Tesi laurea Luis Martin

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CITTA’ E DISEGUAGLIANZA. Il caso del 3ème arr. di Marsiglia.

Politecnico di Torino A.A. 2015-2016 Tesi di Laurea Magistrale Architettura Costruzione Città Candidato: Luis Antonio Martin Sanchez Relatrice: Cristina Bianchetti Politecnico di Torino Correlatrice: Paola Viganò Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne



INDICE

Abstract

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Introduzione

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I. La questione della diseguaglianza negli studi di Bernardo Secchi e di Jacques Donzelot

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II. La città di Marsiglia.

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Popolazioni.

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Immaginari.

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Politique de la Ville.

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III. Gli spazi dell’esclusione. Il 3ème arrondissement.

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Popolazioni

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Welfare

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Abitazioni

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IV. Gli spazi dell’esclusione. Le fratture e i frammenti.

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Fratture.

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Autoroute du Soleil.

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Chemin de fer.

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Logement sociaux.

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Cité Felix Pyat.

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Euroméditerranée.

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V. Un miglior funzionamento dei frammenti urbani.

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La Citè: riscrivere il suolo.

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Il Quartier: la colonizzazione dei tessuti ad opera delle associazioni.

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L’Autoroute: un nuovo spazio abitativo.

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Bibliografia

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Ringraziamenti

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ABSTRACT

This study addresses an issue that recently has opened a wide debate: the issue of inequality, or rather, the polarization of population in extremely opposite classes: poverty and wealthy. Or rather, addresses the implications in the urban space of the presence of groups divided for resources, not just economic. The theme, which has had important contributions by economists, sociologists and political scientists, is not rebuilt in its various matrices and guidelines, but it is given the treatment that makes it an urban planner and a social scientist: both have faced the fact from the city perspective, talking about a new urban issue. The urban planner is Bernardo Secchi and the reference is his book " La città dei ricchi e la città dei poveri" (2013). The sociologist is Jaques Donzelot and the reference is his essay "La ville à trois vitesses" (2009). These positions are developed in a thesis that consists of five parts. In the first I take the aspects that I found important in the thought about the social and spatial inequality in contemporary European cities. In the second I speak about Marseilles, with no aim to reconstruct a story of its development, but showing two plans: a quantitative plan, mainly made of information about the population, the other is a qualitative one, recalling the many imaginaries which Marseilles is made of: ville-port, avant garde city, city of crime and civil rights. In the third chapter I look more closely at the 3ème arrondissement throughout statistical information. In the fourth I analysed three spaces of exclusion in the 3ème arrondissement. Analysis gained in the field, through several surveys, interviews and explorations. Finally in the fifth part I develop three project ideas that have a radical and extreme nature supporting my hypothesis.

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INTRODUZIONE

Questo studio affronta una questione sulla quale recentemente si è aperto un ampio dibattito: la questione delle diseguaglianze, o meglio della polarizzazione della popolazione nelle classi estreme della povertà e della ricchezza. O meglio, affronta le implicazioni nello spazio urbano della presenza di gruppi separati per dotazione di capitale, non solo economico. Il tema, che ha visto importanti contributi di economisti, sociologi e politologi, non è ricostruito nelle sue diverse matrici e orientamenti ma affidato al trattamento che ne fanno un urbanista e un sociologo: entrambi lo hanno affrontato per così dire “dalla parte della città”, parlando di una nuova questione urbana. L’urbanista è Bernardo Secchi e il riferimento è al suo libro “La città dei ricchi e la città dei poveri” (2013). Il sociologo è Jaques Donzelot e il riferimento è al suo saggio “La ville à trois vitesses” (2009). Il mio studio parte da qui, dalla ridefinizione di una questione urbana nel dibattito contemporaneo e dal rilievo che in essa assume il problema della diseguaglianza. Ho provato a riflettere su queste posizioni attraverso una città: Marsiglia. Marsiglia è indubbiamente una città segnata da profonde diseguaglianze. In ambito francese è la città con indice d’immigrazione ancora oggi altissimo, alti tassi di disoccupazione, orientamenti elettorali controversi. Ma è anche una città di rapida gentrificazione, importanti progetti di riqualificazione. Il 3ème arrondissement di Marsiglia sembra riflettere tutto questo in modo ancor più chiaro: il più povero quartiere in Francia, ma anche il più progettato, ambito da programmi di riqualificazione di straordinaria importanza come Euroméditerranée, con al suo interno un episodio di riuso importante dal punto di vista culturale, quale la Friche della Belle de Mai, come ve ne sono altri in Europa, celebrato come espressione di un “self building city” capace di ricostruire legami, cultura e urbanità. Nel 3ème arrondissement sembra esservi tutto: cité degli anni ‘60, espressione di un welfare duro e imponente, piccole zone di gentrificazione, spazi sospesi, episodi importanti di riuso, grandi progetti. Ho ritenuto che fosse un ottimo campo per testare una prospettiva tesa a cogliere le implicazioni spaziali delle diseguaglianze. Come dirò meglio, la mia non è né un’indagine storica, né un’indagine etnografica, ma una esplorazione progettuale radicale sul tema della diseguaglianza urbana. Osservato da vicino il 3ème arrondissement, mostra la presenza di numerosi frammenti, quasi introversi, quasi capaci di funzionare in modo autonomo. In alcuni si addensa una popolazione molto povera e clandestina. In altri si situa una popolazione che in Francia è appellata con il termine bobo. Questi frammenti sono accostati ma non interagiscono. La

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strategia progettuale perseguita si muove dall’osservazione di tre di essi: la cité Felix Pyat, il quartiere gentrificato Belle de Mai e gli spazi sottostanti l’Autoroute du Soleil che attraversa l’arrondissement da nord a sud. Due sono le mosse che il progetto ha seguito: entrambe costituiscono una sorta di rovesciamento di punti di vista consueti e a loro modo, consolatori. Il primo: si ritiene (in Francia soprattutto, ma un po’ ovunque) che i grandi progetti di riqualificazione siano dotati di una sorta di infuenza positiva sull’intorno. Non è detto. O non sempre. Ho voluto provare a pensare che così non fosse. Che Euroméditerranée, qualora finisse, riqualificasse soprattutto se stesso, che non vi fossero importanti riflessi sull’intorno e, in particolare, sui frammenti interni al 3ème arrondissement che osservo. E’ chiaro che è una posizione estrema e provocatoria, ma ho pensato servisse per definire il mio ragionamento. Per cui ho sottratto i grandi interventi in atto. Li ho per così dire amputati, negati. Questa costituisce la prima mossa del mio esercizio progettuale. La seconda guarda ai miei frammenti come “interiors”, come luoghi con pochi legami con la città. Ognuno di essi costruisce importanti differenziali di accessibilità nel quartiere. Funziona per sé. E’ chiuso. O per livelli fisici, o sociali. Sono luoghi poco attraversabili. Una buona teoria (sostenuta dallo stesso Bernardo Secchi) ritiene che ammorbidire i differenziali di accessibilità sia buona cosa, rendere più permeabili gli spazi garantisca una sorta di diritto al muoversi nella città liberamente. L’immagine in cui questa teoria si rappresenta è quella della ville poreuse. Nelle mie esplorazioni progettuali ho perseguito una differente posizione. Ho accettato la distinzione della quale ciascun frammento si faceva portatore e l’ho resa maggiormente visibile. Ho cercato di ottimizzare il funzionamento di ciascun frammento lavorando al suo interno piuttosto che sulle relazioni tra essi. Anche questa è una posizione estrema e provocatoria. Alle sue spalle un’idea di città come straordinaria invenzione sociale e spaziale, fatta di parti differenti, spesso in conflitto, non necessariamente convergenti come è invece nella ineludibile metafora organica che stava ben al centro del funzionalismo degli anni trenta, così come lo è ora dei discorsi sul metabolismo urbano. Al contrario, una città che accetta di essere composta di luoghi diversi e un progetto che li rende riconoscibili e cerca di farli funzionar meglio. Questa la mia posizione. Le due mosse hanno dato luogo a esplorazioni progettuali che traggono ispirazione (si potrebbe dire che questa è la terza mossa) da alcuni importanti riferimenti della tradizione del moderno in architettura. A Marsiglia, quasi ineludibili. Queste posizioni sono sviluppate in una tesi che si compone di cinque parti. Nella prima cerco di riprendere gli aspetti che mi sono parsi importanti di una riflessione sulla diseguaglianza sociale e spaziale nella città europea contemporanea. Nella seconda parlo di Marsiglia, senza nessuna pretesa di ricostruire un racconto del suo sviluppo, ma accostando tre piani: uno quantitativo, fornito prevalentemente da informazioni relative la popolazione, un altro qualitativo dove richiamo semplicemente i tanti immaginari che sono la città di Marsiglia: città porto, città delle avanguardie, della criminalità e dei diritti, delle grandi infrastrutture; e ancora un altro piano “politico” dove spiego l’influenza della politique de la ville sulla città. Nel terzo capitolo osservo più da vicino il 3ème arrondissement, anche in questo caso, attraverso informazioni statistiche e immagini del territorio. Nel quarto ho invece restituito la

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conoscenza dei tre luoghi che tratto. Una conoscenza maturata sul campo, attraverso numerosi sopralluoghi, interviste ed esplorazioni. Infine nel quinto sviluppo le tre idee progettuali che hanno, come dicevo, un carattere radicale ed estremo a sostegno delle mie ipotesi.

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i. La questione della diseguaglianza negli studi di B. Secchi e J. Donzelot.


A partire degli anni ‘70 del Novecento in molti paesi, si registra una crescita della diseguaglianza economica e sociale. Dopo quasi un secolo nel quale le diseguaglianze si erano fortemente ridotte nei paesi occidentali negli ultimi decenni del Novecento sono nuovamente tornate a crescere. L’idea di Kuznets che la diseguaglianza tenda a ridursi nelle fasi di sviluppo a prescindere dalle politiche economiche messe in atto verrebbe così a essere contradetta. In un mondo che è sempre più urbanizzato, dove la città diventa il tutto, la frattura sociale diventa sempre di più frattura urbana. Le regioni urbane sono il luogo dove “le differenze tra ricchi e poveri divengono drammaticamente più visibili” ma allo stesso tempo, dove, sempre di più, ricchi e poveri si rendono “visibilmente distanti” (Secchi, 2013). Per Secchi (2010) “le diseguaglianze sociali e il loro dar luogo a forme evidenti d’ingiustizie spaziali, insieme alle conseguenze del cambiamento climatico e ai problemi connessi a una concezione della mobilità come facente parte del diritto di cittadinanza” sono oggi le nuove questioni urbane. Trente glorieuses. A partire del secondo dopoguerra e fino alla prima metà degli anni ‘70, nel periodo conosciuto come trente glorieuses, le diseguaglianze sociali sono fortemente diminuite all’interno dei paesi occidentali. In questo periodo si assiste a un processo di forte e continua crescita economica in Occidente che vede la nascita e l’affermarsi della classe media. Il keynesismo, scuola di pensiero economica che prevede l’intervento dello Stato nell’economia a sostegno della domanda e del reddito, diventa il modello economico dominante. Sono gli anni dello Stato sociale (“l’État-providence”) che crea una struttura di welfare a cui possono accedere tutti i cittadini: istruzione, sanità, assistenza, trasporto. Nonostante la persistenza delle differenze di redditi e di capitali, il mix tra forte crescita economica, pieno impiego e struttura di welfare funzionante fa si che le diseguaglianze si riducano esponenzialmente (Piketty, 2013). Rivoluzione neoliberale. Gli anni ’80 costituiscono l’epoca delle “rivoluzioni neoliberali” di Reagan negli USA e Thatcher in Gran Bretagna e dell’abbandono delle politiche economiche keynesiane che porta a misure incentrate su privatizzazioni, deregulation del mercato finanziario, taglio della spesa sociale, aumento della tassazione sul lavoro, liberalizzazione del mercato del lavoro, il tutto riducendo la progressività delle aliquote e frenando le politiche distributive e redistributive. Nel 1985 il 10% più ricco della popolazione dei paesi OCSE aveva un reddito di 7 volte superiore a quello del 10% più povero mentre nel 2011 questo rapporto era salito a 9,5. Questa polarizzazione è stata generata sia dal netto incremento dei redditi medi del decile più ricco, sia dalla maggior vulnerabilità dei redditi bassi, che sono cresciuti lentamente anche negli anni di crescita economica e hanno invece avuto delle contrazioni consistenti nei periodi di

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bassa crescita. Limitatamente alle ventun nazioni per cui sono disponibili serie storiche complete dalla metà degli anni’80, si constata che la disuguaglianza interna è aumentata in 16 nazioni, Norvegia, Danimarca, Repubblica Ceca, Finlandia, Svezia, Lussemburgo, Ungheria, Germania, Canada, Italia, Nuova Zelanda, Giappone, Regno Unito, Israele, USA e Messico, rimasta stabile in Olanda, Francia e Belgio, mentre è diminuita in Grecia e Turchia (OCSE, 2014). In Italia. In Italia disuguaglianza e povertà sono cresciute rapidamente durante i primi anni novanta. Da livelli simili alla media OCSE, a metà degli anni ‘80, si é passato a livelli vicini a quelli degli altri paesi dell’Europa del Sud. Da allora la disuguaglianza é rimasta ad un livello comparativamente elevato. Tra i 30 paesi OCSE oggi l’Italia ha il sesto più grande gap tra ricchi e poveri (OCSE, 2015). La ricchezza nazionale netta in Italia è distribuita in modo molto disomogeneo, con una concentrazione particolarmente marcata verso l’alto. Il primo quintile detiene il 61,6% della ricchezza e il secondo quintile, il 20,9%. Il restante 60% della popolazione si deve accontentare del 17,4% della ricchezza nazionale, di cui appena lo 0,4% per il 20% più povero. Anche nella fascia più alta, inoltre, la distribuzione è nettamente squilibrata a favore del vertice. L’1% più benestante della popolazione italiana detiene il 14,3% della ricchezza nazionale netta, praticamente il triplo rispetto al 40% più povero, che detiene solo il 4,9 per cento degli attivi totali (ibidem). La crisi ha inoltre accentuato le differenze giacché la perdita di reddito disponibile tra il 2007 e il 2011 è stata del 4% per il 10% più povero della popolazione e solo dell’1% per il 10% più ricco. In Italia il reddito medio percepito dal 10% più ricco della popolazione è stato di 11 volte superiore a quello percepito dal 10% più povero nel 2013 (ibidem). In Italia nel 2014, 1 milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) è in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni 102 mila persone (6,8% della popolazione residente). La povertà assoluta però non si distribuisce omogeneamente sul territorio italiano. Anzi, se al nord si attesta al 4,2 e al Centro al 4,8% nelle aree del Mezzoggiorno si arriva al valore del 8,6% della popolazione (ISTAT, 2015). Tra le famiglie con stranieri la povertà assoluta è più diffusa che nelle famiglie composte solamente da italiani: dal 4,3% di queste ultime al 12,9% per le famiglie miste fino al 23,4% per quelle composte da soli stranieri. Al Nord e al Centro la povertà tra le famiglie di stranieri è di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani, nel Mezzogiorno è circa tripla (ibidem). Inoltre, la povertà relativa coinvolge nel 2014 il 10,3% delle famiglie e il 12,9% delle persone residenti, per un totale di 2 milioni 654 mila famiglie e 7 milioni 815 mila persone (ibidem).

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In Francia. La diseguaglianza di reddito della popolazione in età attiva è rimasta relativamente stabile in Francia dopo la metà degli anni ‘80, al contrario della maggior parte dei paesi OCSE che hanno visto un aumento costante. A metà degli anni ‘80 la diseguaglianza era arrivata al suo punto massimo e si è abbassata fino ai primi anni ‘90 quando è tornata lentamente a salire (OCSE, 2015). Nel 2008 il 10% più ricco della popolazione francese aveva un reddito di 61.000 euro l’anno, sette volte più elevato del 10% più povero con un reddito annuale di 8700 euro. Questa differenza è superiore a quella del 1995 quando era di sei volte ma inferiore a quella del 1985 quando i redditi più alti erano 8 volte quelli più bassi. Inoltre la ridistribuzione per le prestazioni sociali e le imposte per la riduzione delle diseguaglianze in Francia sono considerevolmente superiori alla media OCSE (ibidem). La Francia conta 4,9 milioni di poveri al di sotto del 50% della media del reddito e 8,5 milioni al di sotto del 60%. Nel primo caso il tasso di povertà rappresenta il 7,7% della popolazione, nel secondo il 13,7%. La povertà è fortemente aumentata a partire del 2008, con l’accentuazione delle difficoltà economiche legate alla crisi finanziaria. Tra il 2008 e il 2012 il numero di poveri è aumentato di 800.000 persone (INSEE, 2013). La situazione attuale costituisce un cambiamento storico. La povertà si è molto abbassata a partire degli anni 70 fino alla metà degli anni 90. A partire di questi anni la tendenza s’inverte. Tra il 2004 e il 2013 il numero di persone povere è aumentato di un milione e il tasso di povertà è passato del 6,6% al 7,7% e del 12,6% al 13,7%. Questa tendenza costituisce un ritorno alle condizioni sociali della Francia degli anni 60 (Observatoire des inégalités, 2015). La questione urbana classica. A partire della metà dell’Ottocento è fondamentale il dibattito sulle contraddizioni implicite nel passaggio dalla produzione in piccola scala al sistema fabbrica, con l’inevitabile formazione e concentrazione del proletariato nella città industriale (Secchi, 2013). La Rivoluzione del 1848 ha ragioni anche nelle paure crescenti legate all'insediarsi in città delle cosiddette classes dangereuses, secondo la nota definizione dello storico Louis Chevalier. Ovvero ha ragioni nell'urbanizzazione di masse di poveri che generano problemi di sicurezza e ordine sociale. Inoltre diventano evidenti gli effetti negativi sull’ambiente urbano di una densificazione eccesiva dei centri urbani. Le trasformazioni di Haussmann a Parigi sono un buon esempio della risposta data dall'élites politica e amministrativa ai principali problemi che interessano la città dell’Ottocento: da una parte una preoccupazione di natura sociopolitica, si respinge una parte della popolazione al di fuori di Parigi, dall’altra una preoccupazione di natura igienista, si creano grandi arterie con l’oggettivo di decongestionare la città. I quartieri operai, esterni alla città, dichiarano l’intenzione d’isolare la classe operaia dalle attrazioni e dai “pericoli” delle città e costringerle a una dipendenza diretta dai datori di lavoro.

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Con l’apparizione delle grandi manifatture fordiste nella prima metà del Novecento non si può parlare più d’antagonismo tra città e industria. La città è, di fatto, dominata dalla industria. La ville radieuse, la città giardino e i diversi modelli ideali di città del progetto moderno cercano di costruire lo spazio urbano seconda due regole principali: la separazione spaziale delle diverse funzioni e la “moralizzazione” della classe operaia attraverso l’abitazione (Donzelot, 2009). Il paesaggio della città industriale si ordina secondo dei modelli dell’urbanesimo razionale: la zonizzazione divide la città in settori residenziali, industriali, commerciali. La città diventa lo spazio della produzione ed è organizzata in funzione di questa. Le luttes urbaines degli anni ‘60 e ‘70 metteranno in evidenza i limiti della razionalizzazione spaziale, favorendo un dibattito sull’idea di urbanità e sulla qualità della vita nella città. Le droit à la ville. Le luttes urbaines degli anni ‘60 e ‘70 hanno molte ragioni , tra le quali si situa il deficit d’urbanità risultato dell’urbanismo funzionale della città industriale. Sono un movimento di protesta contro la gestione tecnocratica e affaristica delle trasformazioni urbane. Il dibattito sulla questione urbana degli anni ‘60 e ‘70 si concentra sul peso dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione, della città e dell’economia sulla conformazione della società e dei rapporti sociali. E’ un movimento di critica contro le intenzioni politico-morali del razionalismo funzionalista che diminuiva il ruolo della vita collettiva in detrimento di quella privata (Donzelot, 2009). Per Henri Lefebvre, la città funzionale è lo strumento d’adattamento della città alle esigenze dell’economia capitalista, idea che va contro quello che lui definisce la vera vocazione della città che sarebbe quella di permettere le “conjonctions creatrices”. La questione sociale diventa allora “le droit à la ville”. Teorizzazione dello spazio sociale. Per i filosofi e i sociologi neomarxisti, tra cui ci sono Lefebvre, Castells e de Certeau, lo spazio è un prodotto sociale risultato di un insieme di relazioni dialettiche: la società crea i suoi spazi e ricrea se stessa creando gli spazi. Lo spazio è un “espace médium”, un supporto dove si iscrive la socialità ma determina anche dei fenomeni sociali. La spazializzazione è un fenomeno universale che ha senso solo in rapporto ai comportamenti umani, poi declinato a seconda delle diverse culture e i diversi momenti storici. Per Lefebvre le interazioni tra spazio e società nella città contemporanea, “les propriétés essentielles du phénomène urbain”, si traducono in “la projection au sol des rapports sociaux”. Queste interazioni fanno si che: “le phenomene et l’espace urbain ne sont pas seulement projection des rapports sociaux mais lieu et terrain où des strategies s’affrontent. (…) le phénomène et l’espace urbain n’en conservent pas moins una réalité et una vitalité spécifiques. C’est-à-dire qu’il y a une pratique urbaine (…)” (Lefrebvre, 1968). Nelle opere degli studiosi urbani contemporanei ci sono costanti rinvii alle idee

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di Lefebvre. Il sociologo Jean Claude Chamborédon (1985) studia la distribuzione dei tipi di abitazioni nello spazio urbano e i processi di riqualificazione sociale. Il suo approccio è coerente con le teorie dei neomarxisti: “La distribution dans l’espace va au-delà de la traduction et de l’inscription spatiale de différences sociales. Elle contribue à produire des divisions sociales et autorise l’affirmation de sous-groupes aux styles de vie originaux. Nei testi introduttivi de “La ville divisée” (Fourcault, 1996) lo spazio viene trattato come un “espace médium”. C’è una corrispondenza tra l’organizzazione sociale intesa come organizzazione di gruppi sociali e l’organizzazione spaziale della città: “La segregation urbaine ou résidentille est le constat d’un état de differenciation sociale inscrit dans la espace urbain, l’organisation de l’espace décalque en la renforcant l’organisation socaile: à chaque group son espace.” Violenze urbane. A partire degli anni ‘80 in Francia le nuove questioni economiche e sociali legate alla crisi del welfare state prendono forza a discapito dei temi legati al “droit à la ville”. Le violenze urbane che colpiscono le banlieue francesi, così come la crescita della città suburbana nei primi anni ’80, favoriscono questo cambiamento di prospettiva. Secondo Donzelot (2009) l’opposizione tra le luttes urbaines degli anni ‘60 e ‘70 e le rivolte urbane degli anni ‘80 è totale. Se da una parte le luttes urbaines favoriscono la rinascita e il consolidamento della società civile dall’altra le violenze urbane degli anni ‘80 fanno emergere quello che lui chiama “societé incivile”. Se le luttes urbaines sono caratterizzate da una sorta d’interclassismo, ne fanno parte sia la classe media che le classi operaie, le violenze urbane si distinguono per il carattere “infraclassista” dei suoi attori. Sono gli esclusi. Esclusi dal nuovo sistema economico che si profilava già negli anni ‘80 dopo la fine dei trente gloriueses. Lavoratori a basso reddito e disoccupati esclusi (espulsi direbbe Saskia Sassen) dal mercato del lavoro e dai sistemi pubblici di servizi sociali e sanitari. Nelle luttes urbaines degli anni ‘60 gli attori si organizzano in associazioni, che si distingue da altre forme di organizzazioni, partiti o sindacati, per la volontà di mettere in atto forme di democrazia diretta e forme d’autogestione del potere in città. Nelle violenze urbane vale una forma “infrapartitistica” d’organizzazione. Il rumore è la sua ideologia. Le violenze urbane esprimono il malessere di un gruppo escluso e non più la volontà di migliorare o “qualificare” lo spazio urbano (Donzelot, 2009). Territori dell’esclusione. L’instabilità delle banlieue è una situazione strutturale. Si può parlare di un “malessere strutturale” causato dalla disoccupazione, l’accumularsi di problemi sociali, la mancanza di servizi pubblici, la presenza della violenza quotidiana. Pierre Bourdeau parlando dell’iscrizione spaziale dei diversi gruppi sociali

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formula il concetto degli “effets de lieu”, effetti del luogo, subordinati alla qualità delle strutture e delle dinamiche dello spazio urbano così come alle sue rappresentazioni. Da una parte i vantaggi dei ricchi aumentano grazie ai “profits d’espace” e inversamente, gli svantaggi dei poveri sono rafforzati dall’assenza di questi: “On ne peut rompre avec les fausses évidences, et avec les erreurs inscrites dans la pensée substantialiste des lieux, qu’à condition de procéder à une analyse rigoureuse des rapports entre les structures de l’espace social et les structures de l’espace physique. (...) Du fait que l’espace social se trouve inscrit à la fois dans les structures spatiales et dans les structures mentales qui sont pour une part le produit de ces structures, l’espace est un des lieux où le pouvoir s’affirme et s’exerce et sans doute sous la forme la plus subtile, celle de la violence symbolique comme violence inaperçue (...). L’espace ou, plus précisément, les lieux et places de l’espace social réifié, et les profits qu’ils procurent sont des enjeux de luttes (...). Les profits d’espace peuvent prendre la forme de profits de localisation, (...) profits de position ou de rang (...), profits d’occupation (ou d’encombrement) (...)” (Bourdeau, 1993). Gli spazi delle banlieue non sono né prestigiosi, né attrattivi. Attrezzature e servizi pubblici sono rari. I servizi di trasporto pubblico sono scarsi o inesistenti. Nelle banlieue il problema della distanza acquisisce toni drammatici perché la situazione economica dei suoi abitanti non permette alternative all’utilizzo del trasporto pubblico. Questo crea una situazione “d’immobilità forzata” (Donzelot, 2008). Questi spazi sono associati a popolazioni in situazione di povertà soprattutto proveniente dell'immigrazione straniera che provoca la perdita di prestigio e di attrattivo, a maggior ragione se questo corrisponde a un territorio di progetto della politique de la ville. C’è un forte deterioramento degli spazi collettivi che diventano lo spazio dell’insicurezza e del degrado. I tre “profits d’espace” bourdiani, il profitto di localizzazione, il profitto di posizione e il profitto di occupazione non esistono nei “territoires de la rélegation”. Chi sono gli esclusi? Ma chi sono gli esclusi oggi? Sono in parte diversi da quelli al centro delle riflessioni di Paugam negli anni ’80, allora poveri e immigrati di prima e seconda generazione. Scrive Saskia Sassen (2015) “oggi più che nella familiare esperienza della crescita della diseguaglianza è nella idea dell’espulsione che si riflettono le patologie dell’attuale capitalismo globale”. Per Sassen meglio tornare al tema dell’esclusione e ridefinirla, provando a ripensare un’esclusione che non è solo di individui, ma di luoghi, di terre, di vegetazioni e animali minacciati da una feroce selezione che contrae le economie e, una volta contratte al netto di coloro che ne sono ricacciati fuori, può darne un quadro più rassicurante di stabilità e ripresa. Perciò non più esclusi ma espulsi dai fondamentali ordinamenti sociali ed economici. I nuovi esclusi (o espulsi) sono i carcerati, gli sfollati costretti ad abbandonare

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le loro case per i meccanismi di foreclousers, ovvero di decadenza del debitore dal diritto di pagare il debito ipotecario, i rifugiati internati in centri di raccolta (e, potremmo aggiungere, mobili lungo le rotte, i passaggi, gli sbarramenti che stanno ridisegnando un’altra Europa). Carcerati, sfollati, rifugiati. Tre figure dell’espulsione. Figure “estreme” che, in quanto tali, rendono visibile ciò che altrimenti potrebbe apparire vago e sfumato. Carcerati, sfollati e rifugiati sono l’esito di dinamiche specifiche e locali radicate in storie e genealogie differenti, spesso antiche. Nondimeno riflettono un’assonanza sistemica. Ci dicono come si sta riorganizzando l’economia contemporanea. Come si è riorganizzata a partire da quella faglia irriducibile che sono gli anni ‘80. Sassen (2015) individua una serie di esempi, strumenti, vie, processi e condizioni che hanno a che fare con la nozione di esclusione. Strumenti che vanno da “semplici provvedimenti a istituzioni, sistemi e tecniche complesse”. Esemplare il forte sviluppo di strumenti finanziari ma anche il quadro normativo che permette il land grabbing, letteralmente accaparramento della terra, e l’impiego di tecniche avanzate minerarie, ad esempio la fratturazione idraulica, fracking. Vie assai diverse tra di loro: dalle politiche di austerità europee alle politiche ambientali che ignorano l’inquinamento ambientale in paesi molto diversi fra loro come possono essere gli Stati Uniti e la Russia. La povertà degradante è l’esempio più efficace delle condizioni dell’esclusione ma lo sono anche l’impoverimento della classe media nei paesi sviluppati, l’espulsione di milioni di contadini nei paesi poveri dovuta al land grabbing, le popolazioni nei campi profughi, i detenuti che affollano le prigioni dei paesi ricchi, i disoccupati cronici, le vittime di esproprio delle case durante la crisi immobiliare del 2008, il significativo aumento dei tassi di suicidio nei paesi del sud di Europa, l’espulsione di interi pezzi della biosfera da aree dove vengono messe in pratica tecniche minerarie avanzate. Non tutte queste situazioni sono nuove ma mai si erano verificate alla scala attuale. Si può dire allora che “a partire degli anni ‘80 del secolo scorso le dinamiche di espulsioni dell’economia e dalla società sono andate costantemente rafforzandosi, fino a saldarsi al normale funzionamento di quella realtà”. Queste dinamiche possono essere viste come “una sorta di formazione predatoria”. Vale a dire che le espulsioni “non sono semplicemente il risultato di una decisione o di un’azione di un individuo, un’impresa o un governo ma fanno parte di un insieme più ampio di elementi, condizioni e dinamiche che si rafforzano reciprocamente”. Questi sistemi complessi danno luogo sempre più spesso a logiche di “pura e semplice brutalità”, un capitalismo avanzato che ha come principali caratteristiche la spoliazione e la distruzione, un sistema che comporta l’immiserimento e l’esclusione di masse crescenti, le quali, a differenza che del periodo keynesiano, non hanno più importanza poiché costituite da lavoratori e consumatori. Queste tendenze, è sempre più chiaro, non sono anomalie o crisi ma fanno parte del nuovo sistema capitalistico avanzato. Per Sassen (2015) esistono luoghi in cui le diverse dinamiche si ricompongono, dove il potere diventa concreto e può essere affrontato, dove gli oppressi sono parte dell’infrastruttura sociale creata a sostegno del potere. Le città globali

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sono uno di tali luoghi. “Urbanisme affinitaire”. A partire degli anni ‘80 nell’Occidente comincia un processo di polarizzazione sociale (e spaziale) che in un estremo vede gli abitanti delle banlieue e i quartieri poveri, “la societé incivile”, e dall’altra una classe media sempre più forte che si sposta nelle periurbanizzazioni e dà luogo a quello che Donzelot (2008) chiama “urbanisme affinitaire”, che vede nelle gated communities la sua forma più estrema. La gated community (“communauté fermée” in Francia) è, secondo Secchi (2013), la negazione della città. Sono una forma dell’abitare che si può definire “selettiva”. Negano il contatto con la società mentre ipotizzano la creazione di una nuova. Una visione naif della socialità dove uno sceglie le categorie di persone con le quali vuole interagire, dimenticando che la vera forza della città è nell’essere luogo tanto di conflitto come di solidarietà (Donzelot, 2008). Le gated communities sono uno stato dentro lo Stato: in queste gli aspetti giuridico-istituzionali sono importanti quanto quelli fisico-spaziali (Secchi, 2013). Nelle gated communities non si ha solo una strategia di distinzione, un’affermazione sociale come nei beaux quartier borghesi della città industriale, ma una strategia dell’ignorare e del prendere le distanza dal “diverso”. La relazione tra “la societé incivile” e “l’urbanisme affinitaire”, tra cultura della violenza e cultura dell’autonomia, racconta un meccanismo circolare di rinforzamento della polarizzazione. La massima marxiana torna attuale. I poveri diventano più poveri e più violenti. I ricchi più ricchi, più lontani e meno solidari. Gentrificazione. Un altro fenomeno di polarizzazione nella città contemporanea è la gentrificazione, termine che indica l'insieme dei cambiamenti urbanistici e socio-culturali di un'area urbana, tradizionalmente popolare o abitata dalla classe operaia, risultanti dall'acquisto di immobili da parte della popolazione benestante. Il termine “gentrification” è stato usato per la prima volta dalla sociologa marxista britannica Ruth Glass nel 1964 facendo riferimento alle alterazioni osservate nella struttura sociale e nei mercati immobiliari in alcune zone del centro di Londra durante gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento. (…) “Once this process of gentrification starts in a district it goes on rapidly until all or most of the working class occupiers are displaced and the whole social social character of the district is changed" (Glass, 1964). Neil Smith descrive come i “gentry” urbani, composti dalla classe media e alta, abbiano cominciato a spostarsi in alcuni quartieri operai del centro di Londra a partire degli anni ‘50 perché apprezzavano l’ambiente dei centri urbani. Il

21


fenomeno resta assai marginale fino agli anni ‘80, associato a una minoranza intellettuale proveniente dalle classi più agiate, come nel caso di Greenwich Village nel Soho o del Upper East Side a Manhattan. A partire degli anni ‘80 passa da essere “un’anomalia localistica” a “la maniere d’ être en ville”, un principio della produzione dello spazio urbano (Donzelot, 2008). A partire degli anni ‘90 la gentrificazione diventa, soprattutto in Occidente, uno dei principali meccanismi delle municipalità e dei promotori immobiliari per la valorizzazione dei centri urbani. Centri urbani che nei decenni precedenti erano stati abbandonati delle classi medie per via della densità eccesiva, dei problemi igienici, della mancanza di servizi e di tanti altri problemi. I “gentrificati” apprezzano i valori della città come luogo dell’incontro, delle opportunità, dei piaceri ma allo stesso tempo cercano di eliminare tutti i suoi aspetti negativi: il traffico, la bruttezza, i cattivi odori, i brutti incontri. La gentrificazione permette di gioire degli aspetti positivi della città e ridurre gli aspetti negativi generando un prodotto che ovviamente ha un prezzo e che crea, di fatto, un sistema di selezione ed esclusione. La gentrificazione costituisce un movimento di ritorno alla città. Un movimento in certi sensi opposto a quello della periurbanizzazione. Se nella periurbanizzazione si cerca un ambiente protettore nelle aree gentrificate c’è la ricerca di un ambiente che si può definire “selettivo” dove il termine “selettivo” non si riferisce, come nel caso della gated communities, a una limitazione dell’accesso. L’ambiente selettivo è semplicemente il prodotto del mercato che lascia “entrare” solo una certa “élite autoproclamata”: le nuove classi agiate della globalizzazione e le professioni intellettuali superiori (Donzelot, 2009). Ne fanno parte chiaramente le persone più ricche e quelle che riescono a inserirsi nel nuovo scenario economico globalizzato. La mobilità delle aree gentrificate contrasta tanto con l’ipermobilità delle città diffuse come con l’immobilità forzata delle banlieue. In questo caso si può parlare di una situazione di “ubiquità”. Sono in una situazione di prossimità verso tutto sia fisica che virtuale. Vicini ai luoghi del lavoro, ai servizi di qualità, ai luoghi simbolici. I meccanismi di mercato funzionano come un deterrente per la sicurezza. Gli abitanti delle banlieue sono allontanati dagli alti prezzi. La grande presenza di spazi rappresentativi, edifici pubblici, spazi commerciali, o del terziario in generale, garantisce una continua e discreta vigilanza (Donzelot, 2008). … La città contemporanea appare sempre di più una città divisa tra una sottoclasse esclusa nelle banlieue, una classe media minacciata nella periurbanisation e un’élite globalizzata che occupa i centri gentrificati. Una situazione di profonda frattura che fa si che i suoi abitanti non sentano di appartenere allo stessa luogo. Come scrive Secchi (2015) l’urbanistica ha delle precise responsabilità nell’aggravarsi delle diseguaglianze e “il progetto della città deve essere uno dei punti di partenza di ogni politica tesa alla loro eliminazione o contrasto”. Pratiche virtuose d’architetti e urbanisti possono dare una mano al contrasto di queste diseguaglianze.

22


Crisi e questione urbane sono spesso coincidenti nella storia portando alla luce nuovi temi, nuovi conflitti e nuovi soggetti, nuovi sistemi di alleanze, di compatibilità e incompatibilità. Di queste crisi la città n’è uscita sempre diversa: nelle sue strutture spaziali, nel suo funzionamento, nella sua immagine e immaginari. La crisi e la questione urbana dei nostri giorni offrono tante possibilità e non coglierle può aggravare i problemi anziché contribuire a risolverli (Secchi, 2013).

23



ii. La cittĂ di Marsiglia.


Marcel Rocanyolo definisce Marsiglia “ville d’archipel, (…) ville de réseau discontinu, ponctuel, fonctionnant à distance”. E infatti Marsiglia è un succedersi di città diverse e di mondi diversi. C’è un grande contrasto tra la strutturazione coerente e rigida del porto di Marsiglia, centro nevralgico della città, e il suo sviluppo urbano “casuale” (Rocanyolo, 1990). La città che vediamo oggi è fatta di tanti frammenti che si sono storicamente affiancati senza continuità. Forse a causa del essere una città “senza territorio” isolata tra le coline e il mare. C’è il nucleo storico, Le Panier isolato dalla topografia, i paesini di pescatori, le vecchie bastides borghesi, le maisons basses degli operai, le cités e i grands ensembles del progetto moderno, le grandi aree industriali. Il tessuto di Marsiglia è sempre insolito. Nel nord della città paesini di maison basses abitati nella maggior parte dei casi da francesi sono affiancati dalle citès, nuclei di povertà e dissocupazione, abitati nella maggior parte dei casi di immigrati di prima o seconda generazione. Marsiglia, però, non è solo frammentata a livello fisico. Lo è anche in tanti altri modi. Lo sono i suoi immaginari e lo è la sua società. Le statistiche su Marsiglia mostrano una città fratturata più che frammentata. La logica del nord ricco e il sud povero qua viene invertita. Da una parte c’è un sud ricco, bianco, francese, con tassi di disoccupazione sotto la media francese e dall’altra parte un nord povero, meticcio, immigrato, giovane, disoccupato, segregato. Marsiglia è la città francese più diseguale con la maggior differenza dei reditti tra il 10% più ricco e il 10% più povero dei suoi abitanti (Observatoire des inégalités, 2015). La città è stata duramente investita della deindustrializzazione e dal ridimensionamento del suo porto a partire degli anni ‘70. A partire da questi anni il tasso di disoccupazione di Marsiglia è sempre stato circa il doppio che nel resto della Francia. Alla fine del Novecento, Marsiglia si mostra come una città in crisi, crisi economico-sociale ma anche crisi dei suoi immaginari. Immaginari marsigliesi che girano tutti intorno al suo porto. Marsiglia ville port, port de Orient, port des colonies, Europort. L’industrializzazione, i grands travaux, la città operaia e degli immigrati. Marsiglia è un meltin pot, quasi unico in Europa, di culture ed esperienze diverse. Italiani, greci, spagnoli, armeni, pieds noirs, maghrebini e comoriani. Nell’attualità Marsiglia è la città europea con la più alta proporzione di musulmani, un terzo del totale dei suoi abitanti, segno di questa sua diversità culturale. Marsiglia, però, è anche associata alla criminalità e alla violenza. Alla French Connection e ad altre mafie, alle rattonades del ‘73, e più recentemente alle violenze urbane del 2005. Durante gli anni ‘90 data l’emergenza sociale ed economica che subisce la città si avvia il programma di riqualificazione urbana Euroméditerranée, voluto fortemente dal sindaco socialista Robert Vigoroux e dallo Stato. Euroméditerranée, che è uno dei piani di riqualificazione urbana più grandi d’Europa, si propone la terziarizzazione delle aree al nord del centro della città. Processo che è arrivato al suo culmine con la celebrazione di Marsiglia Capitale Europea della Cultura nel 2013.

26


27


20.000

10.000

5.000

0

28

Topografia.


20.000

10.000

5.000

0

Sezioni territoriali e curve di livello.

29


20.000

10.000

5.000

0

30

DensitĂ e tessuti urbani.


200

200

200

200

0

Differenti tessuti urbani a Marsiglia.

31


20.000

10.000

5.000

0

32

Aree naturali.


Milano 12%

Torino 14%

Berlino 15%

Dublino 16%

Marsiglia 39%

Verona 45%

100

Percentuale del verde pubblico sul territorio comunale in diverse cittĂ europee.

33


Popolazioni.

Dalla “storia quantitativa ” (il termine è di Pierre Chaunu) di Marsiglia viene fuori una città di forti contrasti. Al censimento del 2012, contava con 850.656 persone, poco meno della metà della totale popolazione del Dipartimento Bouches du Rhone, del quale è capoluogo. A partire dagli anni ‘70 del Novecento, coincidendo con la forte crisi economica che investe la città, la popolazione della città comincia a diminuire al contrario di quanto avviene nel Dipartimento dove aumenta costantemente. Negli ultimi dieci anni la popolazione della città è tornata a salire da poco coincidendo con la timida ripresa economica. La stratificazione demografica per fasce di età è praticamente analoga a quella francese. C’è però un grande contrasto all’interno della città, gli arrondissement del nord hanno una popolazione molto giovane mentre al sud la popolazione di più di 60 anni risulta maggiore. Il saldo della variazione della popolazione tra il 2006 e il 2011 risulta positivo. La variazione dovuta al movimento naturale risulta superiore alla media nazionale mentre la variazione prodotta dai flussi migratori risulta negativa. C’è infatti una grande mobilità dei giovani verso il resto della Francia, soprattutto verso le regioni Ile de France e Alpes-Rhone (INSEE, 2013). Marsiglia è storicamente una città d’immigrazione. Negli ultimi anni però la percentuale di persone non nate in Francia residenti in città è calata fortemente. Se nel 1990 il 18,8 della popolazione era immigrata nel 2011 questa costituiva il 13,1% comunque sempre superiore alla media nazionale del 8,9% (ibidem). L’origine dell’immigrazione è molto cambiata negli ultimi anni. Se dalle rilevazione dell’INSEE si nota che negli anni ‘60 quasi l’80% degli immigrati era di origine europea, al 2011 costituivano solo 38,1%. Al contrario la popolazione di origine africana è passata dal 14,1% negli anni 60 al 43,4% del 2011. Anche quella asiatica è salita è nel 2011 costituiva circa il 14% della quota di immigrati. Al 2011 la comunità immigrata più numerosa era l’algerina, seguita dai tunisini e marocchini. La comunità immigrata d’origine europeo più importante continua a essere quella italiana (ibidem). Dopo la fase di deindustrializzazione avviata negli anni ‘70 e ‘80 del Novecento, si dà un processo di terziarizzazione della economia. Il porto a partire degli anni ‘60 viene spostato a Fos-sur-Mer, comune vicino, dove si spostano anche la grande industria siderurgica e le raffinerie. Come parte del processo di terziarizzazione dell’economia di Marsiglia si avvia, nell’anno 1995, il piano Euromediterranée, piano d’interesse nazionale che prevedeva, tra tante altre cose, la riqualificazione delle aree industriali dismesse intorno al porto e la costruzione di una terminale di crociere. Al 2012 le attività legate al

34


commercio, trasporto e servizi rappresentano il 68,9% del totale delle imprese di Marsiglia, percentuale ben superiore alla media nazionale, mentre l’industria rappresenta soltanto il 4,1% delle attività (ibidem). Il reddito medio pro capite (17.546) è sensibilmente inferiore alla media francese (25.140), ma ci sono tanti constrasti all’interno della città. Marsiglia è infatti la città più diseguale della Francia in quanto al reddito con la maggior differenza dei redditi tra il 10% più ricco e quello più povero. Se nell’8éme arrondissement, al sud, il reddito medio è di 35.000 euro circa al 3ème arrondissement, al nord, il reddito medio non arriva ai 12.000 euro pro capite (ibidem). Dagli anni ‘80 del Novecento i tassi di disoccupazione a Marsiglia raddoppiano circa quello nazionale, con un picco all’inizio degli anni ’90 quando il tasso di dissocupazione in città del 30% circa. Al 2015 il tasso di disoccupazione era del 18% in confronto a un tasso di disoccupazione nazionale del 10%. La disoccupazione però non è distribuita egualmente sul territorio. Negli arrondissement del nord della città si arriva a tassi di disoccupazione di più del 30% e tassi di disocupazione giovanili vicini al 50% mentre la disoccupazione al sud è inferiore alla media nazionale (ibidem). Il tasso di povertà della città è del 25,1%, molto superiore a quello nazionale (13,9%). Ma anche in questo caso ci sono differenze significative all’interno della città. Nel 3ème arrondissement, al nord della città, si arriva a valori superiori al 50%. Questo arrondissement costituisce l’unità amministrativa più povera della Francia Metropolitana (Observatoire des inégalités, 2015). Marsiglia, città operaia, è stata per anni considerata città della sinistra. Il primo deputato socialista del parlamento francese, Clovis Hugues, è stato eletto a Marsiglia nel 1881 . Durante quasi tutto il secondo dopoguerra fino agli anni ‘90 la città è stata nelle mani del Partito Socialista, prima con Gaston Deffere e poi con Robert Vigoraux. Invece a partire degli anni ’90 la città gira a destra con l’elezione del liberale Jean-Claude Gaudin eletto per la prima volta nel 1995 e rieletto in tutti i succesivi appuntamenti elettorali. Infine, sono significative a Marsiglia le percentuali del voto di protesta.

35


Bocche del Rodano

Marsiglia

64.933.400

1.975.896

850.636

Area kmq

632.734,9

5.087,5

240,6

25.140

24.399

17.548,0

Tasso di dissocupazione %

12,8

14,8

18,0

Tasso di povertĂ %

14,1

Francia Popolazione

Reddito medio â‚Ź

Dati generali 2012. Fonte: Insee.

36

18,1

25,1


Stratificazione della popolazione per fasce di etĂ (%) nel 2012. Fonte: Insee.

14,2

9,0

14,7

9,2 9,6

>75

13,6

18,8

19,8

19,9 19,8

Marsiglia

60-74

19,6

18,4

18,2

Bocche del Rodano

20,0

17,9

Francia

45-59

18,8

18,5

30-44

20,1

15-29

0-14

64.933.400

16 6.1

18

63.

00

9.9

4 0.1

6

0

.66

40

.0 58 44

9.5

6 5.5

5 4

.06

764

53.

1.937.405

1.975.896

839.043

850.636

19 .835.7

71

2

1 8.1

.79

Francia 50

1.724.199

1

1.759.3

4

.97 1.632 271

70.

Bocche del Rodano 1.4

Marsiglia 889.029 1968

908.600

874.43

6

1975

1982

798.430

800.550 1990

1999

2006

2011

Popolazione residente dal 1968 al 2011. Fonte: Insee.

Movimento naturale

Flusso migratorio 0,1

Francia -0,1

Bocche del Rodano Marsiglia

-0,3

0,4

0,5

0,6

Variazione della popolazione tra il 2006 e il 2011 (%). Fonte: Insee.

27


Commercio, trasporto, servizi

Costruzione

Agricoltura, sivicoltura, pesca

5,1

3,5 4,1 0,3

5,2 9,7

Marsiglia

10,4

9,7 68,9

17,0

Bocche del Rodano

65,9

15,0

Francia

61,9

12,6

Industria

10,7

Pubblica amministrazione, sanitĂ , educazione, terzo settore

Imprese per ogni settore al 2012 (%). Fonte: Insee.

Dirigenti e intelettuali

24,5

16,6 20,7 23,8

26,4 25,5

13,3 9,6

10,4

16,5 16,9

13,4

8,9

Professioni intermedie

Altre persone senza formazione professionale

16,6

14,0

Pensionati

14,2

8,8

3,4

0,9

Operai

8,9

Marsiglia

Dipendenti.

0,3 3,4

Bocche del Rodano

Artigiani, commercianti

2,8

Francia

Agricoltori.

Popolazione maggiore di 15 anni per categoria socioprofessionale al 2012 (%). Fonte: Insee.

10

31,4 35,5

Marsiglia

18,4

Bocche del Rodano

11,9

Francia

Tasso di dissocupazione giovanile.

25,4

Tasso di dissocupazione.

Tasso di disocuppazione al secondo trimeste 2015 (%). Fonte: Insee.

38


i

tri

in

at

tiv

i

12,8 Studenti

i

7,8

ti

cc

6,6

Rit

Francia

Bocche del Rodano

Diso c 1 2,0

10

,2

Dis oc

cu

so

ti

ira

pa ti

a up

at Ritir

cup ati

itirati

3

Al

11,5 Studenti

8,7 R

9,

,6

i

ent

58,9 Popolazione attiva

ttiv ina

tivi

tud

Di

54,9 Popolazione attiva

63,2 Popolazione attiva

tri Al

at ri in Alt

2S

,7 11

8 ,7

10,

13

Marsiglia

Media

I decile

IX decile

Popolazione tra 15 e 64 anni per tipo di occupazione (%). Fonte: Insee.

Francia

23.550,0€

7.840,0€

59.390,0€

Bocche del Rodano

19.425,0€

9.417,1€

36.958,7€

Marsiglia

17.548,0€

8.270,0€

35.155,0€

Reddito disponibile nel 2012. Fonte: Insee.

25,1

Francia 18,1

Bocche del Rodano Marsiglia

13,9

Tasso di povertà. Soglia del 60% (%) nel 2012. Fonte: Insee.

39


20.000

10.000

5.000

35.000 a 40.000 € 30.000 a 35.000 € 25.000 a 30.000 € 20.000 a 25.000 € 15.000 a 20.000 € 10.000 a 15.000 € 0

40

Distribuzione del reddito per arrondissement a Marsiglia al 2012. Fonte: Insee.


20.000

10.000

5.000

30% al 34% 25% al 29% 20% al 24% 15% al 19% 10% al 14% 0

Distribuzione del tasso di disoccupazione per arrondissement a Marsiglia al 2012. Fonte: Insee.

41


20.000

10.000

5.000

0

42

MobilitĂ .


4,3 3,2 2,9

10,8

8,1

14,6 7,0

Marsiglia

24,8

54,5

Bocche del Rodano

13,9

70,1

Francia

7,3

Non si sposta

Piedi

3,9

Bicicletta

4,7

Trasporto pubblico

69,8

Trasporto privato

Mezzi di trasporto utilizzati per andare al lavoro nel 2011(%). Fonte: Insee.

Aix-en-Provence

Rousset

Berre-l’Étang Vitrolles Fuveau

Les Pennes SeptèmesMirabeau les-Vallons Marignane (Aeroporto) Châteauneuf -les-Martigues

Martigues

Trets

Gardanne

Plan-de-Cuques

Auriol

Gignac-la-Nerthe Le Rove

Allauch

Ensuès-la-Redonne Sausset -le-Pins

Carry-le-Rouet

Génomenos

Marseille

Aubagne Ceyreste

Roquefort-la-Bédoule Cassis

La Ciotat Mobilità “periurbana”.

43


20.000

10.000

5.000

pi첫 del 40% 35% al 39% 30% al 34% 25% al 29% 20% al 24% 15% al 19% 10% al 14% 5% al 9% 0% al 4% 0

44

Distribuzione dei logement sociaux per arrondissement a Marsiglia al 2012. Fonte: Insee


20.000

10.000

5.000

25% al 29% 20% al 24% 15% al 19& 10% al 14% 5% al 9% 0

Percentuali di migranti per arrondissement al 2012. Fonte: Insee.

45


20

18

,8

17,

1

Marsiglia

7 2,

1

13,1

12,4

8,9 8,6

7,4

Francia7,4

1982

1990

2010 2011

1999

2014

Percentuale degli immigrati sulla popolazione totale dal 1982 al 2014.Fonte: Insee. Europa 78,7

43,4 38,1

4,9

14,5

Africa 1

4,0

America e Oceania 3,2 Asia 2,4 1960

1968

1975

1982

1990

1999

2010

Continente di provenienza degli immigrati in Francia dal 1960 al 2010 (%).Fonte: Insee.

46


Altri paesi | 13.670

Turchia | 4506

Altri paesi europei | 3.333

Altri paesi dell’UE27 | 8.120

Portogallo | 2.710

Spagna | 3.544

Italia | 7.435

Altri paesi africani | 18.526

Marocco | 8.799

Tunisia | 11.228

Algeria | 41.125

Totale | 122.996

Numero d’immigrati a Marsiglia per paese di provenienza al 2012. Fonte: Insee.

47


100

83,97

80,35

83,49

Francia 79,70 Marsiglia 78,72

2002

79,11

2012

2007

2012

Royal

Sarkozy

Hollande

49,13

Hollande

50,87

48,36

Sarkozy

51,64

2007

Marsiglia

17,79 46,94 Royal

44,28

Sarkozy

Marsiglia

Francia

Le Pen

55,72

Francia

Chirac

53,06

2002

Le Pen

26,89

Marsiglia

Chirac

73,11

Francia

82,21

Percentuale di votanti alle Presidenziali II turno (%). Fonte: Insee.

Sarkozy

Percentuale di votanti alle Presidenziali II turno per ogni candidato (%). Fonte: Insee.

48


100

63,52

57,28

Marsiglia

53,73

2001

2014

2008

Marsiglia 2014

26,51 47,75 1,83

31,09

MNR

UMP

PSFN

12,21

2008

PS

39,21

Marsiglia

UMP

50,42

2001

48,57

Marsiglia

42,39

Percentuale di votanti alle Muncipali di Marsiglia II turno (%).Fonte: Insee.

UMP

PS

FN

Percentuale di voti alle Municipali di Marsiglia II turno (2001 e 2014) per ogni lista (%). Fonte: Insee.

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Immaginari.

Per raccontare una realtà complessa come quella della Marsiglia di oggi non bastano i numeri, i dati, gli indici, i bilanci e i grafici. Con questo non vogliamo togliere importanza ai dati quantitativi. Pensiamo però che una grande città come Marsiglia sia molto più che una collezione di numeri. Evocando le sue immagini, i suoi immaginari, pensiamo di dare spessore e coerenza al nostro tentativo di raccontarla. La psicologia classica definisce due forme d’immaginazioni. Nel Larousse alla voce “Imagination” si legge: (…) Si notre esprit évoque images et faits sans suite, sans ordre, sans aucune pensée de conformité à la réalité, il fait acte d’imagination passive. Si, enfin, il les rappelle volontairement en cherchant à les combiner, à les ordonner, non comme ils furent ordonnés en fait, mais comme l’esprit veut qu’ils le soient, pour réaliser un type idéal, un tableau préconçu, alors on dit que c’est de l’imagination active… Imaginer, dans le sens élevé et vrai du mot, c’est réaliser l’idéal ; c’est faire descendre la vérité intelligible dans les formes de la nature sensible, représenter l’invisible par le visible, l’infini par le fini. E ancora Voltaire nel suo Dictionnaire philosophique scrive: Il y a deux sortes d’imagination, l’une qui consiste à retenir une simple impression des objets, l’autre qui arrange ces images reçues et les combine en mille manières. L’immaginazione attiva, come la chiama il Larousse, è quella che ci predispone alla construzione, all’invenzione, alla scoperta. La relazione dialettica tra esperienza e immaginazione dà forma agli immaginari. Nell’immaginario si mescolano il noto e il meno noto e la narrazione si spinge ai confini di ciò che viene e di ciò che non viene identificato. Ma l’immaginario, quell’immaginario che accumula e estende l’esperienza, non si costruisce solo dall’esperienza individuale. “L’imaginaire ne se construit pas en isolat” dice Rocanyolo (1990). L’immaginario si arricchisce del confronto, delle storie, dei linguaggi e si sostiene sui segni collettivi come la città, l’architettura, il paesaggio. E allora quali immaginari per una città come Marsiglia? Marsiglia è, prima di tutto, la ville port. E’ la città senza territorio, isolata dalle colline, che diventa tramite il mare punto di articolazione di territori vicini e lontani. Tutti gli altri immaginari ruotano in qualche modo in torno al porto. Marsiglia città industriale, Marsiglia città operaia, Marsiglia città d’immigrazione, Marsiglia città di violenza e criminalità, Marsiglia città di lotta e più recentemente la Marsiglia della cultura e del terziario di Euroméditerranée. 50


Fotogrammi del film Impressionen vom alten Marseiller Hafen, Vieux Port di Lazlo-Moholy-Nagy, 1929.

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La Ville-Port.

“Marsiglia è stata contagiata dalla coglionaggine parigina. Sogna di essere capitale. Capitale del Sud. Dimenticando che quel che la rendeva una capitale era il porto. Incrocio di tutte le mescolanze umane. Da secoli. Da quando Protis ha posato il piede sulla spiaggia. E sposato la bella Gyptis, principessa ligure” (Izzo, 1995). L’immaginario moderno di Marseille come ville port nasce a partire della fine del Seicento e si consolida tra l’Ottocento e il Novecento. Nella strategia economica de Colbert la città doveva monopolizzare il commercio del Levante e dell’Atlantico, così dichiara Marsiglia port franc, eliminando tutti i dazi sulle merci. Grazie a questa strategia, alla fine del Settecento, Marsiglia supera Genova come primo porto del Mediterraneo (Rocanyolo, 1990). L’Ottocento consolida l’immaginario della ville port. E’ l’epoca delle grandi innovazioni industriali e dell’espansione dell’impero coloniale francese. La zona del porto si espande a partire dal 1844 verso la riva nord della città e sorpassa il suo perimetro storico, il Vieux Port. Le vasche de La Joliette sono aperte nel 1853, e quelle di Lazaret e Arenc nel 1856 (ibidem). Il rapporto con Algeri, capitale di fatto dell’impero coloniale in Africa, si fa sempre più stretto. Il corridoio Algeri-Marsiglia-Parigi sarebbe stato di capitale importanza fino alla fine dell’Impero francese. Nel 1869 apre il Canale di Suez. Lo scambio commerciale tra Oriente e Occidente aumenta esponenzialmente. Marsiglia diventa così anche il Port de Orient della Francia e dell’Europa. Dopo sessantacinque anni di crescita ininterrotta a partire del 1913 comincia un processo di stagnazione del porto che si estenderebbe fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale (ibidem). Nel dopoguerra il porto diventa uno dei principali punti di arrivo del petrolio dal Nord d’Africa e dal Medio Oriente in Europa. Il petrolio sostituisce lo scambio delle merci che a partire della conformazione della Comunità Europea (circa il 70% del commercio della Francia avveniva con i paesi europei) aveva relegato Marsiglia, per la sua posizione geografica, a un ruolo marginale a discapito dei porti del Nord d’Europa (ibidem). Con l’indipendenza algerina nel 1962 il porto subisce un’altra crisi. Su circa 6,8 milioni di tonelate di merci, 2 milioni circa provenivano da Algeri, così come un 1 milione di persone su un totale di 1,5 milioni. Inoltre, a partire degli anni ‘60 parte del porto è spostato a Fos-sur-mer, dove sarebbe poi nato un importante polo petrochimico e siderurgico. I diversi shock petroliferi degli anni ‘70 con il posteriore processo di deindustrializzazione avrebbero conseguenze assai negative sull’economia, la società e gli immaginari di Marsiglia (ibidem).

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Vue cavalière de la ville et des ports de Marseille di F. Hugo d’Alesi.

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Grands travauxs.

L’isolamento di Marsiglia, tra le colline e il mare compromise storicamente la sua relazione con i territori dell’entroterra. Marsiglia è una città senza territorio. Per questa ragione la costruzione della ferrovia negli anni ‘40 dell’Ottocento prende un carattere quasi epico (Rocanyolo, 1990). La barriera fatta di colline aride non esisteva più. L’isolamento fisico di Marsiglia, insieme al suo carattere commerciale e industriale fa si che tra l’Ottocento e il Novecento in città si costruiscono grandi opere di infrastrutture che segnano fortemente la sua immagine. La ferrovia Avignone-Marsiglia viene inaugurata nel 1849. Il collegamento con Tarascon attraverso un viadotto monumentale, capolavoro dell’architettura di ferro, viene completato nel 1852. Le vasche de La Joliette sono aperte nel 1853, quelle di Lazaret e Arenc nel 1856. Tra gli anni 1852 e 1853 i docks vengono spostati a La Joliette e inizia l’operazione della nouvelle ville che doveva nascere a nord della vecchia città e intorno al nuovo porto. Sempre in questi anni cominciano i lavori di Notre Dame de la Garde, che sarebbe diventata simbolo della città, e della nuova cattedrale La Major, che faceva parte della nuova operazione urbanistica di espansione verso il nord. Nel 1854 viene aperta la linea ferroviaria Marsiglia-Lione e nel 1857 la Marsiglia-Parigi. L’opera infrastrutturale più rappresentativa di Marsiglia rimane però il Pont à Transbordeur. Inaugurato nel 1905 fu demolito nel 1944 da parte della Wehrmacht durante l’occupazione tedesca di Marsiglia. Il Pont à Transbordeur era situato all’entrata del Vieux Port e univa le sue due rive, la Quai du Port e la Quai de la Rive Neuve. La struttura era composta da due torri di 86,6 metri di altezza e il ponte propriamente detto lungo 239 metri che univa le due torri a una altezza di 50 metri. Una piattaforma di 120 mq collegava le due rive in un minuto e mezzo. Il Pont à Transbodeur è stata la Tour Eiffel di Marsiglia, simbolo della modernità e del dinamismo della città fino alla sua distruzione. Nel immediato dopoguerra si avvia il periodo di ricostruzione. In questi anni si costruiscono a Marsiglia due capolavori dell’architettura moderna: l’Unitè d’Habitation di Le Corbusier e la ricostruzione del Vieux Port di Fernand Poullion. Con l’espansione dell’automobile durante i trente glorieuses nella città si costruiscono numerose infrastrutture viarie, autostrade e viadotti in parte sotterrati visto le caratteristiche topografiche della città. Tra quelli più importante l’Autoroute du Soleil e la A55 coi tunnel del Vieux Port e il tunnel Prado-Carenage. A partire degli anni ‘70 comincia la costruzione della metropolitana che oggigiorno conta con 2 linee. Infine negli ultimi anni, nell’ambito dei progetti di Euroméditerranée sono state costruite tre nuove linee tranviarie.

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Entrata del Vieux Port col Pont Ă transbodeur.

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Città d’immigrati.

Questa era la storia di Marsiglia. La sua eternità. Un'utopia. L'unica utopia del mondo. Un luogo dove chiunque, di qualsiasi colore, poteva scendere da una barca o da un treno, con la valigia in mano, senza un soldo in tasca, e mescolarsi al flusso degli altri. Una città dove, appena posato il piede a terra, quella persona poteva dire: “Ci sono. È casa mia” (Izzo,1995). Soprattutto prima della Grande Guerra (ma nell’immaginario collettivo fino al secondo conflitto mondiale) Marsiglia è una “città italiana”. L’immigrazione italiana era iniziata a partire della seconda metà dell’Ottocento, attirati dello sviluppo del porto e dell’industria di Marsiglia. Soprattutto d’origine piemontese, napoletana, ligure e toscana, nel 1911 sono 94.000, il 17% dei residenti totali e l’88% del totale dei residenti stranieri. Nel 1931 sono più di 100.000. Il periodo tra le guerre vede l’aumento dell’immigrazione per motivi politici. Repubblicani spagnoli, greci della Turchia, Russi Bianchi e armeni (Témime, 1985). La situazione nel immediato dopoguerra cambia drasticamente. Nel 1946 la popolazione straniera conta 52.849 persone (senza gli algerini, allora cittadini francesi) su un totale di 636.264 abitanti, rappresentando l’8,4% del totale dei residenti. Durante i trente glorieuses si dà un aumento importante dell’immigrazione dal nord dell’Africa come conseguenza della decolonizzazione. Nel 1968 gli immigrati del nord dell’Africa rappresentano il 50% circa della popolazione straniera. La comunità algerina in città conta 25.000 persone circa, e le comunità tunisine e marocchine sono anche importanti. Nel 1975 la popolazione magrebina rappresentava il 60% del totale della popolazione straniera (Ibidem). A partire del 1962, dopo la dichiarazione di independenza dell’Algeria da parte della Francia, le autorità locali avviano il processo di espatriazione dei coloni europei. Marsiglia sarà il punto d’arrivo di circa un milione e mezzo dei pieds-noirs, come saranno chiamati dai media, e tanti rimarranno in città. La loro inserzione nella società non è per niente facile, alcuni di loro non avevano mai messo piede in Francia, e il Governo non prevede nessun piano speciale per il loro rientro pensando che sarebbe stata una situazione temporanea (Ibidem). Nell’attualità la popolazione immigrata in città è ancora importante, al 2011 rappresentavano il 13,1% della popolazione totale, dato superiore alla media nazionale del 8,9%. Le comunità più rappresentate sono ancora quelle magrebine con un’importante presenza della comunità algerina. Forte anche la presenza di un’importante comunità comoriananella maggior parte dei casi non censita come straniera (INSEE, 2013).

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Arrivo in massa dei pieds noirs al porto di Marsiglia nel 1962.

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Avanguardie.

Sigried Giedion come copertina del suo “Construire en France. Construire en Fer. Costruire en béton” del 1928 sceglie un’immagine del Pont à transbordeur di Marsiglia. Questa “macchina” per vedere la città ha un grande fascino per le avanguardie Europee. La copertina ispira il suo collega il pittore e fotografo ungherese Lazlo-Moholy-Nagy che realizza una serie di fotografie del ponte nel 1929. Moholy Nagy considera il ponte “un miracolo tecnologico” e lo fa diventare emblema delle sue ricerche fotografiche sui corpi negli spazi moderni. Posteriormente realizzerà anche un filmato, Impressionen vom alten Marseiller Hafen, Vieux Port, che raccogliE scene della vita quotidiana nel Vieux Port e La Canebière. Anche i fotografi Florence Henri e Francois Kollar dedicheranno parte delle loro opera alla città di Marsiglia. Marsiglia nell’immaginario della prima metà del Novecento è la città della modernità, città del progresso, città cosmopolita, crocevia di storie e culture diverse. Ed è proprio questo immaginario ad affascinare le avanguardie. Per tre mesi, fra il settembre e il novembre del 1925, lo scrittore austriaco Joseph Roth vagabondò per il sud della Francia. Da questo viaggio nascono diversi articoli per il Frankfurter Zeitung e il suo libro “Le città bianche”. In questo ultimo scrive con molto entusiasmo: “Marsiglia invece è un mondo in cui l’avventuroso è quotidiano e la quotidianità è avventurosa. Marsiglia è la porta verso il mondo. Marsiglia è il crocevia dei popoli. Marsiglia è l'Oriente e l’Occidente. Marsiglia è New York e Singapore, Amburgo e Calcutta, Alessandria e Port Arthur, San Francisco e Odessa”. Benjamin nel suo “Hashish in Marseilles” del 1928, racconta la quotidianità della città. Riprendendo una tradizione di creazione intelletuale sotto l’effetto di narcotici cominciata dal “Paradisi artificiali” di Baudelaire, a Marsiglia scrive: “Per chi ha mangiato l’hashish Versailles non è troppo grande, né l’eternità dura troppo a lungo”. La figura di Le Corbusier è irrimediabilmente legata a Marsiglia. Ma la sua relazione con la città nasce molto prima dell’Unité d’habitation. Nel 1933 da Marsiglia parti il Patris II con destinazione Atene dove si svolge il primo CIAM. E a Marsiglia arriva dal suo primo viaggio in Alger quando elaborava il famoso piano Obus. Di questi viaggi si conservano gli schizzi che Le Corbusier realizza sull’entrata dei porti delle due città. Da questi è chiara la metafora dello specchiarsi di Marsiglia e Algeri attraverso il Mediterraneo. Il piano Obus non sarebbe mai costruito ma nel dopoguerra avrebbe avuto la possibilità di costruire a Marsiglia l’Unité d’Habitation, un’opera imprescindibile del Movimento Moderno.

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UnitÊ d’Habitation de Marseille, Le Corbusier, 1952.

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Hashish a Marsiglia di Walter Benjamin.

Verso le sette di sera, dopo lunghe esitazioni, ho preso l’hashish. Quel giorno ero stato a Aix. Annoto quanto segue al solo scopo di constatare se sopravvengono degli effetti, giacché, essendo solo, non ho alcun’altra possibilità. Accanto alla mia stanza c’è un neonato che piange e ciò mi disturba. Penso che siano già trascorsi tre quarti d’ora. In realtà ne è passata solo mezza. Di conseguenza… A parte una lieve pesantezza di testa, non sento nulla. Steso sul letto, leggo e fumo. Di fronte a me sempre questa veduta nel ventre di Marsiglia. (Ora le immagini cominciano a prendere il sopravvento su di me). La strada che ho visto tanto spesso mi appare come un taglio tracciato da un coltello. L’ultimo stimolo a prendere l’hashish me lo hanno dato certe pagine nel Lupo nella steppa che ho letto stamattina. A questo punto sento chiaramente l’effetto. Principalmente un effetto negativo, giacché leggere e scrivere mi riesce difficile. Sono trascorsi tre quarti d’ora (abbondanti). No, non sembra che accadrà molto. Proprio ora doveva arrivare il telegramma di [Wilhelm] Speyer: «Interrotto definitivamente lavoro romanzo» ecc. non è bene che una notizia comunque deludente piova nell’ebbrezza del divenire. Ma si tratta poi effettivamente di un’ebbrezza in divenire? Per un istante ho provato una forte emozione, pensando che stesse salendo da me [Marcel] Brion. Ero molto eccitato. (Aggiunta effettuata la momento della dettatura: la cosa andò così: me ne stavo effettivamente steso sul letto con l’assoluta certezza che in questa città di centinaia di migliaia di abitanti, in cui solo uno mi conosce, non potevo venir disturbato, quando qualcuno batté alla porta. Qui non mi era mai accaduto. Non feci del resto il minimo cenno di aprire, e chiesi invece che cosa stava accadendo senza cambiare minimamente la posizione in cui mi trovavo. Il cameriere: «Il y a un monsieur, qui voudrait vous parler». – «Faites le monter». Sono appoggiato alla colonnina del letto con il cuore che mi batte all’impazzata. Davvero, sarebbe molto strano se ora vedessi comparire Brion. Ma «le monsieur» era un fattorino dei telegrafi). Quanto segue è stato scritto la mattina del giorno dopo. Con dei postumi meravigliosi e leggeri che mi dànno l’incuranza di non rispettare appieno la successione degli eventi. Brion non venne. Alla fine lasciai l’albergo; l’effetto mi sembrava non prodursi o comunque così debole da poter evitare la precauzione di rimaner chiusi in una stanza. Prima tappa il caffè all’angolo tra Cannebière e Cours Belsunce. Visto dal porto quello di destra, ossia non quello che frequentavo abitualmente. Ebbene? Solo quella certa disposizione d’animo positiva, l’attesa d’imbatterti in persone cordiali. Il senso di solitudine svanisce molto presto. Il mio bastone da passeggio comincia a procurarmi una gioia particolare. Il manico di una caffettiera con cui si usa versare la bevanda sembra all’improvviso grandissimo, e così rimane. (Si diventa ipersensibili, al punto di temere che un’ombra che cade sulla carta possa danneggiarla. – La repulsione si dissolve. Si leggono gli annunci che tappezzano i gabinetti pubblici). Non mi stupirei se il tale o il tal’altro mi venisse incontro. Ma giacché non lo fa, non me ne importa nulla. Per i miei gusti tuttavia qui c’è troppo baccano. Ecco manifestarsi i sintomi spaziali e temporali tipici del mangiatore di hashish, com’è noto, assolutamente grandiosi. Per chi ha mangiato l’hashish Versailles non è troppo grande, né l’eternità dura troppo a lungo. E sullo sfondo di questa dilatazione interiore, della durata assoluta e di uno spazio senza confini, uno humour meraviglioso e felice di sofferma sulle contingenze del mondo spaziale e temporale. Ho una percezione infinita di questo humour, quando al ristorante Basso apprendo che la cucina e tutto il piano superiore è in procinto di chiudere, proprio mentre ho appena preso posto e mi accingo a inoltrarmi nell’eternità davanti a una tavola imbandita. Dopo ho nondimeno la sensazione che tutto sia luminoso, frequentato, animato e che così rimarrà per sempre. Devo subito annotare come trovai posto da Basso. Ciò che mi importava era la vista sul vieux port che si gode dai piani superiori. Nel passare davanti al locale, in strada. Individuai un tavolo libero sul balcone del secondo piano. Ma non salii oltre il primo. La maggior parte dei tavoli alle finestre erano occupati. Alla fine mi diressi verso un tavolo molto grande che si era appena liberato. Nel momento in cui stavo per prender posto la sproporzione, il fatto di piazzarmi da solo a un tavolo tanto grande mi sembrò così vergognosa, che attraversai tutto il piano verso l’estremità opposta, per sedermi a un tavolo più piccolo che avevo adocchiato solo allora. Ma la colazione venne solo più tardi. Prima c’era stato il baretto al porto. Ancora una volta stavo per fare dietrofront, senza peraltro sapere dove andare, perché anche da lì provenivano i suoni di un concerto, per la precisione di un complesso di strumenti a fiato. Ebbi giusto il tempo di accorgermi che si trattava solo dell’ululato dei clacson delle automobili. Mentre camminavo in direzione del Vieux Port mi sentivo già così leggero e deciso da trasformare il terreno sassoso e inarticolato della gran piazza che stavo attraversando nella superficie di levigata di una strada asfaltata che io, robusto pellegrino, percorrevo di notte. In quella fase, non del tutto sicuro delle mie funzioni regolatrici, evitavo ancora la Cannebière. In quel piccolo bar del porto l’hashish cominciò poi a giocare la sua magia canonica con un’intensità primitiva quale non avevo sperimentata prima di allora. Ora esso cominciò infatti a ingenerare in me un talento fisiognomico, o quanto meno a fare di me un osservatore di fisionomie, e vissi allora qualcosa di assolutamente unico nella mia esperienza: mi sprofondai letteralmente nei volti che mi attorniavano e che erano in parte di straordinaria rozzezza o bruttezza: volti che abitualmente avrei evitato per due motivi: non avrei desiderato attirare la loro attenzione, né, d’altra parte, avrei sopportato la loro brutalità. Questa bettola del porto era una sorta di avamposto. (Il più estremo, io penso, che mi fosse ancora accessibile senza correre rischi, e nell’ebbrezza, io l’avevo scelto con la medesima sicurezza con cui, quando si è stanchissimi, si riesce a riempire un bicchiere d’acqua esattamente fino all’orlo senza farne traboccare una sola goccia, operazione, questa, che quando si è in condizioni normali non riesce mai). Il posto era ancora assai distante dalla rue Bouterie, eppure non vi sedevano dei borghesi; tutt’al più, accanto al proletariato portuale propriamente detto, qualche famiglia piccolo-borghese del vicinato. Compresi d’un tratto come a un pittore – non è accaduto così a Rembrandt e a molti altri? – la bruttezza poteva presentarsi come il vero serbatoio della bellezza, o meglio come il suo scrigno, come un pietrame che racchiude tutto l’oro nascosto del bello, luccicante nelle rughe, negli sguardi, nei tratti. Ricordo in particolare una faccia d’uomo infinitamente animalesca, volgare, in cui mi colpì all’improvviso in modo sconvolgente la «piega della rinuncia». Ero affascinato soprattutto dai volti maschili. A questo punto cominciò anche il gioco che aveva tanto tardato, per cui in ogni nuovo volto prendeva forma davanti ai miei occhi una persona nota; a volte ne sapevo il nome, a volte no; l’illusione svanì come le illusioni sogliono svanire in sogno, ossia non con vergogna e sentendosi compromessa, ma pacificamente e gradevolmente come chi ha fatto il proprio dovere. In queste circostanze era ormai impossibile parlare di solitudine; che fossi la compagnia di me stesso? Penso di sì, e neppure in forma tanto distorta. Non so infatti se in tal caso la cosa avrebbe potuto rendermi tanto felice. Piuttosto la verità è questa: io diventavo il più esperto, tenero, svergognato, ruffiano di me stesso, procurandomi le cose con la sicurezza ambigua di chi conosce e ha studiato a fondo i desideri del proprio committente. Poi trascorse una mezza eternità prima che ricomparisse il cameriere. O piuttosto io non ce la facevo più ad attendere la sua ricomparsa. Entrai nel bar e pagai al banco. Non so se in una bettola come quella si usasse lasciare una mancia. In tal caso avrei comunque dato qualcosa. Sotto l’effetto dell’hashish ieri ero piuttosto avaro; nel timore di farmi notare per le mie stravaganze, diedi ancor più nell’occhio. Lo stesso accadde da Basso, con l’ordinazione. Prima feci venire una dozzina di ostriche. Il cameriere voleva che ordinassi subito anche la seconda portata. Feci il nome di un piatto assai comune. Egli ricomparve comunicandomi che era finito. A questo punto io presi a far girare il dito sulla lista nei pressi di quel piatto, e sembravo intenzionato a ordinare una cosa dopo l’altra, ma poi mi saltava all’occhio il nome di un piatto sopra, e così via, finché giunsi al piatto che apriva il menu. Ma non si trattava di pura ingordigia, bensì anche di una spiccata cortesia nei confronti dei cibi che non volevo offendere con un rifiuto. In breve, alla fine mi arenai in un pâté de Lyon. Pâté di leone, pensai ridacchiando quando me lo trovai pulitamente nel piatto, e poi in tono di spregio: questa delicata carne di lepre o di pollo – o qualunque cosa sia. Alla mia fame da leone non sarebbe parso vero di saziarsi con un leone. Del resto era già tacitamente deciso, che, non appena avessi finito da Basso (erano circa le dieci e mezza), sarei andato altrove a cenare una seconda volta. Ma prima voglio ancora parlare della mia camminata verso Basso. Avanzai lentamente lungo la banchina, leggendo uno


dopo l’altro i nomi delle barche alla fonda. Nel far ciò fui preso da un’incomprensibile euforia, e sorrisi via via a tutti i nomi di Francia. L’amore che i nomi promettevano a queste barche mi sembrava meraviglioso e commovente. Passai con un senso di disagio solo davanti a un «Aero II» che mi ricordava la guerra aerea, proprio come da ultimo anche nel bar da cui venivo avevo dovuto fuggire con lo sguardo talune fisionomie eccessivamente alterate. Su da Basso incominciarono poi per la prima volta, mentre guardavo giù, i vecchi giochi. La piazza che dava sul porto – questo è forse il modo migliore di esprimere la cosa – era come una tavolozza sulla quale la mia fantasia mescolava le cose in via sperimentale; irresponsabilmente, se si vuole, eppure proprio nel modo in cui un grande pittore guarda alla sua tavolozza come a uno strumento. Esitai molto a bere il vino. Era una mezza bottiglia di Cassis, un vino secco. Un pezzetto di ghiaccio galleggiava nel bicchiere. Tuttavia esso si accorò perfettamente con la mia droga. Avevo scelto il mio posto a causa della finestra aperta dalla quale potevo guardare sulla piazza buia. E quando di tanto in tanto lo facevo, vedevo che tendeva a cambiare ogniqualvolta qualcuno vi metteva piede, quasi che questi per essa costituisse una figura che, beninteso, non aveva nulla a che vedere con il modo in cui la vedeva, ma piuttosto con lo sguardo che i grandi ritrattisti del diciassettesimo secolo, a seconda del carattere di rango che collocano davanti a un colonnato o a una finestra, fanno spiccare in questo colonnato, in questa finestra. A questo punto devo fare un’osservazione di carattere generale: la solitudine di tale ebbrezza ha i suoi lati d’ombra. Per limitarmi all’aspetto fisico: ci fu un momento, nella bettola giù al porto, in cui una forte pressione sul diaframma cercò sollievo nel canticchiare. Inoltre non vi è dubbio che cose realmente belle e convincenti rimangono assopite. D’altra parte però la solitudine opera come un filtro; ciò che si mette su carta il giorno dopo è più di una pura elencazione di impressioni durate pochi secondi; nel corso della notte l’ebbrezza si differenzia con dei bei bordi prismatici dall’esperienza quotidiana, viene a costituire una sorta di figura ed è più facile da ricordare di quanto accade abitualmente. Direi quasi che si contrae e assume la forma di un fiore. Per avvicinarsi agli enigmi della felicità provata nell’ebbrezza, si deve riflettere ancora una volta sul fil di Arianna. Quanto piacere nel semplice atto di srotolare un gomitolo. E questo piacere ha una profonda affinità sia con il piacere dell’ebbrezza che con il piacere della creazione. Procediamo, scoprendo non solo la tortuosità della caverna nella quale abbiamo osato inoltrarci, ma al tempo stesso proviamo questa felicità di scoprire solo in virtù di quell’altra felicità ritmica, che consiste nello srotolare un gomitolo. Una tale certezza del gomitolo abilmente arrotolato che noi disfiamo – non è forse questa la felicità di ogni produttività, o almeno quella che assume la forma della prosa? E sotto l’effetto dell’hashish siamo in sommo grado dei prosatori gaudenti. De la poèsie lyrique – pas pour un sou. Un senso di felicità sommerso nel profondo, manifestatosi poi in una piazza laterale della Cannebière, dove rue Paradis sbocca in un giardino pubblico, è più difficile da raggiungere di tutto quanto era avvenuto prima. Per fortuna sul mio giornale trovo la frase: «Con il cucchiaio si deve attingere l’uguale dalla realtà». Diverse settimane prima ne avevo annotata un’altra di Johannes V. Jensen, che apparentemente esprime un concetto analogo: «Richard era un giovane sensibile a tutto ciò che vi è di affine nel mondo». Questa frase mi era piaciuta molto. Ora essa mi permette di porre a confronto il senso politico-razionale che aveva per me, con quello magico-individuale della mia esperienza di ieri. Mentre in Jensen la frase per me si risolveva nell’affermazione che le cose sono come sappiamo, tecnicizzate, razionalizzate, e il particolare oggi si trova ormai solo nelle sfumature, la conclusione di ieri era assolutamente diversa. Vedevo infatti unicamente sfumature, queste, tuttavia, erano tutte uguali. Mi ero profondamente concentrato sul selciato davanti a me che, da me spennellato come una sorta di unguento, poteva essere proprio questo, ma avrebbe potuto benissimo essere anche quello parigino. Come dice il proverbio: pietre per pane. Queste pietre erano il pane della mia fantasia, improvvisamente avida di gustare ciò che è uguale ovunque. In questa fase, in cui sedevo al buio su una sedia appoggiata alla parete di una casa, ci furono, seppure isolati, dei momenti di bramosia. Provavo una profonda fierezza a pensare di trovarmi seduto qui a Marsiglia, in strada, sotto l’effetto dell’hashish: chi mai dividerà con me la mia ebbrezza questa sera? Certo pochissimi. E com’ero incapace di temere la futura sventura, la futura solitudine; comunque ci sarebbe sempre stato l’hashish. In questo stadio intermittente svolge una parte straordinaria la musica di un locale notturno che si trovava lì accanto e che mi aveva attratto. È strano come il mio orecchio insistesse nel non riconoscere «Valencia» come «Valencia». [Gustav] Glück mi passò accanto su una carrozzella. Fu un’apparizione fugace. Strano, anche, come prima dall’ombra delle barche alla fonda si era improvvisamente distaccato [Erich] Unger nei panni di un bighellone del porto e ruffiano. E quando da Basso, a un tavolo vicino al mio, individuai nuovamente una di queste figure di letterati, mi dissi che ora avrei finalmente appreso a cosa serviva la letteratura. Ma non vi erano solo conoscenti. Qui, nello stadio di un completo sprofondamento, due ombre – filistei, malandrini, non saprei dire – mi passarono accanto come «Dante e Petrarca». Cominciò così una concatenazione di pensieri che non sono più in grado di ricostruire. Ma il suo ultimo anello, nella costruzione era certo assai meno banale del primo, e forse conduceva a immagini di animali. Questo era dunque uno stadio diverso da quello in cui mi trovavo al porto, sul quale trovo la breve annotazione : «Solo conoscenti e solo bellezze» – che mi passavano accanto. «Barnabe» se ne stava su u tram che si fermò brevemente davanti alla piazza in cui sedevo. E la tremenda e triste storia di Barnaba non mi sembrò una destinazione malvagia per un tram diretto nei sobborghi di Marsiglia. Molto bello fu quello che accadde vicino alla porta del locale da ballo. Di tanto in tanto ne sbucava un cinese in pantaloni di seta blu, con indosso una giacca si seta rosa lucente. Era il portiere. Nel vano della porta apparvero delle ragazze. In me quasi ogni desiderio era sopito. Era divertente veder sopraggiungere un giovanotto con una ragazza vestita di bianco, ed essere immediatamente costretti a pensare: «Gli è scappata da lì dentro in camicia da notte, e ora lui se la riprende. Che volete farci». Mi lusingava in modo incredibile il pensiero di sedere qui, in un centro di ogni dissolutezza, e il «qui» non si riferiva affatto alla città, bensì al posticino tutt’altro che ricco di eventi in cui mi trovavo. Ma gli eventi si producevano come se la visione mi avesse sfiorato con una bacchetta magica facendomi sprofondare in un sogno su di essa. In re come quelle uomini e cose si comportano come quelle figure di sambuco che, chiuse in cassettine di vetro e carta stagnola e cariche di elettricità elettrostatica, a ogni movimento vengono a formare le più strane combinazioni. La musica, che frattanto continuava ad aumentare e a calare di tono, io la definii «verghe di paglia del jazz». Non ricordo con quale motivazione io mi concessi di battere il tempo col piede. Ciò contrasta completamente con la mia educazione, e non accadde senza un conflitto interiore. C’erano momenti in cui l’intensità delle impressioni acustiche cancellava tutte le altre. Soprattutto nel piccolo bar del porto fu improvvisamente sopraffatto da un clamore che era di voci, non di strada. La cosa più singolare di questo clamore di voci, era il suo suono assolutamente dialettale. D’un tratto i marsigliesi presero a parlare un francese che non mi sembrava buono abbastanza. Si erano fermati al livello dialettale. Il fenomeno di estraniazione forse insito in ciò, e che Kraus ha espresso con la formula felice: «Quanto più dappresso si osserva una parola, tanto più essa ci guarda da lontano», sembra estendersi anche alla sfera dei fenomeni ottici. In ogni caso tra le mie osservazioni trovo l’annotazione stupita: «Come le cose resistono agli sguardi». Poi l’effetto cominciò ad attenuarsi quando attraversai la Cannabière per prendere ancora un gelato in un piccolo caffè di cours Belsunce. Non distava molto dall’altro, il primo caffè della serata, nel quale all’improvviso la felicità d’amore procuratami dalla vista di alcune frange in cui la brezza disegnava delle onde, mi aveva convinto che l’hashish aveva cominciato la sua opera. E ricordando quello stato d’animo, vorrei credere che l’hashish ha il potere di convincere la natura a concederci – meno egoisticamente – quello spreco della nostra esistenza che contrassegna l’amore. Se infatti nei primi tempi di un nuovo amore la natura si lascia sfuggire tra le dita la nostra esistenza, come monete d’oro che essa non può trattenere e che è costretta a sprecare per mercanteggiare in cambio il nuovo, ciò che è appena nato, ora, senza poter sperare o potersi aspettare qualcosa, essa ci butta a piene mani nella braccia dell’esserci.


“Libertè, fraternité et égalité”.

Il 14 ottobre del 1983 una quarantina di giovani immigrati partono da Marsiglia per dire no ai crimini razzisti e richiamare piena eguaglianza e giustizia. L’iniziativa sarebbe ufficialmente chiamata Marche pour l'égalité et contre le racisme. Dai media Marche des beurs (arabe nello slang verlan). Il 1983 rappresenta un punto di svolta nella società francese. Per la prima volta i figli d’immigrati si organizzano e si mobilitano. La loro marcia, cominciata nell’indifferenza, è stata il grido di una generazione dimenticata e scatenò un consenso antirazzista senza precedenti in Francia (Le Monde, 2013). Nell'estate del 1981 si erano verificati disordini nel quartiere di Les Minguettes a Venissieux, un sobborgo della città di Lione. Ampiamente riportati dai media, è stato il primo incidente a larga scala di disordini pubblici in un sobborgo francese. Nel 1983 la Francia stava vivendo un'ondata di crimini razzisti, commessi, soprattutto, contra immigrati di origine maghrebina. Il 21 marzo del 1983 c’è stato un confronto violento tra un gruppo di giovani de Les Minguettes e la polizia. Il 21 giugno del 1983 durante un raid della gendarmerie, Toumi Djaïdja, giovane presidente della SOS Avenir Minguettes, è ferito gravemente. Il 14 novembre del 1983 il giovane argelino Habib Grimzi, in visita in Francia, è accoltellato sul treno Bordeaux-Ventimiglia e poi defenestrato da parte da tre soldati dell'esercito per delle motivazioni razziali. La situazione politica era anche avversa. La lista del partito di centrodestra Rassemblement pour la République, guidata da Jacques Chirac si era coalizzata al secondo turno nella località di Deux col Front National, partito xenofobo e razzista guidato da Jean-Marie Le Pen. Inoltre diversi esponenti del governo socialista avevano criticato uno sciopero negli stabilimenti Renault. dichiarando che erano “lavoratori immigrati manipolati d’integralisti che non hanno niente che vedere con la realtà francese”. La risposta è quella di una marcia non violenta ispirata ai movimenti contro la segregazione razziale di Martin Luther King. Nell’ottobre del 1983 una quarantina di giovani, accompagnati da un cura, Christian Delorme, parroco de Les Minguettes, e un pastore, Jean Costil, lanciano l’iniziativa in un contesto di grande indifferenza. Sette settimane e 1.500 chilometri dopo, raggiunti da movimenti di sinistra, organizzazioni sindacali e antirazzisti di tutto il paese, arrivano a Parigi 100.000 persone, e sono ricevuti dal Presidente della Repubblica Mitterrand. La Marches des beurs viene considerata il ‘68 dei giovani immigrati in Francia, una generazione di giovani che escono dall’invisibilità e rivendicano i loro diritti.

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Marche des beurs, 1983.

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Criminalità e violenze urbane.

C’è un immaginario, in generale legato a quello dell’immigrazione, che vede Marsiglia come città dell’insicurezza. Insicurezza sia legata alla criminalità organizzata (le milieu) a sua volta legate alla prostituzione, al traffico di droga e di armi, sia legata alla violenze urbane o a sfondo razzista. Secondo i dati del Ministero dell’Interno francese il Dipartimento Bouches du Rhone è stato quello con la più alta quantità di omicidi in Francia dal 1996 al 2015. Di seguito elenchiamo una serie d’esempi che illustrano questo immaginario. A partire degli anni ‘40 del Novecento Marsiglia diventa il principale punto di traffico di eroina da parte delle mafie corso-marsigliesi con le famiglie della Cosa Nostra americana. Questo sistema era conosciuto come la French Connection. L’oppio arrivava dalla Turchia tramite Beirut, dove veniva trasformato in morfina base per poi essere trasportato a Marsiglia per la sua trasformazione finale in eroina. Finalmente veniva spedita verso gli Stati Uniti tramite il Messico, il Canada e, in certi casi, da Palermo e Napoli. Il 21 ottobre del 1981 è assassinato a Marsiglia il giudice Pierre Michel, conosciuto in città per la sua lotta contro il traffico di droga. In sette anni smantellò sei laboratori per la lavorazione di eroina e arrestò settanta trafficanti, ed era in prima linea nello smantellamento della rete French Connection. Il suo assassinio ad opera della criminalità organizzata ebbe una forte attenzione mediatica. Nell’agosto 2012, dopo diciassette morti legate alla criminalità organizzata e il traffico di droga nei quartieri del nord di Marsiglia, la senatrice e sindaco socialista dell’8ème secteur (15ème e 16ème arrondissement) Samia Ghali chiede al governo l’intervento dell’esercito per disarmare le mafie locali. Nel 1973, dopo l’assassinato di un autista di bus da parte di un cittadino algerino a Marsiglia, scoppiano una serie di violenze razziste (rattonades in francese). Le violenze razziste, portate avanti da simpatizzanti del Front National fanno cinquanta vittime algerine e circa 300 feriti. Il 27 ottobre 2005 a Clichy-souis-bois due adolescenti muoiono fulminati da un trasformatore all’interno di una cabina elettrica mentre erano inseguiti dalla polizia. Tre giorni dopo, nella stessa città, le forze dell’ordine lanciano una granata lacrimogena all’entrata di una moschea. Parte così una rivolta urbana senza precedenti che si sarebbe velocemente allargata alle banlieue delle principali città francesi. A Marsiglia le prime proteste scoppiano l’8 novembre e dureranno fino al 15. L’8 novembre Dominique Villepin, primo ministro, dichiara lo stato d’emergenza per la prima volta dalla Guerra d’Algeria.

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Violenze urbane, 2005.

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Euromediterranée.

Euroméditerranée è un’operazione di riqualificazione urbana e sviluppo economico in corso a Marsiglia. Il progetto si avvia nel 1995 per iniziativa di Robert Vigoroux, sindaco socialista della città e dello Stato e ha lo statuto di “operazione d’interesse nazionale”. Per la gestione del progetto è stata creata la società Euroméditeranée del cui Consiglio d’Amministrazione fanno parte tutti gli enti interessati al progetto: Ville de Marseille, Région PACA, Dipartiment de la Bouches du Rhone e la Communauté urbaine Marseille-Provence. Definito nelle intenzioni dei promotori come un “acceleratore metropolitano”, il progetto è volto esplicitamente al rilancio di una città che a partire degli anni ‘70, con la crisi del petrolio, la delocalizzazione industriale, e il ridimensionamento delle funzioni portuarie, aveva subito una profonda crisi economica, sociale e d’immagine. Euroméditerranée doveva avviare il processo di terziarizzazione della città (Governa e Memoli, 2013). Euroméditerranée è uno dei piani di riqualificazione urbana più grandi d’Europa. Il piano originale (1995-2012) operava su un’area di 310 ettari. Nel 2007, Euroméditerranée Acte 2 allarga l’aria d’intervento di 170 ettari, per coprire un’area totale di 480 ettari. La prima parte dell’intervento si concentra su cinque poli principali distribuiti tra il 2ème e il 3ème arrondissement di Marsiglia. Le aree intorno a La Joliette e Arenc, di fianco al porto, l’area tra la Gare Saint Charles e la Porte d’Aix, le antiche tabaccherie della Belle de Mai, il litorale di Saint Jean e la Avenue de la République. Gli interventi più mediatici sono stati eseguiti nell’area de La Joliette che diventa un quartiere della finanza e del terziario in generale. Si è eliminato l’asse stradale sopraelevato e sono stati ricuperarti e riconvertiti le antiche strutture industriali del porto affiancate di nuovi edifici. Il terminal di passaggieri e quello crocieristico sono stati ristrutturati, questo ultimo il settore del porto di Marsiglia che è più cresciuto a partire degli anni 2000. Queste strutture sono state affiancate di nuovi edifici d’uffici, strutture commerciali e abitazioni. Sull’entrata del Port Vieux è stato costruito il MuCEM, Musée des civilisations de l’Europe et de le Méditerranée. La Gare de Saint Charles è stata ristrutturata e ampliata e nella zona della Porte d’Aix è ancora in corso il processo di riqualificazione che prevede la pedonalizzazione della zona con la costruzione di un nuovo parco, edifici commerciali e d’abitazioni. Nell’area della Belle de Mai è nato un polo culturale, processo virtuoso che doveva portare anche al rilancio economico dell’area. Nelle strutture vicine. Infine, la Avenue de la République è stata riqualificata (Ibidem).

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Politique de la Ville.

Alla base della politique de la ville c’è l’idea di mantenere la coesione sociale attraverso l’azione di riqualificazione di aree urbane in situazioni disagiate. Col termine politique de la ville non s’intende una politica per tutta la città, come potrebbe essere un piano urbanistico, ma una serie di politiche in aree specifiche. Aree che vengono delimitate da una serie di fattori demografici, economici e sociali disfavorevoli: alta proporzione di giovani, d’immigrati, di famiglie numerose, di famiglie monoparentali; alto il tasso di disoccupazione e di povertà; problemi di scolarizzazione, di formazione, d’impiego, di “habitat”; difficoltà ad accedere ai servizi e alle attrezzature di base (Oger e Bigot, 1996). Di solito, i territori di progetto della politique de la ville inglobano i grands ensembles e le cité situate nelle periferie delle città ma anche aree centrali in situazioni di povertà. La “territorializzazione” delle politiche di contrasto alla povertà evidenzia come la questione sociale sia diventata, a partire degli anni ‘80 del Novecento, questione urbana. La prima novità della politique de la ville risiede nel fatto di mettere insieme una serie di attori pubblici differenti in funzione di specifiche zone “difficili” della città. La seconda novità è quella della dimensione locale della politique de la ville, la sua adattazione alla varietà di condizioni economiche e sociali. Con la sua volontà di avere oggettivi e mezzi specifici a seconda delle zone d’intervento la politique de la ville si pone in neto contrasto con la forte tradizione francese di eguaglianza di misure e trattamenti. Si potrebbe definire come una politica di “discriminazione positiva” dei territori. Lo Stato non è più solo quello che “detta le regole” ma è anche animatore del dibattito pubblico o citando Donzelot “animateur des énergies et des compétences” (Donzelot e Estèbe, 1994). Già all'inizio degli anni ‘70, le autorità sono consapevoli delle difficoltà dei grands ensembles. Nel 1973, la circolare "Guichard", conosciuta come circolare “tours et bars”, limita la costruzione di ensembles di più di 2000 unità abitative. Nel 1978 viene ufficializzata l’operazione Habitat et Vie Social (HVS) che stipulava un contrato tra i diversi organismi HLM (Habitation a loyer moderé) e lo Stato per la riqualificazione dei grands ensembles già allora in stato di degrado. Il contesto cambia con l’arrivo della sinistra al potere dopo trent’anni di governi di destra. Da una parte, comincia il processo di decentralizzazione dello Stato e dall’altra lo scoppio delle “violenze urbane”, che a partire dei primi anni ‘80 sono grandemente mediatizzate. Così, l’allora primo ministro Pierre Mauroy incarica a Hubert Dubedout, sindaco di Grenoble, lo studio di una proposta per il contrasto alla devalorizzazione dei grands ensembles e alla

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difficoltà d’inserimento nella società dei suoi abitanti. Da questo studio nasce il rapporto “Ensemble refaire la ville”, che secondo Marie-Christine Jaillet-Roman può essere considerato come il testo fondante di quello che oggi si considera politique de la ville: “Il contient tous les “maitres mots” de ce que l’on finira plus tard pur appeler politique de la ville: le projet territorial, la globalité, la transversalité, le partenariat, la participation des habitants (…) mis au service d’une “utopie”: faire de ces quartiers le laboratoire du changement social et y reiventer la democracie local” (Jaillet-Roman, 2005). Si apre così un periodo di sperimentazione durante gli anni ‘80 che finisce con la creazione nel 1988 della Delegation interministérielle à la ville (DIV) che diventa nel 1990 il Ministére de la Ville. Con la legge del 10 luglio del 1989 viene aprovato il X plan che istiutiva i “contrat de ville”, che permettavano di realizzare progetti urbani, attraverso un contratto tra lo Stato, i colletivi locali e i loro partenariati. Avevano due varianti principali: i Grands projets de ville (GPV) e le Opération de renouvellement urbain (ORU), che a Parigi vengono chiamati Grand projet de renouvellement urbain (GPRU). A partire del periodo 2007-2013 i Contrat de ville vengono sostituiti dai Contrats urbains de cohésion sociale posteriormente sostituiti a sua volta nel 2015 dal Contrat de ville intercommunal . Nel 1996, con la legge n. 96-987 relativa al Pacte de relance pour la ville, nell’articolo 2 vengono istituite le “Zone Urbane Sensibili” (ZUS) che venivano a sua volta distinte in Zones de Redynamisation Urbaines (ZRU) e Zones Franches Urbaines (ZFU). In questi territori le priorità sono tre: il lavoro e lo sviluppo economico attraverso esonerazioni fiscali di estensione e durata variabili secondo la zona d’intervento, lo sviluppo umano degli abitanti (lotta contro l’abbandono scolastico, promozione di attività culturali e sportive) e la prevenzione della delinquenza. Nel 2004 c’erano in Francia 751 zone urbane sensibili delle quale 717 nella Francia Metropolitana e 34 nei Territori di Oltremare, dove abitavano 4.462.851 persone, l’8% della popolazione francese. Nel gennaio 2015 le ZUS sono state sostituite dai Quartier Prioritaire. A Marsiglia nel 1998 viene creato per iniziativa del Comune e dello Stato il Gruppo d’interesse pubblico (GIP) per la gestione della politique de la ville. Questo costituisce la struttura giuridica e finanziaria di gestione dei programmi nell’ambito de la politique de la ville a Marsiglia, vale a dire il Contrat de Ville (2000-2006), il Contrat urbains de cohésion sociale (2007-2013) e il Contrat de ville intercommunal (2015-2020). Il GIP Politique de la Ville costituisce il responsabile della gestione amministrativa, logistica e materiale dei diversi gruppi che operano direttamente nell’ambito della politique de la ville e di quelli associati (Ateliers Santé Ville, programmi educativi locali, ecc.) E’ anche responsabile dell’attuazione dei programmi della politique de la ville come la richiesta annuale dei progetti, il controllo e monitoraggi delle associazioni e la gestione dei diversi fondi forniti della città e dello Stato. Inoltre mette in opera procedure di valutazione e di diagnostico (ad esempio l’Observatoire des Quartiers). Grazie ai CUCS (Contrat de Ville de Cohesion Sociale) dal 2007-2013 sono

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stati finanziati in città 6434 progetti per un valore totale di quasi 46 milioni di euro. Centri sociali, Maison pour tous, servizi di prossimità, riqualificazione di aree pubbliche e progetti d’accessibilità sono le tipologie di progetti più comuni. Nel 2003, viene istituito il Gruppo di interesse pubblico (GIP) Marseille Rénovation Urbaine che coordina e gestisce l'attuazione a Marsiglia di una politica nazionale di rinnovamento urbano nelle aree urbane sensibili stabilita dalla legge 1 ° agosto 2003 e messa in pratica dalla Agence National pour la Rénovation Urbaine (ANRU). I suoi principali obiettivi son migliorare l’ambiente dei residenti, promuovere uno svilupo urbano coerente, favorire lo sviluppo sociale e stimolare l'economia promuovendo la creazione di nuove attività imprenditoriali. Più di un miliardo di euro sono stati investiti dallo Stato, con il sostegno dell'Agence National pour la Rénovation Urbaine (ANRU), il Comune di Marsiglia, la Comunità Urbana Marseille Provence Métropole, la Regione Provence-Alpes-Cote d'Azur (PACA), il Dipartimento Bouches-du-Rhône e la Caisse des Dépôts et Consignations, per realizzare i diversi progetti.

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Il GIP ha portato avanti dalla sua fondazione 17 progetti in tutta la città, la riqualificazione di più di 6.600 abitazioni, la demolizione di circa 2.500 logements sociaux e la costruzione di 2.900, la costruzione di 1.000 abitazioni private, la costruzione o riabilitazione di spazo del welfare e la creazione e riqualificazione di strade.

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20.000

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Distribuzione dei quartier prioritaire 2015-2020 a Marsiglia. Fonte: Insee.

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Cronologia della Politique de la ville. Fonte: http://www.viepublique.fr

Aprile 1973 Una circolare di Olivier Guichard, Ministre de l’Equipement, mette fine alla costruzione dei grand ensembles. La circolare ha lo scopo di impedire la realizzazione di questo tipo di urbanizzazione, poco affine alle aspirazioni degli abitanti e senza grandi giustificazioni economiche; incoraggia anche la lotta contro la segregazione e stimola la distribuzione di diverse categorie di abitazioni in tutti gli spazi delle aree urbane. Giugno 1973 L'installazione del gruppo di riflessione "Habitat et vie sociale" su proposta di Robert Leone, direttore dei lavori. Il gruppo responsabile del miglioramento delle relazioni sociali nei “grand ensembles”, mette in evidenza una situazione di eccezionale gravità: la povertà e la frammentazione della vita quotidiana, le strutture sociali locali deboli, la separazione interna tra i gruppi più poveri e dei gruppi in attesa di ricambio di proprietà, la ghettizzazione dei giovani. Le soluzioni proposte sono: la ristrutturazione delle abitazioni più degradate e in particolare lo sviluppo di una vita sociale comunitaria e la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Agosto 1976 Creazione del Fonds d’aménagement urbain (FAU) per sostenere finanziariamente lo sviluppo dei centri urbani. 1977 Lancio del primo "plan banlieue" da Jacques Barrot, Ministre du Logement. Il piano si basa su una serie di contratti tra lo Stato, le città e gli organismi HLM (Habitation à loyer modéré), da sviluppare in 53 periferie urbane. Viene stabilita la procedura di “Habitat et Vie sociale” (HVS) per cercare di correggere le più evidenti carenze di questi quartieri . L'approccio HVS è innovativo: globale e trasversale e cerca di coinvolgere i residenti nei progetti. Marzo 1977 Un decreto trasforma “Habitat et vie a sociale” in un organismo interministeriale . Settembre 1977 Il “Comité d’études sur la violence”,la criminalité et la délinquance”, presieduto da Alain Peyrefitte, rende le sue conclusioni in un rapporto intitolato “Risposte alla violenza”. Il diagnostico è quello di un sentimento generalizzato di insicurezza e la relazione chiede una ridistribuzione delle forze di polizia e gendarmeria col fine di "aumentare la densità delle forze di sicurezza nelle nuove aree di urbanizzazione, in cui l'assenza è specialemente subita”. Esso mette in evidenza le carenze insite nelle abitazioni collettive . Estate 1981 Violenti incidenti sono scoppiati nel quartiere Minguettes a Venissieux (Rodano) . Dicembre 1981 Il Consiglio dei Ministri istituisce la Commissione Nazionale per lo Sviluppo Sociale dei Quartieri, responsabile dell'attuazione dei programmi di riabilitazione. La commissione è presieduta da H. Dubedout, sindaco di Grenoble. Dicembre 1981 Una circolare prevede la creazione di zone di educazione prioritaria (rafforzamento selettivo del lavoro educativo nelle zone e in contesti sociali dove il tasso di insuccesso scolastico è più alto). Marzo 1982 L' ordinanza 82-273 stabilisce missioni locali per l'occupazione giovanile, intesi come luoghi di accoglienza, informazione e sostegno ai giovani dai 16 ai 25 anni che non studiano ne lavorano. Luglio 1982 Come risposta agli episodi dell'estate del 1981 viene lanciata la prima "Opération Prévention Eté". Dicembre 1982 Hubert Dubedout, sindaco di Grenoble, presenta a Pierre Mauroy, primo ministro, la sua relazione sullo sviluppo sociale dei quartieri . Gennaio 1983 Viene presentato a Pierre Mauroy il rapporto "Affrontare la prevenzione della delinquenza, la repressione solidarieta", sviluppato dalla “Commissione dei sindaci per la sicurezza”, presieduta da G. Bonnemaison. .

la

Luglio /Settembre 1983 Pierre Mauroy istituisce il Consiglio nazionale di Prevenzione della Criminalità (SPDC), l' elemento principale del dispositivo proposto dalla “Commissione dei sindaci per la sicurezza”. Gilbert Bonnemaison viene eletto Vice-Presidente del SPDC. Il 1 ° agosto, annuncia la creazione di un “archivio della delinquenza” e dei mezzi per combatterla in dieci città pilota. Il 24 agosto, la città di Mulhouse viene scelta per l'istituzione di un piano di prevenzione del crimine deliberato dal Consiglio. Il 6 settembre, l’SPDC pubblica un elenco di 18 città volontarie per le azioni pilota in materia di polizia , giustizia e azione sociale.

L’emergenza della questione urbana

Novembre 1983 Creazione del programma “Banlieues 89” sotto la direzione dell'architetto Roland Castro e Michel Cantal-Dupart. Questo si propone di attuare progetti di riabilitazione, sviluppo e apertura della periferia.

1984/1988 Il primo piano di contratti Stato- Regioni comprendono lo sviluppo sociale di quartieri: 148 convenzioni DSQ sono elencate per 170 quartieri circa . Giugno 1984 Creazione del Comitato Interministeriale per la Città (CIV) e il Fondo di Solidarietà Urbano. Il CIV è responsabile della definizione, direzione e coordinamento delle politiche all'interno dello Stato per migliorare l'ambiente urbano . Il dispositivo è legato alla decentralizazzione dello Stato in materia urbana consequente con le leggi sulla decentralizazzione. Il Fondo di solidarietà Urbano finanzia operazioni nei quartieri colpiti da gravi squilibri sociali . Novembre 1984 Presentazione di Rodolphe Pesce, “Presidente della Commissione Nazionale per lo Sviluppo Sociale dei Quartieri”, sul saldo di tre anni di attività per la riabilitazione dei quartieri degradati. Febbraio 1985 Attuazione dei contratti di azioni preventive per la sicurezza della città (CAP’S) dove esistanto consiglia comunali per la prevenzione della criminalità. 1986 Attuazione del programma sperimentale "Régie de Quartier". Si incoraggia la gestione degli spazi pubblici residenziali, i servizi locali e promuove la piccola impresa.


Giugno 1988 Il Primo Ministro Michel Rocard dichiara davanti all’Assemblea Nazionale: esaltazione della "democrazia quotidiana " e il desiderio di costruire " una nuova speranza", compresa la promozione dei diritti delle donne, la risoluzione dei problemi urbani (annuncio della creazione di una missione interministeriale della città) , la priorità data alla formazione, e il rafforzamento della sicurezza attraverso il riavvicinamento tra polizia e cittadini . Luglio 1988 Consiglio dei ministri, Yves Dauge viene nominato delegato interministeriale per la città e lo sviluppo sociale urbano . Novembre 1988 Pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, del decreto (n.88-1015 del 28 ottobre 1988) che istituisce il Consiglio Nazionale e il Comitato Interministeriale della Città e lo Sviluppo Sociale Urbano e una delegazione interministeriale per la città e per sviluppo sociale urbano (GU n.257 ). 22 maggio 1989 Circolare di Michel Rocard, primo ministro, che definisce i programmi d'azione della politica della città . Giugno 1990 Promulgazione della legge n.90-449 del 31 maggio 1990 (Loi Besson) per l'attuazione del diritto alla abitazione. La legge impone lo sviluppo di un piano d'azione dipartimentale per l'alloggiamento di persone svantaggiate e prevede l'istituzione di un Fondo di solidarietà per l'edilizia abitativa (FSL) e dei protocolli di occupazione del patrimonio sociale (POPS). Gli POPS fissano obiettivi in termini di accoglienza per i cittadini svantaggiati. Ottobre 1990 Dopo la morte di un giovane motociclista nella collisione con un veicolo della polizia, scontri tra giovani e polizia e diversi saccheggi avvengono a Vaulx-en-Velin (periferia di Lione). Jean Poperen, ministro dei Rapporti con il Parlamento e sindaco di Mézieux (Rodano), ritiene che le ragioni per gli incidenti a Vaulx-en-Velin sono "le ZUPs disumane, la disoccupazione giovanile e la convivenza tra diverse comunità". Claude Evin, ministro degli Affari Sociali e della Sanità, conferma la volontà del governo di chiarire le circostanze dell'incidente, e di riprendere il dialogo con "i giovani, il cui appello è stato ascoltato." Nell’Assemblea Nazionale, il Primo Ministro Rocard afferma la sua determinazione a continuare i suoi sforzi in materia urbanistica e contro "una certa forma di architettutra di quasi concentramento, criminogena nella natura e nei suoi risultati”. Ottobre 1990 Inaugurazione a Cergy-Pontoise da François Mitterrand, Presidente della Repubblica, dei “Giardini dei diritti umani”. Nella sua dichiarazione Mitterrand ritiene che "le problème de la ville commande tous les autres" e ha denunciato coloro che hanno costruito la città secondo la logica del “massimo beneficio per il minor costo". Dicembre 1990 Riunione a Bron (Rodano) dell’organizazzione Banlieue 89. François Mitterrand annuncia un piano di ristrutturazione per le aree svantaggiate per i prossimi cinque anni e ritiene necessario "rompere tutto il meccanismo di segregazione", annuncia la creazione di un ministero per coordinare le azioni per questi quartieri e promuove la solidarietà tra le città ricche e i comuni poveri. A Bron il primo ministro Michel Rocard specifica i termini del piano proposto da Mitterrand, che prevede la preparazione di un progetto di legge "anti-ghetto" sul controllo del territorio e progettato per distribuire il alloggi sociali nella zona urbana, il miglioramento delle carriere dei funzionari nominati nelle zone difficili, un aiuto speciale alle imprese per l'assunzione di giovani provenienti dai “grandes ensembles”. A Parigi, seminario di governo sulla politica urbana, destinato a chiarire le misure proposte da Mitterrand nel corso della seduta, soprattutto a livello regionale, sulla politica di stanziamenti per lo sviluppo sociale dei quartieri, la creazione di un periodo di prova di cinque gruppi d’interesse pubblico (GIP) per gestire congiuntamente le risorse delle comunità locali e lo Stato, e quindici "maisons de la formation" per l'accoglienza e l'orientamento dei giovani, e varie misure volte a facilitare la l'accesso dei giovani alle associazioni sportive e gli eventi locali. Dicembre 1990 Presentazione di Michel Rocard all'Assemblea Nazionale degli indirizzi di massima per la politica del governo della città. Rocard chiede la mobilitazione "congiunta e leale" dello Stato e degli enti locali di fronte alla "minaccia della grande frattura che costituisce la situazione delle aree svantaggiate " . Dicembre 1990 L'istituzionalizzazione della politica urbana ha preso un altro livello con la nomina di un Ministro della Città. Michel Delebarre viene nominato Ministro di Stato incaricato della politica urbana. Il Ministro della città è responsabile della preparazione e l'attuazione della politica della città, animando e coordinando l'azione del governo, ha autorità sulla delegazione interministeriale per lo sviluppo urbano e la delegazione al rinnovamento delle periferie. Ha anche la amministrazione della direzione centrale ddei diversi ministeri che contribuiscono alla politica urbana. Gennaio 1991 Nomina di 13 sotto- prefetti incaricati della missione per la politica della città . Febbraio 1991 Viene consegnato a Michel Durafour, Ministro della funzione pubblica, il rapporto di Bernard Fisher, direttore generale di amministrazione, sulla conciliazione della valutazione dei funzionari in possesso di "posti di lavoro difficili" con il principio della parità di trattamento dei lavoratori ; la relazione propone anche dopo selezionato le posizioni "effettivamente sostenute", migliore retribuzione e stima di queste posizioni nella carriera dei dipendenti pubblici . Aprile 1991 Riunione del Comitato Interministeriale per la Città (CIV) presieduto da Michel Rocard: adozione di una serie di misure volte a promuovere l'installazione e la formazione dei funzionari nei distretti sono oggetto di procedure di sviluppo sociale urbano e l'assegnazione di 780 milioni di franchi alla politica città . Maggio 1991 La legge sulla solidarietà finanziaria stabilisce tre meccanismi di perequazione per i comuni poveri che sostengono carichi pesanti legati alla disfunzioni urbane: la dotazione di solidarietà urbana (DSU), il fondo di solidarietà per i comuni dell’Île-de-France, e la dotazione speciale di solidarietà urbana . Luglio 1991 Lancio della prima operazione “Scuola Aperta". Questa operazione basata sull'apertura di una scuola estiva per i giovani volontari provenienti da aree depresse è tenuta nel primo anno nella sola Ile-de-France e viene estesa a tutto il paese nel 1997. Luglio 1991 Presentazione della relazione di Jean-Marie Delarue al Consiglio di Stato, che invita a l'adozione di una nuova legge per promuovere lo sviluppo delle aree svantaggiate e la lotta contro la "relegazione" delle banlieue.


Luglio 1991 Pubblicazione nella GU n.167 del 19 luglio 1991 sulla legge di orientamento per la città (n.91-662 del 13 luglio 1991) . La legge stabilisce il diritto alla città e stabilisce i principi della politica della città . Introduce programmi locali per l'edilizia abitativa (PLH) Luglio 1991 Il Comitato Interministeriale per la Città (CIV) indica i primi grandi progetti urbani . Maggio 1992 Comunicazione da parte del Gabinetto di Pierre Beregovoy, Primo Ministro, che delinea la politica di rinnovamento urbano e della sicurezza. Oltre ad un piano di azioni immediate per la sicurezza urbana, espone una serie di misure volte a migliorare le condizioni per l' intervento giudiziario (compresa la creazione di 25 case di giustizia), per coordinare meglio i progetti di rinnovamento urbano più pesante, semplificare gli strumenti della politica urbana con l'adozione di una procedura unica, il contratto di città (contrat de ville), incoraggiare la partecipazione dei cittadini alla vita di quartiere e sviluppare le operazioni "Eté jeunes" . Aprile 1993 Dibattito in seno all'Assemblea Nazionale sulla politica della città. Simone Veil, Ministro degli Affari Sociali, Salute e Città, ha detto che il governo intende "ristabilire l'ordine nella politica della città" semplificare le procedure, compresa l'istituzione di un fondo unico d’intervento e negoziazione dei contratti (contratti di città), aumentando la presenza dello Stato nei quartieri difficili e operatori di supporto sul campo. Febbraio 1994 François Mitterrand, Presidente della Repubblica, riceve il leader delle associazion ZUP a Montereau Surville e critica il rallentamento delle politiche urbane. A Meyzieu (Rodano), Mitterrand dichiara che la politica della città deve tornare ad essere una delle "tre o quattro priorità" del governo . Su France2, Edouard Balladur, primo ministro, dice che "ci sarà un notevole sforzo" del governo nella politica urbana e ricorda che le risorse di bilancio sono raddoppiate nel suo governo. Nel'Hotel Matignon si reune la Comissione Interdepartimental della Città (CIV), sotto la presidenza di Balladur, per fare il punto di "piano emergenza per la città". Mr. Balladur annuncia un bilancio supplementare di 100 milioni di franchi assegnati al piano di emergenza e la preparazione un disegno di legge per dare la priorità a trasferire funzionari che abbiano lavorato nelle zone difficili. Gennaio 1995 Creazione del Fondo d’intervento interministeriale per la città che si propone rafforzare la gestione interdipartimentale dei crediti decentrati della politica della città . Febbraio 1995 Riunione del Comitato Interministeriale per la Città (CIV) presieduto da Edouard Balladur, primo ministro. In totale si annunciano 60 misure in un periodo di due anni in favore dei quartier. L'applicazione delle due misure più (agevolazioni fiscali per le aziende che individuano nei quartieri di priorità e creare "contratti di lavoro consolidati" per i giovani che vivono in queste zone ) vengono rinviate a dopo le elezioni presidenziali .

Le basi della “Politiche della Ville”

2 marzo 1995 Presentazione da parte della Delegazione Interministeriale per la Città del lavoro svolto dall'istituto Banlieuescopies che fornisce un quadro allarmante dello sviluppo economico e sociale dei quartieri in difficoltà, dove l'aumento della disoccupazione e l'ostilità verso i servizi sociali obbligano, secondo gli autori, a ripensare tutta la politica della città . Maggio 1995 Nella sua dichiarazione d’inizio mandato il nuovo Primo Ministro Alain Juppé annuncia un "programma nazionale per l'integrazione urbana" , al fine di creare "un habitat et un urbanisme nouveau ". Si ritiene necessario riposizionare i servizi pubblici nei quartieri difficili e di applicare una tassazione vantaggiosa. Gennaio 1996 In un Consiglio Interministeriale di Città (CIV) riunito a Marsiglia, Alain Juppé presenta le 68 misure ddl "Patto di rinnovamento per la città."Dal punto di vista economico, sono previsti: la creazione di una trentina di "zone franche" dove le aziende sono completamente esenti da imposte e oneri sociali (l'accordo della Commissione europea è necessario) fino al 2001 ma hanno l’obbligo di assumere persone provenienti da quartieri difficili; l'istituzione di un contratto di "lavoro-città", che doveva beneficiare nei seguenti quattro anni a circa 100.000 persone di età compresa tra 18-25 giovani che vivevano in “zone difficili” (lo Stato paga, in media, il 55% dello stipendio); sostegno specifico per i lavoratori di manutenzione in zone difficili (creazione di un ente pubblico di ristrutturazione di spazi commerciali).Per rafforzare e adeguare i servizi pubblici nelle “zone difficili” sono previste tra cui: l'assegnazione di 4.000 agenti di polizia in più, la creazione di "l’unità di supervisione educativa rafforzata" per i minorenni, la priorità data alle scuole in questi quartieri per la gestione del tempo-scuola, e l’aumento da 7000 a 10000 il numero dei iscritti al "Service-Ville". Prestiti agevolati sono forniti per la lotta contro il degrado delle abitazioni. Un "nuovo partenariato" sarà istituito con le associazioni che operano in aree sensibili. L'intero "patto" si estende su una cifra stimata1996 di 15,4 miliardi di franchi per il periodo 1996-1998. Marzo Presentazione della lista dei 38 quartieri problematici che possono essere designati come “zona franca” . Novembre 1996 Promulgazione della legge sull'attuazione del patto di stimolo per la città (GU n.266, 15). Dicembre 1996 Promulgazione del decreto che stabilisce l'elenco delle aree urbane sensibili e l'elenco delle zone di rinnovo urbano . Luglio 1997 Conferenza stampa di Martine Aubry, Ministro dell'occupazione e della solidarietà, dove definisce le linee principali della sua azione. C’è un riorientamento approfondito della politica urbana basata su " politiche trasversali " piuttosto che "politica-ghetto di sovvenzioni speciali". Febbraio 1998 Viene consegnato a Martine Aubry il rapporto "Demain la ville" di Jean-Pierre Sueur, sindaco (PS) di Orleans, che ha chiamato una "mobilitazione nazionale" dei quartieri degradati, perché venga votata una legge di programmazione di 10 anni per sorvegliare uno sforzo per "vivere fino" a quello ottenuto per l'occupazione giovanile (35 annuali MOF) e auspica l'adozione di 50 misure, tra cui: la creazione di un dipartimento del Comune, con le proprie competenze interdipartimentali, la definizione delle priorità locali per la politica urbana nel contesto dei nuovi contratti dieci agglomerazione, negoziati con le assemblee di agglomerazione eletti a suffragio universale diretto, un programma di "riequilibrio" dei servizi pubblici per i quartieri svantaggiati, con l'obiettivo tornare a "eguaglianza repubblicana", la riaffermazione dei principi della legge quadro sulla città (LOV) nel campo degli alloggi e la solidarietà finanziaria, assegnazione prioritaria dei fondi statali verso il trasporto pubblico e la considerazione della politica urbana nel calcolo della sovvenzione di funzionamento generale (DGF).


Giugno 1998 L'installazione del nuovo Consiglio Nazionale delle Città (CNV) , in presenza di Lionel Jospin, primo ministro, sottolineando l'impegno del governo a una "nuova ambizione per le città". Claude Bartolone, Ministro della Città, rende pubbliche le decisioni del nuovo Inter del Comitato ministeriale della città (CIV), che comprendono un "approccio globale e di lungo termine" e rompere con le pratiche di " discriminazione positiva " verso i quartieri in Giugno 1999 Alla chiusura del convegno "Habiter, se déplacer, vivre en ville", Lionel Jospin definisce i tre principi di "nuova politica urbana" ("solidarietà, coerenza e cittadinanza") e dichiara che "ogni parte di ogni città" deve prendere la sua quota di sviluppo di edilizia sociale e diversità sociale e ritiene che l' organizzazione dei trasporti deve bilanciare "libertà di movimento e qualità dell'ambiente " . Dicembre 2000 Promulgazione della legge per la solidarietà e il rinnovamento urbano (GU n.289, 14). La legge mira a incoraggiare i comuni a costruire alloggi sociali al fine di promuovere la “mixitè”. Dicembre 2000 A Parigi, l’incontro nazionale Grands Projets de Ville (GPV), mira a riabilitare aree svantaggiate nel loro ambiente urbano nei prossimi sei anni. Scelti 52 siti . Ottobre 2001 A seguito di un Comitato Interministeriale di Città (CIV) , Lionel Jospin, primo ministro, è andato a Trappes (Yvelines) a presentare un piano per quartieri degradati per un importo di 5.340 milioni di euro in cinque anni: l'accelerazione del programma di demolizione di torri e barre (demolizione di 30.000 unità abitative pubbliche ogni anno nei prossimi anni); estensione del programma di rinnovo urbano deciso nel dicembre 1999 CIV; vasto programma di lavori rivolti a rompere l’isolamento di alcune aree; miglioramento della qualità di vita e della sicurezza. 6 Agosto 2002 Jean-Louis Borloo, ministro per la città e il rinnovamento urbano, comunica in un Consiglio di Ministri sull'operazione "ville-vie-vacances" stabilita ogni estate. Nel 2002, 820.000 giovani dei quartieri svantaggiati ne partecipano. Jacques Chirac, presidente della Repubblica, intende promuovere iniziative per i giovani. Ottobre 2002 Presentazione di Borloo durante un Consiglio dei Ministri sulla politica urbana e il rinnovo urbano che costituisce una " priorità nazionale per il mantenimento della coesione sociale. "Jacques Chirac ritiene che una politica ambiziosa di città è il corollario della politica del governo per ristabilire l'autorità dello Stato e ridurre la violenza . Si sottolinea la necessità di un massiccio programma di ricostruzione e ristrutturazione di abitazioni al fine di rimuovere i "ghetti”. Gennaio 2003 Presentazione da parte del Consiglio dei Ministri di una comunicazione sulla zone franche urbane (ZFU), che prevede la creazione di 41 nuovi ZFU a partire dal 2004, oltre alle 44 ZFU già esistenti . Giugno 2003 Presentazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge sulla politica e la pianificazione per le città e la riqualificazione urbana: programma di ricostruzione urbana per il valore di 30 miliardi di euro di investimenti in 5 anni (obiettivo la costruzione di 200.000 unità a noleggio, 200.000 riabilitazioni o ricostruzioni e 150 a 200.000 demolizioni di abitazioni fatiscenti), la creazione di un'agenzia nazionale per il rinnovamento urbano, il supporto per la creazione di posti di lavoro e l'attività economica, la risoluzione dei problemi delle famiglie molto indebitate e la solidarietà con i comuni più poveri . Agosto, 2003 Entrata in vigore della legge 2003-710 guida per la pianificazione delle città e il rinnovamento urbano (GU 177,2). Novembre 2003 Incontro alla Sorbona per il lancio dell'Agenzia nazionale per la Riqualificazione Urbana ( ANRU ) creata dalla legge di orientamento e di programmazione per la città del 1 agosto 2003. Ottobre/Novembre 2005 Proteste urbane scoppiano a Clichy-sous-Bois (Seine-Saint-Denis), il 27 ottobre, in seguito alla folgorazione di tre giovani, due dei quali sono morti in una sottostazione elettrica mentre cercavano di scappare della polizia. Il premier Dominique de Villepin, annulla il suo viaggio in Canada e riunisce i ministri interessati dalla "l'attuazione delle azioni nelle zone urbane sensibili". Dopo una riunione del Consiglio di Sicurezza Interna, Chirac sottolinea la necessità di ripristinare la sicurezza e l'ordine pubblico; l'Unione dei Magistrati si lamenta di una "escalation repressiva" nella scelta del governo di arginare la violenza urbana. Dominique de Villepin annuncia il ricorso al coprifuoco e la chiamata di 1500 riservisti, oltre agli 8.000 poliziotti e gendarmi già mobilitati; inoltre annuncia misure sociali (apprendimento a partire dall'età di 14, moltiplicazione di borse di studio, aumento degli aiuti ad associazioni) e rafforza i poteri del sindaco in materia di ordine pubblico. Il Consiglio dei Ministri emana un decreto per imporre il coprifuoco "in settori da definire", basato sulla legge del 3 aprile 1955, che ha stabilisce lo stato di emergenza nel contesto di guerra d'Algeria. Nicolas Sarkozy, ministro dell’Interno e della pianificazione territoriale, annuncia che ha chiesto ai prefetti di espellere tutti gli stranieri condannati come parte della violenza urbana; I senatori verdi chiedono la creazione di una commissione parlamentare d'inchiesta sulla gestione di applicazione della legge da Nicolas Sarkozy. Viene presentato dal Governo un disegno di legge che estende, a partire dal 21 novembre, lo stato di emergenza per un periodo di tre mesi; Jacques Chirac dà un discorso televisivo annunciando alcune misure per aiutare i giovani delle zone svantaggiate dalla "crisi di identità". La polizia rifersice un "ritorno ad una situazione normale ovunque in Francia". Sarkozy dichiara che la polizia ha condotto 1.540 arresti nell'ambito di inchieste giudiziarie in periferia, e ha arrestato 3.200 persone coinvolte in violenze. Novembre 2005 Dominique de Villepin annuncia la creazione di 15 zone franche urbane (ZFU) e 20.000 ulteriori supporti per i contratti di lavoro e contratti per il futuro per i giovani nelle zone difficili. Durante un incontro con Dominique de Villepin, José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, discute la fornitura di 50 milioni di euro dei fondi "Urban" Chirac annuncia la creazione di un servizio civile volontario, che combina supporto e formazione per 50.000 giovani a partire dal 2007. Incontro all'Eliseo con l'ufficio dell'Associazione dei sindaci francesi (AMF) e di rappresentanti delle commissioni della città e delle abitazion con Chirac che ricorda il suo impegno per l'attuazione della legge sulla quote di edilizia sociale nei comuni. In un discorso davanti al Congresso del AMF, Dominique de Villepin dichiara che la vendita dei terreni dello Stato per la costruzione di alloggi sociali deve essere accelerato. Marzo 2006 Il Comitato interministeriale per le città (CIV) propone la creazione di 15 nuovi zone franche urbane, portando il totale a 100, e "i contratti di coesione sociale urbana" pensato per rilevare “les contrats de ville” nel 2007. Viene anche annunciato la accelerazione del programma di rinnovo urbano e la sua estensione di 2 anni fino al 2013.


Marzo 2006 Il Comitato Interministeriale per la città lancia i Contratti Urbani di Coesione Sociale (CUCS) destinati a sostituire i Contrat de Ville e una cinquantina di misure su 5 aree prioritarie: accesso al lavoro e allo sviluppo economico; migliorare le condizioni abitative e di vita; successo scolastico e delle pari opportunità; cittadinanza e prevenzione; accesso alla salute Marzo 2006 Legge n 2006-396 per le pari opportunità. La creazione dell'Agenzia nazionale per la coesione sociale e le pari opportunità (ACSE). L'ente pubblico, che segue la struttura della azione e Fondo di sostegno per l'integrazione e la lotta contro la discriminazione (FASILD), è responsabile dell'attuazione dei programmi operativi di sviluppo sociale per le persone in quartieri sensibili, precedentemente monitorato dal DIV. E’ anche responsabile della realizzazione del servizio civile volontario e la lotta contro l'analfabetismo Maggio 2006 Circolare del 24 maggio 2006, concernente lo sviluppo di Contratti Urbani di Coesione Sociale (CUCS): il Cucs sostituirà nel 2007 i Contrat città. Gennaio 2007 Firma dei primi Cucs Gennaio 2007 Fadela Amara diventa Segretario di Stato incaricato della politica urbana (Decreto n 2007-1099 del 13 luglio 2007) per il Ministero degli alloggi e la città. Ottobre/Dicembre 2007 Lancio di una grande consultazione nazionale dal titolo "incontri territoriali della città" da ottobre a dicembre 2007, nell'ambito del progetto "Il rispetto e le pari opportunità" Gennaio 2008 Fadela Amara e Christine Boutin presentano a Vaulx-en-Velin a grandi linee il programma Espoir banlieues. Febbraio 2008 Discorso del Presidente della Repubblica sul programma Espoir banlieues: Une dynamique pour la France. Maggio 2008 Istruzione interministeriale del 21 maggio 2008 sulla sperimentazione di scuole integrate. Novembre 2008 Si adotta una dichiarazione congiunta sullo sviluppo urbano integrato sostenibile in occasione della riunione dei ministri dello sviluppo urbano UE a Marsiglia. Partecipano per la Francia Christine Boutin, ministro della Casa e della Città, Fadela Amara, Segretario di Stato incaricato della politica urbana e Hubert Falco, segretario di Stato incaricato della pianificazione del territorio. Dicembre 2008 Legge n ° 2008-1249, generalizza il reddito di solidarietà attiva (RSA) che sostituisce il RMI e riforma le politiche d’integrazione Febbraio 2009 Pubblicazione del libro Geografia priorità della politica urbana e la contrattualizzazione. Documento per la consultazione. Maggio 2009 Intervento di Fadela Amara al convegno dell'Associazione dei Sindaci di Francia al Musée Social di Parigi: "Ricomposizione aree sensibili e nuova geografia" Maggio 2009 Decreto n 2009-539 del 14 maggio 2009, relativa enti preposti alla politica urbana: il DIV diventa il Segretariato generale del Comitato Interministeriale per la Città. Maggio 2009 Viene incaricato a Fadela Amara la costituzione di un Business Council nazionale per le periferie. Giugno 2009 Circolare del 5 giugno 2009, relativa alla proroga dei contratti di coesione sociale urbano per un ulteriore anno nel 2010 Ottobre 2009 Memorandum di intesa tra la Segreteria di Stato incaricata alla politica urbana e la federazione delle imprese pubbliche locali (EPL) 2010-2013: impegno nazionale delle imprese pubbliche locali per l'integrazione professionale dei giovani nelle banlieue. Gennaio 2010 Legge del 10 marzo 2010 sul servizio civile. Aprile 2010 François Fillon, Primo Ministro, incarica a Martin Hirsch, ex Alto commissario per la gioventù e l'ex Alto Commissario alla Solidarietà attiva contro la povertà, la creazione di un'agenzia di servizio civile. Aprile 2010 Circolare del 13 aprile 2010 relativa alla ripartizione della Dotazione solidarietà urbana e la coesione sociale (DSU) a partire dal 2010 Giugno 2010 Legge del 3 giugno 2010 sul Grand Paris Luglio 2010 Circolare del 1 ° luglio, il prolungamento dei contratti di coesione sociale urbani (CUC) nel 2011 Settembre 2010 Primo Forum Internazionale sulle città del Mediterraneo a Marsiglia Novembre 2010 Decreto n 2010-1456 del 25 novembre 2010, concernente i poteri del Ministro della Città Gennaio 2011 Lo Stato segna l'accordo con la Regione Ile-de-France sul progetto di trasporto del "Grand Paris" che incorpora elementi comuni al progetto "Grand Paris" e "Arc Express", che mira a modernizzare le reti di trasporto di Parigi.


Maggio 2011 Criteri per l'assegnazione alloggi sociali e riqualificazione urbana: il Consiglio Nazionale delle Città emesse pareri e raccomandazioni per garantire la diversità sociale nei quartieri e assicurare l'attuazione del diritto alla casa. Maggio 2011 Il consiglio di sorveglianza della Société du Grand Paris (PSC) adotta lo schema generale di trasporto della Grande Parigi. Si compone di tre linee di metropolitana automatica di 175 km e 57 nuove stazioni. Giugno 2011 Pubblicazione del decreto sulla nuova organizzazione dell'Osservatorio Nazionale delle Zone Urbane Sensibili (ONZUS). Il suo consiglio di orientamento è rinnovato e un consiglio scientifico è creato ex novo. Giugno 2011 Maurice Leroy riunisce i membri del comitato direttivo Grand Paris per lanciare i contratti di sviluppo territoriale (CDT). Questi contratti sono uno strumento dei settori prioritari della politica della città. Gennaio 2012 Firmato dal primo ministro il primo accordo quadro del Grand Paris, dal titolo "Terra di cultura e di creazione", tra lo Stato, l'agglomerato di Plaine e il comune di Saint-Ouen. Gennaio 2012 Firma di una Carta per la promozione economica del Grand Paris dal Ministro della città, e tutti i partner istituzionali, organizzatori di mostre internazionali e rappresentanti della vita economica del Grand Paris. Marzo 2012 Pubblicazione della circolare relativa all’estensione delle zone franche urbane fino al 31 dicembre 2014. Luglio 2012 Pubblicazione di una circolare del Ministero degli Interni in merito all'attuazione delle zone di sicurezza prioritaria (ZSP). 50-60 ZSP saranno create entro settembre 2013. Agosto 2012 E’ pubblicata la tabella di marcia del nuovo governo per la politique de la ville: creazione di ZSP, occupazione giovanile, riforma della geografia prioritaria, ecc. Agosto 2012 Lancio del primo SPA a Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis) Settembre 2012 Il Senato vota il disegno di legge in materia di alloggi sociali, che prevede il trasferimento gratuito di terra dello Stato alle autorità locali e porta il tasso obbligatorio di edilizia sociale nelle città al 25%, sotto pena di sanzioni economiche. Novembre 2012 15 nuove zone di sicurezza prioritaria (ZPS) sono avviate dal Ministero degli Interni e della Giustizia. Novembre 2012 Seconda riunione plenaria della consultazione nazionale sulla riforma della politica della città a Parigi. I tre gruppi di lavoro presenteranno una relazione su tre questioni: la riforma della geografia di priorità, rinnovare il metodo di amministrazione e ridefinire le priorità tematiche di intervento. Gennaio 2013 Chiusura della consultazione nazionale sulla riforma della politica urbana. Febbraio 2013 François Lamy, ministro per la città, e Alain Rousset, Presidente dell'Associazione delle regioni francesi, firmano un accordo sulla mobilitazione dei fondi strutturali UE per le zone interessate dalla politica urbana. Febbraio 2013 Incontro del comitato interministeriale delle città. Jean-Marc Ayrault, primo ministro, annuncia 27 proposte d'azione; circa 5 impegni coinvolgono i residenti e gli attori locali nello sviluppo delle politiche urbane; mobilitare il diritto comune di ogni reparto nei quartieri; perseguire il rinnovamento urbano e migliorare l'ambiente di vita; concentrare interventi statale attraverso il contratto unico di città e le risorse destinate a quartieri prioritari; lotta contro la stigmatizzazione e la discriminazione subita dai residenti di quartieri. Aprile 2013 Michel Sapin, Ministro del lavoro, impiego, formazione professionale e dialogo sociale e François Lamy, Ministro delegato per la città, firmano un accordo interdipartimentale su cinque obiettivi operativi: promuovere e sostenere la creazione di imprese da parte dei residenti dei quartieri di priorità attraverso una maggiore mobilitazione di sostegno Madreperla per chi cerca lavoro; Possibile elevazione dei livelli di qualifica nei quartieri prioritari soprattutto rivolte l'accesso dei giovani ad un livello base di qualificazione; aumentare l'uso del contratto di integrazione nella vita sociale e rafforzare le operazioni di sponsorizzazione; permettono ai cittadini di Zus di beneficiare pienamente di accesso a leve di lavoro (posti di lavoro future, contratti di integrazione unici); sperimentare lavori franchi.

Rifare la città

Maggio 2013 Il ministro per la Città presenta al Consiglio dei Ministri una comunicazione sulla azione di governo a favore degli abitanti dei quartieri. La spinta principale del suo progetto di riforma: la regionalizzazione delle politiche pubbliche, le convenzioni di obiettivi aree popolari tra il Ministero per la città e gli altri reparti, la rifusione della geografia prioritaria, la nuova generazione di contratti di città per il periodo 2014-2020, il completamento del programma nazionale di riqualificazione urbana e l'impegno di una nuova generazione di operazioni nel 2014 per soddisfare le esigenze non trattate, la lotta contro la discriminazione e la partecipazione dei residenti nella co-costruzione dei futuri contratti di città. Un disegno di legge per la riforma sarà discussa dal Consiglio dei Ministri in estate. Estate Il disegno di legge di Programmazione per la città e la coesione urbana è votato nell'Assemblea nazionale. Si basa su tre temi principali: la semplificazione dei dispositivi in una logica coerenza ed efficienza; una concentrazione delle risorse sui quartieri più difficili, una nuova geografia prioritaria riorientato; un approccio co-costruzione, con l'introduzione della nuova generazione di contratti di città che coinvolgono da vicino i residenti. Gennaio 2014 Il Senato approva a larghissima maggioranza il disegno di legge "Programmazione per la città e la coesione urbana". Giugno 2014 Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei Diritti delle donne, della Città, della Gioventù e dello Sport, presenta la nuova mappa della geografia prioritaria. In totale, 1300 zone sono identificate come aree prioritarie.



iii. Gli spazi dell’esclusione. Il 3ème arrondissement.


Il 3ème arrondissement di Marsiglia è l’unità amministrativa più povera della Francia Metropolitana con un tasso di povertà del 55% (Observatoire des inégalités, 2015). Più di uno su due dei residenti si trova nella situazione che Paugam definisce di “povertà squalificante”. Si potrebbe pensare allora che si parli di un “territorio escluso” (Sassen, 2015) invece pochi territori in Francia sono stati oggetto di tanta attenzione, progettuale ma non solo, negli ultimi vent’anni. E’ solo uno dei tanti paradossi del 3ème arrondissement, una parte di città fatta di tanti frammenti: le bastides della borghesia del primo Ottocento e le maison basses dei primi immigrati italiani, la città igienista di metà Ottocento, i “grand traveaux” come la ferrovia, le grandi infrastrutture della città moderna come l’Autoroute du Soleil, le grandi industrie che si beneficiavano della vicinanza del porto e della ferrovia, le cités dei trente glorieuses, il nuovo quartiere Euroméditerranée della finanza e del terziario. Tutti frammenti che convivono in forte tensione. Nel censimento del 2012 il 3ème arrondissement di Marsigilia contava una popolazione di 44.600 persone quasi un 20% in meno della popolazione alla fine degli anni ‘60 del Novecento. La popolazione dell’arrondissement, in prevalenza operai portuari, subisce in particolar modo le crisi che si susseguono a partire degli anni ‘70, e che contribuiscono alla deindustrializzazione della città e al ridimensionamento del porto (in parte spostato a Fos-sur-Mer a partire degli anni ’60). Dopo toccare un minimo di residenti di 42.034 persone alla fine degli anni ‘90 la popolazione ha ripreso a crescere timidamente. Dal quadro demografico per età viene fuori una popolazione giovane, circa il 45% della popolazione ha meno di 30 anni, percentuale molto superiore alla media comunale e nazionale. La variazione della popolazione tra il 2007 e il 2012 risulta di poco negativa (-0,3%) nonostante un movimento naturale positivo del 1,7%, molto superiore alla media di Marsiglia, dovuta a un flusso migratorio negativo del -2%. Questo dato sottolinea l’alta mobilità della popolazione del 3ème arrondissement, che rappresenta in molti casi la porta di entrata dell’immigrazione in Francia e Europa (INSEE, 2013). Gli immaginari dell’arrondissement sono legati al porto, alla città operaia e alla’immigrazione. L’area storicamente ha ospitato un’alta concentrazione d’immigrati. Dalla metà dell’Ottocento fino all’inizio del primo conflitto mondiale, prevalentemente di origine italiana (piemontese, ligure, toscana), dopo il secondo conflitto mondiale, soprattutto maghrebina e comoriana (Témime, 1985). Ma se all’inizio degli anni ‘80 la percentuale d’immigrati nell’arrondissement coincideva con la media comunale (12,8% contro il 12,7%) al 2011 la percentuale d’immigrati nell’area era quasi il triplo della media di Marsiglia (27,8% contro il 13,1%). Questo dato è interessante perché rivela un processo di segregazione della popolazione immigrata negli arrondissement del centro e del nord della città (INSEE, 2013). Il reddito medio annuale per capita del 3ème arrondissement di Marsiglia è quello più basso di tutte le aree amministrative della Francia Metropolitana, 11.672,0 euro. Il tasso di povertà si aggira intorno al 55% dei totali dei residenti (Observatoire des inégalités, 2015) , più del doppio di quello di Marsiglia che

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si ferma al 25,1% e ben più di tre volte della media francese. Gli ingressi medi del primo decile sono di 6186,7 euro al mese contro gli ingressi medi del nono decile che sono di 22.253,1 euro all’anno, dato che indica la presenza di grandi differenze anche all’interno del quartiere. Da una parte situazioni di vera e propria povertà squalificante, dall’altra una comunità della piccola borghesia (Ibidem). Il tasso di disoccupazione nell’arrondissement, del 35,5%, quasi raddoppia quello comunale (18,4%) che a sua volta quasi raddoppia la media francese (10% al 2015). La disoccupazione affetta quasi uno su due dei giovani alla ricerca di lavoro (48,3%) (Ibidem). La struttura industriale una volta prevalente nell’arrondissement ha subito un grande colpo a partire degli anni ‘70 e ‘80 del Novecento con la delocalizzazione industriale e lo spostamento della maggior parte della funzione portuarie a Fos-sur-Mer. Nel 2011 le attività industriali riguardavano solo il 3% delle imprese sul territorio contro il 70% delle attività terziarie e quella della costruzione (Ibidem). A partire degli anni ‘90, per contrastare la grande emergenza sociale ed economica dell’area fu avviato, da parte del governo della città e dello Stato, il piano di riqualificazione urbana Euroméditerranée, programma d’interesse nazionale. Euroméditerranée è una operazione che, accanto all'alta valorizzazione immobiliare e alle pretese di riqualificazione complessiva, ha anche un carattere di “marketing urbano” sfruttando l’immagine della “mediterraneità” di Marsiglia. La prima fase si proponeva di riqualificare Avenue de la Republique, asse haussmaniano del 2ème arrondissement, di costruire un quartiere finanziario nelle antiche aree industriali dismesse vicine al porto (2ème e 3ème arrondissement), di riqualificare tutta l’area intorno alla Porte d’Aix (3ème arrondissement), di riqualificare e ampliare la Gare Saint Charles (tra 1ème e 3ème arrondissement) e di creare un polo culturale nelle antiche Manifatture di Tabacchi della Belle de Mai (3è arrondissement). Inoltre sono state costruite tre nuove linee del tram e la linea 2 della metro è stata fatta arrivare all 3ème arrondissement con due nuove fermate. La prima fase dell’operazione si proponeva la creazione di 10.000 nuovi posti di lavoro, la seconda 15.000. Ma proprio per le caratteristiche dei posti di lavoro, legati soprattutto al terziario, il piano ebbe una piccola impronta sul tasso di occupazione del 3ème arrondissement che presenta una popolazione con bassi livelli di scolarizzazione. Nonostante la presenza nell’area della sede centrale dell’Università Marseille-Aix, il tasso di iscrizione all’istruzione superiore è significativamente inferiore a quello della città di Marsiglia così come la percentuale di persone in possesso del diploma sia della Laurea Triennale che della Magistrale (INSEE, 2013). Euroméditerranée ha incentivato la gentrificazione di diverse aree del 3ème arrondissement. Quelle con maggior qualità spaziale, vicine al quartiere finanziario de La Joliette, e le maisons basses ottocentesche vicine alla Friche de la Belle de Mai. Sono infatti delle aree vicine al centro di Marsiglia e con prezzi relativamente bassi data la scarsa riputazione dell’area. L’area dell’arrondissement è compresa quasi totalmente nelle Zone Urbane

82


Sensibili del Grand Centre de Ville de Marsiglia. Il totale delle abitazioni al 2012 era di 21.150. Di queste solamente il 21,5% è di un immobile di proprietà contro una media nazionale del 57,7% (INSEE, 2013). La maggior parte dei residenti, il 61,5%, è, infatti, affittuario. Il 15,5% del totale delle abitazioni è HLM, habitation à loyer modéré, l’edilizia residenziale pubblica francese. Durante i trente glorieuses, l’area, storicamente legata al porto e con un’altra presenza di popolazione operaia, viene interessata in grande misura alla costruzione di alloggi popolari. Sono stati costruiti su tutta l’area dell’arrondissement numerose citès operaie sui principi dell’architettura moderna. A partire degli anni 90, è ripresa la costruzione di alloggi pubblici, morfologicamente molto diversi e a scala molto più piccola di quelli degli anni ‘50 e ‘60, da parte di numerose agenzie statali, contribuendo ancora di più alla concentrazione di nuclei in condizione economiche difficili. I dati del 3ème arrondissement di Marsiglia rispecchiano una società eterogenea quanto eterogeneo e frammentato è il suo territorio.

83


2000

1000

500

0

Vista aerea del 3ème arrondissement di Marsiglia.

84


1 2

2000

3

1000 4

1_Autoroute du Soleil 2_Polytech Marseille 3_Tour de la Joliette 4_Belle de Mai 5_Grand Port Maritime 6_Université Aix-Marseille 7_Parc Longchamp 8_Porte d’Aix 9_Gare St. Charles 10_Catédrale La Major 11_Le Panier 12_La Canebière 13_Hôtel de Ville 14_La Bourse 15_Place Jean Jaurès 16_MUCEM 17_Port Vieux 18_Opéra 19_Fort 20_Fort St. Nicolas

500

6

7

5

9

8

0

Landmarks. 12 10

11

13

14 17

16

15

18

19

20

85


2000

1000

500

0

86

Costruito.


Autoroute du Soleil

2000

es

ièr

es

cd

u iad

b lom

P

V

1000

500

0

rd

va

ule

Bo

Strade e linee ferroviarie.

l

na

tio

Na 87


2000

1000

500

0

Topografia.

88


2000

1000

500

0

Sezioni territoriali.

89


2000

Bouganville

National Euromediterranée Arenc 1000

Euromediterranée Gantès

0

Trasporto pubblico.

90

Jules Guesde

Ré pu bl iq ue

Joliette

D am

es

500

Gare St. Charles

Désirée Clary


Parigi, Avignone

Aix-en-Provence M1

M2

2000

Gare St. Charles

T2,T3

Gare de la Blancarde

M1

T2

T1

0

Nizza

T1

T3

91 M2


2000

1000

500

0

Zone Urbane Sensibili nel 3ème arrondissement.

92


Euroméditerranèe.

93


3ème Arr.

8ème Arr.

44.600

77.683

240,6

2,6

18,6

17.548,0

11.672

35.251

Tasso di disoccupazione %

18,4

33,5

10,0

Tasso di povertà %

25,1

51,3

10,8

Marsiglia 850.636

Popolazione

Area kmq

Reddito medio €

Dati generali nel 2012. Si mettono a confronto l’arrondissement più povero, l’arrondissement più ricco e la media della città di Marsiglia. Fonte: Insee.

94


6,5

10,6

9,6

13,6

>75

15,2

19,8

60-74

22,2

3ème arr.

20,8

24,7

Marsiglia

45-59

20,0

18,2

30-44

18,8

15-29

0-14

Stratificazione della popolazione per fasce di età (%) nel 2012. Fonte: Insee. 29

Marsiglia 889.0

908

.600

87

4.

43

6

839.043

850.636

0

.43

800.550

798

42.414

42 031

3ème Arr.53.63

3

45.431

44.666 42.198

1968

1975

1982

1990

1999

2006

45.414

2011

Popolazione residente dal 1968 al 2011. Fonte: Insee.

Movimento naturale

Flusso migratorio -0,3

Marsiglia

3ème arr.

0,6

-2,0

1,7

Variazione della popolazione tra il 2007 e il 2012 (%). Fonte: Insee.

95


2000

Riqualificate Dismesse

1000

500

0

Capannoni industriali.

96


,6

Al

tri

in

39,8,9 Popolazione attiva

58,9 Popolazione attiva

13

at

tiv

i

21,5 A

ltri ina

ttivi

12,8 Studenti ati

ion

ti

en

S

ati

pati

,4

ati

12,0

4,3

Diso

Pe

up cc so Di

14

ccu

6,

d tu

,0 20

6P

ns ion

s en

Marsiglia

3ème arr.

Popolazione tra 15 e 64 anni per tipo di occupazione. Fonte: Insee.

3ème arr.

48,3

33,5

Marsiglia

Tasso di dissocupazione giovanile. 35,5

18,4

Tasso di dissocupazione.

Tassi di disoccupazione. Fonte: Insee.

Costruzione

Agricoltura, sivicoltura, pesca

3ème arr.

13,1 3,8 0,1

12,9

Marsiglia

70,1

175

68,9

Industria

3,8 0,2

Commercio, trasporto, servizi

9,6

Pubblica amministrazione, sanità, educazione, terzo settore

Imprese per ogni settore (%). Fonte: Insee.

Dirigenti e intelettuali

14,1 19,4

32,9

30,7

Operai

29,0

20,4

26,0

3ème arr.

15,6

5,8

Professioni intermedie

6,0

Dipendenti 0,1

Artigiani, commercianti

0,2

Marsiglia

Agricoltori

Popolazione maggiore di 15 anni per categoria socioprofessionale (%). Fonte: Insee.

97


Marsiglia

3ème Arr.

17.548,0

11.672,0

Primo decile €

8.270,0

6.186,7

Nono decile €

35.155,0

22.253,1

Reddito medio €

Reddito disponibile nel 2012. Fonte: Insee.

25,1

Marsiglia

51,3

30,8

>75

14,2

60-74

46,0

18,6

50-59

51,1

24,6

40-49

57,7

30,40

30-39

52,9

27,9

<30

58,9

33,1

3ème arr.

Tasso di povertà generale e per rango di età (%) nel 2012. Fonte: Insee.

98


30,0

Marsiglia

50,0

3ème arr.

Percentuale dei residenti che ricevono il RSA, Revenu de Solidarité Active (%) nel 2015. Fonte: Observatoire des quartiers.

24,0

Marsiglia

30,7

3ème arr.

Percentuale dei residenti che dipendono totalmente da prestazioni sociali (%) nel 2015. Fonte: Observatoire des quartiers.

27,8

,6

23

18

,8

,2

20

3

16,0

17,

1

,8

3ème Arr.12 ,7 2 Marsiglia 1

1982

12,4

1990

1999

13,1

2010 2011

Percentuale degli immigrati sulla popolazione totale dal 1982 al 2014 (%). Fonte: Insee.

99


2000

Pubbliche Private

1000

500

0

Aree verdi pubbliche e private.

100


2000

A_Asili Sm_Scuole materne Se_Scuole elementari Sme_Scuole medie L_Licei I_Istituti superiori U_UniversitĂ R_Residenze studenti Cs_Centri sociali As_Aree sportive Cc_Centri culturali M_Musei B_Biblioteche O_Ospedali T_Teatri

As

Sm Sme As Se

Se T

Sm

A

Se

As

As Cs Sm

L

Sme Sme

Se Se,Sm

Cs SeO 1000

Se As

Sm

B

Sm

I

I

Se

As

Cc

As

O

Se Cs Sm Se

Servizi pubblici Servizi privati

Cs

Sm

As Se

O

As

Cc M B

R

500

Se

Sm,Se R

U

R

R L

Cs Cc 0

Welfare

101


2000

A_Asili Sm_Scuole materne Se_Scuole elementari Sme_Scuole medie L_Licei I_Istituti superiori U_UniversitĂ

Se Sm Sm Se A

Sm

L Sme Sm

Se Se

Sme

Se Se

1000

Se

Sm

Sme

I Sm Se Se Sm

Se Se

500

Se

Se

Sme

Se Sm

U

U 0

Centri scolastici.

102

L


1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

Scuole materne Scuole elementari Private Scuole medie Private Licei Istituti superiori Università

Numero di centri scolastici per ogni tipo nel 3ème arr. Fonte: education.gouv.fr 72,2 70,’

2-5 6-10

98,6 98,9

11-14

98,8 98,8 95,3 95,3

15-17 18-24

56,6 11,8 12,8

24-29 >30

60,7

Marsiglia 3ème arr.

1,3 2,0

Tasso di scolarizzazione per rango d’età fino ai 30 anni nel 2012 (%). Fonte Insee. Studi primari Scuola media

7,3 7,1 6,5 6,6 18,50 17,6

Istituti professionali

16,3 14,0

Maturità Laurea Triennale

7,3

Laurea Magistrale

7,3

11,8 16,4

Marsiglia 3ème arr.

Percentuale della popolazione diplomata sul totale e per tipo di diploma nel 2012 (%) Fonte: Insee.

103


2000

Cc_Chiesa cattolica Cb_Chiesa battista Ce_Chiesa evangelica Sec_Scuola elementare cattolica Csc_Centro sociale cattolico M_Moschea Ccm_Centro culturale musulmano

Csc Cc Sec

Cc Sec

1000

Cc

Cb Cc

500

Ce

M

Cc

M Ccm 0

104

Spazi della religione.


2000

1000

500

0

Amministrazione.

105


2000

1000

500

0

Logement sociaux.

106


Numero di abitazioni

22.150

Abitazioni principali

84%

Abitazioni secondarie

Abitazioni vacanti

1%

15%

Abitazioni occupate da propietari

21,5%

Abitazioni occupate da affituari

61,5%

Abitazioni a canone concordato (HLM)

15,5%

Abitazioni gratuite

1,5%

Abitazioni. Dati generali, 2012. Fonte: Insee.


100

83,49

78,6

8

79,11

8,72

Marsiglia7

4,08

3ème arr.7

71,43

2002

2012

2007

3ème arr.

26,89 44,28 59,79 Royal (PS)

Sarkozy (UMP)

49,13

2012

Royal (PS)

Hollande (PS)

Sarkozy (UMP)

30,06

Marsiglia

Sarkozy (UMP)

69,94

3ème arr.

Le Pen (FN)

50,87

2007

Chirac (UMP)

40,21

Marsiglia

Le Pen (FN)

55,72

3ème arr.

Chirac (UMP)

30,61

2002

69,39

Marsiglia

73,11

Percentuale di votanti alle Presidenziali II turno (%). Fonte: Insee.

Hollande (PS)

Sarkozy (UMP)

Percentuale di votanti alle Presidenziali II turno per ogni candidato (%).Fonte: Insee.

108


100

63,52

57,28 3 Marsiglia 53,7 3ème arr. 52,79

53,71

50,00

2001

2014

2008

26,51 17,54 47,75 1,83 3,80

GAL MD

UMP

PS

FN

19,66

12,21

FN

39,21

UMP

48,57

PS

6,09

PS FN

32,64

II Secteur

MNR

47,70

2014

UMP

UMP

II Secteur

Marsiglia

36,50

31,09 PS

8,8

2008

MNR

26,32

Marsiglia

PS

54,90

II Secteur

UMP

50,42

2001

45,96

Marsiglia

42,39

Percentuale di votanti alle Muncipali di Marsiglia II turno (%).Fonte: Insee.

PS

UMP

FN

Percentuale di voti alle Municipali di Marsiglia II turno (2001 e 2014) per ogni lista (%). Nel 2008 al 3ème arr. ha vinto al I turno la candidata del PS con più del 50% dei voti. Fonte: Insee.

109


Rue Eduard Crémieux.

110


Cité Felix Pyat.

111


RĂŠsidence Bel Horizon.

112


Cité Felix Pyat.

113


Boulevard National.

114


Square de Leguse-Saint Mauront.

115


Place Bellevue.

116


Avenue Bellevue.

117


Rue des Bons Voisins.

118


Rue Collin.

119


Rue Honnorat.

120


Rue Levat.

121



iv. Gli spazi dell’esclusione. Fratture e frammenti.


“L’’urbanistica ha forte e precise responsabilità nell’aggravarsi delle diseguaglianze” scrive Secchi nel suo “La città dei ricchi e la città dei poveri” (2013). Per lui “nominare, ubicare, definire, specificare e delimitare, separare e allontanare, legare e congiungere, aprire o recingere, dare concrete dimensioni a ogni insieme di manufatti oppure a ogni singolo materiale urbano (…) sono i caratteri dei principali dispositivi del progetto, della città e del territorio e al contempo i principali dispositivi di controllo della compatibilità o incompatibilità tra le sue diverse destinazioni d’uso, di ridistribuzione virtuosa o perversa del benessere e di costruzione di un’idea condivisa di sicurezza” (Secchi, 2013). Nella sua logica i materiali urbani non sono mai neutri ma a seconda del loro utilizzo possono avere degli esiti virtuosi o perversi nel progetto della città. “Un muro è un muro, ma il suo senso, uso e ruolo sono diversi quando serve a proteggersi dalle intemperie o dal rumore, a delimitare un giardino o un terreno coltivato, a separare gli appestati, a recingere un ghetto o una gated community, a separare due regimi politici o due aree entro le quali vengono fatti valere principi giuridici differenti. Un’autostrada, o una strada a grande traffico, congiunge rapidamente punti posti a una certa distanza, ma al contempo è anche una barriera rumorosa e inquinante che separa il territorio alla sua destra da quello alla sua sinistra; separazione che apparirà inaccettabile se avviene nella città dei ricchi, ma cui nessuno porrà la dovuta attenzione se avviene nella città dei poveri, se anzi viene utilizzata per separare i ricchi dai poveri” (Ibidem). La paura del diverso, siano questi stranieri, nomadi ma sopratutto poveri, ha avuto delle specifiche ripercussione nel progetto della città. Non sono materiali urbani ma anche politiche d’esclusione, di controllo, di allontanamento. “Scelta di luoghi inaccessibili, ben difesi da barriere naturali; costruzione di valli e di mura o di opere d’ingegneria idraulica; norme di polizia sanitaria, alimentare e commerciale che limitano l’ingresso, l’uscita o il transito. (…) Costruire parti di città specificamente destinate a gruppi sociali per i quali è difficile accedere al mercato, quartieri popolari o grand ensembles concepiti come monumenti di una società democratica che riducono la complessità sociale e visiva della città, che separano la popolazione in funzione del reddito o di altri connotati associati alla povertà” (Ibidem). Ma come sono fatti gli spazi della povertà? Nel loro articolo “Les formes architecturales dans la lecture des fénomènes ségrégatif autour de la capitale”, Hervier, Belle, Boulmer, Forgeret e le Bas, cinque storici dell’arte, provano a decifrare le diseguaglianze sociale a partire da un paesaggio reale. Un paesaggio reale come significato del sociale. C’è un interesse esclusivo per segni architettonici e urbani. La ricerca di segni della segregazione nella periferia parigina, specificamente nei quartieri operai del primo periodo industriale, mauvais quartier nati da iniziative filantropiche. I segni e i materiali della segregazione urbana secondo gli storici sono tre: alta densità (immobili, lotti urbani, quartieri con alta densità); posizione sfavorevole (lontano dal centro, assenza di mezzi, prossimità a zone industriali, aree a rischio); posizione catastale sfavorevole (posizione in fondo ai lotti o in lotti difficilmente sfruttabili).

124


Secondo Donzelot (2009) “l’arrivo” dei poveri in città avviene nei primi tempi della formazione della città moderna. “L’histoire de la ville devient alors l’histoire de la societé”. La città diviene lo spazio dell’insicurezza. La soluzione secondo l’urbanistica igienista e moralista ottocentesca è quella di spostare i poveri nelle periferie nei primi quartieri operai, zone più adatte al lavoro che al crimine. “Distinzione ed esclusione sono aspetti inseparabili nella costruzione della città moderna” (Secchi, 2013). “Ai poveri sono state lasciate le bad lands, le aree che da tempo, per un insieme di ragioni, avevano acquisito una cattiva reputazione: aree umide, paludose o facilmente inondabili, geologicamente instabili, prossime ai cimiteri, alle prigioni o agli ospedali, in ogni modo ai luoghi d’internamento; vicine alla ferrovia, ai viadotti autostradali o della metropolitana, alle grande industrie, o racchiuse tra diverse barriere infrastrutturali, rumorose, “oltre le mura” e mal servite del trasporto pubblico, in fondo alla valle, poco soleggiate e sottovento, ove in passato si erano insediate le bidonvilles o, più semplicemente, lontane dal centro della città e dai luoghi in cui abitano i ricchi” (Ibidem). La città dei poveri nell’Ottocento e nel Novecento si sviluppa intorno ai luoghi del lavoro. Come analogamente la città dei poveri nella contemporaneità si sviluppa intorno ai luoghi della disoccupazione. “Se ci si interroga su cosa abbia prodotto queste situazioni si scopre che esse sono l’esito di diverse storie che si sono incrociate e sovrapposte: l’ubicazione delle attività industriali nella parte più accessibile e connessa ai bacini minerari e al resto dell’Europa a nord-est; il ruolo dei fiumi, specie della Senna, nel trasporto di derrate alimentari, di legno e di materiali da costruzione; e, di converso le qualità del paesaggio a sud-ovest, nel caso parigino(...)” (Ibidem). I grandi piani di costruzione di logement sociaux nel dopoguerra francese, costituiscono un importante tentativo di riscatto di queste aree. Essi erano destinati ad alloggiare in condizioni di relativa uguaglianza tutte le classi salariate “de l’OS à l’ingénieur”. Alloggi più confortevoli in alternativa alle abitazioni dei centri urbani e una struttura di welfare moderna. Infatti come scrive Secchi (2013): “L’architettura di questi quartieri ha cercato di esprimere il nuovo che era in marcia: la più forte presenza delle classi popolari nella società contemporanea, la nuova scala della metropoli, i nuovi attori e i nuovi processi di produzione dello spazio”. “Ma esse sono anche l’esito dell’inerzia degli immaginari collettivi e delle politiche urbane. Una gran parte dei “quartieri difficili” parigini si estende laddove, nel lungo dopoguerra francese, stavano le più ampie bidonvilles, cioè in aree con una cattiva reputazione, e per questo considerate bad lands che sembrava necessario e giustificato demolire e ricostruire di nuovo nei termini dell’urbanistica e dell’architettura moderne”. (Ibidem) Nonostante questo non c’è dubbio che “i grands ensembles e le villes nouveau costituiscono i più grandi tentativi di mettere insieme armoniosamente le diverse parti di una società” (Donzelot, 2009) provando ad integrare tutta la società in un unico spazio. A partire dei primi anni ‘80 c’è un processo di evasione degli inquilini più accomodati che accendono ad alloggi più adatti alla loro situazione sociale e

125


materiale e una sostituzione progressiva da famiglie di origine straniera (provenienti soprattutto dal sud dell’Europa, dal Maghreb, dalla Turchia e dalla Africa subsahariana) o in situazione d’emergenza (precarietà professionale, divorzio, espulsione dall’alloggio precedente, ecc.). Nonostante le buone intenzioni i grands ensembles sono arrivati quando “il processo di individualizzazione della società europea era ormai divenuto inarrestabile” (Secchi, 2013). Contemporaneamente, c’è una forte riduzione di posti di lavoro poco qualificati nell’industria e di conseguenza un aumento della disoccupazione, che affetta in particolar modo la popolazione recentemente immigrata. Tutta la concezione del quartiere operaio si trova invertita per l’effetto della deindustrializzazione (Donzelot, 2009). A questo si unisce l’opportunità che rappresentano i grands ensembles per il loro carattere pubblico di ospitare una popolazione povera (e poco apprezzata dai proprietari privati). I grand ensembles cominciano a essere stigmatizzati con termini generici: banlieue, quartier, cité. Da simboli della modernità diventano simbolo della segregazione e la violenza. “Entre soi contraint, spectacle de la immobilité volontaire, insicurité des espaces communs (…)” , così Donzelot (2009) riassume la situazione di quello che lui chiama “territoires de la relégation”. Tre distanze secondo lui separano questi territori del resto della città: la distanza spaziale, la distanza sociale e la distanza legale. Secondo il rapporto annuale sulle ZUS (Zone Urbane Sensibili, che coprono solo una parte dell’area di povertà delle città francesi), queste aree nel 2006 ospitavano 4,4 milioni di persone; il 42% dei giovani tra 15 e 24 anni era dissocupato, situazione nella quale si trovava anche il 21% della popolazione, il reddito medio delle famiglie era del 36% inferiore al reddito medio francese, la popolazione straniera rappresentava il 17,5% contro il 8,2% della Francia e i giovani minori di 20 anni rappresentavano il 31,6% contro la media francese del 24,9% (INSEE, 2006). Le rivolte urbane che hanno colpito le banlieue francesi con regolarità a partire degli anni ‘80 hanno messo a luce la situazione in cui si trovano queste aree. Queste rivolte sono “in primo luogo una guerra contro il silenzio” (Beck, 1986). Il 3ème arrondissement di Marsiglia, l’unità amministrattiva più povera della Francia fa parte delle Zone Urbane Sensibili delle città di Marsiglia. Nel suo territorio, fortemente frammentato, ci sono numerosi esempi di spazi della esclusione. Abbiamo scelto di decostruire alcuni di questi frammenti. Due sono grandi fratture urbane, l’Autoroute de Soleil e la ferrovia che attraversa l’arrondissement collegando la Gare Saint Charles col porto; un logement sociaux, la citè Felix Pyat, chiamata anche Résidence Parc Bellevue; e Euroméditerranée, che opera in parti dell’arrondissement, piano che ha generato in molti casi situazioni di pura esclusione.

126


2000

1000

500

0

Fratture e frammenti nel 3ème arrondissement di Marsiglia.

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Fratture.

Il 3ème arrondissement di Marsiglia è un territorio fortemente frammentato. In certi casi perfino “fratturato”. Fratture urbane che sono costituite, nella maggior parte dei casi, da grandi infrastrutture viarie che attraversano il quartiere. “Una autostrada, o una strada a grande traffico, congiunge rapidamente punti posti a una certa distanza, ma al contempo è anche una barriera rumorosa e inquinante che separa il territorio alla sua destra da quello alla sua sinistra; separazione che apparirà inaccettabile se avviene nella città dei ricchi, ma cui nessuno porrà la dovuta attenzione se avviene nella città dei poveri, se anzi viene utilizzata per separare i ricchi dai poveri” (Secchi, 2013). Per il suo passato industriale, il 3ème arrondissement è una zona con una notevole quantità d’infrastrutture. Elementi che, come la ferrovia, funzionano come elementi di separazione tra i beaux quartier del centro e i mauvais quartier del nord o semplicemente elementi inquinanti o rumorosi come l’Autoroute du Soleil al centro dell’arrondissement o il Viaduc des Plombiéres a nord, o ancora elementi che funzionano come fratture dentro il quartiere come la tratta di ferrovia verso il porto. Queste infrastrutture non sono state costruite con l’intenzionalità di segregare o dividere il territorio ma hanno giocato un ruolo indiscutibile nella costruzione del suo carattere come “territoire de la rélegation” (Donzelot, 2009). La Gare Saint Charles è stata inaugurata nel 1848 con l’apertura della linea Marsiglia-Lione. Contemporaneamente, una tratta di ferrovia viene costruita tra la Gare Saint Charles e il nuovo porto, attraversando l’area che poi sarebbe diventata il 3ème arrondissement di Marsiglia. Queste due infrastrutture, ferrovia e porto, segnano fortemente il carattere del territorio a nord del centro di Marsiglia. Difatti, questa zona, fino ai primi anni dell’Ottocento luogo di villeggiatura dell’alta società marsigliese, diventa un’area a forte vocazione industriale. L’area del 3ème arrondissement costituisce storicamente la porta di Marsiglia verso i territori dell’entroterra. Non a caso nell’arrondissement si trova la Porte-de-Aix costruita durante la Restaurazione. A cavallo tra la fine degli anni ‘50 e metà degli anni ‘70, nel periodo conosciuto come trente glorieuses è costruita l’Autoroute du Soleil (A7) nuovo accesso della città da nord. La tratta finale, sopraelevata, è stata costruita tra il 1969 e il 1970 e attraversa il 3ème arrondissement, già allora un pezzo di città consolidata. Intorno a l’Autoroute rimangono una serie di spazi sospesi: spazi frammentati, sottoutilizzati e a volte abbandonati.

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2000

1000

500

0

Grandi infrastrutture nel 3ème arrondissement di Marsiglia.

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Autoroute du Soleil.

2000

1000

500

0

Autoroute du Soleil. Tra gli anni 1969 e il 1970 viene costruito l’ultimo tramo della Autoroute du Soleil (A7) che va dal Viaduct des Plombieres fino alla Avenue du General Leclerc. La autostrada sopraelevata attraversa un pezzo di città allora già consolidato. Di fianco ad essa rimangono spazi residuali molto eterogenei tra di loro.

130


Relazione tra l’autostrada e il costruito.

Luoghi di attraversamento.

Spazi residuali intorno.


500

100

132 0


1500

1000

133


Boulevard de Strasbourg.

134


Square de Leguse-Saint Mauront.

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Boulevard National.

136


Rue Hoche.

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Chemin de fer.

2000

1000

500

0

Ferrovia verso La Joliette.

138


Relazione tra la ferrovia e il costruito.

Luoghi di attraversamento.

Spazi residuali.


140 100

0

500


1000


Rue Levat.

142


Rue Loubon.

143


Avenue Bellevue.

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Traverse du Moulin de la Villete.

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Logement sociaux.

“Costruire parti di città specificamente destinate a gruppi sociali per i quali è difficile accedere al mercato, quartieri popolari o grands ensembles concepiti come monumenti di una società democratica che riducono la complessità sociale e visiva della città, che separano la popolazione in funzione del reddito o di altri connotati asociati alla povertà” costituisce, secondo Secchi (2013), uno dei meccanismi di segregazione per eccellenza nella costruzione della città moderna. Nella Francia Metropolitana durante i trente glorieuses sono stati costruiti circa dieci milioni di nuovi alloggi, l’80% da parte dall’iniziativa pubblica. Nella sola città di Marsiglia sono costruiti in questo periodo più di 47.000 alloggi HLM (Habitation à loyer modéré). Nella maggior parte dei casi i logement sociaux sono stati costruiti vicini ad aree industriali o dove prima c’erano delle bidonvilles. E’ questo il motivo per cui in molti casi sono concentrati in zone specifiche della città. Basti pensare alla “corona” di HLM di Parigi (ma anche nei comuni limitrofi dell’Ile de France, le municipalités de banlieue). A Marsiglia, i logement sociaux, sono soprattutto concentrati negli arrondissement del nord della città vicini al porto e alle aree industriali. Durante i trente gloriuses numerose famiglie operaie che fino ad allora abitavano in abitazioni insalubri o bidonvilles si trasferiscono nei nuovi quartieri di HLM, allora considerati simbolo di benessere e progresso. Gli alloggi erano comodi e moderni, confrontati con quelli dei quartieri popolari dei centri urbani o delle bidonvilles, intorno avevano una struttura di servizi di welfare moderna ed erano vicine ai luoghi del lavoro, secondo la rigida struttura del zoning fordista. Eppure soprattutto a partire degli anni ‘80 si nota un processo di degrado sociale di queste aree caratterizzato dal spostarsi di numerose famiglie (quelle con una situazione economica migliore) e l’arrivo di nuclei in difficoltà, soprattutto popolazione recentemente immigrata. Questo processo comporta la relativa omogeneizzazione della popolazione e il processo di segregazione di queste aree. Contemporaneamente c’è una diminuzione della mano d’opera non specializzata nell’industria e conseguentemente un grande aumento della disoccupazione. Tutta la concezione del quartiere operaio si trova invertita per l’effetto della dismissione industriale (Donzelot, 2009). Oggi le ZUS (Zone Urbane Sensibili), che comprendono la maggior parte dei logement sociaux costruiti durante i trente glorieuses, presentano una

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popolazione molto giovane, di prima o seconda generazione d’immigrati, con alti tassi di disoccupazione e alti tassi di povertà, molto sopra la media nazionale, famiglie numerose, famiglie monoparentali, basso livello di scolarizzazione, beneficiari in grande parte del RSA (Revenu de solidarité active) o di altri sussidi statali. Nel 3ème arrondissement di Marsiglia c’erano, al 2011, 3398 abitazioni HLM, il 15,5% del totale. Nella maggior parte costruiti tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, con un nuovo boom a partire degli anni 2000. Più a nord ancora nel 13ème, nel 14ème e nel 15ème arrondissement, si arriva a valori vicini al 30% di logement sociaux sul totale delle abitazioni, mentre negli arrondissement del sud (6ème, 7ème, 8ème), quelli più ricchi, non si arriva al 5%. A Marsiglia c’è una relazione inversamente proporzionale tra reddito pro capite e quantità di logement sociaux. Così come una relazione proporzionale con la percentuale d’immigrati e i tassi di disoccupazione e di povertà.

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2000

1 20 22 3 4 5 6

1000

2 14 23

9

8

7

11 10

14 13

500

12 15

21 19 16

17

18 0

Distribuzione dei logement sociaux nel 3ème arrondissement.

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1. Parc Bellevue. 1960 810 alloggi

2. Square National 1959 349 alloggi

3. Residence Plombieres. 1964 263 alloggi

4. La Revolution. 1964 235 alloggi

5. Le Floreal.

6. Les Hauts de Fonscolombes

7. La Gyptis II 1975 197 alloggi

8. La Marceau 1964 232 alloggi

9. RÊsidence Eugène Pottier 1975 146 alloggi

10. Le Clary 1966 126 alloggi

11. La Motte Tourtel 1965 162 alloggi

12. La Tourterelle 1961 101 alloggi

13. Foyer Sonacotra 14. Residence 1960 Rue de CrimĂŠe 250 alloggi 19 74 alloggi

15. Les Balcons de Saint-Charles 1960 210 alloggi

16. Residence Le Phare 21 alloggi

17. Le Racati Saint Charles 1953 270 alloggi

18. La Turenne 1958 174 alloggi

19. Bel Horizon 1956 252 alloggi

20. Plein Soleil. 1969 116 alloggi

21. Le Saint Michel 1967 112 alloggi

22.. Clovis Hugues. 260 alloggi

23.. La Gyptis I 1965 100 alloggi

24.. Bella Maggio 81 alloggi

25. Bernard Cadenat 50 alloggi

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Cité Felix Pyat (Résidence Parc Bellevue)

La citè Felix Pyat si trova a nord del 3ème arrondissement affiancata dall’Autoroute du Litoral, l‘Autoroute du Soleil, il Boulevard National e il Boulevard Ferdinand de Lesseps. E’ stata costruita nel 1960 col nome di Résidence Parc Bellevue nei vecchi terreni del saponificio Fournier-Ferrier, ai suoi tempi uno dei più grandi d‘Europa, che era nato nell’area nell’Ottocento visto la vicinanza del corso d’acqua ruisseau des Aygalades, utilizzato a scopi industriali. Alla fine degli anni ‘50 le aree industriali del saponificio vennero dismesse, preannunciando il processo che avrebbe investito tutta Marsiglia meno di vent’anni dopo, e i proprietari decisero di utilizzare i terreni per un’operazione immobiliare. La cité è progettata da René Egger, architetto prediletto di Gaston Deffere, sindaco socialista che governa Marsiglia per praticamente tutto il secondo dopoguerra fino alla sua morte nel 1986. Egger costruisce in questo periodo numerosi edifici a Marsiglia come il Campus de Luminy (sede del Politecnico), il Lycée Nord, la facoltà de Saint-Jérôme. La cité è stata costruita direttamente sopra le macerie dell’antico saponificio senza mai bonificare i terreni, per questo motivo l’area si trova rialzata rispetto al resto della zona e soprattuto le aree verdi, previste dal progetto di Egger, non ci saranno mai. Gli 810 appartamenti sono stati venduti in un primo momento sopratutto a ebrei espatriati dal Marocco e dalla Tunisia e a partire del 1965 ai pieds noirs della Algeria. La cité era circondata da spazi del lavoro come i giganteschi Docks libres o il centro “interurbano” di France Telecom a Marsiglia. Anche vicina la cité Bel-air, quartiere operaio di fine Ottocento. Infine, intorno a quegli anni, vengono costruiti diversi spazi del welfare come la piscine Tournesol, interessante esempio dell’architettura in calcestruzzo, che faceva parte del programma nazionale “1000 piscines”. Cinquanta anni dopo, a valle di un processo di dismissione industriale e del programma Euromediterranée, troviamo un luogo molto divers. E molto simile al resto delle cité francesi. Le industrie sono state dismesse, alcune demolite e sostituite con edifici legati alla speculazione fondiaria di Euromediterranée (Docks libres), altre abbandonate. Parte della struttura di welfare pubblica è stata sostituita da servizi privati. E‘ stata creata una stazione della gendarmerie data l’insicurezza dell’area. La piscine Tournesol è stata demolita. Gli spazi pubblici sono in stato di degrado e abbandono e funzionano come parcheggio o discarica di rifiuti. Sono spazio d’insicurezza e di violenza.

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Alla fine degli anni ‘90, dopo decenni di abbandono da parte dei propietari (privati) il comune dispone un piano di salvaguardia di 20 milioni di euro. Gli immobili sono messi in liquidazione e la gestione si affida alle agenzie pubbliche Logirem e Marseille Habitat. Vista la situazione di forte degrado parte un programma di riqualificazione che vede la demolizione di parti di alcuni edifici e una discreta riqualificazione degli spazi collettivi (Le Monde, 2008). La cité Felix Pyat è abitata da circa 5000 persone, principalmente famiglie numerose, d’origine immigrata, con un’alta presenza di giovani, bassi tassi di scolarizzazione, alti tassi di povertà e disoccupazione, famiglie monoparentali, beneficiari del RSA (Revenu de solidarité active) o altri tipi di sussidi statali. A partire degli anni ‘80 i pieds noirs sono stati sostituiti da maghrebini e infine da comoriani che oggi sono la comunità più rappresentata (Ibidem). Più recentemente, come parte del primo piano Euroméditerranée, sono state costruite due stazioni della Metro 2 di Marsiglia vicine alla cité. Ci sono numerosi cantieri in corso nelle aree industriali dismesse legati alla speculazione immobiliare associata al piano di riqualificazione urbana. Infine, come parte del Euroméditerranée Acte 2 si prevede la demolizione dei quattro edifici a est della cité facendo diventare quest’area parte del nuovo parco urbano previsto per la zona. La cité Felix Pyat è il tipico “territoire de la relégation” che descrive Donzelot (2009). Con la particolarità che si trova di fianco a uno di piani di riqualificazione urbana più importanti d’Europa.

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Planivolumetrico originale della RĂŠsidence Parc Bellevue. Architetto RenĂŠ Egger, 1960.

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Assonometria originale della RĂŠsidence Parc Bellevue. Architetto RenĂŠ Egger, 1960.

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Assonometria della citĂŠ Felix Pyat prima degli interventi di riqualificazione di fine anni ‘90.

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Assonometria della citĂŠ Felix Pyat dopo gli interventi di riqualificazione di fine anni ‘90. Notare il taglio delle palazzine.

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Costruito intorno alla cité Felix Pyat (Résidence Parc Bellevue).

“Tours et bars” della cité.

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Unità abitativa tipo.


Capannoni industriali dismessi vicini alla citĂŠ. In grigio quelli recentemente demoliti.

Opere in cantiere. Edilizia legata al piano di riqualificazione urbana EuromediterranĂŠe.

Welfare.


Viabilità intorno alla cité Felix Pyat (Résidence Parc Bellevue).

Strade perimetrali.

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Grandi infrastrutture: BD Ferdinand de Lesseps, Metro 2 (Stazione Bouganville) e canale industriale.


Strade interne alla citĂŠ.

Parcheggi.

Spazio pubblico ad uso collettivo e aree sportive (in nero).


Vista aerea.

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Rue Charvet.

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Rue Eduard Crémieux.

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Rue des Plombières.

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Euroméditerranée.

Euroméditerranée è un piano di riqualificazione urbana in corso a Marsiglia. E’ stato avviato nel 1995 per iniziativa del sindaco Robert Vigoroux e lo Stato francese e rinnovato per una seconda fase a partire del 2008. A partire degli anni ‘80 Marsiglia vive una forte crisi economica, sociale e d’immagine. La delocalizzazione dell’industria e il ridimensionamento del porto (in parte spostato a Fos-sur-Mer) fanno aumentare il tasso di disoccupazione (vicino al 30%, alla fine degli anni ‘90), la povertà e il disagio sociale. Le industrie dismesse lasciano dei grandi vuoti urbani speso in aree centrali della città. Euroméditteranée nasce come uno un'importante operazione di sviluppo urbano capace di avviare un processo di terziarizzazione dell’economia della città. Euroméditerranée ha delle forti analogie con altri piani di riqualificazione di aree industriali dismesse in Europa. Le aree in precedenza occupate dall’industria diventano centri direzionali, culturali e d’intrattenimento, edifici per servizi e uffici, parchi tecnologici e grandi strutture culturali o sportive. Sono interventi che concentrano ingenti investimenti, non solo finanziari ma anche organizzativi e simbolici. Sono presentati all’opinione pubblica come necessari per rilanciare lo sviluppo economico delle città in crisi. Sono spesso connotati da edifici ad alto contenuto evocativo e simbolico che richiamano la rinnovata vitalità dell’economia locale, il suo avanzato sviluppo tecnologico, la dimensione culturale internazionale (Vicari Haddock, 2004). Si tratta di processi che implicano una profonda trasformazione della città ma che poco o nulla hanno a che vedere con l’attenzione ai temi della coesione sociale e che si risolvono, in definitiva, in meccanismi di pura valorizzazione immobiliare (Vicari Haddock, Moulaert, 2009). Il piano Euroméditerranée segue tutti questi principi. Lanciato per rilanciare l’economia di Marsiglia e la sua immagine, viene utilizzato il concetto della “mediterraneità” come strategia di marketing per dare una nuova “identità” lontana degli stereotipi che la vedevano come città della industria e l’immigrazione. Il piano Euroméditerranée è stato finanziato dal suo avvio con 7 miliardi di euro dei quali 5 da investimenti privati. Si proponeva la costruzione de 1,1 milioni di metri quadri, dei quali 500.000mq di uffici, per favorire l’insediamento di banche, compagnie d’assicurazioni e multinazionali, 400.000mq di nuove abitazioni e 200.000mq di attività commerciali e servizi pubblici. Inoltre, si proponeva di creare 15.000 nuovi posti di lavoro. La prima fase è stata sviluppata in cinque nuclei. La Joliette, Belle de Mai, Gare

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Saint Charles-Porte d’Aix, litoral Saint Jean e Avenue de la République. Gli interventi più mediatici sono stati eseguiti nell’area de La Joliette che diventa un quartiere della finanza e del terziario in generale. Una delle critiche mosse nel confronto di Euroméditerranée è stata che i progetti non sono indirizzati ai residenti dell’area, la maggior parte dei quali in situazione di povertà, ma a tutt’altri attori: turisti e investitori internazionale in primis. Molti dei progetti sono diventati meccanismi di pura valorizzazione immobiliare escludendo i residenti dell’area. Un caso esemplare è quello dell’Avenue de la République, arteria haussmaniana che unisce il Vieux Port a La Joliette. Molti degli edifici di quest’area erano di proprietà pubblica e durante il processo di riqualificazione dell’area sono stati venduti a un fondo d’investimento americano, provocando, di fatto, l’espulsione degli antichi coinquilini. Anche diverse attività commerciali hanno dovuto chiudere (Governa e Memoli, 2013). Processi simili sono capitati anche nelle aree vicine all’Avenue de Paris nel 3ème arrondissement. E’ anche da notare che i nuovi posti di lavoro (15.000 nella prima fase, 20.000 nella seconda, secondo le statistiche ufficiali) ad alta specializzazione (finanza e terziario in generale) difficilmente beneficiano a una popolazione con bassi percentuali di persone in possesso del diploma superiore (7,3% contro il 16,4% di Marsiglia) come quella del 3ème arrondissement. La Manufacture des tabacs de la Belle de Mai, nell’ambito di Euroméditerranée, diventa un polo culturale che si propone di essere anche motore economico degli abitanti dell’area. La Friche de la Belle de Mai (1992), che sarà il nome del primo di questi polo culturali, diventa anche punto di ritrovo dei bobos marsigliesi. In un primo, momento avviene un processo di “gentrificazione di consumo” vale a dire la frequentazione temporale dei suoi spazi da parte di non residenti dell’area. Più recentemente, invece, si nota un processo di gentrificazione residenziale propriamente detta nelle aree più vicine alla Friche, il quartier Belle de Mai. Il quartiere si sviluppa a partire della seconda metà del Ottocento ed è abitato allora principalmente da operai portuari, sopratutto italiani provenienti dalla Toscana. Si trova nel punto orograficamente più alto dell’arrondissement, fattore che insieme alla presenza di fratture urbane come le ferrovie o l‘Autoroute lo isolano del resto dell’area. Il quartiere è costituito da strade strette che salgano verso la colina e delle tipiche maison basses provenzali, villette da due o tre piani col giardino. Questi fattori, insieme alla vicinanza al centro urbano e ai bassi prezzi data la poca reputazione del quartiere, favoriscono il processo di gentrificazione. Euroméditerranée si inserisce in quei tipo di strategia di riqualificazione associata al neoliberalismo urbano che divide di fatto la società tra quelli che hanno le competenze per integrarsi in questo sistema e approfittare dei suoi benefici e coloro che di competenze non ne hanno e che sopravvivono in condizioni sempre più precarie (Vicari Haddock, Moulaert, 2009).

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Area di Euroméditerranée.

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Euroméditterranée 1

Euroméditterranée 2

Area

310ha

140ha

Nuovi abitanti

10.000

30.000

Nuovi posti di lavoro

15.000

20.000

Nuovi uffici

500.000mq

500.000mq

Nuovi alloggi

400.000mq

14.000

Nuovi negozi e welfare

200.000mq

200.000mq

6.000

1.500

Alloggi riqualificati

Piano Euroméditerranèe. Informazioni generali. Fonte: www.euroméditerranèe.fr

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2000

Nuove Riqualificate

1000

500

0

Costruzioni nuove riqualificate parte del programma di riqualificazione urbana EuromĂŠditerranĂŠe, 2015.

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2000

1000

500

0

Aree soggette a processi di gentrificazione al 2015.

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Avenue Roger Salengro.

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Tour CMA-CGM di Zaha Hadid, Euroméditerranée.

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Rue Danton. Quartiere Belle de Mai.

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Traverse SĂŠry. Quartier Belle de Mai.

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v. Un miglior funzionamento dei frammenti urbani.


Osservato da vicino il 3ème arrondissement, mostra la presenza di numerosi frammenti, quasi introversi, quasi capaci di funzionare in modo autonomo. In alcuni si addensa una popolazione molto povera e clandestina. In altri si situa una popolazione che in Francia è appellata con il termine bobo, bourgeois-bohème. Altri ancora sono spazi non utilizzati o semplicemente abbandonati. Questi frammenti sono accostati ma non interagiscono. La strategia progettuale perseguita si muove dall’osservazione di tre di essi: la cité Felix Pyat, il quartiere Belle de Mai e gli spazi sottostanti l’Autoroute du Soleil che attraversa l’arrondissement da nord a sud. Sono frammenti molto diversi tra di loro. Hanno scale e inerzie diverse. Una cité, un quartiere in via di gentrificazione e una autostrada. Due sono le mosse che il progetto ha seguito: entrambe costituiscono una sorta di rovesciamento di punti di vista consueti e a loro modo, consolatori. Il primo: si ritiene (in Francia soprattutto, ma un po’ ovunque) che i grandi progetti di riqualificazione siano dotati di una sorta di influenza positiva sull’intorno. Non è detto. E non sempre. Ho voluto provare a pensare che così non fosse. Che Euroméditerranée, qualora finisse, riqualificasse soprattutto se stesso, che non vi fossero importanti riflessi sull’intorno e, in particolare, sui frammenti interni al 3ème arrondissement che osservo. E’ chiaro che è una posizione estrema e provocatoria, ma ho pensato servisse per definire il mio ragionamento. Per cui ho sottratto i grandi interventi in atto. Il nucleo centrale de La Joliette-Arenc, l’area della Porte d’Aix ancora in corso di riqualifcazione, la Gare Saint Charles e la futura nuova stazione del TGV, e il polo culturale e multimediale della Belle de Mai. La maggior parte delle operazioni architettoniche e urbanistiche degli ultimi vent’anni nell’arrondissement si sono concentrate in queste aree, aree con un grande significato simbolico per Marsiglia. Il porto, la stazione, l’accesso alla città. Li ho per così dire amputati, negati. Questa costituisce la prima mossa del mio esercizio progettuale. La seconda mossa individua quei frammenti che paiono segnati da logiche proprie. Quello che interessa di questi luoghi è il carattere autonomo, la loro capacità di riflettere una città di diseguaglianze. Costruiscono differenziali di proprietà, di accessibilità nel quartiere. Funzionano per sé. Sono chiusi. O per livelli fisici, o sociali. Sono luoghi poco attraversabili. Una buona teoria (sostenuta dallo stesso Bernardo Secchi) ritiene che ammorbidire i differenziali di accessibilità sia buona cosa, rendere più permeabili gli spazi garantisca una sorta di diritto al muoversi nella città liberamente. L’immagine in cui questa teoria si rappresenta è quella della ville poreuse. Nelle mie esplorazioni progettuali ho perseguito una differente posizione. Muovendomi su due piani. Da una parte ho accettato la distinzione della quale ciascun frammento si faceva portatore e l’ho resa maggiormente visibile. Dall’altra ho cercato di ottimizzare il funzionamento di ciascun frammento lavorando al suo interno piuttosto che sulle relazioni tra essi. Anche questa è una posizione estrema e provocatoria. Alle sue spalle un’idea di città come straordinaria invenzione sociale e spaziale, fatta di parti differenti, spesso in conflitto, non necessariamente convergenti come è invece nella ineludibile metafora organica che stava ben al centro del funzionalismo degli anni trenta, così come lo è ora dei discorsi sul metabolismo urbano. Al contrario, una città che accetta di essere composta di luoghi diversi e

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un progetto che li rende riconoscibili e cerca di farli funzionar meglio. Questa la mia posizione. Le due mosse hanno dato luogo a esplorazioni progettuali che traggono ispirazione (si potrebbe dire che questa è la terza mossa) da alcuni importanti riferimenti della tradizione del moderno in architettura. A Marsiglia, quasi ineludibili.

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2000

1000

500

0

Sottrazione delle aree oggetto di intervento dell’Euroméditerranée.

180


2000

1000

500

0

Frammenti.

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Cité. Riscrivere il suolo.

La cité Felix Pyat si trova a nord del 3ème arrondissment. Inaugurata nel 1960 col nome di Résidence Parc Bellevue, viene costruita nei codici del progetto moderno dal noto architetto marsigliese René Egger. A partire degli anni ‘80, con la partenza delle famiglie più agiate, soffre un processo di degrado sociale e fisico. Alla fine degli anni ‘90 era considerata dai media francesi come la cité più degradata della Francia. Lo stato interviene con una riqualificazione molto timida. Quindici anni dopo la cité Felix Pyat continua a essere spazio di segregazione e povertà. Nella cité Felix Pyat lo spazio libero, continuo e democratico del Moderno diventa lo spazio del degrado e dell’insicurezza. Lo spazio aperto di questo quartiere è un supporto chiaro, continuo e attraversabile. Lo spazio pubblico contemporaneo non è più espressione di una “storia collettiva” ma uno spazio residuale, frammentario, temporaneo, dove il pubblico è provvisorio e sfugge alla forza e alla pesantezza del pubblico moderno. Nella cité lo spazio moralizzante del progetto moderno diventa lo spazio del prosaico, del banale. Questa ambiguità guiderà la ricerca progettuale. La prima azione è creare un supporto sia per gli edifici sia per i nuovi spazi pubblici. Lo spazio del degrado diventa un prato continuo, il sogno del Moderno. La presenza di questo plateau rende il frammento riconoscibile e cerca di ottimizzare il suo funzionamento. Questo supporto costituisce una sorta di nuovo plateau sul quale si ergono gli edifici ma non è solo qualcosa che li circonda: entra, invade i piani terra, costruisce all'interno spazi nei quali si possano ridefinire altre attività destinate a rianimare la cité. C’è un interesse per l’ordinario, per il prosaico, per il banale, una sorta di “as found aesthetic” rivisitata. Sono spazi del quotidiano senza le pretese degli “anni eroici” del Moderno. Spazi per attività poco robuste. Instant playgrounds, bike facilities, temporary restaurants, light festivals, urban farms, fun way-finding, parkour tracks. La seconda azione è quella di interrompere il plateau con tre spazi ipogei sviluppati dalla decostruzione di un prisma di 20x20x5 metri. Sono innanzitutto spazi simbolici, elementi di riconoscibilità che danno carattere al frammento cité. I limiti sono i più astratti possibili, funzionano come sfondo a qualsiasi tipo di pratica che possa darsi nello spazio. Quest’astrazione poi viene contaminata da scale, arredo urbano, vegetazione, terra, acqua. E può essere ancora contaminata dal pubblico a seconda dei suoi bisogni e aspirazioni. Sono delle “chambres à ciel ouvert”, spazi labili, mobili, sfrangiati. Spazi che consentono a ciascuno di vivere i propri simboli e farne partecipi gli altri.

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2000

1000

500

0

Citè Felix Pyat.

183


Children playing outside di Nigel Henderson, circa 1949-1954.

184


Robin Hood Gardens di Alison e Peter Smithson, 1972.

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500

0

Pianta della citĂŠ Felix Pyat.

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Sezione della citĂŠ Felix Pyat.

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250

0

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Plateau 4,3 ettari

Points circa 300mq

Coordinate

Edifici 700 apartamenti circa 5000 persone

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Instant playground


Parkour tracks

Bike facilities

Temporary restaurant


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Quartier. La colonizzazione dei tessuti ad opera delle associazioni.

Il quartiere Belle de Mai si trova a nordest del 3ème arrondissement nel punto orograficamente più alto dell’area. E’ uno dei frammenti del quartiere di maison basses degli operai che si assentarono in questa zona a metà Ottocento dopo la costruzione del nuovo porto. Maison basses che sono state poi affiancate da fabbriche, autostrade, ferrovie, logement sociaux. Il quartiere è una delle zone dell’arrondissement con maggior qualità spaziale. Villette a due piani con giardino e strade strette che salgono verso la collina. Le abitazioni sono in rapporto visivo sia con la città sia col mare. Tutto molto pittoresco. In più si trova di fianco alla Friche de la Belle de Mai, centro culturale che fa parte del programma di riqualificazione urbana Euroméditerranée. La Friche si proponeva essere un’importante presenza capace di promuovere il proprio intorno, in senso culturale ed economico. Non è stato proprio così ma è diventato il centro di ritrovo dei bobos marsigliesi. Negli ultimi dieci anni c’è stato un processo di gentrificazione in quest’area. Gentrificazione molto “dolce”. Si trovano ancora spazi e abitazioni degradate ma il processo non si ferma. In centro all’arrondissement più povero della Francia è presente una comunità della piccola borghesia intellettuale. Un gruppo che ha la volontà di distinguersi, anche spazialmente, dal resto. Proponiamo una strategia di distinzione spaziale e ottimizzazione funzionale. Una sorta di recinto che costruisce un frammento ben definito e funzionante nel 3ème arrondissement. Si definisce il frammento attraverso un “recinto” che non pretende di segregare ma di enfatizzare la separazione, renderla ancora più chiara, attraverso una barriera vegetale che acquisisce un valore visivo, ma soprattutto simbolico: con una sorta di paradosso, si utilizza un materiale attraversabile e positivamente connotato, nel senso comune come la vegetazione. Una massa di lecci che rende distinguibile “lo stare dentro” e lo “stare fuori”. La natura di quartiere in via di gentrificazione dolce, orienta il progetto ad esplorare quegli spazi che, al suo interno, si prefigura siano, a breve, colonizzati da associazioni, luoghi di ristorazione, commercio di prossimità, piccoli laboratori, giardini, playground, orti urbani. Delle sorta di spazi “indecisi” nella maggior parte di proprietà privata, spazi che mettono in discussione i concetti di pubblico e privato nella città contemporanea. In sostanza il progetto si pone il problema di rendere più evidente un processo in atto. Ancora una volta senza esprimere un giudizio su questo frammento di "città dei ricchi", ma provando a palesarne il carattere e comprenderne il funzionamento.

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Quartier Belle de Mai.

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Pianta del quartier Belle de Mai.


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Sezione del quartier Belle de Mai.

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Green bands. Circa 850 lecci sono piantati nelle aree perimetrali del quartiere.

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Spazi “colonizzati� dalle associazioni. Circa 4500mq di spazi privati.

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Playground

Bike facilites

Coworking


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Temporary restaurant

Spazi culturali

Giardini

Orti urbani


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Autoroute. Un nuovo spazio abitativo.

L’Autoroute du Soleil, costruita durante gli anni ‘60 del Novecento, attraversa da nord a sud il 3ème arrondissement di Marsiglia con indifferenza verso la città sottostante. Al suo passaggio lascia una serie di spazi frammentati, sottoutilizzati e a volte abbandonati. L'insieme di questi spazi è molto interessante poichè dichiara come, al contrario di quanto ritiene un organicismo banale, la città non ha bisogno di funzionare tutta assieme. Alcuni spazi rimangono sospesi, lo stesso processo di riuso, ha una natura incoerente e temporale. Ovvero gli spazi possono essere riutilizzati non in continuità con gli usi precedenti e in modo temporaneo, non in modo stabile, come in genere si intende entro i piani regolatori. L’ipotesi progettuale prevede di creare un asse di servizi, abitazioni e spazi pubblici al centro dell’arrondissement utilizzando gli spazi sotto l‘Autoroute. Sotto la struttura si crea una griglia spaziale di 25x25 metri con un nucleo di servizi al centro capace di ospitare questo sistema, 15.000 mq di nuovi spazi al centro dell’arrondissement. Sono spazi temporanei che riusano, "a proprio modo" (come direbbe de Certeau), l'infrastruttura stradale, facendone qualcosa di diverso: un elemento che somma differenti usi. In altri termini, l'infrastruttura regge un adattamento che non è definitivo. La griglia spaziale funziona anche’essa come un interno, un interno che ospita una grande diversità di contenitori che potrebbero ipoteticamente funzionare autonomamente. In questo caso l'immagine di riferimento è quella, ineludibile a Marsiglia, dell’Unité d’Habitation, distante di pochi chilometri, nel sud della città. In particolare, il riferimento è al sistema "casier à boutilles" illustrato nel plastico costruttivo per le cellule duplex de l'Unité: ciascuna cellula d'abitazione interamente prefabbricata è montata in uno scheletro di calcestruzzo. La dissociazione delle cellule d'abitazione dallo scheletro, rende le abitazioni indipendenti gli uni dagli altri e risolve il problema dell'isolamento fonico. Se nella griglia spaziale dell’Unité d’Habitation s’inseriscono solo gli spazi dell’abitare e quelli direttamente relazionati in questo progetto, l'ossatura offerta dall'infrastruttura, contiene spazi dell’abitare, spazi del lavoro, spazi del loisir, spazi dello studio, spazi del commercio. Spazi permanenti e spazi temporanei. Ripari improvvisati, mercati, palchi, spazi per manifestazioni teatrali, gallerie, stanze dove alloggiare i senza casa, dove esporre, ritrovarsi, fare scuola, allenarsi, fare sport. L’idea di proporre funzioni antitetiche rispecchia il modo diverso di vivere la città nella contemporaneità dove tutte queste azioni sono sempre più collegate tra di loro e non sempre legate a spazi funzionalmente definiti.

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Autoroute du Soleil.

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Le Corbusier con la maquette del sistema “casier à bouteilles” utilizzato nell’Unité d’Habitation di Marsiglia.

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Maquette del sistema “casier à bouteilles”.

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Pianta e sezioni (pagina seguente) del 3ème arrondissement di Marsiglia con al centro l’Autoroute du Soleil.

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RINGRAZIAMENTI

Vorrei usare quest’ultima pagina del lavoro per ringraziare, innanzitutto, Cristina Bianchetti che mi è stata sempre a fianco e ha sempre creduto in questa ricerca. Grazie a lei l’elaborazione di questa tesi è stata un percorso arricchente, divertente e molto bello. Grazie infinite. Grazie alla mia correlatrice Paola Viganò per la sua disponibilità e gentilezza e le sue utilissime osservazioni su Marsiglia. Grazie ad Angelo Sampieri, Francesca Governa, Michele Cerrutti But, Ianira Vasallo per la loro disponibilità ed entusiasmo. Grazie ai tanti amici di questi cinque anni che sono stati la mia famiglia in Italia. Fernando, Pedro, Federico, Adrian, Francesco, Enrica, Tschopp, Claudia, Claudia, Monica, Eloy, Romina, Manu, Beps, Martina, Gabriella, Matteo. A Gualberto e Alessandro e famiglia. A Barbara e Fulvio. Ai miei genitori, mia sorella e Humberto che mi sono sempre stati vicini, nonostante la distanza. A Fabio.

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