Il fantasma di un marinaio tra gli scaffali di una biblioteca Un biglietto da visita Un nodo da districare
Il Porto di Ancona, un territorio conteso
D'Agostino Stefania Relatrice: Prof.ssa Anna Maria Cristina Bianchetti Politecnico di Torino I FacoltĂ di Architettura a.a. 2013/2014 III
IV
Indice
pag 0.0
INTRODUZIONE
2
1.0
IL PORTO DI ANCONA
8
1.1 PERIODIZZAZIONE E TRASFORMAZIONE
11
1.2 FRAMMENTAZIONE DEL PORTO: LE PARTI
13
1.2.1 IL PORTO STORICO 44COMMERCIALE 1.2.2 IL PORTO PESCHERECCI E IL PORTO 1.2.3 IL PORTO TURISTICO DELLA MARINA DORICA
1.3 I LIMITI 1.3.1 INFRASTRUTTURALI 1.3.2 AMMINISTRATIVI 1.3.3 NATURALI
1.4 LA ZONA INDUSTRIALE PORTUALE
20 21 23 26 31 36
1.4.3.1 LA MOLE VANVITELLIANA. UN MORFEMA INDIVISIBILE
39 40 43 44 47
IL PORTO PESCHERECCI: UN BACINO D’INTERESSI
52
1.4.1 IL CONSORZIO ZIPA. UN INSIEME DENSO DI ATTIVITÀ’ 1.4.2 L’AREA DELLE FERROVIE DELLO STATO 1.4.3 L’AREA MANDRACCHIO /FIERA
2.0
15
2.1 IL QUARTIERE DEGLI ARCHI E LA PESCA, UNA MEMORIA CONDIVISA
57
2.2 LE MANIFESTAZIONI ARTISTICHE
62
V
pag
3.0
IL TERRITORIO DEL PORTO. GLI USI 3.1 STARE, MOSTRARSI, CATALIZZARE 3.2 I TEMPI. PERMANENTE, GIORNALIERO, TEMPORANEO 3.3 I COMPORTAMENTI NEGLI SPAZI: INTIMITÀ’, EXTIMITÀ, PUBBLICO 3.4 CAMPIONAMENTI E ANALISI SUL GOMITO PORTUALE
4.0
IL TERRITORIO DELLA CRISI: L’AREA MANDRACCHIO 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6
STATO DI FATTO IL RAPPORTO CON L’ACQUA LIMITI, TERRITORI, RECINTI STRATEGIE PER IL PROGETTO I NUOVI SUOLI COSTELLAZIONI UMANE: NUOVI CATALIZZATORI
5.0 BIBLIOGRAFIA
VI
70
72 76 80 85
124 125 128 130 132 136 155
158
ÂŤ...il mare lavora (non in tutto) come un vero artigiano, nel senso che non ha orari fissi per fare il suo lavoro, i tempi li decide lui, lavora solo quando sente che ĂŠ il momento giusto di agire.Âť Bruno Munari, Il mare come artigiano, Corraini Edizioni, MIlano 2007
Luigi Ghirri, Tellaro-Italy, 1980 fonte: https://www.lempertz.com/de/presse/detail/auktion-photographie-rekordpreis-fuer-luigi-ghirri
VII
SGUARDO OLTRE LE BARRIERE un turismo di frontiera una linea d’acqua le gru 1
La tesi nasce dall’osservazione fatta sugli spazi soggetti ad alcune pratiche spontanee - autorizzate e non - all’interno dell’area portuale di Ancona . Perché conteso? L’area del porto dorico assume in se un duplice significato: da una parte anima la città e il suo contesto dall’altra é un limite, una profonda cesura. É il luogo in cui meglio si evidenzia la continua aggiunta e differenza di suolo. Ogni figura rivendica su di esso la propria sovranità, il proprio diritto di usufruire di quel luogo, di quell’altra Ancona che racchiude al suo interno i diversi frammenti che hanno composto negli anni l’immagine e l’identità della città. Le emergenze storico-artistiche, le memorie di un passato industriale, la radicata vocazione verso la pesca e l’ingombrante presenza dei cargo e delle navi da crociera, sono elementi diversi per composizione, nella cui compresenza generano incomprensioni. Il territorio conteso lambisce le coste di Ancona, che vanno dalle pendici del Guasco, nel cuore del porto storico, sino la ferrovia posta a confine della valle del Miano. Il percorso lungo il limite portuale tocca i luoghi storici del paesaggio cittadino, facendone assumere nuove funzioni, in alcuni tratti diventa esso stesso margine (la Lanterna Rossa del Molo Nord e le mura traianee) mentre in altri casi é incluso tra più confini che s’intersecano (il Lazzaretto vanvitelliano), favorendo l’attraversamento, se pur con difficoltà, del bordo. Il gomito portuale, a causa delle barriere che lo cingono, é percepito come un luogo di frontiera, che sottrae alla città l’affaccio diretto al mare e che ne consente la vista esclusivamente attraverso le recinzioni metalliche o ergendosi dalla sommità del colle Guasco. Questa cesura ha fatto si che si perdesse la primigenia simbiosi della città dorica con il suo porto naturale 1, passando nel corso dei secoli da luogo che «strutturava per intero la città»2, ad una solida e impenetrabile realtà.
2
Attirati dalla proibizione all’ingresso in alcune aree del porto , alcune associazioni no profit e gruppi di cittadinanza, decidono consapevolmente di volgere il loro sguardo all’interno dell’area demaniale, verso determinati ed evidenti luoghi feticcio. Lo scopo é quello di evidenziare, tramite svariate forme di promozione, la negazione del porto alla sua città, restituendo temporaneamente un bene a loro privato: il mare. La ricerca é partita grazie all’interlocuzione diretta coi soggetti coinvolti in questo processo di evanescente trasformazione. Sul porto, in particolar modo l’area che si specchia nel bacino della Mole Vanvitelliana, queste comunità hanno restituito un caleidoscopio sfaccettato di interessi e attività, da chi é concentrato a salvaguardarne l’essenza e l’identità di chi in quella porzione di terra, tra acqua e suolo, ha sempre abitato, a chi, tramite «opere a deperimento»3 o eventi intermittenti vuole restituire agli anconetani e ai turisti, un luogo lungo il mare, dove trascorrere parte della vita sociale. Una città, che vista la natura degli scambi giornalieri con le coste opposte dell’Adriatico, diventa una luogo di transito, quasi di attenzione temporanea, dove ci si ferma istantaneamente e si riparte. L’attesa tra uno scalo e una partenza ,fa si che ci siano esplorazioni repentine, per un turismo “mordi e fuggi” nei luoghi prossimi il protettivo recinto del porto, senza mai addentrarsi nell’altra Ancona.
VALICARE I CONFINI una pozzanghera d‘acqua 3
L’argomentazione si sviluppa in più parti. La prima si struttura partendo dalla trasformazione del porto di Ancona a partire dalla metà del XIX secolo, per poi proseguire con la descrizione delle parti che compongono l’intero arco portuale, fino all’individuazione dei limiti che impediscono la penetrazione dell’area. La seconda parte é orientata verso l’area destinata al porto pescherecci, al suo stretto rapporto con il limitrofo quartiere degli Archi e alle associazioni che si occupano dell’organizzazione di manifestazioni on-off ,nei luoghi del mercato ittico, fino alla street art usata come mezzo per accedere in alcuni luoghi inesplorabili. La terza si concentra maggiormente sull’analisi degli usi e dei comportamenti emersi durante diversi periodi di tempo. L’approccio usato é quello della restituzione fotografica che ha permesso di poter tracciare un’indagine tangibile delle azioni (visibili ed invisibili) degli individui, creando una serie di campionamenti, atti a catalogare minuziosamente le pratiche spontanee che gli abitanti attuano su questa porzione di città. Un’esplorazione, questa, condotta avendo visto Viaggio lungo la valle del Po di Mario Soldati4, e che da questo documentario è stata suggestionata nel ripercorrere un territorio e scoprirne le tracce lasciate dagli usi. L’ultima parte riguarda l’ elaborazione di uno scenario progettuale all’interno del territorio condiviso e conteso dell’area del
Teresa Sdralevich, Paperwallpaper, 2009 fonte: PopUp!
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Mandracchio, dove l’ imminente dismissione del complesso fieristico (con il conseguente eccesso di spazio inutilizzato),viene sottratto e fagocitato dall’onnivoro demanio portuale, divenendo il luogo atto a favorire gli scambi di relazione tra le diverse comunità. Abbandonata la pretesa non realistica di dismettere l’intera area portuale per trasferirla in un altro luogo, si é deciso di basarsi sull’esistente. La proposta presentata si rifà al gioco morfologico di contrazione ed espansione verso l’acqua e la terra, che il porto commerciale ha avuto durante il corso dei secoli, oltre che alla negazione del mare ai cittadini, cercando di ricostruire un immaginario del territorio dell’acqua che rende possibile la convivenza delle diverse azioni, fino ad ora sparse e conflittuali.
SCHEMA DEI CONFLITTI area attorno il Lazzaretto vanvitelliano 1. Rosario Pavia, Lo sviluppo urbanistico di Ancona: dalla citta’ antica all’800, R. Pavia (a cura di), Citta’ e territori del medio Adriatico, colloquio internazionale di studio Italia - Jugoslavia, Franco Angeli, Milano 1990. 2. ibid. 3. cit. emersa durante il colloquio orale con i rappresentanti di MAC: manifestazioni artistiche contemporanee. 4. di Mario Soldati, Viaggio lungo la Valle del Po, alla ricerca dei cibi genuini. Inchiesta, in dodici puntate, condotta per la Rai nel 1957, in cui il territorio padano viene percorso lungo tutte le realtà presenti, mostrando oltre le peculiarità culinarie, le differenze umane incontrate. 5
1.0 IL PORTO DI ANCONA
6
Giungendo in treno verso Ancona, si percepisce come quella parte di territorio tra l’Emilia e le Marche cambi gradualmente d’aspetto. Si abbandona alle proprie spalle la porzione di corridoio dell’Adriatico progettata come un enorme parco dei divertimenti, fatta di locali notturni e ombrelloni e dove il contatto che la terra ha con l’acqua é più morbido, docile, per scoprirne uno di ben altra consistenza. Il primo impatto con il capoluogo marchigiano é duro, a tratti ostile. La costa cambia bruscamente la sua forma. I vagoni ferroviari diventano uno spartiacque mobile, i finestrini, uno opposto all’altro, offrono due scenari conflittuali. Da una parte la strada litoranea, asse di collegamento che Ancona ha sempre avuto con il resto della costa, e che diramandosi nel pesante asse viario che collega il centro alla frazione di Torrette, mostra un paesaggio collinare, fatto di case sparse addossate alle pendici collinari, che mal dialoga con l’ingombrante infrastruttura di cemento.Dall’altra la rottura é ancor più netta, l’acqua cede il posto alla piattaforma che ospita i metallici stabilimenti industriali, e tra gli spazi nel quale si intravede il mare, qua e la all’orizzonte, alcune barche a vela e qualche natante a remi ci ricordano subito che siamo in una località della costa.
IL PORTO DI ANCONA VISTO DA SAN CIRIACO fonte: OSSESSIONE (1943) di Luchino Visconti
Il sipario su Ancona, dunque, si é aperto, e fin da subito vuole mostrare, e dimostrare, quali sono i diversi caratteri dei protagonisti presenti sul palco.
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Dalla Stazione principale, a fatica si riesce ad intravedere quella città, che nel corso dei secoli ha ammaliato per le sue rovine romane,vedutisti come Jean Bleau o coinvolto emotivamente pittori come Lorenzo Lotto5. Quello che si palesa dinnanzi agli occhi, invece, é una divisione, una barriera immaginaria tra il fronte cittadino ai piedi delle colline e quello verso l’Adriatico, il cui campo é occupato dagli edifici e dall’intricata maglia dei binari ferroviari. Percorrere questo falso canyon non é facile. É un continuo attraversare micro e macro ostacoli, in cui trovano posto frammenti di realtà diverse incastrate l’una all’altra: strutture ricettive, bar, ristoranti, mercatini improvvisati e tappeti di taxi posteggiati un po’ ovunque , tutte legate ad una profonda sudditanza con l’infrastruttura ferroviaria di fronte loro. Il porto non é molto distante, ma la successiva infilata di strade ad alto scorrimento, lo fanno percepire come un luogo lontano, impossibile da raggiungere. La barriera più evidente é quella dell'asse che avrebbe collegato velocemente il porto commerciale, al casello autostradale di Ancona sud. Un tratto di strada perpendicolare al tracciato ferroviario che taglia incisivamente il quartiere degli Archi e la valle del Miano, e che oggi si configura più come un’enorme cortina incompiuta. Oltre, il porto.
L. Mozzoni-G. Paoletti, Lorenzo Lotto. “… mi é forza andar a far alcune opere in la Marcha…” (catalogo della mostra), Jesi 1996, p.150-155 «Nell’agosto del 1550 il Lotto é in Ancona per ultimare con l’aiuto del suo allievo Durante Nobili la grande Pala dell’Assunta commissionatagli dalla famiglia Todini per la chiesa di S, Francesco alle Scale. Era giunto da Venezia nel luglio del ’49 accompagnato da un aiutante … Se l’ispirazione della grande tela, firmata e datata ‘Lorenzo Lotto 1550’, nasce in un contesto umano e artistico di profonda trepidazione e tristezza del Lotto, altrettanto accidentate sono state le vicissitudini storiche del dipinto che nel tempo ha subito guasti e manomissioni ai quali s’é posto rimedio solo nel 1981… il dipinto nella chiesa di S. Francesco alle Scale, segno evidente che era stato rimosso prima ancora della chiusura al culto dell’edificio sacro avvenuta durante la seconda metà dell’800 quando fu ridotto ad ospedale militare e poi a magazzino.» 9
IL PORTO DI ANCONA VISTO DA SAN CIRIACO la memoria storica i traffici commerciali le gru 10
1.1 PERIODIZZAZIONE E TRASFORMAZIONE All’interno dell’area portuale, il Lazzaretto di Luigi Vanvitelli, emerge dallo specchio d’acqua che lo circonda, rimarcando come la città sia da sempre profondamente legata al suo porto e come questo, sia stato promotore di vicende urbanistiche che ne hanno modificato il suo aspetto in relazione alla sua evoluzione. L'edificato interno, all’interno della piattaforma occupata dal porto, é costituito da successive stratificazioni, che nel corso degli anni, e delle strategie economico commerciali, ha lasciato dietro di se continue dismissioni e rifunzionalizzazioni, macerie e scampoli di memoria. Quello che rimane, é un discorso confuso, fatto di elementi dominanti, dove la pesca riesce forzatamente a convivere con il viavai di camion, container e grandi imbarcazioni che ogni giorno attraversano quest’area, e dove il demanio portuale, ha confini mutanti ed é continuamente affamato di acqua e terra. Cercando di esaminare il tempo lungo della trasformazionione di questi luoghi, si può notare come le aree del gomito portuale, siano mutate sistematicamente tutt’attorno il fulcro pentagonale della Mole, ed é stato quest’edificio a sorreggere, sin dalla sua costruzione nel 1733, lo «stretto rapporto con il sito naturale e la morfologia a teatro della citta»6 . La porzione di golfo nei dintorni del Molo Nord, non ha mai avuto nel corso dei secoli una radicale trasformazione nella destinazione d’uso, anche dopo il pesante bombardamento subito durante la Seconda Guerra Mondiale. Essa ha sempre con1885
11
1900
1915
1925
1945
servato le funzioni di arsenale cittadino e luogo d’attracco sicuro per le navi provenienti da altri paesi. Grazie allo posizione privilegiata ai piedi della cattedrale di San Ciriaco e del Palazzo degli Anziani, questa parte del golfo è stata oggetto di studi riguardanti la connessione tra il centro storico e il suo affaccio verso il mare. Un accostamento per molti versi azzardato tra i progetti di Luigi Vanvitelli7 e Giancarlo De Carlo8 mostrano quanto si sia sempre cercato di ricostituire quest’immagine unitaria che Ancona aveva perso nel corso dei secoli, Puntando sull’aspetto scenografico dell’ingresso alla città dal mare, enfatizzando con alcuni elementi celebrativi, il prospetto portuale, o studiando un fronte d’acqua pubblico totalmente aperto dalle barriere, che fosse in grado di far dialogare, i monumenti presenti con gli spazi atti ad assolvere le esigenze logistiche del porto. La storia del Molo Sud é diversa. Nel tempo é passata dall’essere luogo insalubre e privo di ogni condizione igienica, a luogo del passeggio pubblico e dello svago balneare, per poi trovarne, infine, un’identità industriale con la collocazione di alcuni impianti manifatturieri e lo spostamento del molo pescherecci. Ora, nel ventunesimo secolo, tutte le attenzioni sono rivolte verso il porto commerciale. A causa della sempre più rilevante importanza del traffico container, l’Autorità Portuale, che si occupa di assegnare nuove zone nel bacino portuale, sta prevedendo di aumentarne la capacità, sia verso il mare con nuovi piazzali, che verso l’entroterra con l’acquisizione di aree limitrofe ormai in dismissione, in modo tale da conservarne l’importanza e l’efficienza, all’interno del traffico marittimo nel Mediterraneo. 2000
2014
2025
12
1.2 FRAMMENTAZIONE DEL PORTO L’interfaccia del porto di Ancona è caratterizzata da quattro fondamentali macro elementi , le cui trasformazioni nel corso dei secoli hanno concorso a causarne quelle pesanti fratture che si riflettono ora nel tessuto urbano. Secondo lʼAutorità Portuale l'intera area portuale è suddivisa in: l’area del porto storico e quello del traffico croceristico, l’area della pesca,l’area del commercio e l’area dedicata alla nautica da diporto. La dura porzione di spazio ai piedi delle rupi del colle Guasco, dedicata a Fincantieri, non verrà descritta in un capitolo a parte, ma sarà inclusa in quella del porto storico, al fine di descriverne le dinamiche lʼhanno legata ad essa.
porto pescherecci porto storico
porto crociere Fincantieri porto commerciale porto turistico
SUPERFICIE
CITTA’ (fonte: comunitaliani.it) SUPERICIE
FINCANTIERI (fonte: Fincantieri.it) SUPERFICIE
PORTO TURISTICO (fonte: Osservatorio Short Sea Shipping) SUPERFICIE
PORTO COMMERCIALE 6. Rosario Pavia, I porti di città, R. Pavia M. Di Venosa (a cura di), Waterfront, dal conflitto all’integrazione, List Lab, Rovereto 2012 7. Giorgio Bucciarelli, Storia e architettura della Mole Vanvitelliana, C. Mezzetti, G. Bucciarelli, F. Pugnaroni (a cura di), Il Lazzaretto di Ancona, un'opera dimenticata, Cassa di Risparmio di Ancona, Ancona 1978. 8.Giancarlo de Carlo, The visibility of contemporary architecture, in «Domus», Giugno 2005. 13
SUPERFICIE
PORTO PESCHERECCI
123,71 kmq
500.000 mq
370.000 mq
673.600 mq
78.300 mq
SUPERFICI confronto sulle estensioni dei diversi ambiti
FRAMMENTAZIONE DEL BACINO PORTUALE le parti
14
1.2.1 IL PORTO STORICO La vastità e la consistenza del porto storico si riescono a percepire solamente, stando sull’osservatorio naturale dalla quale sorge la cattedrale di San Ciriaco. Da qui si vede come questa porzione si estenda da nord a sud, dall’apice luogo della Lanterna Rossa, fino al molo XXIX Settembre. E’ un arco naturale che abbraccia tutta la natura storica di Ancona e le sue successive stratificazioni, una sorta di spazio feltro, quello nel senso che ,Fèlix Guattari e Gilles Deleuze9 conferiscono al concetto di spazio materico in cui le scaglie che compongono l’immagine storica (i resti delle antiche mura del II secolo a. C, l’arco di Traiano e quello di Clementino, la casa del capitano) e quella del porto sono orizzontalmente intrecciate tra loro, e il cui gesto di voler isolare uno strato piuttosto che un altro, fa si che quello successivo non riesca a scindersi totalmente da esso. La visione che quest’area ci restituisce è unʼimmagine all’apparenza omogenea, ma la cui scabra matrice, fatta di intricate figure che si sovrappongono, fa si che sia impossibile dividerle l’una dall’altra. Più che emergenze artistiche, queste appaiono come pezzi isolati nella tessitura regolare di quella porzione di spazio, e fungono da sostegno, a quel corridoio che parte dividendo l’area occupata da Fincantieri e del porto commerciale, per arrivare zigzagando fino al Molo nord in prossimità della Lanterna Rossa.
IL PORTO STORICO DALLA LANTERNA ROSSA AL GUASCO diversi archi 15
La zona dei cantieri navali occupa una buona fetta di questo territorio. É come una dura superficie sulla quale sono sparsi diversi capannoni. L’enorme gru funge quasi da elemento distintivo dell’area, rimarcando da ogni punto in cui si osserva la costa, la proprietà di Fincantieri. Anche i cantieri navali sono soggetti, come tutti gli elementi che compongono il porto, a conseguenti dilatazioni verso il mare, a causa della richiesta di spazio sempre maggiore dovuta alla movimentazione delle navi assemblate in loco. Nel 2011, a causa della congiuntura economica e della scarsa richiesta di cantierizzazione di grandi imbarcazioni, la crescita si è arrestata (in questo caso il rischio di chiudere gli stabilimenti con il successivo abbandono dell’area, fu scongiurata). Questo penalizzò il comparto delle risorse umane, in cui una drastica riduzione del personale presente, e il reimpiego del restante nella lavorazione di una nuova nave, giunta come incarico in extremis, salvò la Fincantieri di Ancona dall’imminente e preannunciato crollo. Volgendo le spalle ai cantieri nautici, dal lato opposto, si entra nell’ambito delle darsene dedicate ai servizi del porto crociere e alla mobilitazione di merci, nonchè al traffico passeggeri. Tutta questa fascia, è ovviamente recintata e marcata da cortine metalliche, ove l’impressione che si ha del suo interno, è quella di una fitta tessitura di pixel colorati, dovuti alla presenza dei containers . Qui le dimensioni degli oggetti presenti, sono le più disparate, dal chiosco adibito a bar, fino ai severi uffici militari, ma basta orientare lo sguardo verso i moli Wojtila e Santa Maria, per avere l’impatto di scala con le grandi navi10.
OPERAI FINCANTIERI (fonte: bilancio Fincantieri 2011)
825
OPERAI FINCANTIERI (fonte: bilancio Fincantieri 2011)
535
NUMERO DEGLI OPERAI DI FINCANTIERI confronto sulla riduzione del personale impiegato
LA LANTERNA ROSSA una nave cargo verso il porto 16
Per la sua posizione strategica all’interno del Medio Adriatico, il porto passeggeri di Ancona è uno dei più importanti d’Italia, e ogni giorno collega la città con le coste della Croazia, della Grecia e dell’Albania. Grazie a questo traffico, si registra un costante flusso di crocieristi che ogni anno "toccano terra", i dati mostrano infatti come, nel 2013, venne registrata dall’Autorità Portuale, la presenza di 1.174.054 turisti11, cui solo 370.712 decisero di fermarsi e soggiornare nelle strutture ricettive presenti in città. Questi valori significativi fanno pensare come il passaggio dei turisti nel capoluogo marchigiano, sia di natura temporanea, a volte circoscritto alla sola sosta all’interno del recinto portuale, o al massimo proiettato verso i servizi subito prossimi le banchine. Lo spazio al di fuori del recinto, lungo la Banchina Giovanni da Chio, è indeterminato ad un uso pedonale, in cui la partizione di strada dedicata al traffico pedonale, facilmente si confonde con quello riservato ai tir e alle automobili. Questo non è un punto fisico di relazione con il centro città, o con il Teatro delle Muse che di li dista solo pochi metri, è invece uno spazio statico, respingente a chi lo vuole conoscere, in cui il porto è più importante della città e non è scontato avvistare
POPOLAZIONE (fonte: censimento 2012)
100.465
ANALISI DEI FLUSSI UMANI confronto tra la popolazione e il traffico turistico
9. Fèlix Guattari Gilles Deleuze, Millepiani, capitalismo e schizofrenia, Massimiliano Guareschi ( a cura di), Alberto Castelvecchi editore, Roma 2006, p.700 «tra i prodotti solidi, flessibili, può essere annoverato il feltro,che procede in maniera diversa,come un anti-tessuto. Non implica nessuna liberazione dei fili, nessun intreccio, ma soltanto un groviglio di fibre ottenute per follatura … Un tale sistema di intrico non é per nulla omogeneo: tuttavia é liscio, e si oppone punto per punto allo spazio del tessuto, é infinito di dritto, aperto o illimitato in tutte le direzioni, non ha ne’ rovescio ne’ dritto ne’ centro, non assegna ruoli fissi e mobili, ma distribuisce piuttosto una variazione continua». 10-11 le navi specificate sono del tipo ROLL-ON/ROLL-OFF, i dati inerenti queste imbarcazioni e quelli inerenti la tipologia di strutture ricettive e il numero dei delle presenze presenti ad Ancona, sono stati estratti dal sito trail marche. I dati sono riferibili allʼanno 2013 Le informazioni sono state estratte dal sito web: http://marche.portale-infrastrutture.it/infrastruttura_scheda.asp?id=628
17
TRAFFICO PASSEGGERI (fonte: Autorita’ Portuale Ancona 2013)
1.174.054
PRESENZE TURISTI (fonte: osservatorio Ente Turismo Marche 2013)
370.712
qualche turista intento a farsi le foto con le spalle rivolte al mare e alle grosse imbarcazioni anzichè verso lo scenario cittadino. Alcuni di loro, provano ad addentrarsi verso Corso Mazzini e Corso Garibaldi, assi vicini Piazza delle Muse, noti per la copiosa presenza di attività commerciali.
LA BANCHINA GIOVANNI DA CHIO i turisti e il porto 18
IL PORTO PESCHERECCI E COMMERCIALE Porta Pia il Lazzaretto vanvitelliano i silos 19
1.2.2 IL PORTO PESCHERECCI E IL PORTO COMMERCIALE Ben altra situazione è quella che si trova nella zona a sud del porto storico. Qui il bacino d’acqua è condiviso dalle attività dedicate alla pesca e al traffico merci. Anche in questa situazione la vastità delle superfici e i confini tra di esse, non sono percepibili stando al livello in cui sono situate, ma per farlo, bisogna ergersi dalle rupi di via XXIX Settembre sopra Porta Pia. Quest’area ha una diversa morfologia rispetto quella a nord. Lo spazio qui è organizzato in maniera multiforme, dove in alcuni casi i domini delle aree si fondono, in cui ogni porzione che si presenta, è soggetta a diverse condizioni di utilizzo; solo dopo averla penetrata ed esplorata si può percepire come l'intera area sia complessa, come se lei sola fosse una piccola città stretta attorno il proprio porto. Sommariamente si presenta come una piattaforma dedita al traffico e produzione di beni situati in aree e capannoni industriali disposti in maniera ripetitiva sul suolo, ma stringendo minuziosamente il campo, si possono trovare le attività più disparate, dai luoghi della cultura, ai lunapark improvvisati in aree di proprietà dell’Autorità Portuale, dal commercio ittico su piccoli automezzi, ai depositi in cui si lavora il pesce pescato nella catena del freddo, dai ristoranti tipici, ai piccoli bar posti lungo il molo in cui attraccano i pescherecci, fino alle zone di sosta dei tir utilizzate dagli autotrasportatori quasi come se fossero dei piccoli monolocali.
LE DIVERSE FACCE DEL PORTO stesso luogo tempi diversi 20
VALICARE I CONFINI la Marina Dorica
1.2.3 IL PORTO TURISTICO DELLA MARINA DORICA Addossato all’area consacrata al traffico commerciale, il porto turistico della Marina dorica è stretto tra il fascio dei binari ferroviari e il mare. La struttura e gli impianti sono stati inaugurati nel 2000, nella zona a ridosso quella delle Ferrovie dello Stato, dopo anni di discussioni sulla sua eventuale collocazione o meno all’interno del Mandracchio, motivata dalla presenza nelle stesse acque, attorno il Lazzaretto, di una banchina per le navi da diporto appartenenti alla società sportiva Stamura. Decisione fortunatamente abbandonata, evitando così di dover penalizzare già il soffocato porto pescherecci. Gli impianti del porto, furono costruiti grazie al finanziamento di una società, che tuttora vede congiunti in minima parte le sovvenzioni degli enti pubblici del Comune di Ancona e della Provincia e i capitali rimanenti, provenienti dal la Nautiservice s.r.l e dal Consorzio Vanvitelli, un gruppo privato composto da otto circoli nautici, che ne determina la maggioranza del gruppo, É ad oggi il fiore all’occhiello allʼinterno del circuito di tutti gli impianti diportistici nel territorio marchigiano. Osservando la consistenza e la materia del sito, questo risulta perlopiù anonimo, fatto 21
di una serie di edifici similabili a quelli di un piccolo centro commerciale dell’entroterra anconetano, con le aree dedicate al parcheggio delle autovetture lastricate da autobloccanti e sparse qua e la ,qualche pianta ornamentale e qualche panchina, inserite all’interno di spazi non ben definiti. L’intero agglomerato della Marina dorica continua a rimanere un corpo staccato dal resto della città che volutamente decide di estraniarsi, pur trovandosi vicino ad un nucleo residenziale sulla via Flaminia ed essendo dotata di numerosi servizi12 che potrebbero servire alla collettività, come punti ristoro, minimarket, una scuola vela e un night club, l’impianto è reso impenetrabile da alcune barriere azionate da personale di servizio, che ne limitano l’accesso esclusivo ai soli soci. Azione questa, che dimostra voler essere un ulteriore luogo repulsore all’interno di Ancona, in cui tutt’attorno i propri confini, si trovano una costellazione minuta di fabbricati industriali, composta unicamente da attività accessorie alla vita del porto turistico, come a voler schermare quest’area dall’occhio indiscreto degli altri cittadini, impedendone l’affaccio verso l’Adriatico.
posti per le IMBARCAZIONI (fonte: Marina Dorica)
1280
12. http://www.marinadorica.it/Servizi. Allʼinterno del sito web, si può scorrere lʼintero elenco dei servizi offerti dal porto turistico, verificando che, oltre i servizi inerenti la nautica, in una sezione a parte ci sono anche quelli indicati sotto il dominio di "altri operatori". 22
1.3 I LIMITI
I LIMITI lʼorografia il porto le recinzioni 23
Per comprendere come il concetto di limite/esclusione sia percepito degli anconetani, basta esaminare alcune discussioni pubbliche. Appare chiaro, leggendole, come all’interno della città l’accesso o meno a determinati spazi e al mare, sia dato dalla percezione tangibile che le persone hanno di questi. Significative e non rare sono affermazioni come le seguenti: «un waterfront ad Ancona sembra un sogno. In questa città sembra quasi che il mare non ci sia, tanto soffocato e inaccessibile sul lato porto, quanto a consumo di pochi eletti sul lato Passetto … Apriamo la città al mare!» 13 .«La politica locale ha cercato di tenere il cuore pulsante del porto un deserto riservato a pochi a discapito di un ampliamento delle strutture portuali»14. Esse esprimono dissenso generale e fanno emergere una sorta di rifiuto nei confronti del porto. Cui si imputa la privazione di un bene collettivo, il mare. Elementi come gli accessi, le distanze, gli attraversamenti, i punti di osservazione dall’alto e quelli dal basso, contribuiscono a favorire lo sviluppo di determinate dimostrazioni della vita sociale in città e proprio per questo, risultano poco trascurabili nello studio delle barriere e dei confini, complessi tracciati che delimitano o annullano determinate regioni cittadine e che, a loro volta sono causa di spazi attigui ad essi condizionati ad un determinato uso sociale. Basti pensare all’orografia, come il caso meno estremo della fusione della geografia del luogo, che fin dalla fondazione della città ne ha favorito l’assetto cittadino in un determinato
modo, oppure, di natura contraria, quello segnato in maniera più sottile e immediatamente meno visibile, che fu portato avanti da una serie di autorità, come lenta e graduale sottrazione di porzione di paesaggio urbano che negli anni, è stata causa della definitiva col tessuto urbano. Nel caso anconetano, emergono due distintive marcature di tale natura, da una parte le recinzioni apposte dall’Autorità Portuale a "difesa" del proprio territorio e dall’altra alcune infrastrutture, che al contrario, furono costruite per favorire gli scambi tra punti diversi nello spazio cittadino e che invece vengono associate ad una perdita di utilità. Si trattano queste, come una marcata distanza posta fra le enclaves e la popolazione urbana, che appaiono più come corpi strozzati entro le proprie reti, anzichè amalgamate a ciò che le circonda. Quest’isolamento voluto e consapevole è visto dall’intera comunità, come la negazione della città nella città, come luoghi torbidi in cui è impossibile, a causa delle politiche dei gestori, una qualsiasi forma d’interazione tra le parti, indebolendone una possibile fusione.
muri
grandi distanze
dislivelli ISOLAMENTO
CONTATTO
RIDISEGNO DI ALCUNI ELEMENTI CHE JAN GEHL INDICAVA COME PIANIFICATORI DELL'ISOLAMENTO E POSSIBILE SOLUZIONE
13-14. Nel marzo 2013, si è fatta viva la discussione riguardo il nuovo assetto del porto di Ancona proposto dall'Autorità Portuale. Tramite il sito del Movimento cinque stelle é stato possibile ricostruire il dibattito presente in città, in merito alle proposte mosse dalla cittadinanza, riguardo un possibile intervento nell'area del Mandracchio, o in prossimità della Lanterna Rossa. Le frasi citate sono state estrapolate da alcuni interventi sul sito web www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/ancona/2013/03/il-porto-deve-essereuna-risorsa-per-la-citta 24
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1.3.1 INFRASTRUTTURALI Tra Ancona e il porto, due reti mutualmente perpendicolari, determinano il pesante limite mare-città e sono, il fascio ferroviario proveniente dalla Stazione centrale e il tratto di strada statale (SS 681) sopraelevata che s’innesta nel quartiere degli Archi. L’esistenza simultanea di queste grandi infrastrutture all’interno del medesimo ambito portuale e prossimo alla città storica, fa si che queste non appartengano al margine della città, ma a loro volta lo costituiscono, rompendo una sorta di continuità nello spazio urbano che rimarca in maniera significativa il distacco di Ancona dal suo porto.
infrastrutturali naturali Autorità Portuale I LIMITI FISICI NELLA CITTÀ le parti
A differenza della Stazione centrale, quella di Ancona marittima, riveste un ruolo significativo all’interno di questo ragionamento sui limiti. Con un traffico meno considerevole rispetto la sua gemella, i binari che si attestano in questa stazione, tagliano vari aspetti urbani, dividendo orizzontalmente l’area alle pendici dell’Astagno dalla costa. Ai lati opposti di questa geometria, si generano degli spazi di transizione diversi l’uno dall’altro, in cui la demarcazione fisica data dalla coppia di binari, causa la perdita percettiva di quel dialogo che li accomunava, riducendoli al ruolo di scarto. Le interferenze prodotte da questo tratto esposto, fanno si che gli attraversamenti da Via Marconi alla banchina portuale, siano confusi, ostili, e frammentari; per cui non c’é da stupirsi se il bordo dei binari, viene costeggiato ogni giorno da quel traffico lento dato dai pedoni, che lo percorrono solo per sentirsi meno esposti al continuo viavai dei tir che transitano nella carreggiata subito prossima a quella ferroviaria. Tra questi tratti, quello più complesso é quello adiacente la Mole Vanvitelliana. Qui, sarebbe presumibile pensare che, vista l’attrazione museale che si trova all’interno dell’edificio, sia uno spazio brulicante di quotidiana attività umana in cui anche il solo sostarvi possa «trasformare una situazione in una opportunità significativa per contatti»15 ma che invece vista la sua posizione di tramite, si riduce ad uno spazio 26
sfruttato in maggior misura da chi, camminando a piedi, preferisce il suo "attraversamento" protetto per sentirsi pi첫 al sicuro, dal movimento dei mezzi pesanti.
DAL PORTO STORICO AL VIADOTTO limiti infrastrutturali 27
L’altra infrastruttura, che ha caratteristiche simili, ma di aspetto e funzione diverse da quella ferroviaria, é quella che collega, per un breve tratto di un solo chilometro, la zona industriale del porto di Ancona al centro storico 16. Le sue caratteristiche, nonostante la limitatezza, potrebbero farla assomigliare ad un tracciato per l’alta velocità, e in effetti lo é, perché questa doveva essere in origine, la connessione del Porto con il casello dell’A14, e che invece si é trasformata, per mancanza di fondi atti a completarla, in un ipotetico e incompiuto collegamento tra la zona industriale e la città. Questo cambio di destinazione, ha però penalizzato il sottostante luogo, dove l’ultimo segmento della strada si arrotola su se stesso per confluire all’interno di via Marconi, ossia nel cuore del quartiere degli Archi, riuscendo ad aggravare ulteriormente, già l’evidente scollamento tra quest’ultima e il resto della città. La quota inferiore del viadotto, nonostante il rumore ovattato dalle auto che sfrecciano al di sotto e al di sopra di esso, é uno spazio in cui l’attività umana non manca. Viste le condizioni ambientali che lo caratterizzano, gli scambi tra gli individui sono molteplici, in cui non mancano gruppi di persone intente a conversare, mentre usano le sedute delle fermate dei bus come se fossero le poltrone di un caffé del centro storico, o dove i sostegni strutturali del cavalcavia, usati all’occorrenza, diventano un mezzo per fini artistici, reinventandosi come nuovi scenari in cui praticare arte urbana.
COSTEGGIARE 15. J. Ghel, Vita in città: spazio urbano e relazioni sociali, Maggioli, Rimini 1991 p.78 in relazione all'isolamento e il "vivere a piedi" «...la vita si vive sopratutto mentre si cammina a piedi. solamente il "camminare a piedi" trasforma una situazione in una opportunità significativa per contatti e informazioni ottimali per fare esperienze, per rilassarsi o per partecipare attivamente alla situazione.» 16.si tratta della SS681, asse incompleto di gestione dell'Azienda Nazionale Autonoma delle Strade. http://marche.portale-infrastrutture.it/infrastruttura_scheda 28
PROMENADE TRA I LIMITI_INFRASTRUTTURE porto storico Mandracchio Quartiere degli Archi 29
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1.3.2 AMMINISTRATIVI L’elemento ordinatore dell’enorme massa portuale anconetana, é il recinto. Lungo tutto il suo tratto, dal molo Nord all’area ZIPA, è ininterrotto, esule dall’incontrare ostacoli; assume forme, altezze, spessori e materiali diversi, mantenendo però inalterata la funzione che lo contraddistingue, cioé quella di escludere e allontanare. Nella zona a nord dello specchio d’acqua, la trama é fitta, la materia consistente, il muro che divide il dominio dell’Autorità Portuale da quello cittadino, parte dalla lingua di cemento in cui é posizionata la Lanterna Rossa e giunge fino al luogo in cui si trova la coppia di archi trionfali. All’inizio e all’uscita di questa porzione, si trovano dei varchi che consentono l’accesso alle aree, in cui cartelli visibilmente affissi indicano come “l’ingresso sia vietato ai non addetti ai lavori”. Il divieto diventa da parte della cittadinanza, aggirabile, ossia, nonostante gli avvisi di stare lontani, questi spazi vengono attraversati e vissuti nei modi più disparati, in cui la percezione di pericolo che il cartello vuole indurci a credere, si trasforma in senso di sicurezza e protezione, attivando così una serie di situazioni inspiegabili, vista la funzione principale che quel luogo assume. Sono barriere che diventano sostegni, usati per addossare la schiena quando ci si siede per conversare ,pescare o riposare, oppure protezioni per sfuggire all’occhio altrui, in cui le persone ricercano nello spazio una qualsiasi forma di intimità. Qui é il luogo in cui l’individuo rincorre un rapporto fisico con l’elemento acqueo, che un po’ ricorda quello che accade lungo un normale lungomare, di una qualsiasi cittadina balneare.
Spostandoci a sud dell’Arco Clementino, l’esclusione dal mare é data da un’infilata di grate metalliche, che indicano che ci troviamo al cospetto della porzione di porto dedicata al traffico passeggeri. Questa invece, giungendo fino alla Dogana portuale, percorre tutta la linea del confine, per poi incunearsi nella costa, vicino lo specchio d’acqua del Lazzaretto. Al termine di questo tratto, le recinzioni si allineano ai binari che raggiungono la stazione di Ancona marittima, creando un surplus di spazio impenetrabile. Anche qui, come nel caso del limite ferroviario, questo spazio diventa un corridoio scoperto, in cui i pedoni, o le poche persone che praticano il jogging, transitano ordinatamente in fila indiana all’interno dalla segnaletica orizzontale a loro dedicata, per il timore di essere investiti dal continuo traffico che gravita nella zona. Sparpagliate, al di fuori della rete metallica e al margine sulla strada che le costeggia, si sono sviluppati alcuni esercizi commerciali legati perlopiù alla ristorazione nelle ore giornaliere, ad eccezione fatta per due locali, in cui la vita sociale avviene soprattutto verso sera. Queste ultime, sponsorizzano attività ricreative che sconfinano dalle mura del locale per espandersi a macchia in strada, toccando il margine del porto. Visto il richiamo che il Bar del Porto ha nei confronti dei ragazzi (giovani in una fascia d’età che va dai 20 ai 30 anni), non é difficile vedere scene in cui funzionari di polizia, intimano il cessare delle attività, per il disturbo che queste arrecano ai passeggeri che sostano al di là della barriera. Atteggiamenti, questi che fomentano l’incomunicabilità tra gli abitanti di Ancona e i turisti che scelgono di rimanere a bordo delle navi ormeggiate lungo quella porzione di costa. Tentando di addentrarsi all’interno della zona industriale del porto commerciale, superata l’area dedita alla pesca, si può notare come le barriere continuino ad essere costituite da recinzioni metalliche, oltre a queste si aggiungono , le quinte date altezze degli edifici che circoscrivono questa porzione di territorio e i diversi tir posteggiati a ridosso delle delimitazioni o nelle aree adiacenti gli impianti. Questa porzione di spazio é totalmente sfruttata, ed é difficile considerare che possa esserci una combinazione tra le attività a servizio di tale tipologia di porto con quelle legate al tempo libero, come ad esempio il gioco negli spazi aperti, eppure questo accade frequentemente. Con una certa attenzione da parte degli utenti, questa forma di svago si sviluppa tra gli interstizi delle banchine lasciate scoperte dalle protezioni demaniali, o anche nell’area tra i bordi degli approdi dei pescherecci e il fronte compatto degli autotreni in sosta. Superficie anch’essa dall’uso singolare, poiché sfruttata nell’intervallo di tempo che intercorre tra un’interruzione di viaggio e una partenza, dagli autotrasportatori, come se fosse un’estensione della loro abitazione, ossia ad uso privato. Tra un camion e l’altro, si possono quindi trovare persone che adibiscono la porzione di carreggiata come se fosse una sala pranzo, o anche chi ne approfitta per stendere il bucato al sole, situazioni queste, che creano una sorta di “rapporto di vicinato” con i pescatori che lavorano li vicino. 32
PROMENADE TRA I LIMITI_POLITICHE porto storico Mandracchio porto commerciale 33
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1.3.3 NATURALI Di ben altra composizione é l’aspetto riguardante i limiti imposti dall’orografia della città. Cinzione naturale e ottimale a difesa del porto storico allora, come oggi é quello che costituisce, grazie ai picchi collinari, l’unico punto di osservazione dell’intero versante portuale. Raggiungere la cima dei colli Guasco, Astagno e quello del monte Cardeto, non é semplice, poiché bisogna inerpicarsi su strade ripide o viottoli cittadini, sia se si é a piedi o in auto. Tutta la città é fortemente dipendente dalla sua peculiare geografia e questo può costituire una barriera dal punto di vista dell’accessibilità, poiché i parchi o alcuni luoghi d’interesse cittadino, sono ubicati in alcune aree collinari; tra questi luoghi più evidenti la Cattedrale di San Ciriaco, frequentati ogni giorno sia dai turisti che dagli anconetani, per via del panorama fronte mare, e dove la qualità degli spazi esterni ne permette una piacevole sosta. E’ invece più problematico, raggiungere, in questo caso solamente camminando (perché le auto non vi possono accedere), gli osservatori naturali posti sulla cima del Cardeto e su quella della Cittadella del Sangallo. Entrambi i parchi, sono percorribili a piedi tramite sentieri ricavati nella terra, e sono prevalentemente sfruttati come luoghi in cui fare sport all’aria aperta (equitazione e corsa campestre) o anche solo per sostare tra la vegetazione. I livelli di attività e il numero di eventi umani,non sono molti, ma in alcune ore del giorno del fine settimana, questi spazi si animano lievemente, da famiglie e coppie alla ricerca di luoghi isolati dal traffico cittadino.
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Non é semplice per l’altra Ancona, quella al di fuori del centro storico e divisa dalle colline, raggiungere la spiaggia del Passetto, unico luogo in cui si può fruire del contatto diretto con il mare. Per evitare il saliscendi tra i rilievi che dividono gli stabilimenti balneari dai quartieri periferici, occorre percorrere la statale Adriatica e un breve tratto di via Marconi in zona Archi, per poi immettersi all’interno del sottopasso al termine della stessa via Marconi, riuscendo così a colmare la distanza tra loro e l’acqua.
PROMENADE TRA I LIMITI_NATURALI porto storico Mandracchio porto commerciale 37
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1.4 LA ZONA INDUSTRIALE PORTUALE Osservando le carte del Piano Regolatore del comune si nota come la denominazione apposta per la zona Zipa (acronimo di ZONA INDUSTRIALE PORTUALE ANCONA) indichi quella porzione di territorio, a carattere produttivo, a ridosso del Molo Sud, i cui confini sono l’Adriatico e l’insieme dei binari della stazione centrale. A causa dei diversi governi racchiusi nello stesso territorio, la lettura dei molteplici legami tra le micro partizioni, risulta essere lenta e difficoltosa ; l’Autorità Portuale, il Comune di Ancona, le Ferrovie dello Stato e un consorzio multiforme di soggetti pubblici e privati, si ritrovano in una vasta superficie di 1.193.810 mq 17.
area ZIPA LA ZONA INDUSTRIALE PORTUALE 39
1.4.1 IL CONSORZIO ZIPA. UN INSIEME DENSO DI ATTIVITÀ Quello che desta un po' di confusione é quel sottoinsieme che prende il nome, di consorzio Zipa. Nonostante lo stesso acronimo, le attività di quest’ente pubblico, hanno confini ben diversi da quelli indicati dal comune per quello relativo alla zona industriale. Questo accavallamento, sia nella nomenclatura che nelle funzioni, ne restituisce una percezione poco chiara, amplificata poi, dalla sovrapposizione delle aree facenti parte la Zipa e quelle del gruppo. In prima fase , vista la quantità di soggetti coinvolti e per via della mancata trasparenza delle destinazioni d’uso, non é stato facile identificarli tutti con ripetuti sopralluoghi nell’area, ma grazie all’ausilio dell’elenco presente sul sito internet del consorzio18, é stato possibile tracciare i giusti confini che delimitano questo cospicuo insieme. Il consorzio per le zone imprenditoriali della Provincia di Ancona (ZIPA), ha mosso i suoi primi passi nella città dorica, nel 1950, anno della sua costituzione a Jesi, con l’interramento all’interno dell’ambito del porto di Ancona, di 86 ettari di territorio delle acque di proprietà del demanio marittimo. Da li a 20 anni, continuerà incessantemente la sua operazione di espansione territoriale e acquisizione di lotti, arrivando ai giorni nostri con all’attivo, poco meno di un centinaio di società dalle differenti destinazioni. «Favoriti e accompagnati dal sostegno economico» dell’ente, in pochi anni sono sorte in questo spazio, un numero determinato di attività produttive, dalle industrie legate alla pesca al trasporto containers, dai cantieri nautici di prim’ordine all’interno del panorama internazionale (ISA-international shipyards Ancona e i cantieri navali Mario Morini), fino al CNR nel distaccamento marchigiano che si occupa delle scienze marine. Troviamo inoltre la gestione del porto turistico della Marina Dorica e l’Autorità Portuale con alcuni servizi annessi al traffico crocieristico, e l’ormai fallita Fiera della Pesca. Oltre a questo indice sensato di attività ,vista la vocazione del luogo, spiccano contrapposte alcune tra le più disparate aziende (medie e piccole), che sono del tutto avulse dal primitivo uso dell’acqua, come, agenzie matrimoniali, mobilifici fino a trovare un’agenzia di scommesse ippiche. Il lungo elenco di molteplici attori, ci induce all’esercizio di osservare l’area dall’alto, per tentare di comprendere le forme che questi assumono e costruire una possibile relazione che intercorre tra le architetture e gli spazi. Un punto di vista reale ma che in maniera astratta, ci riporta un’immagine fatta di una consistente materia non ben definita, in cui la mole dei fabbricati legati al porto commerciale, si moltiplicano e contraggono costantemente, lasciandone incisa al suolo, la loro mutazione nel tempo. Dove i piccoli capannoni riservati alle lavorazioni meno pesanti, risultano soffocati da quelli più grandi, all’interno di 40
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uno spazio senza una giusta connotazione, oltre a questo, si faticano a rintracciare nella zona destinata alla Marina Dorica, quei 218.000 mq indicati dal consorzio, come suolo dedicato agli «spazi e attrezzature collettive» e ad un concetto d’uso aperto al pubblico, ma che ai fatti, risulta essere parte di un territorio che rimane dall’uso pubblico sfumato, penetrabile solo da alcuni cittadini.
aree consorzio Z.I.P.A. area mandracchio area Ferrovie dello Stato ZONA INDUSTRIALE PORTUALE intreccio dei confini amministrativi
17. www.comune.ancona.it/comune/urbanistica/urbanistica 18. Come ente pubblico economico, «Il Consorzio promuove, nell’ambito del territorio di propria competenza, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività imprenditoriali nei settori dell’industria, dell’artigianato, del commercio e del terziario e dei servizi in genere, con produzione di beni e di attività rivolte a favorire lo sviluppo economico, imprenditoriale e civile delle aree di influenza.» L'elenco completo delle attività legate al Consorzio, é presente consultando il sito web all'indirizzo www.zipa.it 42
1.4.2 L'AREA DELLE FERROVIE DELLO STATO Il consistente fascio di binari antistanti la stazione di Ancona, aggiunge, a sud della Marina Dorica,un ulteriore tassello alla complessa composizione della zona Zipa. La sua collocazione nella piana del Miano, é dovuta oltre alla migliore posizione geografica pianeggiante, anche alla vicinanza strategica con la piastra portuale. Già dalle sue origini, nel 1861. conservava in sé la volontà di dover essere al servizio del porto commerciale, affermando l’intento di dover collegare Roma allo specchio d’acqua orientato ad oriente. Essendo ubicata tra la via Flaminia e Porta Pia, la stazione é stata il volano per l’espansione della città, costituendo un tramite tra il vicino centro città e la periferia, oltre che un evidente estremo del porto commerciale. Non si può dunque scindere il ruolo della ferrovia, confine estremo della zipa, da quello che anima i «brani di città diffusa»19 al di fuori del margine. Qui, nel 1909, si stanziarono secondo una localizzazione selettiva20 e lontani dal centro cittadino i quartieri delle classi operaie, preferendo per l’occupazione di quel “più aulico” e lontano suolo, le classi più agiate. Esclusione questa, che si é perpetrata con l’evoluzione della città e che non ha cancellato l’anima di questo quartiere e il suo carattere di «corpo estraneo e separato»21, fortunatamente in cui, la presenza della stazione, funge da motore per le numerose attività brulicanti che la circondano, rendendola viva. Alta questione é quella che riguarda il fronte interno rispetto la stazione, che mostra, oltre il limite imposto dal nastro infrastrutturale, una declinazione di pochi elementi posti parallelamente lungo il tracciato, affiancati alle già presenti strutture manifatturiere del porto, il cui uso esclusivo da parte delle Ferrovie, ne impedisce l’accesso. Sono molteplici gli spazi che a stento cercano una mutua relazione con quest’area, ma che fanno i conti con una disconnessione, forse motivata dal taglio dei segni tracciati dalle linee parallele del fascio di undici binari, in cui alcuni blocchi ordinati secondo la maglia razionale delle rotaie, risultano essere ravvicinati, mentre altri che assumono come assi di riferimento quelli del Fosso Canocchio, sono discontinui e diradati.
19-21. M. di Venosa, Porti di città, pianificazione urbanistica delle aree portuali, Sala Editori, Pescara 2002, cit. p. 17. 20. R. Pavia, Ancona (in) Le città nella storia d'Italia, Laterza, Bari-Roma 1990, cit. tratta dal cap.7
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1.4.3 L'AREA MANDRACCHIO/FIERA L’area del Mandracchio é nel cuore della Zipa, ed é grazie alla sua attitudine verso la pesca che é riuscita a mantenersi riconoscibile nel corso degli anni, all’interno del panorama multi sfaccettato e anonimo della zona industriale. Tra tutte le aree precedentemente descritte, questa é quella di cui é più difficile percepirne il ruolo dei confini, poiché li dove alcune attività come il terminal passeggeri, fanno anche parte del Consorzio,alcune zone non lo sono, risultando essere come corpi estranei al di fuori dell’insieme. Indicativamente é situata tutt’intorno la Mole vanvitelliana, nel bacino del porto pescherecci, e che possiede come centro focale il fabbricato dell’ex Fiera della Pesca con al contorno una serie iniqua di capannoni satelliti, legati sempre al mercato ittico. Qui infatti é il luogo in cui si manifesta lo spirito identitario, dove già il significato della parola mandracchio22 rimanda alle piccole dimensioni dello specchio d’acqua e sottende a quella reciproca relazione di simbiosi tra i pescatori e il posto che scelgono per poter praticare le loro attività , lontani dalle grandi imbarcazioni, oltre a ciò il Mandracchio é anche, il luogo dove avvengono i molteplici scambi tra il pubblico e il privato, ossia tra i cittadini e i marinai che vogliono vendere il loro pescato, dove anche l’attraversamento e l’uso degli spazi é favorito dalla mancanza di recinzioni.
L'IMPIANTO DELL'EX FIERA IN DISMISSIONE smantellamento dell'insegna
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Tra la terraferma e le barche ormeggiate, sulla banchina del porto hanno luogo le quotidiane relazioni tra gli individui, che rendono visibile il ricordo delle numerose attività che animavano la Fiera della Pesca. Riguardo l’edificio, quello che possiamo vedere oggi, é solo il “corpo esanime” del padiglione fieristico costruito negli anni Ottanta dall’architetto Antonio Vichi23 sull’impronta di quello antecedente del 1933. Con il fallimento dell’Ente Fiera, nel 2010, l’edificio ha perso la sua identità, e fino al 2013, solo gli spazi congressi, furono utilizzati per attività temporanee, per nulla collegate alla funzione principale che il luogo aveva tempo prima; oltre a questo, e nonostante tutto rimane ancora in attività, il ristorante posto sul lato sinistro dell’edificio. A distanza di un anno, l’edificio dimostra un evidente stato di abbandono, e nel maggio 2014, osservando la graduale rimozione delle lettere che componevano la frase «fiera della pesca» dalla facciata, alcuni anconetani si sono visti sottrarre, ancora una volta da parte dell’Autorità Portuale e del Demanio marittimo, un ulteriore bene comune e con questo anche ciò su cui si fondava la memoria collettiva del posto. IL MERCATO ITTICO la balena
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Unico caposaldo di questa memoria, rimane il mercato ittico al coperto. Il fabbricato in cemento, costruito nel 1948, la cui silhouette ricorda il cranio di un enorme pesce, si affaccia verso l’acqua e la flotta dei pescherecci ormeggiati, e vista la sua posizione é funzionale alle numerose attività commerciali al suo interno, inoltre dialoga con la struttura del Consorzio pescatori24, di li poco distante, costituendo un triangolo di relazioni tra la
vendita e le 137 imbarcazioni. Lungo tutta la banchina, bar e rifornitori di carburante, occupano piccole costruzioni in calcestruzzo. Queste attività commerciali legate al porto pescherecci, formano un minuto spazio, rispetto quello aperto della strada, costituito da pseudo salotti ricavati e improvvisati da qualche sedia e protetti da siepi, in cui si ricerca ostinatamente una sorta d’intimità cucita alle quotidiane relazioni con i pescatori e i cittadini che abitualmente sono soliti frequentare questa zona di Ancona. Un’estensione fisica di questo spazio poi, é data ulteriormente dal ponte d’accesso all’edificio di Vanvitelli, ritrovo di alcuni pescatori occasionali aditi alla pesca sportiva. 22. definizione di Mandracchio secondo il dizionario Garzanti «nei porti, specchio d’acqua ben riparato, usato come darsena per piccole imbarcazioni» 23. «Il nuovo progetto é firmato dall’architetto Antonio Vichi. Nel 1981, in seguito all’abbattimento dei vecchi capannoni, nasce l’attuale fiera, uno spazio altamente funzionale e ottimamente collegato con l’aeroporto, l’autostrada, lo scalo marittimo e la stazione ferroviaria...tra il 1989 e il 1990, é stato annesso il centro congressi» http://www.aefi.it/Aefi/site/it/calendario/quartieri/dettaglio-quartiere?id=21 24. Secondo il sito http://www.conpesca.it/ , «il Consorzio Pesca Ancona Soc. Coop.ar.l , costituito tra le cooperative pescatori ed associazioni di produttori della pesca, si occupa di vendere il pescato per conto degli associati, sia a commercianti all’ingrosso, sia ad operatori ed industriali oltre che esportazioni estere. Il consorzio, inoltre, ha il compito di stabilire norme e regolamenti all’interno della sua organizzazione, in modo da poter effettuare uno smercio più semplice e redditizio del pescato. Si appoggiano al consorzio per la vendita del pescato n.36 motopescherecci che effettuano la pesca del pesce azzurro (volante); n.30 motopescherecci che effettuano la pesca del pesce bianco (strascico); n.71 motobarche che effettuano la pesca delle vongole.»
SULLA BANCHINA attività commerciale
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VALICARE I CONFINI la Marina Dorica
1.4.3.1 LA MOLE VANVITELLIANA. UN MORFEMA INDIVISIBILE Il Lazzaretto, si trova all’interno di questa considerevole area industriale del porto ed é, come sottolineato dalla parola del titolo, un piccolo elemento inscindibile da tutto l’enunciato portuale. Protetta da un rivellino e circondata dal mandracchio, la Mole del Vanvitelli, é l’edificio che più emerge, nella piattaforma portuale, essendone fisicamente collegata ad esso tramite un ponte. Gli altri due collegamenti, invece, la connettono alla Banchina Giovanni da Chio, zona occupata dal porto turistico e dalla dogana. L’intero edificio fu acquistato dal Comune di Ancona, dopo lo smantellamento della Manifattura Tabacchi, nel 1996, e solo da poco tempo ha subito un restauro, che ne ha restituito alla collettività, spazi per attività museali e una sala conferenze. Quello che però accade lungo il recinto, é cosa ben diversa rispetto il contenuto, perché qui si trovano alcuni locali occupati dall’ente sportivo Stamura e dalla base nautica dell’istituto scolastico Elia, nonché una serie di diversi natanti ormeggiati a corona del confine pentagonale, che ne stratificano gli usi, rendendo l’apparato culturale meno percepibile. Scrutandola dall’alto proprio in prossimità della Cittadella, si ha infatti la presunzione a pensare come queste attività, che occupano sia il rivellino che la banchina antistante, appaiano come parassiti, non solo a causa della loro diversità rispetto l’aulicità del luogo, ma anche per la loro differente conformazione fisica; una vita la loro, vissuta in simbiosi con l’edificio pentagonale e dalla quale ne hanno tratto beneficio. Ma, scendendo ed esaminandone il transito delle persone e l’uso degli spazi che questi ne fanno, quella primitiva e frettolosa percezione scompare, o meglio, si trasforma in una più evidente 47
realtà. Quella consistenza che senza questi parassiti benefici, ridurrebbe la Mole a ruolo di ospite, dove i suoi spazi ,ridotti a rare frequentazioni o ancor peggio declassati a luogo di transito tra una sponda e l’altra del molo, mostrerebbero come questo tipo di operazioni di riconversione, sfatino il mito in cui « i musei trasformano … lo spazio “cattivo” in spazio “buono”»25. Continuando la descrizione, basandosi su quest’immagine d’interazione biologica che ci é stata trasmessa da questi luoghi, si può affermare come i legami che questi parassiti hanno nel corso della loro esistenza, sono con specie uguali a loro, forme, che nella vita del Lazzaretto, appaiono in alcuni momenti dell’anno, in particolar modo lungo tutta la stagione estiva. Da Giugno a Settembre, il cortile interno al pentagono, così come le banchine interne, vedono il nascere, nel rispetto della struttura storica, festival di musica e svariate attività ricreative, che esortano il pubblico ad un uso diverso di questi luoghi, meno formale, più libero. Esercizio, quello della mutua esistenza delle cose, che ricorda quello già sperimentato dall’artista anconetano Gino de Dominicis, tramite l’installazione della sua Calamita Cosmica26, in cui la convivenza di numerosi punti di vista, tra di loro diversi, può esistere se e solo se racchiusi, circoscritti, in un unico spazio.
25. Rem Koolhaas, Junkspace, Quodlibet, Macerata 2006, cit. p.98. 26. Calamita Cosmica é un’installazione scultorea pensata da Gino De Dominicis e consiste in uno scheletro umano di ventiquattro metri abbandonato al suolo. Esposta per la prima volta nel 1990, prima al museo Magasin Grenoble, poi nel 1996, all’interno del cortile del Museo di Capodimonte, nel 2005 approda ad Ancona. In Nicola Spinosa, In una sera nei cortili di Capodimonte, in Gabriele Guercio, De Dominicis. Raccolta di scritti sull’opera e l’artista (a cura di), Umberto Allemandi, Torino 2003, pp 90-91, «Si trattava dell’immenso «scheletro»- metafora terribile, sconvolgente e poetica della condizione dell’uomo! Che Gino allora intitolava «Calamita Cosmica» e che più tardi preferì chiamare «con Titolo»…il suo intento di presentare un’opera così rappresentativa dell’umana esistenza all’ingresso del Museo, visibile quindi da tutti e da ogni parte, rispondeva peraltro anche ai criteri ideali e culturali del progetto che allora che allora si stava realizzando…uno spazio monumentale adattato a museo…attraverso un’incalzante successione espositiva, con opere contemporanee, potessero presentarsi anche come strumenti e occasioni per ricordare o raccontare le tante vicende…vissute dalla città circostante fino ai giorni nostri.»
Gino De Dominicis, Calamita Cosmica, 2005 fonte: archimagazine
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2.0 IL PORTO PESCHERECCI: UN BACINO D’INTERESSI
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Per questa sezione é stato utile esaminare il territorio anconetano sotto un ulteriore punto di vista, quello delle costellazioni umane. Raggruppando i diversi interessi culturali che gravitano sulla città come se fossero corpi celesti, attraverso la loro mappatura si é potuto notare, come questi lascino sul territorio di Ancona numerose tracce. Codici impercettibili e di scarsa importanza se affidate ad uno sguardo generico, ma se minuziosamente perlustrati e decodificati, si mostrerebbero come pesanti solchi lasciati dai fruitori degli spazi, come segni posti da questi a testimonianza del loro passaggio sul territorio. Alcuni, come gli itinerari turistici e quelli del folclore, sono perlustrazioni abituali o semplici abitudini periodiche che toccano i luoghi più evidenti e simbolici della città, per un consumo di ambiti limitati. Le rovine del porto storico, il Palazzo degli Anziani e la cattedrale di San Ciriaco, sono i luoghi visitati dai turisti che approdano temporaneamente nel capoluogo dorico. Siti prevalentemente di carattere storico artistico e visibili dalla banchina portuale, scelti proprio sulla base di un facile e immediato raggiungimento dall’area del porto in modo tale da ottimizzare il tempo, tra lo scalo e la partenza, dedicato alla loro visita. Altri luoghi invece, risultano maggiormente densi, dove oltre alla frequentazione momentanea dei turisti, si aggiunge quella più assidua e abituale degli anconetani. La concentrazione meno fitta delle esperienze urbane, fatte in un’area rispetto un’altra, fa risaltarne alcune, mentre le rimanenti, quelle non interessate da queste migrazioni interne si trovano attorno il porto pescherecci. Una zona di scarto che, nonostante la sua natura più dura e industriale, é preda di altri tipi di esploratori urbani, come ad esempio, gli amanti dei luoghi inaccessibili. Attirati dalla storia produttiva e dal ruolo che il porto ha (e aveva) nella memoria collettiva locale, questi attivatori, ridisegnano l’immaginario di quella porzione di città affacciata sul mare, che,attraverso l’uso della street art o richiamando il ricordo di un passato iden52
titario, creano una serie di circuiti a tempo cheilluminandosi momentaneamente, accendono quei luoghi ormai percepiti dai più, come vuoti e senza una particolare rilevanza culturale. Sulla mappatura delle costellazioni, quindi si possono facilmente notare questi punti di maggiore intensità umana che, visto ciò che rappresentano, si dilatano tra le fitte strutture portuali come gocce d’olio immerse nell’acqua. Qui, il porto pescherecci lontano dal centro cittadino é tra i luoghi, che più condensa nei suoi spazi, una serie di attrattive, memorie e azioni, i cui custodi hanno un denominatore comune, ossia quello di attirare gli anconetani (tramite l’uso di diversi espedienti di natura più o meno evidente) ad usufruire di un luogo che é sempre stato di loro proprietà, Perché proprio qui tanta attenzione? Perché fu, prima che i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale lo spazzassero via, il luogo in cui convivevano simultaneamente la pesca e il loisir cittadino e quello in cui l’anconetano viveva la sua vita di cittadino a stretto contatto col mare. Si parla qui, dell’unico lungomare che sia stato mai presente ad Ancona, in cui era possibile passeggiare lungo il suo asse e osservare, rispetto un altro punto di vista, l’intero profilo della città. Nel periodo successivo il dopoguerra, questo aspetto cessò d'esistere. L’espansione del porto industriale che premeva sempre più verso il bacino attorno il Lazzaretto, rischiava di cancellarne la memoria, ma lo stabile della Fiera della Pesca assieme ai pescherecci ormeggiati nelle banchine, resistevano all’inesorabile avanzata, custodendo e difendendo quei brandelli di memoria locale, dai recinti apposti dall'Autorità Portuale, che oramai ne avevano impedito l’accesso del pubblico. Oggi quello spirito é rimasto immutato, e alcuni gruppi della popolazione hanno sentito l’esigenza di dover trasmettere quella immagine pregressa alle generazioni future, anche solo per manifestare che quelle zone non sono sempre state inaccessibili e malsane. 53
Gli esperimenti collettivi, che verranno esaminati successivamente, sono stati condotti da cittadini diversi e secondo diversi punti di vista. Da una parte la realtà del quartiere degli Archi, in cui una comunità intera, tramite un progetto condiviso di connessione urbana, ha potuto costruire una vera e propria mappatura della memoria pubblica. L’altro approfondimento é stato quello su MAC (manifestazioni artistiche contemporanee), ossia un gruppo di giovani di Osimo che ha lavorato maggiormente a sud dell’Arco Clementino, nel cuore della zona portuale di Ancona. Il loro lavoro consiste nell'applicazione dell’arte su alcuni supporti particolari,l’unica forma possibile per poter mettere in azione temporanea alcuni luoghi abbandonati (o irraggiungibili) all’interno della città.
dalla mostra Mani di mare, 2009 fonte: PopUp! 54
CITTA' MAC Manifestazioni Artistiche Contemporanee Associazione culturale, che dal 2003, crea progetti sperimentali, interculturali e internazionali. Il suo scopo e’ quello di svelare temporaneamente alcuni luoghi della citta’, prima di allora impenetrabili.
MDC Mappa Di Comunità degli Archi di Ancona
Associazione culturale che si occupa, grazie all’ausilio degli abitanti del quartiere, di mappare gli elementi identitari della comunita’ che lo abita, della sua storia passata e presente.
ITINERARI TURISTICI transitanti ad Ancona durante gli scali crocieristici Luoghi di maggiore rilevanza artistico-culturale.
ITINERARI DEL FOLCRORE in occasione della festa del patrono cittadino Sistemazione temporanea (inizi Maggio) delle attivita’ fieristiche.
DIVERSE COSTELLAZIONI attività a densità variabile 55
2.1 IL QUARTIERE DEGLI ARCHI E LA PESCA, UNA MEMORIA CONDIVISA Li vicino, oltre i binari ferroviari e prossimo a Porta Pia, c’é il quartiere degli Archi. Sorto in epoca post unitaria, fu il luogo in cui il Vittorio Emanuele II entrò nella città di Ancona come Re d’Italia, e dove, i nuovi piani di riassetto cittadino previsti per l’ex marca pontificia, indicarono il luogo, come quel sito deputato ad aprirsi verso il mare tramite un lungo viale «con portici alla piemontese». Il tracciato che avrebbe connesso il centro storico al suo porto periferico, offriva altresì, la possibilità anche a chi viveva in città, di raggiungere i bagni municipali e il porto qui collocati. I portici furono realizzati, ma solo su un fronte del tracciato viario previsto nel 1861; tratto che oggi esiste ed é noto come via Marconi e che connette si i due poli, ma in maniera più difficile e frammentaria. Progettati col fine di annettere i margini della città al centro, questi complessi residenziali dall’aspetto signorile furono pensati, prima per una fascia di popolazione ad alto reddito, per poi essere destinati, vista la vicinanza alle manifatture e al porto, agli operai e ai marinai. Ad oggi questo carattere "cosmopolita" é rimasto , per accorgerci di ciò, basta percorrere lo spazio sotto le arcate e ponendo la giusta attenzione alle targhette dei campanelli delle abitazioni o alle insegne dei locali, si comprende come ci sia ancora questa eterogeneità; le voci dei dialetti che si sentono, poco hanno a che fare con l’anconetano, é un italiano che si comprende a stento, a causa della miscela linguistica con gli idiomi delle diverse popolazioni, un po' come se fosse una neo lingua glocale. Le famiglie e gli operai appartenenti ai gruppi dei socialisti e degli anarchici, che occupavano queste abitazioni, hanno fatto spazio a questi nuovi inquilini 27, in maggior numero provenienti dal Bangladesh, dalla Turchia e dalla Romania, che mescolati ai nuovi (e vecchi) "Arcaroli", perpetrano ora, quel genius loci che contraddistingueva questa borgata alla fine dell’800. Il Quartiere, continua a non essere totalmente inglobato al resto della città e la 57
COSTELLAZIONE DEGLI ARCHI area attorno il Lazzaretto vanvitelliano e via Marconi
sua superficie, staticamente, non ha aumentato i propri confini rimanendo difatti incastonato, tra il piede delle rupi dell’Astagno e i binari che passano davanti la Mole vanvitelliana. Questo brano di città, nonostante la sua condizione di emarginazione, ha sviluppato durante la sua esistenza una forte identità collettiva, in cui il senso di non appartenenza e straniamento dalla città, é amplificato nel momento in cui si é in procinto di attraversare via Marconi, dove un cartello segnaletico, che di solito indica l’indicazione territoriale del confine tra un comune l’altro, qui sottolinea la sua diversità con la scritta «el riò de j’Archi» (il rione degli Archi). "Il progetto del riò de j’Archi: laboratorio di connessione urbana"28 finanziato dal Ministero dei Lavoro e delle politiche sociali, fu avviato (nell’aprile 2013 e concluso nel dicembre del medesimo anno) da una collaborazione partecipata di alcune associazioni e scuole di quartiere, unite ad alcune onlus locali, oltre che dal comune di Ancona. 27. Secondo fonti ISTAT, a seguito del censimento del 2013, si registrano all'interno del territorio anconetano come la comunità straniera più numerosa sia quella proveniente dalla Romania con il 14,8% , seguita dall'Albania (13,9%) e dal Bangladesh (11,3%). http://www.tuttitalia.it/marche/40-ancona/statistiche/cittadini-stranieri-2013/ 28. Finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito del bando per la Direttiva 266, il progetto sperimentale di volontariato in ambito socio-culturale dal titolo «El riòde j'Archi d'Ancona: laboratorio di connessione urbana» vede la partecipazione di: ANOLF Marche Onlus in partenariato con CISL Ancona, ISCOS Marche, Istituto Comprensivo Archi Cittadella sud, Comune di Ancona e Associazioni Archi Vivi. In cui Marchingegno, si é occupata di redigere le mappe, offrendo un supporto tecnico, alle diverse testimoniane pervenute, e dividendo la suddette mappe in macro temi come: LUOGHI DELLA RELAZIONE (aree gioco, parrocchie, scuole) LUOGHI DELLA MEMORIA (storia del quartiere, storia del porto pescherecci) LUOGHI DELLA PESCA (zone d'attracco dei natanti, commercio pesce, fiera) LUOGHI DELLA CITTADINANZA ATTIVA (associazioni no profit, dopolavoro) LUOGHI DEL GUSTO (ristoranti)
GLI ARCHI la memoria affissa ai muri
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Pratiche di cittadinanza attiva,queste, spinte dalla volontà di documentare le testimonianze, sia storiche che contemporanee, riguardanti il quartiere, in cui i diretti protagonisti hanno prodotto,aiutati da una serie di esperti, un preciso numero di mappe, appunto «mappe di comunità», divise per una serie di "memorie", in cui gli abitanti si sono cimentati a ricordare i cambiamenti che hanno investito il quartiere, o anche solo per indicare con precisione i luoghi del tempo libero e d’interazione sociale, determinandone le peculiarità o anche solo per denunciarne le criticità e i disagi. Un momento di partecipazione collettiva che ha potuto vedere finalmente, l’eliminazione delle barriere tra le istituzioni e la cittadinanza, in cui momenti di discussione collettiva hanno permesso agli operatori che hanno condotto il progetto, di mantenere costantemente informati non solo i residenti del rione, ma anche il resto della popolazione anconetana. Quello che ne viene restituito alla collettività non consiste solo in un sito internet (facilmente usufruibile da tutti), ma anche uno spazio pubblico, gestito da un "arcajolo" , che ha come funzione quella di punto informativo in cui, non solo gli stessi cittadini ma anche i forestieri, possono comprendere attraverso i vari resoconti e alla documentazione fotografica, le motivazioni che spingono gli abitanti del rione degli Archi, a conservare questo forte attaccamento identitario. Effettivamente scrutandone i comportamenti dei suoi abitanti, la vita in questo rione é scandita da numerosi e esili ritmi che non sono quelli osservati nelle vie del centro storico. Questo é il luogo dove tutti si conoscono e i rapporti fra le persone sono stretti e in cui si materializzano quelle interazioni umane, quasi simili, a quelle che intercorrono in un normale vicinato di un quartiere a bassa densità che gravitano attorno ad un recinto composto dal suo centro ricreativo e la scuola elementare, dal mercato settimanale di prodotti biologici e le botteghe sparse.
La struttura planimetrica del rione, si dispone all’interno del tessuto cittadino in maniera longitudinale e, nonostante questo suo aspetto all’apparenza dispersivo e tendente a non offrire incentivi di momenti di raccoglimento sociale, prevede in un solo isolato ritagliato tra le vie minori, un esiguo parco di quartiere. Le caratteristiche dei suoi caratteri essenziali, riguardanti uno spazio aperto di quartiere, così precisamente indicati dalla Jacobs, sembrano esserci tutte, come la «presenza di un centro e di quinte architettoniche di delimitazione»29, ma é pur vero che siamo nella Piazzetta del Crocifisso nel rione degli Archi e non a Washington Square nel Greenwich Village, e quindi appare evidente come le dinamiche d’uso locali siano diverse, perché diverse le abitudini di questi anconetani. E’ il luogo che si é composto, così come si può osservare adesso, nel corso degli anni, e che ha aggiunto attrezzature e mutato la sua morfologia topologica, a partire dal suo nucleo, riconoscibile nella Chiesa del Crocifisso. Una via, via del Crocifisso, che si é vista trasformarsi in piazza, proprio dall’uso che di questo spazio ne facevano ( e ne fanno tutt’ora) gli abitanti. Le abitudini dei residenti hanno man mano divorato la carreggiata stradale, dapprima con la conquista dello spazio dei marciapiedi, scelto dai bambini come luogo di ritrovo in cui giocare lontano dalla strada, poi conquistando sistematicamente, tutta la via con aiuole e panchine per poter vivere quello spazio, anche in comunione con l’edificio ecclesiastico. La quinta architettonica, a stretto contatto con le rupi collinari, é posta al fondo della piazza e funge da delimitazione assieme ai due palazzi posti ai lati di essa, ad uno spazio aperto rettangolare. Una sorta di luogo di riunione multifunzionale, in cui, gli abitanti del rione di ogni età, si ritrovano per deliberare di alcune questioni che riguardano il quartiere stesso, o anche per allestire il consueto mercato di prodotti alimentari a kilometro zero che ogni settimana popola l’intero tratto di spazio tra gli archi. Queste azioni programmate, poi, si uniscono a quelle più frequenti e visibili, come il gioco e la sosta sulle panchine , o ad alcune più improvvise e spontanee, come un inatteso gruppo di lettura per l’infanzia, in cui una biblioteca a cielo aperto viene allestita momentaneamente, grazie all’ausilio di un veicolo mobile e da alcune sedie sistemate attorno le alberature, poste a protezione del parco di quartiere.
29. J. Jacobs, Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2009, cit. pp. 94-95 «...un parco newyorkese come quello di Washington Square accomuna in un profondo attaccamentocittadini appartenenti a gruppi culturali e a categorie di reddito e d'occupazione molto differenti tra loro...Se infatti lo scopo di un parco di quartiere d'uso generico é di attirare le più diverse categorie di persone coi più svariati orari, scopi e interessi, é chiaro che il design del parco non deve ostacolare ma favorire questo allargamento della gamma degli utenti. In ogni parco intensamente frequentato come spazio aperto pubblico di uso generale, é possibile di norma ritrovare questi quattro caratteri essenziali: la complessità di forma, la presenza di un centro, un conveniente soleggiamento e la presenza di quinte architettoniche di delimitazione.» 60
Un parco che a pochi metri di distanza ha il mare e la Mole vanvitelliana, in cui nonostante la corposa distanza imposta da via Marconi, é riconoscibile una certa relazione che intercorre tra gli Archi e il porto pescherecci. Relazione che a detta degli arcaroli, é ricercata e sostenuta ma che a causa della presenza di alcuni limiti sia fisici che percettivi, risultano scarsi, quello che fanno notare, non riguarda esclusivamente la difficoltà nell’attraversare sia i binari o la trafficata strada, ma anche la percezione di un rifiuto da parte delle attività incluse nella Mole che considerate da loro troppo elitarie, tenderebbero ad emarginarli. Una commistione questa, tra il quartiere e il porto, che però é stata ricercata e voluta da MAC (Manifestazioni Artistiche Contemporanee), tramite un intervento di street art che ha interessato il tratto dell’isolato più periferico dei portici, quelli denominati "l’Arco Cinque" e i piloni del viadotto che lega/divide il porto al rione, nell’ambito di un festival cittadino.
2.2 LE MANIFESTAZIONI ARTISTICHE All’interno del porto di Ancona, quella di MAC, é stata un’operazione emblematica, vista come un’aggiunta di un brano, al complicato testo della città; un testo che per alcuni tratti é sconosciuto, imperlustrato. L’inserimento all’interno di alcuni spazi, di elementi non fisici ma visivi risulta forse essere più incisivo nell’ambito in cui l’intervento, riesce a stabilire una connessione con la comunità, in cui anche solo per la durata dell’opera si riesce ad interagire, con la storia del luogo e le politiche che le governano, proprio perché quest’ultime, sono state causa di una consapevole esclusione dall’immaginario collettivo. E’ un’immagine un po’ forzata dire che «la città esiste là dove esplicitamente o implicitamente, può nascere 62
l’illustrazione»30 ma nel caso in questione, può assumere fattezze reali, poiché nonostante queste fossero ben salde all’interno della memoria collettiva, alcune parti del porto di Ancona prima di quest’operazione, risultavano agli occhi degli individui come oggetti inesistenti, proprio dovuti alla loro impenetrabilità. Il fatto poi, che questi interventi urbani siano entrati così felicemente nell’illustrazione della città, é motivato anche dall'atteggiamento degli organizzatori, indifferente dai fini commerciali e lontano dall’intenzione di deturpare quella porzione di città, e che al contrario vuole promuoverlo con un linguaggio differente, meno istituzionale, inserendolo con semplicità all’interno di un insieme di problematiche tensioni ed equilibri delicati. Non sono le classiche scritte vandaliche segnate casualmente su muri di edifici abbandonati, ma sono pratiche legali collettive, apposte sottoforma d’innesto artistico e che vengono operate da un singolo (un artista) il cui gesto é posto a conquista di più porzioni di spazio, al fine di rendere visibile un’area circoscritta, quella del porto commerciale, da più punti urbani.
dentro affiancato sotto di breve durata
coste acqua
30. A. D’Avossa, L’arte della città, in M. Di Marzio, Cittàzioni, un caso di "public art" a Milano, Silvana Editoriale, Milano 2003, cit. p. 31 63
MAPPATURA DELLA STREET ART contaminazioni nello spazio portuale 64
COSTELLAZIONE DEL MAC area attorno il Lazzaretto vanvitelliano e l'area industriale
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Ad Ancona, una volta scoperto che quei segni lasciati sul territorio erano opera di una sorta di movimento artistico, la curiosità mi ha portata a contattarli (scoprendo per giunta che provenivano da Osimo) e ad ottenere un’intervista con uno dei componenti del gruppo. La prima domanda riguardò il come mai una volontà collegiale di singoli individui esterni alla città, sentisse l’esigenza di esprimersi proprio ad Ancona e in particolare all’interno di quel porto. La risposta non mi parve scontata, nonostante fosse una questione che avevo già sentito da più figure in quella città, proprio perché non proveniva da un anconetano e che nonostante il suo essere forestiero a quel luogo, sentiva nei confronti di quel porto così posto nel territorio urbano, la percezione di un corpo estraneo, di una barriera posta a guardia di un terreno vacuo, i cui cittadini avrebbero voluto valicare per giungere al mare. Mi spiegò come le diverse esibizioni popolari da loro organizzate, dal 2008 al 2014, (inizialmente in collaborazione con le autorità e il Comune di Ancona poi con l’appoggio delle associazioni di promozione sociale-ARCI Ancona), fossero finalizzate all’attivazione di alcune zone della città, in particolar modo luoghi poco accessibili (e visibili), dando impulso, tramite l’apposizione su di essi di «opere a deperimento», ad una catena di attenzioni su di esse. La frase «opere a deperimento temporaneo» é più volte emersa durante il colloquio, come a voler marcare, in parte la natura delle superfici trattate, e in parte la durata dell’evento che le ha promosse; opere che vista la loro natura, non vogliono essere una diversa forma di restauro urbano ma vogliono solamente essere una forma di coinvolgimento partecipativo sia della cittadinanza, che delle figure artistiche chiamate. Alcuni di questi lavori artistici, effettivamente non sono più visibili e quindi impossibili da collocare se non grazie all’ausilio della documen-
tazione fotografica degli eventi, mentre altri ,come i due silos granari nella zona zipa, eseguiti da Blu ed Ericailcane, di cui vista la loro dimensione monumentale, sono facilmente individuabili e grazie a ciò sono ormai entrate nella memoria del luogo lasciando «il campo all’apprezzamento e la condivisione per l’inconfondibile e unica silhouette che ora il porto si ritrova ad avere». I numerosi festival 31 da loro organizzati fino ad ora, hanno avuto come tema la riappropriazione temporanea di precisi luoghi, in cui la collettività, compresa quella degli stessi pescatori, ha risposto positivamente e partecipando in maniera attiva, anche quando si é trattato di mettere a disposizione la flotta dei pescherecci ormeggiati nel Mandracchio o i locali del Mercato Ittico e della Cooperativa pescatori.
LA COOPERATIVA DEI PESCATORI un mercato allestito nel padiglione delle reti Fonte: Porto=Bello
All’interno di questi edifici le opere di street art, una volta assolta la loro funzione di richiamo, fanno un passo indietro e si tramutano in quinta per l’allestimento di insolite piazze transitorie, in cui uno spazio unico viene composto da multi piattaforme ospitanti le più disparate attività ricreative, dal dj set improvvisato nel padiglione delle reti, al mercato di prodotti diversi come cibo di strada o oggettistica di design, fino a semplici spazi in cui dialogare animando così un vuoto notturno, il cui giorno é occupato dalle attività produttive correlate al luogo in cui queste si attivano. Eventi che si sono potuti accendere grazie a modi diversi, forme contemporanee di passaparola come il guerriglia marketing, ossia una forma di pubblicità creativa stampata su adesivi che vengono attaccati sulle attrezzature degli spazi pubblici cittadini (lampioni, cassonetti per i rifiuti …) in modo tale da risultare visibile ai più, oppure al tam-tam provocato dai social network, che permettono la promozione dell’evento ad un pubblico che sia ristretto o ampio (volontà che dipende dall’organizzatore), il cui invito permette di sapere, visualizzando istantaneamente il luogo e l’ora stabiliti. 31. «POPUP! Arte Contemporanea nello Spazio Urbano é un festival che accoglie ed é in grado di fare mondo perché capace di rimettere in comunicazione e recuperare, nel suo dispiegarsi, architetture urbane inspiegabilmente abbandonate, come nel caso della monumentale Porta Pia, un tempo porta principale di accesso alla città (2010); ma in altri casi la forza di POPUP sta tutta nell’essere in grado di coinvolgere categorie di lavoratori, semplici cittadini o gruppi sociali, che, mettendosi a confronto, sono in grado da un lato di riappropriarsi del processo creativo dell’arte, e dall’altro di riconoscere con nuovi occhi la propria città e le sue potenzialità, come nel caso dell’intervento pittorico che portato Ancona, durante il festival, ad avere l’unica flotta di pescherecci del Mediterraneo istoriata dalle opere di 25 artisti (Pinta! paint the fishing all’interno dl festival Ictys,porti aperti. Festa popolare di arte e pesca)» Fonte www.maconline.it 66
3.0 IL TERRITORIO DEL PORTO: GLI USI
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In questa parte della tesi lo sguardo verso il porto diventa più selettivo, con la volontà di ricercare in questo luogo quella serie di informazioni che possano identificare il rapporto che gli individui hanno con questa porzione di città negata. Proprio per via della scala minuta, lo sguardo si é infittito verso l’esplorazione dei «contesti sociali e culturali sconosciuti» 32, stando a quota zero e a diretto contatto con la realtà, si é potuto scrutare il mutare delle situazioni e degli individui, dei rapporti che intercorrono tra di loro e le diverse attività in cui essi sono coinvolti, per poterne fare una classificazione in tre settori diversi: l’uso, il tempo e i comportamenti. Massimizzando la sensibilità per l’inaspettato, senza escludere le pratiche quotidiane, quello che ne é emerso riguarda quei fatti -a me nuovi per quel contesto- che si manifestano in determinate situazioni, solitamente in presenza di conflitti e privazioni, e di come questi possano emergere nonostante tutto. Quelli trattati, sono gli spazi che stanno subito fuori l’enclave portuale o anche, in alcune eccezioni, quelli interni, osservabili attraverso le grate delle recinzioni o provando a seguire la "scia" lasciata dai passaggi degli individui. È evidente come questi luoghi siano usati con una certa ritualità da diversi gradi di persone, quelli che fanno sport, quelli che passeggiano o anche solo quelli che stanno ad osservare la città dal loro punto di vista, accomunati tutti da una metodologia d’uso di questi pressoché la medesima. Fanno eccezione però quelli episodi temporanei, che come epifanie si materializzano e scompaiono lungo una durata di tempo brevissimo, e vista questa natura effimera, poco hanno a che vedere con la prassi quotidiana, la monotonia.
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Non é stato facile reperirli, poiché in alcuni casi, fortunatamente, si sono manifestati in maniera netta e chiara, in altri invece bisognava attingere alla capacità d’indagine, ponendo la massima attenzione alle tracce lasciate come immagini sfocate abbandonate sul piano del suolo. Testimonianze fenomeniche, queste, che hanno potuto facilitare il compito del rintracciamento di chi le ha prodotte «usando come indizi l’opacità, l’ambiguità, gli scarti» 33 per la decodificazione dei segni umani.
32. U. Hannerz, Esplorare la città. Antropologia della vita urbana, il Mulino, Bologna 1992, cit. p.81 33. C. Bianchetti, Abitare la città contemporanea, Skira editore, Milano 2003, cit. p.47
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3.1 STARE, MOSTRARSI, CATALIZZARE I fatti che verranno descritti sono quelli che si sono potuti percepire grazie alla loro apparizione e hanno, a seconda di dove si sono manifestati, forme e natura differenti. Preposizioni diverse, in cui gli usi si adattano (in alcuni casi) al ruolo che quegli spazi hanno all’interno della città, mentre in altri si presentano come immagini diverse e scoordinati, forse, visti i limiti imposti dal recinto portuale. Lo stare presume un fermarsi, una cessazione del movimento, una conclusione di un’azione cominciata. Solitamente lo si collega ad un’azione legata al sedersi, ma qui si é voluto intenderla come il posto in cui si rimane sospesi ed esposti. Luoghi casuali , che possono anche essere non convenzionali, che l’individuo trova lungo il suo percorso e sceglie in maniera spontanea in situazioni pronte ad accogliere la sua esigenza. E’ lo spazio da occupare lungo un lasso di tempo non ben specificato, in cui perdersi al suo interno per poi ritrovarsi quando lo si abbandona. Sono diverse zone sparse all’interno dell’intero territorio che abbraccia il porto, appaiono come chiazze e tra di loro non v’é nessuna giunzione, e forse, vengono scelti proprio per questo motivo. Basti pensare alla punta più estrema dell’arco portuale, quel luogo posto ai piedi della Lanterna Rossa, isolato ed estremo, per giunta politicamente inaccessibile, che viene solitamente frequentato e gestito momentaneamente dai soggetti, secondo la propria inclinazione all’uso, che sia essa di natura solitaria o meno. Non é un luogo che é stato progettato per la sosta degli individui, anzi dovrebbe risultare a loro ostile, ma decide di accedervi e lo sceglie tra tanti, poiché riparato dal traffico cittadino e soprattutto é a stretto contatto col mare. I diversi segmenti che compongono questa banchina possono divenire sedute o sostegni, ci si appoggia per chiacchierare, per pescare o anche solo per scrutare l’orizzonte. Quello che offre questo spazio é un insieme multiplo di libertà, qui si possono creare relazioni o ergere barriere invisibili dai confini percepibili 72
solo da chi le crea a protezione di una forma di solitudine, dichiarando con le sue pratiche, una certa lontananza dai modi della città unita ad una volontà di rimanere sconosciuti. Ben altro atteggiamento é quello assunto da chi decide di mostrarsi, i cui usi riflettono un’immagine dello spazio meno disorganica, più continua. Sono i posti delle infinite possibilità che viaggiano entro confini ben stabiliti, che essi siano fisici o meno, in cui il margine (che sia fisico o meno) diventa uno spazio lungo il quale ci si rende visibili a tutti. Quelli campiti, sono gli assi che più sono dotati di questa vocazione comunicativa, dove la presenza di diverse attrazioni, permettono di fare rete con il contesto cittadino. E’ un unico solco che unisce e taglia in due la città con una sola linea che congiunge il porto e la spiaggia del Passetto, dove la gestione e la cura riversate nell’asse progettato da Guido Cirilli, ne promuovono un’apertura verso il pubblico. Assieme a questo, gli altri individuati a questo ruolo, sono solitamente gli spazi in cui viene identificata un’identità socio-culturale ben dichiarata, non a caso sono quei siti che si animano quotidianamente e che fanno parte degli itinerari collegati alle manifestazioni folcloristiche il cui insieme dei luoghi, costituisce una specificata trama. «Alcuni oggetti possono divenire dei veri e propri feticci e la loro presenza attirare l’attenzione pubblica in luoghi abbandonati o sottovalutati»34. Sottoposti a catalisi alcuni progetti di street art innescano idee nuove all’interno del contesto locale e come micro esplosioni appaiono temporaneamente dal piano della città. Attività il cui scopo é limitato, si inseriscono localmente con atteggiamento trasgressivo lanciando espliciti inviti alla loro esplorazione o anche solo all’avvicinarsi, riattivando un meccanismo di relazione con quello spazio modificato grazie a nuovi strumenti 73
edificato
stare
mostrarsi
catalizzare (pratiche artistiche)
STARE, MOSTRARSI, CATALIZZARE
di condivisione. Possono rendersi visibili o invisibili e si rintracciano nei luoghi di transito sulla superficie di un muro o dentro un edificio. In maniera specifica, queste operazioni artistiche non vogliono sovvertire permanentemente il ruolo del luogo in cui sono ospitate, ma ne attivano una diversa possibilità di approcci. Alcuni di questi al momento, sono scarsamente fruibili dai più, a causa dei luoghi in cui sono ospitati, ma vista la loro natura monumentale, possono rendere visibile e rintracciabile quell’architettura, anche da punti più remoti della città. L’interesse riversato verso questi catalizzatori é discordante, interessanti e degni di museificazione 35 per gli esploratori urbani sempre alla ricerca di aree industriali attaccate da questa forma d’arte, opere di vandalismo legalizzato da chi invece si sente completamente disinteressato da questi prodotti. Ciò nonostante permangono nell’immaginario collettivo come forti attrattori indicatori di un determinato luogo.
34. I. Inti, Infrastrutture e architetture per usi temporanei: livello zero, uno due, in «Territorio», n 56, 2011, p.24. 35. P. Oswalt, K. Overmeyer, P. Misselwitz, Urban catalyst. The power of temporary use, DOM publishers, Berlino 2013, cit. trad. p.150
75
3.2 I TEMPI. PERMANENTE, GIORNALIERO, TEMPORANEO L’evidente distesa delle pratiche d’uso permanenti, indica in maniera assai evidente la presenza nella città, di tre elementi fondamentali: il porto, il cantiere navale e la ferrovia. Luoghi questi che rimarcano l’uso assiduo di quella porzione di territorio che rimane impenetrabile ed esente dall’avere altre attività all’infuori di quello per il quale sono state predisposte. L’utilizzo di questi é riservato ad un unico gruppo di persone e all’interno dei propri confini queste aree, sono mondi piatti intrecciati da un’infinità di traffici inarrestabili che le rendono dinamiche. Dall’altro lato del confine, invece, risultano come un’ingombrante presenza, una successione concatenata di statici forzieri inviolabili. Si diversificano dalle pratiche giornaliere, che per esempio sono state riscontrate nello spazio libero occupato dal porto pescherecci. Questa zona é animata durante i giorni centrali della settimana da pescatori e commercianti, giorni in cui il traffico ittico é autorizzato e la vendita presso il mercato locale é attivo. I giorni restanti della settimana, il Mandracchio mostra un secondo uso, più nascosto, meno plateale rispetto il consueto viavai confuso nei giorni legati al commercio. Quelle compiute dagli individui , in questa zona di porto, rimangono azioni ripetute, legate alla liturgia della pesca e alla cura delle imbarcazioni, mentre in altri campi osservati sono quelle pratiche legate solitamente al tragitto che si frappone tra la propria abitazione e il luogo di lavoro. Sono i luoghi del passeggio o al tempo libero, quindi più legati all’ottica dell’abitudine sia delle relazioni che nel modo di usare la città, la cui durata nella narrazione é sempre la stessa, non prevedono colpi di scena, e proprio per questo é facile rintracciarli e quantificarli. Il convenzionale e l’ordinario occupano questi spazi, perlopiù di facile accesso, dettati da orari e giorni stabiliti che siano essi legati al lavoro, al commercio o al tempo libero. 76
La quotidianità é perpetrata anche dal continuo passaggio dei turisti nei luoghi simbolo della città o quelli prossimi la banchina d’approdo delle loro navi, scelti perché hanno fatto parte della costituzione della città e quindi sono facilmente identificabili come facili punti d’incontro 36. Una sorta di autorganizzazione della città é quella che emerge nel caso di alcuni eventi temporanei. Avvengono in alcuni luoghi imprevisti lontani dalla mobilità sociale e da quegli spazi aperti definiti da un contesto d’uso permanente, e sono quegli attivatori in cui é possibile fare un’esperienza d’uso veloce manifestando all’interno di essi una sorta di libertà. Sono fenomeni che non sono stati pianificati dall’alto, ma provengono da una collaborazione sociale fatta da attori diversi dotati di capacità relazionale e organizzativa, ed é questa creatività temporale che ne determina la diversa ripetizione effimera in alcune parti della città. Alcune di esse sono attività legate ad un utilizzo più radicato e con scadenze precise, come il mercato mensile gestito dai coltivatori diretti sotto gli archi di via Marconi, oppure che svaniscono in una manciata di ore come il Lazzabaretto nel molo della pesca, che si attiva solo in concomitanza di alcuni eventi musicali ospitati all’interno della Mole Vanvitelliana . Esperienze queste, come altre, che in un solo momento sono riuscite a sovvertire gli statici equilibri locali e che vista l’eccezionalità e la presunta spontaneità durano nell’immaginario cittadino generando dei ricordi, anche solo se si transita nel luogo in cui quella manifestazione si accesa. Altri casi temporanei invece, si generano come colonizzazioni di spazi che devono essere impenetrabili per via di un pericolo accennato da cartelli. Pratiche non cicliche, ma di durata breve, che vedono l’insediarsi di attività discordanti da quella evocata dall’area in cui decidono di insediarsi. L’esempio ricade su un piccolo luna park, gestito da un gruppo di nomadi, i cui gestori avevano deciso d’insediarsi 77
edificato
permanente
giornaliero
temporaneo
PERMANENTE, GIORNALIERO, TEMPORANEO
abusivamente, nei giorni della festa del patrono cittadino, nel luogo che loro reputavano perfetto per l’installazione delle giostre: una piccola area di proprietà delle Ferrovie prossima ai binari. Una rivendicazione di spazio repentina ed esibita, ma che ne ha determinato una nuova destinazione d’uso, ridisegnandone temporaneamente l’idea che si aveva dello stesso. Sono quindi i luoghi delle possibilità resistenti alle politiche e alle masse, dove le diverse funzioni si accendono repentinamente all’interno della città divenendo posti in cui vige la politica della non esclusione. 37
36. J. Rykwert, La seduzione del luogo. Storia e futuro della città, Giulio Einaudi Editore, Torino 2003 p. 165 37. From enclaves to magnets, in P. Oswalt, K. Overmeyer, P. Misselwitz, Urban catalyst. The power of temporary use, DOM publishers, Berlino 2013, trad. p.13
79
3.2 I COMPORTAMENTI NEGLI SPAZI: INTIMITA’, EXTIMITA’, PUBBLICO. I comportamenti intimi si registrano entro una creazione di una nuova struttura di spazio, non all’interno di un vuoto funzionale, ma bensì dentro un recinto strutturato. Questo tipo di «spazio é, in tutto e per tutto, una questione di feeling» 38. Non ne possiamo fare esperienza senza che movimento e psiche agiscano l’uno sull’altra» e proprio per questo sono pratiche diverse da quelle dell’ambito in cui si svolgono, non intendono sovrascriverne la funzione, ma la reinterpretano, facendone della complessità un’opportunità d’uso secondo le proprie aspettative, il proprio punto di vista. Pratiche d’uso inconsuete accostate allo spazio limitato in cui si sfugge dalla traiettoria dello sguardo altrui in cui la barriera, diventa un pretesto a protezione dall’altro individuo. Si manifestano entro anse o entro linee, luoghi in cui é possibile nascondersi dalla città, usando quel suolo come una nicchia, colonizzandolo in maniera circoscritta a protezione di se. Tra i vari aspetti é quello più fragile, perché legato alla sfera personale e profonda dell’individuo, é l’esplicitazione del fattore soggettivo 39 dove il tipo adatta sè stesso all’oggetto, raccolto e lontano, ricercato e trovato all’interno delle infinite possibilità della città. INTIMITÀ
Al contrario l’esibizione di sé stessi, nell’accezione lacaniana 40 del termine extimité, emerge nella città tramite tattiche di appropriazione dello spazio, molto diverse tra loro. Possono avvenire anche in luoghi più esposti, in cui l’individuo, come in una piazza pubblica, desidera comunicare il proprio mondo interiore all’esterno. E’ lui che sceglie di rendersi visibile nei suoi aspetti più intimi, nelle sue abitudini quotidiane, situazione questa, che succede passeggiando lungo la banchina del molo del Mandracchio tra i pescherecci ormeggiati e l’ingresso al porto commerciale. Il caso oltre modo emblematico é quello che emerge dall’osservazione della piazzola di sosta dei tir, spazio che diventa quotidianamente un luogo di permanenza temporanea tra un viaggio e l’altro. Le file degli autotreni e le barriere di cemento diventano “dispositivi dinamici e tridimensionali" 41 a protezione di quegli spazi che vengono utilizzati in maniera creativa, come un accampamento, dove quella porzione di spazio portuale diventa un frammento mobile di un’ipotetica abitazione fissa; gesti quotidiani che venivano ripetuti nell’intimità della propria casa, qui per esigenze lavorative, vengono rigettate in pubblico portando ad una modellazione dello spazio attorno il proprio veicolo.
38. G. Bruno, Pubbliche intimità, architettura e arti visive, Bruno Mondadori, Milano 2009, cit. p.64 39. C. G. Jung, Tipi psicologici, Newton Compton editori, Roma 2007 ,p. 295. 41. S. Boeri, L'anticittà, Editori Laterza
81
EXTIMITÀ
Gli spazi della vita pubblica sono invece più continui attorno al porto, quello dagli usi più quotidiani e costituito dalle differenti relazioni che l’individuo può scegliere o meno di avere con gli estranei, gestendone i contatti in luoghi aperti, maggiormente frequentati. Qui si stringono le mani, si chiacchiera velocemente davanti la vetrina di un negozio o si gioca all’aria aperta, é lo spazio in cui entrano in contatto diversi mondi, e dove lo scambio é favorito proprio dalla possibilità che questo offre. Sono relazioni molto simili tra loro perché sono operate a loro volta da simili, in un grado di utilizzazione uniforme, quasi come se fossero forme nelle quali ricercare un’identità collettiva, comunitaria, nella quale riconoscersi e farsi riconoscere. Vige una sorta di mimetismo 42 tra l’ambiente e l’individuo. Lungo questa fascia si sovrappongono gli andamenti dei turisti e quelli dei cittadini, i luoghi diventano interessanti e fruibili per entrambe le categorie, perché accostati l’uno all’altro e si allargano a partire dalla materia consistente che gravita in prossimità del centro storico. Tramite una linea immaginaria é possibile unirli tutti, dove al disopra gli spostamenti umani viaggiano costantemente da un punto A ad un punto B (dall’Arco di Traiano alla Mole vanvitelliana), e una volta raggiunto il punto finale, questi svaniscono. Solo in un caso questo tratto riesce ad estendersi prolungando il suo percorso oltre il punto finale, ed é il luogo dove solo i cittadini sanno di poter andare, lontani dalle solite mete, ossia alla Lanterna.
42. J. Lacan, La schisi fra occhio e sguardo in J. Lacan, Il seminario. Libro XI I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, 1964, Giulio Einaudi editore, Torino 1979, p.75
83
PUBBLICO
3.4 CAMPIONAMENTI E ANALISI SUL GOMITO PORTUALE L'idea dei campionamenti é nata a seguito dell'esperienza e dall'esplorazione visiva, condotta in città. Quello che segue, dimostra come ci sia da parte della cittadinanza, un'esigenza, che sia questa provvisoria o costante, d'impossessarsi dello spazio e con esso manifestarne il gesto, che permane, indipendentemente dall'intervallo temporale in cui queste immagini sono state prodotte.
sostare carattere
mobilità catalizzare
85
aperto accessibilità
chiuso a tempo
intimitĂ
stare insieme fare sport
comportamenti
extimitĂ vita pubblica emergenze artistiche
pescare fare sport nautici attivitĂ stare al sole stare al sole alimentarsi acquistare
porto tipologia aree
Fincantieri spazio urbano
turismo
86
a-a
CARATTERE
ACCESSIBILITÀ
lanterna rossa ATTIVITÀ
55%
ABITANTI 45%
PORTUALI TURISTI
0% TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
87
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 3.4 + 0.0
sez. a-a
88
89
90
b-b
CARATTERE
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
capitaneria di porto
58%
ABITANTI 40%
PORTUALI TURISTI
2% TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
91
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 0.5
sez. b-b
92
93
94
CARATTERE
ACCESSIBILITÀ
c-c ATTIVITÀ
Arco di Clementino
50%
ABITANTI 40%
PORTUALI 10%
TURISTI
TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
95
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 1.0
sez. c-c 96
97
98
d-d
CARATTERE
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
Arco di Traiano
45%
ABITANTI PORTUALI
45% 10%
TURISTI
TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
99
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 1.0
sez. d-d
100
101
102
e-e CARATTERE
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
Porto croceristi
ABITANTI
33.3%
PORTUALI
33.3%
TURISTI
33.3% TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
103
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 1.0
sez. e-e
104
105
106
CARATTERE
f-f
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
Lazzaretto vanvitelliano
ABITANTI PORTUALI
70% 0% 30%
TURISTI
TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
107
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 1.0
+ 1.5
sez. f-f 108
109
110
CARATTERE
g-g
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
Quartiere degli Archi
90%
ABITANTI PORTUALI
0%
TURISTI
10% TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
111
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 5.0 + 1.5
sez. g-g 112
113
114
h-h
CARATTERE
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
Mandracchio ABITANTI
45%
PORTUALI
45%
TURISTI
10% TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
115
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 1.0
sez. h-h
116
117
118
i-i
CARATTERE
area industriale portuale
ACCESSIBILITÀ
ATTIVITÀ
50%
ABITANTI 40%
PORTUALI TURISTI
0% TOT
PRESENZE
GEN
FEB
MAR
APR
L
119
M
MAG
M
G
GIU
V
S
LUG
D
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
+ 1.0
sez. i-i
120
121
122
123
4.0 IL TERRITORIO DELLA CRISI: LE AREE MANDRACCHIO/FIERA E EX BUNGE
124
STATO DI FATTO le pratiche d'uso degli spazi 125
luoghi dell'incontro
spazio aperto per il gioco attrezzato (protetto)
spazio aperto per il gioco spontaneo (non protetto)
spazi ad uso misto vegetazione
STATO DI FATTO la ricostruzione degli usi fatta dagli abitanti degli Archi
luoghi associativi
luoghi di relazione
luoghi della pesca
126
acque porto pesca acqua
acque porto commerciale acque porto turistico
natanti attracco imbarcazioni
pescherecci navi cargo
luoghi legati al porto
commercio
cantieri navali
servizi di supporto alla pesca movimentazione e manutenzione barche
127
IL RAPPORTO CON L'ACQUA relazioni nello spazio portuale 128
coste
bassa assi di percorrenza
alta ferrovia
porto commerciale tipologia territori porto pescherecci
penetrabili recinti impenetrabili
129
LIMITI,TERRITORI,RECINTI le forme 130
4.4 STRATEGIE PER IL PROGETTO
umido
acqua
container
area industriale elastico recinzioni ferrovia coste
duro
131
PROPRIETÀ DEI MATERIALI i tipi 132
base di partenza
acqua
elementi catalizzatori delle pratiche elementi in discussione
territorio resiliente
133
trasformare espressi inserire interventi
sottintesi
eliminare
134
EX FIERA
SILOS
PESCA E VASCA
MOLE
I NUOVI SUOLI proprietà 135
LANTERNA
4.5 I NUOVI SUOLI La strategia progettuale mira ad un mutamento dei valori d'uso di spazi e manufatti portuali, resi più permeabili agli usi associativi, in cui si assume che il capitale fisso incorporato sul suolo (del porto e dei suoi edifici) abbia un alto valore anche in funzione degli usi diversi reclamati dalla popolazione. Esso si traduce in : - un riconoscimento dell'adattabilità alle trasformazioni (visto proprio in rapporto all'indagine fatta sulle pratiche), - un insieme di assi che sfumano la distanza tra porto e città (pur mantenendone autonomia e riconoscibilità) che riportano elementi di quest'ultima nell'enclave portuale e viceversa, - una ricostruzione di un suolo unitario, in cui grazie alla rifunzionalizzazione di alcuni edifici monumentali (silos, ex centro fieristico e capannone portuale) fa si che si possano includere ed innestare attività all'interno di essi. Il progetto di questo nuovo suolo si articola secondo diversi luoghi in relazione all'avvicinamento o al contatto con l'acqua.
duro
umido
edifici attivati cemento
acqua
136
LUOGHI DELL'AVVICINAMENTO ALL'ACQUA
SILOS
LANTERNA
MOLE 139
SEZIONE_SILOS
rifunzionalizzazione fabbricato con spazi al coperto per il gioco e la ristorazione
SEZIONE_MOLE
nuove banchine per la sosta lungo l'acqua
recupero dei capannoni dell'ex-fiera (sostituzione degli elementi di facciata, inserimento di spazi modulabili, dotazione di un magazzino per il centro di riuso cittadino)
gradinate affacciate sul molo del Mandracchio
SEZIONE_LANTERNA
140
+1.0 B-B
- 1.0
A-A
PIANTA_BANCHINA SILOS
scala per l'accesso alla nuova banchina
141
silos
+1.0
SEZ.A-A
+1.0 -1.0
SEZ.B-B
142
A-A
B-B
PIANTA_CAPANNONE
ex capannone industriale mq. 1697
143
container adibito a funzione bar (scorrevole su binari per rendere l'intero locale libero per altre attivitĂ )
porte ad ante ribaltabili per la totale apertura della facciata
+1.0
SEZ.A-A
+1.0 SEZ.B-B
144
A-A
PIANTA_EX-FIERA B-B
locale multifunzione mq. 3400
145
porte per la gestione degli spazi
sala audiovisivi mq. 239
centro del riuso mq. 1730
+1.0
SEZ.A-A
+1.0
SEZ.B-B
146
B-B A-A
PIANTA_MOLE
147
gradinate affacciate sul molo del Mandracchio
Mole vanvitelliana
+1.0 -1.0
SEZ.A-A
gradinate affacciate sulla Mole
quartiere degli Archi
+1.0
SEZ.B-B
mercato ittico
capannone ex fiera
Mole vanvitelliana
148
LUOGHI DEL CONTATTO CON L'ACQUA
VASCA
MOLO PESCATORI 149
SEZIONE_PESCA
vasca d'acqua
capanni per i pescatori SEZIONE_PESCA
SEZIONE_VASCA
vasca d'acqua 150
+1.0
A-A
nuova banchina
+0.9
PIANTA_VASCA
vasca profonda 10 cm con acqua a filo bordo mq. 9497
151
+1.0
+0.9
SEZ.A-A
vasca d'acqua
152
+1.0
A-A
PIANTA_CAPANNI PESCA
passerelle banchina
153
capanni dei pescatori, usati per contenere le reti o anche solo sostare al di fuori della propria imbarcazione mq. capanno 21.68 mq. area esterna 47.85
+1.0
SEZ.A-A
+1.0
ALTRI CAPANNI GIÀ ESISTENTI VICINO IL MERCATO ITTICO
154
4.5 COSTELLAZIONI UMANE: NUOVI CATALIZZATORI
esplorazioni urbane
155
scambi
vita di mare
156
157
5.0 BIBLIOGRAFIA
158
159
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Filmografia 1943
Ossessione. dir. Luchino Visconti. att. Clara Calamai, Massimo Girotti. Industrie Cinematografiche Italiane S.A.
2001
La stanza del figlio. dir. Nanni Moretti. att. Nanni Moretti, Laura Morante, Jasmine Trinca e Giuseppe Sanfelice. Sacher Distribuzione.
164