Masterclass "Territories in crisis". Selected abstracts

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# 2 Territori nella crisi

Abstract selezionati per la masterclass


Progetto di ricerca: Progetto di ricerca: Politecnico di Torino, École Polytecnique Fédérale Politecnico di Torino, École Polytecnique Fédérale de Lausanne Coordinato Coordinato da: da: Prof. Cristina Bianchetti (DIST, POLITO) Prof. Cristina Bianchetti (DIST,

de Lausanne

POLITO)

Referente università partner:partner: Referente università Prof. Elena Cogato Lanza (LAB-U, EPFL) Prof. Elena Cogato-Lanza (LAB-U,

EPFL)

Gruppo di ricerca: Gruppo Armando di ricerca: Alessandro (DAD, POLITO), Grazia Brunetta (DIST, POLITO), Antonio De Rossi (DAD, Alessandro Armando (DAD, POLITO), Brunetta (DIST,Dario POLITO), Giovanni C POLITO), Alessandro Fubini (DIST, POLITO), PatriziaGrazia Lombardi (DIST, POLITO), Negueruela POLITO), Antonio De Rossi (DAD, POLITO), Alessandro Fubini (DIST, POLITO), Patri del Castillo (ENAC, EPFL), Luca Ortelli (LCC, EPFL), Luca Pattaroni (LASUR, EPFL), Giacomo Pettenati POLITO), Dario Negueruela (ENAC, Ortelli Luca Pattaro (SCUDO, POLITO), Dafne Regis (SCUDO, POLITO),EPFL), Angelo Luca Sampieri (DIST, (LCC, POLITO),EPFL), Giulia Sonetti (SCUDO, POLITO), Paola Viganò (LAB-U,POLITO), EPFL), Angioletta Voghera POLITO)POLITO), Angelo Samp Giacomo Pettenati (SCUDO, Dafne Regis(DIST, (SCUDO,

Giulia Sonetti (SCUDO, POLITO), Paola Viganò (LAB-U, EPFL), Angioletta Voghera (

progetto grafico - impaginazione: Agim Enver Kërçuku


QUESTIONI

I

MUTAMENTI NEL RAPPORTO TRA ECONOMIA E TERRITORIO

8

Biella. Vivacità minori Michele Cerruti But

8

Sassuolo. Metamorfosi del distretto Cristiana Mattioli

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Aubervilliers. Il riarticolarsi del rapporto produzione città Giulia Setti

9

Genova. Paesaggi dell’abbandono Chiara Farinea

II

METROPOLI EUROPEE

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Athens. Scenarios for the archipelago of the Urban Decay Vasiliki Tsioutsiou

13

Antwerp. Urbanizing the metropolitan fringe: from the crisis of the old suburb to the reassembled faubourg Tom Broesi

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La fine della città postmoderna Daniele Vazquez Pizzi

15

Helsinki. La città Intelligente sopra la città concreta Teresa Frausin

III

UN DIVERSO STATUTO PER LO SPAZIO PUBBLICO

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Les Grottes, Genève. Un pubblico che non è per tutti Elena Cogato Lanza

18

Can Battlò, Barcelona. Nuovi urbanesimi Silvia Calastri, Elisabet Roca

18

Centquatre e Place de la République, Paris. Uno spazio pubblico ordinario Patrizia Toscano

19

Madrid. City as prototype. A situationist frame for pragmatic social action Dario Negueruela del Castillo

1.

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IV PRIVATIZZAZIONI 22

Bruxelles. Spatial forms and values of use in the projects of the Community Land Trust Verena Lenna

23

Londra. La governance sottratta al pubblico Giulia Sonetti

23

Roma. La finanziarizzazione del patrimonio immobiliare Laura Martini

V

UN NUOVO FUNZIONAMENTO DEL TERRITORIO

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Scenographia: the urban spaces, fabrics and landscapes of mobility interfaces in European peripheries Antoine Vialle

27

Waste landscape: an evolving concept Cecilia Furlan

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Anticipating the change: visions and perspectives towards a post-car world Farzaneh Bahrami

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London’s alternative housing Silvia Sitton

VI PATRIMONI. POTENZIAMENTI E MINORAZIONI 31

Bellavista, Ivrea. Cos’è patrimonio pubblico? Elisabetta M. Bello, Agim Enver Kërçuku

31

Mirafiori Sud, Torino. La progettazione programmatica della mixité Ianira Vassallo

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Valle di Susa. Una controversa invenzione delle tradizioni Dafne Regis

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Val Maira. Razionalità minimali Giacomo Pettenati

Nel presente dossier non sono riportati i casi presenti nel dossier #1 1.

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1.

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Athens

Helsinki

Sassuolo

Roma

Biella

Bellavista, Ivrea

Mirafiori Sud, Torino

Genova

Valle di Susa

Bruxelles Les Grottes, GenĂŠve Val Maira

Antwerp

Brabanstadt, Holland

Can Battlò, Barcelona

Aubervilliers, Paris Paris

London

Madrid


Territori nella crisi Architettura e urbanistica a fronte dei mutamenti istituzionali ed economici Masterclass 3-6 settembre 2014 (accreditata dalle Scuole di Dottorato EDAR, IUAV, SCUDO) bozza di programma

Mercoledì 3 settembre 2014 10.00-11.00

Saluti d’apertura Enrico Macii, Vice Rettore per la Ricerca e il Trasferimento Tecnologico, Politecnico di Torino Flavio Canavero, Direttore della Scuola di Dottorato (SCUDO), Politecnico di Torino Luca Ortelli, Vice-Directeur du Programme doctoral Architecture et sciences de la ville (EDAR) de l’Ecole doctorale de l’EPFL (EDOC)

Alberto Ferlenga, Direttore della Scuola di Dottorato in Architettura, città e design, Università IUAV di Venezia Patrizia Lombardi, Direttore del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST), Politecnico di Torino

11.00-13.00

Dopo la Golden Age. Il lungo percorso della crisi Conversazione tra Arnaldo Bagnasco e Antonio Calafati

14.30-15.30

Presentazione della ricerca Cristina Bianchetti, Elena Cogato Lanza

15.30-17.30

Questioni 1 Mutamenti nel rapporto tra economia e territorio Antonio Calafati, Alex Fubini, Luca Ortelli discutono:

Biella. Vivacità minori, Michele Cerruti But Sassuolo. Metamorfosi del distretto, Cristiana Mattiolo Aubervilliers. Il riarticolarsi del rapporto produzione città, Giulia Setti Genova. Paesaggi dell’abbandono, Chiara Farinea

Metropoli europee Alberto Ferlenga, Angelo Sampieri, Paola Viganò discutono:

Athens. Scenarios for the archipelago of the Urban Decay, Vasiliki Tsioutsiou Antwerp. Urbanizing the metropolitan fringe: from the crisis of the old suburb to the reassembled faubourg, Tom Broes La fine della città postmoderna, Daniele Vazquez Pizzi Helsinki. La città Intelligente sopra la città concreta, Teresa Frausin

17.30-18.30 xxx Conversazione tra Laura Cantarella e Anna Detheridge 1.

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Giovedì 4 settembre 2014 9.00-11.30

Questioni 2 Un diverso statuto per lo spazio pubblico Alessandro Armando, Cristina Bianchetti, Jacopo Gresleri discutono:

Can Battlò, Barcelona. Nuovi urbanesimi, Silvia Calastri, Elizabet Roca Centquatre e Place de la République, Paris. Uno spazio pubblico ordinario, Patrizia Toscano Madrid. City as prototype. A situationist frame for pragmatic social action, Dario Negueruela del Castillo

Privatizzazioni Grazia Brunetta, Egidio Dansero, Luca Pattaroni discutono:

Bruxelles. Spatial forms and values of use in the projects of the Community Land Trust, Verena Lenna Londra. La governance sottratta al pubblico, Giulia Sonetti Roma. La finanziarizzazione del patrimonio immobiliare, Laura Martini

11.30-13.00

Il ridefinirsi di professioni e competenze nella crisi. Conversazione tra Carlo Olmo e Bernardo Secchi

14.30-17.00

Questioni 3 Un nuovo funzionamento del territorio Elena Cogato Lanza, Antonio De Rossi, Lorenzo Fabian discutono:

Scenographia: the urban spaces, fabrics and landscapes of mobility interfaces in European peripheries, Antoine Vialle Waste landscape: an evolving concept. Cecilia Furlan Anticipating the change: visions and perspectives towards a post-car world, Farzaneh Bahrami London’s alternative housing, Silvia Sitton

Patrimoni. Potenziamenti e minorazioni Edoardo Piccoli, Bernardo Secchi, Angioletta Voghera discutono:

Bellavista, Ivrea. Cos’è patrimonio pubblico? Elisabetta M. Bello, Agim Enver Kërçuku Mirafiori Sud, Torino. La progettazione programmatica della mixité, Ianira Vassallo Valle di Susa. Una controversa invenzione delle tradizioni, Dafne Regis Val Maira. Razionalità minimali, Giacomo Pettenati

17.00-19.00

Discussione

Venerdì 5 settembre 2014 9.00-17.00

Presentazione delle ricerche in corso presso le Scuole di Dottorato EDAR, IUAV, SCUDO coordina Paola Viganò

ore 17.00

Presentazione dei volumi a cura di: Cristina Bianchetti, Territori della condivisione, Quodlibet, 2014 Elena Cogato Lanza e Luca Pattaroni, De la différence urbaine, MētisPresses, 2013 Lorenzo Fabian, New Urban Question. Ricerche sulla città contemporanea 2009-2014, Aracne, 2014 Matthew Skjonsberg, The narrative, numero monografico di ‘Topos’ legato alla giornata di studi The narrative of landscape curata da MS all'EPFL in occasione dell'attribuzione del Topos Landscape Award 2014 (8 ottobre 2014)

Sabato 6 settembre 2014 9.00-18.00

Presentazione delle ricerche in corso presso le Scuole di Dottorato EDAR, IUAV, SCUDO coordina Paola Viganò Segreteria organizzativa: territorinellacrisi@gmail.com 1.

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I. MUTAMENTI NEL RAPPORTO TRA ECONOMIA E TERRITORIO

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BIELLA, PIEMONTE VIVACITÀ MINORI Michele Cerruti But studente POLITO

SASSUOLO METAMORFOSI DEL DISTRETTO Cristiana Mattioli PhD candidate POLIMI

L’ipotesi che ha orientato il presente lavoro di ricerca è che la crisi economica che ha colpito duramente le PMI manifatturiere italiane, accelerando processi di riorganizzazione già in corso, mostri i suoi effetti spaziali in forma particolarmente acuta nei distretti industriali, sistemi socio- economici monocolturali e luoghi di elevata concentrazione di attività produttive. L’avvento della globalizzazione e della conseguente competizione fra Paesi occidentali ed economie emergenti ha portato gli economisti a interrogarsi sulla tenuta dei distretti manifatturieri. L’incertezza circa il futuro di questi luoghi è evidenziata dalla contrapposizione di due “narrazioni” ricorrenti: a) la dissoluzione dei distretti e il loro declino, emblematicamente rappresentato dalle nuove forme molecolari di svuotamento; b) la tenuta della produzione Made in Italy, che continua a trainare l’export nazionale a fronte di una profonda “metamorfosi” del sistema-distretto, verticalizzatosi intorno a poche medie-imprese innovative. Alla luce di queste considerazioni, occorre oggi interrogare nuovamente i territori distrettuali attraverso un’osservazione attenta sul campo e la ricostruzione di microstorie/biografie significative e rappresentative dei fenomeni in atto. Il ritorno al distretto ceramico di Sassuolo – un sistema produttivo integrato (ceramica, meccanica per la ceramica, logistica, produzioni complementari, grafica, ecc.) che coinvolge almeno otto comuni nelle province di Reggio Emilia e Modena – consente di indagare una nuova e più generale condizione urbana. Forme di declino, abbandono, ritrazione si manifestano, in una situazione di compresenza spazio-temporale, a fianco di processi di crescita, espansione, qualificazione. Se in passato il distretto ceramico emiliano è stato studiato da numerosi economisti (soprattutto stranieri) come “caso esemplare”, ancora oggi esso sembra rappresentare un campo d’indagine privilegiato per l’individuazione dei maggiori processi di ridefinizione del modello distrettuale italiano, in particolare di fenomeni di gerarchizzazione e polarizzazione della produzione, della società e dello spazio. 1.

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Il caso analizzato evidenzia come il distretto produttivo sia oggi un sistema sempre più aperto, internazionale e post-industriale. Tuttavia, gli studi economici che privilegiano le forme reticolari di organizzazione industriale non sono in grado di intercettare la pluralità delle trasformazioni spaziali o documentare i danni ambientali derivanti dall’ipersfruttamento del territorio, né tanto meno di interpretare le nuove domande che emergono dalle imprese e dalle popolazioni locali. In un’ottica interdisciplinare, l’urbanistica, dunque, gioca un ruolo fondamentale nell’informare gli altri saperi dei cambiamenti (di usi e pratiche) in corso. L’attività analitico-interpretativa, inoltre, diventa il primo passo per immaginare scenari di sviluppo territoriale che sappiano riconoscere le “prese” esistenti e le reinterpretino come “occasioni” di riforma, ricomposizione, riuso e riciclo dei materiali urbani alle diverse scale, soprattutto sovra-locale. In quest’ottica i comuni del distretto ceramico stanno avviando un percorso innovativo di riorganizzazione amministrativa intorno al tema della “città-distretto”. Questo passaggio risulta oggi indispensabile non solo per aumentare la competitività del sistema produttivo locale ma anche, e soprattutto, per realizzare progetti di scala vasta (ai quali destinare le poche risorse disponibili) che rendano il distretto un territorio caratterizzato da maggiori livelli di urbanità e abitabilità.

AUBERVILLIERS, PARIS IL RIARTICOLARSI DEL RAPPORTO PRODUZIONE CITTÀ Giulia Setti Phd POLIMI

GENOVA PAESAGGI DELL’ABBANDONO Chiara Farinea PhD candidate IUAV

Lo sfaldamento delle grandi placche industriali apre a condizioni di instabilità i territori nei quali esse si collocano. Uno sviluppo di questi esclusivamente legato alle logiche di mercato può portare al degrado delle aree urbane adiacenti. Un interessante caso studio per l’indagine di questi fenomeni è costituito dai quartieri di Ponente della città di Genova. La forte urbanizzazione dell’area di Ponente avviene attorno alla metà 1.

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dell’Ottocento, in corrispondenza con lo sviluppo dell’industria meccanica, finanziata dalle commesse dello stato per la costruzione di navi, ferrovie ed armi da guerra. Tuttavia le attività industriali entrano in una fase di inesorabile declino a partire dalla seconda metà del Novecento. All’interno di questo quadro tre condizioni, lascito dello sviluppo dell’industria meccanica definiranno la nuova traiettoria del territorio: la conformazione fisica degli edifici industriali abbandonati, l’inquinamento dei suoli e la buona accessibilità dell’area. Su queste basi ha inizio, negli anni Novanta, un processo di riutilizzo di parte degli edifici e delle aree industriali, che ha come oggetto la realizzazione di aree commerciali. All’interno del paesaggio industriale, ormai in decadenza, si viene gradualmente a inserire una geografia molecolare di attività commerciali che necessitano di una buona accessibilità e di vaste aree per lo stoccaggio delle merci, quali ad esempio negozi di automobili, di arredamento o centri commerciali. Due piani voluti dall’amministrazione comunale per il riuso di aree industriali dismesse caratterizzano definitivamente il ponente come area per lo stoccaggio e la rivendita delle merci, ossia il piano per l’area di Campi, a Cornigliano e quello per l’area di Fiumara, a Sampierdarena. Bisogna notare che per quanto concerne il piano di Fiumara, nelle prime ipotesi progettuali, vi si prevedeva lo spostamento della facoltà di ingegneria, per quanto il piano definitivamente approvato contemplasse invece esclusivamente un uso commerciale dell’area. La nuova offerta ha notevoli conseguenze sul tessuto insediativo consolidato: il tessuto commerciale delle aree urbane, non potendo far fronte alla nuova concorrenza, ha infatti perso la propria tradizionale utenza e molte attività sono state portate alla chiusura. L’indebolimento della struttura commerciale, come effetto secondario, ha comportato la diminuzione dei flussi pedonali e conseguentemente la diminuzione della sicurezza urbana: la popolazione locale, oltre a ridursi a causa della chiusura delle fabbriche, ha dunque preferito collocare la propria residenza in aree differenti. La diminuzione dei prezzi degli immobili ha portato l’area a venir occupata dagli immigrati, mentre la chiusura degli esercizi ha prodotto nuove aree vacanti di decrescente interesse commerciale che hanno finito per attirare sul posto nuove attività dalle caratteristiche socio-economiche poco lusinghiere per un vicino residente, quali negozi a luci rosse, call center e sale da gioco, immerse in un paesaggio sempre più degradato, al quale non mancano né le prostitute né i loro protettori. Probabilmente la realizzazione della sede universitaria nella zona di Fiumara, o, in definitiva, di piani di sviluppo meno legati alle logiche di mercato, avrebbe potuto mettere in atto un percorso differente per l’area e per l’intero quartiere, caratterizzato da risultati di maggiore pregio.

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II. METROPOLI EUROPEE

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ATHENS SCENARIOS FOR THE ARCHIPELAGO OF THE URBAN DECAY Vasiliki Tsioutsiou PhD candidate IUAV

The emergence of a decay process, both urban and social terms, is apparent to the historical centre of Athens. Suburban sprawl, fuelled by the rise of new mobility hierarchies and the decline of the quality of life in the city centre, led to the gradual abandonment of the latter. The area around Omonia Square, traditionally characterized by a very high mixity of land uses, now is marked with visible signs of decline (vacant plots, abandoned buildings, and squatting), while its centrality makes it a highly profitable target for the real estate. On the other hand, the same area is densely populated by the multinational mosaic of migrants. Since this area is the diachronic gate of the city, it was always a reception place for the newcomers and a space of trade and production. Today, despite being the most declined area of the historical centre, it remains a vital economic space for the migrants. The aim of this paper is to indicate in spatial terms, the capacity of this decay and to highlight its potential as the plinth that could safeguard the city’s social and urban mixity. This research is dealing with scenarios and strategies for the decay and its potential in for a porous and socially isotropic city. Starting from the metropolitan scale of Attica, the capacity of the buildable space is calculated in order to generate questions and scenarios. By zooming in the area around Omonia Square, the decay in urban terms is being quantified as the combination of vacant plots, buildable open spaces, parking lots, single-story buildings and ruins. Finally the layer of decay will be the basis of strategic and design proposals aiming at creating spaces and conditions for the contemporary migrants to develop their economy, explicitly or implicitly.

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ANTWERP URBANIZING THE METROPOLITAN FRINGE: FROM THE CRISIS OF THE OLD SUBURB TO THE REASSEMBLED FAUBOURG Tom Broes, Phd candidate Ghent University

The past 5 years within several metropolitan areas throughout Europe international design consultations were organized, inviting multidisciplinary teams to present long term perspectives for future development: Grand Paris (2008), 50.000 Logements Bordeaux (2010), Brussels 2040 (2012), Metro Moscow (2012), Labo XX Antwerp (2014), etc. These design consultations were not only producers of new concepts, they are also expressions of a changing planning culture. Introducing a discourse on Greater Urbanism, these consultations have helped in constructing the contours of a new metropolitan debate, all staging the metropolitan fringe as a pertinent field of action. The paper will focus on the Antwerp case. Here, the expected influx of 100.000 new residents requires the construction of some 45.000 new houses in the metropolitan fringe raising the question how the anticipated process of densification can be used to renew the historical legacy of what used to be the suburbs. Areas that were first shaped within a dynamic of urban flight, are now subject to a marked process of urbanization. The old suburbs may be reassembled as the faubourg of the coming metropolis. This paper studies the historical urbanization of the twentieth century belt of Antwerp to set up a dialogue between the contemporary crisis of the old suburbs and the reassembled metropolis of the future. The paper will confront the historical interpretation of the process of urbanization with projects produced within Labo XX, a design consultation on potential densification strategies and urban reform for the twentieth century belt. This twentieth century belt is interpreted as a diversified urban terrain that was shaped by various and competing processes of urbanization, each accompanied by proper development strategies, each built on different kinds of (private) capital. The paper seeks to identify those urban figures that have succeeded in producing urban surplus value through the historical accumulation of private housing development. These historical constellations are facing major challenges of traffic congestion, erosion of the public domain, poor energy performance, etc. They do however hold the potential to structure the further urbanization of the metropolitan area.

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LA FINE DELLA CITTÀ POSTMODERNA Daniele Vazquez Pizzi PhD iuav

Il termine postmoderno attualmente non può più essere utilizzato come nei testi ormai classici sull’argomento, oggi la costellazione di senso che richiama deve fare esplicito riferimento non solo alla logica culturale del tardo capitalismo ma anche agli ordinamenti socio-spaziali che ne sono stati lo scenario. Tale scenario non è solo il prodotto di tale logica culturale ma anche ciò che, allo stesso tempo, l’ha prodotta. La nostra prima ipotesi è che vi sia una stretta corrispondenza tra la genesi, l’affermazione e il declino del postmoderno e i diversi momenti della dispersione urbana. Tale corrispondenza non va considerata una semplice correlazione per cui la dispersione urbana sarebbe pensabile esclusivamente come un contesto. Si tratta di una corrispondenza, piuttosto, per cui l’una, la logica culturale del tardo capitalismo e la sua crisi, non sarebbe più pensabile senza pensare l’altra, la dispersione urbana. In seconda battuta, è nostra ipotesi che con l’emergere di un periodo nuovo sotto tutti i punti di vista, in quanto segnato da una radicale discontinuità con il postmoderno, si possa affermare che la dispersione urbana stia raggiungendo parimenti un mutamento di statuto che sancisce la fine della città postmoderna. Attraverso una periodizzazione della città postmoderna abbiamo tentato di evidenziare come a cambiamenti della densità dei territori della dispersione urbana seguissero salti qualitativi nella logica culturale del tardo capitalismo. Tale correlazione tra densità e logica culturale è stata dimostrata per la prima volta dagli studi di morfologia sociale di inizio XX secolo. La periodizzazione della città postmoderna che avanziamo è un’interpolazione antropologica di fatti urbani che sono stati per lungo tempo fuori dal fuoco d’interesse dell’urbanistica tradizionale, divisa in quattro fasi: l’ascesa della città postmoderna che corrisponde a una prima postmodernità; il trionfo della città postmoderna che corrisponde a una seconda postmodernità; il declino della città postmoderna che corrisponde a una terza postmodernità; infine, il periodo di esaurimento della logica culturale del tardo capitalismo che corrisponde all’inizio della crisi economico-finanziaria e all’emergere di un nuovo modo di produzione dello spazio urbano e di una città che articola spazio compatto e spazio diffuso, alta densità e bassa densità, un habitat senza limiti precisi oltre le morfologie urbane ormai tradizionali, come città compatta e città diffusa, che abbiamo definito altercittà. In tale città emergente, favorite dalla prossimità prodotta dalla metropolizzazione della città diffusa e dalla sua articolazione con le città compatte, stanno affermandosi forme di cooperazione, condivisione e vivere insieme che appaiono come una rottura rispetto alla società dei consumi e all’individualismo espressi durante la postmodernità. Si tratta di forme reciprocità e condivisione ancora minoritarie che alludono a uno spazio terzo, né pubblico né privato. 1.

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HELSINKI LA CITTÀ INTELLIGENTE SOPRA LA CITTÀ CONCRETA Teresa Frausin PhD candidate UNITS

Helsinki è una delle capitali dei Paesi Scandinavi che tradizionalmente vengono indicati come terreno del Nordic Welfare model. Questo viene definito come il sistema di protezione sociale che si occupa di offrire universalmente la sussistenza e l’assistenza indispensabili a garantire ai cittadini una vita dignitosa (Ministry of Social Affairs and Health, 2006). Seppur differente rispetto a quello delle vicine Svezia, Norvegia e Danimarca, per motivi legati alla storia dello sviluppo economico nazionale (Hilson, 2008), il welfare state finlandese dagli anni ’80 entra appieno nel modello individuato (Esping-Andersen, 1990) e guadagna stabilmente i primi posti nelle classifiche inerenti la qualità del sistema sanitario, pensionistico e dell’educazione (Burridge, 2010; Trägårdh, 2012). Tale posizionamento permane, nonostante i tagli agli investimenti su educazione, assistenza sanitaria, pensioni, recentemente annunciati per il programma nazionale dei prossimi anni (Ando&Rosendhal, 2013). Certamente, il rapporto tra urbanistica e spazi “sociali” (o attrezzature di interesse pubblico a scala locale) è stato fortemente indagato ancora prima che il welfare state entrasse nelle agende dei governi. Come noto, parte dell’urbanistica moderna e contemporanea ha origine proprio in una tradizione “igienista e moralista” (Bellaviti, 2008), che ha lavorato a lungo sul rapporto tra pratiche, benessere e disegno della città, cercando di delineare dispositivi spaziali che permettessero di garantire “abitabilità” (Gabellini, 2001) alle aree urbane. Oggi, al mutare delle disponibilità e degli strumenti tradizionali di assistenza pubblica, molti progetti lavorano per la garanzia del benessere urbano attraverso nuove modalità, per fare di più con meno. Helsinki è capitale non solo politica ma anche demografica della Finlandia, dove una densità bassissima a livello nazionale (16 ab./km2) diventa insolitamente più alta (833 ab./km2), con conseguente aumento dell’attrattività e competitività, ma anche con una concentrazione maggiore di criticità sociali e di gestione. Dai primi momenti della sua vera e propria pianificazione urbana (ca. 1915), Helsinki ha sempre cercato di mettere assieme un modello di assistenza solido con una pianificazione convincente, costruendo la città proprio a partire da una gestione virtuosa dal sistema del verde pubblico e delle attrezzature collettive. Recentemente, l’area metropolitana è diventata teatro di trasformazioni urbane massicce, gestite con strumenti tradizionali tipici dell’intervento integrato per la riqualificazione delle aree brownfield (Gordon, 2009). A queste, si aggiungono altri due livelli di intervento che ne stanno mutando il volto in maniera vivace e interessante: da un lato, una serie di azioni di rigenerazione sono gestite dall’azione congiunta di Amministrazione comunale, attori privati e terzo settore, per migliorare l’offerta di attrezzature fisiche e aumentare le opportunità di 1.

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incontro e di formazione nelle aree più esterne (Santaoja&Ruotsalainen, 2013); dall’altro, una nuvola di azioni spontanee, gratuite e temporanee sta ridisegnando gli usi nei quartieri centrali cosi come in quelli “periferici” (Hernberg, 2012). Helsinki racconta di come la città “smart” sia ancora composta da un ampio set interventi che lavorano sulla consistenza fisica, concreta dei contesti urbani, più che su quella immateriale e tecnologica che talvolta viene individuata come “vincente” per il benessere urbano. Piuttosto, è proprio una base solida, condivisa di politiche per la gestione del territorio che, garantendo ai cittadini un benessere privato “di qualità”, sostiene ed incoraggia la nascita di iniziative private interessanti, di azioni intelligenti e low-cost che senza simile sfondo sembrerebbero però troppo fragili ed effimere.

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III. UN DIVERSO STATUTO PER LO SPAZIO PUBBLICO

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LES GROTTES, GENÈVE DE LA DIFFÉRENENCE URBAINE Elena Cogato Lanza professor EPFL

CAN BATLLO’ BARCELONA NUOVI URBANESIMI Silvia Calastri, sociologist Elisabet Roca, architect

CENTQUATRE E PLACE DE LA RÉPUBLIQUE, PARIS UNO SPAZIO PUBBLICO ORDINARIO Patrizia Toscano PhD candidate Ud’A

Partendo da una considerazione dello spazio pubblico contemporaneo come prototipo e rappresentazione dell’ordinary life, quindi ben distante dall’idea classica e monunentale dello spazio urbano, si può affermare che esso sia in grado di contenere in sè al contempo le tre traiettorie di protezione, prossimità e densità, accoglierne solo alcune o negarle tutte, in maniera temporanea e intermittente, in relazione al tipo di pubblico e agli usi che ne fa. Lo spazio pubblico “ordinario” è lontano dall’idea di luogo della democrazia, completamente inclusivo, ed è invece rappresentato da quella molteplicità di spazi, capaci di innescare nuove forme di uso della città e meccanismi di inclusione sociale. Si tratta spesso di spazi vuoti, a disposizione, che potremmo definire ‘collettivi’, spazi di frontiera, al confine tra pubblico e privato, che si generano in via temporanea quando una o più persone li occupano per fare qualcosa. La sfida del progetto architettonico e urbano è riuscire ad accogliere pratiche e usi inattesi che si innescano in questi spazi, giocando la carta dell’indeterminatezza, della disponibilità spaziale, dell’apertura, della mancata attribuzione di funzioni specifiche, in fine della rinuncia all’autorialità a tutti i costi. Tuttavia, i risultati 1.

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migliori sopraggiungono, il più delle volte, grazie ad un’azione combinata di progettazione e gestione degli spazi spubblici. È il caso di due luoghi parigini, che appartegono a tipologie spaziali diverse, quasi opposte, interessanti in quanto emblemi di luoghi, situazioni, caratteri differenti che convivono nella città di oggi: il Centquatre e Place de la République. I due casi studio, parte della mia ricerca dottorale in corso, sono stati selezionati per via del intero processo che ha portato alle loro realizzazione fisica e alla loro attivazione sociale in quanto luoghi pubblici riconosciuti dai cittadini. Il Centquatre accoglieva in origine le ex Pompe Funebri della città, la sua costruzione risale al 1873 ed è stato sottoposto ad un programma di riqualificazione che lo ha restituito al pubblico nel 2008. Si tratta di un centro artistico comunale che si propone come spazio di programmazione e creazione, di esperienza e di innovazione, permeabile alle vibrazioni del mondo contemporaneo, luogo di vita e convivialità per artisti e pubblico. La sua presenza funge da elemento attrattore per il circondario, si propone di coinvolgere gli abitanti del posto nelle numerose manifestazioni artistiche proposte, offrendosi come spazio ‘aperto’ e disponibile all’appropriazione, ma allo stesso tempo ‘protetto’ per le sue qualità fisiche. Place de la République, invece, è un luogo storico per la città di Parigi, che dopo notevoli trasformazioni a partire dal diciottesimo secolo è stato restituito in veste nuova ai cittadini nel giugno 2013. In epoca moderna il suo impianto ha contribuivo fortemente a dare l’impressione che fosse una rotatoria per la circolazione delle automobili. Il progetto dello studio TVK, invece, gli attribuisce una valenza nuova: quella di uno spazio ‘liscio’, il più ampio e pedonale possibile, a completa disposizione degli usi del pubblico. Gli studi effettuati sui due casi parigini, si sono basati sull’utilizzo di una doppia metodologia di analisi, diretta ed indiretta, con l’intento di comprendere e svelare le contraddizioni insite in questi luoghi, nonché i limiti e le potenzialità dei progetti.

MADRID CITY AS PROTOTYPE. A SITUATIONIST FRAME FOR PRAGMATIC SOCIAL ACTION Dario Negueruela del Castillo PhD candidate EPFL

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IV. PRIVATIZZAZIONI

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BRUXELLES SPATIAL FORMS AND VALUES OF USE IN THE PROJECTS OF THE COMMUNITY LAND TRUST Verena Lenna PhD candidate IUAV + KU LEUVEN

Capitalism is inherently dynamic. In Marx’s Gundrisse circulation is the metaphor on which the analysis is built (Swyngedouw 2006).”Circulation, or the turnover of money, corresponds to an opposite circulation, or turnover, of commodities “ and “Capital comes initially from circulation, and, moreover, its point of departure is money.. “, we read in The Gundrisse. Accordingly, redistributive systems have to be considered as part of the metabolism, necessary to maintain production and consumption. But Capitalism is also inherently paradoxical, as the “crisis” has (once again) shown: as an hyperbolic form of movement, volatility lead to a concrete paralysis by abstracting the capital from the real economy . The current economical downturn at least has brought the attention back to the material, real world where the consequences of a virtual economy are being paid in terms of a severe, growing reduction of welfare affecting almost every realm, from culture to healthcare, from housing to labour. And while the circulation of the capital is declared to be frozen ( is it ?), the attitude to speculation consolidated in the last 30 years has overwritten the rights and the values of use related to real estate. The regime of precarity which - starting from the 80s - supported this escalation (more than being an effect), necessarily engendered the experimentation of noninstitutional forms of welfare. In a strongly polarized city as Brussels (Elmhorn 2001; Kesteloot, Loopmans 2009; Deboosere, Eggerickx, Van Hecke, Wayens 2009) in the neighborhoods where precarity becomes a regime reinforced by segregation, the most interesting experiments about cohabitation and productivity emerge, often suggesting new models of welfare (Lenna, De Meulder 2013). Among these, the projects developed by the Community Land Trust of Brussels (supported by the Regional Government from 2013) reclaim the value of use of real estate and the rights connected to it. Based on the model developed in the United States (Davis 2010), the Community Land Trust formula enables the de-commodification of the urban land by installing a non speculative system. On these bases, the enlarged accessibility to housing becomes the core of new ecologies tailored to the needs of the concerned groups of citizens, where the space of domesticity encounters the realm of economic productivity and of cultural elaboration. Beyond dwellings, the projects intersect the realm of labour, the fruition of public space, the re-definition of the commons as an opportunity of welfare. The paper will articulate a reflection around the mobilizing strength of this alternative model of property. In a condition in which capital - as a fluid of 1.

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exchange and redistribution of wealth (Swyngedouw 2006) - is disconnected from the real economy, thus obstructing change, the CLTB projects test the potential of an acupunctural approach in order to reactivate the urban metabolism at a capillary level, where change must be reclaimed as a polymorphic, political process ( Jessop, Brenner 2008 ).

LONDRA LA GOVERNANCE SOTTRATTA AL PUBBLICO Giulia Sonetti Phd candidate POLITO

ROMA LA FINANZIARIZZAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE Laura Martini PhD candidate POLITO

Con il tardo capitalismo si è assistito ad un cambiamento radicale del mercato immobiliare. Si è passati da pratiche che privilegiano il valore di uso a pratiche che privilegiano il valore di scambio. Oggi sono gli attori del mercato immobiliare ad avere una posizione egemonica rispetto alle trasformazioni della città e del territorio. Gli immobili e il territorio sono considerati come “asset finanziari” e il loro valore è divenuto astratto. Di questo radicale cambiamento lo Stato è paradossalmente diventato uno degli attori principali. Nel ‘98 viene interrotta la trattenuta obbligatoria sugli stipendi per il finanziamento dell’edilizia popolare e poco dopo si dà il via all’alienazione del patrimonio immobiliare dello Stato residenziale e non, si attua così una svolta politica chiara nella gestione del welfare che a nostro parere situerà lo Stato in una posizione contraddittoria rispetto al suo ruolo di garante della giustizia distributiva. Intendiamo portare come casi studio due processi avviati dallo Stato: uno è quello della cartolarizzazione; il secondo è quello della valorizzazione del patrimonio. Attraverso l’istituzione delle società SCIP 1 e SCIP 2, aree consistenti di quartieri delle grandi città italiane sono stati immesse sul mercato. Questi immobili erano la garanzia materiale della redistribuzione della ricchezza, con affitti non speculativi che garantivano giustizia spaziale assicurando il diritto all’abitazione. La vendita e il conseguente accesso a sistemi creditizi per l’acquisto ha messo in moto un meccanismo per cui la proprietà della casa da un lato soddisfa un’aspirazione 1.

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che si sente sempre più come un diritto della persona, ma che, dall’altro, vincola la persona attraverso l’indebitamento. Queste aree urbane incorporavano antropologicamente la società che li abitava, oggi invece si stanno trasformando attraverso tali processi in quartieri di proprietari, cambiando completamente il rapporto tra l’abitante e il proprio spazio. Mentre, caso completamente diverso, è quello delle società di valorizzazione come Fintecna Immobiliare, che mettono in atto grandi progetti con le stesse modalità dei soggetti immobiliari privati spesso anche in partnership con essi. Tali partnership rappresentano una contraddizione profonda. Quelli che vengono chiamati “asset”, per lo Stato sono beni che per loro natura dovrebbero servire per difendere interessi “deboli” e creare ricchezza per la collettività mentre per gli investitori privati non possono che essere “asset finanziari”, il loro valore sociale ha poca importanza. Le procedure attraverso le quali si attuano queste operazioni sono sì accessibili e pubbliche, ma di fatto conservano una certa opacità. Se da un lato il fine dell’investitore privato è chiaro, il massimo profitto, non è affatto chiaro quale sia il fine dello Stato, poiché l’obbiettivo in questo caso non si può identificare meramente con il “fare cassa”, perdendo completamente di vista qualsiasi ipotesi di giustizia spaziale.

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V. UN NUOVO FUNZIONAMENTO DEL TERRITORIO

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SCENOGRAPHIA: THE URBAN SPACES, FABRICS AND LANDSCAPES OF MOBILITY INTERFACES IN EUROPEAN PERIPHERIES Antoine Vialle PhD candidate EPFL

The aim of this research project and contribution proposal is to set up a reflexion on the making of urban peripheries’ landscape, considered as one of the main stake of the long term European metropolis evolution. Subjected to deep structural shifts in the course of the XXth century – ie. new spatial phenomenon due to the increasing of mobility and the exponential growth of metropolitan area –, the territories of European urban peripheries are today confronted to a significant representational and functional crisis. This state of crisis is particularly affecting the ability of territorial planning and devices to express the urban limit, that is now vanishing as a holistic form. The landscape and urban fabric of European peripheries are respectively becoming inhospitable for the city users and segregated by monofunctional zoning. It is thus necessary to wonder how the urban limit devices – most of the time qualified as non-lieux {Augé, 1992} – can be reconsidered in a positive way, taking into account both of the actual legacy in terms of urban design and its long term potential of evolution. This research project and contribution proposal will focus more specifically on the design of what may be called “the articulation spaces of the urban environment”, in order to analyse the way theses urban devices shape specific landscapes in the context of European peripheries. Although designed as technical artefacts, the ubiquitous articulation spaces condition the aesthetic and spatial organisation of city borders. Made by roads and green spaces, these open spaces play the role of visual and spatial limits, as well as adjusting the movements of motor vehicles and human bodies. They are thus the key elements of infrastructural armature of mobility networks, whether pedestrian or automobiles, collective or individual. Besides, the articulation spaces gives access to the different urban entities, consuming a large amount of lands. They have therefor a primary influence on the low level of density and urban mix that characterise the periphery. In sum, theses urban devices must be problematized, not only as interstitial spaces, but also as interfaces at different scales. However, it seems that the most common large-scale territorial planning approach misses the boundaries and interfaces issues of that long term European metropolises development has to face. On the contrary, the spatial articulation of mobility interfaces and its perceptual phenomenon do provide a “base” for the landscape, considered as the perceived territory, and constitute the “weft” of the urban fabric, considered as the programmatic territory. It thus come out to the whole territory of the city. We will analyse here how the design of the articulation spaces is no longer based on “cubical perspective paradigm” that was pursued in the traditional city, 1.

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closely associating road paths and built environment. The study of urban design considering, not only the bi-dimensional plan, but the whole “scenographical space” in the three dimensions of sight and movement, will try to stresses the decisive importance of ground configuration as the main structural element of new urban spaces and uses. Based on the tow case studies of Paris (Plateau de Saclay) and Rome (Zona di Mezzocammino), three research tracks will consider the possible transformation of urban interfaces, not only in terms of forms, but also in the long-term evolution of the existing situation, as well as in terms of design processes and methods.

WASTE LANDSCAPE: AN EVOLVING CONCEPT Cecilia Furlan PhD canditate IUAV - KU Leuven

The contemporary European territory is the result of a long period of transition; especially during the last fifty years, in which Europe has been the protagonist of a rather brutal de-industrialization process. The shift from industrial production to a post-fordist regime coincided with a rapid and massive disposal of areas and infrastructures related to industries; leaving behind a legacy of derelict landscapes and economically disadvantaged urban areas which have become socially distressed and environmentally degraded through industrial contamination and a social decline. In most of the European territories the “diffuse” consequences of the economical/ urban crises become clearly visible. Different forms of waste landscapes, or as Berger defined drosscape , start to emerge. They result out of two primary processes: a rapid horizontal urbanization , and leftover land and detritus after production processes came to an end. (Berger2006, Lynch1990). Given the generalized condition of abandonment, a crucial question lays in the characterization and definition of waste spaces. Nowadays, the mass-disposal of spaces requires a critical re-evaluation of the overlooked relationship between industry, waste, and urbanism; and a detail survey. (Belanger 2006) In the first part this paper aims to investigate how the concept of waste space transforms during time, and it shifts according with the priority of European/ western society. Through the reading of the territories and its historical representation waste could be interpreted as a “values” indicator. (Gidwany 2012) By tracing the dialectic between urban value and waste spaces the question “Waste to whom?” is strongly arising. Reflecting upon this hypothesis, the study will question the meaning of waste and its complex configuration and role upon the contemporary urban territory.

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The second part describes two different waste landscapes trough a spatial survey of the Walloon coal region (BE) and the diffuse Veneto central area (IT). The two European territories embody macro and micro forms of dross, emerging from different economical and productive crises. A construction of interpretative maps helps to shift the negative perspective of wasted space, focusing on the territorial systemic character Overlapping with the socio-economic and environmental dynamics, dross spaces could be considered as elements of a large, complex system rather than as constellation of individual elements. In conclusion the aim of this exploration is twofold, firstly questioning the ecological/urban role of waste spaces (waste to whom?). Secondly enquiring the necessity to represent their transformations through time, and consider as parte of a more complex geography it reveals new possibilities for future life cycles.

ANTICIPATING THE CHANGE: VISIONS AND PERSPECTIVES TOWARDS A POST-CAR WORLD Farzaneh Bahrami PhD candidate EPFL

Different indicators, such as modal shares in mobility practices or car ownership, may suggest that the century of car dominance - at least in Europe and North America - is already behind us. If the emergence of the car had radical spatial and social consequences, what would be the implications of its gradual disappearance - which could be expected in the context of ecological consciousness, economic and energetic constraints as a result of both urban policies as well as lifestyle choices. Moreover, the car’s dominance was formerly questioned by advocates of public space, rather than through interests in ecological urban design or other urban planning concerns. In the 60s already a universal longing for the qualities of traditional urban space led to a critique of the proliferation of fast roads, and thus the car’s colonization of everyday life. Reclamation of public space as the city’s quintessential social territory reappears today in contemporary discourses and reinforces the shift-provoking trends towards a new urbanity freed from car dominance. In this paper the attempt is to obtain insight into the extent to which urban experts are accounting for this limited but visible transition from car-dominated systems towards alternative models of mobility in which the individual-motorized mobility (car) is not central; what models of urbanity are imagined to support such a transformation? We have examined a selection of projects at different scales and within different contexts - new planned cities, dense urban areas or territories of dispersion – whose visions involve a significant shift from the current car system. We have been looking into their tools, strategies and different 1.

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measures of car reduction, as well as their varied approaches to public space as an inevitable corollary to this change. In the process of the progressive phasingout of the car we shall expect fundamental transformations in spatial practices of the city, accompanied by the physical configuration of its public spaces. What will be the main characteristics of the new emerging spaces of sociability and where shall we encounter them? This contribution is an ongoing research within the framework of Post-Car World, an interdisciplinary project that explores the future of mobility through the role of the car.

LONDON’S ALTERNATIVE HOUSING Silvia Sitton PhD candidate UNIMORE

London’s housing – of all tenures- is a sphere of growing inequality and unaffordability. Housing in the UK capital city is the most expensive in the country (and one of the more expansive in the world), there are more households than dwellings, an increasing number of potential households cannot form because of the extent of housing pressure and there is far more overcrowding than elsewhere. The increased cost of home ownership and private renting has put them out of reach for many, while social housing and other accommodation options for the most vulnerable (like squatting) are either largely inaccessible or penalized. But this bleak context, and the larger political and economic crises framing it, also provides the setting for alternative logics and housing practices that are challenging traditional notions of private property. Experiments and utopian alternatives, like cohousing, squatting, low-cost temporary houses, houseboats or mutual home-ownership, blur the boundaries between “the personal” and “the shared”, as normally understood in the traditional (Western) individualized notion of home and dwelling, and provide the setting for alternative logics that are challenging traditional notions of private property. With an applied ethnographic approach, I’m carrying out (and I would like to discuss about first results during the masterclass) a research about alternative housing in London, promoted by London School of Economics and Royal Geographical Society, by the point of view of Italian people living there. The aim of my project is investigate how a the size of a global city like London, in a context of deep economic crisis, influences housing values, tracking down alternative housing practices (squats, houseboats) and new housing models (cohousing, warehouses, shared-ownership houses). 1.

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In order to do this, I combine a range of research methods: from direct interviews to self-documentation as digital diaries and camera studies, not starting from a given idea or theoretical hypotesis, but asking people to tell me their housing thinking, trasform them in active participants on research process. Notably, I ask them, in words and pictures, their housing story in London, looking for their habits, their homes, their ordinary life and examining the daily factors of housing lives, in order to better understand implications of sharing and collaboration in housing practices. Starting from the interviews conducted with some Italians living in London, chosen as representative of different models of living, the paper describes, with a narrative style and a visual approach, the London’s housing scene of today by the different points of view of people who do not know each other and that have very different life stories (e.g. a businessman of the City, a young contemporary art critic, a squatter, an italian teacher, a biker, a book binder, a mum, a sales-girl with a Phd in antropology, the owner of an italian bookshop). On the basis of subjective information collected, a graphical representation of London’s alternative housing will be drawn, which set the stories geographically. The map will be enriched by photos and short stories and uploaded in an online platform, possible of updating by new stories. Considering my research is more likely to be exploratory rather than evaluative, during the PhD masterclass I would use my storytelling output to discuss about how housing models are evolving, how the notion of property is changing and how sharing is affecting the way of living.

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VI. PATRIMONI. POTENZIAMENTI E MINORAZIONI

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BELLAVISTA, IVREA COS’È PATRIMONIO PUBBLICO? Elisabetta M. Bello, PhD POLITO Agim Enver Kërçuku, PhD candidate IUAV

MIRAFIORI SUD, TORINO LA PROGETTAZIONE PROGRAMMATICA DELLA MIXITE’ Ianira Vassallo PhD candidate IUAV

VALLE DI SUSA, PIEMONTE UNA CONTROVERSA INVENZIONE DELLE TRADIZIONI Dafne Regis PhD candidate SCUDO, POLITO

VAL MAIRA, PIEMONTE RAZIONALITA’ MINIMALI Giacomo Pettenati PhD candidate POLITO

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