Medioevo Dossier n. 12, Gennaio 2016

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ALMANACCO DELLA CUCINA MEDIEVALE

N°12 Gennaio 2016 Rivista Bimestrale

My Way Media Srl - Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1, c.1, LO/MI.

M DI RN AN ED IC N IEV ETTEO AL I

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MEDIOEVO DOSSIER

Dossier

EDIO VO M E

ALMANACCO DELLA

CUCINA MEDIEVALE

Un anno di storie e di ricette

€ 7,90



ALMANACCO DELLA CUCINA MEDIEVALE RICETTE PER UN ANNO di Carlo Casi, Luciano Frazzoni e Manuela Paganelli con la collaborazione di Stefano Mammini

6 Presentazione Sergio G. Grasso

8 Introduzione Due mondi a confronto

14 Inverno La cucina dei monaci

42 Primavera La cucina ebraica

70 Estate La cucina araba

106 Autunno La cucina bizantina

22 Ricettario

50 Ricettario

78 Ricettario

114 Ricettario

22 Gennaio

50 Aprile

78 Luglio

114 Ottobre

29 Febbraio

56 Maggio

88 Agosto

122 Novembre

34 Marzo

62 Giugno

97 Settembre

126 Dicembre


Almanacco della cucina medievale Ricette per un anno

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ista in una prospettiva agricolo-alimentare, la storia dei dieci secoli del Medioevo – i mille anni che vanno dal sacco di Roma di Alarico (410 d.C.) alla caduta di Costantinopoli (1453) – può essere ricostruita sulla base di fonti ampie e accurate: cronache, regolamenti, statuti della città e delle corporazioni oltre ai ricettari che iniziano a comparire già nel XII secolo. Il loro studio, comparato con gli eventi sociali e politici, smentisce molti luoghi comuni, primo fra tutti quello che vorrebbe la tavola medievale della nostra Penisola sempre greve e volgare o che giustifica l’abbondanza di spezie e aromi con la necessità di mascherare gli odori e i sapori delle carni alterate. Nulla di meno vero. Rispetto alla gastronomia romana, vi furono cambiamenti notevoli, spesso dovuti alla sedimentazione di costumi alimentari introdotti dai «barbari», come quello di associare il potere e la forza al consumo della carne, di condire e cuocere con il lardo o lo strutto, o di dare piú valore alle carni cacciate anziché a quelle allevate. Rivoluzionario fu l’apporto della civiltà islamica giunta in Sicilia tra il IX e il X secolo. Gli Aghlabiti del Maghreb che invasero l’isola introdussero sulle tavole la pasta, il riso, gli agrumi, lo zucchero, le mandorle, i torroni, i carciofi, le melanzane, lo zafferano. Gli Arabi applicarono in Sicilia le loro tecniche d’irrigazione, dettero forma definitiva alle tonnare, fecero conoscere nuove spezie e attuarono una vera e propria rivoluzione in pasticceria grazie alle creme, alle fritture dolci, agli impasti spugnosi, ai marzapane e alle glasse. Altre «adozioni» alimentari tipicamente orientali s’insinuarono nella Penisola a opera dei crociati al loro

ritorno in patria, e di non poco conto furono i residui della cultura gastronomica bizantina, che in epoca federiciana raggiunse anche l’area ionica. Gli antichi manoscritti e ricettari di cucina medievale sono, nella maggior parte dei casi, anonimi e quasi sempre destinati a principi o persone di elevata estrazione sociale. Nel Trecento, se non prima, vide la luce in ambito angioino il Liber de coquina, preceduto da alcuni testi anonimi di autori meridionali, toscani e veneziani. Nella stessa epoca, in Francia, apparve il Viandier di Guillaime Tirel, piú noto come Taillevent, seguito a breve dal Ménagier de Paris. Autenticamente italiano è il Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino da Como, considerato il piú grande cuoco del XV secolo e ispiratore anche di un altro caposaldo della letteratura gastronomica medievale, il De honesta voluptate et valetudine dell’umanista Bartolomeo Sacchi, detto il Platina. Questi «libri per cuoco», precedenti l’invenzione della stampa, ci tramandano piatti ricercati e complessi basati su ingredienti stagionali; e offrono lo spaccato di una cucina per nulla becera o raffazzonata, fatta di sapori, odori, ma anche di colori, con una materia prima di qualità «certificata» e con un’attenzione puntuale ai princípi medici e nutrizionali dell’epoca. Gli stessi princípi che troverete nelle pagine che seguono, preziose, golose e sorprendentemente curiose. Buona lettura e... buon appetito! Sergio G. Grasso Miniatura con scena di banchetto, dai Facta et dicta memorabilia di Valerio Massimo nella traduzione di Simon de Hesdin e Nicolas de Gonesse. XV sec. Parigi, Bibliothèque nationale de France.


MEDIOEVO IN GUERRA

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LA CUCINA MEDIEVALE

Presentazione

DUE MONDI A

CONFRONTO

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al punto di vista delle abitudini alimentari, il passaggio dall’età classica al Medioevo è contrassegnato dall’incontro-scontro fra due tradizioni contrapposte: quella mediterranea, legata ancora al mondo romano, e quella barbarica dell’Europa continentale. La cultura alimentare classica si basava sulla triade grano-olio-vino, con poco apporto di carne (principalmente di ovicaprini e suini), ma soprattutto di latticini e formaggi, integrati dalle verdure provenienti dagli orti. La dieta delle popolazioni celtiche e germaniche, basata su un sistema di vita seminomade, era invece di tipo silvo-pastorale, legata allo sfruttamento di spazi incolti e dei boschi, in cui si praticavano la caccia, la pesca, la raccolta di frutti spontanei e l’allevamento brado del bestiame, soprattutto di suini. Il diffondersi di chiese e monasteri nell’Europa settentrionale determinò l’espansione della cerealicoltura e della viticoltura, dal momento che pane e vino erano prodotti centrali del simbolismo e della ritualità cristiana, cosí come l’olio, la cui produzione, a partire dall’Alto Medioevo, aumentò notevolmente a Nord, compatibilmente con le condizioni ambientali. Per contro, l’affermarsi delle popolazioni ger-

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maniche nelle regioni dell’Europa centro-meridionale, in quello che era stato il cuore dell’impero romano, portò alla diffusione di un sistema economico basato sullo sfruttamento degli spazi incolti, dei boschi, delle paludi e dei pascoli naturali. I primi secoli del Medioevo, anche in seguito alla profonda crisi economica e demografica innescata dalla caduta dell’impero romano d’Occidente, avevano infatti visto aumentare (anche in Italia) le aree abbandonate e tornate allo stato selvatico.

La caccia è aperta, per tutti

Il fondersi di questi due sistemi di sfruttamento del territorio caratterizzò i primi secoli del Medioevo, con un’economia mista agro-silvo-pastorale, nella quale anche le classi piú umili beneficiavano di un cospicuo apporto di carne – derivante sia dalla caccia (giuridicamente consentita a chiunque) che dall’allevamento – e di pesce, sia pescato che allevato in apposite peschiere. A differenza del mondo classico, però, che prediligeva il pesce di mare, l’età di Mezzo – essendo venuta a mancare la rete commerciale dell’impero romano – vede prevalere quello di acqua dolce catturato in loco (carpe, storioni, lucci, anguille, trote, salmoni).


Nella pagina accanto stoviglie e utensili da cucina. Epoca tardo-medievale. Londra, Museum of London. In questa pagina miniatura raffigurante una contadina intenta a raccogliere fagioli «dall’occhio» (Vigna unguiculata), la sola varietà di questo legume attestata nel Medioevo, da un’edizione del Tacuinum Sanitatis, denominazione che indica la traduzione in latino del Taqwim al Sihha (Almanacco della salute), un manuale redatto a Baghdad dal medico e letterato Abu al-Hasan al-Mukhtar Ibn Butlan nell’XI sec. Fine del XIV-inizi del XV sec. Vienna, Österreichische Nationalbibliothek.

TITOLO

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In alto un’altra miniatura tratta dal Tacuinum Sanitatis raffigurante una contadina, aiutata dalla figlia, mentre raccoglie alcune pannocchie di panico, un cereale meno nobile del frumento che fu usato nel Medioevo anche per panificare, ma la cui granella è oggi utilizzata perlopiú come becchime per animali. A destra miniatura raffigurante la vendemmia, dal Libro di casa Cerruti, un manuale di economia domestica che si basa sui principi del Tacuinum Sanitatis. Fine del XIV sec.

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Presentazione

Se il sistema agrario romano aveva come prodotto principale il piú pregiato frumento, nel periodo altomedievale prevalsero i cereali inferiori, come l’orzo, la spelta, l’avena, il miglio, il paníco, il sorgo e, soprattutto, la segale, preferiti perché garantivano una maggiore resa e risultavano piú facili da coltivare. Il frumento veniva impiegato nella panificazione, soprattutto per il mercato dei centri urbani, mentre i ceti rurali utilizzavano gli altri cereali, non adatti alla lievitazione, per zuppe, polente e minestre, o per ricavarne gallette, cotte sotto la cenere o su lastre di terracotta. Il prodotto che se ne otteneva induriva rapidamente, pertanto veniva consumato inzuppandolo nell’acqua, nel vino o nel brodo (un particolare boccale utilizzato a tale scopo veniva appunto detto «panata»).

Ogni sorta di legumi e verdure

Tra i legumi, oltre ai fagioli «dall’occhio» (i soli conosciuti nell’età di Mezzo) e alle fave, erano diffusi le lenticchie, i ceci, le cicerchie, i piselli, coltivati accanto ai cereali; tra le verdure, a complemento della dieta, vi erano rape, cavoli, cipolle, porri, aglio, cicoria, lattuga, bietola, zucca, prima dell’introduzione di altre specie a opera degli Arabi, come le melanzane o gli spinaci. Queste verdure si cucinavano in «olle» di terra-


cotta, di cui gli scavi archeologici hanno restituito numerose testimonianze. Per quanto riguarda l’allevamento, in Germania, Francia, Inghilterra e nell’Italia settentrionale – quest’ultima altamente influenzata dalla presenza germanica –, prevaleva quello dei suini, mentre nell’Italia meridionale e nei territori sotto il controllo bizantino – dunque nelle aree culturalmente legate alla tradizione romana (quella Romània che per la storiografia moderna è sinonimo di impero bizantino) – il pascolo degli ovini continuò ad avere un ruolo di primo piano nel sistema produttivo, sia per la lana e il latte – perlopiú trasformato in formaggio –, sia per la carne.

La risorsa piú preziosa

Ma il vero protagonista dell’alimentazione medievale fu il maiale, tanto che, nell’editto di Rotari (promulgato nel 643) l’uccisione di un magister porcarius (capoporcaro) avrebbe dovuto essere indennizzata con 50 soldi, un corrispettivo molto alto, pari a due volte e mezzo quello che si sarebbe dovuto pagare per un massaro conduttore di podere ed eguale solamente a quello di un maestro artigiano. E, nei documenti, i boschi si misuravano «in maiali»: venivano cioè valutati in base a quanti capi vi si sarebbero potuti allevare. Dal maiale, inoltre, non si ricavava soltanto la carne, ma anche il lardo – utilizzato per condire e cuocere al posto dell’olio nell’Europa continentale (ma anche nella bassa Padana) –, oltre che prosciutti e salumi. I bovini e gli equini venivano invece utilizzati nel lavoro dei campi o per il trasporto e solo in tarda età o quando diventavano inabili venivano macellati a scopo alimentare. Come nota nelle Etymologiae lo scrittore ed erudito dell’età visigotica Isidoro (570-636), cavalli e buoi servono per alleviare la fatica dell’uomo, pecore e maiali per nutrirlo. Un notevole apporto di carne, a tutti i livelli sociali, era poi fornito sia dagli animali da cortile – polli, oche, anatre, di cui si consumavano anche le uova –, sia da quelli cacciati. Tra questi, il cervo figurava al primo posto (anche in Italia, in epoca altomedievale, questo animale sembra essere stato molto piú diffuso di quanto si possa immaginare), seguito dal capriolo, dal cinghiale, dal bue selvatico e dall’orso. Non mancavano poi lepri, pernici, fagiani, quaglie, ma anche uccelli acquatici, come le gru e le cicogne. Nel X e XI secolo, l’Europa conobbe un forte incremento demografico che comportò un acCUCINA MEDIEVALE

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LA CUCINA MEDIEVALE

In alto ancora una miniatura tratta dal Libro di casa Cerruti raffigurante un giovane che sorveglia alcuni maiali al pascolo, che mangiano ghiande. Fine del XIV sec.

Presentazione

cresciuto fabbisogno alimentare e la conseguente necessità di ampliare le zone da mettere a coltura – in modo da assicurare raccolti piú abbondanti –, a scapito di boschi, pascoli e paludi e delle attività silvo-pastorali a essi collegate e tipiche dei secoli precedenti.

I boschi trasformati in riserve

Inoltre, a partire da quest’epoca, cambiano anche i rapporti di proprietà. Se prima anche i contadini potevano praticare la caccia nei boschi e l’allevamento brado dei suini negli spazi incolti, ora queste attività erano sottoposte alla giurisdizione dei ricchi signori feudali, che trasformarono le foreste in esclusive riserve di caccia (i primi segnali di questo cambiamento 12

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si erano già manifestati tra l’VIII e il IX secolo); i contratti mezzadrili, inoltre, consentivano ai contadini di allevare soltanto uno o due maiali dentro il podere. Dall’allevamento brado si passò cosí a quello domestico, molto piú limitato. Di conseguenza, la dieta alimentare dei ceti piú poveri si arricchí di cereali, ma vide quasi scomparire il consumo di carne. Rimasero invece invariati i diritti di pesca, e il pesce, soprattutto quello di acqua dolce, continuò a far parte della dieta contadina. Anche dopo la crisi economica e demografica causata dalla peste del 1348, quando molti campi coltivati cedettero nuovamente il posto a spazi incolti, non si registrò un ritorno all’economia della selva. I campi prima coltivati diven-


In alto miniature tratte da un’edizione del Tacuinum Sanitatis conservata presso la Bibliothèque nationale de France, a Parigi: a sinistra, donne che infornano il pane; a destra, la lavorazione del maiale nella bottega di un venditore di lardo. 1445-1451 circa.

tarono pascoli naturali, piú adatti all’allevamento delle pecore che dei maiali. Le fonti trequattrocentesche, sia archeologiche che scritte, attestano infatti un aumento dell’allevamento ovino e cosí, nell’Italia centrale e nel Nord, ebbe grande diffusione la transumanza. L’allevamento bovino, che nel Quattrocento crebbe considerevolmente (soprattutto nella bassa pianura tra Lombardia ed Emilia, con l’introduzione di nuove razze), era destinato principalmente al consumo di carne dei ceti urbani, mentre in ambiente contadino il bue continuò a essere utilizzato per il lavoro dei campi, e solo in tarda età a scopo alimentare. Dal X secolo e soprattutto tra l’XI e il XII, l’aumento della popolazione e, dunque, della do-

manda alimentare portò all’espansione dei terreni da adibire alla cerealicoltura, attraverso il dissodamento delle aree incolte e il diradamento dei boschi. Inoltre, l’introduzione di nuovi attrezzi – primo tra tutti l’aratro a ruote, piú pesante rispetto a quello classico e in grado di andare piú in profondità nel terreno – e insieme nuovi sistemi di rotazione delle colture, portarono a un aumento della produzione.

La storia si fa anche a tavola

Forte dell’eredità romana, la cucina del Medioevo si rinnovò grazie agli apporti vitali delle nuove genti che, da Nord a Sud, si insediarono nelle nostre terre. Questa consapevolezza ha ispirato il «Dossier» che vi accingete a sfogliare: abbiamo voluto articolarlo come un almanacco, perché le fonti ci consentono ancora oggi di riproporre o rivisitare le ricette della tavola medievale e perché gli aneddoti e le biografie possono svelare inaspettati legami con la tavola di molti personaggi famosi. Un percorso che dura un anno e che vi proponiamo di seguire e, naturalmente, di sperimentare. CUCINA MEDIEVALE

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Inverno La cucina dei monaci

Mentre i commensali osservavano il silenzio, nei refettori dei monasteri risuonavano i racconti e i moniti delle Sacre Scritture. Ma che cosa finiva nei piatti dei religiosi? Nonostante i limiti imposti dal precetto e dalla Regola di ciascun ordine, la dieta era variegata e si basava sui prodotti dei conventi stessi In alto Natura morta con zucca e funghi (particolare), olio su tela di Henri Horace Roland Delaporte. Seconda metĂ del XVIII sec. Rouen, MusĂŠe des Beaux-Arts. Nella pagina accanto Inverno, olio su tavola di Giuseppe Arcimboldo. 1563. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Appartenente alla serie delle Quattro stagioni, il dipinto evoca i mesi piĂş freddi con una composizione di rami, radici, foglie e frutti che si trasformano in un anziano. CUCINA MEDIEVALE

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ALMANACCO

Inverno

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a san Benedetto (480 circa-547) in poi, ai monaci è riservata una mensa povera, ma intessuta di significati anche spirituali. È la cucina dell’inverno, perché la terra riposa, si prepara all’esplosione di gusti, colori e profumi propria dei mesi piú caldi. Molte notizie sulle abitudini alimentari dei conventi in epoca medievale si possono ricavare dalle varie Regole monastiche e dalle vite dei santi fondatori degli ordini, che descrivono ogni momento della vita dei monaci. Condizione ricorrente è la rinuncia al cibo, intesa come strumento di mortificazione del corpo e di purificazione spirituale. Si può saltare uno dei due pasti giornalieri, oppure astenersi da alcuni cibi, principalmente la carne, che significa anche rinunciare all’attività sessuale. Considerata nel Medioevo il cibo nutriente per eccellenza, la carne era anche simbolo di forza e potere, consumata in massima parte dalle classi aristocratiche e militari; pertanto per i monaci, che spesso provenivano dalle classi elevate della società, privarsene voleva anche dire allontanarsi dal mondo da cui provenivano. L’astinenza dalla carne poteva inoltre esprimere la scelta di uno stile di vita non violento, che non comportava l’uccisione di animali, anche se questo concetto venne spesso bollato come eretico, poiché secondo la dottrina cristiana tutti gli alimenti, compresi gli animali, sono un dono della divina Provvidenza.

La «leggerezza» della carne bianca

Se l’esclusione della carne è assoluta nel primo monachesimo (come nelle Regole di san Colombano, 542 circa-615), in altri casi viene in parte ammessa; e la Regola di san Benedetto, per esempio, proibisce il consumo di quadrupedi, ma consente quello di volatili e pollame. Il consumo di carni bianche rispondeva anche alle concezioni dietetiche medievali, che ritenevano i volatili piú «leggeri» dal punto di vista nutrizionale. L’astensione dalla carne, che per i membri di alcuni ordini era totale anche nei giorni di festa come Natale e Pasqua, comportò il consumo di alimenti alternativi, che dovevano comunque avere un alto valore energetico, cosí da risultare adatti al nutrimento dei monaci, chiamati a svolgere non solo attività spirituali, Asciano (Siena), Chiostro Grande dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore. San Benedetto ottiene farina in abbondanza e ne ristora i monaci, particolare dell’affresco facente parte del ciclo che illustra la vita del santo, iniziato da Luca Signorelli e portato a termine nel 1505 dal Sodoma. 16

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Inverno

ma anche lavorative, spesso molto dure. Nei conventi ebbero perciò molta fortuna il pesce, i formaggi, le uova e i legumi. Il pesce come alternativa alla carne non era sempre ammesso, soprattutto nei primi secoli del monachesimo, o lo era soltanto in determinate occasioni solenni, previa licenza dell’abate. Successivamente, però, esso divenne uno degli alimenti principali delle comunità monastiche, tanto che uno dei fattori ritenuti piú importanti nella scelta del sito in cui fondare un convento era la presenza di corsi d’acqua, dove poter pescare e costruire vivai per l’allevamento di specie particolari. Molti complessi monastici disponevano dunque di peschiere apprestate nelle loro immediate vicinanze e spesso i monaci si garantivano l’uso delle acque per esercitarvi i diritti di pesca: è il caso, per esempio, dell’abbazia di Nonantola (Modena), che aveva alle sue dipendenze una squadra di pescatori che lavoravano lungo il fiume Po.

In basso capolettera miniato raffigurante un momento della lavorazione del vino, dal Redevancier de Saint-Germain-des-Pres. 1530 circa. Parigi, Centre Historique des Archives Nationales.

consumo di una libbra a testa al giorno di pane (poco piú di 300 grammi), mentre raccomanda controllo e moderazione nell’uso del vino, difficilmente bevuto puro, ma spesso mescolato ad acqua, miele ed erbe aromatiche. Nelle regioni dell’Europa settentrionale, il vino poteva essere sostituito dalla birra o dal sidro. Se l’astinenza e il digiuno erano prassi quotidiane, per contro, in occasione di feste o eventi particolari, le razioni di cibo potevano essere piú abbondanti e variate. Inoltre, razioni supplementari spettavano ai monaci impegnati in attività particolarmente faticose. Infine, i piú

Una presenza costante

Nelle vite e nelle agiografie dei santi ricorrono con frequenza gli episodi miracolosi legati al consumo di pesce e anche nelle raffigurazioni di tavole dei monaci figurano sempre pietanze a base di pesce. Le specie consumate erano prevalentemente di acqua dolce, piú facili da pescare e allevare secondo un modello economico dedito soprattutto all’autoconsumo: anguille, salmoni, storioni, trote, carpe, lucci. Il pesce di mare era invece meno diffuso, poiché richiedeva un sistema di pesca piú complesso e comportava maggiori problemi per il trasporto e la conservazione (veniva infatti prevalentemente essiccato e salato, piuttosto che consumato fresco). Il formaggio era uno degli alimenti fondamentali nella dieta monastica e molte varietà casearie (come il parmigiano) sembrano essere state elaborate proprio all’interno dei monasteri. Anche le uova, da sole o accompagnate ad altre pietanze, venivano consumate in abbondanza dai monaci, insieme a legumi e verdure. I legumi piú diffusi erano fagioli, piselli, ceci, lenticchie e fave; da queste ultime, si ricavava una farina che, mescolata a cereali, veniva utilizzata per pappe, zuppe e polente. Per condire e cucinare si usavano l’olio d’oliva o il lardo, quest’ultimo soprattutto nell’Europa continentale. Sempre presenti erano poi il pane e il vino, anche per il loro implicito valore liturgico. La Regola di san Benedetto prescrive il 18

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In occasione di feste o eventi particolari, ai monaci spettavano razioni di cibo piú abbondanti e variate


Natura morta con calderone, casseruola, fornello, canovaccio, cavolo, due uova, porri, pane e tre aringhe, olio su tela del pittore francese Jean-Baptiste SimĂŠon Chardin. 1731-1733. Amiens, MusĂŠe de Picardie.

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Inverno


Nella pagina accanto monastero di Zwettl (Austria). Un gruppo di monaci impegnati nella mietitura, particolare della pala dipinta da Jörg Breu il Vecchio per l’altare di San Bernardo di Chiaravalle. 1500 circa. Qui accanto Pomposa, refettorio dell’abbazia benedettina. Particolare dell’affresco raffigurante il santo abate Guido che trasforma l’acqua in vino, attribuito a Pietro da Rimini. 1316. Al di là del significato religioso della scena, si può notare il realismo nell’ambientazione dell’episodio, che mostra una pietanza a base di pesce, alimento realmente assai diffuso sulle mense dei monaci.

deboli o i malati potevano consumare cibi altrimenti vietati, come la carne e il brodo di carne, che le dottrine mediche del tempo consideravano i piú idonei per recuperare le forze.

Precursori del «chilometro zero»

I monasteri avevano sempre cibo in abbondanza, poiché solitamente disponevano di orti, vigne, frutteti e impianti per la fabbricazione dell’olio e del vino; un’organizzazione che non soltanto consentiva di soddisfare il fabbisogno dei monaci, ma permetteva anche di offrire cibo ai poveri e ai pellegrini che avessero bussato alle porte del convento Il pasto quotidiano prevedeva due pietanze cotte: il pulmentum (zuppa di cereali), un piatto di verdure (olera), poi piatti supplementari (generalia) –consistenti in porzioni di uova, formaggio o pesce –, e porzioni aggiuntive (pictantie) da dividere tra due monaci. I pasti venivano consumati in comune nel refettorio (solo i monaci malati, gli eremiti e chi si era

macchiato di un peccato grave mangiava da solo), nel silenzio assoluto, come prescrive la Regola di san Benedetto, ascoltando la lettura di testi edificanti tratti dalle Sacre Scritture o dalle vite dei santi. La norma del silenzio fece sí che nei conventi si elaborassero sistemi di gesti e segni per comunicare, tanto che spesso, come a Cluny (Francia), esisteva una lista di segni ben precisa, riportata nelle «consuetudini», cioè i regolamenti redatti dagli abati nei loro monasteri, a integrazione della Regola benedettina. Simili elenchi di segni e di gesti, codificati in molti monasteri cluniacensi e cistercensi, forniscono implicitamente notizie sulle abitudini alimentari: essi, infatti, indicavano cibi, oggetti, piante, animali, utensili, oppure azioni come l’inginocchiarsi o il confessarsi. Le liste seguono un ordine preciso, per esempio dividendo tra gli alimenti i pesci, i volatili, le verdure, i cereali, le bevande, il pane, e anche i vari modi di cucinarli: al forno, bolliti, sotto la cenere, in padella... CUCINA MEDIEVALE

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Gennaio

Le miniature scelte per i dodici mesi dell’anno sono tratte dal Breviario di Ercole I d’Este, un codice al quale lavorarono tre maestri miniatori: Matteo da Milano, Tommaso da Modena e Giovanni Battista Cavalletto (o Antonio Maria Casanova). L’opera, completata nel 1505, è conservata a Modena, presso la Biblioteca Estense Universitaria. Al mese di gennaio è associata una scena di banchetto. Qui sotto Granada, Cattedrale. Particolare del retablo ligneo della Capilla real raffigurante l’ingresso dei re cattolici a Granada, dopo la resa di Boabdil. L’opera si deve a Felipe Vigarny, che si sarebbe tuttavia avvalso della collaborazione di Alonso de Berruguete. 1520. A destra miniatura raffigurante due donne che puliscono polli, da un’edizione del Tacuinum sanitatis. XIV sec.

1492, 2 gennaio Caduta di Granada e riconquista della Spagna Approfittando delle lotte dinastiche nel sultanato, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona, intrapresero la Guerra di Granada (1482-1492). La notizia della resa del sultano nasride Boabdil (Abu ‘Abd Allah) venne festeggiata nell’intera Europa, con processioni e manifestazioni presso tutte le corti. Papa Alessandro VI (nato Rodrigo de Borja, italianizzato Borgia, a Játiva, presso Valencia) concesse ai due sovrani il titolo di re «cattolici», riconoscendo cosí la Spagna come la massima potenza religiosa d’Europa.

TORTA ANDALUSA

Tratta dal Fadhalat al-khiwan fi tayyibat al-ta’ am wa-l-alwan, ricettario di cucina andalusa dell’erudito e gastronomo di Murcia Ibn Razin (XIII secolo).

✓ INGREDIENTI una gallina; olio; sale; pepe; chiodi di garofano; cardamomo; cannella; nardo (pianta simile alla valeriana); zucchero; mandorle; zafferano; acqua di rose; pasta sfoglia.

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✓ PREPARAZIONE far cuocere la gallina in una pentola con olio, sale, pepe, cannella, nardo, cardamomo e acqua di rose. Foderare il fondo e le pareti di una teglia con la pasta sfoglia dopo averla spalmata con grasso di montone; sul fondo spolverare con zucchero, mandorle pestate, chiodi di garofano e nardo, aggiungere un po’ di olio e acqua di rose; coprire con altre sfoglie fino a raggiungere metà altezza della teglia. Mettere la gallina cotta e spalmarla di zafferano diluito con acqua di rose, spolverandola con zucchero e mandorle pestate. Ricoprire con altre sfoglie fino a riempire la teglia, spolverando con zucchero, olio e acqua di rose. Mettere in forno a fuoco medio dopo aver sigillato il coperchio con altra pasta sfoglia. Al termine della cottura, eliminare la pasta sfoglia di copertura e servire.

PASTEIS DE NATA

Sono i dolci tipici di Lisbona, inventati – dice la tradizione – tra le mura del monastero di Belém.

1325, 7 gennaio Alfonso IV, detto il Valoroso (1291-1357), viene incoronato re di Portogallo La storia dell’Italia medievale e moderna si intreccia spesso con questa terra bagnata dall’Oceano: per motivi militari, come quando nel 1340 il Valoroso sconfisse i Mori grazie all’aiuto di Genova, o in occasione di matrimoni combinati a scopi politici. ✓ INGREDIENTI 500 g di pasta sfoglia; 0,5 dl d’acqua; 150 g di zucchero; 1 cucchiaio da minestra di farina; 2,5 dl di latte; 4 rossi d’uovo; 1 chiara d’uovo; zucchero e cannella in polvere. ✓ PREPARAZIONE scaldare l’acqua con lo zucchero sino a che si addensi. A parte, diluire la farina con poco latte, poi unire il latte restante, i rossi e la chiara d’uovo (già sbattuti); aggiungere lo zucchero diluito nell’acqua, e porre la casseruola in un bagno maria. Cuocere per 10-12 min., mescolando. Foderare con la pasta sfoglia le formine, riempire con il composto e cuocere in forno caldo (250°) per circa 25 minuti. Spolverizzare con zucchero o cannella prima di servire.

1324, 8 gennaio A Venezia muore Marco Polo

Qui sopra miniatura raffigurante Alfonso IV, re di Portogallo, da un’edizione della Genealogia de los reyes de España di Alfonso de Cartagena. XV sec. Madrid, Biblioteca Nacional de España. In alto, a destra miniatura raffigurante un venditore di cannella, da un’edizione del Tractatus de herbis, attribuito a Dioscoride. XV sec. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

Partito nel 1271 con il padre e lo zio per un’ambasceria presso il gran khan Qubilai, fece ritorno solamente dopo venticinque anni, molti dei quali vissuti al servizio del sovrano, viaggiando a lungo in Asia orientale. Fatto prigioniero a Genova, Marco narra i suoi ricordi di viaggio al compagno Rustichello: l’opera, nota come il Milione, è una fonte ricchissima di note sugli usi e costumi di popoli lontani. Marco Polo conosceva bene le spezie: a Rialto, nel cuore commerciale di Venezia, alla Ruga degli Spezieri, ne venivano smistate e rivendute all’incanto ben 5000 tonnellate ogni anno. Grazie ai proventi di una soprattassa sul commercio del pepe, a partire dal 1362 Venezia riuscí ad aiutare alcuni bisognosi della città, detti appunto i «poveri al pepere». CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Gennaio

Particolare di una miniatura raffigurante la raccolta del pepe, da un’edizione del Livre des Merveilles, opera che raccoglie vari testi, tra cui il Milione di Marco Polo. 1410-1412. Parigi, Bibliothèque nationale de France.

SPEZIE FINI PER TUTTI I GUSTI

Il Libro per cuoco, un manoscritto conservato presso la Biblioteca Casanatense di Roma, attribuibile a un autore anonimo veneziano del XIV-XV secolo, riporta la ricetta per una miscela di spezie (Specie fine a tute cosse).

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Prendi un’oncia (1 oncia= 16 g ; 1/4= 4 g; ½ quarto= 2 g) di pepe e una di cannella e una di zenzero e un mezzo quarto di chiodi di garofano e un quarto di zafferano. 1072, 10 gennaio Il normanno Roberto il Guiscardo (1015 circa-1085), con il fratello Ruggero, conquista Palermo Figlio di Tancredi d’Altavilla, Roberto nacque in Normandia intorno al 1015. Seguí presto i fratelli, Guglielmo, Drogone e Umfredo, in Italia meridionale, dove i Normanni, al soldo dei signori locali, lottarono contro i Bizantini, conquistando presto la Puglia e la Calabria e spingendosi poi in Sicilia, che, con la conquista di Palermo, venne definitivamente sottratta agli Arabi.

PESCE FRITTO IN SAOR

Il Kitab al-Tabikh (Il libro dei piatti), è stato scritto nel 1226 dallo storico e gastronomo al-Baghdadi: ne è nota una sola copia, da cui è tratta questa ricetta.

✓ INGREDIENTI 6 etti di sarde; farina; 1 bustina di zafferano; olio di semi; 4 cipolle rosse; 3 dl di aceto; una manciata di foglie di sedano; olio extravergine d’oliva; sale; pepe. 24

CUCINA MEDIEVALE

✓ PREPARAZIONE pulire le sarde privandole delle lische, infarinarle e friggerle in olio bollente. Adagiarle su carta assorbente. Rosolare nell’olio d’oliva a fuoco moderato le cipolle tagliate sottili per appassirle, poi bagnarle con l’aceto in cui è stato sciolto lo zafferano, aggiungere il timo, il sale e il pepe in grani. In un recipiente di coccio, disporre le sarde a strati, cospargerle di foglie di sedano e condirle con la salsa di cipolle e aceto. Tenere al fresco per 24 ore e servire.

304, 22 gennaio Martirio di san Vincenzo, diacono di Saragozza Subisce il martirio durante la persecuzione di Diocleziano: arrestato per ordine del prefetto Daciano, resiste alla durissima detenzione, alla fame e alle torture piú barbare (il cavalletto e le lame incandescenti) prima di soccombere.

SPIEDINI D’ANGUILLA ALLA SAN VINCENZO

In una delle quaranta novelle scritte poco dopo il 1424 dal senese Gentile Sermini, si narra di un curato di campagna, Ser Meoccio, amante della buona tavola piú che dell’ufficio religioso. In occasione della festa di san Vincenzo, un fedele gli affida una succulenta anguilla, offerta al Signore Gesú. Prontamente, Ser Meoccio fa cucinare l’anguilla al cuoco e la gusta con altri commensali, ma viene scoperto e paga amaro pegno.


Gennaio

Il martirio di San Vincenzo (particolare), pannello facente parte della pala d’altare realizzata da Jaume Huguet per la chiesa di Sant Vicenç de Sarrià. 1458-1460. Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Gennaio

✓ INGREDIENTI anguilla 1,5 kg; 5-10 cl di aceto; 2 cucchiai d’olio; 4 arance; 3 limoni; ½ melagrana; rosmarino; 20 foglie alloro; cardamomo; zenzero; miscela di spezie (1/4 cucchiaino di pepe, chiodi garofano, cannella, zenzero). ✓ PREPARAZIONE tagliare l’anguilla a pezzi e farne spiedini intervallando con foglie di alloro. Mescolare l’aceto con l’olio e le spezie e lasciare riposare in un recipiente insieme al rametto di rosmarino. Cuocere gli spiedini un po’ lontano dalla brace e irrorare con la miscela di spezie aiutandosi con il rametto di rosmarino. Quando l’anguilla è cotta, porla in un piatto e versare sopra il succo degli agrumi e della melagrana, spolverare poi con ¼ di cucchiaino di zenzero e cardamomo in polvere mischiati. Servire tiepido.

TORTA DI BIETA

Il banchetto nuziale di Ercole II fu descritto da Cristoforo da Messisbugo, scalco della corte estense nell’opera Banchetti, compositioni di vivande et apparecchio generale, pubblicata a Ferrara nel 1549. Se ne propone qui una ricetta.

1529, 24 gennaio Festeggiamenti per le nozze di Ercole II d’Este e Renata di Francia Celebrato a Parigi il 28 giugno 1528, il matrimonio fu poi l’occasione per un sontuoso banchetto offerto dallo sposo a Ferrara.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Prendi una buona manciata di bieta e ben lavata la triterai minuta e la porrai in un tegame con due libbre di buon formaggio duro ben grattato, una libbra e mezza di burro fresco, sei uova, pepe pestato, un pizzico di zenzero e cannella, se qualcuno vuole anche mezza libbra di zucchero, ma solitamente non si mette. Poi farai le due sfoglie di pasta, ben impastato il tuo battuto e unta la teglia con due once di burro fresco vi metterai una strato di pasta e il battuto sopra. Poi gli porrai sopra l’altro strato di pasta, facendo il suo rotello intorno, sopra porrai quattro once di burro fuso. Poi cuocerai nel forno o sotto il testo. Quando sarà quasi cotta porrai sopra da tre a quattro once di zucchero». 1077, 27 gennaio L’imperatore a Canossa Enrico IV di Franconia (1050-1106; dal 1084 al 1105 imperatore del Sacro Romano Impero) si reca a Canossa, nelle terre di sua cugina, la contessa Matilde, per ricevere il perdono di papa Gregorio VII, dal quale aveva ricevuto la scomunica nel corso della lotta per le investiture. Per tre giorni l’imperatore è costretto ad aspettare al gelo l’apertura delle porte del castello, vestito con il saio del penitente. Secondo la tradizione, ricevuto il perdono, fu indetto un banchetto per festeggiare la riconciliazione (apparente!), durante il quale i commensali rimasero sbalorditi da un raffinato piatto: il biancomangiare. Ritratto (presunto) di Ercole II d’Este, duca di Ferrara, dipinto di autore anonimo. XVI sec. Azay-le-Rideau, Castello. 26

CUCINA MEDIEVALE


Gennaio

Miniatura raffigurante una scena di banchetto, da un’edizione del De Universo di Rabano Mauro (780/784-856). 1023. Montecassino, Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Montecassino.

BIANCOMANGIARE

La Biblioteca Universitaria di Bologna conserva un manoscritto risalente alla fine del XIV o agli inizi del XV secolo, noto come il Libro della cocina, attribuito a un autore anonimo toscano, nel quale compare la ricetta De’ blanmangieri.

814, 28 gennaio Carlo Magno muore ad Aquisgrana, sua città natale Nato il 2 aprile 742, Carlo Magno era il figlio primogenito di Pipino il Breve, re dei Franchi, e di Bertrada. Nella notte di Natale dell’800, papa Leone III, in S. Pietro, lo consacrò imperatore del Sacro Romano Impero. Secondo quanto riportato dal suo biografo Eginardo, nella cena quotidiana dell’imperatore, non mancavano mai la selvaggina, che i servitori infilzavano sugli spiedi, e gli arrosti, che mangiava «piú volentieri di ogni altra cosa». Nel Medioevo la tavola imbandita era anche lo specchio dei rapporti di potere della società e i gesti potevano significare «guerra» o «pace».

COSTATA DI MANZO ARROSTO

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Togli petti di galline, cotti; e posti sopra una taola falli sfilare piú sottili che puoi. Intanto lava il riso e sciugalo, e fanne farina e cernila con setaccio o stamigna; poi distempera la detta farina del riso con latte di capra o di pecora o d’amandole; e metti a bollire in una pentola ben lavata e netta; e quando comincia a bollire mettivi dentro i detti petti sfilati, con zuccaro bianco e lardo bianco fritto; e guardalo dal fumo, e fallo bullire temperatamente senza impeto di fuoco, sí che sia ispesso, come suole essere il riso. E quando ti menestrarai, mettivi suso zuccaro trito o pesto, e lardo fritto. Se tu vuoli, puoilo fare col riso intero da per sé, apparicchiato e ordinato col latte di capra, a modo oltramontano; e, quando tu il dai, mettivi su amandole soffritte nel lardo, e zenzovo bianco tagliato».

Durante un banchetto offerto da Carlo Magno – che comprende carne di cervo, orso e bue selvatico –, Adelchi (figlio del longobardo Desiderio, il re sconfitto da Carlo Magno) si fa portare le ossa tolte dalle mense degli altri commensali, le spezza mangiandone il midollo, linfa di vita, «come un leone affamato che divora la preda», e le butta poi sotto la tavola: secondo le tradizioni germaniche, il gesto rappresenta una maledizione terribile e, allo stesso tempo, un messaggio di sfida di un guerriero a un re, entrambi uomini forti, che facevano ricorso al medesimo linguaggio simbolico. Nel Tractatus de modo preparandi et condiendi omnia cibaria, conservato a Parigi (Biblioteca nazionale, Ms. Lat. 7131), risalente al XIV secolo, si suggerisce di arrostire allo spiedo la costata di manzo e servirla con pepe bollito.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE 2 cucchiai di pepe nero in grani frantumati nel pestello, fatti poi bollire in 15 cl d’acqua per qualche minuto con aggiunta di poco sale.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Gennaio

1595, 30 gennaio Prima rappresentazione del Romeo e Giulietta di William Shakespeare L’opera venne allestita a Londra dalla Lord Chamberlain’s Men, la compagnia di teatro di cui faceva parte lo stesso Shakespeare, che, per questa tragedia, trasse ispirazione dal testo The Tragicall Historye of Romeus and Juliet, scritto da Arthur Brooke nel 1562. Probabilmente, il grande drammaturgo inglese non visitò mai Verona, ma nella città che fa da sfondo al tragico amore tra Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti c’è un piatto che la tradizione fa risalire a un’altra vicenda amorosa di età medievale, quella di Malco, capitano delle guardie di Giangaleazzo Visconti, e della ninfa Silvia.

Da mangiare con... passione NODI D’AMORE (O TORTELLINI DI VALEGGIO) ✓ INGREDIENTI per 6 persone: 700 g di farina; 200 g di carne di maiale; 200 g di carne di manzo, 200 g di carne di pollo, 100 g di parmigiano, 100 g di prosciutto crudo, 50 g di pane grattato, 4 uova, 2 cucchiai di olio extravergine d‘oliva, 1 cipolla, acqua, sale, pepe, rosmarino, noce moscata.

✓ PREPARAZIONE preparare il ripieno per i tortellini facendo cuocere a pezzetti le carni di manzo, maiale, pollo, con la cipolla tritata, l’olio d’oliva, il sale, il pepe, il rosmarino e la noce moscata. Lasciare raffreddare e poi passare tutto nel frullatore con il prosciutto crudo, parmigiano, pane grattato e tuorlo d’uovo. Con l’impasto ottenuto formare una palla consistente e farla riposare in frigorifero. Preparare sfoglia all’uovo lavorando insieme le uova alla farina, aggiungendo un pizzico di sale e mezzo bicchiere d’acqua. La sfoglia dovrà essere particolarmente sottile; ripartirla con la rondella in quadrati di circa 4-5 cm per lato. Al centro di ogni quadrato mettere una presa di impasto precedentemente preparata e «incartare» i tortellini. Si dovrà piegare prima il quadratino di sfoglia su una diagonale facendo attenzione che la pasta si chiuda sui bordi, quindi unire gli estremi del triangolo per congiungerli mediante spinzatura. Porre i tortelli su un supporto aerato, dove dovranno riposare finché la pasta, asciugandosi, non sarà piú adesiva. Cuocere in brodo oppure asciutti al burro e salvia.

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CUCINA MEDIEVALE

311, 31 gennaio Morte di santa Savina Della famiglia dei Valeri, sposa di un patrizio lodigiano, Savina – rimasta presto vedova – dedicò la sua vita ad aiutare i cristiani perseguitati da Diocleziano, seppellendo nella propria casa i corpi di Nabore e Felice. In seguito, diede loro una nuova sepoltura nella cappella di famiglia. La tradizione vuole che durante il trasporto dei corpi, che la donna aveva nascosto in una botte, al controllo delle guardie il contenuto si fosse miracolosamente trasformato in miele: il luogo del prodigio prese cosí il nome di Melegnano.

BUSECHINA DI SANTA SAVINA

Nel giorno di santa Savina nel Bresciano, nel Mantovano e nel Bergamasco è tradizione mangiare un piatto dolce a base di castagne, la busechina (la buseca, in milanese, è la zuppa di trippa: il dolce di castagne lo ricorda nell’aspetto).

✓ INGREDIENTI 1 kg di castagne secche, acqua q.b., vino q.b., sale.

✓ PREPARAZIONE ammorbidire le castagne tenendole in acqua fredda per 24 ore e rimuovere le pellicine, poi mettere le castagne in una pentola coprendole con acqua salata e vino bianco, cuocere a fuoco lento fino a che, asciugato quasi completamente il liquido di cottura, non siano divenute tenerissime. Servire le castagne calde o tiepide con latte freddo, che potrà essere arricchito con panna.


Febbraio

Febbraio: due contadini vangano e concimano il terreno, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

962, 2 febbraio Ottone I viene consacrato imperatore a Roma da papa Giovanni XII Figlio di Enrico I re di Germania, Ottone I (912-973) successe al padre il 2 luglio 936 facendosi incoronare ad Aquisgrana e riportando cosí in auge la tradizione e la grandezza dei Carolingi. Fu acclamato «il Grande» dal suo esercito dopo la vittoria sugli Ungari a Lechfeld (10 agosto 955).

A destra miniatura raffigurante un ritratto idealizzato dell’imperatore Ottone I, dal Liber Chronicarum di Hartmann Schedel. 1493.

SPALLA DI MONTONE ARROSTO

Come già sottolineato piú volte, la carne era una presenza costante sulle tavole dei sovrani germanici e possiamo perciò immaginare che una pietanza come questa abbia fatto parte del banchetto organizzato per celebrare l’incoronazione di Ottone I.

A sinistra particolare di una miniatura in cui si vede un girarrosto, da un’edizione del Tacuinum Sanitatis. Fine del XIV sec. CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Febbraio

✓ INGREDIENTI 1 spalla di montone di circa 1,5 kg; 150 g

✓ INGREDIENTI 300 g di mandorle dolci sgusciate;

di pancetta molto grassa; sale. ✓ PREPARAZIONE tagliare la pancetta a dadini e lardellare la spalla che in precedenza è stata posta in una leccarda. Salare e arrostire allo spiedo. Servire con la salsa verde. Recuperare il sugo dalla leccarda e aggiungerlo alla salsa verde. Ingredienti per la salsa: 40-50 g circa di pane di campagna raffermo, 5 cucchiai di prezzemolo tritato fine, 2 foglie di salvia fresca tritata fine, 1 pizzico di pepe macinato, 1 pizzico di chiodi di garofano in polvere, 1 pizzico di noce moscata grattugiata, ¼ di cucchiaino di cannella e di zenzero in polvere, 3 cucchiai di aceto di vino, 2 spicchi di aglio (facoltativi), 10 cl di acqua, sale. Preparazione: mettere il pane a bagno nell’acqua. Quando si è gonfiato bene, schiacciarlo con una forchetta. Aggiungere le erbe, le spezie, l’aglio pestato e schiacciare con un pestello, fino a ottenere un vero purè. Stemperare con l’aceto, aggiungere il sale. Passare al setaccio e servire con la carne arrosto.

300 g di zucchero; 1 cucchiaio di rum; 1 fialetta di colorante verde; acqua. ✓ PREPARAZIONE triturare le mandorle e 100 g di zucchero fino a ottenere una farina omogenea. Sciogliere in un pentolino 200 g di zucchero con poca acqua, a fiamma dolce, fino a renderlo liquido, facendo attenzione a non caramellarlo. Unire allo zucchero liquido la farina di mandorle, il rum e il colorante. Amalgamare il tutto fino a ottenere un composto omogeneo, con il quale formare le «olivette», da cospargere con lo zucchero. Lasciare riposare in luogo asciutto prima di servire.

251, 5 febbraio Martirio di sant’Agata a Catania Nata a Catania intorno al 235, da una famiglia nobile di fede cristiana, a 15 anni si consacrò al Signore: durante la «velatio», la cerimonia di consacrazione, il vescovo della città le consegnò il «flammeum», un velo rosso portato dalle vergini consacrate, divenuto ben presto una reliquia, capace anche di arginare le terribili colate di lava etnea. Fu sottoposta a un terribile e prolungato martirio per volere di Quinziano, proconsole di Catania, il quale, invaghitosi della fanciulla, tentò invano di possederla.

OLIVETTE DI SANT’AGATA

Vengono cosí chiamati i tipici dolci di pasta di mandorla, di forma caratteristica e colore verde, ricoperti di zucchero o di cioccolato, che si preparano in occasione della festa della santa e sono legati alla leggenda del suo martirio. Secondo la tradizione, infatti, Agata, inseguita dagli uomini del proconsole Quinziano, si sarebbe fermata a riposare un istante e mentre si chinava per allacciare un calzare, sarebbe improvvisamente comparso un olivo, all'ombra del quale la giovane poté ripararsi, cibandosi dei suoi frutti.

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CUCINA MEDIEVALE

1258, 10 febbraio I Mongoli conquistano Baghdad La città, capitale del vasto califfato sin dalla salita al potere della dinastia abbaside, intorno al 750 d.C., si sottomette a Hulagu Khan e al suo esercito di almeno 145 000 uomini, tra Mongoli, Tatari, Turchi, Persiani e alleati dei regni cristiani. Seguirono lo sterminio degli abitanti e la distruzione della città: fonti arabe parlano di circa due milioni di morti. Il conseguente spopolamento della regione impedí il ripristino delle condizioni necessarie alla lavorazione della terra, dando avvio al progressivo inaridimento dell’area.


Tratta dal Kitab al-Tabikh di al-Baghdadi, la ricetta può ben aver fatto parte dei pranzi consumati dall’ultimo califfo abbaside, messo a morte dai Mongoli, all’indomani della presa di Baghdad.

✓ INGREDIENTI fegati di capretto o di agnello; olio; pasta fresca in sfoglie; ruta; timo; murri (si può sostituire con colatura di alici); sale; sedano; olio. ✓ PREPARAZIONE far bollire i fegatini con le reti in acqua, timo e olio senza farli cuocere del tutto. Tagliare la sfoglia di pasta a pezzetti; riempire la pasta con i fegatini, il murri, la ruta e il timo facendo dei fagottini, ammorbidirli con olio e cuocere in forno.

1490, 12 febbraio Isabella d’Este sposa Francesco II Gonzaga Figlia di Ercole I d’Este, duca di Ferrara, e di Eleonora d’Aragona, Isabella fu una delle personalità di spicco del Rinascimento italiano e un’appassionata cultrice delle arti, tanto da meritarsi il titolo di «decima Musa» (cosí la chiama Mario Equicola, suo precettore). Nel Palazzo Ducale di Mantova, fece costruire uno studiolo, per raccogliere la sua collezione di tele, sculture, gemme e libri di inestimabile valore, oggi smembrata tra collezioni pubbliche e private.

In basso, sulle due pagine acquarelli raffiguranti la presa di Baghdad da parte dei Mongoli, nel 1258, da un’edizione del Jami al-Tawarikh (Compendio delle storie) dello storico e uomo di scienza persiano Rashid ad-Din Fadl Allah (1247-1318). Primo quarto del XIV sec. Berlino, Staatsbibliothek, Orientabteilung.

In alto testone (moneta d’argento) con l’effigie di Francesco II Gonzaga. XV-XVI sec. Padova, Museo Bottacin. Qui sopra ritratto di Isabella d’Este (particolare), carboncino, sanguigna e pastello su carta di Leonardo da Vinci. 1499-1500. Parigi, Museo del Louvre. CUCINA MEDIEVALE

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Febbraio

FAGOTTINI ALLA MANIERA DEL CALIFFO AL-MUSTASIM


RICETTARIO

Febbraio

TORTA DELLE ROSE

Ideato in occasione delle nozze di Isabella d’Este, questo dolce era particolarmente apprezzato dalla marchesa.

✓ INGREDIENTI 500 g di farina 00; 8 g di lievito di birra in polvere; 100 g di zucchero; una bustina di vanillina; un cucchiaino di sale; scorza e gocce di un limone grattugiato; 2 uova; 80 g di burro; 125/150 ml di latte tiepido a 37/40 °C. Per la farcitura: 100 g di burro; 100 g di zucchero. ✓ PREPARAZIONE sbattere in una terrina delle uova con zucchero, finché non saranno spumose. Unire al composto il burro liquefatto, il lievito sciolto nel latte tiepido, lo zucchero, la vanillina e poche gocce di limone. In un’altra terrina, preparare la farcitura lavorando burro morbido con zucchero. Dividere l’impasto in diverse parti e con il matterello farne dei dischetti che verranno spalmati con la farcitura e richiusi come fossero dei cannelloni. Dare poi la forma di rosa avvolgendo ciascun dischetto a spirale. In una teglia tonda imburrata, disporre una rosa al centro e le altre intorno. Passare in forno ben caldo.

271, 14 febbraio Martirio di san Valentino La vittima del martirio viene tradizionalmente identificata con il vescovo di Terni, fatto decapitare a Roma sotto l’imperatore Aureliano (altre fonti associano l’evento a un prete romano, messo anch’egli a morte per decapitazione qualche anno prima). Il corpo di Valentino fu trasportato a Terni e sul luogo della sua sepoltura sorse una basilica. Nel V secolo d.C., papa Gelasio soppresse il culto pagano dei Lupercalia, che si celebravano il 15 febbraio, con riti legati anche alla fertilità: il «tema» della fecondità fu allora proiettato sulla figura di san Valentino, ritenuto capace di proteggere le coppie di promessi sposi (alle quali – secondo una leggenda – era solito regalare delle rose) e di favorire un’ unione allietata dai figli.

MISCUGLIO DI VENERE

Nei ricettari medievali si trovano riferimenti a cibi «afrodisiaci» che sfruttano le proprietà vasodilatatrici delle spezie utilizzate per insaporire le pietanze, anche per favorire le prestazioni sessuali! 32

CUCINA MEDIEVALE

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Toy de pevere onza una e una de cinamo e una de zenzevro e mezo quarto de garofali e un quarto de zafferano.»


PANE D’ORZO

Il «miracolo» di Gutenberg può essere paragonato alla moltiplicazione dei pani, d’orzo, e dei pesci (narrata nel Vangelo di Giovanni, 6, 5-13), che diede modo di sfamare le cinquemila persone accorse ad ascoltare la parola del Signore.

✓ INGREDIENTI 200 g di farina d’orzo; 50 ml di olio extravergine d’oliva; acqua; sale.

✓ PREPARAZIONE impastare la farina con l’olio, aggiungendo un paio di cucchiai di acqua tiepida. Eventualmente aumentare la quantità di olio perché l’impasto deve risultare abbastanza oleoso. Stendere l’impasto su una superficie infarinata e cuocere il disco a 200°C.

1266, 26 febbraio Nella battaglia di Benevento muore Manfredi, ultimo sovrano svevo del regno di Sicilia Figlio naturale dell’imperatore Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, colpito dalla scomunica del papa, Manfredi muore nel tentativo di opporsi alle mire espansionistiche di Carlo d’Angiò. Dante lo riscatta assegnandogli, nel Purgatorio, la cornice dedicata ai buoni cristiani morti senza aver avuto il tempo di pentirsi.

TORTA MANFREDA

Anche questa ricetta compare nel già citato Libro per cuoco della Biblioteca Casanatense, attribuibile a un autore anonimo veneziano del XIV-XV secolo (Torta manfreda bona e vantagiata).

1455, 23 febbraio A Magonza, Johann Gutenberg pubblica il primo libro a stampa della storia, la Bibbia Per la stampa dei 180 esemplari previsti, Gutenberg impiegò 3 anni, lo stesso tempo che avrebbe impiegato un amanuense per trascriverne una sola copia.

✓ INGREDIENTI pasta brisée; 250 g di fegatini di pollo; 250 g di ventrigli di pollo; 250 g di pancetta fresca di maiale; 2 noci di strutto; 4 uova; pepe macinato; 200 g di farina; 100 g di burro; sale; acqua. ✓ PREPARAZIONE tritare i fegatini, i ventrigli di pollo e la pancetta di maiale; poi salare e pepare, quindi rosolare la carne nello strutto. Lasciare raffreddare e quando è fredda, incorporare le uova una alla volta. Foderare uno stampo con la pasta brisée, versare il ripieno, e coprirlo con altra pasta. Cuocere in forno caldo per circa un’ora. Servire calda o fredda.

CUCINA MEDIEVALE

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Febbraio

A sinistra miniatura raffigurante la moltiplicazione dei pani e dei pesci, da un antifonario. XVI sec. La Valletta, concattedrale di S. Giovanni Battista. A destra miniatura raffigurante la battaglia di Benevento, che vide opporsi, nel 1266, Carlo I d’Angiò e Manfredi, re di Sicilia, da un’edizione illustrata della Nuova cronica di Giovanni Villani redatta tra il 1350 e il 1375. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana.


Marzo

Marzo: la potatura della vite, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

493, 5 marzo Ravenna si arrende a Teodorico Capitale dell’impero romano d’Occidente sin dal 402, la splendida città di Ravenna viene conquistata, dopo un lungo assedio, dal re degli Ostrogoti, Teodorico (454-526). Durante il suo regno, furono costruiti il Battistero degli Ariani e la chiesa palatina di S. Apollinare Nuovo, oltre al Palazzo e al Mausoleo del re. Nel 540 Ravenna venne riconquistata dall’imperatore d’Oriente, Giustiniano, che proseguí l’opera di abbellimento della città con la decorazione musiva di S. Vitale e altri magnifici edifici.

RISO ALLA GRECA

Una ricetta, tratta dal ricettario tedesco Ein Buch von guter Spise, del 1350, riporta un piatto tipico della cucina bizantina.

✓ INGREDIENTI riso; grasso (olio o lardo); sale. ✓ PREPARAZIONE «Prendete il riso e bollitelo in acqua e sale fino a metà cottura. Quindi scolate l’acqua e cuocete il riso nel grasso e toglietelo dal grasso e servitelo immediatamente».

Ravenna, basilica di S. Apollinare in Classe. Mosaico dell’arco trionfale raffigurante l’Arcangelo Michele. VI sec. 34

CUCINA MEDIEVALE


Dante Alighieri in esilio, olio su tela di Domenico Peterlini. 1860 circa. Firenze, Palazzo Pitti. Il poeta fu accusato dai Guelfi neri, suoi nemici, di irregolarità amministrative nel periodo in cui era stato priore a Firenze e per questo fu condannato ad abbandonare la città.

1302, 10 marzo Dante Alighieri viene condannato all’esilio Nella Firenze del XIII secolo divisa dalle dispute tra la fazione dei Neri (piú vicini al Papato) e quella dei Bianchi (piú vicini all’Impero), Dante Alighieri, che appoggia la seconda, viene accusato di baratteria, di interessi privati nell’esercizio delle funzioni pubbliche durante il periodo in cui era priore, e di avere ostacolato il volere del papa Bonifacio VIII. Una prima sentenza gli commina il pagamento di una multa, il confino e l’esclusione dai pubblici uffici, ma, non essendosi presentato, due mesi dopo ne viene decretato l’esilio perpetuo, con condanna a morte se il poeta fosse entrato nel territorio comunale. Dante, che si trova a Roma, non rientrò piú a Firenze. Il duro esilio lo portò a maturare le convinzioni politiche e religiose di cui è intessuta la Divina Commedia.

RICETTA CON I CAVOLI

Il Libro della cocina dell’Anonimo toscano, propone varie ricette con i cavoli, spesso arricchite con carne, a cui si possono aggiungere uova, per ottenere piatti piú sostanziosi e compatti.

✓ INGREDIENTI cavoli; carne di maiale o di agnello; finocchio; petrosello; uova; pepe; zafferano; polvere di spezie (non specificate). ✓ PREPARAZIONE «Togli i cauli (cavoli) e poni a cocere con carne di castrone, o di porco, o carne insalata; e mettivi dentro del bianco del finocchio e del petrosello, e mesta forte. Poi cavatane la carne, mesta i detti cauli, sí che sieno bene triti. E dentro puoi mettervi ova dibattute, pepe, zaffarano, polvere di spezie».

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

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CUCINA MEDIEVALE

Marzo


624, 17 marzo Maometto consegue la sua prima vittoria nella battaglia di Badr (presso Medina) Il fondatore dell’Islam, nato intorno al 570 a Mecca, cominciò ad avere le prime rivelazioni intorno ai 40 anni e nel 622 emigrò a Medina. Maometto dovette allora fronteggiare l’ostilità della sua città natale, che vincerà nella battaglia di Badr e che, nel 630, accetterà definitivamente l’Islam.

PUREA DI CECI ALLA CANNELLA E ALLO ZENZERO

Marzo

Nella pagina accanto particolare di una miniatura raffigurante la battaglia di Badr (624), nella quale le forze di Maometto, seppur inferiori numericamente, riportarono una storica vittoria sui Meccani. Scuola turca, XVIII sec. Berlino, Staatsbibliothek.

Fave per il santo falegname MACCO DI SAN GIUSEPPE ✓ INGREDIENTI 2 kg di fave fresche; 1 mazzetto di finocchietto selvatico; una cipolla piccola; 300 g di taglierine. ✓ PREPARAZIONE dorare in tegame di coccio la cipolla tritata con olio; aggiungere le fave sgusciate e il finocchietto tagliuzzato. Allungare con acqua e cuocere a fuoco lento per circa 2 ore, ammaccando sempre col mestolo in legno affinché le fave si sfarinino. A fine cottura aggiungere alle fave la pasta sminuzzata, aggiungere se necessario un altro po’ d’acqua, e condire con sale, pepe e olio crudo. Servire la minestra tiepida o fredda.

Tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, ricettario arabo databile al XIII secolo.

✓ INGREDIENTI ceci; aceto di vino; limoni; cannella; pepe; zenzero; prezzemolo; menta; ruta; olio.

✓ PREPARAZIONE cuocere i ceci in acqua, poi pestarli nel mortaio fino a ridurli una purea; mescolare con aceto, succo di limoni, cannella, pepe, zenzero, prezzemolo, menta e ruta tritate, aggiungendo olio. Si può servire anche con olive condite.

19 marzo Festa di san Giuseppe Dopo l’episodio di Gesú tra i Dottori al Tempio (Luca 2,4150), Giuseppe non viene piú citato nei Vangeli, forse perché muore in coincidenza della maturità di Gesú, avendo dunque terminato il suo ruolo di padre putativo. Secondo i Vangeli apocrifi, invece, Giuseppe muore a 111 anni per malattia. Nel 1479, papa Sisto IV inserí la festività nel calendario romano, in coincidenza della presunta data della sua morte. La cucina siciliana onora san Giuseppe con un piatto a base di fave (vedi box qui accanto). CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Burano, chiesa di S. Martino. Sposalizio di Maria, olio su tela attribuito a Giovanni Mansueti. XV sec. In alcune zone della Sicilia, un’antica pietanza a base di fave viene preparata in onore del padre putativo di Gesú nel giorno della sua ricorrenza, il 19 marzo.

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Marzo


Marzo CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Marzo

Qui sotto particolare di una veduta di Venezia. XVIII sec. Venezia. Museo Correr. Sono ben riconoscibili, fra gli altri, il Canal Grande e, sulla destra, il Ponte di Rialto.

421, 24 marzo Consacrazione della chiesa di S. Giacometo Secondo la tradizione riportata da Martino da Canal, forse scrivano presso la Tavola da Mar (la dogana marittima), nel suo Les estoires de Venise, scritte tra il 1267 e il 1275, gli abitanti della Riva Alta (oggi Rialto), avrebbero in quel giorno consacrato la chiesa, posta sulle rive del Canal Grande: l’evento avrebbe segnato la nascita di Venezia.

SALSA CAMELINA

Il Libro per cuoco della Biblioteca Casanatense, attribuibile a un Anonimo veneziano del XIV-XV secolo riporta la ricetta di questa salsa camelina (Savore camelino optimo), che accompagnava le carni bollite o arrosto tipiche delle tavole medievali, qui rielaborata.

✓ INGREDIENTI 70 g di mandorle spellate; 40 g di uva passa; 40 g di mollica di pane raffermo; 30 cl di agresto (oppure 20 cl di aceto di mele diluito in 10 cl di acqua); 1 cucchiaio di cannella in polvere; ¼ di cucchiaino di chiodi di garofano in polvere; sale. ✓ PREPARAZIONE lavare e mettere a bagno per circa un’ora l’uva passa. Frullare le mandorle e stemperarle in un po’ di acqua. Filtrare la miscela cosí ottenuta. Frullare l’uva passa insieme alle spezie e alla mollica di pane già bagnata in poca acqua. Mescolare il composto di mandorle all’acqua e all’uvetta e aggiungere l’agresto. Amalgamare, aggiungere il sale. La salsa deve risultare piuttosto fluida e di colore biondo vivo.

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1285, 28 marzo Morte di papa Martino IV Al secolo Simone di Brion, era noto per la sua golosità, tanto da essere ricordato da Dante nel XXIV canto del Purgatorio, collocato nel VI girone, quello dei golosi, per la sua passione per le anguille, da lui consumate arrostite dopo averle fatte affogare nella Vernaccia: «...ebbe la Santa Chiesa e le sue braccia: dal Torso fu (era stato infatti canonico della chiesa di Saint Martin a Tours), e purga per digiuno l’anguille di Bolsena e la Vernaccia». La golosità di Martino IV era oggetto di satira, tanto che alla sua morte fu composto un epitaffio, nel quale a gioire della sua morte sarebbero state proprio le anguille «Gaudent anguillae, quia mortuus est hic iacet ille, qui quasi morte reas escoriabat eas».


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ANGUILLA DEL LAGO DI BOLSENA ALLA VERNACCIA

Affogare (o marinare) le anguille e le lamprede nella Vernaccia o in altro vino, era un tipo di preparazione indicata dalle norme dietetiche; tali pesci erano infatti considerati di natura fredda e umida, pertanto il vino, caldo e secco, penetrando in tutto il corpo, avrebbe portato beneficio.

✓ INGREDIENTI anguille; Vernaccia di San Gimignano;

1492, 31 marzo Decreto dell’Alhambra, che ordina l’espulsione degli Ebrei dalla Spagna Il 31 marzo del 1492, i re cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona firmarono a Granada il decreto di espulsione degli Ebrei dalla Spagna, indicando come motivazione il danno che causavano a convertiti e cristiani, anche alla luce dell’inefficacia delle precedenti misure adottate, quali l’isolamento in determinati quartieri e l’istituzione del tribunale dell’Inquisizione.

limone; aglio; alloro; rosmarino; sale; pepe.

✓ PREPARAZIONE dopo aver raschiato la pelle, pulire l’anguilla e tagliarla a pezzi, mettendoli a marinare nel vino con aglio, pepe, alloro e rosmarino. Lasciare marinare per una notte, poi scolare e insaporire con olio, sale e limone; arrostire mettendo i pezzi su uno spiedo alternati a foglie d’alloro.

SPIEDINI DI AGNELLO

Nella Pasqua ebraica, l’agnello, simbolo di innocenza e mitezza, viene immolato per la salvezza dalla schiavitú e dalla morte del popolo di Abramo.

✓ INGREDIENTI 800 g di spalla di agnello; 4 cipolle piccole; In alto miniatura raffigurante un uomo e una donna che compiono i riti previsti dalla Pasqua ebraica, dal manoscritto noto come Rothschild Miscellany. XV sec. Gerusalemme, Israel Museum. Nella pagina accanto I Golosi affamati sotto l’albero dei frutti, incisione di Francesco Fontebasso per il XXIV canto del Purgatorio in un’edizione settecentesca della Divina Commedia curata da Antonio Zatta. Dante colloca nel Purgatorio papa Martino IV, descritto dalle cronache come ghiotto di pietanze a base di anguille.

4 spicchi di aglio; 12 foglie di salvia; 150 ml di olio extravergine di oliva; sale. ✓ PREPARAZIONE disossare la spalla dell’agnello e tagliare la carne a cubetti. Tagliare le cipolle a spicchi e alternarla sugli spiedini alla carne e alle foglie di salvia. Marinare per 2 ore nell’olio condito con l’aglio. Cuocere sulla brace non troppo viva, salare e servire.

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Primavera La cucina ebraica

Fortemente intrise dei precetti dettati dalle Sacre Scritture, le tradizioni gastronomiche del popolo d’Israele furono uno degli elementi caratterizzanti della cucina medievale e hanno lasciato un’eredità ancora oggi vivissima In alto Natura morta con carciofo (particolare), olio su tela di Hippolyte Chaignet (1820-1865). Digione, Musée des beaux-arts. L’ortaggio, di cui sono commestibili la base dell’infiorescenza e le brattee carnose che l’avvolgono, è usato in molti piatti tipici della tradizione ebraica. Nella pagina accanto Primavera, olio su tela di Giuseppe Arcimboldo. 1573. Parigi, Museo del Louvre. Il dipinto fa parte della serie delle Quattro stagioni commissionata all’artista da Massimiliano II d’Asburgo, che aveva ricevuto un insieme analogo, nel 1569, dal pittore stesso. 42

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ALMANACCO

Primavera

I

l rituale dell’attesa, che ritroviamo nella cucina ebraica, ben si addice alla primavera, stagione che segna il ciclico ritorno della vita. L’alimentazione degli Ebrei, popolo profondamente religioso e la cui presenza segna anche la tavola medievale, è rigidamente regolata dalle leggi di Mosè, derivate dalle rivelazioni ricevute da Jahvè nel Sinai e riportate nel terzo e nel quinto Libro della Torah (la Bibbia ebraica) e del cristiano Antico Testamento, il Levitico e il Deuteronomio. Secondo queste prescrizioni, occorre osservare una distinzione netta tra animali «mondi» e «immondi», che dunque sono da scartare. Tra gli animali che vivono sulla terra, si possono mangiare solo quelli ruminanti con l’unghia fessa (cioè bipartita) e il piede forcuto (Levitico XI, 1-31; Deuteronomio, XIV, 1-21); tra i pesci, quelli forniti di pinne e di squame. Il criterio, dunque, riguarda principalmente gli organi della locomozione (le zampe e le pinne). Sono pertanto considerati proibiti gli animali terrestri che strisciano, come i rettili, e quelli marini che vivono sul fondo o sugli scogli, come i mitili, i molluschi e i crostacei (eccezionalmente, è ammessa l’aragosta).

Vietate le specie «ibride» e carnivore

Un altro criterio di distinzione è il carattere «ibrido» di alcuni animali, che pertanto sono considerati anch’essi immondi; cosí i cetacei, che non hanno squame, gli uccelli acquatici – come gabbiani, cormorani, cicogne, pellicani, aironi o struzzi –, e gli animali che vivono sottoterra, come talpe o topi. Anche tra gli animali provvisti di zampe vi sono però specie considerate immonde, per esempio i

A sinistra una cesta di melograni, tipici frutti primaverili diffusi, fin dall’antichità, nell’intera area del Mediterraneo e in Asia. Gli Ebrei li consumavano in occasione della ricorrenza del proprio Capodanno, Rosh ha-shanah, il primo giorno della luna di settembre. 44

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In alto il Mizrah, rullo nel quale sono raffigurate le principali feste religiose ebraiche, in occasione delle quali era previsto il consumo di altrettante pietanze specifiche: Shavu’ot (Pentecoste),

Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione), Pesach (Pasqua), Rosh ha-shanah (Capodanno), Chanukkah (Festa delle luci). Manoscritto tedesco del XVIII secolo. Gerusalemme, Israel Museum. CUCINA MEDIEVALE

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Primavera A sinistra stoviglie da cucina in ceramica trovate in occasione di scavi condotti nell’area del mercato di frutta e verdura attivo in età medievale nel quartiere ebraico di Norimberga. XII-XIV sec. Norimberga, Germanisches Nationalmuseum. La tradizione alimentare ebraica non è connessa solo alle feste religiose, ma anche ad eventi particolarmente significativi che si verificano nel corso della vita di una comunità, come la nascita di un figlio, i matrimoni e i lutti.

cammelli, i cavalli, le lepri e, soprattutto, i maiali. Il divieto si applica, inoltre, a tutti gli animali che si nutrono di carne, quindi, tra gli uccelli, anche vari rapaci (nibbio, aquila, falco e corvo). Per quanto riguarda il consumo di carne, è proibito mescolarla con il latte. Come si legge in Esodo (XXIII, 19 e XXXIV, 26) e in Deuteronomio (XIV, 21) «non cuocerai un capretto nel latte di sua madre». Tale divieto si applica a qualsiasi specie animale e da esso deriva anche che, nello stesso pasto, non si possono mangiare sia la carne, sia il latte insieme ai suoi derivati, come il formaggio. Il vino è permesso, ma deve essere preparato esclusivamente da vinai ebrei; sulle tavole poteva essere servita anche una bevanda rinfrescante a base di semi di melone, chiamata pepitada o soubiya, diffusa in particolare fra le comunità ebraiche di Grecia e Turchia.

Un menu per ogni ricorrenza

Le feste del calendario liturgico prevedono il consumo di cibi particolari. Durante lo shabbat (sabato), giorno in cui si ricorda il riposo del Signore dopo aver creato l’uomo (equivalente al riposo domenicale dei cristiani), erano proibite varie attività, tra le quali cuocere cibi, macellare animali e mettere la carne sotto sale, impastare farina e accendere il fuoco. Pertanto occorreva 46

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preparare da mangiare il giorno prima. Dopo aver cambiato le stoviglie e acceso la menorah – il candelabro a sette braccia – e dopo aver steso una tovaglia bianca sulla tavola, si mangiava il piatto principale dello shabbat, cioè lo hamin, una zuppa con uova sode, ceci e carne, a cui si aggiungevano cavolo o altri ortaggi. Nel periodo di Rosh ha-shanah (Capodanno), il primo giorno della luna di settembre, si mangiavano mele intinte nel miele insieme a datteri, melograni, ceci tostati, porri e altre verdure simbolo di fertilità. Lo Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione) è il momento del digiuno, della penitenza e della riconciliazione del popolo ebraico con Dio. Cade generalmente nel mese di settembre e coincide con il periodo della vendemmia. Nella cena della vigilia, che avviene prima del tramonto dopo una minuziosa preparazione rituale, si consuma un pasto leggero, a base di pollame, evitando spezie e bevande alcoliche. La cena che rompe il digiuno, dopo la comparsa delle stelle, è a base di carne, ma si può mangiare anche il pesce, come il tonno stufato o il nasello con le melanzane; si consumano anche uova e frutta (uva, fichi, mandorle). Un altro momento importante è la Pasqua – Pesach –, che cade generalmente tra marzo e aprile. In occasione di questa ricorrenza, che preve-

Nella pagina accanto pagina miniata in cui compaiono vignette raffiguranti i preparativi per la Pesach, illustrazioni realizzate dal veneziano Leonardo Bellini per un’edizione in ebraico della Bibbia. 1470. Istanbul, Üniversitesi Merkez Kütüphanesi. La Pasqua ebraica celebra le sette piaghe d’Egitto e la liberazione dal faraone: cibo tipico della ricorrenza è il pane azzimo, che rievoca le gallette non lievitate portate dagli Ebrei nella traversata del Mar Rosso.


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Primavera

de otto giorni di celebrazioni, si commemorano le sette piaghe d’Egitto e la liberazione dal faraone; il cibo caratteristico è il pane azzimo, che ricorda le gallette non lievitate che gli Ebrei portarono con sé durante la traversata del Mar Rosso. Durante il banchetto pasquale si preparavano una zampa d’agnello arrostito, simbolo del sacrificio, insalata di erbe amare, che ricorda l’amarezza della schiavitú, con sedano e lattuga (rispettivamente, simboli di tristezza e di gioia), accanto a ceci, uova sode, miele, frutta e dolci. Anche le principali tappe della vita degli Ebrei sono segnate da alimenti particolari. In occasio-

ne della nascita di un figlio, soprattutto se maschio, si offrivano doni e si mangiavano galline e frittelle di riso all’olio e al miele. Durante la cerimonia delle hadas, la settima sera dopo la nascita – che per i maschi prelude alla circoncisione – i parenti e le giovani donne riunite nella stanza della puerpera mangiavano dolci, confetti e fette di pane con il miele (melados). Prima del matrimonio, si distribuivano dolci e panini al sesamo, questi ultimi con lo scopo di liberare lo sposo dal malocchio. Dopo le nozze, alla fine della settimana di festeggiamenti, alcune comunità celebravano «il giorno del pesce», durante il quale lo sposo poneva in terra un vassoio contenente appunto diverse specie ittiche, su cui la sposa doveva passare sopra per tre volte, mentre i parenti le auguravano la stessa fecondità di quegli animali.

Pesce, uova sode e acqua di fonte

Anche il lutto era segnato da cibi particolari: era rigorosamente vietata la carne e, nella prima settimana dalla morte, si mangiavano pesce, uova sode (simbolo dell’eternità), verdure, frutta, olive, e prodotti del latte. Si poteva bere soltanto acqua, presa alla fonte o in case distanti almeno sette isolati dalla dimora del defunto. Altri cibi tradizionali sono lo stufato ebraico (fricassea di carne o verdure) e le empanadillas, ancora diffusi nella cucina spagnola e porto-

In basso pergamena raffigurante la cena del Seder, rituale celebrato all’inizio della Pesach ebraica: sulla tavola si notano la Matzah (il pane azzimo) e l’agnello, simbolo del sacrificio compiuto dal popolo per liberarsi dalla schiavitú. XVI sec. Parigi, Bibliothèque nationale de France.


ghese, piccoli paté, e polpette di carne speziata cotte nel brodo o fritte nell’olio e condite con salse. Alla cucina ebraica dobbiamo inoltre il foie gras (letteralmente, «fegato grasso», è un pasticcio di fegato d’oca): una tra le carni piú diffuse tra gli Ebrei era infatti quella dell’oca, della quale si utilizzavano anche il grasso e le interiora. La presenza di comunità ebraiche in molte regioni d’Europa favorí la diffusione di questa preparazione, forse appresa dagli Egiziani, dal momento che questi ultimi già praticavano l’ingrasso dei volatili; il foie gras era apprezzato anche dai Romani, che lo chiamavano ficatum, poiché il pastone con il quale le oche venivano sovralimentate era a base di fichi.

Spezie per tutte le tasche

Fino alla metà dell’Ottocento, la cucina ebraica si rivela refrattaria ai nuovi alimenti provenienti dall’America, come il pomodoro e la patata, mentre vi abbondano le spezie, sia quelle riservate ai ricchi – pepe di Guinea, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, zenzero e zafferano (la piú costosa di tutte) –, sia quelle dei poveri come aglio, menta, malva, prezzemolo, ruta, coriandolo, maggiorana.

Ciotola in ceramica smaltata, con incisioni e pitture, utilizzata per la celebrazione della Pasqua ebraica. Manifattura persiana, XV sec. Gerusalemme, Israel Museum.

Nelle tradizioni culinarie delle comunità ebraiche italiane, si registra una netta differenza tra l’area padano-adriatica e quella mediterranea, con lo spartiacque della dorsale appenninica; e, in seno alla seconda, risulta predominante la cucina degli Ebrei di Roma. Se da una parte quella a est dell’Appennino (comprendente l’area dal Piemonte al Triveneto, dalle foci del Po fino alle Marche) è caratterizzata dall’utilizzo prevalente del grasso d’oca, la cucina ebraica «mediterranea», comprendente Roma e Napoli, la Toscana e la costa ligure fino a Genova, vede l’uso esclusivo dell’olio d’oliva per la cottura e il condimento degli alimenti, risentendo degli influssi anche delle comunità sefardite del litorale tirrenico e della Toscana. Dai documenti cinquecenteschi si evince che la cucina ebraica romana faceva largo uso anche di spezie come il pepe, i chiodi di garofano, il coriandolo, la cannella e lo zafferano. Diffuse erano le minestre di legumi, soprattutto lenticchie, e le castagne, lessate e arrosto. Ma una caratteristica di questa cucina era il considerevole consumo di verdure, come finocchi e, soprattutto, carciofi: questi ultimi preparati «alla giudia», cioè schiacciati e fritti nell’olio bollente, un piatto ancora oggi molto apprezzato. CUCINA MEDIEVALE

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Aprile

Aprile: una scampagnata, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1552, 1° aprile Nostradamus pubblica la prima edizione del Traité des Fardements et des Confitures Medico, astrologo e profeta, Nostradamus (al secolo Michel de Nostredame, 1503-1566) crebbe in una famiglia di Ebrei convertiti al cattolicesimo, frequentò la facoltà di medicina a Montpellier e si distinse nella cura degli ammalati in occasione di pestilenze. Fu astrologo di Caterina de’ Medici e medico di Carlo IX. Si rese noto per le profezie astrologiche contenute nel libro di versi Centuries et prophéties (1555), che predice l’avvenire fino al 3797.

COTOGNATA

Nel 1552, a Lione, Nostradamus diede alle stampe, in pochi esemplari riservati agli amici, la prima edizione di un Traité des Fardements et des Confitures, nel quale trovano spazio le ricette per confezionare cosmetici, profumi, e anche marmellate e confetture. Ecco la ricetta per la cotognata cosí tradotta.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Prendete dodici cotogne e fatele cuocere in forno in una pentola di cottura, o in una teglia larga e bassa, e fate che le cotogne siano ben mature e gialle: quando saranno ben arrostite al forno, tanto che saranno ben cotte, voi le toglierete dal forno, e le sbuccerete gentilmente, e poi le farete

Ritratto di Michel de Nostredame detto Nostradamus, olio su tela dell’atelier di François Marius Granet, da un originale di César Nostradamus (figlio del celebre astrologo). 1846. Versailles, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon. 50

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passare da una tela nuova e stretta, e ben stretto tanto che ne passi la maggior parte: quando vedrete che il tutto sarà ben passato, voi prenderete della polpa che è passata, e la peserete, che ce ne siano quattro libbre, voi prenderete tre libbre di zucchero messo in polvere, e lo metterete con la polpa che è passata: farete cuocere il tutto in una padella sul fuoco con dei carboni; e il fuoco sia in fondo: avrete un bastone rotondo, e tanto che cuocerà non farete che mescolarlo incessantemente per paura che non si faccia bruciato: per sapere quando sarà cotto, voi ne metterete con il bastone su un piatto di stagno e guarderete se la polpa è densa, e si ferma a goccia senza aderire al piatto, allora sarà cotto: dopo che sarà cotto, voi la metterete tutta calda in scatole o di legno o di vetro, come vi piacerà.

1077, 3 aprile Sigeardo, patriarca di Aquileia, ottiene da Enrico IV il Friuli e il titolo ducale La decisione dell’imperatore, che cosí ricompensava il patriarca per l’aiuto ricevuto durante la lotta per le investiture, segnò la nascita di un vero e proprio potere feudale, che

ebbe vita fino al 6 luglio 1751, quando Benedetto XIV soppresse il patriarcato e divise i territori tra le arcidiocesi metropolitane di Gorizia e Udine.

TORTA BIANCA

Dal 1439 al 1465, il patriarcato di Aquileia fu retto da Ludovico (o Alvise) Trevisan, ecclesiastico e uomo d’arme nato a Venezia nel 1401. A lui possiamo ricondurre il Libro de arte coquinaria, composto entro il 1440 da Maestro Martino da Como «Coquo olim del Reverendissimo Monsignor Camorlengo et Patriarcha de Aquileia». Se ne propone la Torta bianca, uno dei piatti piú riusciti del maestro, cosí rivisitata.

✓ INGREDIENTI per la crosta: 2 tuorli; 250 g di farina; 125 g di burro; 100 g di zucchero. Per il ripieno: 330 g di raveggiolo o ricotta; 6 albumi; 115 g di zucchero; 115 g di burro fuso; latte q.b.; 2 cucchiaini di zenzero; poca acqua di rose; zucchero per spolverare.

✓ PREPARAZIONE impastare velocemente una pasta frolla con gli ingredienti indicati e metterla a riposare in frigo per almeno un’ora. Montare il formaggio con gli albumi e lo zucchero, poi – una volta ben amalgamati – unire le spezie e il burro e mescolare fino a completo assorbimento. Foderare una tortiera con una sfoglia sottile. Versare il ripieno nella crosta e cuocere in forno caldo a 180°C per circa un’ora senza far colorire la parte superiore. A cottura ultimata, togliere dal forno e spolverizzare con lo zucchero bianco e l’acqua di rose.

1167, 7 aprile Giuramento di Pontida

Pagina di un’edizione manoscritta del Libro de arte coquinaria, scritto da Maestro Martino da Como, che fu cuoco del patriarca di Aquileia. XV sec.

Nel monastero di Pontida (tra Bergamo e Lecco), Cremona, Brescia, Bergamo, Mantova e i Milanesi giurano di non fare «pace, tregua o trattato con Federico imperatore»: è l’atto che sancisce la nascita del primo nucleo della Lega Lombarda, l’alleanza che unisce i Comuni della Pianura Padana in lotta contro il Barbarossa. Nel giro di pochi anni, si uniranno alla guerra numerose altre città. CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Aprile

MINESTRA DI RAPE

Possiamo immaginare che i rappresentanti dei Comuni convenuti a Pontida fossero soliti gustare anche questa zuppa, la cui ricetta figura nel Libro de arte coquinaria di Maestro Martino da Como. Un piatto povero impreziosito dalle spezie.


Aprile

A sinistra Il giuramento di Pontida, olio su tela di Giuseppe Diotti. 1836. Milano, Galleria d’Arte Moderna. In basso un cuoco intento a cucinare e assaggiare le pietanze, xilografia a colori realizzata per l’opera Küchenmeisterei, il primo libro di cucina tedesco, scritto da Peter Wagner e pubblicato a Norimberga nel 1490.

1111, 13 aprile Enrico V si fa incoronare imperatore da papa Pasquale II Figlio di Enrico IV, il penitente di Canossa, e di Berta di Savoia, Enrico (1081-1125), già incoronato re dei Romani il 6 gennaio 1099 ad Aquisgrana, riceve dalle mani del pontefice la corona del Sacro Romano Impero. Nei suoi anni di regno si scontrò violentemente con la Chiesa di Roma e con i principi tedeschi e fu costretto a sottoscrivere, il 23 settembre 1122, il Concordato di Worms.

BRODO ALLA TEDESCA

Nel Liber de coquina di Anonimo della corte angioina, figura la ricetta di un Brodio theutonico. Si tratta di un consommé con un trito di erbe aromatiche.

✓ INGREDIENTI carne di cappone o di gallina; prezzemolo; menta; maggiorana; rosmarino; zafferano; sale.

✓ PREPARAZIONE «Per fare brodo teutonico prendi capponi o galline grasse e lessa fortemente. Metti insieme prezzemolo, menta, maggiorana, rosmarino, trita con lo zafferano e allunga con loro il brodo e metti a bollire un po’»

✓ INGREDIENTI rape bianche; brodi di carne; pancetta o guanciale o lardo; zafferano; pepe; sale. ✓ PREPARAZIONE «Netta le rape e tagliale in pezzi grossi, et cocile bene in bon brodo di carne. Dapoi le passa per un cocchiaro grande forato, overo pistale, et dapoi remittila a bollire in bon brodo grasso con un pocha di carne salata, et di pepe, et di zafrano».

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RICETTARIO

Aprile

1071, 16 aprile Roberto il Guiscardo conquista Bari

1509, 21 aprile Sale al trono di Inghilterra Enrico VIII Tudor

È l’evento che segna la fine della dominazione bizantina nel Mezzogiorno d’Italia. Giunti sotto le mura della città sin dal 5 agosto del 1068, i Normanni bloccarono inizialmente il porto con un ponte fortificato, per isolare la città e impedire i rifornimenti. Furono poi respinti anche gli aiuti che l’imperatore di Costantinopoli Romano IV Diogene inviò alla città. L’ultimo catapano (governatore di una provincia) d’Italia, Stefano Paterano, decise quindi per la resa di Bari, e dunque dell’intero dominio bizantino nell’Italia meridionale. Sulle tavole di imperatori e catapani sarà stata spesso servita la carne in agrodolce di cui proponiamo qui la ricetta.

Terzo figlio di Enrico VII ed Elisabetta di York, Enrico VIII (1491-1547) succedette al padre. Uscito dalla Chiesa di Roma, nel 1534 diede vita alla Chiesa anglicana, di cui fu il primo capo. Sotto il suo regno, l’Inghilterra acquisí grande prestigio, avviandosi a diventare una delle piú salde e potenti monarchie europee.

Quel sapore «ibrido»... CARNE IN SALSA AGRODOLCE

Medico bizantino vissuto tra il V e VI secolo, Antimo scrisse il De observatione ciborum, dedicandolo a Teodorico II, re dei Franchi. Nel testo compare questa ricetta, qui rielaborata.

CONIGLIO IN SALSA

Intorno al 1390, il capo cuoco del re Riccardo II (1367-1400) compilò il ricettario intitolato The forme of cury, dal quale è tratta questa ricetta (Conyggyus in gravey), che dovette senz’altro godere di notevole fortuna.

✓ INGREDIENTI coniglio; brodo di carne; mandorle; zenzero; zucchero di canna.

✓ PREPARAZIONE «Prendete il coniglio, tagliatelo a pezzi, bolliteli e metteteli in buon brodo, con mandorle, sbiancate e triturate. Mettete insieme zucchero e zenzero in polvere, e bolliteli e stemperateli insieme; guarnire il piatto con zucchero e polvere di zenzero e servire».

711, 30 aprile Primo sbarco arabo in Spagna Sebbene le prime incursioni arabe nella penisola iberica si registrino sin dalla fine del VII secolo, il 711 è l’anno in cui ha inizio la conquista araba della Spagna. In quella primavera, infatti, l’esercito del capo berbero Tariq ibn Ziyad (forte di 12 000 uomini) attraversò lo stretto di Calpe, da questo momento detto «Jabal Tariq» (cioè il monte di Tariq, da cui Gibilterra), andando a scontrarsi con le truppe visigote. Re Roderigo fu travolto nella battaglia del Guadalete il 19 luglio dello stesso anno: è la fine del regno visigoto di Spagna e l’inizio dell’occupazione araba della penisola.

✓ INGREDIENTI carne di vitellone o di manzo; aceto; miele; vino; porri; sedano; finocchio; pepe; chiodi di garofano; sale. ✓ PREPARAZIONE mettere a lessare la carne in acqua calda; a metà cottura aggiungere aceto pari a metà dell’acqua presente, aggiungere porri, sedano, finocchio e sale. Al termine della cottura aggiungere il miele pari a metà dell’aceto utilizzato; far cuocere a fuoco lento finché il liquido non si riduce. Tritare il pepe e i chiodi di garofano, diluendoli con un po’ di vino. Aggiungere le spezie alla carne e far addensare la carne. Tagliare la carne a fette e condirla con la salsa di cottura.

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POLLO CON FRUTTA SECCA E LATTE DI MANDORLE

Tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, ricettario arabo databile al XIII secolo.

✓ INGREDIENTI uno o piú polli; olio di sesamo; latte di mandorle; zucchero; zafferano; giuggiole; uva passa; acqua di rose; pistacchi. ✓ PREPARAZIONE far cuocere il pollo in acqua; a due terzi di cottura scolarlo e rosolarlo con olio di sesamo. In un tegame cuocere insieme il latte di mandorle, lo zafferano, lo zucchero, finché non si addensa. Unire la preparazione al pollo, aggiungendo le giuggiole, l’uva passa e i pistacchi sbollentati, versandovi sopra olio di mandorle.


Aprile

A destra rotolo manoscritto contenente quasi duecento ricette redatte in inglese medio. Metà del XV sec. New York, Pierpont Morgan Library. Nella pagina accanto Natura morta con pezzi di carne, olio su tela del pittore francese Jean-Baptiste Siméon Chardin. 1730. Bordeaux, Musée de Beaux-Arts.

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Maggio

Maggio: la caccia con il falcone, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1519, 2 maggio Leonardo da Vinci muore in Francia, nel castello di Cloux (oggi Clos Lucé) Nel 1516 Leonardo era stato accolto in Francia da re Francesco I, che gli aveva messo a disposizione l’elegante residenza. Qui, nell’ottobre 1517, giunge anche il cardinale d’Aragona dal quale si apprende che il maestro ha con sé una «infinità di volumi e tutti in lingua volgare», e tre dipinti: un ritratto (Monna Lisa), la Sant’Anna e un San Giovanni Battista (oggi al Louvre). Nel castello, Leonardo prosegue i suoi studi scientifici, annotando le sue osservazioni e i suoi ragionamenti: alcune pagine fanno parte del cosiddetto Codice Arundel, oggi conservato alla British Library di Londra. Sul foglio 245, tra studi geometrici vari corredati di disegni, appare un’annotazione curiosa: «ecc. perché la minestra si fredda». Forse anche Leonardo venne richiamato «al dovere» dalla cuoca Mathurine, che chissà quante volte avrà dovuto attendere che il suo signore finalmente si sedesse alla mensa che lei già aveva preparato...

MINESTRA DI ZUCCA

Ci piace immaginare che la minestra preparata per Leonardo potesse essere questa, che vi proponiamo nella versione contenuta nell’edizione quattrocentesca del Viandier, il primo libro gastronomico francese, scritto da Taillevent.

✓ INGREDIENTI 2,5 kg di zucca; 1 l di latte di mandorle (1 l di acqua e 100 g di mandorle); 60 g di burro; sale.

✓ PREPARAZIONE mondare la zucca e togliere i semi, tagliarla a pezzi e cuocerli in acqua salata bollente per 10 min. lasciandola comunque soda. Scolarla e togliere l’acqua in eccesso, frullare e aggiungere il latte di mandorle e il burro, portare nuovamente a ebollizione. Salare. Autoritratto di Leonardo da Vinci. Sanguigna su carta. 1512. Torino, Biblioteca Reale.


Miniatura raffigurante due contadini che raccolgono cipolle, da un’edizione del Tacuinum Sanitatis. XIV sec.

1241, 3 maggio Battaglia del Giglio La flotta di Pisa, alleata di Federico II, attacca presso l’isola del Giglio quella genovese, che scorta i prelati diretti al concilio che papa Gregorio IX aveva indetto a Roma. Riconciliatasi con Federico II, la città toscana, nel 1220, assunse un ruolo di spicco fra gli altri Comuni toscani fedeli all’imperatore. Il porto della fedele Pisa assicurava i collegamenti con il Regno di Sicilia, e consentiva di contrastare la flotta genovese, sempre piú vicina al papa che disponeva di quelle navi per i viaggi dei prelati. Nel 1241 la vittoria all’isola del Giglio consegnò nelle mani dell’imperatore, oltre a un discreto bottino di guerra, anche un nutrito numero di prelati, ma costò alla città toscana l’interdetto papale.

TORTA DE CEPOLLE A LA ZENOVESE

Secondo la medicina umorale medievale, la natura della cipolla è calda e umida; il suo uso moderato stimola l’appetito e tonifica lo stomaco, il suo abuso provoca invece dolori di testa e sonno agitato. La cipolla è comunque considerata cibo tipico dell’alimentazione popolare e doveva essere apprezzata sicuramente dai marinai (ma non solo) di Genova. La ricetta è tratta da un’edizione del Libro de arte coquinaria di Maestro Martino contenuta nel Ms. Urbinate latino 1203 della Biblioteca Apostolica Vaticana.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Questa semplice ricetta è una torta formata da due sfoglie di pasta, con un ripieno di cipolle tagliate a rondelle e fritte nell’olio con abbondante pepe.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

L’ingresso di Giovanna d’Arco a Orléans l’8 maggio 1429, olio su tela di Jean-Jacques Scherrer. 1887. Orléans, Musée des Beaux-Arts. 58

CUCINA MEDIEVALE

Aprile


Qui sotto illustrazione raffigurante il frate francescano aragonese san Pasquale Baylón (1540-1592) in adorazione dell’Eucarestia.

La Pulzella di Francia, nata a Domrémy nel 1412 in una famiglia contadina, fin da quando aveva 13 anni disse di ricevere messaggeri celesti che la esortavano non solo alla fede ma, soprattutto, alla liberazione della Francia dagli invasori inglesi. Cavalcando in testa all’esercito francese, Giovanna partecipò alla liberazione di Orléans, poi esortò il re a proseguire ma questi fu assai fiacco nelle azioni e lasciò agire Giovanna con pochi fedeli soldati. Fatta prigioniera e venduta agli Inglesi senza che il suo re intervenisse, Giovanna nel 1431 fu portata a Rouen davanti a un tribunale ecclesiastico, che, dopo un lungo processo, la condannò a morte per eresia. La condanna fu eseguita il 30 maggio 1431, ma già nel 1456 Carlo VII riabilitò la sua figura. Nel 1920 fu dichiarata santa della Chiesa di Roma.

UOVA AL CIVET

Dal trattato Le ménagier de Paris, scritto nel 1393.

✓ INGREDIENTI uova; cipolle; vino; aceto; agresto (o succo di limone); olio; sale.

✓ PREPARAZIONE Tagliare le cipolle e soffriggerle in olio; quando sono rosolate aggiungere vino, aceto e agresto; far sobbollire lasciando addensare, aggiustando di sale. Rompere le uova in olio bollente e lasciarle cuocere; disporre le uova nei piatti e versarvi sopra la salsa di cipolle.

1592, 17 maggio Muore Pasquale Baylón

Qui sopra La friggitrice di uova (particolare), olio su tela di Diego Velázquez. 1618. Edimburgo, Scottish National Gallery.

Nato il 16 maggio 1540, nel giorno di Pentecoste, a Torre Hermosa, in Aragona, da una famiglia di umili origini, Pasquale entrò nell’ordine francescano e, nella sua grande umiltà, volle rimanere fratello laico, esercitando le mansioni piú gravose nell’ambito del convento. La sua pietà s’incentrò sull’Eucarestia tanto che, dopo la sua morte, fu proclamato protettore delle Opere Eucaristiche. Fu dotato dei doni della sapienza e dei miracoli. CUCINA MEDIEVALE

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Maggio

1429, 8 maggio Giovanna d’Arco libera Orléans dall’assedio inglese


RICETTARIO

Maggio

LO ZABAIONE DI SAN PASQUALE BAYLÓN

Proclamato santo nel 1690, a poco meno di un secolo dalla morte, Pasquale Baylón è considerato anche il protettore dei cuochi e dei pasticceri e l’inventore dello zabaione.

1551, 23 maggio Filippo Neri, già ordinato sacerdote, ottiene il presbiteriato in S. Tommaso in Parione, a Roma Abbandonati a 18 anni gli affari e la vita in famiglia a Firenze, Filippo si guadagnò da vivere come precettore, dedicandosi soprattutto alla cura dei giovani di Roma, per i quali fondò un oratorio nel cuore della città, dove poterli educare alla gioia e alla parola del Signore con semplicità e allegria (Filippo è ricordato come il «Santo della gioia»). Proprio per la Congregazione dell’Oratorio, riconosciuta da Papa Gregorio XIII nel 1575, venne edificata la magnifica Chiesa Nuova, al posto della piú antica Santa Maria in Vallicella, di cui resta il ricordo nell’intitolazione della parrocchia.

✓ INGREDIENTI 8 tuorli di uova fresche; 8 cucchiai di zucchero; 8 cucchiai di Porto Tawny.

✓ PREPARAZIONE in un pentolino montare i tuorli con lo zucchero fino a che il composto diventi giallo chiaro. Aggiungere il Porto e mescolare con la frusta per ottenere un composto omogeneo; poi cuocere a bagnomaria mescolando fino all’addensarsi della crema. Servire caldo.

1501, 20 maggio Morte della beata Colomba da Rieti Angiolella Guadagnoli nacque a Rieti nel 1467 e fu detta sin da bambina Colomba perché, al momento del battesimo, una colomba si avvicinò al fonte, come messaggera della predilezione divina. Si diede prestissimo a una vita di privazioni e sacrifici, e a 19 anni diventa terziaria domenicana. Poco dopo, a Perugia, fonda il monastero delle «Colombe», dedito all’educazione delle ragazze nobili della città.

AGNELLO, CACIO E UOVA DELLA BEATA COLOMBA DA RIETI

Il giovedí prima della sua precoce morte, Colomba chiese di cucinare un agnello per dodici invitati suoi parenti. La fantasia popolare ha poi elaborato la ricetta che segue.

✓ INGREDIENTI 1 kg di polpa di agnello; 4 uova; 80 g di pecorino grattugiato; 2 spicchi d’aglio; ½ cipolla; 2 rametti di rosmarino; 1 bicchiere di vino bianco; ½ limone; olio; sale; pepe. ✓ PREPARAZIONE tagliare la polpa di agnello a pezzetti dopo averla sgrassata. In una casseruola dorare aglio, cipolla (tagliata grossolanamente) e rosmarino, poi aggiungere la carne e cuocerla per qualche minuto prima di sfumare con il vino. Aggiungere sale e pepe e cuocere a fuoco lento per 30 min. Intanto a parte sbattere le uova, aggiungere il pecorino grattugiato e il succo di limone. Quando la carne è cotta, togliere aglio e rosmarino, versare nella pentola le uova, mescolare con cura e servire immediatamente.

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CUCINA MEDIEVALE

San Filippo Neri, olio su tela del Guercino, (al secolo Giovanni Francesco Barbieri). 1656. San Marino, Museo di Stato.


Maggio

POLPETTE CON UOVA E CACIO PER FILIPPO NERI

Questa ricetta è stata recentemente riproposta da Paolo Sartor e Andrea Ciucci nel volume In cucina con i santi (Edizioni San Paolo, 2013), ma le sue caratteristiche ne rivelano la sicura appartenenza a una tradizione popolare di lunghissima data, tanto che se ne possono facilmente individuare numerose varianti in quasi tutte le cucine regionali italiane.

✓ INGREDIENTI per 4 persone: 350 g di pane raffermo; 200 g di pecorino; 150 g di parmigiano; 4 uova; prezzemolo tritato q.b. ✓ PREPARAZIONE privare della crosta il pane, frullarlo e mescolarlo con il pecorino (non stagionato) e il parmigiano. Aggiungere le uova e una manciata di prezzemolo, mescolare e farne delle polpette da friggere. Aggiungere poi la polpa di pomodoro, il sale e fare restringere sul fuoco. Servire le polpette con il sugo.

878, 28 maggio Gli Arabi sottomettono Siracusa A comandare le armate islamiche era il generale Giafar Ibn Muhammed, il quale, dopo aver fatto capitolare Nicosia, Catania e Randazzo, si volse verso Siracusa: la città fu travolta e 5000 dei suoi abitanti vennero massacrati. In alto la raccolta delle melanzane in una miniatura dal Libro di casa Cerruti, un manuale di economia domestica che si basa sui principi del Tacuinum Sanitatis. Fine del XIV sec. In basso la conquista di Siracusa da parte dell’esercito arabo in una miniatura dal Codex Graecus Matritensis Ioannis Skylitzes, manoscritto greco di produzione siciliana che riporta la Sinossi della Storia di Giovanni Scilitze. XII sec. Madrid, Biblioteca Nazionale.

MELANZANE FARCITE

La melanzana è una delle «regine» della cucina araba: questa preparazione segue la ricetta contenuta nel Kitab al-Wusla, generalmente attribuito al cronista siriano Kamal al-Din Ibn al-Adim (1192-1262).

✓ INGREDIENTI melanzane del tipo lungo; carne macinata; coriandolo; grasso di coda di montone; sale; carvi; pepe; cannella; coriandolo; prezzemolo. ✓ PREPARAZIONE Togliere il peduncolo delle melanzane e scavarne l’interno; sbollentare la carne e poi farla soffriggere nel grasso di montone con il coriandolo, il carvo, pepe, cannella e prezzemolo. Quando è cotta, farcirvi le melanzane aggiungendo sale e coprire con la polpa estratta dalle melanzane. Far cuocere a fuoco vivo nel grasso di coda di montone finché siano ben cotte, servire spolverando con coriandolo fresco.

CUCINA MEDIEVALE

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Giugno

Giugno: la mietitura, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1098, 3 giugno Conquista di Antiochia Nel corso della I Crociata, i soldati cristiani conquistano Antiochia (città oggi situata in Turchia, in prossimità del confine con la Siria). L’assedio ebbe inizio nell’ottobre del 1097 ma la città, ben fortificata, sembrava inespugnabile. Boemondo di Taranto, uno dei comandanti delle forze crociate, convinse una guardia della città a far entrare i suoi soldati, e riuscí cosí a conquistare Antiochia, fondando un principato che giunse, nel XII secolo, a contare circa 20 000 abitanti. Il principato ebbe però una vita assai travagliata, e nel 1268 cadde nelle mani dei Mamelucchi d’Egitto.

MELANZANE SOTT’ACETO

Ecco una rivisitazione di appetitosi sott’aceti, tratta dal Kitab al-Tabikh (Il libro dei piatti), scritto dallo storico e gastronomo al-Baghdadi nel 1226.

✓ INGREDIENTI 4 melanzane; 4 cucchiai di foglie di sedano fresche; 2 rametti di menta fresca; 1 spicchio d’aglio; 1 cucchiaino da tè di timo secco; 1 cucchiaino da tè di maggiorana secca; aceto di vino; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE sbollentare appena, in acqua bollente e salata, le melanzane a fette di circa due millimetri. Scolarle bene e lasciarle asciugare. Riempire i vasi di vetro con strati di melanzane inframmezzate dall’aglio tagliato a fettine sottilissime, le foglie di menta e sedano, timo, maggiorana e il pepe in grani. Ricoprire con l’aceto, chiudere ermeticamente e utilizzare dopo un mese.


1311, 9 giugno Solenne trasferimento nel Duomo di Siena della Maestà di Duccio di Buoninsegna L’opera, eseguita tra il 1308 e il 1311, si componeva della grande tavola principale (di oltre 3 x 4 m), di una predella e di cuspidi (oggi in parte smembrate in diversi musei). La solennità dell’evento e la partecipazione dell’intera comunità cittadina manifesta il valore non solo religioso ma anche civile di opere simili, attraverso le quali le comunità affermavano la propria grandezza e prosperità.

RIBOLLITA

In un giorno di festa, piú di un Senese avrà certamente gustato una delle suppe descritte dall’Anonimo Toscano, nel suo Libro della Cocina. Preparazioni di cui si può considerare erede uno dei piatti piú noti della cucina regionale toscana. A sinistra Maestà, dipinto su tavola di Duccio di Buoninsegna. 1308-1311. Siena, Museo dell’Opera Metropolitana del Duomo. In basso Le nozze di Cana, pannello della predella della Maestà di Duccio di Buoninsegna. 1308-1311. Siena, Museo dell’Opera Metropolitana del Duomo.

✓ INGREDIENTI pane toscano raffermo; fagioli cannellini lessati; cavolo nero; cavolo verza; bietola; patate; carote; porro; cipolla; poca passata di pomodoro; olio di oliva; pepolino (timo serpillo). ✓ PREPARAZIONE passare metà dei fagioli cannellini lessati e diluire la purea con l’acqua di cottura. Preparare un soffritto con cipolla e porro in abbondante olio, e quando le verdure si sono imbiondite aggiungere poca passata di pomodoro; aggiungere poi i cavoli, le patate, le carote, tagliati a pezzetti. Lasciare stufare a fuoco lento. Unire il resto dei fagioli e il passato e portare a cottura a fuoco molto basso, aggiungendo poco prima del termine il pepolino. Disporre fette di pane in una zuppiera alternandole con mestoli di zuppa. Lasciare riposare e scaldare nuovamente prima di servire.

1190, 10 giugno Morte di Federico Barbarossa Attraversando il fiume Göksu, in Cilicia, nel corso della III Crociata, muore Federico I Hohenstaufen, detto il Barbarossa. Figlio del duca di Svevia Federico II e di Giuditta, Federico I fu re di Germania (1152) e d’Italia (aprile 1155) prima di ricevere da papa Adriano IV la corona del Sacro Romano Impero (giugno 1155). Prima della rottura causata dal tentativo imperiale di nominare ben due antipapi, Federico era in contatto spirituale con la mistica benedettina Ildegarda di Bingen, una delle menti piú fertili del Medioevo europeo.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Giugno

RISOTTO AI FINOCCHI

Nei Physica, Ildegarda di Bingen scrive che «Il finocchio contiene un piacevole calore e non è di natura secca ne’ fredda. E in qualunque modo lo si mangi, fa felici e trasmette il calore e il sudore che ne deriva è sano, e aiuta la digestione». Ecco dunque una ricetta che vi permetterà di verificare la bontà di quelle raccomandazioni.

✓ INGREDIENTI per 4 persone: 200 g di riso; un cuore di finocchio grosso; mezza cipolla; 50 g di parmigiano; olio di semi di girasole; un bicchiere di vino bianco secco; 1 l di brodo di verdure; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE lavare il finocchio e togliere il gambo, dividere il cuore in otto parti e tagliarle di traverso in strisce sottili. Tritare la cipolla e grattugiare il parmigiano. Scaldare due o tre cucchiai di olio e aggiungere i pezzi di finocchio. Dopo qualche minuto aggiungere la cipolla tritata e far rosolare appena. Aggiungere il riso e lasciarlo diventare trasparente rimestando di continuo. Unire il vino mescolando finche’ non sarà assorbito completamente. Stemperare il brodo caldo e condire con sale e pepe. Abbassare la fiamma lasciando cuocere 20 min. circa mescolando. Aggiungere il parmigiano prima di servire. Il risotto deve conservare una consistenza fluida. 1313, 16 giugno Nasce Giovanni Boccaccio (ma la data del 16 giugno è indicativa) Giovanni Boccaccio era figlio del mercante Boccaccino di Chelino, che lo ebbe da una relazione con una donna di estrazione sociale inferiore e della quale non si conosce il nome. Dopo alcuni anni passati a Napoli in contatto con la vivace corte angioina, rientra a Firenze e assume ruoli di rilievo nella vita cittadina. Nel 1348 è testimone della grande epidemia di peste, che fa da sfondo al suo capolavoro, il Decameron, terminato entro il 1351. Nel 1363 si ritira a Certaldo, ma nuovi incarichi come ambasciatore di Firenze lo portano presso la corte pontificia ad Avignone, poi a Roma. Tornato a Certaldo, vi morí il 21 dicembre 1375, a poco piú di un anno di distanza dalla morte del Petrarca, al quale era legato da profonda amicizia. Fu sepolto nella chiesa dei SS. Michele e Iacopo di Certaldo; le ossa sono andate forse tutte disperse nel 1783. 64

CUCINA MEDIEVALE

DE LA GRUA

Nel Decameron, dieci ragazzi fiorentini scampano alla peste rifugiandosi in una villa alle pendici della collina di Fiesole. Nei dieci giorni di esilio, nel tardo pomeriggio, i giovani si riuniscono e ognuno di loro racconta una novella sul tema prescelto dal re o dalla regina della giornata. Tra le piú divertenti, quella del cuoco Chichibio, al quale è richiesto di cucinare una succulenta gru, piatto assai prelibato delle tavole medievali. Bartolomeo Scappi ci fornisce la ricetta per arrostire la gru, valida anche per carni meno ricercate.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Grua bene lavata, e bullita un poco in caldaia larga, mettila in lo spiedo, e arrostila, non perciò a pieno: poi abbi cipolla tagliata a modo di dadi, e bene fritta col lardo abbastanza, e colora col zaffarano. E abbi fette di pane alquanto abbrusticate, e di buono vino, cotto e mestato colla cipolla predetta: fa’ bullire la detta grua smembrata colle dette cose nel vino uno bollore. E nel brodo magro del detto savore molla il pane predetto: sopra uno taglieri grande, del savore, spezie e carne ordina gradatamente a solaio, come si conviene, e a la fine de la cocitura, ponvi del grasso del detto savore. Simile si può fare del capo di castrone o vitella, bene pelata, in acqua bullita; ma de’ non bene lessarli. E fatto ordinatamente, com’è detto di sopra, debbiasi mettere su cascio, e poi mangia. 827, 17 giugno Inizio della conquista islamica della Sicilia A Mazara del Vallo attraccano almeno settanta navi arabe alla conquista della Sicilia. In poco tempo viene occupata Marsala e, in seguito, Corleone. L’esercito poi si divise e quelli che si diressero verso Girgenti (Agrigento) e poi a Palermo, ebbero il supporto di una flotta di soldati provenienti dalla Spagna musulmana e di un comando di berberi presenti sul suolo di Sicilia. Palermo cadde nell’831 e divenne capitale della Sicilia islamica. Negli anni seguenti caddero anche Messina, Modica, Ragusa e infine Enna, nell’859. Ultime a capitolare furono Taormina (902) e Rometta, nel maggio del 965.

TABAHAJA

Tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, è la ricetta per la preparazione della carne ai pistacchi, sicuramente assai apprezzata sulle tavole degli Arabi. Nella pagina accanto miniature che illustrano la novella del cuoco Chichibio, incaricato di cucinare una gru, inserita da Giovanni Boccaccio nella sesta giornata del Decameron. XIV sec. Vienna, Österreichische Nationalbibliothek.


Giugno CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Giugno

✓ INGREDIENTI carne di montone o agnello; menta; miele; pistacchi; atraf tib (miscela con pepe, chiodi di garofano, zenzero e altre spezie); amido; zafferano; pepe; aceto; olio. ✓ PREPARAZIONE sbollentare la carne, facendola rinvenire con un po’ di olio, e versarvi sopra il suo brodo. Mescolare il miele, i pistacchi, l’atraf tib, l’amido, lo zafferano e il pepe in un po’ di aceto. Aggiungere la mistura alla carne cuocendo fino a che non si ispessisce.

1280, 21 giugno Guglielmo VII, marchese di Monferrato, cede Torino a Tommaso III di Savoia È l’inizio dell’illustre storia sabauda di Torino e dell’Italia. Nel Medioevo, sulle mense piú povere, appare la bagna cauda, ancora oggi piatto tipico della cucina piemontese. Anche detta bagna caoda o «salsa calda», in Piemonte è un piatto da condividere in amicizia e allegria… un ricordo forse dei vignaioli che in epoca tardo medievale festeggiavano con questo piatto la spillatura del vino novello.

BAGNA CAUDA

Molte località piemontesi si contendono la paternità di questo emblema della gastronomia regionale, che, in realtà, nasce nella notte dei tempi sulle coste della Provenza, con il nome di «Anchoiade». Furono senza dubbio i mercanti astigiani medievali, durante le loro spedizioni per rifornirsi di sale e acciughe, a conoscerla e a introdurne l’uso in patria, diffondendolo poi in tutta la vasta area dei loro commerci (Piemonte meridionale e nord-occidentale).

✓ INGREDIENTI per 6 persone: 100 g di acciughe salate; 4 spicchi d’aglio; 250 g d’olio; 50 g di burro; 1 tazza di latte; panna; cardi; carote; peperoni; carciofi; cuori bianchi di scarola; rape bianche. 66

CUCINA MEDIEVALE


Giugno

Miniatura raffigurante la bottega di una pescivendola, da un’edizione del Tacuinum Sanitatis. Fine del XIV-inizi del XV sec. Vienna, Österreichische Nationalbibliothek.

✓ PREPARAZIONE schiacciare gli spicchi d’aglio e tenerli a bagno due ore nel latte. In un tegame di coccio scaldare l’olio, aggiungere gli spicchi sgocciolati e, con un cucchiaio di legno, ridurli a crema. Unire le acciughe dissalate e diliscate, due cucchiai di panna, una noce di burro e cuocere senza far bollire, mescolando fino allo scioglimento delle acciughe. Porre il recipiente su un fornello al centro della tavola dove ogni ospite può intingere le proprie verdure. 24 giugno A Firenze si festeggia san Giovanni, patrono della città Nel 1356, come di consuetudine, le famiglie che avevano diritto di custodia sulla cattedrale della città ricevono, in segno di gratitudine, offerte rituali da parte del vescovo. Lo racconta in un manoscritto ser Lorenzo Tani, notaio in Firenze: le offerte consistono in tegami di carni lesse e di arrosti che, insieme a «schodella di tredura», vengono adagiati su assi di legno e cosí recapitati ai gentiluomini nelle loro case proprio da ser Lorenzo e altri aiutanti. Il nome di questo piatto deriva dal latino tritura, «pesto, risultato del tritare» (vedi box qui sotto).

Un tritato davvero gustoso TREDURA

La ricetta è rivisitata sulla base di quella che si trova nel Libro per cuoco, un manoscritto attribuibile a un autore anonimo veneziano del XIV-XV secolo.

✓ INGREDIENTI 1 kg di porri; 200 g di pancetta; 3 uova; 100 g di pane di campagna raffermo; alcuni stigmi di zafferano; sale; ¼ di cucchiaino di zenzero; ¼ di cucchiaino di cannella in polvere; ¼ di cucchiaino di noce moscata. ✓ PREPARAZIONE mettere il pane a bagno in acqua calda. Nel frattempo lessare i porri insieme alla pancetta, scolare e tritare su un tagliere con il coltello. Rosolare il grasso della pancetta lessata in una padella per pochi istanti, poi aggiungere i porri e cuocere per un paio di minuti rimestando con un cucchiaio affinché non si brucino. Strizzare il pane bagnato e ridurlo in poltiglia cremosa servendosi di una forchetta. Prendere il resto della carne magra, tritarla, aggiungere il pane, le uova, lo zafferano. Al momento di servire versare il composto sui porri e scaldare senza portare a ebollizione. Spolverare il piatto di portata con un pizzico di zenzero, cannella e noce moscata.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

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CUCINA MEDIEVALE

Giugno


29 giugno. Festa dei santi Pietro e Paolo, patroni di Roma La solennità di san Pietro e san Paolo, patroni di Roma, è una festività molto antica che già nel IV secolo si celebrava con tre messe, rispettivamente nella basilica vaticana di S. Pietro (eretta sulla sua tomba), in S. Paolo fuori le Mura (sepoltura di san Paolo) e nelle catacombe di S. Sebastiano, dove le reliquie dei due apostoli dovettero essere nascoste temporaneamente, alla metà del III secolo, per sfuggire alle possibili profanazioni a opera dei pagani. Secondo la tradizione, il 29 giugno dell’anno 67 Pietro sul colle Vaticano e Paolo nella località ora denominata Tre Fontane, testimoniarono la loro fedeltà a Cristo.

PESCE SAN PIETRO IN SALSA DI ZAFFERANO

Una curiosità culinaria: il pesce San Pietro deve il suo nome alla leggenda secondo la quale Gesú chiese all’apostolo di prendere un pesce per estrargli dalla bocca una moneta d’oro: la macchia nera che questa specie presenta sul fianco sarebbe l’impronta del santo. In realtà, essa serve ad allontanare i predatori che la scambiano per un occhio assai piú grande di quello di cui è dotato il pesce. Ildegarda di Bingen ci fornisce una ricetta a base di pesce San Pietro, qui rivisitata.

✓ INGREDIENTI Per la salsa: 1 cucchiaio di cipolla grattugiata; 1 cucchiaio di burro; 2 punte di coltello di polvere di zafferano; 100 ml di vino bianco; 100 ml di brodo di verdure; 5 cucchiai di panna; un pizzico di buccia di limone grattugiata; sale e pepe bianco; 300 g di filetto di pesce San Pietro; mezzo limone; farina; 2 cucchiai di burro; sale e pepe bianco. ✓ PREPARAZIONE Per la salsa: tritare la cipolla, farla rosolare adagio nel burro, aggiungere lo zafferano, il sale, il pepe e stemperare con il vino bianco. Far cuocere 2 minuti e aggiungere il brodo di verdure lasciando restringere per ridurre di circa la metà la salsa. Per il pesce: lavarlo nell’acqua fredda, asciugarlo e irrorarlo con il limone. Tagliare il pesce a filetti e condirli con sale e pepe. Dopo averli infarinati, scaldare il burro nel tegame e far rosolare il pesce a fiamma viva per 4 minuti Prima di servire, aggiungere la panna e la buccia di limone grattugiata alla salsa, lasciare che si addensi ancora se necessario. Versare nei piatti un velo di salsa e adagiarvi sopra il pesce.

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Giugno

La pesca miracolosa in un arazzo eseguito dall’atelier di Pierre Lefebvre su cartone di Raffaello. 1653-1661. Urbino, Palazzo Ducale, Galleria Nazionale delle Marche.


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Estate La cucina araba

Oltre ad avere introdotto nozioni che tuttora costituiscono le basi del nostro sapere scientifico, la civiltà islamica innescò un’autentica «rivoluzione» sulle tavole medievali: nuove materie prime e preparazioni altrettanto innovative arricchirono la gastronomia, lasciando un’eredità che, oggi, continua a soddisfare anche i palati piú esigenti In alto frammento di ceramica raffigurante un giovane cortigiano con in mano un ramo e un calice. Produzione fatimide, X-XII sec. Il Cairo, Museo Islamico. L’immagine del bicchiere non sottintende necessariamente il consumo di bevande alcoliche. Nella pagina accanto Estate, olio su tavola di Giuseppe Arcimboldo. 1563. Vienna, Kunsthistorisches Museum. CUCINA MEDIEVALE

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ALMANACCO

Estate

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ra le dominazioni straniere che si sono succedute nell’Italia medievale, a quella araba va senza dubbio il merito di avere introdotto le maggiori innovazioni nell’arte culinaria della Penisola. Come l’estate porta con sé i frutti della terra, che si riversano abbondanti sulle tavole, la cucina araba, vero e proprio tripudio di sapori, ha saputo dare un apporto piú che generoso alla gastronomia italiana. Si può affermare che il contributo arabo allo sviluppo degli usi alimentari dell’Occidente medievale fu pari a quello realizzatosi nel campo della cultura e della scienza; alla presenza islamica in alcune aree dell’Europa (prime fra tutte la Sicilia e l’Andalusia) si devono infatti la ripresa, la rielaborazione e la diffusione delle conoscenze culinarie delle civiltà greca, romana e persiana, che, per suo tramite, vengono rinnovate e rivitalizzate. Del resto, benché la penisola arabica, terra d’origine dell’Islam, non sia stata conquistata dai Romani, essi giunsero fino ai suoi confini, annettendo, all’inizio del II secolo d.C., il regno dei Nabatei, che aveva la sua capitale a Petra (nell’attuale Giordania); l’impero romano, inoltre, si era esteso nel Vicino Oriente, in Mesopotamia e nel Nord Africa, nelle regioni poi conquistate dagli Arabi, che dunque erano impregnate della cultura greco-romana e persiana: da tutti questi elementi viene elaborata l’arte culinaria islamica.

Due novità decisive

A partire dall’Alto Medioevo, gli Arabi introducono in Europa due prodotti fondamentali, destinati a trasformare il gusto, mantenendo però alcuni caratteri tipici della cultura gastronomica dell’epoca precedente, caratterizzata dal contrasto di cibi agrodolci: sono lo zucchero di canna e gli agrumi, che presto sostituiscono il miele e l’aceto, tipici della cultura romana. Altro apporto fondamentale è l’enorme diffusione delle spezie, che caratterizzano la cucina europea del Medioevo e del Rinascimento. I piatti arabi del VII secolo erano molto semplici, essendo derivati dalle usanze dei beduini nomadi, dediti prevalentemente alla pastorizia, e da quelli dei gruppi sedentari dediti al commercio carovaniero. Conosciamo le loro usanze grazie ai racconti della vita del profeta Maometto, il quale, secondo le cronache, avrebbe avuto una predilezione particolare per il tharid, una zuppa di carne cotta nel brodo in cui vengono sbriciolate gallette di frumento. Vi era poi la masliyya, una pietanza a base di carne di montone o capretto, cotta nel siero di latte e spolve72

CUCINA MEDIEVALE

Miniatura di scuola turca raffigurante un banchetto in onore del sultano ottomano Murad III (1546-1595) per festeggiare il rito di circoncisione del figlio, dal Libro delle celebrazioni. XVI sec.

rata con formaggio secco. Per cuocere, gli Arabi usavano il grasso della coda di montone e il burro, mentre nelle aree mediterranee si poteva utilizzare l’olio d’oliva o di sesamo. Con l’espansione dell’impero musulmano, si venne differenziando il modo di mangiare dei pastori nomadi, delle popolazioni rurali e dei raffinati abitanti delle città – come per esempio Baghdad, Damasco o i maggiori centri


dell’Andalusia –, che risentivano di influenze culturali diverse, in cui l’arte culinaria era un elemento importante.

Primi trattati e primi ricettari

I primi libri di ricette della cucina araba furono compilati a Baghdad nel IX secolo; successivamente altri testi, originari di altre città come Aleppo, il Cairo o Murcia, raccolsero le tradizio-

ni culinarie proprie di quelle regioni, tanto che, già nel XIII secolo, si andava distinguendo una cucina araba «andalusa» da quella «orientale». Nel Kitab al-Fihrist (Il catalogo, importantissimo repertorio del patrimonio librario e culturale), il libraio, bibliografo e bibliofilo arabo Ibn al-Nadim (X secolo) menziona una decina di libri di cucina scritti tra il IX e il X secolo. Di essi, ne è pervenuto uno soltanto, il Kitab al-Tabikh (Libro CUCINA MEDIEVALE

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ALMANACCO

Estate A sinistra venditore di pane in Afghanistan: la tradizione islamica consente il consumo di qualsiasi cibo, tranne la carne di maiale e il sangue. Ogni anno i musulmani praticano un mese di digiuno, il Ramadan, che prevede l’astensione dagli alimenti dal sorgere del sole fino al tramonto. In basso, sulle due pagine particolare di una placca in avorio scolpito che raffigura alcuni musicanti durante una festa. Egitto. Periodo fatimide. XI-XII sec. Berlino, Museum für Islamische Kunst.

della cucina), opera di Ibn Sayyar al-Warraq, un libraio esperto di medicina e dietetica, grazie al quale possiamo conoscere le ricette di Ibrahim ibn al-Mahdi (779-839), il piú celebre cuoco arabo – che fu anche poeta e musicista –, fratellastro del califfo Harun al-Rashid e autore del primo libro arabo di cucina, non conservato. Altri trattati sono il Kitab al-Tabikh (i titoli spesso si ripetono) di Muhammad al-Baghdadi, scritto a Baghdad nel 1226, e il Kitab al-Wusla,

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CUCINA MEDIEVALE

redatto ad Aleppo da Ibn al-Adim prima del 1262. Due libri di ricette del XIII secolo ci hanno tramandato invece la cucina arabo-andalusa (1238-1266). Uno di questi è conosciuto come Anonimo Andaluso, mentre l’altro è opera di un autore di Murcia, Ibn Razin al-Tujibi. A differenza dei ricettari scritti in Oriente e in Egitto, che risentono delle tradizioni della cucina persiana e turca (ma sono presenti anche ricette franche giunte con le Crociate), la cucina


andalusa è piú aperta all’influenza berbera e dell’Africa subsahariana, ma anche alla tradizione romana e visigota.

74 «sfumature» di pollo!

La carne degli ovini e il pollame sono solitamente arrostiti o fritti in olio (o grasso animale) e marinati con spezie, latte acido e aceto, oppure bolliti sotto forma di spezzatini e polpette con aromi e spezie, accompagnati da legumi, verdure e riso. In una raccolta di ricette si contano ben 74 modi diversi di cucinare il pollo, anche con uova e gelatine di frutta. Il pesce è presente con poche ricette nei libri di cucina arabi, essendo considerato di poco valore dietetico. Le specie piú apprezzate sono soprattutto quelle grasse – la carpa e l’alosa d’acqua dolce e il tonno, le acciughe e le sardine del Mediterraneo –, messe sotto sale. Sulle coste della Spagna e del Maghreb, fin dall’epoca romana, vi erano impianti per la lavorazione di questi pesci. In genere il pesce fresco viene marinato, oppure cotto alla griglia, fritto o al forno, riempito di erbe aromatiche, pane, mandorle, noci con aggiunta di succo d’agrumi o d’uva. Oltre al grano, al miglio e all’orzo era diffuso il riso, che gli Arabi avevano conosciuto dall’Oriente, e che consideravano pianta sacra, germinata dalle lacrime di Allah. I cereali erano usati insieme alla carne, per esempio per l’harisa, tipico piatto che prevede una lunga cottura della carne insieme al grano o al riso. Molto usate erano anche le verdure (carote, rape, cipolle, porri, ravanelli, zucche, cetrioli e, soprattutto, melanzane, queste ultime cotte al forno, fritte o

Stampi in argilla di fattura egiziana per la produzione del pane. XI-XIII sec. Berlino, Museum für Islamische Kunst.

ripiene) e le spezie (coriandolo, cumino, menta, cannella, zafferano), oltre a zucchero e miele. Una salsa di piccoli pesci seccati nel sale con erbe aromatiche, il murri, sembra derivare dal garum dei Romani, anche se aveva una base di latte fermentato e cereali. Il procedimento per la sua preparazione, lungo e complesso, ricorda quello del nuoc mam vietnamita. Uno dei piatti tipici della cucina araba è senz’altro il cuscus, la cui origine va forse ricercata tra i popoli berberi provenienti dal Marocco o dalla Mauritania, o ancora piú a sud, dal confine tra il Maghreb e l’Africa subsahariana, che lo introdussero in Andalusia. Nel Kitab al-Wusla, ricettario della prima metà del XIII secolo, viene infatti definito «marocchino». I dolci rivestono un ruolo fondamentale. Gli Arabi avevano conosciuto lo zucchero dai Per-

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ALMANACCO

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Estate


In alto tipici dolci assortiti mediorientali. La pasticceria riveste un ruolo fondamentale nella cucina araba, le cui specialità sono costituite soprattutto da dolci con frutta, spezie e mandorle.

A sinistra affresco di scuola persiana raffigurante lo shah Abbas I il Grande (a destra) e un cortigiano che offre frutta e bevande. XVII sec. Isfahan, Chehel Sotoun, detto anche «Palazzo delle Quaranta Colonne». Secondo la tradizione islamica, i pasti si consumano stando seduti su tappeti o stuoie, a gambe incrociate oppure sui talloni.

siani, e lo utilizzavano per preparare dolci raffinati con frutta, spezie e soprattutto mandorle. Molti dolci arabi si ritrovano nella pasticceria siciliana (pasta di mandorle unita al pistacchio). Alla fine del pasto si potevano mangiare dolci con ripieno di mandorle, datteri, noci, pistacchi.

Granite ante litteram

Un altro esempio che si ritrova nella cucina siciliana è l’uso di bevande fresche alla frutta (sharab), che ricordano le granite al limone o al gelso. In alternativa al vino, si consumavano bibite a base di datteri, fichi, ciliegie, e anche la birra ottenuta dal grano, orzo e miglio, oltre all’idromele (ottenuto con miele fermentato e acqua) e all’ossimele (a base di aceto e miele). Si mangiava in comune, seduti a gambe incrociate o sui talloni, su tappeti o stuoie, e il cibo era posto in un unico vassoio comune al centro. I piatti venivano serviti tutti insieme, sia quelli caldi che quelli freddi, insieme alle salse, in piccole scodelle. Si poteva iniziare con la frutta, specialmente con i datteri; si passava poi ai piatti freddi e a quelli caldi, a base di carne di agnello, di vitello, di pollame, di pesce, serviti insieme a verdure in salamoia o sotto aceto. Alla fine del pranzo si gustavano dolci e sciroppi, e si offrivano pastiglie speziate per rinfrescare l’alito. Si mangiava con le mani, usando solo tre dita, dopo averle purificate lavandole a un bacile anch’esso in comune con i commensali. CUCINA MEDIEVALE

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Luglio

Luglio: la battitura del grano, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1° luglio Gli auspici di un poeta Folgore da San Gimignano (1270-1332) è uno dei rappresentanti della poesia comico-realistica della Toscana medievale. Scrisse una «corona» di 14 sonetti dedicati a tutti i mesi dell’anno, rivolgendosi idealmente a una compagnia cortese, augurandole di godere delle buone cose che caratterizzano le attività di ogni periodo dell’anno. A luglio, Folgore auspica di bere «con le fiasche piene di dolce vino trebbiano; nelle cantine i vini freschissimi d’uva vaiana» e mangiare «starne arrosto, e giovani fagiani, capponi lessati, capretti reali e, a chi piacciono, la vitella e la salsa d’aglio».

AGLIATA

La ricetta dell’agliata è riportata nel Libro per cuoco attribuibile a un anonimo veneziano del XIV-XV secolo.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Cuocere sotto le braci 18 grossi spicchi di aglio avvolti in alluminio. Schiacciare l’aglio cotto spellato insieme a 2 spicchi di aglio crudo e mischiarlo con la mollica di pane bagnata già nel brodo, insieme a 2 pizzichi di spezie dolci (cannella, noce moscata e zenzero) e un mestolino di brodo di verdura tiepido. Pestare il tutto fino a ottenere un composto della consistenza della vellutata, poi scaldare il composto e servirlo caldo aggiustando all’ultimo il sale.

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1494, 2 luglio La Spagna ratifica il Trattato di Tordesillas (firmato il 7 giugno) Per effetto dell’accordo, Spagna e Portogallo (che lo ratificò il 7 settembre) si spartirono il Nuovo Mondo. Nella cittadina della Vecchia Castiglia, i due Paesi, infatti, ridefinirono la linea di demarcazione già tracciata da papa Alessandro VI dopo il primo viaggio di Colombo. La nuova linea (raya) fu spostata 370 leghe a ovest di Capo Verde. Tale spostamento fu definitivamente sanzionato nel 1506 da papa Giulio II.


RAVIOLI FRITTI ALLA MANIERA DI TOLEDO

Ricetta tratta dal Fadalat al khiwan fi tayybat et-ta’am Wa-I-alwan di Ibn Razin (XIII secolo).

✓ INGREDIENTI farina sale, olio, formaggio fresco; anice; succo di menta e di coriandolo; miele; burro; zucchero; cannella. ✓ PREPARAZIONE preparare dei fogli di pasta impastando la farina con acqua e olio; per il ripieno, mescolare il formaggio fresco grattugiato con anice e succo di menta e di coriandolo; mettere il ripieno al centro di ogni foglio, ripiegando i bordi verso il centro. Friggere i ravioli in padella e una volta cotti, disporli su un piatto gli uni sugli altri, coprendoli di miele e burro fresco fuso, cospargere infine con lo zucchero e la cannella.

Sbollentare le cipolline in una pentola di acqua calda salata per 5 minuti, poi scolare. Tritare finemente cipolla e carota, e rosolare con burro già fuso, poi mettere nella teglia anche la carne, rosolare da entrambi i lati e irrorare con il vino; abbassare la fiamma, salare e pepare, poi coprire il tegame e cuocere a fuoco lento per circa 20 minuti. Trasferire la carne sul piatto da portata caldo e nel tegame di cottura della carne unire castagne, cipolline, pancetta e ½ bicchiere d’acqua. Quando gli ingredienti si saranno amalgamati, versarli sulla carne e servire.

11 luglio Festa di san Benedetto Dal 1964, questa data è stata scelta per celebrare il patrono d’Europa, San Benedetto da Norcia (480 circa-543/560), padre del monachesimo occidentale. Dopo aver vissuto alcuni anni in solitudine presso il sacro Speco di Subiaco, fondò un cenobio prima a Subiaco, poi a Montecassino, dando ai suoi confratelli una nuova regola di vita riassunta nel motto «Ora et labora». Già due secoli dopo la sua morte, erano oltre mille i monasteri guidati dalla sua Regola.

COSTATE ALLA SAN BENEDETTO

I monaci si astenevano dal mangiare la carne, ma solo quella «dei quadrupedi», ritenuta capace di «solleticare la sensualità», mentre era concesso il pollame (piú leggera, quindi meno pericolosa per la virtú) e i pesci. Unica eccezione «ai malati molto debilitati sia concesso anche di mangiare carne perché si riprendano; ma quando siano migliorati si astengano tutti dalla carne come al solito...».

✓ INGREDIENTI per 4 persone: 4 costate di vitello; 400 g di castagne sbucciate; 300 g di cipolline borretane sbucciate; 1 carota; 1 cipolla; 1 bicchiere di vino bianco; 80 g di pancetta affumicata; 2 foglie di alloro; 20 g di burro; olio; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE mettere le castagne in acqua fredda con 2 foglie di alloro e 1 cucchiaio di olio, lessare e scolare.

In alto Il menu di grasso, olio su tela di Jean-Baptiste Siméon Chardin. 1731. Parigi, Museo del Louvre. Nella pagina accanto, in basso la pergamena originale del Trattato di Tordesillas (1494), siglato tra Spagna e Portogallo. Siviglia, Archivio de Indias. A destra Norcia (Perugia). Statua di san Benedetto realizzata da Francesco Prinzi per il XIV centenario della nascita del santo. CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Luglio

1442, 12 luglio Alfonso V d’Aragona strappa Napoli agli Angioini Detto il Magnanimo, Alfonso nacque in Spagna, probabilmente a Medina del Campo, nel 1396, figlio di Ferdinando I al quale successe nel 1416 nei regni di Aragona, Valenza, Maiorca, Sardegna, Sicilia e nella contea di Barcellona. Fu chiamato a Napoli dalla regina Giovanna II, che lo adottò per opporlo a Luigi III d’Angiò, ma non fu facile conquistare quella corona e, dopo un primo ritorno in patria nel 1423 e una sconfitta navale a Ponza nel 1435, a cui seguí la prigionia, fu solamente nel giugno del 1442 che tornò a occupare la città partenopea. Giunsero quindi a Napoli numerosi connazionali del re, che ebbero incarichi di governo, diffondendo nella città usi e costumi spagnoli.

A destra miniatura raffigurante l’esercito cristiano in navigazione verso la Terra Santa, dal Roman de Godefroi de Bouillon, opera forse attribuibile a Guglielmo di Tiro. 1337. Parigi, Bibliothèque nationale de France. A sinistra verso di una medaglia in bronzo raffigurante il re Alfonso V d’Aragona, in armatura e con la spada, che viene incoronato dalle divinità romane Marte e Bellona. XV sec. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

1099, 15 luglio La conquista di Gerusalemme pone fine alla I Crociata

ZUPPA DEGLI ARAGONESI

Ricetta tratta dall’Anonimo Napoletano (o Cuoco Napoletano) un’opera nota grazie al Manoscritto Bühler 19, oggi conservato presso la Pierpoint Morgan Library di New York.

✓ INGREDIENTI fegatelli di pollo, di maiale o di agnello; pepe; zenzero; zafferano; fette di pane ammollato nel brodo.

✓ PREPARAZIONE lessare i fegatelli e pestarli insieme al pane ammollato nel brodo. Passare alla stamigna diluendo con brodo e aggiungendo pepe, zenzero e zafferano. Cuocere la zuppa, servire aggiungendo fette di pane bruscato.

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Probabilmente quando papa Urbano II invitò i principi a rivolgere le armi contro i nemici della fede in Oriente (marzo 1095), intendeva principalmente appoggiare l’imperatore di Bisanzio contro i Turchi, auspicando un ritorno all’unità religiosa. Al suo appello rispose prontamente una folla di umili e senza casa che si riuní intorno a Pietro l’eremita e che fu annientata dai Turchi nell’avanzare verso Nicea (Crociata dei poveri), mentre i principi francesi, tedeschi e italiani andavano organizzando la spedizione, in accordo con Roma, riunendo un contingente che si stima intorno ai 20 000 crociati. Alla conquista di Nicea (14 maggio 1097) seguí quella di Antiochia (3 giugno 1098); dal maggio del 1099 i crociati marciarono verso Gerusalemme, che raggiunsero il 7 giugno. Intanto i Genovesi erano sbarcati nel porto di Giaffa con tutto il necessario per la costruzione delle macchine d’assedio. I crociati sferrarono l’attacco finale il 15 luglio,


Luglio

abbandonandosi poi a uno spietato massacro. Goffredo di Buglione ebbe il titolo di «avvocato del S. Sepolcro», alla sua morte il fratello Baldovino assunse il titolo di re.

SIKBAJ ALLE MELANZANE

Tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, ricettario arabo databile al XIII secolo.

✓ INGREDIENTI carne di agnello; melanzane; cipolle; canella; coriandolo; sale; zucchero; aceto; succo d’uva; mandorle; fichi secchi; uva passa; amido; acqua di rose. ✓ PREPARAZIONE rosolare la carne con due cipolle tritate in quattro cucchiai d’olio, coprire il tutto con acqua e far cuocere a fuoco lento. A parte cuocere in acqua salata due o tre melanzane, poi aggiungerle alla carne insieme al coriandolo, la cannella e il sale pestati nel mortaio. Sciogliere un cucchiaio di zucchero in un cucchiaio di aceto e una tazza di succo d’uva, con un cucchiaio di amido, e aggiungere il tutto alla carne, far

cuocere qualche minuto e cospargere di acqua di rose. Mettere in un piatto decorando con mandorle, fichi secchi e uva passa.


RICETTARIO

Luglio

1228, 16 luglio Papa Gregorio IX proclama santo Francesco d’Assisi, a meno di due anni dalla morte Assistono alla cerimonia di santificazione la madre, madonna Pica, il fratello Angelo, il vescovo Guido di Assisi, che a lungo aveva sostenuto il «poverello», e una folla di persone che amava Francesco ed era stata testimone degli episodi della sua vita. Secondo la tradizione, certo che fosse giunta la sua ora, Francesco dettò una lettera per Jacopa di Sottesoli, devota di santa Chiara, alla quale chiedeva di raggiungerlo alla Porziuncola: «E porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura», esprimendo anche un ultimo desiderio: «Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma». Ma la donna si era già messa in cammino e, finita la dettatura, Francesco la vide arrivare con la veste, le candele e i dolci, noti allora col nome di mortarioli. Dalla tradizione della cucina medievale umbra, ecco una possibile rivisitazione di questi biscotti (vedi box qui sotto). A destra Assisi, basilica di S. Francesco, chiesa superiore. Il pianto delle Clarisse, particolare dell’affresco di Giotto che ritrae il dolore di santa Chiara e delle sue consorelle, davanti alla salma di san Francesco, dal ciclo delle Storie di San Francesco. 1296-1300.

I biscotti del Poverello MOSTACCIOLI DI SAN FRANCESCO

✓ INGREDIENTI 250 g di mandorle; 125 g di miele; due albumi; una presa di pepe; una presa di cannella; 150 g di farina. ✓ PREPARAZIONE mettere a bagno le mandorle in poca acqua bollente, spegnere il fuoco e coprire con un coperchio. Dopo qualche minuto, scolare le mandorle un po’ alla volta e spellarle. Pestare le mandorle insieme a miele, albumi, pepe e cannella. Ottenuta una pasta omogenea, versarla sulla spianatoia e aggiungere la farina fino a ottenere una pasta piuttosto consistente. Stendere la pasta e farne listerelle di circa 4 centimetri. Adagiare i biscotti sulla teglia leggermente unta e infarinata (rimuovere la farina in eccesso) e cuocere a forno leggero per circa 20 minuti, lasciare raffreddare i biscotti prima di toglierli dalla teglia.

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RICETTARIO

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Il trionfo della Santa Croce, olio su tela di Marceliano Santa MarĂ­a Sedano che rievoca la storica vittoria conseguita nel 1212 a Las Navas de Tolosa dalle armate cristiane, durante la guerra di Reconquista. 1892. Burgos, Museo Marceliano Santa MarĂ­a.

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Quando le truppe di Muhammad al-Nasir minacciarono di travolgere la Castiglia, il re Alfonso VIII (1155-1214) si diede a un’intensa attività diplomatica per organizzare un fronte unico degli Stati cristiani della penisola iberica, cercando inoltre l’aiuto delle altre nazioni europee. Innocenzo III concesse le indulgenze della crociata e alle truppe dei re di Castiglia, Aragona e Navarra si unirono molti stranieri: partito da Toledo, l’esercito travolse il nemico a Las Navas de Tolosa (provincia di Jaén), ottenendo la piú importante vittoria spagnola contro i Mori.

TIMBALLO DI SARDINE ALLE ERBE FRESCHE

Tratta dal Fadhalat al-khiwan fi tayyibat al-ta’ am wa-l-alwan, ricettario di cucina andalusa dell’erudito e gastronomo di Murcia Ibn Razin (XIII secolo)

✓ INGREDIENTI sardine; coriandolo; menta; finocchio; cipolla; cannella; zenzero; mastice.

✓ PREPARAZIONE tritare le erbe e stendere uno strato di questo trito sul fondo di una teglia, poi uno strato di sardine, alternando fino a riempire la teglia. Spolverare con la cannella, lo zenzero e il mastice e mettere in forno.

1329, 22 luglio Muore Cangrande I della Scala Nato forse nel 1291, Cangrande I venne associato al potere nel 1301, all’indomani della scomparsa del padre Alberto I, insieme al fratello Alboino. Nel 1311, alla morte di quest’ultimo divenne unico signore di Verona, e poi, dopo averle conquistate, governò anche su Vicenza, Feltre, Belluno, Padova e Treviso. Nominato vicario imperiale da Enrico VII, si impose anche come capo riconosciuto dei ghibellini dell’Italia settentrionale, e, protettore di letterati e artisti, esercitando questo ruolo anche a favore di Dante Alighieri, il quale – non a caso – lo colloca nel Paradiso della Commedia. La lotta contro i guelfi gli costò la scomunica, comminata nel 1320 da papa Giovanni XXII.

LIQUORE DIGESTIVO ALLA CAMOMILLA

Nei giorni che seguirono l’assalto a Treviso, con il quale Cangrande si apprestava a coronare il sogno di riunire in un unico regno le città venete della terraferma, il condottiero muore dopo un attacco improvviso di febbre violenta, accompagnata da vomito e diarrea. Quasi sette secoli piú tardi, una ricerca condotta sulla mummia di Cangrande presso l’Università di Pisa ha stabilito che l’uomo morí per avvelenamento, avendo bevuto un infuso o un decotto a base di camomilla e gelso nero in cui era contenuta la digitale CUCINA MEDIEVALE

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Luglio

1212, 16 luglio Battaglia di Las Navas de Tolosa


RICETTARIO

Luglio

autorità imperiali a infliggere a Cristina altre durissime pene (nuovamente il fuoco, la botte, i serpenti), fino alla morte. Già nel IV secolo il luogo della sua sepoltura era oggetto di culto: sotto la basilica medievale sono ancora visibili le catacombe nelle quali si trova il sarcofago in cui fu deposto in origine il corpo della santa. Nella stessa basilica, un piccolo altare è formato dalla lastra che fu appesa al collo della fanciulla nel tentativo di annegarla, sulla quale è miracolosamente rimasta impressa l’impronta del suo piede. Proprio su quest’altare nel 1263 un sacerdote boemo, dubbioso sull’identificazione dell’ostia con il corpo e sangue di Gesú, mentre celebrava la messa vide delle gocce di sangue sgorgare dall’ostia consacrata; l’anno dopo papa Urbano IV istituí la festa del Corpus Domini.

LA SBROSCIA DEL LAGO DI BOLSENA

Nei giorni in cui si celebra il Corpus Domini, a Bolsena, ma non solo, è possibile assaporare un piatto tipico, che possiamo immaginare sulle locali tavole imbandite rinascimentali, dovendo attendere la scoperta del continente americano per trovare pomodori e patate nei menu europei. (Digitalis sp. forse purpurea), conosciuta nel Medioevo come pianta velenosa. Sarebbe stato sicuramente meglio se Cangrande avesse bevuto un liquore alla camomilla (qui si riporta una ricetta dei nostri giorni), questo certamente digestivo, come già sapevano nel Medioevo!

✓ INGREDIENTI 2 manciate di fiori freschi interi di camomilla comune; acqua, 700 g di zucchero semolato, 1 l di alcol a 90°. ✓ PREPARAZIONE sbriciolare i fiori di camomilla e metterli a macerare nell’alcol per quaranta giorni. Scuotere due volte al giorno il vaso contenente il liquido, in maniera energica. Trascorsi i giorni, preparare a caldo uno sciroppo con acqua e zucchero. Attraverso una garza, filtrare l’alcol e spremere i residui vegetali per poterne ricavare tutta l’essenza. Unire lo sciroppo raffreddato, mescolare e lasciare riposare un giorno. Se il liquore è ancora leggermente velato, filtrare nuovamente. Imbottigliare e servire freddo in estate. 24 luglio A Bolsena (Viterbo) si festeggia santa Cristina, vergine e martire Originaria di Bolsena (anche se le fonti greche la dicono originaria di Tiro), Cristina, secondo la tradizione, fu giovanissima testimone di fede: sotto Diocleziano (243-312), a soli undici anni, suo padre, che ricopriva la carica di magister militum, la fece rinchiudere in una torre per costringerla ad abiurare il cristianesimo, sottoponendo la figli a supplizi continui (il fuoco, l’annegamento) durante i quali ella riceveva miracolosi aiuti. Alla morte del padre furono le 86

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✓ INGREDIENTI 1 tinca; 4 persici reali; 1 luccio; 1 anguilla; ½ cipolla; 3 cucchiai d’olio d’oliva; aglio q.b.; 1 peperoncino; mentuccia q.b.; pomodorini q.b.; 2 Kg di patate; sale q.b.; 1 ½ l d’acqua; 20 fette di pane raffermo. ✓ PREPARAZIONE pulire il pesce e far soffriggere in un tegame di coccio l’aglio, la mentuccia e la cipolla tritati con due cucchiai di olio. Sbucciare le patate e tagliarle a dadini, insieme ai pomodorini, poi aggiungerli al soffritto insieme al pesce tagliato, cuocere aggiungendo l’acqua. Salare e cuocere coprendo il tegame per circa mezz’ora. Sistemare le fette di pane nelle scodelle, versare la zuppa e condire con olio di oliva. Servire subito la zuppa. 25 luglio Giorno dedicato a san Giacomo (detto il Maggiore) Fratello di Giovanni Evangelista, Giacomo nacque a Betsàida e fu testimone dei principali miracoli del Signore. A causa del loro carattere lesto e impetuoso, il Salvatore soprannominò i due fratelli boànerghes, «figli del tuono». Giacomo fu il primo, tra gli apostoli, a subire il martirio: venne decapitato a Gerusalemme verso l’anno 43/44 per ordine di Erode Agrippa. Le sue spoglie furono trasportate in Spagna in un


viaggio durante il quale avvennero alcuni miracoli. Sarebbe stato poi Carlo Magno a scoprire il luogo della sua sepoltura, nell’anno 814. La tomba divenne presto meta di grandi pellegrinaggi. Il luogo prese quindi il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e, nel 1075, fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata: Santiago de Campostela. I pellegrini, giunti al santuario da tutta Europa, si fermavano sulle sponde del mare laddove «finiva la Terra» (Finis Terrae, in lingua galiziana Fisterra), per lavare gli abiti ormai consunti e per mangiare i frutti di mare di cui conservavano le conchiglie, che cucivano poi sul mantello o sul cappello a larga falda come testimonianza dell’avvenuto pellegrinaggio. «Las conchas» di san Giacomo finirono per servire come certificazione del viaggio di fede, da mostrare alle autorità preposte per ottenere esenzioni dalle tasse o dal pagamento di pedaggi lungo il viaggio di ritorno, e sono ancora oggi il simbolo dei pellegrini di tutto il mondo.

Delicatessen per viaggiatori CAPESANTE DI SAN GIACOMO

Il nome scientifico di questa varietà di conchiglia è Pecten jacobeus; in Italia viene chiamata «cappa santa», in Francia «coquille de Saint-Jacques». ✓ INGREDIENTI per 4 persone: 12 capesante; 50 g di burro; 1 cipolla; 1 mazzetto di prezzemolo; 1 tazza di pangrattato; 5 pomodori pelati e sgocciolati; olio d’oliva; 1 spicchio d’aglio; 1 cucchiaino di paprika dolce; 1 bicchiere di vino bianco secco; sale; 1 limone. ✓ PREPARAZIONE spazzolare accuratamente le conchiglie sotto acqua corrente, poi metterle in un grande tegame con il vino fino a farle aprire a fuoco vivo (e a recipiente scoperto). Estrarre dai molluschi noci e coralli e lavarli bene per eliminare tutta la sabbia. In altro tegame, fondere il burro, versarvi la cipolla e l’aglio tritati finemente, lasciare che prendano colore, poi aggiungere i pelati. Unire al soffritto noci e corallo ben sgocciolati, aggiungere sale e paprika, e cuocere per 40 minuti. Versare l’impasto nelle valve in uguale quantità e cospargerlo con un composto preparato con il pangrattato, il prezzemolo tritato e un paio di cucchiai di olio. Sistemare le conchiglie sulla leccarda e gratinare in forno a 180° per circa 10 minuti. Servire calde.

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Statua in pietra dipinta raffigurante san Giacomo Maggiore, fratello di Giovanni Evangelista. XV sec. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Decapitato a Gerusalemme nel 43/44, fu il primo tra gli apostoli di Cristo a subire il martirio.


Agosto

Agosto: la fabbricazione delle botti, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1473, 5 agosto Leonardo firma la sua prima opera certa La prima opera firmata e datata dal maestro è una veduta dal Montalbano di Vinci verso la Valdinievole e il Padule di Fucecchio. Il foglio è conservato a Firenze, presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.

BEVANDA DI TURCHI LA STATE

Nei suoi studi, Leonardo non mancò di prendere nota anche delle abitudini alimentari di altri popoli: sul foglio 482 recto del Codice Atlantico, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, si legge una nota risalente agli anni intorno al 1517 con la descrizione di una bevanda estiva propria dei Turchi, qui riproposta secondo attuali interpretazioni.

✓ INGREDIENTI 1 l di acqua minerale; 2 limoni non trattati; 4 cucchiai di zucchero; 4 cucchiai di petali di rosa essiccati; una coppa di alcol a 90°. ✓ PREPARAZIONE in una brocca capiente versare l’acqua minerale e aggiungere il succo dei limoni insieme ai 4 cucchiai di zucchero, ai 4 cucchiai di petali di rosa essiccati e alla coppa

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CODA DI BUE «ALLA SAN LORENZO»

La tradizione culinaria romana conta numerose preparazioni per le quali si utilizzano anche le parti meno nobili delle bestie da macello. Ecco dunque una proposta in tal senso.

✓ INGREDIENTI 800 g di coda di bue; 2 spicchi d’aglio; 258, 10 agosto Lorenzo, arcidiacono di Sisto II, subisce il martirio Secondo la tradizione, Lorenzo, condannato a morte al tempo dell’imperatore Valeriano, fu arso vivo su una graticola nel luogo in cui sorse poi l’omonima chiesa, in via Panisperna, a Roma. È invece piú probabile che il santo sia stato decapitato dopo aver distribuito ai poveri le offerte della sua chiesa anziché consegnarle al prefetto imperiale. È considerato patrono di varie categorie di lavoratori, tra cui i cuochi.

60 g di funghi porcini secchi; 100 g di burro; pangrattato; prezzemolo; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE lessare la coda di bue in acqua salata per 90 minuti. Scolare e tagliare a pezzi. Mettere in ammollo i funghi in acqua tiepida per almeno mezz’ora, poi strizzare e unire a un soffritto con aglio, prezzemolo e 30 g di burro. Insaporire la carne nel soffritto, rigirandola piú volte, poi scolarla e passare nel pangrattato. Friggere la carne nel burro rimasto. Servire la carne ben calda, con i funghi di contorno.

Paesaggio, disegno di Leonardo da Vinci, nel quale (a sinistra, in alto) è riportata l’annotazione «dí di Santa Maria della Neve addí 5 d’aghossto 1473» che lo certifica come prima opera sicuramente datata del maestro. Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Anche in questo caso, Leonardo adottò la scrittura «a specchio», per effetto della quale l’autografo, agli occhi di chi guarda, corre da destra verso sinistra. CUCINA MEDIEVALE

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Agosto

di alcol a 90°. Agitare per mescolare bene tutti gli ingredienti e far sciogliere completamente lo zucchero. Coprire e lasciare riposare per almeno 3 ore in un luogo fresco e buio. Successivamente, travasare la bevanda dalla brocca a una bottiglia, filtrando con una garza. Servire leggermente fresca.


RICETTARIO

Santa Chiara in un particolare di un affresco attribuito a Giotto e collaboratori. 1290 circa. Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa superiore.

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CUCINA MEDIEVALE

Agosto


1253, 11 agosto Muore ad Assisi santa Chiara Chiara degli Offreducci abbandona la famiglia all’età di diciannove anni per seguire l’esempio di Francesco che, alla Porziuncola, le tagliò i capelli e le fece indossare il saio, prima di condurla al monastero benedettino di S. Paolo, a Bastia Umbra. Costretta a fuggire dal padre, che la voleva riportare a casa, Chiara si rifugiò nella chiesa di S. Damiano, dove diede vita all’Ordine femminile delle «povere recluse» (chiamate in seguito Clarisse). La morte la colse due giorni dopo l’approvazione della sua Regola.

TORTA AL TESTO

Secondo la tradizione, a una donna afflitta da una forte tosse, Chiara – nonostante fosse giorno di digiuno – offrí un poco di focaccia, facendola ristabilire in poco tempo. Ecco dunque la ricetta di una torta che possiamo immaginare simile alla miracolosa «medicina» della santa.

✓ INGREDIENTI farina; acqua; olio di oliva; un pizzico di sale. ✓ PREPARAZIONE lavorare gli ingredienti a mano fino a ottenere un impasto morbido e omogeneo. Spianare con il mattarello di legno su piano di legno e formare torte basse, rotonde; bucherellare con una forchetta. La cottura viene effettuata sul testo, o panaro, precedentemente riscaldato a contatto di fonti di calore. La torta va girata sul testo piú volte fino a cottura. In assenza del testo, scaldare una padella antiaderente senza aggiungere grassi e spolverizzare con un pizzico di farina; quando questa apparirà brunita, si potrà mettere a cuocere la torta per alcuni minuti, rigirandola spesso

Otranto in un’incisione del XVII sec. Foggia, Biblioteca Provinciale. La città fu espugnata dalle truppe di Gedik Ahmed Pascià il 12 agosto 1480, dopo quindici giorni di assedio.

1480, 14 agosto I Turchi uccidono a Otranto ottocento cristiani La flotta turca che il 28 luglio aveva posto l’assedio alla città pugliese, era comandata dall’ammiraglio dell’impero ottomano Gedik Ahmed Pascià. Il 12 agosto i soldati musulmani entrarono in città, abbandonata dalla guarnigione aragonese, e si diedero a violenze e massacri. Il 14 agosto Ahmed Pascià ordinò il rastrellamento di tutti i superstiti di sesso maschile e d’età superiore ai quindici anni. Coloro che non rinnegarono la religione cristiana, furono portati sulla collina detta «di Minerva» e qui decapitati. All’indomani di quei tragici giorni, i Turchi dilagarono lungo le coste del Salento. I «martiri di Otranto» furono beatificati nel 1771 e santificati nel 1983.

RUTABIYYA

Si tratta della ricetta per preparare la carne con datteri, nella versione del Kitab al-Wusla di Ibn al-Adim.

✓ INGREDIENTI carne rossa; sale; spezie; datteri. ✓ PREPARAZIONE far cuocere la carne tagliata a pezzetti in una pignatta con acqua. Quando è cotta, scolarla e rosolarla nel grasso o nell’olio, aggiungendo sale e spezie a piacere. A fine cottura, aggiungere i datteri in quantità a piacere, lasciare sul fuoco un momento e servire; volendo, si possono inserire all’interno dei datteri snocciolati, le mandorle sbollentate e pelate.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Agosto

1534, 15 agosto La scelta di Ignazio Ignazio di Loyola (1491 circa-1556), avendo da tempo abbandonato la vita da cavaliere ed essendosi convertito dopo una malattia, riunisce nella chiesa di Saint-Pierre-de-Montmartre, a Parigi, altri studenti: decidono di legarsi reciprocamente con un voto di povertà e castità. Nel 1537 papa Paolo III consentí loro di essere ordinati come preti dedicandosi quindi alla preghiera e a opere di carità; tre anni dopo, la Compagnia di Gesú venne ufficialmente riconosciuta e Ignazio fu nominato primo Superiore Generale della Compagnia. Ignazio racconta che il comandante della nave che lo avrebbe portato, gratuitamente, da Barcellona a Roma, gli assicurò il passaggio solo a patto che il giovane portasse i biscotti «necessari al suo mantenimento».

Nella pagina accanto I miracoli di Sant’Ignazio di Loyola (particolare), pala d’altare di Pieter Paul Rubens. 1617-1618. Vienna, Kunsthistorisches Museum. in basso Napoli, chiesa di S. Maria Donnaregina Vecchia. Particolare del monumento funebre realizzato da Tino di Camaino per Maria d’Ungheria. 1324. Nelle nicchie compaiono i ritratti dei figli della sovrana, tra cui quello di Carlo Martello d’Angiò, scomparso prematuramente nel 1295 (secondo da sinistra).

BISCOTTINI RINFORZANTI

Le fonti non ci dicono quale fosse la ricetta dei biscotti che Ignazio dovette portare al comandante della nave, ma possiamo immaginare che non fossero troppo diversi da quelli di cui Ildegarda di Bingen suggeriva il consumo, perché capaci di rinforzare il sistema nervoso. Eccone una ricetta rivisitata.

DE LIMONIA

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Fare una miscela composta per quattro parti di noce moscata, quattro parti di cannella, e due parti di chiodi di garofano. Preparare un impasto mescolandovi farina di farro, miele, sale, polverina di lievito, burro, tuorli d’uovo, e mandorle tritate. Quando l’impasto sarà ben amalgamato, modellare delle piccole dita e fate riposare in luogo fresco. Indurito che sia il composto, cuocere in forno ben caldo per pochi minuti. 1295, 19 (?) agosto Muore a Napoli Carlo Martello d’Angiò Carlo Martello era nato a Napoli l’8 settembre 1271, figlio di Carlo II d’Angiò re di Napoli, e di Maria d’Ungheria (dalla quale gli derivò la corona ungherese, rimasta però solo un titolo e non effettivo regno). Si impegnò soprattutto nella gestione degli affari del regno di Napoli dove morí improvvisamente, probabilmente a causa della peste. A lui Dante Alighieri dedica l’VIII canto del Paradiso, lamentandone la scomparsa prematura. 92

CUCINA MEDIEVALE

La ricetta, che dovette senz’altro esser nota anche a Carlo Martello, è tratta dal Liber de coquina compilato da un autore anonimo, attivo presso la corte angioina di Carlo II. Molte preparazioni medievali a base di pollo sono chiamate limonia (laymuwiya nei ricettari arabi) perché l’ingrediente principale è sempre il succo di limone; come la romania fa parte di un gruppo di piatti acidi di origine araba, trasferiti nella cucina italiana. Nella seconda metà del Quattrocento si presenta come una variante del biancomangiare.

✓ INGREDIENTI pollo ruspante; lardo; cipolla; mandorle; brodo di carne; succo di limone; spezie; sale.

✓ PREPARAZIONE tagliare il lardo a dadini e farlo sciogliere insieme a una cipolla affettata; rosolare il pollo a pezzi; salare e spolverare con le spezie (chiodi di garofano, noce moscata, zenzero, zafferano). Aggiungere al pollo il latte di mandorla preparato con le mandorle e il brodo di carne (come alternativa si possono usare tuorli d’uovo). Far addensare e a fine cottura aggiungere il succo di limone, lasciar insaporire e servire.


CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Agosto

A destra Festa contadina (particolare), olio su tavola del pittore fiammingo Pieter Aertsen. 1550. Vienna, Kunsthistorisches Museum.

1153, 20 agosto Muore Bernardo di Chiaravalle, monaco e teologo, riformatore della Chiesa Nato a Digione nel 1090 circa, Bernardo entra nel monastero di Cîteaux insieme ad altri trenta parenti. Viene poi inviato a fondare un nuovo monastero cistercense a Clairvaux (nel dipartimento dell’Aube, Francia nord-orientale; in italiano, Chiaravalle). Da qui i suoi confratelli partono alla volta delle campagne di tutta Europa, da dissodare e coltivare. Bernardo non fu dedito solo alla preghiera, ma si fece anche arbitro dei contrasti politici che travolgevano la Chiesa di Roma, affiancando papa Eugenio III insidiato dall’antipapa Anacleto II. Ai suoi monaci chiedeva meno funzioni e tanto lavoro, ed era contrario alle chiese adorne, in contrasto con la realtà della gente: «Il povero ha fame».

MINESTRA DI PANE CONTADINO CON FOGLIE TENERE DI FAGGIO, PORRO E OLIO, PANE D’ORZO

È verosimile credere che quella di Bernardo di Chiaravalle fosse una mensa frugale, basata su quanto offriva madre Natura, che per lui era anche fonte di conoscenza e ispirazione: «Troverai piú nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dà» (scrive nelle Lettere). Bernardo e i suoi frati mangiarono probabilmente spesso la minestra con foglie di faggio, qui insaporita con la presenza di patate, all’epoca ancora sconosciute.

DE LASANIS

✓ INGREDIENTI 100 g di foglie di faggio tenere; 1 porro; 2 patate; ½ l di brodo vegetale; 4 fette di pane casareccio; olio di oliva; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE lavare e tagliare a strisce sottili le foglie di faggio, tagliare a rondelle il porro, fare cubetti di patate sbucciate. Versare tutto nella casseruola e cuocere per 20 minuti con il brodo. Aggiungere il sale, un filo di olio e pepe macinato. Grigliare il pane d’orzo e servirlo con la minestra.

1268, 23 agosto Battaglia di Tagliacozzo Carlo d’Angiò, incoronato re di Sicilia il 6 gennaio 1266 in Laterano, batte Corradino di Svevia, l’ ultimo degli Hohenstaufen, nel quale riponevano le speranze i fautori dell’impero. Sconfitto il suo esercito, Corradino viene catturato presso Torre Astura e condannato a morte. 94

CUCINA MEDIEVALE

Tratta, ancora una volta, dal Liber de coquina di anonimo della corte angioina, si tratta della prima versione di lasagne che si trova nei ricettari italiani. Alla fine della ricetta, si consiglia l’uso di un punctorio ligneo per prendere i pezzi di lasagna, forse un antenato della forchetta.

✓ INGREDIENTI pasta di pane; parmigiano; spezie (pepe, noce moscata, zenzero, chiodi di garofano, cannella); sale.

✓ PREPARAZIONE tirare una sfoglia sottile dalla pasta, e tagliarla a quadrati; sbollentarli in acqua bollente salata; scolarli e condirli con parmigiano grattugiato. Si può mettere la pasta, spolverata con le spezie, a strati su un tagliere.

31 agosto Il tempo della frutta secca Agli inizi del Seicento, il padre vallombrosano Vitale Magazzini descrive le pratiche agrarie della Toscana nei 33 capitoli della sua opera Coltivazioni. Alla fine del mese di agosto era giunto il tempo di seccare la frutta.


FICHI SECCHI DELLA VALDELSA E SUSINE AMOSCINE

Ecco la ricetta di Magazzini per essiccare fichi e susine.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «E i veri, e buoni fichi da seccare sono gli albi, i dottati, i lazzari, badaloni, ò bitontoni, e lardaiuoli, e verdoni (…) e si uorrebbero seccare al Sole, e non in forno; e perciò si fanno le fornaci, e seccatoie a posta. E nella ualdelsa per fargli stagionati perfetti, gli lasciano appassire su’l fico, e seguono poi seccargli com’è detto». «Si seccano le susine amoscine colte mature bene, e dato loro vn bollore nell’acqua si mettono a seccare al Sole, e con suoli di foglie d’alloro si serbano».

Agosto

In basso l’esecuzione di Corradino di Svevia, re di Sicilia, in una illustrazione realizzata per l’opera Historische Memorabilien des inund Auslandes di Anton Ziegler. 1846. Collezione privata. Il sovrano svevo, sconfitto a Tagliacozzo da Carlo d’Angiò, venne decapitato a Napoli, nell’odierna piazza del Mercato, il 29 ottobre 1268.


Ritratto di san Gregorio Magno, parte di un retablo realizzato a olio e foglia d’oro da di Pedro Berruguete. 1495 circa. Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya. 96

CUCINA MEDIEVALE


Settembre

Settembre: la semina, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

590, 3 settembre Sale al soglio pontificio Gregorio I, detto Magno

1191, 7 settembre Battaglia di Arsuf

Figlio di santa Silvia e di Gordiano, dell’antica gens Anicia, Gregorio venne eletto, ancora giovane, prefetto di Roma, ma si fece poi monaco e trasformò la sua casa sul colle Celio nel monastero di S. Andrea, di cui divenne abate. Fu inviato a Costantinopoli dal suo predecessore, Pelagio II, per stringere rapporti con l’imperatore e ottenerne l’appoggio per fronteggiare il dilagare dei Longobardi in Italia, dove la situazione era resa ancor piú critica da carestie ed epidemie. Eletto pontefice, Gregorio mediò la pace con i Longobardi favorendo la loro evangelizzazione e lavorò al riordino dell’amministrazione dei beni della Chiesa di Roma. Venne venerato subito come santo e il suo nome compare nei Martirologi fin dal VII secolo.

Nel corso della III Crociata, ad Arsuf (località costiera a nord di Giaffa, oggi in Israele), Riccardo Cuor di Leone sconfigge Saladino, sultano dell’Egitto e della Siria e conquistatore di Gerusalemme nel 1187. Grazie alla vittoria Riccardo I riuscí a raggiungere Giaffa, assicurandosi i rifornimenti via mare una volta conquistata la città e il suo porto.

ZUPPA DI PISELLI

Gregorio predicò sempre l’umiltà e l’aspirazione alla santità. Si narra che un giorno regalò a un povero il suo pasto: «Que’ pochi legumi che erano il suo vitto quotidiano». Ecco dunque la ricetta di un piatto che il pontefice avrà senza dubbio gustato.

✓ INGREDIENTI per 4 persone: 500 g di piselli; 30 g di pancetta di maiale; 1 spicchio d’aglio; 1 rametto di salvia; sale e pepe o zenzero; olio extravergine d’oliva. ✓ PREPARAZIONE Cuocere i piselli in abbondante acqua fino a formare una crema. Soffriggere con olio, sale e zenzero, la pancetta e l’aglio ben triturati, quindi unire ai piselli già cotti e far bollire per altri circa 10 minuti. Aggiungere un filo di olio a crudo. Riccardo I Cuor di Leone alla battaglia di Arsuf, illustrazione di Gustave Doré per l’Histoire des Croisades di Joseph-François Michaud, opera in 7 volumi stampata per la prima volta tra il 1821 e il 1822. CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Settembre

PALLINE DI PESCE

TORTA DI SCALOGNO

Ricetta tratta dal Fadalat al khiwan fi tayybat et-ta’am WaI-alwan di Ibn Razin (XIII secolo).

La ricetta dell’agliata è riportata nel Libro per cuoco attribuibile a un anonimo veneziano del XIV-XV secolo.

✓ INGREDIENTI pesce a piacere; pepe; olio di sesamo;

✓ INGREDIENTI pasta sfoglia; scalogni; lardo a fette; uova;

semi di coriandolo; olio; cipolla. ✓ PREPARAZIONE dopo aver sfilettato il pesce, pestarlo nel mortaio insieme alla cipolla, al coriandolo e al pepe aggiungendo l’olio; mescolare e fare delle palline o polpette piatte, poi friggerle nell’olio di sesamo. Aggiungervi una salsa di succo di limone, olio d’oliva, spezie piccanti e aglio (sahna) e spolverare con grani di coriandolo e sale.

1298, 8 settembre Battaglia di Curzola Presso Curzola (isola del Mare Adriatico oggi appartenente alla Croazia), i Genovesi distruggono la flotta veneziana e di 95 galee, solo 11 tornano in laguna. Marco Polo viene catturato. La notizia giunge a Costantinopoli dove i cittadini veneziani vengono massacrati dai Genovesi. Miniatura raffigurante un medico che estrae una freccia dalla schiena di un ferito, da un’edizione della Chirurgia di Ruggero Frugardi, medico vissuto nella seconda metà del XII sec., da alcuni considerato il fondatore della Scuola Medica Salernitana. XIII sec. Cambridge, Trinity College.

formaggio fresco o parmigiano grattugiato; zafferano; sale.

✓ PREPARAZIONE lessare gli scalogni, farli scolare, poi tritarli finemente e batterli con le fette di lardo. Battere due uova con zafferano, sale e formaggio, unire agli scalogni amalgamando bene. Stendere la pasta in una teglia e mettervi il preparato di scalogno; cuocere in forno per 20 minuti.

1231, 10 settembre Termina il soggiorno di Federico II a Melfi L’imperatore lascia la città lucana dopo aver promulgato le Constitutiones, un complesso di norme che, basate sul diritto romano giustinianeo, attingono anche alla tradizione araba e normanna senza tralasciare le consuetudini locali. Le Costituzioni Melfitane constano di tre libri scritti in latino, successivamente tradotti in greco, e costituirono il fondamento della legislazione del Regno di Sicilia fino al XVIII secolo. Ben undici titoli sono dedicati alla disciplina sanitaria nel regno e la stessa professione medica viene regolata per legge sin dal momento della formazione del medico: tre anni di logica e cinque anni di studi specifici da svolgersi nell’Università di Salerno, l’unica in tutto il regno deputata a impartire l’insegnamento di medicina.

RICETTA DI LENTICCHIE

Nel De flore dietarum, un trattatello di dietetica riferibile alla Scuola Medica Salernitana verosimilmente composto nel XII secolo, si legge che «le lenticchie sono fredde in secondo grado, asciutte in terzo, perciò generano sangue bilioso».


In basso illustrazioni dell’edizione del Liber Divinorum Operum di Ildegarda di Bingen contenuta nel Codice lucchese 1942. XIII sec. Lucca, Biblioteca Statale. Dall’alto, si vedono una città cinta da una doppia muraglia, l’una scura e l’altra luminosa, sotto la quale compaiono varie figure, tra cui una rappresentazione della stessa Ildegarda (in basso a destra).

✓ INGREDIENTI lenticchie; carne fresca di maiale o salsiccia; aceto; origano; menta; cumino; pepe; sale.

✓ PREPARAZIONE lessare le lenticchie dopo averle lasciate a bagno una notte; scolarle e ripassarle in una pentola dove si sta soffriggendo con olio la carne o la salsiccia; condire con una salsa di aceto con origano, menta, cumino, pepe e sale.

909 (o 910), 11 settembre Fondazione dell’abbazia di Cluny L’abbazia di Cluny (Francia centro-orientale) venne fondata per volontà del duca d’Aquitania Guglielmo il Pio, che inviò sulle rive del fiume Grosne una piccola comunità di appena dodici monaci. La posizione era strategica per i collegamenti fluviali, e non, con il resto della Francia, con l’impero e con Roma. Al primo abate Bernone (910-927) seguí Oddone (927-942), che impose l’osservanza della Regola benedettina. L’importanza dell’abbazia di Cluny crebbe a tal punto che nel 1130 dipendevano da essa ben 314 case religiose e quindi migliaia di monaci (460 nella sola casa madre): essa divenne la sede del piú importante ordine monastico dell’Occidente, detto appunto «cluniacense».

LE FAVE DEI MONACI DI CLUNY

I complessi monastici erano sempre dotati di orti, vigne e frutteti e possiamo perciò immaginare che una ricetta come questa venisse realizzata spesso nelle cucine della grande abbazia francese.

✓ INGREDIENTI fave secche; lardo; sale. ✓ PREPARAZIONE tenere a bagno le fave una notte, lavarle e metterle a bollire fino a che non si tolga l’involucro (si possono usare anche quelle già decorticate). A fine cottura raffreddarle con acqua fredda, condire con lardo e sale.

CUCINA MEDIEVALE

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Settembre

Disegno ricostruttivo della terza chiesa abbaziale di Cluny (oggi distrutta), la cui costruzione fu iniziata per volontà dell’abate Ugo di Sémur nel 1088.


RICETTARIO

Settembre

1179, 17 settembre Morte della mistica benedettina Ildegarda di Bingen Vissuta tra il 1098 e il 1179, la mistica renana è famosa per le sue visioni profetiche che, secondo la tradizione, le si presentarono fino dalla piú tenera età. Badessa nel monastero delle benedettine sul Rupertsberg, Ildegarda mirò alla riforma del clero e delle istituzioni monastiche, sia dal monastero sia in continue peregrinazioni. La sua copiosa opera letteraria comprende tra l’altro il Liber Scivias (o Scito vias lucis, 1141-51), il Liber vitae meritorum (1159-64) e il Liber divinorum operum (1164-70), scritti mistici che riflettono le sue visioni sulla creazione e la redenzione. Fu la prima donna in Germania a occuparsi di medicina e scienze naturali. Restano anche lettere, 70 canti spirituali musicati da lei stessa e un’autobiografia.

MINESTRA DI PESCE E FARRO

Nell’opera Physica, Ildegarda annota che «il farro è il miglior cereale. È caldo e grasso e ricco di energia, ed è piú leggero di altri cereali. In chi lo mangia sviluppa il giusto sangue e la giusta carne e rende allegro il suo spirito. Il farro dona la felicità all’animo umano e lo si mangia sempre, nel pane o in altre pietanze».

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Per preparar minestre, convien cuocer in acqua il pesce con aggiunta di cipolla e sedano. Cotto che sia, si toglie dall’acqua, si pulisce delle reste. Si fa poi cuocere del farro nello stesso brodo acciocché sodo diventi. Il farro cotto vien poi unito al pesce, condito con olio e prezzemolo». 1192, 21 settembre Accordo fra Riccardo Cuor di Leone e Saladino L’intesa, siglata un anno dopo la battaglia di Arsuf, prevedeva che Gerusalemme sarebbe rimasta in mano ai musulmani, ma i pellegrini cristiani avrebbero continuato a godere del diritto di visitare la città. 100

CUCINA MEDIEVALE

Miniatura raffigurante due pescatori e inserita a corredo della fiaba I tre pesci in un’edizione della raccolta di favole di antiche origini persiane e indiane Kalîla wa Dimna (Calila e Dimna). 1200-1220 circa. Parigi, Bibliothèque nationale de France.


Settembre CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Settembre

ZIRBAJ DI PESCE

Preparazione tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, ricettario arabo databile al XIII secolo.

✓ INGREDIENTI pesce fresco a piacere; aceto; miele; zafferano; atraf tib; tahina; pepe; uva passa; mandorle; olio di sesamo; farina; cipolla. 102

CUCINA MEDIEVALE

✓ PREPARAZIONE friggere il pesce nell’olio di sesamo dopo averlo fatto a pezzi e infarinato; farlo raffreddare. Mescolare aceto con zafferano,atraf tib, tahina e pepe; far friggere una cipolla nell’olio di sesamo e aggiungervi la salsa; mescolare e quando bolle versarla sul pesce, aggiungendo sopra mandorle sbollentate e colorate con lo zafferano insieme con un po’ di olio.


Settembre

A sinistra L’arresto di papa Pasquale, olio su tela di Karl Friedrich Lessing. 1840. Wuppertal, Von der Heydt-Museum. Nel 1111 Enrico V obbligò il pontefice a incoronarlo imperatore e a riconoscergli il diritto all’investitura dei vescovi con pastorale e anello, prerogative revocate nel Concilio Lateranense dell’anno successivo. A destra allegoria del mese di settembre, avente come soggetto la vendemmia. La formella ornava in origine la Porta dei Pellegrini (detta anche dei Mesi) della Cattedrale di Ferrara e viene assegnata a un artista anonimo, indicato come Maestro dei Mesi. 1230. Ferrara, Museo della Cattedrale.

infine assicurava al papa la sua devozione e fedeltà. Tali disposizioni furono un importante riconoscimento dell’autonomia del papato.

VINO CONFORTATIUM

1122, 23 settembre Stipula del Concordato di Worms Il concordato che pose fine alla lotta per le investiture venne siglato da Enrico V e da papa Callisto II: l’imperatore rinunciava all’investitura dei vescovi con l’anello e con il pastorale, ma si riservava il diritto di essere presente, anche tramite un suo legato, all’elezione medesima; restituiva poi alla Chiesa le terre e i diritti che aveva usurpato negli anni precedenti;

Ecco una bevanda che potrebbe aver trovato posto sulla tavola imbandita per festeggiare l’atteso accordo: si tratta di un vino speziato di gusto molto forte, dalle proprietà digestive.

✓ INGREDIENTI vino bianco; pepe nero in grani; chiodi di garofano; zenzero; uva passa.

✓ PREPARAZIONE mescolare le spezie e aggiungerle al vino insieme all’uva passa; lasciare in infusione alcuni giorni, poi filtrare e imbottigliare.

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RICETTARIO

Settembre

1066, 25 settembre Battaglia di Stamford Bridge Lo scontro si combatté all’epoca in cui l’Inghilterra era sotto la minaccia vichinga. L’esercito norvegese di re Hardrade, che rivendicava il trono inglese, si schierò presso Stamford, pochi chilometri a est di York, lasciando il controllo del ponte sul fiume Derwent a un solo temibile guerriero, armato di ascia. Il condottiero vichingo era cosí alto e feroce da spaventare l’esercito di Aroldo II Godwinson. Durante la battaglia cruenta che seguí, il re di Norvegia morí. Aroldo II lasciò rientrare in patria i pochi nemici sopravvissuti a patto di non attaccare mai piú l’Inghilterra. Ma il re ebbe poco tempo per gioire: due giorni dopo, sbarcava con la sua armata a Pevensey, nel Sussex, il duca Guglielmo di Normandia, detto il Conquistatore.

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CUCINA MEDIEVALE

POLLO ISLANDESE

Un ricettario nord-europeo degli inizi del XIII secolo propone una preparazione del pollo che può senz’altro aver fatto parte anche della dieta di re Hardrade e dei suoi temibili guerrieri.

✓ INGREDIENTI pasta sfoglia; pollo; pancetta; salvia; sale. ✓ PREPARAZIONE «Pollo in pastello con pancetta e salvia. Tagliate un giovane pollo in due parti e avvolgetelo interamente con foglie di salvia, e tagliateci sopra della pancetta e aggiungete sale per adattare al gusto. Quindi copritelo con un impasto e cuocetelo come pane nel forno». Si consiglia di disossare il pollo e, dopo averlo avvolto nella salvia, lardellarlo con la pancetta. I tempi di cottura possono variare da 45 a 60 minuti. A fine cottura tagliare a fette.


✓ INGREDIENTI formaggio fresco; uova; zafferano; pepe; coriandolo; acqua di foglie di coriandolo; menta; chiodi di garofano. ✓ PREPARAZIONE in una ciotola, sbriciolare il formaggio, aggiungere le uova, lo zafferano, il pepe, il coriandolo, l’acqua di foglie di coriandolo, la menta e i chiodi di garofano. Mescolare con le mani per amalgamare; versare in una teglia ben oliata, aggiungendo dei tuorli d’uovo e olio fino a coprire la superficie. Spolverare di zafferano e mettere in forno. Consumare a temperatura tiepida.

30 settembre La pasta «asciutta» Quella che segue è un’altra delle raccomandazioni elencate da Vitale Magazzini nelle Coltivazioni.

LASAGNE PER L’INVERNO

Il padre vallombrosano ricorda che settembre è il momento di preparare la pasta, ma «a tempo asciutto»:

Particolare del telo ricamato di Bayeux (comunemente detto «arazzo») raffigurante i soldati del duca Guglielmo di Normandia che consumano un banchetto alla vigilia della battaglia di Hastings. 1066-1077. Bayeux, Musée de la Tapisserie de Bayeux.

1130, 27 settembre Ruggero II viene eletto re di Sicilia Figlio di Ruggero I, conte di Sicilia, e di Adelaide degli Aleramici, Ruggero II degli Altavilla riuscí a unificare i domini normanni in Italia meridionale. Schieratosi a favore dell’antipapa Anacleto II, ottenne da questi il titolo di re di Sicilia, Puglia, Calabria, Capua, sebbene una parte del territorio dovesse ancora essere conquistata; l’investitura fu sancita anche dall’emanazione di una bolla. Nel Natale del 1130 fu incoronato a Palermo, dove la Cappella Palatina mostra ancora oggi tutto lo splendore della sua corte.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Si fanno le lasagne à buon sole, e quieto tempo per tutta la vernata di grano gentile annaffiato, che non sia riscaldato nè golpato, perché non si distendono, e vengono lucide, e granellose e grosse, e si intridino con acqua non calda, ne anco fredda, et in questa stagione, ma nel verno con acqua calda, ma non bollente»

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Settembre

TORTA DI FORMAGGIO E UOVA

Ricetta tratta dal Fadalat al khiwan fi tayybat et-ta’am Wa-I-alwan di Ibn Razin (XIII secolo).


Autunno La cucina bizantina

La dieta alimentare attestata a Bisanzio e nei territori che essa controllava è per molti versi «figlia» di quella adottata dall’impero romano. E sebbene il pane e il vino fossero i prodotti piú diffusi, non mancano varianti significative, che scaturiscono dai contatti con culture diverse e dalla messa a punto di tecniche produttive originali In alto stoviglie in ceramica di epoca bizantina. Parigi, Museo del Louvre. Nella pagina accanto Autunno, olio su tela di Giuseppe Arcimboldo. 1573. Parigi, Museo del Louvre. 106

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CUCINA MEDIEVALE

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ALMANACCO

Autunno

L

a stagione autunnale è un lento tramonto, presago di novità. E cosí ci appare la storia dell’Italia bizantina: l’impero romano si avvia alla scomparsa, lasciando il campo a un futuro carico di novità. Fra l’età tardo-antica e la caduta di Costantinopoli per mano turca nel 1453, l’impero bizantino arrivò a comprendere l’intera area del Mediterraneo orientale, il Nord Africa, parte della Spagna e dell’Italia (sotto Giustiniano I, 525565). All’indomani dell’avanzata araba nel VII secolo, si persero alcune di queste regioni (Egitto, Africa settentrionale, Spagna, Sicilia), ma la penisola balcanica, le isole dell’Egeo – compresa Creta – e l’Asia Minore fino al Caucaso rimasero sempre sotto il controllo imperiale. Un territorio dunque vasto e variegato, dal quale provengono prodotti diversi secondo la natura dei terreni e le condizioni climatiche. Elemento cardine della dieta era il grano, proveniente dalla Siria, dall’Egitto, dall’Africa settentrionale e dalla Sicilia (i maggiori produttori dell’impero). A partire dal VII secolo, in Egitto (prima della conquista araba) e in Anatolia si diffonde il grano duro (triticum durum), piú facile da trebbiare e conservare rispetto a quello tenero prodotto in età romana.

Rifornimenti costanti

Per assicurare a Costantinopoli i rifornimenti di grano egiziano, un’apposita flotta partiva tre volte l’anno da Alessandria per trasportare le 800 000 unità richieste dall’editto dell’imperatore Giustiniano. È stato calcolato che la razione quotidiana di pane fosse pari a 850 grammi a testa. In seguito alla conquista araba di questi territori, la produzione diminuisce, spostandosi in Tracia, Bitinia e nel Mar Nero settentrionale. Altri cereali coltivati erano il frumento in Asia Minore, l’orzo nei Balcani, entrambi in Eubea (come testimonia il teologo e scrittore Michele Coniate, 1140-1220 circa), la segale, il miglio e l’avena (soprattutto nel Peloponneso). I Bizantini praticavano inoltre un tipo di coltivazione che permetteva raccolti sia in inverno che in estate, come apprendiamo dallo scrittore Niceforo Gregora (1291 o 1292-1360), il quale poteva osservare contemporaneamente nei campi il grano giovane e quello maturo. Il grano e gli altri cereali venivano conservati in pozzi scavati nel terre108

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no (usanza ampiamente attestata fin dalla preistoria e che perdura in epoca medievale, come conferma, per esempio, la testimonianza dello storiografo Procopio di Cesarea, attivo nel VI secolo, il quale, nella Guerra gotica, scrive che durante alcuni scontri tra Bizantini e Goti presso Porta Salaria a Roma, «uno dei fanti romani nel gran tumulto cadde dentro ad una fossa profonda, come molte gli antichi ne avean fatte colà, cred’io per riporvi frumento») oppure entro pithoi, grandi contenitori di terracotta. I raccolti venivano macinati in mulini azionati da animali o schiavi, come già in età romana, poi sostituiti da impianti ad acqua (uno di essi, risalente al V secolo, è stato individuato nell’agorà di Atene, ma la loro presenza è documentata anche a Roma e Bisanzio tra il IV e il VI secolo). I mulini a vento sono attestati a Bisanzio intorno al XIV secolo. Il pane veniva preparato sotto forma di pagnotte, talvolta piatte, cotte nei forni pubblici (a


Costantinopoli operavano ventuno panetterie statali, presso le quali il pane veniva poi distribuito a prezzo ridotto o gratuitamente a chi ne aveva diritto, come succedeva nella Roma imperiale), mentre i contadini erano soliti ricorrere alla cottura sotto la cenere. I soldati impegnati nelle missioni mangiavano invece un pane cotto due volte e fatto asciugare al sole, cosí da ottenere una galletta, chiamato paximadion.

Campioni di biodiversità

Oltre al grano, la dieta bizantina si componeva di legumi, verdure e frutta. Tra le verdure piú diffuse, vi erano cavolo, cipolla, porro, carota, aglio e zucca. Negli orti si piantavano molti tipi di frutta, tra cui cocomero, melone, mela cotogna, pera, mela, ciliegia, prugna, fico, limone, la pesca (detta «frutto persiano»), melograno, mandorlo, noce, castagna. Altre piante non venivano coltivate a scopo alimentare, ma per ricavarne tessuti, come il lino e il cotone (di cui

ancora oggi vi sono piantagioni in alcune aree della Beozia, in Grecia). L’olivicoltura e la viticoltura erano diffuse in tutto il territorio dell’impero bizantino. L’olio ricavato dalla torchiatura veniva utilizzato sia per cuocere e condire, sia per l’illuminazione. I maggiori produttori erano la Siria e l’Africa settentrionale; con la conquista araba di queste aree, la coltivazione dell’olivo si limitò alle coste dell’Asia Minore, alla Grecia (soprattutto il Peloponneso meridionale) e all’Italia meridionale (in Terra d’Otranto). La vite era coltivata ovunque, anche nelle zone di montagna. A Bisanzio il vino, insieme al pane, era il prodotto alimentare piú diffuso. La vite veniva piantata negli orti intorno agli alberi, mediante sostegni di canne. Il «vino greco», a cui si aggiungevano particolari ingredienti come gli aghi di pino per facilitarne la conservazione, viene giudicato imbevibile da Liutprando di Cremona durante la sua visita a

Miniatura raffigurante Basilio I, imperatore d’Oriente (812-886), a banchetto con la sua corte, dal Codex Graecus Matritensis Ioannis Skylitzes, manoscritto greco di produzione siciliana che riporta la Sinossi della Storia di Giovanni Scilitze. XII sec. Madrid, Biblioteca Nazionale.

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ALMANACCO

Mosaico raffigurante un contadino che porta una cesta piena di uova e alcune galline, dal Grande Palazzo di Costantinopoli, residenza degli imperatori bizantini dal 330 all’XI sec. VI sec. Istanbul, Museo del Mosaico.

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CUCINA MEDIEVALE

Autunno

Costantinopoli nella metà del X secolo, perché sapeva di pece, resina e gesso (probabilmente aveva assaggiato un vino simile all’odierna retsina). Vini pregiati erano però prodotti a Creta, in Eubea, a Lesbo e a Rodi, ma anche regioni piú interne e montagnose, come la Frigia, avevano estese coltivazioni di vite fino a 1500 m di altitudine, tanto che i mercanti della Cilicia esportavano il loro vino, agli inizi del VI secolo, fino a Costantinopoli. I Bizantini allevavano varie specie di bestiame, anche se, in molti casi, gli animali venivano utilizzati per il lavoro nei campi o come bestie da soma; troviamo infatti cavalli, asini, muli,

cammelli (in Siria, Egitto, Africa settentrionale), vacche, bufale, pecore, capre, maiali. Gli ovicaprini erano i piú diffusi, seguiti dai suini, allevati a scopo alimentare; occorre però rilevare che la carne di maiale non veniva mangiata nelle zone meridionali dell’impero (Egitto, Siria, Palestina), ma solo in Asia Minore e nei Balcani. Se il consumo di carne presso i monaci bizantini era proibito (nel monastero in cui dimorò san Teodoro di Sicione – vissuto tra il VI e il VII secolo –, la carne era concessa agli ospiti solo tre volte l’anno, nei giorni dedicati ai santi protettori: Michele Arcangelo, Giorgio e Platone), sicuramente era diffuso tra i laici. Il latte veniva


usato per produrre formaggi freschi e altri derivati, tra cui lo yogurt, alimento tipico della cucina turca attuale, ma già venduto nelle strade di Costantinopoli nel XII secolo. L’allevamento del pollame era abbastanza diffuso, sia per la carne che per le uova, presenti nelle mense dei poveri; altri volatili da cortile erano i piccioni, le oche, i fagiani e i pavoni, questi ultimi allevati a scopo ornamentale. La caccia era lo svago principale dei nobili e degli imperatori, che catturavano cervi, caprioli, cinghiali, fagiani, mentre la pesca veniva praticata anche dai contadini dei villaggi disposti lungo le zone costiere, cosí come nei grandi fiumi, nei laghi e nelle paludi. Da alcune fonti si ricava che l’attività legata al pescato e alla sua commercializzazione costituiva per i contadini un’entrata pari a quella agricola. L’estrazione del sale marino in Macedonia e sul Mar Nero permetteva la conservazione del pesce. Ancora attestata era inoltre la produzione del garum, la salsa a base di pesce tipica della cucina romana. L’apicoltura veniva praticata dai contadini e dai monaci, in quanto il miele costituiva una delle principali fonti di carboidrati della dieta bizantina. Il suo sviluppo a Bisanzio a partire dal VII secolo, fu anche dovuto al fatto che i Bizantini cominciarono a sostituire le lampade a olio con le candele, e dunque crebbero considerevolmente le richieste di cera.

Mosaico raffigurante un pastore che porta un agnello sulle spalle e una cesta di formaggi, dal Grande Palazzo di Costantinopoli. VI sec. Istanbul, Museo del Mosaico.

di maiale, commerciata fresca o salata, a cui segue il pollame. La carne bovina è invece assente, in quanto i buoi vengono utilizzati nel lavoro dei campi. La vendita del pesce fresco avveniva nei portici della città, ognuno presidiato da un capo, il quale ogni mattina doveva recarsi dall’eparca (prefetto) e informarlo dell’esito della pesca notturna, in modo che questi regolasse la vendita ai cittadini.

Un controllo ferreo

I rivenditori di generi alimentari misti invece «devono aprire i loro negozi in tutte le grandi arterie cittadine e anche nei vicoli, affinchè chiunque possa trovare facilmente le provviste di prima necessità. Essi devono commerciare in carne e pesce salato, anguille affumicate, formaggio, miele, olio, legumi di ogni tipo, burro (...) ma non in altre merci che sono specialità dei macellai, degli osti o dei droghieri». Da questo documento si ricava inoltre che tutti i prodotti basilari dell’alimentazione bizantina erano sottoposti al controllo statale. A Bisanzio e nel suo territorio, vi erano ovunque orti nei quali si coltivavano frutta e ortaggi; una raccolta di regole sulla coltivazione dei campi risalente al VI secolo (Gheoponikà), permette di farsi un’idea sulla loro varietà: vi sono

Spezie e ricercatezze

Tra il IX e il X-XI secolo, la situazione politica dell’impero bizantino si stabilizza e la relativa sicurezza delle vie di comunicazione tra Oriente e Occidente, dopo il declino della potenza araba – che nel 961 perde Creta e, nel 1061, la Sicilia –, favoriscono gli scambi commerciali, che sono appannaggio quasi esclusivo delle repubbliche marinare, principalmente Genova e Venezia. Queste ultime commerciano non solo spezie e beni di lusso, ma ogni genere di prodotto, compresi quelli alimentari. Cosí, dal libro contabile di un mercante di Eraclea sul Mar Nero, intorno al 1360 compare il formaggio veneziano proveniente da Creta, o il caviale della colonia veneta di Tana nel Mar d’Azov. I consumi alimentari nella capitale dell’impero bizantino ci sono noti grazie a varie fonti; una di esse è l’Eparchikòn Biblíon (Libro del Prefetto), una raccolta di disposizioni corporative fatta redigere dall’imperatore Leone VI (886-912) per tutelare i consumatori dall’aumento dei prezzi e i produttori e gli artigiani dalla concorrenza sleale. Da alcuni passi, si ricavano notizie sul consumo di carne, principalmente di pecora e CUCINA MEDIEVALE

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ALMANACCO

Autunno

Miniature raffiguranti, dall’alto, la cattura della selvaggina con le reti, la caccia con l’arco e due cacciatori assaliti dalle belve, mentre un terzo si allontana con la preda, da un’edizione manoscritta del poema Cynegetica (La caccia) scritto da Oppiano di Siria (attivo

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nel III sec. d.C.). 1554. Parigi, Bibliothèque nationale de France. Protagonisti delle vignette, che offrono una gustosa testimonianza dell’arte venatoria, sono altrettanti personaggi della tradizione mitologica greca, vale a dire Ippolito, Atalanta e Orione.


elencati – secondo il periodo di semina – prezzemolo, porro, cipolla, carota, barbabietola, fagioli, insalata, cavolo, coriandolo, aneto, ruta, cicoria, lattuga, bietolone, menta, indivia, rapa, rafano, rucola, fieno greco, malva. I cibi preparati in casa venivano spesso consumati crudi, limitandosi a pane, formaggio, olive e frutta, anche a causa dell’alto prezzo della legna da ardere; pertanto, si preferiva mangiare in locande e trattorie. Qui si potevano trovare minestre di legumi cotti con acqua e olio, carne di agnello e maiale arrosto (come i suvlakia delle odierne taverne greche), pesce fritto, piatti accompagnati da un largo uso di aglio, cipolla e porri. Come dolci si consumavano focacce fritte cosparse di miele, mentre il vino veniva allungato con acqua tiepida e mescolato con resina, petali di rosa, finocchio o sedano.

Anche i poveri a banchetto

Se questo era il cibo delle classi medie e piú povere, la mensa dell’imperatore, nel XII secolo, era ancora legata alla cultura alimentare dell’impero romano e poteva perciò annoverare, per esempio, polli disossati con ripieno di mandorle in salsa di miele o pecore arrostite che, una volta sventrate, lasciavano uscire stormi di pas-

Miniatura raffigurante una scena di pesca, da un’edizione della Cynegetica di Oppiano appartenuta al cardinal Bessarione. XI sec. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana.

seri vivi, oppure pesci di acqua dolce, come la carpa e lo storione. Ma questa magnificenza, secondo la mentalità bizantina, doveva attenersi ai principi cristiani di carità, pertanto non era raro che ai banchetti dei ricchi venissero invitati anche i poveri. Inoltre, per guadagnarsi la beatitudine del Paradiso, i benestanti, i funzionari statali e lo stesso imperatore, provvedevano ad alleviare le sofferenze dei poveri con opere di beneficenza, comprendenti anche ospedali, alberghi, case di riposo e pubbliche mense, nelle quali si servivano pane, carne, pesce, formaggio, legumi e verdure cotte. Le razioni alimentari dei soldati variavano secondo le esigenze; se, come già ricordato, al posto del pane veniva fornita una galletta secca e leggera chiamata paximadion, durante le marce venivano distribuite carne e pancetta salate, in salamoia durante le campagne militari. Quando si era accampati invece, la carne fresca era fornita dal bestiame, che veniva portato insieme alle altre vettovaglie. L’acqua, la cui potabilità era controllata attentamente, veniva in genere mescolata ad aceto (phouska o aqua posca), anche se, contrariamente agli avvertimenti degli scritti militari, al posto dell’acqua le borracce venivano spesso riempite con il vino. CUCINA MEDIEVALE

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Luglio

Luglio: la battitura del grano, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1° luglio Gli auspici di un poeta Folgore da San Gimignano (1270-1332) è uno dei rappresentanti della poesia comico-realistica della Toscana medievale. Scrisse una «corona» di 14 sonetti dedicati a tutti i mesi dell’anno, rivolgendosi idealmente a una compagnia cortese, augurandole di godere delle buone cose che caratterizzano le attività di ogni periodo dell’anno. A luglio, Folgore auspica di bere «con le fiasche piene di dolce vino trebbiano; nelle cantine i vini freschissimi d’uva vaiana» e mangiare «starne arrosto, e giovani fagiani, capponi lessati, capretti reali e, a chi piacciono, la vitella e la salsa d’aglio».

AGLIATA

La ricetta dell’agliata è riportata nel Libro per cuoco attribuibile a un anonimo veneziano del XIV-XV secolo.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Cuocere sotto le braci 18 grossi spicchi di aglio avvolti in alluminio. Schiacciare l’aglio cotto spellato insieme a 2 spicchi di aglio crudo e mischiarlo con la mollica di pane bagnata già nel brodo, insieme a 2 pizzichi di spezie dolci (cannella, noce moscata e zenzero) e un mestolino di brodo di verdura tiepido. Pestare il tutto fino a ottenere un composto della consistenza della vellutata, poi scaldare il composto e servirlo caldo aggiustando all’ultimo il sale.

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CUCINA MEDIEVALE

1494, 2 luglio La Spagna ratifica il Trattato di Tordesillas (firmato il 7 giugno) Per effetto dell’accordo, Spagna e Portogallo (che lo ratificò il 7 settembre) si spartirono il Nuovo Mondo. Nella cittadina della Vecchia Castiglia, i due Paesi, infatti, ridefinirono la linea di demarcazione già tracciata da papa Alessandro VI dopo il primo viaggio di Colombo. La nuova linea (raya) fu spostata 370 leghe a ovest di Capo Verde. Tale spostamento fu definitivamente sanzionato nel 1506 da papa Giulio II.


RAVIOLI FRITTI ALLA MANIERA DI TOLEDO

Ricetta tratta dal Fadalat al khiwan fi tayybat et-ta’am Wa-I-alwan di Ibn Razin (XIII secolo).

✓ INGREDIENTI farina sale, olio, formaggio fresco; anice; succo di menta e di coriandolo; miele; burro; zucchero; cannella. ✓ PREPARAZIONE preparare dei fogli di pasta impastando la farina con acqua e olio; per il ripieno, mescolare il formaggio fresco grattugiato con anice e succo di menta e di coriandolo; mettere il ripieno al centro di ogni foglio, ripiegando i bordi verso il centro. Friggere i ravioli in padella e una volta cotti, disporli su un piatto gli uni sugli altri, coprendoli di miele e burro fresco fuso, cospargere infine con lo zucchero e la cannella.

Sbollentare le cipolline in una pentola di acqua calda salata per 5 minuti, poi scolare. Tritare finemente cipolla e carota, e rosolare con burro già fuso, poi mettere nella teglia anche la carne, rosolare da entrambi i lati e irrorare con il vino; abbassare la fiamma, salare e pepare, poi coprire il tegame e cuocere a fuoco lento per circa 20 minuti. Trasferire la carne sul piatto da portata caldo e nel tegame di cottura della carne unire castagne, cipolline, pancetta e ½ bicchiere d’acqua. Quando gli ingredienti si saranno amalgamati, versarli sulla carne e servire.

11 luglio Festa di san Benedetto Dal 1964, questa data è stata scelta per celebrare il patrono d’Europa, San Benedetto da Norcia (480 circa-543/560), padre del monachesimo occidentale. Dopo aver vissuto alcuni anni in solitudine presso il sacro Speco di Subiaco, fondò un cenobio prima a Subiaco, poi a Montecassino, dando ai suoi confratelli una nuova regola di vita riassunta nel motto «Ora et labora». Già due secoli dopo la sua morte, erano oltre mille i monasteri guidati dalla sua Regola.

COSTATE ALLA SAN BENEDETTO

I monaci si astenevano dal mangiare la carne, ma solo quella «dei quadrupedi», ritenuta capace di «solleticare la sensualità», mentre era concesso il pollame (piú leggera, quindi meno pericolosa per la virtú) e i pesci. Unica eccezione «ai malati molto debilitati sia concesso anche di mangiare carne perché si riprendano; ma quando siano migliorati si astengano tutti dalla carne come al solito...».

✓ INGREDIENTI per 4 persone: 4 costate di vitello; 400 g di castagne sbucciate; 300 g di cipolline borretane sbucciate; 1 carota; 1 cipolla; 1 bicchiere di vino bianco; 80 g di pancetta affumicata; 2 foglie di alloro; 20 g di burro; olio; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE mettere le castagne in acqua fredda con 2 foglie di alloro e 1 cucchiaio di olio, lessare e scolare.

In alto Il menu di grasso, olio su tela di Jean-Baptiste Siméon Chardin. 1731. Parigi, Museo del Louvre. Nella pagina accanto, in basso la pergamena originale del Trattato di Tordesillas (1494), siglato tra Spagna e Portogallo. Siviglia, Archivio de Indias. A destra Norcia (Perugia). Statua di san Benedetto realizzata da Francesco Prinzi per il XIV centenario della nascita del santo. CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Luglio

1442, 12 luglio Alfonso V d’Aragona strappa Napoli agli Angioini Detto il Magnanimo, Alfonso nacque in Spagna, probabilmente a Medina del Campo, nel 1396, figlio di Ferdinando I al quale successe nel 1416 nei regni di Aragona, Valenza, Maiorca, Sardegna, Sicilia e nella contea di Barcellona. Fu chiamato a Napoli dalla regina Giovanna II, che lo adottò per opporlo a Luigi III d’Angiò, ma non fu facile conquistare quella corona e, dopo un primo ritorno in patria nel 1423 e una sconfitta navale a Ponza nel 1435, a cui seguí la prigionia, fu solamente nel giugno del 1442 che tornò a occupare la città partenopea. Giunsero quindi a Napoli numerosi connazionali del re, che ebbero incarichi di governo, diffondendo nella città usi e costumi spagnoli.

A destra miniatura raffigurante l’esercito cristiano in navigazione verso la Terra Santa, dal Roman de Godefroi de Bouillon, opera forse attribuibile a Guglielmo di Tiro. 1337. Parigi, Bibliothèque nationale de France. A sinistra verso di una medaglia in bronzo raffigurante il re Alfonso V d’Aragona, in armatura e con la spada, che viene incoronato dalle divinità romane Marte e Bellona. XV sec. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

1099, 15 luglio La conquista di Gerusalemme pone fine alla I Crociata

ZUPPA DEGLI ARAGONESI

Ricetta tratta dall’Anonimo Napoletano (o Cuoco Napoletano) un’opera nota grazie al Manoscritto Bühler 19, oggi conservato presso la Pierpoint Morgan Library di New York.

✓ INGREDIENTI fegatelli di pollo, di maiale o di agnello; pepe; zenzero; zafferano; fette di pane ammollato nel brodo.

✓ PREPARAZIONE lessare i fegatelli e pestarli insieme al pane ammollato nel brodo. Passare alla stamigna diluendo con brodo e aggiungendo pepe, zenzero e zafferano. Cuocere la zuppa, servire aggiungendo fette di pane bruscato.

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Probabilmente quando papa Urbano II invitò i principi a rivolgere le armi contro i nemici della fede in Oriente (marzo 1095), intendeva principalmente appoggiare l’imperatore di Bisanzio contro i Turchi, auspicando un ritorno all’unità religiosa. Al suo appello rispose prontamente una folla di umili e senza casa che si riuní intorno a Pietro l’eremita e che fu annientata dai Turchi nell’avanzare verso Nicea (Crociata dei poveri), mentre i principi francesi, tedeschi e italiani andavano organizzando la spedizione, in accordo con Roma, riunendo un contingente che si stima intorno ai 20 000 crociati. Alla conquista di Nicea (14 maggio 1097) seguí quella di Antiochia (3 giugno 1098); dal maggio del 1099 i crociati marciarono verso Gerusalemme, che raggiunsero il 7 giugno. Intanto i Genovesi erano sbarcati nel porto di Giaffa con tutto il necessario per la costruzione delle macchine d’assedio. I crociati sferrarono l’attacco finale il 15 luglio,


Luglio

abbandonandosi poi a uno spietato massacro. Goffredo di Buglione ebbe il titolo di «avvocato del S. Sepolcro», alla sua morte il fratello Baldovino assunse il titolo di re.

SIKBAJ ALLE MELANZANE

Tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, ricettario arabo databile al XIII secolo.

✓ INGREDIENTI carne di agnello; melanzane; cipolle; canella; coriandolo; sale; zucchero; aceto; succo d’uva; mandorle; fichi secchi; uva passa; amido; acqua di rose. ✓ PREPARAZIONE rosolare la carne con due cipolle tritate in quattro cucchiai d’olio, coprire il tutto con acqua e far cuocere a fuoco lento. A parte cuocere in acqua salata due o tre melanzane, poi aggiungerle alla carne insieme al coriandolo, la cannella e il sale pestati nel mortaio. Sciogliere un cucchiaio di zucchero in un cucchiaio di aceto e una tazza di succo d’uva, con un cucchiaio di amido, e aggiungere il tutto alla carne, far

cuocere qualche minuto e cospargere di acqua di rose. Mettere in un piatto decorando con mandorle, fichi secchi e uva passa.


RICETTARIO

Luglio

1228, 16 luglio Papa Gregorio IX proclama santo Francesco d’Assisi, a meno di due anni dalla morte Assistono alla cerimonia di santificazione la madre, madonna Pica, il fratello Angelo, il vescovo Guido di Assisi, che a lungo aveva sostenuto il «poverello», e una folla di persone che amava Francesco ed era stata testimone degli episodi della sua vita. Secondo la tradizione, certo che fosse giunta la sua ora, Francesco dettò una lettera per Jacopa di Sottesoli, devota di santa Chiara, alla quale chiedeva di raggiungerlo alla Porziuncola: «E porta con te un panno di colore cenerino per avvolgere il mio corpo e i ceri per la sepoltura», esprimendo anche un ultimo desiderio: «Ti prego anche di portarmi quei dolci, che tu eri solita darmi quando mi trovavo malato a Roma». Ma la donna si era già messa in cammino e, finita la dettatura, Francesco la vide arrivare con la veste, le candele e i dolci, noti allora col nome di mortarioli. Dalla tradizione della cucina medievale umbra, ecco una possibile rivisitazione di questi biscotti (vedi box qui sotto). A destra Assisi, basilica di S. Francesco, chiesa superiore. Il pianto delle Clarisse, particolare dell’affresco di Giotto che ritrae il dolore di santa Chiara e delle sue consorelle, davanti alla salma di san Francesco, dal ciclo delle Storie di San Francesco. 1296-1300.

I biscotti del Poverello MOSTACCIOLI DI SAN FRANCESCO

✓ INGREDIENTI 250 g di mandorle; 125 g di miele; due albumi; una presa di pepe; una presa di cannella; 150 g di farina. ✓ PREPARAZIONE mettere a bagno le mandorle in poca acqua bollente, spegnere il fuoco e coprire con un coperchio. Dopo qualche minuto, scolare le mandorle un po’ alla volta e spellarle. Pestare le mandorle insieme a miele, albumi, pepe e cannella. Ottenuta una pasta omogenea, versarla sulla spianatoia e aggiungere la farina fino a ottenere una pasta piuttosto consistente. Stendere la pasta e farne listerelle di circa 4 centimetri. Adagiare i biscotti sulla teglia leggermente unta e infarinata (rimuovere la farina in eccesso) e cuocere a forno leggero per circa 20 minuti, lasciare raffreddare i biscotti prima di toglierli dalla teglia.

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Il trionfo della Santa Croce, olio su tela di Marceliano Santa MarĂ­a Sedano che rievoca la storica vittoria conseguita nel 1212 a Las Navas de Tolosa dalle armate cristiane, durante la guerra di Reconquista. 1892. Burgos, Museo Marceliano Santa MarĂ­a.

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Quando le truppe di Muhammad al-Nasir minacciarono di travolgere la Castiglia, il re Alfonso VIII (1155-1214) si diede a un’intensa attività diplomatica per organizzare un fronte unico degli Stati cristiani della penisola iberica, cercando inoltre l’aiuto delle altre nazioni europee. Innocenzo III concesse le indulgenze della crociata e alle truppe dei re di Castiglia, Aragona e Navarra si unirono molti stranieri: partito da Toledo, l’esercito travolse il nemico a Las Navas de Tolosa (provincia di Jaén), ottenendo la piú importante vittoria spagnola contro i Mori.

TIMBALLO DI SARDINE ALLE ERBE FRESCHE

Tratta dal Fadhalat al-khiwan fi tayyibat al-ta’ am wa-l-alwan, ricettario di cucina andalusa dell’erudito e gastronomo di Murcia Ibn Razin (XIII secolo)

✓ INGREDIENTI sardine; coriandolo; menta; finocchio; cipolla; cannella; zenzero; mastice.

✓ PREPARAZIONE tritare le erbe e stendere uno strato di questo trito sul fondo di una teglia, poi uno strato di sardine, alternando fino a riempire la teglia. Spolverare con la cannella, lo zenzero e il mastice e mettere in forno.

1329, 22 luglio Muore Cangrande I della Scala Nato forse nel 1291, Cangrande I venne associato al potere nel 1301, all’indomani della scomparsa del padre Alberto I, insieme al fratello Alboino. Nel 1311, alla morte di quest’ultimo divenne unico signore di Verona, e poi, dopo averle conquistate, governò anche su Vicenza, Feltre, Belluno, Padova e Treviso. Nominato vicario imperiale da Enrico VII, si impose anche come capo riconosciuto dei ghibellini dell’Italia settentrionale, e, protettore di letterati e artisti, esercitando questo ruolo anche a favore di Dante Alighieri, il quale – non a caso – lo colloca nel Paradiso della Commedia. La lotta contro i guelfi gli costò la scomunica, comminata nel 1320 da papa Giovanni XXII.

LIQUORE DIGESTIVO ALLA CAMOMILLA

Nei giorni che seguirono l’assalto a Treviso, con il quale Cangrande si apprestava a coronare il sogno di riunire in un unico regno le città venete della terraferma, il condottiero muore dopo un attacco improvviso di febbre violenta, accompagnata da vomito e diarrea. Quasi sette secoli piú tardi, una ricerca condotta sulla mummia di Cangrande presso l’Università di Pisa ha stabilito che l’uomo morí per avvelenamento, avendo bevuto un infuso o un decotto a base di camomilla e gelso nero in cui era contenuta la digitale CUCINA MEDIEVALE

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Luglio

1212, 16 luglio Battaglia di Las Navas de Tolosa


RICETTARIO

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autorità imperiali a infliggere a Cristina altre durissime pene (nuovamente il fuoco, la botte, i serpenti), fino alla morte. Già nel IV secolo il luogo della sua sepoltura era oggetto di culto: sotto la basilica medievale sono ancora visibili le catacombe nelle quali si trova il sarcofago in cui fu deposto in origine il corpo della santa. Nella stessa basilica, un piccolo altare è formato dalla lastra che fu appesa al collo della fanciulla nel tentativo di annegarla, sulla quale è miracolosamente rimasta impressa l’impronta del suo piede. Proprio su quest’altare nel 1263 un sacerdote boemo, dubbioso sull’identificazione dell’ostia con il corpo e sangue di Gesú, mentre celebrava la messa vide delle gocce di sangue sgorgare dall’ostia consacrata; l’anno dopo papa Urbano IV istituí la festa del Corpus Domini.

LA SBROSCIA DEL LAGO DI BOLSENA

Nei giorni in cui si celebra il Corpus Domini, a Bolsena, ma non solo, è possibile assaporare un piatto tipico, che possiamo immaginare sulle locali tavole imbandite rinascimentali, dovendo attendere la scoperta del continente americano per trovare pomodori e patate nei menu europei. (Digitalis sp. forse purpurea), conosciuta nel Medioevo come pianta velenosa. Sarebbe stato sicuramente meglio se Cangrande avesse bevuto un liquore alla camomilla (qui si riporta una ricetta dei nostri giorni), questo certamente digestivo, come già sapevano nel Medioevo!

✓ INGREDIENTI 2 manciate di fiori freschi interi di camomilla comune; acqua, 700 g di zucchero semolato, 1 l di alcol a 90°. ✓ PREPARAZIONE sbriciolare i fiori di camomilla e metterli a macerare nell’alcol per quaranta giorni. Scuotere due volte al giorno il vaso contenente il liquido, in maniera energica. Trascorsi i giorni, preparare a caldo uno sciroppo con acqua e zucchero. Attraverso una garza, filtrare l’alcol e spremere i residui vegetali per poterne ricavare tutta l’essenza. Unire lo sciroppo raffreddato, mescolare e lasciare riposare un giorno. Se il liquore è ancora leggermente velato, filtrare nuovamente. Imbottigliare e servire freddo in estate. 24 luglio A Bolsena (Viterbo) si festeggia santa Cristina, vergine e martire Originaria di Bolsena (anche se le fonti greche la dicono originaria di Tiro), Cristina, secondo la tradizione, fu giovanissima testimone di fede: sotto Diocleziano (243-312), a soli undici anni, suo padre, che ricopriva la carica di magister militum, la fece rinchiudere in una torre per costringerla ad abiurare il cristianesimo, sottoponendo la figli a supplizi continui (il fuoco, l’annegamento) durante i quali ella riceveva miracolosi aiuti. Alla morte del padre furono le 86

CUCINA MEDIEVALE

✓ INGREDIENTI 1 tinca; 4 persici reali; 1 luccio; 1 anguilla; ½ cipolla; 3 cucchiai d’olio d’oliva; aglio q.b.; 1 peperoncino; mentuccia q.b.; pomodorini q.b.; 2 Kg di patate; sale q.b.; 1 ½ l d’acqua; 20 fette di pane raffermo. ✓ PREPARAZIONE pulire il pesce e far soffriggere in un tegame di coccio l’aglio, la mentuccia e la cipolla tritati con due cucchiai di olio. Sbucciare le patate e tagliarle a dadini, insieme ai pomodorini, poi aggiungerli al soffritto insieme al pesce tagliato, cuocere aggiungendo l’acqua. Salare e cuocere coprendo il tegame per circa mezz’ora. Sistemare le fette di pane nelle scodelle, versare la zuppa e condire con olio di oliva. Servire subito la zuppa. 25 luglio Giorno dedicato a san Giacomo (detto il Maggiore) Fratello di Giovanni Evangelista, Giacomo nacque a Betsàida e fu testimone dei principali miracoli del Signore. A causa del loro carattere lesto e impetuoso, il Salvatore soprannominò i due fratelli boànerghes, «figli del tuono». Giacomo fu il primo, tra gli apostoli, a subire il martirio: venne decapitato a Gerusalemme verso l’anno 43/44 per ordine di Erode Agrippa. Le sue spoglie furono trasportate in Spagna in un


viaggio durante il quale avvennero alcuni miracoli. Sarebbe stato poi Carlo Magno a scoprire il luogo della sua sepoltura, nell’anno 814. La tomba divenne presto meta di grandi pellegrinaggi. Il luogo prese quindi il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e, nel 1075, fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata: Santiago de Campostela. I pellegrini, giunti al santuario da tutta Europa, si fermavano sulle sponde del mare laddove «finiva la Terra» (Finis Terrae, in lingua galiziana Fisterra), per lavare gli abiti ormai consunti e per mangiare i frutti di mare di cui conservavano le conchiglie, che cucivano poi sul mantello o sul cappello a larga falda come testimonianza dell’avvenuto pellegrinaggio. «Las conchas» di san Giacomo finirono per servire come certificazione del viaggio di fede, da mostrare alle autorità preposte per ottenere esenzioni dalle tasse o dal pagamento di pedaggi lungo il viaggio di ritorno, e sono ancora oggi il simbolo dei pellegrini di tutto il mondo.

Delicatessen per viaggiatori CAPESANTE DI SAN GIACOMO

Il nome scientifico di questa varietà di conchiglia è Pecten jacobeus; in Italia viene chiamata «cappa santa», in Francia «coquille de Saint-Jacques». ✓ INGREDIENTI per 4 persone: 12 capesante; 50 g di burro; 1 cipolla; 1 mazzetto di prezzemolo; 1 tazza di pangrattato; 5 pomodori pelati e sgocciolati; olio d’oliva; 1 spicchio d’aglio; 1 cucchiaino di paprika dolce; 1 bicchiere di vino bianco secco; sale; 1 limone. ✓ PREPARAZIONE spazzolare accuratamente le conchiglie sotto acqua corrente, poi metterle in un grande tegame con il vino fino a farle aprire a fuoco vivo (e a recipiente scoperto). Estrarre dai molluschi noci e coralli e lavarli bene per eliminare tutta la sabbia. In altro tegame, fondere il burro, versarvi la cipolla e l’aglio tritati finemente, lasciare che prendano colore, poi aggiungere i pelati. Unire al soffritto noci e corallo ben sgocciolati, aggiungere sale e paprika, e cuocere per 40 minuti. Versare l’impasto nelle valve in uguale quantità e cospargerlo con un composto preparato con il pangrattato, il prezzemolo tritato e un paio di cucchiai di olio. Sistemare le conchiglie sulla leccarda e gratinare in forno a 180° per circa 10 minuti. Servire calde.

CUCINA MEDIEVALE

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Luglio

Statua in pietra dipinta raffigurante san Giacomo Maggiore, fratello di Giovanni Evangelista. XV sec. Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga. Decapitato a Gerusalemme nel 43/44, fu il primo tra gli apostoli di Cristo a subire il martirio.


Agosto

Agosto: la fabbricazione delle botti, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

1473, 5 agosto Leonardo firma la sua prima opera certa La prima opera firmata e datata dal maestro è una veduta dal Montalbano di Vinci verso la Valdinievole e il Padule di Fucecchio. Il foglio è conservato a Firenze, presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.

BEVANDA DI TURCHI LA STATE

Nei suoi studi, Leonardo non mancò di prendere nota anche delle abitudini alimentari di altri popoli: sul foglio 482 recto del Codice Atlantico, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, si legge una nota risalente agli anni intorno al 1517 con la descrizione di una bevanda estiva propria dei Turchi, qui riproposta secondo attuali interpretazioni.

✓ INGREDIENTI 1 l di acqua minerale; 2 limoni non trattati; 4 cucchiai di zucchero; 4 cucchiai di petali di rosa essiccati; una coppa di alcol a 90°. ✓ PREPARAZIONE in una brocca capiente versare l’acqua minerale e aggiungere il succo dei limoni insieme ai 4 cucchiai di zucchero, ai 4 cucchiai di petali di rosa essiccati e alla coppa

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CUCINA MEDIEVALE


CODA DI BUE «ALLA SAN LORENZO»

La tradizione culinaria romana conta numerose preparazioni per le quali si utilizzano anche le parti meno nobili delle bestie da macello. Ecco dunque una proposta in tal senso.

✓ INGREDIENTI 800 g di coda di bue; 2 spicchi d’aglio; 258, 10 agosto Lorenzo, arcidiacono di Sisto II, subisce il martirio Secondo la tradizione, Lorenzo, condannato a morte al tempo dell’imperatore Valeriano, fu arso vivo su una graticola nel luogo in cui sorse poi l’omonima chiesa, in via Panisperna, a Roma. È invece piú probabile che il santo sia stato decapitato dopo aver distribuito ai poveri le offerte della sua chiesa anziché consegnarle al prefetto imperiale. È considerato patrono di varie categorie di lavoratori, tra cui i cuochi.

60 g di funghi porcini secchi; 100 g di burro; pangrattato; prezzemolo; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE lessare la coda di bue in acqua salata per 90 minuti. Scolare e tagliare a pezzi. Mettere in ammollo i funghi in acqua tiepida per almeno mezz’ora, poi strizzare e unire a un soffritto con aglio, prezzemolo e 30 g di burro. Insaporire la carne nel soffritto, rigirandola piú volte, poi scolarla e passare nel pangrattato. Friggere la carne nel burro rimasto. Servire la carne ben calda, con i funghi di contorno.

Paesaggio, disegno di Leonardo da Vinci, nel quale (a sinistra, in alto) è riportata l’annotazione «dí di Santa Maria della Neve addí 5 d’aghossto 1473» che lo certifica come prima opera sicuramente datata del maestro. Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Anche in questo caso, Leonardo adottò la scrittura «a specchio», per effetto della quale l’autografo, agli occhi di chi guarda, corre da destra verso sinistra. CUCINA MEDIEVALE

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Agosto

di alcol a 90°. Agitare per mescolare bene tutti gli ingredienti e far sciogliere completamente lo zucchero. Coprire e lasciare riposare per almeno 3 ore in un luogo fresco e buio. Successivamente, travasare la bevanda dalla brocca a una bottiglia, filtrando con una garza. Servire leggermente fresca.


RICETTARIO

Santa Chiara in un particolare di un affresco attribuito a Giotto e collaboratori. 1290 circa. Assisi, Basilica di S. Francesco, chiesa superiore.

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CUCINA MEDIEVALE

Agosto


1253, 11 agosto Muore ad Assisi santa Chiara Chiara degli Offreducci abbandona la famiglia all’età di diciannove anni per seguire l’esempio di Francesco che, alla Porziuncola, le tagliò i capelli e le fece indossare il saio, prima di condurla al monastero benedettino di S. Paolo, a Bastia Umbra. Costretta a fuggire dal padre, che la voleva riportare a casa, Chiara si rifugiò nella chiesa di S. Damiano, dove diede vita all’Ordine femminile delle «povere recluse» (chiamate in seguito Clarisse). La morte la colse due giorni dopo l’approvazione della sua Regola.

TORTA AL TESTO

Secondo la tradizione, a una donna afflitta da una forte tosse, Chiara – nonostante fosse giorno di digiuno – offrí un poco di focaccia, facendola ristabilire in poco tempo. Ecco dunque la ricetta di una torta che possiamo immaginare simile alla miracolosa «medicina» della santa.

✓ INGREDIENTI farina; acqua; olio di oliva; un pizzico di sale. ✓ PREPARAZIONE lavorare gli ingredienti a mano fino a ottenere un impasto morbido e omogeneo. Spianare con il mattarello di legno su piano di legno e formare torte basse, rotonde; bucherellare con una forchetta. La cottura viene effettuata sul testo, o panaro, precedentemente riscaldato a contatto di fonti di calore. La torta va girata sul testo piú volte fino a cottura. In assenza del testo, scaldare una padella antiaderente senza aggiungere grassi e spolverizzare con un pizzico di farina; quando questa apparirà brunita, si potrà mettere a cuocere la torta per alcuni minuti, rigirandola spesso

Otranto in un’incisione del XVII sec. Foggia, Biblioteca Provinciale. La città fu espugnata dalle truppe di Gedik Ahmed Pascià il 12 agosto 1480, dopo quindici giorni di assedio.

1480, 14 agosto I Turchi uccidono a Otranto ottocento cristiani La flotta turca che il 28 luglio aveva posto l’assedio alla città pugliese, era comandata dall’ammiraglio dell’impero ottomano Gedik Ahmed Pascià. Il 12 agosto i soldati musulmani entrarono in città, abbandonata dalla guarnigione aragonese, e si diedero a violenze e massacri. Il 14 agosto Ahmed Pascià ordinò il rastrellamento di tutti i superstiti di sesso maschile e d’età superiore ai quindici anni. Coloro che non rinnegarono la religione cristiana, furono portati sulla collina detta «di Minerva» e qui decapitati. All’indomani di quei tragici giorni, i Turchi dilagarono lungo le coste del Salento. I «martiri di Otranto» furono beatificati nel 1771 e santificati nel 1983.

RUTABIYYA

Si tratta della ricetta per preparare la carne con datteri, nella versione del Kitab al-Wusla di Ibn al-Adim.

✓ INGREDIENTI carne rossa; sale; spezie; datteri. ✓ PREPARAZIONE far cuocere la carne tagliata a pezzetti in una pignatta con acqua. Quando è cotta, scolarla e rosolarla nel grasso o nell’olio, aggiungendo sale e spezie a piacere. A fine cottura, aggiungere i datteri in quantità a piacere, lasciare sul fuoco un momento e servire; volendo, si possono inserire all’interno dei datteri snocciolati, le mandorle sbollentate e pelate.

CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Agosto

1534, 15 agosto La scelta di Ignazio Ignazio di Loyola (1491 circa-1556), avendo da tempo abbandonato la vita da cavaliere ed essendosi convertito dopo una malattia, riunisce nella chiesa di Saint-Pierre-de-Montmartre, a Parigi, altri studenti: decidono di legarsi reciprocamente con un voto di povertà e castità. Nel 1537 papa Paolo III consentí loro di essere ordinati come preti dedicandosi quindi alla preghiera e a opere di carità; tre anni dopo, la Compagnia di Gesú venne ufficialmente riconosciuta e Ignazio fu nominato primo Superiore Generale della Compagnia. Ignazio racconta che il comandante della nave che lo avrebbe portato, gratuitamente, da Barcellona a Roma, gli assicurò il passaggio solo a patto che il giovane portasse i biscotti «necessari al suo mantenimento».

Nella pagina accanto I miracoli di Sant’Ignazio di Loyola (particolare), pala d’altare di Pieter Paul Rubens. 1617-1618. Vienna, Kunsthistorisches Museum. in basso Napoli, chiesa di S. Maria Donnaregina Vecchia. Particolare del monumento funebre realizzato da Tino di Camaino per Maria d’Ungheria. 1324. Nelle nicchie compaiono i ritratti dei figli della sovrana, tra cui quello di Carlo Martello d’Angiò, scomparso prematuramente nel 1295 (secondo da sinistra).

BISCOTTINI RINFORZANTI

Le fonti non ci dicono quale fosse la ricetta dei biscotti che Ignazio dovette portare al comandante della nave, ma possiamo immaginare che non fossero troppo diversi da quelli di cui Ildegarda di Bingen suggeriva il consumo, perché capaci di rinforzare il sistema nervoso. Eccone una ricetta rivisitata.

DE LIMONIA

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE Fare una miscela composta per quattro parti di noce moscata, quattro parti di cannella, e due parti di chiodi di garofano. Preparare un impasto mescolandovi farina di farro, miele, sale, polverina di lievito, burro, tuorli d’uovo, e mandorle tritate. Quando l’impasto sarà ben amalgamato, modellare delle piccole dita e fate riposare in luogo fresco. Indurito che sia il composto, cuocere in forno ben caldo per pochi minuti. 1295, 19 (?) agosto Muore a Napoli Carlo Martello d’Angiò Carlo Martello era nato a Napoli l’8 settembre 1271, figlio di Carlo II d’Angiò re di Napoli, e di Maria d’Ungheria (dalla quale gli derivò la corona ungherese, rimasta però solo un titolo e non effettivo regno). Si impegnò soprattutto nella gestione degli affari del regno di Napoli dove morí improvvisamente, probabilmente a causa della peste. A lui Dante Alighieri dedica l’VIII canto del Paradiso, lamentandone la scomparsa prematura. 92

CUCINA MEDIEVALE

La ricetta, che dovette senz’altro esser nota anche a Carlo Martello, è tratta dal Liber de coquina compilato da un autore anonimo, attivo presso la corte angioina di Carlo II. Molte preparazioni medievali a base di pollo sono chiamate limonia (laymuwiya nei ricettari arabi) perché l’ingrediente principale è sempre il succo di limone; come la romania fa parte di un gruppo di piatti acidi di origine araba, trasferiti nella cucina italiana. Nella seconda metà del Quattrocento si presenta come una variante del biancomangiare.

✓ INGREDIENTI pollo ruspante; lardo; cipolla; mandorle; brodo di carne; succo di limone; spezie; sale.

✓ PREPARAZIONE tagliare il lardo a dadini e farlo sciogliere insieme a una cipolla affettata; rosolare il pollo a pezzi; salare e spolverare con le spezie (chiodi di garofano, noce moscata, zenzero, zafferano). Aggiungere al pollo il latte di mandorla preparato con le mandorle e il brodo di carne (come alternativa si possono usare tuorli d’uovo). Far addensare e a fine cottura aggiungere il succo di limone, lasciar insaporire e servire.


CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Agosto

A destra Festa contadina (particolare), olio su tavola del pittore fiammingo Pieter Aertsen. 1550. Vienna, Kunsthistorisches Museum.

1153, 20 agosto Muore Bernardo di Chiaravalle, monaco e teologo, riformatore della Chiesa Nato a Digione nel 1090 circa, Bernardo entra nel monastero di Cîteaux insieme ad altri trenta parenti. Viene poi inviato a fondare un nuovo monastero cistercense a Clairvaux (nel dipartimento dell’Aube, Francia nord-orientale; in italiano, Chiaravalle). Da qui i suoi confratelli partono alla volta delle campagne di tutta Europa, da dissodare e coltivare. Bernardo non fu dedito solo alla preghiera, ma si fece anche arbitro dei contrasti politici che travolgevano la Chiesa di Roma, affiancando papa Eugenio III insidiato dall’antipapa Anacleto II. Ai suoi monaci chiedeva meno funzioni e tanto lavoro, ed era contrario alle chiese adorne, in contrasto con la realtà della gente: «Il povero ha fame».

MINESTRA DI PANE CONTADINO CON FOGLIE TENERE DI FAGGIO, PORRO E OLIO, PANE D’ORZO

È verosimile credere che quella di Bernardo di Chiaravalle fosse una mensa frugale, basata su quanto offriva madre Natura, che per lui era anche fonte di conoscenza e ispirazione: «Troverai piú nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dà» (scrive nelle Lettere). Bernardo e i suoi frati mangiarono probabilmente spesso la minestra con foglie di faggio, qui insaporita con la presenza di patate, all’epoca ancora sconosciute.

DE LASANIS

✓ INGREDIENTI 100 g di foglie di faggio tenere; 1 porro; 2 patate; ½ l di brodo vegetale; 4 fette di pane casareccio; olio di oliva; sale e pepe. ✓ PREPARAZIONE lavare e tagliare a strisce sottili le foglie di faggio, tagliare a rondelle il porro, fare cubetti di patate sbucciate. Versare tutto nella casseruola e cuocere per 20 minuti con il brodo. Aggiungere il sale, un filo di olio e pepe macinato. Grigliare il pane d’orzo e servirlo con la minestra.

1268, 23 agosto Battaglia di Tagliacozzo Carlo d’Angiò, incoronato re di Sicilia il 6 gennaio 1266 in Laterano, batte Corradino di Svevia, l’ ultimo degli Hohenstaufen, nel quale riponevano le speranze i fautori dell’impero. Sconfitto il suo esercito, Corradino viene catturato presso Torre Astura e condannato a morte. 94

CUCINA MEDIEVALE

Tratta, ancora una volta, dal Liber de coquina di anonimo della corte angioina, si tratta della prima versione di lasagne che si trova nei ricettari italiani. Alla fine della ricetta, si consiglia l’uso di un punctorio ligneo per prendere i pezzi di lasagna, forse un antenato della forchetta.

✓ INGREDIENTI pasta di pane; parmigiano; spezie (pepe, noce moscata, zenzero, chiodi di garofano, cannella); sale.

✓ PREPARAZIONE tirare una sfoglia sottile dalla pasta, e tagliarla a quadrati; sbollentarli in acqua bollente salata; scolarli e condirli con parmigiano grattugiato. Si può mettere la pasta, spolverata con le spezie, a strati su un tagliere.

31 agosto Il tempo della frutta secca Agli inizi del Seicento, il padre vallombrosano Vitale Magazzini descrive le pratiche agrarie della Toscana nei 33 capitoli della sua opera Coltivazioni. Alla fine del mese di agosto era giunto il tempo di seccare la frutta.


FICHI SECCHI DELLA VALDELSA E SUSINE AMOSCINE

Ecco la ricetta di Magazzini per essiccare fichi e susine.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «E i veri, e buoni fichi da seccare sono gli albi, i dottati, i lazzari, badaloni, ò bitontoni, e lardaiuoli, e verdoni (…) e si uorrebbero seccare al Sole, e non in forno; e perciò si fanno le fornaci, e seccatoie a posta. E nella ualdelsa per fargli stagionati perfetti, gli lasciano appassire su’l fico, e seguono poi seccargli com’è detto». «Si seccano le susine amoscine colte mature bene, e dato loro vn bollore nell’acqua si mettono a seccare al Sole, e con suoli di foglie d’alloro si serbano».

Agosto

In basso l’esecuzione di Corradino di Svevia, re di Sicilia, in una illustrazione realizzata per l’opera Historische Memorabilien des inund Auslandes di Anton Ziegler. 1846. Collezione privata. Il sovrano svevo, sconfitto a Tagliacozzo da Carlo d’Angiò, venne decapitato a Napoli, nell’odierna piazza del Mercato, il 29 ottobre 1268.


Ritratto di san Gregorio Magno, parte di un retablo realizzato a olio e foglia d’oro da di Pedro Berruguete. 1495 circa. Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya. 96

CUCINA MEDIEVALE


Settembre

Settembre: la semina, dal Breviario di Ercole I d’Este. 1505. Modena, Biblioteca Estense Universitaria.

590, 3 settembre Sale al soglio pontificio Gregorio I, detto Magno

1191, 7 settembre Battaglia di Arsuf

Figlio di santa Silvia e di Gordiano, dell’antica gens Anicia, Gregorio venne eletto, ancora giovane, prefetto di Roma, ma si fece poi monaco e trasformò la sua casa sul colle Celio nel monastero di S. Andrea, di cui divenne abate. Fu inviato a Costantinopoli dal suo predecessore, Pelagio II, per stringere rapporti con l’imperatore e ottenerne l’appoggio per fronteggiare il dilagare dei Longobardi in Italia, dove la situazione era resa ancor piú critica da carestie ed epidemie. Eletto pontefice, Gregorio mediò la pace con i Longobardi favorendo la loro evangelizzazione e lavorò al riordino dell’amministrazione dei beni della Chiesa di Roma. Venne venerato subito come santo e il suo nome compare nei Martirologi fin dal VII secolo.

Nel corso della III Crociata, ad Arsuf (località costiera a nord di Giaffa, oggi in Israele), Riccardo Cuor di Leone sconfigge Saladino, sultano dell’Egitto e della Siria e conquistatore di Gerusalemme nel 1187. Grazie alla vittoria Riccardo I riuscí a raggiungere Giaffa, assicurandosi i rifornimenti via mare una volta conquistata la città e il suo porto.

ZUPPA DI PISELLI

Gregorio predicò sempre l’umiltà e l’aspirazione alla santità. Si narra che un giorno regalò a un povero il suo pasto: «Que’ pochi legumi che erano il suo vitto quotidiano». Ecco dunque la ricetta di un piatto che il pontefice avrà senza dubbio gustato.

✓ INGREDIENTI per 4 persone: 500 g di piselli; 30 g di pancetta di maiale; 1 spicchio d’aglio; 1 rametto di salvia; sale e pepe o zenzero; olio extravergine d’oliva. ✓ PREPARAZIONE Cuocere i piselli in abbondante acqua fino a formare una crema. Soffriggere con olio, sale e zenzero, la pancetta e l’aglio ben triturati, quindi unire ai piselli già cotti e far bollire per altri circa 10 minuti. Aggiungere un filo di olio a crudo. Riccardo I Cuor di Leone alla battaglia di Arsuf, illustrazione di Gustave Doré per l’Histoire des Croisades di Joseph-François Michaud, opera in 7 volumi stampata per la prima volta tra il 1821 e il 1822. CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

Settembre

PALLINE DI PESCE

TORTA DI SCALOGNO

Ricetta tratta dal Fadalat al khiwan fi tayybat et-ta’am WaI-alwan di Ibn Razin (XIII secolo).

La ricetta dell’agliata è riportata nel Libro per cuoco attribuibile a un anonimo veneziano del XIV-XV secolo.

✓ INGREDIENTI pesce a piacere; pepe; olio di sesamo;

✓ INGREDIENTI pasta sfoglia; scalogni; lardo a fette; uova;

semi di coriandolo; olio; cipolla. ✓ PREPARAZIONE dopo aver sfilettato il pesce, pestarlo nel mortaio insieme alla cipolla, al coriandolo e al pepe aggiungendo l’olio; mescolare e fare delle palline o polpette piatte, poi friggerle nell’olio di sesamo. Aggiungervi una salsa di succo di limone, olio d’oliva, spezie piccanti e aglio (sahna) e spolverare con grani di coriandolo e sale.

1298, 8 settembre Battaglia di Curzola Presso Curzola (isola del Mare Adriatico oggi appartenente alla Croazia), i Genovesi distruggono la flotta veneziana e di 95 galee, solo 11 tornano in laguna. Marco Polo viene catturato. La notizia giunge a Costantinopoli dove i cittadini veneziani vengono massacrati dai Genovesi. Miniatura raffigurante un medico che estrae una freccia dalla schiena di un ferito, da un’edizione della Chirurgia di Ruggero Frugardi, medico vissuto nella seconda metà del XII sec., da alcuni considerato il fondatore della Scuola Medica Salernitana. XIII sec. Cambridge, Trinity College.

formaggio fresco o parmigiano grattugiato; zafferano; sale.

✓ PREPARAZIONE lessare gli scalogni, farli scolare, poi tritarli finemente e batterli con le fette di lardo. Battere due uova con zafferano, sale e formaggio, unire agli scalogni amalgamando bene. Stendere la pasta in una teglia e mettervi il preparato di scalogno; cuocere in forno per 20 minuti.

1231, 10 settembre Termina il soggiorno di Federico II a Melfi L’imperatore lascia la città lucana dopo aver promulgato le Constitutiones, un complesso di norme che, basate sul diritto romano giustinianeo, attingono anche alla tradizione araba e normanna senza tralasciare le consuetudini locali. Le Costituzioni Melfitane constano di tre libri scritti in latino, successivamente tradotti in greco, e costituirono il fondamento della legislazione del Regno di Sicilia fino al XVIII secolo. Ben undici titoli sono dedicati alla disciplina sanitaria nel regno e la stessa professione medica viene regolata per legge sin dal momento della formazione del medico: tre anni di logica e cinque anni di studi specifici da svolgersi nell’Università di Salerno, l’unica in tutto il regno deputata a impartire l’insegnamento di medicina.

RICETTA DI LENTICCHIE

Nel De flore dietarum, un trattatello di dietetica riferibile alla Scuola Medica Salernitana verosimilmente composto nel XII secolo, si legge che «le lenticchie sono fredde in secondo grado, asciutte in terzo, perciò generano sangue bilioso».


In basso illustrazioni dell’edizione del Liber Divinorum Operum di Ildegarda di Bingen contenuta nel Codice lucchese 1942. XIII sec. Lucca, Biblioteca Statale. Dall’alto, si vedono una città cinta da una doppia muraglia, l’una scura e l’altra luminosa, sotto la quale compaiono varie figure, tra cui una rappresentazione della stessa Ildegarda (in basso a destra).

✓ INGREDIENTI lenticchie; carne fresca di maiale o salsiccia; aceto; origano; menta; cumino; pepe; sale.

✓ PREPARAZIONE lessare le lenticchie dopo averle lasciate a bagno una notte; scolarle e ripassarle in una pentola dove si sta soffriggendo con olio la carne o la salsiccia; condire con una salsa di aceto con origano, menta, cumino, pepe e sale.

909 (o 910), 11 settembre Fondazione dell’abbazia di Cluny L’abbazia di Cluny (Francia centro-orientale) venne fondata per volontà del duca d’Aquitania Guglielmo il Pio, che inviò sulle rive del fiume Grosne una piccola comunità di appena dodici monaci. La posizione era strategica per i collegamenti fluviali, e non, con il resto della Francia, con l’impero e con Roma. Al primo abate Bernone (910-927) seguí Oddone (927-942), che impose l’osservanza della Regola benedettina. L’importanza dell’abbazia di Cluny crebbe a tal punto che nel 1130 dipendevano da essa ben 314 case religiose e quindi migliaia di monaci (460 nella sola casa madre): essa divenne la sede del piú importante ordine monastico dell’Occidente, detto appunto «cluniacense».

LE FAVE DEI MONACI DI CLUNY

I complessi monastici erano sempre dotati di orti, vigne e frutteti e possiamo perciò immaginare che una ricetta come questa venisse realizzata spesso nelle cucine della grande abbazia francese.

✓ INGREDIENTI fave secche; lardo; sale. ✓ PREPARAZIONE tenere a bagno le fave una notte, lavarle e metterle a bollire fino a che non si tolga l’involucro (si possono usare anche quelle già decorticate). A fine cottura raffreddarle con acqua fredda, condire con lardo e sale.

CUCINA MEDIEVALE

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Settembre

Disegno ricostruttivo della terza chiesa abbaziale di Cluny (oggi distrutta), la cui costruzione fu iniziata per volontà dell’abate Ugo di Sémur nel 1088.


RICETTARIO

Settembre

1179, 17 settembre Morte della mistica benedettina Ildegarda di Bingen Vissuta tra il 1098 e il 1179, la mistica renana è famosa per le sue visioni profetiche che, secondo la tradizione, le si presentarono fino dalla piú tenera età. Badessa nel monastero delle benedettine sul Rupertsberg, Ildegarda mirò alla riforma del clero e delle istituzioni monastiche, sia dal monastero sia in continue peregrinazioni. La sua copiosa opera letteraria comprende tra l’altro il Liber Scivias (o Scito vias lucis, 1141-51), il Liber vitae meritorum (1159-64) e il Liber divinorum operum (1164-70), scritti mistici che riflettono le sue visioni sulla creazione e la redenzione. Fu la prima donna in Germania a occuparsi di medicina e scienze naturali. Restano anche lettere, 70 canti spirituali musicati da lei stessa e un’autobiografia.

MINESTRA DI PESCE E FARRO

Nell’opera Physica, Ildegarda annota che «il farro è il miglior cereale. È caldo e grasso e ricco di energia, ed è piú leggero di altri cereali. In chi lo mangia sviluppa il giusto sangue e la giusta carne e rende allegro il suo spirito. Il farro dona la felicità all’animo umano e lo si mangia sempre, nel pane o in altre pietanze».

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Per preparar minestre, convien cuocer in acqua il pesce con aggiunta di cipolla e sedano. Cotto che sia, si toglie dall’acqua, si pulisce delle reste. Si fa poi cuocere del farro nello stesso brodo acciocché sodo diventi. Il farro cotto vien poi unito al pesce, condito con olio e prezzemolo». 1192, 21 settembre Accordo fra Riccardo Cuor di Leone e Saladino L’intesa, siglata un anno dopo la battaglia di Arsuf, prevedeva che Gerusalemme sarebbe rimasta in mano ai musulmani, ma i pellegrini cristiani avrebbero continuato a godere del diritto di visitare la città. 100

CUCINA MEDIEVALE

Miniatura raffigurante due pescatori e inserita a corredo della fiaba I tre pesci in un’edizione della raccolta di favole di antiche origini persiane e indiane Kalîla wa Dimna (Calila e Dimna). 1200-1220 circa. Parigi, Bibliothèque nationale de France.


Settembre CUCINA MEDIEVALE

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RICETTARIO

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ZIRBAJ DI PESCE

Preparazione tratta dal Kanz al-Fawa’ id fi tanwi’ al-mawa’ id, ricettario arabo databile al XIII secolo.

✓ INGREDIENTI pesce fresco a piacere; aceto; miele; zafferano; atraf tib; tahina; pepe; uva passa; mandorle; olio di sesamo; farina; cipolla. 102

CUCINA MEDIEVALE

✓ PREPARAZIONE friggere il pesce nell’olio di sesamo dopo averlo fatto a pezzi e infarinato; farlo raffreddare. Mescolare aceto con zafferano,atraf tib, tahina e pepe; far friggere una cipolla nell’olio di sesamo e aggiungervi la salsa; mescolare e quando bolle versarla sul pesce, aggiungendo sopra mandorle sbollentate e colorate con lo zafferano insieme con un po’ di olio.


Settembre

A sinistra L’arresto di papa Pasquale, olio su tela di Karl Friedrich Lessing. 1840. Wuppertal, Von der Heydt-Museum. Nel 1111 Enrico V obbligò il pontefice a incoronarlo imperatore e a riconoscergli il diritto all’investitura dei vescovi con pastorale e anello, prerogative revocate nel Concilio Lateranense dell’anno successivo. A destra allegoria del mese di settembre, avente come soggetto la vendemmia. La formella ornava in origine la Porta dei Pellegrini (detta anche dei Mesi) della Cattedrale di Ferrara e viene assegnata a un artista anonimo, indicato come Maestro dei Mesi. 1230. Ferrara, Museo della Cattedrale.

infine assicurava al papa la sua devozione e fedeltà. Tali disposizioni furono un importante riconoscimento dell’autonomia del papato.

VINO CONFORTATIUM

1122, 23 settembre Stipula del Concordato di Worms Il concordato che pose fine alla lotta per le investiture venne siglato da Enrico V e da papa Callisto II: l’imperatore rinunciava all’investitura dei vescovi con l’anello e con il pastorale, ma si riservava il diritto di essere presente, anche tramite un suo legato, all’elezione medesima; restituiva poi alla Chiesa le terre e i diritti che aveva usurpato negli anni precedenti;

Ecco una bevanda che potrebbe aver trovato posto sulla tavola imbandita per festeggiare l’atteso accordo: si tratta di un vino speziato di gusto molto forte, dalle proprietà digestive.

✓ INGREDIENTI vino bianco; pepe nero in grani; chiodi di garofano; zenzero; uva passa.

✓ PREPARAZIONE mescolare le spezie e aggiungerle al vino insieme all’uva passa; lasciare in infusione alcuni giorni, poi filtrare e imbottigliare.

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RICETTARIO

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1066, 25 settembre Battaglia di Stamford Bridge Lo scontro si combatté all’epoca in cui l’Inghilterra era sotto la minaccia vichinga. L’esercito norvegese di re Hardrade, che rivendicava il trono inglese, si schierò presso Stamford, pochi chilometri a est di York, lasciando il controllo del ponte sul fiume Derwent a un solo temibile guerriero, armato di ascia. Il condottiero vichingo era cosí alto e feroce da spaventare l’esercito di Aroldo II Godwinson. Durante la battaglia cruenta che seguí, il re di Norvegia morí. Aroldo II lasciò rientrare in patria i pochi nemici sopravvissuti a patto di non attaccare mai piú l’Inghilterra. Ma il re ebbe poco tempo per gioire: due giorni dopo, sbarcava con la sua armata a Pevensey, nel Sussex, il duca Guglielmo di Normandia, detto il Conquistatore.

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CUCINA MEDIEVALE

POLLO ISLANDESE

Un ricettario nord-europeo degli inizi del XIII secolo propone una preparazione del pollo che può senz’altro aver fatto parte anche della dieta di re Hardrade e dei suoi temibili guerrieri.

✓ INGREDIENTI pasta sfoglia; pollo; pancetta; salvia; sale. ✓ PREPARAZIONE «Pollo in pastello con pancetta e salvia. Tagliate un giovane pollo in due parti e avvolgetelo interamente con foglie di salvia, e tagliateci sopra della pancetta e aggiungete sale per adattare al gusto. Quindi copritelo con un impasto e cuocetelo come pane nel forno». Si consiglia di disossare il pollo e, dopo averlo avvolto nella salvia, lardellarlo con la pancetta. I tempi di cottura possono variare da 45 a 60 minuti. A fine cottura tagliare a fette.


✓ INGREDIENTI formaggio fresco; uova; zafferano; pepe; coriandolo; acqua di foglie di coriandolo; menta; chiodi di garofano. ✓ PREPARAZIONE in una ciotola, sbriciolare il formaggio, aggiungere le uova, lo zafferano, il pepe, il coriandolo, l’acqua di foglie di coriandolo, la menta e i chiodi di garofano. Mescolare con le mani per amalgamare; versare in una teglia ben oliata, aggiungendo dei tuorli d’uovo e olio fino a coprire la superficie. Spolverare di zafferano e mettere in forno. Consumare a temperatura tiepida.

30 settembre La pasta «asciutta» Quella che segue è un’altra delle raccomandazioni elencate da Vitale Magazzini nelle Coltivazioni.

LASAGNE PER L’INVERNO

Il padre vallombrosano ricorda che settembre è il momento di preparare la pasta, ma «a tempo asciutto»:

Particolare del telo ricamato di Bayeux (comunemente detto «arazzo») raffigurante i soldati del duca Guglielmo di Normandia che consumano un banchetto alla vigilia della battaglia di Hastings. 1066-1077. Bayeux, Musée de la Tapisserie de Bayeux.

1130, 27 settembre Ruggero II viene eletto re di Sicilia Figlio di Ruggero I, conte di Sicilia, e di Adelaide degli Aleramici, Ruggero II degli Altavilla riuscí a unificare i domini normanni in Italia meridionale. Schieratosi a favore dell’antipapa Anacleto II, ottenne da questi il titolo di re di Sicilia, Puglia, Calabria, Capua, sebbene una parte del territorio dovesse ancora essere conquistata; l’investitura fu sancita anche dall’emanazione di una bolla. Nel Natale del 1130 fu incoronato a Palermo, dove la Cappella Palatina mostra ancora oggi tutto lo splendore della sua corte.

✓ INGREDIENTI E PREPARAZIONE «Si fanno le lasagne à buon sole, e quieto tempo per tutta la vernata di grano gentile annaffiato, che non sia riscaldato nè golpato, perché non si distendono, e vengono lucide, e granellose e grosse, e si intridino con acqua non calda, ne anco fredda, et in questa stagione, ma nel verno con acqua calda, ma non bollente»

CUCINA MEDIEVALE

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TORTA DI FORMAGGIO E UOVA

Ricetta tratta dal Fadalat al khiwan fi tayybat et-ta’am Wa-I-alwan di Ibn Razin (XIII secolo).


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