIO DERI di Cuccu’ssette
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asce prima l’amore per il cinema, o quello per il manga? Francesco Sanseverino. Credo siano nati assieme. Fin da piccoli siamo cresciuti leggendo manga (Dragon Ball) e guardando film di tutti i generi. Io personalmente ho sempre immaginato in versione “carne e ossa” i miei personaggi preferiti dei fumetti, sperando magari un giorno di poter dar vita a qualcosa di simile! Fabio Deri. Concordo con Francesco sul fatto che queste passioni siano nate e cresciute insieme. Io ho sempre sognato di fare “cinema”, questo desiderio è diventato gioco e poi, piano piano, realtà. I manga sono stati d’ispirazione, per le loro trame, le loro ambientazioni e per la moltitudine di avventure che mi hanno fatto vivere. Del resto anche Hollywood ultimamente ha dimostrato come i fumetti possano diventare una fonte di gran interesse per la cinematografia – con buoni o pessimi risultati.
C
osa vi piace maggiormente nel mondo di Berserk? FS. Tutto! Berserk è un’opera fantastica sotto ogni punto di vista. Kentaro Miura è riuscito a creare un mondo crudo e realistico. Gatsu è un personaggio affascinante, un antieroe davvero ben caratterizzato. FD. Credo che la passione per Berserk al primo impatto sia dovuta all’estrema crudezza della storia e del segno; successivamente, approfondendo la conoscenza di questo mondo, ci si perde in esso, appassionandosi e ritrovandosi ad attendere con ansia l’uscita di ogni numero.
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ome avete scelto la colonna sonora del vostro corto? FS. Secondo i nostri gusti musicali, cercando di armonizzarla al meglio con le varie scene. Ora un gruppo di musicisti sta provvedendo a comporre una colonna sonora del tutto originale per il cortometraggio, e sarà presto disponibile in Internet.
L
a location: a parte alcune scene realizzate in computer grafica, come avete scelto i set? FS. Fin dall’inizio la scelta dell’ambientazione era chiara: volevamo un bosco. Abitando nel canavese, in provincia di Torino a ridosso delle montagne, trovarne uno non era un problema, bisognava solo scegliere quale. Luca Sergio Loreni (Deus Ex Machina) ha offerto la casa per ospitare le riprese. FD. Tutto quindi ci tornava comodo perché avevamo un appoggio per il trucco, per pranzare e soprattutto per riparaci dalla pioggia (che in quei giorni era contro di noi!). La location inoltre era raggiungibile in pochi secondi.
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uanto e come è stato usato il computer per ritoccare le diverse sequenze? FD. Il computer è stato utilizzato principalmente per dare una uniformità alle riprese tramite la correzione del colore; in secondo luogo, ovviamente, per applicare le animazioni 3d alle riprese statiche. Infine, applicati gli effetti di nebbia e sporco, per sovrapporre con maggior realismo il 3d al reale.
Intervista: Francesco Sanseverino e Fabio Deri
FANTASY
L
e inquadrature sono nate dallo storyboard o sono frutto di scelte estemporanee (comunque azzeccate)? FS. Tutto è nato dallo storyboard disegnato da Luca Sergio Loreni, sotto la guida di Fabio e mia che già precedentemente avevamo scritto la sceneggiatura. Grazie allo storyboard siamo riusciti a ridurre i tempi di ripresa, sapendo sempre cosa girare, quando e come girarlo. FD. Be’, in primis ci siamo trovati Francesco e io, per girare un “pilota”. Successivamente ci è venuto in mente di coinvolgere Sergio e Giulia Bussetti nel progetto. Così si creò il team al completo e le idee furono messe su carta, da Sergio.
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l costume di Gatsu: chi lo ha fatto? È sopravvissuto alla lotta? FS. Il costume è stato fatto da me in tre settimane. Pratico cosplay da circa tre anni e, un po’ alla volta, sono riuscito a prendere mano nella creazione di armature in plastica. Alla fine delle riprese, a parte qualche ammaccatura qua e là, l’armatura si è salvata… quasi interamente, a parte il corpetto che si è rotto in vari punti.
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ome se l’è cavata l’attore che interpretava lo zombi, legato alla ruota? FS. Durante le riprese abbiamo usato 3 tipi di zombi: un attore vero (Roberto Pretari), un manichino e quelli realizzati in computer grafica. L’attore non è mai stato incatenato del tutto alla ruota – anche perché sarebbe stato a dir poco rischioso per la sua incolumità – e l’abbiamo impiegato principalmente durante la scena del combattimento, legandolo alla ruota ormai distrutta.
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vete deciso di realizzare un fan movie: sono meglio distribuibili, rispetto ai corti tradizionali? FS. Sicuramente rivolgersi al pubblico con un fan movie su qualcosa di già conosciuto è più facile che presentare un prodotto originale. FD. Diciamo che la decisone è caduta su questo genere per crearci un bacino di utenza maggiore, in modo da poterci fare conoscere e realizzare successivamente qualcosa di nostro.
Q
uali fan movie consigliereste di visionare, quali considerate come esempi positivi di cinema di genere?
FD. Sicuramente Metal Gear Philanthropy dei ragazzi della Hive Division; abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare il loro gran lavoro. Poi vi sono produzioni americane e spagnole molto valide e tutte reperibili su YouTube. Il bello sta anche nel trovarle!.
I
ndipendente è meglio? FD. Si è meglio. Diciamo quasi obbligato. Qui in Italia non c’è grande attenzione per le produzioni emergenti, e trovare dei finanziamenti, qualcuno che produca il nostro materiale, è dura senza essersi fatti prima un nome. Ma indipendente anche perché è libero, è nostro, quindi tutto frutto delle nostre idee senza vincoli alcuni.
C
orto: è una necessità o una scelta narrativa? FS. Il cortometraggio è stata una scelta obbligatoria; già con un prodotto di 7 minuti abbiamo dovuto lavorare molto (circa 5 mesi) pensate per un film di 60 minuti! Oltre a non avere un budget, il nostro staff è ancora relativamente ridotto, quindi lavorare su un film sarebbe soltanto uno spreco di risorse e di tempo, dato che allo stato attuale delle cose ne uscirebbe un lavoro approssimativo e sicuramente di scarso livello. Nel cortometraggio abbiamo cercato comunque di riproporre un piccolo spaccato del mondo di Berserk, sia ispirandoci qua e là a scene del manga, sia mettendoci del nostro. FD. Corto è necessità. Essendo ancora in pochi, con pochi mezzi, pochi fondi e poco tempo (la maggior parte di noi nella vita fa un altro lavoro, o studia), il corto è stato scelto come passo iniziale; faremo corti finché non ce la sentiremo di andare oltre, probabilmente finché non avremo un team più ampio e potremo contare su qualche risorsa in più.
C
osa direste ai giovani che volessero provare a realizzare un film, in particolare un fan
film? FD. Be’ che dire… provate, provate e ancora provate, ragazzi. E, se non ci riuscite, provate ancora! L’importante è divertirsi e appassionarsi a quello che si fa; con passione e divertimento non può che uscire un buon prodotto. In bocca al lupo!
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uali sono i progetti futuri? FD. Ne abbiamo due (uno partirà a breve e l’altro un po’ più in là), ma non vogliamo ancora svelare di cosa si tratta. Ci faremo sentire presto, promesso! n Cuccu’ssette
Intervista: Francesco Sanseverino e Fabio Deri
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Intervista
Intervista
ANIME
80 NOSTALGIA
Intervista a Luca Alberici di Stefano Baccolini
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0 Nostalgia è una trasmissione televisiva del circuito èTV che, come indica chiaramente il titolo, si occupa degli straordinari anni Ottanta. In quel periodo, durante il quale gli attuali trentenni hanno vissuto la propria giovinezza, sono passate attraverso il tubo catodico numerose serie televisive e animate che hanno segnato la fantasia dell’allora generazione di bambini e adolescenti, a tal punto che ancor oggi vengono riproposte con successo. Sulle corde del rimpianto che nutriamo per la spensieratezza di quei giorni, abbiamo il piacere di intervistare il conduttore, Luca Alberici.
C
iao Luca, questa volta ci troviamo a parti invertite, parlami un po’ di come è nato questo vostro progetto. Come dicevi, il programma si basa molto sui ricordi di una TV che non c’è più; sentendo a volte in discoteca le sigle di cartoni animati, mi è balenata l’idea di riproporle tutte in una trasmissione dedicata solo a sigle anni Ottanta, divise per categorie: cartoni, telefilm, programmi TV, film e pubblicità. Dopo averla studiata, pensata per un paio di anni, registrando anche un numero zero, finalmente siamo partiti; un po’ in sordina a dire la verità, ma poi il programma è letteralmente “esploso”. Sono arrivati tantissimi sms e richieste un po’ da tutta Italia grazie a Sky, e questo ci ha fatto veramente piacere.
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osa rendono gli anni Ottanta così particolari? Dal punto di vista televisivo c’è stata la nascita di Fininvest che ha rivoluzionato il modo statico di fare TV stile RAI. Sono nati tanti programmi, sono arrivati i tanti disegni animati e con essi le sigle; purtroppo oggi non ci sono più, ma, quel che è peggio, manca oggi la fantasia nel raccontare le storie attraverso i cartoni.
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ersonalmente, a quale programma televisivo sei maggiormente legato? Chi mi conosce ha già risposto: senza ombra di dubbio “Il Pranzo è Servito”,
Intervista: 80 Nostalgia
ANIME
condotto dal grande Corrado. Guardando quel programma, mi sono innamorato di questo mestiere, e Corrado è sempre stato il mio punto di riferimento. Purtroppo è scomparso ormai da dieci anni, e ancora oggi nessun conduttore è come lui.
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ntriamo un po’ nei meandri organizzativi del tuo lavoro: per scegliere la varie tematiche della trasmissione come vi muovete? Vi affidate alle richieste del pubblico o seguite un predeterminato filo conduttore? Diciamo che diamo ovviamente spazio alle richieste del pubblico, altrimenti non avrebbe senso il servizio sms con le richieste. Certo è che spesso si chiedono le stesse canzoni, e quindi, oltre ad accontentare il pubblico, cerchiamo di inserire anche proposte meno famose; sicuramente l’intento è quello di creare in ogni puntata un giusto mix tra sigle di programmi, cartoni ecc… cercando inoltre di miscelare il tutto in modo che risulti gradito
sia ai maschietti che alle femminucce. Insomma proviamo ad accontentare tutti. Poi, alle volte, realizziamo puntate speciali come quella dedicata a Cristina D’Avena, o quella su Sanremo anni Ottanta, o ancora quella che ha ottenuto un grande successo dedicata solo a sigle di robot.
C
ome reperite il materiale audiovisivo che quotidianamente mostrate in televisione? Top secret. Non si possono svelare tutti i segreti. Comunque posso dirti che molto materiale deriva da vecchie registrazioni. E poi ci hanno aiutato molti collezionisti che hanno in casa un vero archivio.
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arlaci un po’ dei tuoi collaboratori, dei membri della redazione che di solito rimangono nell’ombra, ma che rendono possibile la realizzazione della trasmissione. Partiamo dalla padrona di casa, ovvero la mia fantastica collega Mary Berciga, che insieme a me pre-
Intervista: 80 Nostalgia
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Intervista ANIME Matteo Castagnoli che cura le sigle e le grafiche digitali. Insomma una bella squadra affiatata che lavora e si diverte.
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l vostro programma gode di molto successo, nonostante vada in onda su una televisione a circuito locale: non lo dico per piaggeria, basta guardare il numero dei vostri sostenitori su Facebook; oltre agli attestati di stima, avete, però, ricevuto qualche critica? Lasciami precisare che èTV non è prettamente locale perché è a carattere regionale e, grazie ad essa, andiamo in onda in tutta l’Emilia Romagna: da Parma alla riviera romagnola, perfino nelle Marche dove c’è èTV Marche, per non parlare del satellite (canale 891 di Sky). Ho iniziato a distribuire il programma anche ad altre emittenti, infatti andiamo in onda anche su Teleappennino e TV Reporter. Tornando a noi… sono arrivati tanti complimenti e, devo essere sincero, poche critiche… Ricordo un messaggio che si lamentava delle troppe sigle di cartoni animati rispetto alle poche di programmi TV, e un altro che ci rimproverava di chiacchierare troppo.
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senta il programma. L’ho voluta accanto perché ci conosciamo da dieci anni e più, quindi siamo affiatati. Inoltre ha una bellissima voce (e non solo), non per niente lavora anche in radio, la sua vera passione. Diciamo che è la partner perfetta che ognuno vorrebbe accanto a sé. Poi, dietro alle telecamere, lavorano tante altre persone: il regista Paolo Ceruti che cura le inquadrature e dirige il programma, svolgendo anche il ruolo – non secondario – di mantenere aggiornato il nostro sito (ottantanostalgia.myblog.it) e il gruppo 80 Nostalgia su Facebook. Anche con lui ho già lavorato in passato. All’audio c’è Gian Matteo Palese che gestisce i microfoni, con il quale lavoro quotidianamente in TV anche in altri programmi della rete. Alla camera c’è Marco Montali, il mio cameraman di fiducia che mi segue anche nelle trasferte esterne quando effettuiamo le interviste da mettere in onda. Abbiamo poi Carlo Guareschi, il nostro supervisore, Luca Simoncelli, l’assistente di studio, e
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u e Mary siete in televisione un duo molto simpatico e affiatato; come nasce il vostro rapporto professionale? L’affiatamento, come accennato prima, nasce dal fatto che ci conosciamo da più di dieci anni, inoltre abbiamo già condotto insieme “Appuntamento al buio” sia su èTV che su Teleducato Parma anni fa, quindi basta uno sguardo per intenderci. Ci siamo da subito trovati bene a condurre insieme, e ci tengo a dire che durante l’estate presentiamo nelle piazze della nostra regione “80 Nostalgia Live”, praticamente una edizione del programma dal vivo, dove le sigle vengono reinterpretate da giovani cantanti e il pubblico presente stila una classifica di preferenza per premiare quella più bella. Poi spesso presentiamo insieme gli speciali di Miss Italia.
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o seguito con molto interesse la vostra trasferta a Torino, dobbiamo considerare i fumetti una nuova deriva della trasmissione? Noi continuiamo a parlare di cartoni e sigle soprattutto, ma non dimentichiamoci che tanti cartoni ai quali siamo così affezionati derivano da fumetti. Quindi non potevamo trascurare anche que-
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sto importantissimo dettaglio. E, grazie a Paolo Buscaglino di ADAM Italia, siamo stati, come tu hai ricordato, al “Torino Comics & Games 2009”, dove abbiamo approfondito alcune tematiche proprio legate al fumetto e alla sua storia, e ci auguriamo di farlo ancora.
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ome si prospetta il futuro? Vi vedremo anche l’anno prossimo? Bella domanda. Noi speriamo di sì, e so che tanti telespettatori ci manifestano il loro affetto dicendoci che vogliono rivederci in autunno. Purtroppo non sappiamo se sarà possibile perché, come accade in tutte le TV commerciali, chi comanda è la signora Pubblicità. Senza sponsor non potremmo andare in onda e, vista anche la crisi attuale, trovarli non è così semplice. Però noi incrociamo le dita e speriamo con tutto il cuore di ripresentarci puntuali con la terza edizione.
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ella benaugurata ipotesi che ciò accada, puoi anticiparci qualche idea o proposta che vorresti sviluppare in trasmissione? Quest’anno abbiamo introdotto il quiz, che è stato un vero successo, e quindi il momento del gioco lo riproporremmo. Le idee sono tante e non posso svelarle tutte. Posso dire però che mi piacerebbe molto realizzare una rubrica dedicata ai fatti degli anni Ottanta, come l’attentato al Papa, la vittoria ai mondiali dell’82, la caduta del muro di Berlino… E poi dare più spazio agli spot e ai giocattoli che ci hanno accompagnato in quel decennio. Ringraziamo Luca Alberici per la disponibilità e auguriamo a lui, alla simpatica Mary e al resto della redazione un buon proseguimento con 80 Nostalgia. n Stefano Baccolini
Intervista: 80 Nostalgia
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Musica
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INTERVISTA AI RAGGI FOTONICI di Valentina “Vania” Summa
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Su TdC n. 7 SPECIALE SIGLE TV
Leggi...
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siste una squadra di eroi che si maschera da band musicale. O magari si tratta di un gruppo di musicisti chiamato a interpretare il ruolo di eroi. Definire in un modo o nell’altro chi vive a metà tra realtà e fantasia, nel mondo tangibile ma allo stesso tempo fantastico della TV, dei fumetti e dei cartoni animati sarebbe riduttivo. Perché tra una manifestazione e l’altra, dai palchi delle fiere agli studi di registrazione, questo fanno i Raggi Fotonici: riportano in vita le vecchie sigle dei cartoni animati, ne scrivono di nuove, divulgano l’amore per questo genere di musica, nel cui culto sono cresciute intere generazioni, dagli anni Settanta ad oggi. Ai Raggi Fotonici Mirko Fabbreschi si devono le sigle delle serie Guru Guru, alias Capitan Fotonik Superdoll Rikachan, Gals (tra le altre) nonché canzoni per i DVD di Inuyasha e Daltanious. La loro ultima fatica discografica è il CD Random Robots, uscito nel 2006. La loro carriera è costellata di collaborazioni importanti e di premi, tra cui quello come “Miglior Cartoon Band Italiana” al Festival Internazionale “Cartoons On The Bay” di Positano. Hanno lavorato con Dynit, RAI e con la TV satellitare, conducendo il programma televisivo Cosplayers e prestandosi come inviati speciali (veri supereroi al servizio dell’informazione) per Uno Mattina. La loro partecipazione alle fiere del fumetto e alle manifestazioni a tema va avanti dal 2000, anno in cui suonarono all’apertura del Lucca Comics & Games. L’inno ufficiale della manifestazione Romics è opera loro. Hanno collaborato con grandi interpreti delle sigle TV e del doppiaggio e non si sono tirati indietro nemmeno quando si è trattato di prestare il volto ai personaggi bidimensionali di un fumetto ispirato a loro. La caratteristica principale della band è la simpatia, l’assoluta disponibilità a mettersi in gioco. Seguendo questo spirito, il cantante Capitan Fotonik − alias Mirko Fabbreschi − ha acconsentito di buon grado a rilasciarci un’intervista, in uno scambio di battute a volte un po’ confuso ma sempre spassoso.
Musica: Raggi Fotonici
ANIME Ice Woman
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iao Mirko, andiamo senza indugio a cominciare! La prima domanda è anche la più banale: come iniziò quest’avventura? Come iniziano sempre le cose più divertenti: per caso! Della formazione originale dei Raggi Fotonici siamo rimasti solo io e Laura Salamone. Insieme al chitarrista che suonava con noi 15 anni fa, giocavamo, durante le nostre serate di musica rock, a inserire in scaletta cover di sigle TV anni Ottanta. Ci rendemmo conto che il pubblico apprezzava, ci richiedeva più queste ultime che non il resto del nostro repertorio… e così nacquero i Raggi Fotonici. Alla fine degli anni Novanta avemmo la fortuna di scrivere e cantare qualche nostra sigla televisiva, dapprima per TV e circuiti locali − come Cinquestelle e SuperSix − e poi per Rai Due, con il cartone animato giapponese Superdoll Rikachan. Da quel momento è nato un rapporto di fiducia sia con la Rai che con altre strutture, come Dynit (allora Dynamic Italia), SKY, Rai Sat Ragazzi e tante altre… un rapporto che ancora oggi, fortunatamente, resiste alla grande!
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uanto è stato arduo il cammino verso la ribalta? Ribalta è un parolone… ottenere visibilità in un settore nel quale lavoriamo relativamente in pochi non è un grande merito! Comunque, volendo assecondare la tua domanda, direi che non è stato (e non è tuttora) semplicissimo. L’aspetto più complicato paradossalmente non è quello professionale ma l’anima amatoriale che ancora ci muove. Mi spiego: casualmente i Raggi Fotonici sono i primi autori di sigle che arrivano direttamente dal mondo dei fan dell’animazione. Chi ci ha preceduti, seppure con una professionalità e delle capacità tecniche che oggi ci sono di esempio, affrontava la realizzazione di una sigla come un qualunque lavoro. Spesso erano professionisti e musicisti affermati che nei ritagli di tempo si prestavano a quello che allora era un genere di “serie B”, la sigla TV. Noi, come musicisti, siamo generazionalmente cresciuti a “pane e Mazinga” e quindi abbiamo affrontato questo lavoro con un entusiasmo e un rispetto per le sigle TV che credo non abbiano precedenti. Ciò potrebbe sembrare un vantaggio, mentre invece costituisce il nostro più grosso limite.
Ancora troppo spesso ci arrabbiamo quando per esigenza di marketing il nostro lavoro subisce modifiche, quando la serie per cui scriviamo la sigla viene censurata, quando logiche politiche ci impongono aggiustamenti nel testo o nella musica; e, credimi, capita di frequente. Insomma, la più grossa difficoltà è trovare un compromesso tra la nostra assoluta voglia di creare sigle belle e la cruda verità di aver fatto di ciò un mestiere. Per il momento, comunque, direi che anche in questo siamo stati fortunati, vincendo quasi sempre le battaglie contro funzionari TV e supervisori per far valere le nostre ragioni.
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a vostra carriera è costellata da numerose collaborazioni; l’ospite che più incuriosisce è di certo il “divino” Otelma. Nel 1999 ci era venuta voglia di giocare e abbiamo registrato un disco volutamente trash. In quegli anni eravamo spesso inviati speciali oppure ospiti a Uno Mattina, su Rai Uno, e indossavamo dei costumi da supereroi, con la calzamaglia e il mantellino. Siamo partiti dai nostri costumi per sviluppare l’idea centrale di quel disco, dal titolo Supereroi. Alla base del CD
Musica: Raggi Fotonici
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Musica ANIME di Daitarn 3. Di un brano originale che avevo scritto appositamente per il CD, sempre con Otelma & Co., realizzammo anche un videoclip che per nostra fortuna non è mai uscito… troppo trash.
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c’era infatti una provocazione: noi Raggi Fotonici − supereroi di un altro pianeta − ci proponiamo come difensori dell’umanità fianco a fianco con gli eroi che il mondo attualmente ha in circolazione, quelli che questo mondo si merita… E così si sono lasciati coinvolgere in questo nostro gioco provocatorio “terrestri” del calibro del Divino Otelma, della pornostar Jessica Rizzo, Kim (allora cantante dei Cugini di Campagna), Gabriele Paolini (il disturbatore televisivo, quello che sta sempre dietro agli inviati dei telegiornali) ma anche amici come Gianni Ippoliti, Stefano Disegni, Tony Esposito, Douglas Meakin (voce storica dei cartoon anni Ottanta con i Superobots e i Rocking Horse) e tanti altri. Nel CD il Divino Otelma ha duettato con me in una cover de La canzone di Paul e Nina, con Jessica Rizzo, Tony Esposito e Kim in una buffissima versione di Heidi e prestando la voce al computer
n bel giorno siete diventati anche personaggi dei fumetti; cosa si prova a ritrovarsi eroi cartacei? Ormai siamo entrati talmente nella parte che ci è sembrato quasi naturale. Nel 2000, Enrico Galli, amico e disegnatore che allora lavorava in Italia per I Digimon, realizzò un fumetto che vedeva i Raggi Fotonici protagonisti di azioni da veri eroi contemporanei, storie di impegno animalista, antirazzista, ambientalista. Ma in effetti siamo anche andati oltre… Tra il 2003 e il 2004, su Music Box, canale musicale di SKY, è andata in onda la trasmissione Cosplayers, condotta da me con la partecipazione in studio dei Raggi Fotonici, la quale ci vedeva comparire nella sigla in versione cartone animato. Quella sì che è stata una bella soddisfazione. Dopo aver prestato per anni la voce ai cartoni, per una volta i cartoon ci prestavano il corpo… sballosissimo!
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l fenomeno cosplay in Italia è in crescita; cosa ne pensate? Tutto il bene possibile, ovviamente. Noi stessi veniamo da quel mondo, dalle fiere, dai costumi cuciti a mano. Il fatto di aver trasformato una passione in una professione oggi ci rende quasi dei miracolati che, proprio per questo, non si dimenticano da dove vengono. La passione è sempre una grandissima cosa e anima oggi migliaia di ragazzi che hanno sempre più luoghi dove incontrarsi, sempre più stimoli e sempre più occasioni per confrontarsi. Da nerd sfigati, i cosplayer
I Raggi Fotonici al gran completo: La Donna Visibile, Ice Woman, Capitan Fotonik, Super Attak, Sbaramazzo Vincenzo
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Musica: Raggi Fotonici
ANIME Capitan Fotonik
oggi fanno opinione, sono un fenomeno di costume dignitosissimo, rendono colorate e divertenti anche le più brutte fiere del fumetto in giro per la penisola; come non pensare quindi tutto il bene possibile dei cosplayer e della passione che li muove?
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opo aver tanto parlato di lavoro, vi concedo un attimo di tregua… passiamo al personale! Qual è il cartone animato che vi ha segnato l’esistenza? Ognuno di noi ovviamente ha il suo. Chi Jeeg Robot d’Acciaio, chi Candy Candy… ma quello che certamente ci unisce tutti è I Simpson. Nonostante sia un cartone americano, non giapponese come piacciono a noi, e una serie che non appartiene alla nostra infanzia, ad oggi è la più grossa miniera di citazioni e di spunti esistenziali che abbiamo… Simpson forever!
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iete molto attivi per le buone cause, soprattutto per la PETA (People for the Ethical Treatment of Animals)… Se i cartoni animati ci hanno insegnato qualcosa, questo qualcosa è proprio che il Bene vince sul Male, che l’amicizia e la lealtà sono valori imprescindibili, che la Terra e la Natura sono un bene assoluto, che i deboli vanno difesi contro i soprusi. A forza di lavorarci sopra, i cartoni animati ci hanno forse dato alla testa, ma ormai crediamo davvero che avere la possibilità di fare qualcosa, anche pochissimo, e non farlo sia un
autentico delitto. Il nostro lavoro ci consente di godere di un minimo di credibilità in alcuni ambienti; e allora, quando è possibile, cerchiamo di portare avanti ciò in cui crediamo. Per gli Animalisti Italiani e la PETA abbiamo portato in giro molti live, abbiamo partecipato a manifestazioni ambientaliste e un paio di anni fa abbiamo anche realizzato il brano Vivo in una Gabbia, sigla dello spot di comunicazione sociale contro l’abbandono estivo degli animali, andato in onda sia su RAI che su Mediaset. Di questa canzone abbiamo anche pubblicato il CD singolo i cui proventi sono stati destinati totalmente a campagne animaliste.
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razie per il tempo che ci hai dedicato! Un’ultima curiosità: sul vostro sito (www. raggifotonici.it) accennate a un musical... puoi darci qualche anticipazione riguardo questo progetto? Sì, è il nostro sogno nel cassetto, il progetto che da tantissimi anni stiamo perfezionando e tentando di mettere in piedi. Si tratta di una commedia musicale il cui testo è scritto a quattro mani da me e dal doppiatore e direttore di doppiaggio Fabrizio Mazzotta (I Puffi, I Simpson, Atlas Ufo Robot, doppiatore di Eros in Pollon, ecc.) mentre le musiche originali sono dei Raggi Fotonici; ma per ora è prematuro parlarne. Ovviamente al momento giusto sarete i primi a essere contattati. Promesso! n Valentina Summa
Musica: Raggi Fotonici
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OVA
OVA
ANIME
TEKKEN The Animation (Tekken - K. Sugishima, 1998) di Leonardo Colombi
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ekken è un videogioco prodotto da Namco (una delle principali aziende operanti nel settore su scala mondiale) che inizialmente è stato distribuito nelle sale giochi e poi diffuso anche per Sony PlayStation. Si tratta di un “picchiaduro”, ovvero un videogame che permette di selezionare un personaggio caratterizzato da un proprio stile di lotta, con cui combattere corpo a corpo contro tutti gli altri personaggi disponibili, un incontro dopo l’altro fino al duello finale, naturalmente con la possibilità di coinvolgere amici in queste appassionanti sfide (che talvolta, oltre ai momenti di divertimento, non mancano di regalare qualche attimo di vero e proprio astio nei confronti del rivale). Dal lontano 1994 − data del primo rilascio − ad oggi sono state proposte al pubblico molte versioni del videogame, ciascuna contraddistinta da una veste grafica via via migliorata e da un numero di personaggi che cambiava in continuazione a seconda degli sviluppi della storia. I combattenti presenti in Tekken sono infatti i partecipanti all’omonimo torneo organizzato dalla Mishima Conglomerate (una mega multinazionale con ramificazioni ovunque, particolarmente potente, influente a livello planetario), al quale prendono parte i migliori combattenti del globo, ciascuno desideroso di conquistare il titolo di “The King of Iron Fist Tournament”, assieme a un cospicuo premio in denaro. Inutile dire che il videogioco ha conquistato un successo strepitoso divenendo una pietra miliare della storia dei picchiaduro, al pari di Street Fighter II e Mortal Kombat, contribuendo soprattutto all’affermarsi dei giochi con grafica tridimensionale (come Virtua Fighter e Soul Calibur) rispetto a quelli 2D che rappresentavano lo standard fino alla metà degli anni Novanta.
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OVA: Tekken - The Animation
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Scheda
Titolo originale: “Tekken” - 鉄拳 Data di uscita: 21 gennaio 1998 Dal videogioco: NAMCO Fighting Game TEKKEN SERIES Regia e storyboard: Kunihisa Sugishima Sceneggiatura: Ryota Yamaguchi Character design: Kazuaki Yanagisawa Animazioni: Akira Kasahara, Ayao Watanabe, Eiji Ando, Kazuhiko Eguchi, Kenji Kuroyanagi, Kazuhiro Oesa, Manabu Imura, Kazuhiro Sakakura, Kinami Sakurai, Seigo Kaneda, Shinichi Takahashi, Shuji Nakanishi, Tamotsu Ikeda, Yashuhiro Okuda, Yoshitaka Yasuda, Yukiko Miyagi Controllo: Shinji Watanabe, Jun Sawamura, Miyake Chimori Intercalatori animazione: K. Sakurai, K. Ogata, A. Kurata, S. Kubota, K. Tsuchiya, A. Machida, M. Watanabe, N. Sakuma, I. Okawara, K. Kosaka, N. Arikawa, I. Ota, Nishima, K. Jatama, N. Kojima, N. Suzuki, I. Kodama, Y. Sato, K. Ikeda, M. Hidaka (Need), K. Takahashi, M. Tsuboi, H. Kuwata, A. Miyaki (Nakamura Production) Direzione animazioni: Masaki Kannan Direzione colori: Shinji Matsumoto Coordinazione colori: Masao Fujiki Colorazione digitale: R. Ueno, T. Uchie, M. Miyamoto, K. Oda, M. Fujiguro, N. Fujita, K. Suzuki, N. Kitamura, T. Iyama, A. Kawashima, M. Iwamoto, N. Arai,
Y. Koizumi, T. Ikeda (Digimarc Corporation) Direzione fondali: Mitsuki Nakamura Coordinazione fondali: Satoshi Miura, Koki Nagayoshi Fondali: N. Arikawa, N. Nishima, Y. Sato, K. Katama, N. Kojima, M. Watanabe, N. Suzuki, I. Kodama, K. Ikeda, M. Hidaka Design Office Newman Effetti speciali in CG: Masakazu Uehara Direzione digitale: Yoshihisa Oyama, Shinya Kondo Montaggio video: Tokyo Development Direzione suono: Kazuhiro Wakabayashi Mixing: Makoto Uchida Effetti sonori: Takahisa Ishido Musiche: Kazuhiko Yoyama Canzone di chiusura: “Hero” eseguita da Tsunami (Sony Records) testi di Tsunami musiche di Tsunami/Fumie arrangiamenti di Masao Akashi Produttori: Koji Honda (direzione), Tomiyo Hiruta, Ken Kindaichi, Yumiko Yasujima, Yoshimasa Mori, Akira Saigoku Produzione animazioni: Studio DEEN, direzione Masahiro Toyozumi Produzione: Namco Ltd. - Ascii Corp. in collaborazione con NAMCO LTD - Tekken Project, NAMCO LTD - Consumer Sales Division, Foursome Co. Ltd, Ascii Corporation, Sony Music Entertainment (Japan)
L’anime Sull’onda del successo ottenuto dal videogioco e, anzi, per amplificarlo maggiormente, nel 1998 è stata realizzata una trasposizione animata: Tekken - The Animation. L’opera, della durata di 60 minuti circa per la regia di Kunihisa Sugishima, è distribuita in Italia dal 2002 da Dynit in una versione costituita da due parti di mezz’ora ciascuna. La storia ricalca quella del secondo episodio del videogame e si concentra soprattutto su alcuni dei personaggi del gioco, sebbene praticamente compaiano tutti. L’inizio riporta in flashback un ricordo d’infanzia della bella poliziotta Jun Kazama, che da bambina si era trovata casualmente ad assistere a un duro confronto tra Heihachi Mishima, capo della Mishima
e leggenda vivente nel campo delle arti marziali, e Kazuya, suo figlio. Dopo un discorso sull’improduttività di sentimenti quali affetto e compassione rispetto all’ambizione di divenire il più forte combattente sulla faccia della Terra, Heihachi pone drasticamente alla prova la tempra del figlioletto scaraventandolo giù da un dirupo. Sopravvissuto alla caduta, grazie anche all’influsso negativo di un demone che contribuisce ad amplificare l’odio che il giovane cova nell’animo, Kazuya dichiara vendetta al padre e decide di crescere con l’unico obiettivo di ucciderlo. La storia è ambientata circa 16 anni dopo quell’episodio. È indetta una nuova edizione del Tekken, presso una lussureggiante isola tropicale di proprietà della Mishima; Heihachi fa pervenire un invito a
OVA: Tekken - The Animation
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OVA ANIME relegati ad un ruolo minore: la pellerossa Michelle, le due sorelle killer Nina e Anna Williams, il dottor Boskonovitch, King, Yoshimitsu, Paul Phoenix e Lee Chaolan. Quest’ultimo, anch’egli figlio di Heihachi, è in realtà il coordinatore del progetto ALEX (di cui il Tekken rappresenta una sorta di copertura), un esperimento per la creazione di dinosauri geneticamente modificati con cui precipitare il mondo nel caos. È proprio per indagare su questo piano criminale che Lei e Jun decidono di prendere parte al torneo; più il primo che la seconda, a dir la verità, dal momento che Jun, innamorata di Kazuya e determinata a salvarlo dall’odio e dal rancore che lo dilaniano, si troverà costantemente impegnata a intromettersi nello scontro tra padre e figlio, il vero centro di gravità delle vicende.
ciascuno dei migliori lottatori del mondo. Tra questi figurano suo figlio Kazuya, la stessa Jun Kazama, Lei Wu Long, agente di polizia di Hong Kong, e Jack-2, un prototipo di cyborg per utilizzo bellico che si fa accompagnare da una bambina. Oltre a questi protagonisti, fanno la loro comparsa anche altri personaggi del videogame, ma per lo più
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Considerazioni Seppur io abbia apprezzato i videogiochi della serie e, di conseguenza, già conoscessi personaggi e alcuni aspetti della storia, la visione di Tekken - The Animation non mi ha certamente entusiasmato. è nulla più che una carrellata, superficiale e veloce, di situazioni e personaggi che non regalano particolari emozioni, del tutto mancante di coinvolgimento e di tensione. Chi nemmeno conosce il videogame si trova, di fatto, ad assistere a una successione poco comprensibile di eventi e combattimenti che si dimenticano in fretta. A livello visivo, poi, tutto si assesta su livelli ordinari, in linea con le produzioni di quegli anni. Probabilmente, la scelta di condensare la narrazione in soli 60 minuti ha giocato a sfavore della qualità: senza dubbio, sviluppare trama e approfondimento di personaggi in un numero maggiore di episodi avrebbe contribuito al confezionamento di qualcosa di più significativo e coinvolgente. Ad esempio come è stato fatto per le serie animate di Virtua Fighter e Street Fighter II Victory, in cui tutto si svolge nell’arco di circa una trentina di puntate. In conclusione, Tekken - The Animation non rappresenta certamente nulla di imperdibile nel vasto mondo dell’animazione giapponese. Se però avete amato il videogame, ecco, in quel caso potreste valutare se investire un’ora del vostro tempo per visionare l’anime o se dedicarla invece a qualche altra partita con la PlayStation, magari in compagnia dei vostri amici. Fossi in voi, comunque, propenderei per la seconda soluzione. n Leonardo Colombi
OVA: Tekken - The Animation
ANIME Kazuya Mishima Straordinario lottatore, figlio di Heihachi Mishima. Quand’era bambino, per mettere alla prova le sue doti fisiche e caratteriali, suo padre lo gettò da una rupe. Sopravvissuto miracolosamente alla caduta, ma cresciuto divorato da un odio implacabile verso il genitore, Kazuya partecipa al Tekken proprio con l’obiettivo di ucciderlo.
Jun Kazama Erede della scuola Kazama di combattimento Kobuto, e agente della WWWC, un’organizzazione che si occupa di protezione ambientale. Viene incaricata di partecipare al Tekken per investigare sugli esperimenti di ibridazione condotti dalla Mishima Conglomerate. Durante il torneo incontra Kazuya, conosciuto da bambina.
Lei Wulong
Lee Chaolan
Poliziotto di Hong Kong, esperto di kung-fu, partecipa al Tekken per poter indagare sugli esperimenti segreti condotti dalla Mishima.
Figlio adottivo di Heihachi e fratellastro di Kazuya. è un criminale senza scrupoli che conduce loschi esperimenti con dinosauri clonati.
Heihachi Mishima Padre di Kazuya e spietato capo delle industrie Mishima. Noto anche come formidabile combattente, è lui l’organizzatore del Tekken.
Jack-2 Robot dotato di intelligenza artificiale. Partecipa al Tekken per poter avvicinare Boskonovich, l’unico in grado di curare la piccola Jane.
Anna Williams
Nina Williams
Crudele killer amante di Lee. Durante un combattimento contro la sorella Nina, finisce vittima di uno dei feroci dinosauri clonati.
Killer anch’essa, come l’odiata sorella Anna, viene incaricata da Lee di eliminare Kazuya, ma i suoi ripetuti attentati falliscono miseramente.
Dottor Boskonovich Scienziato della Mishima, creatore di Jack-2. Grazie al sacrificio del robot, riesce a fuggire dall’isola insieme a Lei e a Jane.
Michelle Chang Indomita combattente americana in cerca di vendetta. Partecipa al torneo per uccidere Heihachi, responsabile della morte di suo padre.
Ganryu
Bruce Irwin
Colossale lottatore di sumo. Nonostante la sua mole imponente, durante il Tekken viene battuto dall’esile ma tenace Michelle. Jane
Peso massimo, campione mondiale di kickboxing e sgherro di Lee Chaolan. Battendo lui, Jack-2 si guadagna l’ingresso nel torneo. Direttore WWWC
La bambina malata che Jack-2 protegge. Il robot, per poter avvicinare il dottor Boskonovich da cui farla curare, finge di partecipare al Tekken.
La WWWC è un’organizzazione che si occupa di reati ambientali. Indaga sulla Mishima in seguito al ritrovamento di resti di dinosauro clonato.
Operatrici
Robot
Alle operatrici della sua base segreta, Lee Chaolan affida il controllo dei Bio commando Alex, i suoi micidiali dinosauri invisibili.
La difesa della base segreta di Lee è affidata a dei guardiani robot, mezzi potenti ma privi dell’intelligenza artificiale che caratterizza Jack-2.
OVA: Tekken - The Animation
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Cinema
Cinema
ANIME
ESCAFLOWNE
(Esukafuroone - K. Akane, 2000) di Antonio Tripodi
N
el 2000, a quattro anni di distanza dall’uscita della serie televisiva I Cieli di Escaflowne, le vicissitudini di Hitomi su Gaea sono state rivisitate nel lungometraggio animato Escaflowne. La storia è piuttosto differente: Hitomi, una ragazza sola e introversa, viene trasportata sul pianeta di Gaea ritrovandosi all’interno dell’Escaflowne, uscita dal quale incontra Van, Allen e la loro compagnia in lotta contro il Clan dei Draghi Oscuri comandato da Folken; quest’ultimo manda il fido Dilandau a rapire la ragazza, riconosciuta come Dea delle Ali, ovvero colei che può risvegliare l’Escaflowne e guidare il destino di Gaea. Van la libera, e ripara con lei ad Adon, la terra di cui non aveva potuto diventare re a causa del tradimento del fratello Folken. In seguito, grazie al potere di Hitomi di evocare l’Escaflowne, il giovane riesce a sconfiggere definitivamente Dilandau. La sete di vendetta rischia di tramutare Van in un mostro, ma il ragazzo rinsavisce grazie ai sentimenti che lo legano a Hitomi e, a bordo dell’Escaflowne mutato in Drago, giunge al cospetto di Folken per la resa dei conti. Nonostante la trama sia per forza di cose meno articolata rispetto a quella narrata nella serie televisiva, il lungometraggio risulta comunque avvincente e l’azione è ben bilanciata con le pause. Il film si presenta sostanzialmente come un fantasy, piuttosto convenzionale nei suoi punti chiave: un personaggio disadattato che si ritrova in un mondo parallelo dove è viceversa considerato un eletto, un pugno di irriducibili che tenta di ostacolare un despota, un’armatura magica collegata a doppio filo al visitatore terrestre e alla sua controparte “locale”. A dispetto di questa semplicità nella struttura, gli eventi non mancano di destare e mantenere viva l’attenzione dello spettatore, grazie anche al fatto che l’atmosfera è molto cupa e suggestiva, spesso velata da un alone di tristezza e mistero che mette in risalto sia l’epica lotta di Van che la personalità di Hitomi.
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Cinema: Escaflowne
ANIME Musiche: Yoko Kanno, Hajime Mizoguchi Direzione musiche: Yukako Inoue Tema principale: “Yubiwa”, testo di Yuho Uwasako Storia originale: musica e arrangiamenti di Yoko Kanno Hajime Yatate, Shouji Kawamori cantato da Maaya Sakamoto Regia generale: Altre canzoni: “SORA” Kazuki Akane, Yoshiyuki Takei (co-director) testo di Gabriela Robin Sceneggiatura: musica e arrangiamenti di Yoko Kanno Ryouta Yamaguchi, Kazuki Akane cantata da Maaya Sakamoto Consulente per lo script: Aya Yoshinaga “SORA -- at the bar” Character design: Nobuteru Yuuki testo di Gabriela Robin Mechanical design: Kimitoshi Yamane musica e arrangiamenti di Yoko Kanno Direzione dell’animazione: Nobuteru Yuuki cantata da Midori Art director: Junichi Higashi Produzione musiche: Victor Entertainment, Direzione fotografia: Kazunori Okeda Shiro Sasaki, Toshiaki Ota Montaggio: Shigeyuki Yamamori, Yoshihiro Akiho, Hiroaki Itabe, Chieko Takiguchi, Tohei Ito Produzione digitale: Satellite Set design: Shingo Takeba Coordinatori di produzione CG: Design e setting colori: Shihoko Nakayama Hiroyuki Akiyama, Masayuki Narai Assistenti design colori: Yoshiko Kishi, Direzione CG: Koichi Shimomura Takako Matsumoto, Yoshie Murakami Direzione 2D CG: Koji Takahashi Supervisione animazioni chiave: Produzione animazioni: BONES Hiroshi Ousaka Produttori: Masuo Ueda, Masahiko Minami, Mechanical animation: Hirotoshi Sano Minoru Takahashi, Toyoyuki Yokohama Controllo animazioni: Koichi Iwanaga Assistenti produttori: Katsumichi Umezawa, Assistenti controllo animazioni: Akemi Suyama, Cho Yuchul Teizo Shimada, Keiko Anno, Minoru Okabe Assistenti di produzione: Sakiko Kitahata, Direzione del suono: Toshiki Kameyama Ayumi Yamamoto, Junko Suenaga Effetti sonori: Coordinatori di produzione: Sound Box, Shizuo Kurahashi, Masaki Omino Shinobu Amamiya, Kazuhiko Tamura, Mixaggio sonoro: Makoto Uchida Kunihiko Okada, Taiga Todoroki Effetti speciali: Escaflowne partners: Marix, Toshio Hasegawa, Yutaka Hoshiba Takayuki Yoshi (Sunrise), Ryouhei Tsunoda Fotografia digitale: (Bandai Visual), Min Ki Kim (Starmax Co. Chiaki Takahashi, Yuka Banzawa, Chie LTD), Tae Sub Chon (A.F.D.F.), Ken Iyadomi Nakamura, Naomi Takahashi, Chinami (Bandai Entertainment INC.) Matsubara, Mihoko Hosoe, Tomoko Ota Produzione: Sunrise, Bandai Visual L’inevitabile confronto con la serie può mettere in evidenza quelli che sono i limiti di questo lungometraggio, oltre alla succitata semplificazione della trama: di quelli che erano stati i vari elementi portanti (le carte di Hitomi, i robot, la Macchina di Modifica del Destino), alcuni sono assenti e altri sono presentati solo di sfuggita; delle tematiche rimane ben poco, essendo tutto ricondotto al (classico) contrasto tra la catartica distruzione del mondo e la sua conservazione; infine, dei molti personaggi, soltanto Hitomi e in
Scheda
Titolo originale: “Esukafuroone” エスカフローネ Prima proiezione: 24 giugno 2000
misura minore Van sono in qualche modo sviluppati e approfonditi, mentre gli altri rimangono appena abbozzati (Millerna diventa addirittura una guerriera seguace di Allen). Meglio evitare di rammaricarsi vedendo Allen e Dilandau confinati nel ruolo di semplici combattenti, e semmai apprezzare, ad esempio, il fatto che Folken, pur avendo perso quasi del tutto il suo spessore psicologico, è rivestito di un’epica statura drammatica nella sua disperata solitudine.
Cinema: Escaflowne
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Cinema ANIME
Dall’alto: 1) triste e apatica, Hitomi sogna di fuggire dalla sua frustrante realtà; 2) all’arrivo su Gaea, la giovane incontra la colorita compagnia di Allen; 3) Van, guardiano dell’Escaflowne, e il fratello Folken (4), suo mortale nemico.
A Girl in Gaea
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Anche la ferocia di cui Van dà prova già nella prima scena è pressoché sconosciuta al personaggio della serie televisiva. Hitomi poi è trasognata, in fuga dalla realtà, disillusa, cinica ed estranea alla vita; per lei l’arrivo su Gaea corrisponde in qualche modo a un ciclo di morte e rinascita. In seguito, il personaggio evolve scoprendo l’altruismo e la solidarietà verso Van (piuttosto che l’amore) come rimedi all’egoismo e alla solitudine, mentre il ragazzo accetta e ricambia l’affetto di lei rinunciando all’odio e alla vendetta. Questo lungometraggio può vantare (e neanche questo deve troppo sorprendere) una realizzazione grafica superiore, soprattutto nei dettagli, nelle animazioni e nel disegno dei personaggi (che sono più “adulti”, più credibili). Altre sono poi le novità che diversificano e arricchiscono il film: i poteri psicocinetici di Van, Folken e Dilandau (ormai di moda negli anime recenti), il ruolo più in evidenza ricoperto dalle razze metà umane e metà animali (come nell’importante scena in cui Jajuka reca con sé il cadavere di un altro umanoide sacrificato nella guerra degli uomini), ma soprattutto la radicale e dolorosa fusione con l’Escaflowne a cui è costretto Van (e parimenti Dilandau col proprio robot). Il mezzo meccanico infatti (molto più magico che tecnologico), pur mantenendo il suo cuore pulsante, può muoversi solo se il sangue del pilota viene prelevato e infuso nel suo corpo corazzato. La storia personale di Hitomi è inserita quindi nella vendetta di Van contro Folken, che ha al suo centro, oltre alla ragazza, il mitico Escaflowne. Nonostante il possente robot non compaia sulla scena che due volte soltanto, la sua caratterizzazione è tale da renderlo protagonista: essere senziente, biomeccanico, legato a un oggetto magico, circondato dal mistero di antiche leggende e dall’impressione che suscita il suo potere, ad esso e alla volontà delle uniche persone che possono guidarlo (Hitomi e Van) è legato il destino di Gaea. Nella soluzione positiva del finale, l’Escaflowne, tramutato in Drago, sembra quasi mostrarsi come il dio protettore del pianeta. Infine, una buona parte dell’atmosfera cupa e drammatica (ancora più terribile in alcune sanguinose scene di violenza) che aumenta l’impatto e la suggestione della storia – in confronto al tono generalmente più edulcorato della serie – è dovuta al personaggio di Folken: spietato tiranno, feroce sterminatore della sua stessa famiglia, persecutore del fratello, mago ingannatore che alterna castighi e lusinghe, determinato a trascinare il mondo con sé nel funesto compimento della sua cupio dissolvi; la sua fine, frutto del rancore che egli stesso ha seminato, è l’espiazione necessaria a salvare Gaea dalla distruzione e il cuore di Van dall’odio. n Antonio Tripodi
Cinema: Escaflowne
ANIME Hitomi Kanzaki
Van Fanel
Apatica e disillusa, viene evocata su Gaea come “Dea delle Ali”. Al fianco di Van, maturerà fino a determinare il destino del pianeta.
Erede della stirpe dei Draghi, cerca il potere dell’Escaflowne per vendicarsi del fratello Folken, ma l’arrivo di Hitomi cambierà i suoi piani.
Allen Schezar
Folken Fanel
Abilissimo spadaccino capo di una banda di fuorilegge, aiuta Van nella lotta contro Folken nonostante la rivalità del giovane nei suoi confronti.
Il crudele tiranno di Gaea; tesse un’oscura trama al centro della quale si trovano Hitomi e l’Escaflowne, chiavi della dissoluzione del mondo.
Millerna
Sora
Avvenente guerriera della compagnia di Allen; premurosa verso Van e Hitomi, cerca di aiutare quest’ultima ad affrontare la sua nuova situazione.
Maga superstite di un antico popolo, unisce il suo destino a quello di Folken ma, diversamente dal tiranno, nel suo cuore alberga la speranza.
Merle
Dilandau
Giovane donna-gatto affezionata a Van; impertinente ma leale ospite di Allen, fa amicizia con Hitomi durante il viaggio attraverso Gaea.
Per volere di Folken, nelle vene del sanguinario soldato dei Draghi Oscuri scorre il sangue, benché impuro, della stirpe dei Guardiani.
Gaddes
Jajuka
Fedele luogotenente e consigliere di Allen Schezar; è insuperabile nell’uso dei coltelli e nel maneggio delle due spade.
Uomo-cane dalla vista acutissima, serve fedelmente Dilandau, conscio dell’ineluttabile destino di morte che attende le razze umanoidi.
Uomo Talpa
Shesta
Le profezie su Gaea e la “Dea delle Ali” sono spesso narrate dal bizzarro indovino della carrozza di Allen, giullare della compagnia.
Tra i membri della squadra di Dilandau, possiede il potere magico di localizzare per telepatia qualsiasi persona anche a grande distanza.
Dryden
Nukushi
Ricco mercante della città di Torushina; mette in allerta Allen e Van riguardo le mire che Folken nutre sulla “Armatura del Drago”.
Abitante delle foreste, cattura Hitomi per ottenere da Folken la protezione per i suoi simili, ma finisce ucciso a tradimento da Dilandau.
Yukari Uchida
Escaflowne
Amica del cuore di Hitomi, cerca di starle accanto nonostante quest’ultima scivoli sempre più verso la solitudine e il risentimento.
La mitica Armatura dalle ali di Drago è la possente alleata nelle battaglie condotte da Van, nonché il dio che condiziona il destino di Gaea.
Cinema: Escaflowne
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Serie OVA
Serie OVA
ANIME
NIGHT WARRIORS
Darkstalkers’ Revenge (Vanpaia Hantaa - The Animated Series M. Ikeda, S. Ikeda, 1997) di Leonardo Colombi
I
l videogame - Tra le molte aziende che operano nel settore dei videogame, alcune hanno saputo conquistarsi nel corso del tempo un ruolo predominante sfornando prodotti di successo che, oltre a spopolare nelle sale giochi e nelle classifiche di vendita per PC e console, hanno ottenuto un buon utile anche con gadget, fumetti e serie animate. In alcuni casi arrivando addirittura a proporsi con trasposizioni cinematografiche. È il caso di CAPCOM, ossia la Kabushikigaisha Kapukon, storica azienda giapponese che opera nel settore video ludico già dalla fine degli anni Settanta e che ha saputo cavalcare il mercato proponendosi trasversalmente su più piattaforme: Sega, Nintendo, Sony, Microsoft, 3DO… Per ciascuna delle console proposte da questi marchi, CAPCOM è riuscita a offrire prodotti vincenti stringendo alleanze e redditizi accordi commerciali. Nomi come Street Fighter, Resident Evil, Ghost’n Goblins e Mega Man costituiscono di per sé un valido biglietto da visita, soprattutto tra coloro che sono stati adolescenti negli anni Ottanta e Novanta; ma ancor più efficace nel testimoniare la fama della CAPCOM è il fatto che Ryu, uno dei protagonisti della serie Street Fighter, sia considerato l’emblema dei videogame di genere picchiaduro. A questo filone, la cui dinamica di gioco consiste in una serie di combattimenti corpo a corpo, appartiene anche la serie “Darkstalkers”, che per certi versi ne rappresenta una sorta di evoluzione. La grafica e il design dei personaggi, infatti, si discostano molto da quelli dell’epoca – siamo a metà degli anni Novanta – basandosi su lineamenti e colorazioni in stile anime: un disegno morbido e variopinto che risulta maggiormente fluido e piacevole per gli occhi, sicuramente più vicino a quella della cultura manga cara all’esperienza quotidiana di tanti appassionati giapponesi. Oltre a questa caratteristica, poi ripresa da vari videogiochi sia della stessa
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Serie OVA: Night Warriors
ANIME Satoru Tazaki Coordinazione colori: Osamu Mikasa, Yuko Kanamaru, Katsushige Miyazaki Design di produzione: Hidetoshi Kaneko Design suono: Yota Tsuruoka Effetti sonori: Shizuo Kurahashi Regia: Registrazione: Tsutomu Asakura, Yukio Abe Masashi Ikeda, Satoshi Ikeda Musiche: Koh Otani Sceneggiatura: Tema di chiusura: “Trouble Man”, Satoshi Ikeda, Tatsuhiko Urahata testo di Andrew Gold Continuity: Sunao Katabuchi, Satoshi Ikeda musica di Eikichi Yazawa Basato sul videogame Night Warriors, cantato da Eikichi Yazawa di CAPCOM Produttore musiche: Toshiaki Ota Character design: Shuko Murase Direzione dell’animazione: Manager di produzione: Masahiro Otake Takafumi Hoshikawa, Hiroyuki Tanaka, Produttore animazioni: Masao Maruyama Hideki Takayama Produttore esecutivo: Masayuki Miyashita Direzione fotografia: Hitoshi Yamaguchi Produttori: Kenichiro Zaizen, Toshiki Onishi Montaggio: Harutoshi Ogata, Yukiko Ito, Produzione animazioni: Madhouse, Satoru Terauchi in associazione con D.R. Movie, J.C.F. Supervisione animazioni chiave: Produzione: Amuse Video, Digital Media LAB Shuko Murase, Yuzo Saito, Masao Nakada, su licenza CAPCOM
Scheda
Titolo originale: “Vanpaia Hantaa - The Animated Series” ヴァンパイアハンター THE ANIMATED SERIES Prima uscita: 21 marzo 1997
CAPCOM che di altre aziende del settore, un’altra scelta che ha determinato il successo di questa serie è stata l’introduzione di personaggi fantasy. A differenza dei vari karateka, lottatori di wrestling, samurai o teppisti presenti in altri videogame, in Darkstalkers è possibile selezionare zombi, vampiri, licantropi, mostri… insomma creature delle tenebre appartenenti alla mitologia fantasy e horror e proposti con varianti decisamente accattivanti.
L’
anime - Sfruttando il successo conquistato dai quattro videogame della serie Darkstalkers, nella seconda metà degli anni Novanta la statunitense DiC realizzò una serie animata di 13 episodi basata sui personaggi del gioco. Sebbene il risultato non avesse incontrato i favori del pubblico, CAPCOM ha continuato a credere nel progetto concedendo in licenza ad Amuse Video nel 1997 la produzione di una mini serie di 4 OVA ispirata al secondo capitolo della saga, ovvero Night Warriors: Darkstalkers’ Revenge, affidandosi alla Madhouse, noto studio di animazione giapponese tra le cui opere si annoverano Trigun, Alexander, Metropolis. Il risultato, nettamente superiore in qualità rispetto alla serie americana, ottenne un riscontro di pubblico decisamente migliore. Nulla di particolarmente ecla-
Serie OVA: Night Warriors
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Serie OVA ANIME
tante, va detto, ma confezionato con veste grafica più che apprezzabile e sorretto da molte scene che richiamano gli scontri del videogame, con tanto di mosse ed effetti speciali in stile arcade. La storia è ambientata in un mondo senza tempo in cui l’umanità vive soggiogata dalla presenza delle creature delle tenebre, i darkstalker appunto. L’ambizioso vampiro Demitri Maximoff si è infatti imposto sulla popolazione terrestre proclamandosi tiranno, e intende ora muovere all’assalto del Regno delle Tenebre per conquistarne il trono; impresa che tuttavia gli viene ostacolata da Morrigan, seducente quanto letale succube, esponente della casata regnante. In questa disputa si intromettono misteriose entità robotiche che, destatesi da un sonno millenario, iniziano a seminare distruzione rispondendo al volere della creatura luminosa Pyron, il cui fine è quello di eliminare gli esponenti più potenti e pericolosi della razza dei darkstalker. Tra questi ultimi figura anche un certo Donovan,
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metà uomo e metà creatura delle tenebre, dotato di una potenza senza pari ma al contempo tormentato nell’animo dalla propria natura ibrida. Giocando con questi elementi la serie animata propone una varietà di scontri, alcuni epici, altri più sbrigativi o a tratti addirittura ridicoli: è il caso degli esseri umani che tentano di contrastare i “soli artificiali” di Pyron, in pratica un compendio di stupidità in battaglia. L’intreccio è per lo più costituito da sequenze in cui viene definito il rapporto esistente tra le possenti creature delle tenebre e gli umani, spesso e volentieri condite da lunghi monologhi che ottengono, purtroppo, l’effetto di appesantire la narrazione e di far apparire caricaturali personaggi e trama. Se, da un lato, la riflessione sul valore autentico della vita e sull’importanza dei singoli individui ha un significato nobile, dall’altro diventa pressoché grottesco in un contesto in cui tutto è finalizzato al combattimento, alla violenza e alla sopraffazione.
Serie OVA: Night Warriors
ANIME Demitri Maximoff Vampiro supremo che, sconfitto nel Regno delle Tenebre, si è autoproclamato signore della Terra. è uno dei darkstalker più potenti.
Donovan Baine Metà uomo e metà creatura delle Tenebre, il muscoloso Donovan conduce una solitaria esistenza votata allo sterminio dei darkstalker.
Morrigan Aensland Avvenente e volitiva, dotata di una potenza senza pari, Morrigan è una succube appartenente alla casata che governa il Regno delle Tenebre.
Felicia Donna-gatto girovaga; ama stare con gli umani, dai quali, diversamente dagli altri darkstalker, è benvoluta. Si esibisce in spettacoli circensi.
Mei-Ling
Hsien-Ko
Sacerdotessa impegnata nella caccia alle creature delle Tenebre; viaggia in compagnia della gemella Hsien-Ko.
Cacciatrice di darkstalker. Unendosi alla gemella Mei-Ling, può tramutarsi in una sorta di zombi vampiro dalle notevoli capacità belliche.
Amanda
Bishamon
Bimba di origini sconosciute che viaggia insieme a Donovan. Possiede un carattere introverso e poteri ESP di natura e portata misteriose.
Darkstalker dalle fattezze di armatura da samurai. Infesta un passo montano vicino a un villaggio presso cui si trova a transitare Donovan.
Madre
Raptor
Defunta sacerdotessa dotata di poteri straordinari; era la madre di Hsien-Ko e Mei-Ling, che da essa hanno appreso le loro tecniche di lotta.
Creatura delle Tenebre di tipo zombi; vive tra gli umani nascondendo la propria natura e conducendo un’esistenza da rockstar.
Mercante
Gallon
Commercia in antiquariato e oggetti stregati; ingaggia Donovan affinché gli porti l’Armatura delle Tenebre, animata dallo spirito Bishamon.
Nobile e saggio, Gallon (vero nome Jon Talbain) è un licantropo che compare nel terzo episodio, in soccorso a Felicia contro gli Huitzil.
Dottore
Maggiordomo
Cura e ospita Felicia dopo averla trovata ferita. In segno di riconoscenza, la donna-gatto combatte per proteggere il villaggio in cui egli vive.
Creatura delle Tenebre, devoto attendente personale di Demitri Maximoff; assiste il suo signore nell’ambizioso progetto di conquista.
Pyron
Huitzil
Enigmatica quanto bellicosa creatura di luce, che mira alla distruzione dei darkstalker e di tutte le creature che popolano la Terra.
Robot attivati da Pyron e usati per attaccare i darkstalker. Una volta rilevato l’intento distruttivo del loro padrone, gli si rivoltano contro.
Serie OVA: Night Warriors
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Serie OVA ANIME
I
n conclusione - Purtroppo, nonostante gli sforzi congiunti da parte di CAPCOM e Madhouse, restano molti i punti contestabili della trama, così come si avverte una mancanza di continuità tra i vari episodi che, in parte, danno l’impressione di rifarsi ad altro, a un pregresso relativo al primo capitolo della serie di videogame Darkstalkers. Le motivazioni stesse che animano i personaggi, seppure ribadite fino all’esasperazione, sono flebili e inconsistenti. Demitri sogna di conquistare il Regno delle Tenebre ma non è dotato di alcun esercito né appare un vero e proprio sovrano: non amministra, non governa, non ha alcun contatto con gli altri darkstalker e, soprattutto, non riesce a soverchiare Pyron. La provocante e sensuale Morrigan – vera e propria icona nel mondo hentai – appare alternativamente una donna decisa e bellicosa, affascinata dalla lotta, o fragile e desiderosa di fuggire da tutto. Analogamente, Pyron,
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da un comportamento tipico di divinità distaccata e onnisciente (della quale tra l’altro non vengono chiarite la natura e le origini) passa con disinvoltura a un atteggiamento violento e sconsiderato, addirittura diviene bersaglio primario dei robot che lui stesso ha attivato. L’unica caratterizzazione che in parte si salva è quella di Donovan, che possiamo considerare il protagonista morale, del cui passato vengono proposte alcune sequenze. Tuttavia, dal tormento interiore che genera la sua tragica ossessione (condurre una crociata personale contro le creature maligne) si finisce col prendere le distanze più che sentirlo come motore di simpatia – o antipatia. Tutti i suoi complessi verrebbero superati con un po’ di sano ottimismo e di vita “normale”: nessuno lo scambierebbe per ibrido, né tanto meno lo discriminerebbe come tale, se egli non trascorresse la maggior parte del tempo a mietere darkstalker nel corso di combattimenti sovrumani; tant’è che nel secondo episodio viene addirittura ingaggiato dagli abitanti di un villaggio per sconfiggere un mostro demoniaco. Oltre tutto stride la presenza, al fianco di questo eroe dall’indole autolesionista, di Amanda, introversa bimba dotata di poteri ESP, che lo accompagna ovunque proprio perché vorrebbe… allontanarsi da tutto e da tutti piuttosto che trucidarsi l’anima con nevrosi e drammi interiori! Altri personaggi proposti non hanno poi né il tempo né l’occasione per imprimersi nella memoria degli spettatori e, anzi, risultano protagonisti di sequenze poco significative ai fini della trama: è il caso dei darkstalker annientati da Pyron, della donna-gatto Felicia, che cerca l’integrazione con gli umani, o della rockstar zombi Lord Raptor. Già meglio approfondite risultano invece le sorelle Hsien-Ko e Mei-Ling, sedicenti cacciatrici di darkstalker che purtroppo hanno il vizio di continuare le drammatiche riflessioni di Donovan quando lui, finalmente, tace. In definitiva, i quattro episodi che compongono questo Night Warriors: Darkstalkers’ Revenge riescono nell’intento di pubblicizzare una serie di videogiochi di indubbio successo, ma senza avvincere né convincere. Una visione che si può quindi consigliare tutt’al più agli appassionati del videogioco o ai sostenitori più accesi della CAPCOM: a tutti gli altri, invece, la serie accenderà ben pochi motivi d’interesse (se non per le procaci forme di Morrigan…). n Leonardo Colombi
Serie OVA: Night Warriors
ANIME
Episodi # 01. Le Creature delle Tenebre
I
darkstalker, creature demoniache, sono dilagati sulla Terra. La maggior parte di essi tormenta e vessa i villaggi degli uomini, alcuni cercano invece l’integrazione, oppure lottano contro i propri simili per ristabilire l’ordine e la pace. Del tutto particolare è la posizione del potente vampiro Demitri Maximoff, il quale, cacciato dal Regno delle Tenebre, è intenzionato ora a ritornarvi in veste di conquistatore. Intanto, misteriose entità robotiche si destano da un sonno millenario iniziando un attacco sistematico proprio ai darkstalker.
# 02. Il Sangue delle Tenebre
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onovan Baine, per metà umano e per metà demone, vaga di villaggio in villaggio, dando la caccia ai darkstalker più pericolosi. Durante il suo peregrinare, si scontra con Bishamon, uno spirito che anima un’armatura demoniaca infestando un passo montano. Si tratta di un essere potente e crudele, per eliminare il quale vengono assoldate anche le cacciatrici gemelle Mei-Ling e Hsien-Ko. Nel frattempo, continuano le azioni di sterminio da parte dei robot Huitzil, e un misterioso essere infuocato fa la propria comparsa: Pyron.
# 03. Le Figlie delle Tenebre
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rosegue l’opera distruttiva da parte di Pyron e degli Huitzil che lui stesso ha scatenato, una lotta senza quartiere contro le creature che popolano la Terra, darkstalker ed esseri umani. Dopo essere sopravvissuto a stento al combattimento contro Bishamon, Donovan, tormentato dalla propria condizione di ibrido, si rimette in viaggio, accompagnato dalla piccola Amanda e dalle gemelle Mei-Ling e Hsien-Ko. Intanto i darkstalker Felicia e Gallon lottano per proteggere un villaggio dai terribili attacchi dei robot.
# 04. La Sconfitta delle Tenebre
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yron miete una vittima dopo l’altra tra i darkstalker, mentre Demitri Maximoff, Donovan Baine, la seducente succube Morrigan Aensland e gli esponenti più forti delle Tenebre gli si oppongono tenacemente con ogni mezzo a loro disposizione. Gli stessi Huitzil, divenuti consapevoli della minaccia che l’essere luminoso rappresenta per la Terra, gli si ribellano attaccandolo. Darkstalker e robot si coalizzano dunque contro un nemico apparentemente invincibile il cui fine ultimo sembra quello di estinguere ogni forma di vita.
Serie OVA: Night Warriors
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Fumetto FANTASY RACCONTO DI UN TATUATORE PROFESSIONISTA testi: Paolo Motta disegni: Remo Fuiano ringraziamenti a
Desirèe Boschetti, Fortunata Tozzi, Vanessa del Barba
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Fumetto: Racconto di un Tatuatore Professionista
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Fumetto: Racconto di un Tatuatore Professionista
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Fumetto FANTASY
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Fumetto: Racconto di un Tatuatore Professionista
FANTASY
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Fumetto: Racconto di un Tatuatore Professionista
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Fumetto FANTASY Intervista a MAURIZIO NORIS
I
nnanzi tutto un benvenuto a Maurizio Noris su Terre di Confine e un grazie per aver condiviso su queste pagine una delle sue opere: Orexis. Prima di cedere il posto alle splendide tavole del suo fumetto, approfittiamo di questo spazio per conoscere un po’ meglio l’autore e scoprire qualcosa di più sui suoi lavori e sui progetti in cui è coinvolto.
M
aurizio, parlaci un po’ di te: chi sei, cosa fai, dove vai? Ma soprattutto: perché? Posso dire di essere un ragazzo di 26 anni con la passione per la narrazione e il disegno, il quale, dopo aver frequentato liceo artistico e politecnico, ha iniziato a lavorare nel campo della grafica e del web-design. Il perché è abbastanza semplice: mi diverte farlo!
C
ome vivi la tua passione per la grafica ed il disegno? Leggendo il tuo curriculum e visitando il tuo sito web (http://www.maurizionoris.it/) si direbbe che tu riesca a coniugarla bene con le attività lavorative, oppure non è così? Al momento effettivamente è cosi, speriamo continui anche in futuro! In realtà ho sempre evitato di lavorare nel campo del fumetto, preferendo dedicarmi ad attività “parallele” come grafica e web. Questo perché il lavoro è per definizione soggetto a ristrettezze e compromessi che, quando amo particolarmente un progetto, digerisco a fatica. Meglio quindi che il fumetto resti un semplice hobby, prima che inizi ad odiarlo!
C
ome è nata l’idea di Orexis? Folgorazione sulla via di Damasco oppure anni di gestazione per poi dare alla luce il progetto? Un po’ ambedue le cose. Il mondo di Orexis è stato creato col tempo, a tavolino, frutto del desiderio di realizzare un progetto completamente mio, ma la trama vera e propria, l’anima del progetto, è nata improvvisamente, spontaneamente. Sono comunque passati quasi dieci anni da allora, e della cotta per quella biondina del liceo – musa inconsapevole di tutto ciò – ricordo ormai ben poco…
C
ome definiresti Orexis e cosa rappresenta per te? è un monologo: sono state delle domande a generarlo, e le risposte trovate ne costituiscono la trama. In altre parole, è la visione che ho della vita.
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L
o stile grafico di Orexis si stacca da quello tipicamente italiano della “scuola bonelliana” (Dylan Dog, Nathan Never…). Ti chiedo se è stata una decisione motivata o il frutto di contaminazione per via di letture e passioni fumettistiche. In quest’ultimo caso, quali? I primi fumetti che mi hanno colpito, per storia, dialoghi e disegni, sono stati quelli degli X-Men di Chris Claremont illustrati da Jim Lee, due assoluti maestri del genere: inutile dire che per molto tempo non ho fatto altro che tentare di emularli. Con il passare degli anni ho via via trovato un mio stile, ma custodisco tuttora quegli splendidi albi come dei veri e propri manuali tecnici. Ho “scoperto” la scuola bonelliana solo successivamente, ma seppur folgorato dal tratto di molti nostri artisti (Giorgio Trevisan, Corrado Roi, Bruno Brindisi, Milo Manara … solo per citarne alcuni), rimango maggiormente legato allo stile americano, più libero e agile nella composizione delle tavole.
Q
uali riscontri hai avuto da pubblico e critica per questa tua opera? In realtà non ho mai pubblicizzato particolarmente il mio lavoro… in dieci anni avrò mostrato Orexis solo a un paio di amici. Non sono mai pienamente soddisfatto del risultato finale, e continuo a rifare parti intere per via di questo o quel difetto (in media, direi che ogni tavola è stata ridisegnata almeno due volte). Ne consegue che l’opera non era mai abbastanza pronta per essere mostrata. Con Internet le cose sono parzialmente cambiate: ho pubblicato delle tavole per completare il mio portfolio web, spedendone qualcuna ai portali del settore. E ora ho addirittura uno spazio su Terre di Confine. Se ci saranno riscontri, direi che saranno i primi. Speriamo siano positivi!
O
ltre a Orexis, stai lavorando anche su altri progetti? Puoi “spoilerarci” qualcosa in merito? Disegnare Orexis occupa moltissimo del mio tempo libero, e ci vorranno almeno un paio di anni per completarlo. Il lavoro è una brutta bestia… sino a quando qualche ricca ereditiera non accetterà di mantenermi, sarò costretto a portare avanti un progetto alla volta! Ringrazio nuovamente Maurizio per la disponibilità e lascio ora la parola, se così si può dire, alle tavole di Orexis: buona visione! n Leonardo Colombi
Fumetto: Orexis - Il Fiore del Nulla - Prologo
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Fumetto: La Belle Dame sans Merci
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Fumetto: La Belle Dame sans Merci
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La Belle Dame sans Merci O what can ail thee, knight-at-arms, Alone and palely loitering? The sedge has wither’d from the lake, And no birds sing.
She found me roots of relish sweet, And honey wild, and manna dew, And sure in language strange she said - “I love thee true.”
O what can ail thee, knight-at-arms! So haggard and so woe-begone? The squirrel’s granary is full, And the harvest’s done.
She took me to her elfin grot, And there she wept, and sigh’d fill sore, And there I shut her wild wild eyes With kisses four.
I see a lily on thy brow With anguish moist and fever dew, And on thy cheeks a fading rose Fast withereth too.
And there she lulled me asleep, And there I dream’d - Ah! woe betide! The latest dream I ever dream’d On the cold hill’s side.
I met a lady in the meads, Full beautiful - a faery’s child, Her hair was long, her foot was light, And her eyes were wild.
I saw pale kings and princes too, Pale warriors, death-pale were they all; They cried - “La Belle Dame sans Merci Hath thee in thrall!”
I made a garland for her head, And bracelets too, and fragrant zone; She look’d at me as she did love, And made sweet moan.
I saw their starved lips in the gloam, With horrid warning gaped wide, And I awoke and found me here, On the cold hill’s side.
I set her on my pacing steed, And nothing else saw all day long, For sidelong would she bend, and sing A faery’s song.
And this is why I sojourn here, Alone and palely loitering, Though the sedge is wither’d from the lake, And no birds sing. n
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John Keats
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