MONARCHIE
LE GRANDI MONARCHIE
Alla conquista dell’Europa
N°37 Marzo/Aprile 2020 Rivista Bimestrale
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Dossier
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EDIO VO M E
LE GRANDI
LE GRANDI
MONARCHIE ALLA CONQUISTA DELL’EUROPA di Tommaso Indelli
PRESENTAZIONE 5. Il seme degli Stati nazionali SPAGNA 6. Un’«espressione geografica» FRANCIA 30. Sotto il segno di san Dionigi GERMANIA 60. Un’aquila alla guida dell’Europa INGHILTERRA 92. Una corona è per sempre
guerra d’assedio/3
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marzo
MEDIOEVO
IL SEME DEGLI STATI NAZIONALI L’
epopea delle monarchie è il racconto della storia politica d’Europa e delle sue multiformi tendenze amministrative: dalla rivoluzione dei regni romano-germanici al sogno universalistico-imperiale, dalla frammentazione generata dal feudalesimo fino a giungere ai prodromi dell’idea di Stato nazionale, dietro le cui acerbe espressioni si profila già il volto dell’età moderna. Il confronto tra due essenziali vocazioni ideologiche dell’età di Mezzo – centralismo e poteri locali – agita tuttora il dibattito politico a livello continentale, riecheggiando il malcontento che nel XII secolo il filosofo e vescovo inglese Giovanni di Salisbury esprimeva contro il governo imperiale, accusato di ergersi con dubbia legittimità a «giudice delle altre nazioni». Con le dovute differenze di profilo istituzionale, quell’antica polemica sembra ancora cosí sorprendentemente viva. Nel nuovo Dossier di «Medioevo» – un minuzioso studio dedicato alle grandi monarchie – sfila una foltissima schiera di personaggi, regnanti e nobili, le cui biografie raccontano anche la complessa evoluzione dei modelli di autorità. Raramente associabile a una compiuta tipologia assolutista, il potere dei sovrani medievali risulta costantemente oggetto di revisioni e temperamenti nel corso dei secoli: la lotta con il papato ne limita l’estensione, come del resto l’epoca feudale, l’ascesa dei Comuni e l’emanazione della Magna Charta. Ma anche quando l’ideologia carolingia investe la corona di attribuzioni divine, la figura del re si configura perlopiú come un primus inter pares, obbligato al compromesso con l’aristocrazia per ottenerne il necessario consenso. L’affascinante viaggio lungo la storia delle monarchie spagnole, francesi, germaniche e inglesi – ideale continuazione del Dossier precedentemente pubblicato sulle grandi dinastie dell’Italia – consente, infine, di ricostruire la genesi di alcune tradizionali inimicizie tra regni, ma nello stesso tempo di scoprire la reciproca influenza politica che si generò, nonostante gli antagonismi e uno scenario spesso determinato dalla legge delle armi. Andreas M. Steiner
SPAGNA
Un’«espressione geografica» All’indomani della caduta dell’impero romano, le terre iberiche videro avvicendarsi genti di provenienza e cultura assai diverse. E i primi passi verso l’«unità nazionale» coincisero con l’avvento dei regni d’Aragona e di Castiglia
L
a ricostruzione degli assetti politico-istituzionali e degli apparati ideologici e simbolici delle monarchie dell’Europa medievale non può prescindere dall’esperienza storica dei regni romano-barbarici sorti in Europa sulle rovine dell’impero romano d’Occidente. Tali regni, infatti, furono il laboratorio nel quale germinarono le nazioni europee dopo secoli di guerre, annessioni territoriali, fusioni e annientamenti di interi raggruppamenti umani (vedi box a p. 10). Per tutti i secoli del Medioevo, la Spagna, intesa come unità politico-territoriale e identità nazionale dell’intera Penisola Iberica, fu patrimonio di una frangia minoritaria della società, cioè dell’élite dirigente, che serbava ancora memoria del passato romano, e divenne una realtà solo alla fine del XV secolo. Nel V secolo, i Visigoti – provenienti dall’attuale Svezia e insediati, per lungo tempo, sulle rive settentrionali del Mar Nero – si stabilirono nella Gallia sud-occidentale e, profittando del crollo progressivo dell’autorità romana, si impossessarono anche dell’Alvernia e della Provenza, annientando l’ultima presenza romana nel Sud del Paese e fondando un proprio regno con capitale Tolosa. Ben presto, sotto re Eurico (466-484), i Visigoti si espansero a sud dei Pirenei e, nel 507, quando re Alarico II (484-507) fu sconfitto e ucciso dai Franchi nella battaglia di Vouillé, essi furono costretti a retrocedere al di là dei Pirenei, abbando-
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GRANDI MONARCHIE
Miniatura raffigurante Alfonso X, detto «el Sabio» («il Saggio»), re di Castiglia e León, a cavallo, in armi e con le sue insegne, dal cosiddetto Tumbo A, una raccolta dei privilegi reali concessi a Santiago de Compostela, avviata intorno al 1129 e conclusa intorno al 1255. Santiago de Compostela, Archivo de la Catedral de Santiago de Compostela. nando definitivamente la Gallia. Nacque, allora, il regno visigoto di Spagna, con capitale Toledo, che finí per inglobare l’intera Penisola Iberica – Portogallo incluso – ripristinando una sorta di unità e continuità amministrativa col passato romano. Nel giro di pochi anni si ebbe anche la piena fusione biologica e culturale con la maggioranza della popolazione romana quando, nel 587, re Recaredo (586-601) si convertí al cattolicesimo – rinnegando l’arianesimo – e, nel 589, durante lo svolgimento del III concilio di Toledo, al quale parteciparono tutti i vescovi iberici – tra cui il famoso Landro di Siviglia (578-600) – impose il battesimo cattolico a tutto il suo popolo. L’unificazione amministrativa del regno andò consolidandosi, nel corso del VII secolo, grazie all’opera dei sovrani Chindasvindo (642-653) e Recesvindo (653-672), ai quali si deve la compilazione e promulgazione della Lex Recesvindiana, un codice legislativo, scritto in latino e in parte ispirato alle consuetudini giuridiche visigote, che
GRANDI MONARCHIE
Spagna
fu applicato indistintamente a tutti i sudditi sia romani che visigoti. A Recesvindo successe Wamba (672-680), il primo sovrano dell’Europa medievale – escludendo il franco Clodoveo (481511) – consacrato dai vescovi, secondo una prassi e un’ideologia destinate, ben presto, a imporsi in tutto il continente (vedi box a p. 12). Dopo i brevi regni di Ervige (680-687) e di Egica (687-702), salí al trono Witiza (702-710), alla cui morte si verificò una grave crisi dinastica.
A sinistra mosaico con scena di caccia al leopardo, dalla villa romana di Las Tiendas (Mérida). IV sec. d.C. Mérida, Museo Nazionale d’arte romana.
omayyade a opera degli Abbasidi, con il conseguente trasferimento della capitale califfale a Baghdad, ebbe pesanti ripercussioni anche nella Penisola Iberica. Nel 756, un sopravvissuto alla strage degli Omayyadi, ‘Abd al-Rahman al-Dakhil († 788), fuggí a Cordova, rovesciò il governatore abbaside e si proclamò emiro, fondando un emirato omayyade autonomo. Nel 929, un suo successore, ‘Abd al-Rahman III (912-961) si proclamò califfo, fondando un ca-
INVASIONI INVASIONI BARBARICHE BARBARICHE E REGNI E REGNI ROMANO ROMANO PITTI SCOTI
MARE DEL NORD
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Dagli emirati ai «re delle fazioni»
Agli inizi dell’VIII secolo, quindi, la Penisola Iberica era stata occupata dai musulmani e trasformata in un emirato, retto da un governatore con sede a Cordova e dipendente dal califfato di Damasco. Nel 750, la caduta della dinastia 8
GRANDI MONARCHIE
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Infatti, Roderico, governatore della Betica, nella parte meridionale del Paese, non riconobbe come re il figlio di Witiza, Agila II – detto anche Achilla – e lo cacciò dal regno. Al che, questi non esitò a cercare l’aiuto degli Arabi, che avevano all’epoca occupato l’intero Maghreb. La tradizione racconta che Agila ottenne l’appoggio sperato grazie ai buoni uffici del goto Giuliano, governatore di Ceuta, che odiava Roderico perché aveva stuprato sua figlia Florinda. Nel 711, gli Arabi sbarcarono nella Penisola Iberica e, il 12 luglio, presso Cadice, annientarono l’esercito di Roderico, che morí in battaglia. Tuttavia, Agila II non ottenne la corona, perché gli Arabi trasformarono il territorio in un loro emirato, relegando l’aspirante al trono a Toledo, dove finí i suoi giorni intorno al 716.
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liffato occidentale autonomo da Baghdad, che riuscí anche a conseguire significativi successi militari sui regni cristiani, come il saccheggio di Barcellona, nel 985, e quello di Santiago, nel 997. Tuttavia, agli inizi dell’XI secolo, il califfato di Cordova crollò e, con l’estinzione della dinastia omayyade, si frantumò in una serie di emirati indipendenti retti dai muluk at-tawa’if o reyes de taifas, i «re delle fazioni». Intanto, nella parte settentrionale della penisola
la nobiltà goto-romana, sotto la guida del duca Pelagio († 737), costituí il regno cristiano delle Asturie, con capitale Oviedo. Agli inizi del X secolo, quando re Alfonso III il Grande (866910) decise di trasferirne la capitale a León, il regno assunse il nome della città. Subordinate al regno di León, nacquero nel contempo, su iniziativa di dinasti locali, le contee di Navarra, Castiglia e Aragona, mentre, alla fine del secolo precedente, nella Spagna nord-orientale, si era
- GERMANICI GERMANICI (IV (IV -- VII VII secolo) secolo)
Sulle due pagine le principali direttrici degli spostamenti di popoli che fecero seguito alla caduta dell’impero romano d’Occidente.
Principali migrazioni dei popoli barbari
Situazione politica all’anno 476 JUTI
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GRANDI MONARCHIE
Spagna
Il tramonto di una superpotenza del regno fu stabilita a Tolosa. Quando la potenza visigota in Gallia fu ridimensionata dai Franchi con la battaglia di Vouillé, nel 507, i Visigoti furono costretti a retrocedere al di là dei Pirenei e nacque, allora, il regno visigoto di Spagna. Nel 443, i Burgundi, di origine scandinava e stanziati, dal III secolo, sul medio Danubio, dopo l’annientamento del loro primo regno a opera degli Unni, nel 436, furono insediati dai Romani nella Gallia sud-orientale, nell’odierna Borgogna e Savoia, tra il Giura, le Alpi e la Saona – attuale Saône – occupando anche buona parte della Svizzera nordoccidentale. Le capitali del regno burgundo erano Lione e Ginevra. La Spagna fu divisa tra i Suebi – o Svevi – originari della zona dell’Elba, confinati nella parte nordoccidentale – odierna Galizia – e i Visigoti finché, nel 585, il regno suebico fu annesso a quello visigoto. Nel 429, sotto la pressione dei Visigoti, i Vandali trasmigrarono in Africa settentrionale, dove presero possesso dei territori compresi tra il Marocco e la Libia e, nel 455, saccheggiarono Roma, occupando, poco dopo, anche la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le Baleari. Agli inizi del V secolo, la Britannia venne occupata da tribú provenienti dalla Germania settentrionale – Frisoni e Sassoni – e dallo Jutland – Iuti e Angli –, che riuscirono a spazzare via quanto residuava della civiltà romana, costringendo buona parte della popolazione autoctona a emigrare in Gallia – Bretagna – o a trasferirsi nei territori piú occidentali della provincia, nel Galles, Devonshire e Somerset. In Britannia – e fino ai confini con la Scozia – REGNO DEI FRANCHI i Germani diedero vita a una serie di regni Narbona che, intorno alla metà del VII secolo, si Tolosa erano ormai ridotti a sette. Nel 476, quando il generale germanico Odoacre I H C BAS Huesca (476-493) depose l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo (475-476), e si Saragozza proclamò rex, anche l’Italia divenne una TA Barcellona RR monarchia «barbarica», alla stregua degli AC ON Tarragona EN altri regni ormai insediatisi in Europa. SIS N
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Nel corso del V secolo l’impero romano perse la completa sovranità sui territori occidentali – Gallia, Spagna, Britannia, Africa –, dove si erano costituite le nuove compagini politiche germaniche. In Gallia, si erano stabilmente insediati Franchi, Alamanni, Visigoti, Alani, Vandali e Burgundi, spinti dalla pressione unna. Gli Alani, però, non erano di stirpe germanica, ma iranica: provenivano, infatti, dalla Russia meridionale, dalla regione caucasica, e un piccolo nucleo di essi si stabilí presso la città di Orléans, nella valle della Loira. Altri trasmigrarono in Spagna, dove, unitisi ai Vandali, passarono in Africa nel 429. Gli Alamanni erano una grande confederazione di tribú germaniche stanziate lungo l’alto corso del Reno e del Danubio. I Vandali venivano dal bacino danubiano-pannonico, dove si erano insediati fin dal III secolo, provenienti dalla Scandinavia. Nel Nord della Gallia si stabilirono i Franchi, mentre il Sud era conteso tra Visigoti e Burgundi. I Franchi occuparono inizialmente il territorio compreso tra il corso del Reno e quello della Somme, mentre i Visigoti – provenienti dall’attuale Svezia e insediati, per lungo tempo, sulle rive settentrionali del Mar Nero – si stabilirono nella Gallia sud-occidentale – Aquitania – e, profittando del crollo progressivo dell’autorità romana in Occidente, si impossessarono anche dell’Alvernia e della Provenza, annientando l’ultima presenza romana nel Sud del Paese e raggiungendo le Alpi occidentali. Anche parte della Spagna cadde sotto il loro dominio e la capitale
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GRANDI MONARCHIE
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IL REGNO VISIGOTO ALLA FINE DEL VI SECOLO Il regno visigoto all'avvento di Leovigildo Conquiste di Leovigildo
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Territori ribelli durante il regno di Recaredo Domini bizantini
Nella pagina accanto, in basso uno scorcio della navata della chiesa di S. Pedro de la Nave, presso Zamora, nella regione di Castiglia e León: costruita nel VII sec. dai Visigoti, fu uno dei primi luoghi di culto cristiani della Spagna. A sinistra l’assetto geopolitico della Penisola Iberica alla fine del VI sec. Nella pagina accanto, in alto, a destra corona votiva in oro e pietre preziose e con croce pendente, facente parte del Tesoro di Guarrazar, rinvenuto nel 1858 vicino a Toledo. Oreficeria visigota, VII sec. Parigi, Musée de Cluny.
In alto moneta di Recaredo, sovrano visigoto del regno di Toledo (Spagna). VI sec. Madrid, Museo Archeologico.
costituita la contea di Catalogna – o Barcellona – sotto la guida di Goffredo I il Villoso (870 circa-897). Nell’814, la scoperta di alcune reliquie – che furono attribuite a san Giacomo – fece delle Asturie la meta di un imponente flusso di pellegrini proveniente da tutta Europa e, presso il luogo della tomba dell’apostolo, si costruí una basilica intorno alla quale prese vita un insediamento da cui ebbe origine l’attuale Santiago de Compostela. Nell’844, dopo la sua miracolosa apparizione alla testa degli eserciti cristiani nella battaglia di Clavijo – combattuta contro i musulmani – san Giacomo divenne, nell’immaginario popolare, El Matamoros, l’«uccisore di Mori». Nel 1000, il conte di Navarra, Sancio III il Grande, assunse il titolo regio e sottomise le contee contermini di Castiglia e Aragona che, annesse, costituirono regni per i suoi figli. La Navarra era un regno – con capitale Pamplona – corrispondente agli attuali Paesi Baschi e collocato a ridosso dei Pirenei, con ampie propaggini anche nella Francia sud-occidentale, nel territorio noto come Guascogna o Bassa Navarra. Nel 1035, alla morte di Sancio III, gli succes-
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GRANDI MONARCHIE
Spagna
Quando il re diventa «persona sacra»
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Territori degli Alamanni (496-97)
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Annessione dei Ripuari e di tutte le tribú dei Franchi
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Regno di Siagrio (486)
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GRANDI MONARCHIE
I Franchi all’avvento di Clodoveo CONQUISTE DI CLODOVEO
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doveri e responsabilità dei sovrani, delineandone un idealtipo plasmato su antichi modelli, desunti dalla storia romana o da quella ebraica. I modelli piú celebri furono quelli di Costantino I (306-337) – Clodoveo fu il primo re «barbaro» a essere salutato come novus Constantinus – e di alcuni re d’Israele, come Davide, Salomone e Giosia. Clementia, iustitia, aequitas erano le qualità che, con la «gloria militare» e la pietas verso la Chiesa, delineavano l’immagine ideale del rex iustus. Tuttavia, sebbene la Chiesa avesse avallato la prassi della consacrazione regia desunta dall’Antico Testamento, il clero tentò sempre di circoscrivere il ruolo del sovrano alla dimensione della laicità e, pur riconoscendone la legittimazione sacrale, ne negò sempre quella sacerdotale. Se – per le gerarchie ecclesiastiche – il sovrano consacrato con l’olio benedetto restava sempre un laico, non mancarono i sostenitori della tesi opposta e, cioè, che la consacrazione attribuisse al monarca anche la qualifica di sacerdote. Per esempio, Paolino (787-802), patriarca di Aquileia, salutò Carlo Magno, re dei Franchi, come rex et sacerdos alla guida di un «nuovo Israele». Riconoscere al sovrano anche un ruolo sacerdotale significava però legittimarne le ingerenze nella vita interna delle strutture ecclesiastiche, riguardo la nomina di vescovi e abati e la definizione dei dogmi e delle principali verità di fede.
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Novempopulana Tolosa
Se
Nel Medioevo, l’apporto della Chiesa e del diritto canonico fu indispensabile per l’elaborazione intellettuale e giuridica di una nuova concezione della regalità. A partire dal IV secolo, la Chiesa aveva acquisito un potere sociale ed economico immenso e faceva sentire la sua influenza anche fra le compagini «barbare». Tra l’altro, il clero raccoglieva personale che, in genere, era alfabetizzato, in possesso di buone qualità intellettuali e conoscenze giuridiche, tali da essere utilizzate anche nelle cancellerie. In base alla teologia politica agostiniana si impose, a opera degli ecclesiastici, la convinzione che ogni sovrano era vicario di Dio e agiva, sulla Terra, al fine di imporre la disciplina e frenare le inclinazioni peccaminose degli uomini, esito nefasto del «peccato originale». Tuttavia, secondo la Chiesa, il re subentrava nel pieno possesso della sua dignitas e delle sue funzioni, solo dopo la consacrazione e l’incoronazione da parte di un vescovo. Attraverso il sacro crisma, la consacrazione era il segno visibile dell’investitura divina che, in quel momento, infondeva la sua grazia nel sovrano, elevandolo al di sopra dei comuni mortali e collocandolo ai vertici della comunità politica, ma non ne faceva un sacerdote, perché il re rimaneva un laico, subordinato, come tutti, al clero. Secondo alcune credenze, la consacrazione conferiva però al sovrano poteri taumaturgici. Per esempio, i re di Francia e Inghilterra, con la semplice imposizione delle mani, avevano il potere di guarire i propri sudditi dalla scrofola – il «male del re» –, cioè dalle affezioni dermatologiche associate all’infiammazione dei linfonodi del collo o alla tubercolosi. La consacrazione faceva del re una persona sacra e, da quel momento, ogni offesa contro di lui equivaleva a un’offesa alla stessa divinità. Il concetto di maestà si sacralizzò, quindi, in senso cattolico-romano. I primi esempi di consacrazione di re germanici, attestati nell’Occidente romano, riguardarono il franco Clodoveo, tra il 496 e il 500, a opera di san Remigio († 531 circa), vescovo di Reims, e il visigoto Wamba, consacrato re dall’arcivescovo di Toledo. La qualifica teologico-giuridica del potere dei sovrani medievali fu anche oggetto di un intenso dibattito intellettuale, accompagnato dalla pubblicazione di molte opere sul tema, note come Specula principum (Specchi dei principi). Questi pamphlet descrivevano virtú,
Narbona
Arles Marsiglia
Regno dei Franchi alla morte di Clodoveo Spartizione tra i suoi quattro figli CLOTARIO
A sinistra Paray-leMonial (Francia), basilica del Sacré-Coeur. Particolare di una vetrata con Clodoveo battezzato da san Remigio alla presenza della regina Clotilde. Il battesimo del re è considerato l’atto fondante del regno dei Franchi. Nella pagina accanto, in basso l’assetto geopolitico della regione francese all’avvento e durante il regno di Clodoveo.
sero García III (1035-1054), in Navarra, Ferdinando I (1035-1065), in Castiglia, e Ramiro I (1035-1063), in Aragona: si erano formalmente costituiti i regni cristiani, destinati a scrivere la storia di Spagna e guidare il processo di Reconquista dei territori sottoposti ai musulmani.
Guerra fratricida
Nel 1037, alla morte di Bermudo III, re di León, il cognato Ferdinando I di Castiglia ne occupò il regno, che fu incorporato provvisoriamente nella Castiglia. Alla morte di Ferdinando I, nel 1065, Castiglia e León tornarono a dividersi, perché il sovrano affidò la prima a Sancio II il Forte e il secondo ad Alfonso VI il Valoroso, entrambi suoi figli. I rapporti tra i due non erano buoni e Sancio mosse guerra al fratello costringendolo a fuggire presso l’emiro di Toledo. Grazie all’aiuto musulmano, Alfonso ritornò in possesso del trono e riuscí anche a sbarazzarsi del fratello. Nel 1072, infatti, durante l’assedio
della piazzaforte di Zamora, Sancio II fu assassinato, probabilmente con la complicità del fratello Alfonso e della sorella Urraca († 1101), che sembra fosse sua amante. Alfonso VI, allora, riunificò la Castiglia con il León e sferrò contro i reyes de taifas un attacco che, nel 1085, portò all’occupazione di Toledo, dove, dopo aver assunto il titolo di imperatore, trasferí la capitale, abbandonando Burgos. I successi militari di Alfonso furono anche merito di Rodrigo Diaz de Vivar – El Cid Campeador – eroe per eccellenza dell’epica iberica. Il condottiero serví prima Sancio II, ma, alla sua morte, passò al servizio di Alfonso VI in qualità di alferéz, ossia comandante dell’esercito. Il rapporto tra i due fu però burrascoso: nel 1081, El Cid venne infatti bandito dalla corte con l’accusa di malversazioni e passò al servizio degli emiri di Saragozza e, poi, di Valencia. Infine, nel 1094, morto l’emiro di Valencia al Qadir, si insignorí della città, che GRANDI MONARCHIE
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Spagna
consegnò ad Alfonso VI, mettendosi al suo servizio fino alla morte, nel 1099. La situazione militare andava intanto facendosi sempre piú difficile, perché i reyes de taifas decisero di contenere l’espansionismo castigliano facendo appello a una confederazione tribale di Berberi, gli Almoravidi – «Quelli della fortezza» –, i quali, animati da intenso fervore religioso, avevano già occupato Marocco, Algeria e Tunisia. Guidati dall’emiro Yusuf ibn Tashfin († 1106), gli Almoravidi sbarcarono in Spagna e, nel 1086, sconfissero l’esercito di Alfonso VI nella battaglia di al-Zallaqa – attuale Sagrajas – costringendo i cristiani alla difensiva, e poi sottomisero i reyes de taifas, dando vita a una nuova dinastia musulmana che fissò la sua capitale a Siviglia.
Una concubina musulmana
Nel 1063, dopo la morte del re Ramiro I nella battaglia di Graus contro i Mori, anche gli altri regni, oltre alla Castiglia, attraversavano un periodo convulso. L’Aragona si schierò con la Navarra contro la Castiglia. In Navarra, nel 1054
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era morto re García III, ucciso dai Castigliani nella battaglia di Atapuerca e la corona passò al figlio, Sancio IV, il quale, nel 1076, fu a sua volta assassinato da un fratello. Ne profittò il nuovo re d’Aragona, Sancio I Ramírez (1063-1094), che occupò la Navarra, unendola al suo regno. Agli inizi del XII secolo, l’impero castigliano iniziò a dare segni di cedimento e, nel 1108, Alfonso VI fu sconfitto a Uclés dai Mori. Nella battaglia morí Sancio, il figlio che Alfonso aveva avuto dalla concubina musulmana Zaide († 1107), figlia dell’emiro di Toledo, che aveva sposato dopo la conversione al cristianesimo. Alfonso VI morí nel 1109, lasciando Castiglia e León al nipote, Alfonso VII il Nobile (11091157), personalità debole, vittima degli intrighi della madre Urraca († 1126) e del suo secondo marito, Alfonso I il Battagliero, re d’Aragona (1104-1134). Dopo la morte del primo marito Raimondo di Borgogna († 1107) – padre di Alfonso VII – Urraca aveva infatti sposato il re d’Aragona, che profittò di queste nozze per estendere il suo controllo su Castiglia e León,
In basso, a sinistra miniatura raffigurante Roderico, ultimo re visigoto di Spagna, e Tariq, generale islamico. XI sec. Madrid, Biblioteca Nazionale. I due personaggi guidavano gli eserciti che si affrontarono nel luglio del 711 nella battaglia del Guadalete (Andalusia), che vide la vittoria degli Arabi, e gettò le basi della loro conquista della Penisola Iberica.
Particolare del vessillo di Baeza, detto anche di sant’Isidoro. XIV sec. LeĂłn, Collegiata di San Isidoro. Sulla stoffa ricamata si vede il vescovo di Siviglia in atteggiamento guerresco e la scena allude alla tradizione leggendaria secondo la quale il presule sarebbe miracolosamente intervenuto nella battaglia combattuta nel 1147 ad AlmerĂa da Alfonso VII contro gli Arabi.
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Spagna
ma Urraca sventò i piani del marito, ottenendo l’annullamento del matrimonio e, cosí, Alfonso I Henriques finí per governare la sola Aragona, concentrando i suoi obiettivi nella guerra contro i Mori, cui riuscí a strappare Saragozza, nel 1118, dove fissò la capitale del regno. Dopo aver cercato di assumere la reggenza del figlio in Castiglia, Urraca fu costretta a rinunciarvi e si ritirò in monastero, lasciando il potere a Pietro González († 1130), conte di Lara, e a Diego Gelmírez († 1140), arcivescovo di Santiago de Compostela. 16
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Nel frattempo, anche la contea del Portogallo, compresa tra il corso del Duero e quello del Mondego, divenne autonoma dalla Castiglia sotto il conte Alfonso I Henriques (1128-1185), figlio della sorella di Urraca, Teresa († 1130) e di Enrico di Borgogna († 1112). Nel 1139, Alfonso Henriques sconfisse i Mori a Santarém, nel 1147 occupò Lisbona, che divenne la capitale del nuovo Stato e infine, nel 1179, ottenne da papa Alessandro III (1159-1181) l’investitura del titolo regio, facendo del Portogallo un regno pienamente indipendente.
Pannello composto da piastrelle in ceramica raffigurante Alfonso VI che, nel maggio del 1085, conquista la città di Toledo. Scuola spagnola, XIX sec. Siviglia, Piazza di Spagna.
In Aragona, la morte di Alfonso I, nel 1134, consentí alla Navarra di acquistare l’indipendenza sotto la guida di García IV il Restauratore (1134-1150). Poiché Alfonso I non aveva discendenti, gli subentrò il fratello, Ramiro II († 1157), già monaco a Saint-Pons-de-Thomières, ma, nel 1137, questi abdicò in favore della figlia, Petronilla († 1173), e si ritirò nel priorato di Huesca. In quello stesso anno, Ramiro impose a Petronilla le nozze con Raimondo Berengario IV (1131-1162), conte di Barcellona, la cui stirpe, nel 1111, aveva acquisito, per matrimonio, anche la Provenza. Queste nozze favorirono l’unione della corona d’Aragona con la contea di Barcellona – poi denominata «Principato di Catalogna» – fattasi effettiva solo durante il regno di Alfonso II il Casto (1162-1196), figlio di Raimondo e Petronilla. L’unione con la Catalogna, inoltre, determinò lo spostamento del baricentro del regno aragonese verso il Mediterraneo, creando le premesse per una politica estera di espansione commerciale e militare. Mentre Aragona e Catalogna si univano, Castiglia e León si separavano e infatti nel 1157, dopo la morte di Alfonso VII, la Castiglia andò a Sancio III (1157-1158), il León a Ferdinando II (1157-1188). Sancio III regnò fino al 1158, dopodiché gli successe il figlio Alfonso VIII il Nobile (1158-1214), uno dei piú celebri sovrani di Castiglia e fondatore, nel 1208, a Palencia, della prima università iberica.
L’avanzata cristiana
La situazione politica e militare della Penisola Iberica diventò problematica nella seconda metà del XII secolo, perché, nel 1147, rovesciati gli Almoravidi, si era insediata nel Paese una nuova dinastia di origini berbere, molto piú intransigente e fanatica della prima, gli Almohadi – «Unitari» –, guidata da ‘Abd al-Mu’min († 1163), il quale assunse il titolo di sultano. Gli effetti di questo cambiamento si videro subito e, nel 1195, Alfonso VIII di Castiglia fu pesantemente sconfitto dai Mori ad Alarcos. Agli inizi del XIII secolo, grazie agli sforzi del nuovo papa, Innocenzo III (1198-1216) – che aveva esteso ai combattenti in Spagna i benefici spirituali della «crociata» – e al supporto di cavalieri provenienti da ogni parte d’Europa, i regni iberici, finalmente coalizzati, riuscirono a conseguire l’importante vittoria di Las Navas de Tolosa, alla quale fecero seguito il tracollo del sultanato almohade e l’inarrestabile avanzata cristiana (vedi box alle pp. 18-19). Alla morte di Alfonso VIII, dopo la breve parentesi del regno di Enrico I (1214-1217), salí
al potere in Castiglia Ferdinando III (12171252), figlio di Berengaria († 1246), sorella di Enrico, e di Alfonso IX, re di León (1188-1230). Questo complesso intreccio di parentele consentí a Ferdinando di unificare, nella sua persona, le corone dei due regni. Castiglia e León non si sarebbero piú separati e anche le cortes dei due paesi, fino ad allora distinte, furono unificate. Ferdinando III si diede anima e corpo alla Reconquista e conseguí grandi successi militari contro i Mori e, proprio per la strenua difesa della fede cattolica contro l’Islàm, nel 1671 fu canonizzato. Sotto il figlio, Alfonso X il Saggio (1252-1284), la Castiglia raggiunse uno dei momenti piú alti del suo progresso culturale e civile (vedi box a p. 27). Alfonso favorí buoni rapporti con l’Aragona, che proprio allora attraversava una fase di intenso sviluppo, e li rafforzò attraverso le nozze con Violante († 1301), figlia del re Giacomo I il Conquistatore. Profittando del lungo periodo di vacanza della carica imperiale – noto come «Lungo Interregno» (1250-1273) – seguito alla morte di Federico II di Svevia († 1250), Alfonso X pose la sua candidatura al trono tedesco, in quanto figlio di Beatrice di Svevia († 1235), cugina dell’imperatore. Tuttavia, non abbandonò la Castiglia per recarsi in Germania e le sue aspirazioni non si concretizzarono mai. Nel periodo finale del suo regno, Alfonso fu anche costretto ad affrontare la ribellione del secondo figlio Sancio († 1295): infatti, dopo la morte del primogenito, Ferdinando de La Cerda, nel 1275, Alfonso pensò di costituire, nell’interesse dei suoi nipoti – Alfonso († 1327) e Ferdinando († 1333) – un vasto appannaggio, ma si scontrò con l’opposizione di Sancio. Benché scomunicato dal papa, nel 1284, alla morte del padre, Sancio IV il Violento (1284-1295) divenne re. Mentre la Castiglia consolidava le sue strutture amministrative, l’Aragona si avviava verso una politica di espansione nel Mediterraneo. Nel 1213, a Muret, in Linguadoca, moriva il re d’Aragona Pietro II il Cattolico (1196-1213), il quale aveva ottenuto nel 1204 il riconoscimento del titolo regio da papa Innocenzo III, dietro promessa di un tributo. Pietro era accorso a Muret in aiuto del cognato – il conte di Tolosa Raimondo VI (1194-1222) –, contro il quale Innocenzo III aveva bandito la crociata, accusandolo di fornire protezione agli eretici catari. Morto Pietro II, il successore, Giacomo I il Conquistatore (1213-1276), abbandonò la politica paterna e si concentrò sul Mediterraneo, cominciando a occupare le Baleari che, nel (segue a p. 20) GRANDI MONARCHIE
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Spagna
La Reconquista Attestato per la prima volta nel Diccionario de la Real Academia Española (1843), il termine Reconquista definisce appunto il lungo processo di riconquista cristiana del territorio iberico dominato dai musulmani. I primi conflitti iniziarono nell’VIII secolo, quando Pelagio, re delle Asturie, sconfisse i Mori a Covandonga (722), ma la Reconquista ebbe inizio solo nell’XI secolo, sotto il regno di Alfonso VI di Castiglia e León. All’epoca, il confine tra il dominio musulmano e i regni cristiani correva, grosso modo, lungo il corso del fiume Duero ed era mobile, mutando a seconda dei successi dell’una o dell’altra parte. Man mano che i regni cristiani sconfiggevano i Mori e avanzavano verso sud, ripopolavano i territori conquistati – repoblaciones – per formare nuovi insediamenti, dotati di un’organizzazione amministrativa basata sulla presenza di alcaldes – governatori – e sulla promulgazione di fueros, ovvero privilegi e statuti normativi. Nel 1064, Castigliani e Aragonesi sottrassero ai Mori, rispettivamente, Coimbra e Barbastro e, alla vigilia dell’impresa – vera e propria crociata ante litteram – papa Alessandro II (1061-1073) emanò una bolla – Eos qui eunt in Hispaniam – con cui benedisse i combattenti, promettendo l’indulgenza a chi vi avesse partecipato. Alla presa di Toledo da parte di Alfonso VI, nel 1085, seguí, nel 1118, la presa di Saragozza, da parte dell’Aragona, e, nel frattempo, furono istituiti gli ordini religioso-militari di Alcantara (1156), Calatrava (1158) e Santiago (1170), col compito di combattere i Mori. Il 16 luglio 1212, a Las Navas de Tolosa, presso la Sierra Morena, i regni cristiani inflissero una durissima sconfitta ai musulmani che furono costretti a ripiegare in Marocco. Una serie di fortunate campagne portarono poi la Castiglia, con Ferdinando III (1217-1252), a occupare Cordova (1236), Murcia (1243), Jaén (1246) e Siviglia (1248), mentre l’Aragona occupò le Baleari (1232) e Valencia (1238). Alla fine del XII secolo, tra la Sierra Nevada e il golfo di Malaga, sotto il governo della dinastia dei Nasridi, sopravviveva solo l’emirato di Granada, ormai tributario della Castiglia e vera e propria enclave musulmana in terra spagnola. L’importanza assunta dalla Reconquista nel forgiare l’identità culturale della Spagna è, da tempo, al centro del dibattito storiografico. Alcuni storici hanno sostenuto il carattere senza dubbio cattolico e castigliano dell’Hispanidad – l’identità culturale iberica – maturata proprio nel corso del lungo conflitto contro i musulmani, sotto la guida della Castiglia. Secondo questi storici, la lunga permanenza degli Arabi nella penisola non alterò mai gli originari caratteri etno-culturali delle stirpi iberiche, ma fu solo una lunga parentesi storica, destinata a concludersi
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In alto particolare di una miniatura raffigurante uno scontro fra Arabi e cristiani, da un’edizione delle Cantigas de Santa Maria di Alfonso X, detto il Saggio. XIII sec. Madrid, Real Biblioteca del Monasterio de San Lorenzo de El Escorial. A sinistra particolare di un capitello raffigurante Alfonso VI affiancato da due angeli. XII sec. Compostela, Cattedrale. con la presa di Granada. Questa visione è stata fatta propria dagli storici Claudio Sánchez Albornoz († 1984) e Ramón Menéndez Pidal († 1968), autori di due opere fondamentali sul tema: La Spagna, un enigma storico (1956) e La Spagna del Cid (1929). Alle loro tesi si oppose Américo Castro († 1972), che, nel saggio La Spagna nella sua realtà storica (1954), sostenne la natura composita dell’Hispanidad, frutto della fusione di elementi culturali diversi, non solo cristiani e castigliani, ma anche ebraici e musulmani, e sottolineò anche che l’eccessiva influenza della Chiesa e della mentalità cavalleresca aveva prodotto effetti negativi, impedendo alla Spagna di adeguarsi ai valori della «modernità». Castro, inoltre, smentí la visione della Reconquista come una serie continua di guerre e
Oviedo Santiago de Compostela
1. Al-Andalus è il nome dato dagli Arabi alla provincia dell’impero califfale che corrisponde alla Penisola Iberica. In questa e nelle altre cartine sono anche indicate le principali battaglie combattute nel corso della Reconquista.
Regno León delle Asturie Oporto
Salamanca
Lisbona
Mérida
Badajoz
Almería a
Asturie
Burgos goss Tudela gos
Castiglia
Saragozza
Zamora
Rueda
3
Castiglia
Braganza Oporto
Zamora
Salamanca Madrid
Coimbra
Portogallo
Mérida
Lisbona
Siviglia
Cadice
Gibilterra
Lérida
Barcellona Tarragona Palma
Valencia
Toledo
Cordova
Huesca
Aragona
Nuova Castiglia
Badajoz Huelva
Saragozza
Andorra
Catalogna
Jaén
Murcia
Granada Almería
Possedimenti castigliani Possedimenti aragonesi Granada
Barcellona Tarragona
Valencia
Murcia Almería
al-Andalus nel 790
2. Primi successi Alfonso III Magno, re delle Asturie, avanza lungo il Duero, e conquista Zamora e altre roccheforti arabe. Nel 917 Ordoño II, re di León, alleato con il re di Navarra, Sancho I Garcés, ottiene nuove vittorie.
al-Andalus nel 900
Oviedo Santiago de Compostela
Galizia
León
Navarra Aragona
Burgos Saragozza go go gozza ozza zza zza
Salamanca Coimbra
Portogallo
Lisbona
Badajoz
Andorra
Pamplona
Valladolid
Oporto
4
Navarra
Alcoraz
Contea di Barcellona
Huesca
Uclés
Toledo
Badajoz Mérida Cordova Siviglia
San Sebastian Burgos Tudela
2
Aragona
Salamanca
ribadí che i rapporti tra musulmani e cristiani non furono solo conflittuali, ma anche di scambio e reciproco arricchimento culturale. La visione tradizionale della Reconquista, quindi, pur non totalmente errata, va senz’altro rettificata, perché il processo di formazione dell’Hispanidad fu complesso e frutto non solo della guerra contro i Mori, ma anche del contributo pacifico di elementi culturali appartenenti a civiltà che, benché confliggenti, seppero cooperare, con proficui risultati.
Asturie León Galizia
Granada
Guadalete
Granada
Oviedo
Murcia
Cordova Siviglia
Al-Zallaqa
Santiago de Compostela
Valencia
Toledo
Galizia
Lisbona
Girona Tudela Huesca Saragozza Barcellona Tarragona
Valdejunquera
Coimbra
Andorra
Coimbra
León
Oporto
Burgos Pamplona
Zamora
1 Santiago de Compostela
Covadonga
Catalogna
Fraga
Castiglia Cutanda
Barcellona Tarragona
Valencia
Toledo
Palma
Alarcos Las Navas de Tolosa
Cordova Siviglia Huelva Granada Almería Cadice Gibilterra
3. Alla metà del XII sec. l’impero degli Almoravidi si sgretola: Alfonso VII di León e Castiglia ne approfitta, conquistando, tra le altre, Cordova (1144), la fortezza di Aurelia, presso Ocaña, Coria e, nel 1147, Almería.
al-Andalus nel 1150
4. Agli inizi del XIV sec. il sultanato di Granada è il solo dominio arabo in Spagna. La città cadde infine, nel 1492, nelle mani delle corone di Castiglia e Aragona e dei rispettivi re, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona.
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Particolare di una decorazione d’altare raffigurante l’Incoronazione della Vergine, pittura su legno, dalla chiesa di S. Maria a Lluçà (Barcellona). 1210-1220. Vic, Museo Episcopale.
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Spagna
1232, sottratte ai Mori, andarono a costituire il regno di Maiorca, affidato al suo secondogenito, Giacomo II († 1311). Le Baleari, quindi, furono un regno autonomo, affidato alla linea cadetta della dinastia e, solo nel 1344, furono aggregate definitivamente all’Aragona. Nel 1238, fu occupata e annessa anche Valencia. Nel 1258, Giacomo pose fine ai suoi contrasti con la Francia, siglando il trattato di Corbeil, con cui abbandonava ogni possedimento aragonese in Provenza – Montpellier, Rossiglione e Cerdagna – in cambio della ri-
nuncia francese sulla Catalogna. Nel 1262, il re fece sposare il figlio Pietro, con Costanza di Svevia († 1302), figlia del re di Sicilia Manfredi († 1266). Il matrimonio fu gravido di conseguenze e quando, nel 1282, la Sicilia insorse contro gli Angioini di Napoli, Pietro III il Grande (1276-1285) – diventato, nel frattempo, re d’Aragona – fu acclamato sovrano dai Siciliani. Il re sbarcò nell’isola e, in tal modo, diede inizio a una lunga guerra con gli Angioini, conclusasi solo con la pace di Caltabellotta, nel 1302. In base al trattato, la Sicilia fu ceduta all’Aragona
che, fin dal 1295, per investitura papale, aveva acquisito il possesso anche della Sardegna, che fu organizzata in vicereame, mentre la Sicilia andò a costituire un regno autonomo dall’Aragona, il regno di Trinacria, affidato al figlio di Pietro III, Federico III (1302-1337). Nel 1377, con la morte di Federico IV (1355-1377), re di Sicilia, sua figlia Maria († 1402) andò in sposa a Martino il Giovane, figlio di Martino I il Vecchio (1395-1410), re d’Aragona. Nel 1409, morto Martino il Giovane, il padre assunse direttamente la corona dell’isola, annettendola all’Aragona e trasformandola in vicereame. In Navarra, invece, agli inizi del XIII secolo si era verificato un importante mutamento dinastico: morto Sancio VII il Forte (1194-1234), nel 1234 era salito al trono il nipote, Tebaldo I il Trovatore († 1253), già conte di Champagne. La nuova dinastia francofona favorí la diffusione della poesia cortese e degli ordinamenti amministrativi ricalcati sul modello francese. Alla morte di Enrico I (1270-1274), Navarra e Champagne passarono direttamente alla Francia, grazie al matrimonio della figlia, Giovanna I († 1305), col re francese Filippo IV il Bello (1285-1314).
Una stagione di profonda crisi
Nel corso del XIV secolo, anche i regni iberici furono travolti dalla gravissima crisi economica, demografica e politica che imperversava in Europa. In Castiglia, alla morte di Alfonso XI il Giustiziere (1312-1350), era scoppiata la guerra civile tra il nuovo re – il figlio legittimo Pietro I il Crudele – e il «bastardo» Enrico di Trastámara (13691379), il quale, grazie all’appoggio militare della Francia – l’Inghilterra sosteneva Pietro – sconfisse e uccise il fratellastro a Montiel, nel 1369, e si proclamò re. La nuova dinastia castigliana dei Trastámara era però destinata a grandi cose. Nel 1410, morto Martino I d’Aragona, si estinse la linea genealogica diretta della dinastia aragonese. Le cortes di Aragona, Catalogna e del regno di Valencia – le compagini che componevano la Corona d’Aragona – composte dai rappresentanti di clero, nobiltà e città demaniali, assunsero la reggenza, finché, nel 1412, scelsero come re il castigliano Ferdinando I d’Antequera (1412-1416). Costui era infatti figlio di Giovanni I di Trastámara (13791390), re di Castiglia e León, e di Eleonora († 1382) sorella di Martino I. La Navarra, invece, riacquistò la propria indipendenza dalla Francia nel 1328, quando la Champagne venne inclusa nel demanio regio francese e il regno iberico andò a Giovanna II (1329-1349) nipote del re di Francia Filippo IV il Bello.
Statua di Alfonso X il Saggio, opera dello scultore spagnolo Juan Polo Velasco. 1965. Cordova, Giardini dell’Alcázar de los Reyes Cristianos.
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Spagna
Alfonso X riconquista Cadice, olio su tela di Ricardo Balaca. 1865. Segovia, Alcázar. L’artista immagina il momento in cui il sovrano, nel 1262, dopo la conquista e l’espulsione dei musulmani dalla città, inviò una croce sulle acque della baia, a simboleggiare il suo controllo sull’oceano che separa la Penisola Iberica dall’Africa e l’impero della religione cristiana sull’Islam.
Il Portogallo, dopo il regno felice di Dionigi I (1279-1325) – fondatore dell’Università di Lisbona – fu sconvolto da gravissimi problemi dinastici. Il successore e figlio di Dionigi, Alfonso IV (1325-1357), fu costretto a prendere le armi contro il figlio Pietro, che, alla morte della moglie Costanza di Castiglia, nel 1345, si era invaghito di una sua dama, Inés de Castro, e l’aveva sposata. Nel 1355, Alfonso IV, che disapprovava l’unione, ordinò ad alcuni sicari di 22
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ucciderla, provocando l’ira del figlio che diede inizio a una guerra contro il padre, poi terminata con la morte di Alfonso, a cui successe proprio Pietro I, detto «il Giustiziere», perché vendicò l’amante, facendo giustiziare i sicari responsabili del suo omicidio. A Pietro successe il figlio, Ferdinando I il Bello (1367-1383), alla cui morte il Portogallo sprofondò in una nuova guerra civile. A contendersi il regno furono Giovanni d’Aviz (1385-1433), un «bastardo» di
Ascesa e declino di al-Andalus 711
li Arabi sconfiggono il regno visigoto e occupano quasi l’intera Penisola G Iberica. Molti cristiani trovano rifugio nelle regioni montuose del Nord. 756 Abd al-Rahman I (731-788) sfugge al massacro degli Omayyadi perpetrato dagli Abbasidi e conquista Cordova e Siviglia; si proclama emiro di al-Andalus. 929 Abd al-Rahman III (889-961) si rende indipendente da Baghdad e viene proclamato califfo di Cordova (929-961). Il suo regno segna l’apogeo della potenza musulmana in Spagna e il periodo di massimo splendore artistico-culturale. 1035 Il califfato di Cordova si frantuma in una serie di piccoli Stati musulmani indipendenti (le taifas). 1037 Ferdinando I unisce i regni di León e Castiglia. 1043-75 Al-Mamún governa la taifa di Toledo, centro di un’intensa attività letteraria e artistica. 1072 Alla morte di Ferdinando I, il figlio Sancio II, re di Castiglia, cerca di uccidere il fratello Alfonso VI, re di León, che trova rifugio presso il re arabo di Toledo. Al suo ritorno, Alfonso VI unifica di nuovo le corone di Castiglia e León. 1075 Alfonso VI conquista Toledo e il suo dominio si estende anche su Valencia, Murcia e le taifas meridionali . 1086 Il 23 ottobre a Sagrajas (Zalaca) le truppe almoravidi di Yusuf lbn Tashfin infliggono una clamorosa sconfitta ad Alfonso VI. I Castigliani sono costretti a ritirarsi da Valencia, riconquistata soltanto nel 1094 da Rodrigo Diaz de Vivar, il «Cid Campeador». 1108 Il 30 luglio gli Almoravidi vincono le truppe cristiane a Uclés. Nella battaglia muore Sancio, figlio di Alfonso VI. 1109 Muore Alfonso VI, Imperator Toletanus Magnificus Triumphator. Il regno rimane nelle mani della moglie Urraca, tutrice del figlio minorenne Alfonso. 1146 Gli Almohadi sconfiggono gli Almoravidi e occupano la parte sud della Penisola Iberica. 1158 Alla morte di Alfonso VII, dopo il breve regno di Sancio III, sale al trono castigliano Alfonso VIII. 1172-82 Gli Almohadi conquistano Valencia. 1173 Nel regno di Castiglia si conia la prima moneta d’oro, il maravedí, sul modello del dinar arabo. 1195 Alfonso VIII viene sconfitto dagli Almohadi nella battaglia di Alarcos. I cristiani riescono a mantenere il controllo dei centri urbani (Toledo, Madrid, Alcalá, Cuenca). 1212 Con la vittoria di Alfonso VIII nella battaglia di Las Navas de Tolosa (16 luglio) crolla il potere degli Almohadi e le città musulmane si arrendono una dopo l’altra: Cordova (1236), Valencia (1238), Murcia (1243), Jaén (1246) e Siviglia (1248). Fino al 1492 il regno di Granada è l’unico a rimanere nelle mani dei musulmani.
Pietro I, e il re di Castiglia, Giovanni I (13791390), genero di Ferdinando I. Nel 1385, Giovanni sconfisse i Castigliani ad Aljubarrota e conquistò il trono.
Verso l’unificazione
Il XV secolo inaugurò un periodo di grande espansione per i regni iberici. In Aragona, morto nel 1416 Ferdinando I, salí al potere Alfonso V il Magnanimo, che, nel 1435, alla morte della regi-
na di Napoli, Giovanna II d’Angiò (1414-1435), si proclamò suo erede. Tuttavia, prima di occupare Napoli, l’aragonese dovette combattere una lunga guerra (1435-1443) contro un altro pretendente, il conte di Provenza e duca d’Angiò Renato I († 1480). Conquistato il regno nel 1443, Alfonso dimorò sempre a Napoli, dove fissò la sede della corte e della cancelleria di un impero veramente mediterraneo, che abbracciava l’Aragona, la Catalogna, il regno di Valencia, GRANDI MONARCHIE
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Spagna
Il Patio de los Leones, con le caratteristiche colonne di marmo bianco di Almería, nel complesso palaziale dell’Alhambra a Granada, vera e propria città murata costruita da principi musulmani tra il XIII e il XIV sec. la Sardegna, la Sicilia e il Mezzogiorno peninsulare. Alla sua morte, nel 1458, i domini alfonsini furono divisi: Aragona, Catalogna, regno di Valencia, Sardegna e Sicilia andarono, con titolo regio, al fratello Giovanni II il Grande (14581479), il regno di Napoli, invece, fu attribuito al figlio «bastardo» – ma poi legittimato – Ferdinando I (1458-1494), detto anche Ferrante. Nel corso del suo regno, Giovanni II dovette affrontare problemi gravissimi: in quanto sposo della defunta regina Bianca di Navarra (14251441) – figlia di Carlo III il Nobile (1387-1425) – Giovanni acquisí infatti anche il controllo di questo regno, ma le cortes non lo accolsero favorevolmente e gli preferirono il figlio, Carlo di Viana, che scese in guerra contro il padre e, solo alla morte di Carlo, nel 1461, Giovanni poté acquisire il controllo della Navarra. Tra il 1462 e il 1472, Giovanni dovette fronteggiare anche la rivolta della Catalogna, che offrí la corona a Giovanni d’Angiò, figlio di Renato I. Solo la morte di Giovanni d’Angiò, nel 1470, consentí a Giovanni di pacificare il Paese, anche se iniziarono subito gravi tafferugli a Barcellona, dove si combattevano le fazioni rivali della Biga e della Busca, l’una rappresentativa dell’aristocrazia terriera, l’altra della borghesia mercantile.
L’esplorazione del continente africano
In Portogallo, morto Giovanni I e dopo la breve parentesi del figlio Edoardo I l’Eloquente (1433-1438) – noto anche come scrittore e poeta – salí al trono Alfonso V l’Africano (14381481), sotto il cui governo iniziò una fase di grande espansione commerciale e coloniale, grazie alle iniziative intraprese dal principe Enrico il Navigatore († 1460), figlio di Giovanni I. Enrico si stabilí a Sagres, nell’Algarve, dove istituí una scuola di studi geografici e cartografici e arruolò abili navigatori provenienti da ogni parte d’Europa, tra i quali sono da ricordare i portoghesi Gil Eanes e Diégo Caô († 1486), il genovese Antoniotto Usodimare († 1461) e il veneziano Alvise Cadamosto († 1483). Grazie ai viaggi esplorativi, nel 1415 fu occupata Ceuta e, tra il 1420 e il 1425, gli arcipelaghi delle isole Madera e Azzorre, quest’ultime definitivamente conquistate nel 1435. Nel 1434, doppiato capo Bojador, lungo le coste occidentali dell’Africa, il Portogallo iniziò l’esplorazione del continente e la fondazione dei primi empo24
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Spagna
ri per il commercio con le popolazioni indigene. Nel 1445 furono raggiunte le isole di Capo Verde, nel 1450 il Gambia, nel 1455 il Senegal e, nel 1460, la Sierra Leone. Anche la corona di Castiglia e León dovette misurarsi con serie difficoltà. Nel 1454, morto Giovanni II (1406-1454), gli successe il figlio di primo letto, Enrico IV l’Impotente, il cui regno fu subito travolto dalle guerre civili. Una parte della nobiltà castigliana negava infatti la legittimità della figlia Giovanna, unica erede al trono, spregiativamente appellata la «Beltraneja», perché sospettata di essere figlia della regina, Giovanna d’Aviz († 1475), e del favorito del re, Beltrán de la Cueva († 1492). Una prima guerra scoppiò nel 1465 tra Enrico e il fratellastro Alfonso, figlio di Giovanni II e della seconda moglie, Isabella del Portogallo († 1496). Alfonso morí in circostanze misteriose nel 1468 ed Enrico, per appianare i contrasti, diseredò la figlia e designò erede la sorellastra Isabella.
Un matrimonio alle origini del regno
Ma Isabella, tradendo la promessa fatta al fratello – di sposarsi solo con il suo consenso – il 19 ottobre del 1469 sposò, a Valladolid, Ferdinando d’Aragona, principe di Catalogna e re di Sicilia, figlio del re d’Aragona Giovanni II e della seconda moglie, Giovanna Enríquez († 1468). Enrico IV reagí diseredando Isabella e determinando lo scoppio di una nuova guerra civile, terminata solo con la morte di Enrico, nel 1474, e l’incoronazione di Isabella e Ferdinando a sovrani di Castiglia e León. Ma la pace non durò a lungo, perché Alfonso V, re del Portogallo, invase la Castiglia per affermare i diritti della nipote Giovanna la «Beltraneja». Sconfitto a Toro, nel 1476, Alfonso accettò la pace di Alcáçovas (1479) e riconobbe Isabella e Ferdinando come sovrani. Nel 1479, alla morte di Giovanni II, Ferdinando divenne anche re d’Aragona e associò Isabella, con pieni diritti, nel governo del nuovo regno. Alfonso V, invece, si ritirò in monastero, mentre la «Beltraneja» fu costretta a monacarsi e morí a Lisbona nel 1530. Nel 1481, morto in Portogallo Alfonso V, gli successero prima Giovanni II il Perfetto (14811495) e, poi, Emanuele I il Fortunato (14951521), sotto i quali continuò l’espansione coloniale del regno. Nel 1488, il navigatore Bartolomeo Diaz († 1500) raggiunse il capo di Buona Speranza – ma non riuscí a doppiarlo – e, nel 1497, Vasco da Gama († 1524) portò finalmente a termine l’impresa e, nel maggio dell’anno successivo, sbarcò a Calicut, in India, aprendo al Portogallo le rotte dei commerci orientali. 26
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Le nozze tra Isabella e Ferdinando posero le basi per la nascita di un regno di Spagna unitario, comprensivo dell’intera Penisola Iberica, Portogallo escluso. Tuttavia, all’inizio, l’unione delle corone di Castiglia, León, Aragona e Catalogna fu puramente personale, perché tutti i regni conservarono distinte istituzioni, proprie cancellerie, cortes e differenti idiomi. Ma il seme gettato non avrebbe tardato a germogliare (vedi box a p. 28). Nel XV secolo, anche la Navarra fu travagliata da gravi crisi dinastiche che, alla fine, ne determinarono la perdita dell’indipendenza. Morto Giovanni II d’Aragona, nel 1479, il regno di Navarra passò alla figlia Eleonora, che morí poco tempo dopo, lasciando erede il nipote, Francesco Febo (1479-1483), conte di Foix, appartenente alla feudalità francese. Nel 1483, morto Febo, la corona
In alto miniatura raffigurante Alfonso X che fa ricorso al potere taumaturgico del manoscritto delle Cantigas de Santa Maria per curare la sua grave malattia, da un’edizione delle stesse Cantigas. 1290. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale.
Alfonso X e la cultura Alfonso X promosse la Scuola dei traduttori di Toledo – istituto fondato all’indomani della conquista cristiana della città – che ebbe il compito di avviare una serie di traduzioni in latino e in castigliano di manoscritti redatti in arabo e contenenti importanti studi di filosofia, matematica, teologia, astronomia e medicina. Attraverso la traduzione degli scritti di intellettuali come Avicenna († 1037) e Averroè († 1198), nuove idee iniziarono a circolare negli ambienti universitari europei, dando vita a quella rivoluzione culturale conosciuta come Rinascimento del XII secolo. Alfonso stesso fu scrittore prolifico e patrocinò la traduzione e composizione di molte opere in latino o in castigliano. In tal modo, favorí anche la diffusione di questa lingua romanza, che divenne ben presto la lingua ufficiale del regno di Castiglia. Molte opere tradotte o scritte per impulso del re sono
giunte fino a noi in preziosi manoscritti, decorati da miniature che sono autentiche opere d’arte. Tra le opere di cui fu autore lo stesso Alfonso si ricordino alcune liriche in gallego-portoghese, che entrarono a far parte di un vero e proprio «canzoniere» – Cantigas de Santa Maria – in cui furono raccolti circa 420 componimenti, in gran parte dedicati alla Vergine, ai santi del calendario liturgico o ispirati a episodi di storia sacra. Nel campo della letteratura scientificoastronomica, Alfonso promosse la redazione di alcune opere – in genere traduzioni dall’arabo –, tra cui sono da ricordare le cosiddette Tavole alfonsine, ovvero tavole astronomiche, compilate sia in castigliano che in latino. Riguardo la compilazione di testi giuridici, si ricordino il Fuero real e la Ley de las Siete Partidas, codici promulgati nel tentativo di dotare la Castiglia di un complesso normativo chiaro e
organico che non fosse in latino. Il Fuero fu una raccolta di statuti regi e di consuetudini applicabili alle città del regno, al fine di uniformarne la struttura amministrativa e l’organizzazione interna, mentre la Ley de las Siete Partidas – divisa in sette parti – era un codice onnicomprensivo, contenente sia norme di diritto pubblico che privato. Riguardo la compilazione di opere di taglio storiografico, sono da ricordare la Crónica general de España e la Grande e General Estoria, due grandi cronache, composte su ordine di Alfonso, che avevano la finalità di celebrare la grandezza della Castiglia e, con essa, di tutta la Spagna cristiana.
Miniatura raffigurante Alfonso X (al centro), da un’altra edizione delle Cantigas de Santa Maria. XIII sec. Madrid, Real Biblioteca del Monasterio de San Lorenzo de El Escorial.
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Spagna
Nascita di una nazione Alla vigilia del loro matrimonio, Ferdinando II d’Aragona e Isabella I di Castiglia sottoscrissero alcuni accordi, in base ai quali il futuro sposo si impegnava ad adempiere specifici doveri nell’interesse dei sudditi castigliani. Ferdinando si obbligò a non violare leggi e consuetudini della Castiglia, a non alienare i beni del patrimonio della corona e a non conferire uffici e prebende di alcun tipo a nobili e funzionari aragonesi. Inoltre, in base agli accordi, Ferdinando si riservò il controllo esclusivo dell’esercito castigliano, mentre Isabella, in caso d’impedimento temporaneo o di assenza del marito, avrebbe potuto amministrare la Castiglia da sola. Dopo la conclusione della guerra contro il Portogallo, ormai saldamente insediati sul trono, Ferdinando e Isabella continuarono a perseguire l’obiettivo di creare un regno unitario. Nel 1482, dichiararono guerra all’emirato di Granada, che, dopo la vittoria di Las Navas de Tolosa, era rimasto l’ultimo lembo islamico della Penisola Iberica, retto dai Nasridi. Il 2 gennaio del 1492, i «re cattolici» – come furono poi denominati – entrarono a Granada, ponendo fine al processo secolare di Reconquista, mentre l’ultimo emiro, Abu ‘Abd Allah Muhammad († 1520 circa) – noto ai cristiani col nome di «Boabdil» – prendeva la via dell’esilio. La presenza di un vasto numero di musulmani nel territorio iberico – e in quello dell’ex emirato – creò non poche preoccupazioni, pertanto Isabella e Ferdinando – che intendevano costruire una salda coscienza nazionale all’insegna dell’uniformità religiosa – imposero, con apposito editto, nel 1502, l’obbligo del battesimo cattolico, a pena di espulsione dal Paese. Lo stesso provvedimento fu adottato, nel 1492, nei confronti dei Giudei. Affinché i neoconvertiti non apostatassero, già nel 1478, Ferdinando e Isabella ottennero da papa Sisto IV (1471-1484) la bolla Exigit Sinceras Devotionis Affectus, che li autorizzava a introdurre la Santa y Suprema Inquisición, ossia l’Inquisizione spagnola, distinta da quella ecclesiastica, perché alle esclusive dipendenze della Corona e diretta da un inquisitore generale – il primo fu il domenicano Tomás de Torquemada di Valladolid († 1498) – di nomina reale. Sul piano della politica commerciale e coloniale, i sovrani cercarono di mettersi al passo col Portogallo. La Castiglia tra l’altro, aveva già acquisito il possesso delle Canarie nel 1402, grazie ai navigatori francesi Gadifer de la Salle († 1415) e Jean de Béthentcourt († 1425). Il 17 aprile del 1492, a Santa Fé, Ferdinando e Isabella firmarono con il navigatore e geografo genovese Cristoforo Colombo un accordo – noto come Capitolazioni di Santa Fé – in base al quale gli concedevano il finanziamento necessario per armare tre caravelle, con cui raggiungere le Indie attraversando l’Atlantico, senza circumnavigare l’Africa. In base alle Capitolazioni, i reali riconobbero a Colombo i titoli di grande ammiraglio dell’Oceano, viceré delle Indie e la decima parte dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle terre eventualmente scoperte.
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Il 2 agosto del 1492, Colombo partí dal porto di Palos de la Frontera, al comando di una spedizione, e, il 12 ottobre, sbarcò nelle Bahamas, nell’isola a lui ribattezzata San Salvador. Colombo – che credeva di aver raggiunto il Giappone – grazie anche alla protezione di Isabella, condusse altri tre viaggi in direzione delle Indie, ma, dopo la morte della regina, nel 1504, cadde in disgrazia, fu allontanato dalla corte e, nel 1506, morí a Valladolid, mentre le terre d’oltremare passarono sotto l’amministrazione diretta della Corona spagnola. Per evitare che anche il Portogallo, da tempo impegnato nell’espansione lungo le rotte dell’Atlantico e le coste africane, potesse avanzare pretese sulle terre appena scoperte, Ferdinando e Isabella richiesero a papa Alessandro VI (1492-1503) una bolla con cui la piú alta autorità morale e spirituale dell’Europa cristiana si pronunciasse sulla questione. Il papa, nel 1493, emanò la Inter Caetera, con cui attribuiva alla Castiglia la sovranità su tutte le terre scoperte, o da scoprire, collocate a ovest di una linea immaginaria tracciata a 100 leghe dalle isole Azzorre. Allora, il re del Portogallo, Giovanni II (1481-1495), minacciò la guerra, cosicché i sovrani spagnoli sottoscrissero nel 1494 il trattato di Tordesillas, che spostò la linea immaginaria 370 leghe a ovest delle isole di Capo Verde, e stabilí che alla Castiglia sarebbero andate tutte le terre ubicate a ovest, e al Portogallo quelle a est, comprese l’Africa e il Brasile. Quest’ultimo fu scoperto solo nel 1500, quando il portoghese Pedro Álvares Cabral († 1526) – che navigava lungo l’Africa verso le Indie – fu mandato fuori rotta dai venti e approdò, per caso, sulle coste americane. In politica estera, Ferdinando fu attivissimo nell’ampliare ulteriormente i domini della corona. Nel 1493, infatti, con il trattato di Barcellona, siglato con la Francia, tornò in possesso del Rossiglione e della Cerdagna e, nel 1500, sempre in accordo con la Francia – trattato di Granada – iniziò la conquista del regno di Napoli, che fu spartito tra le due potenze. Nel 1503, violato il trattato e sconfitta la Francia a Cerignola e al Garigliano, Ferdinando conquistò tutto il regno di Napoli, che fu trasformato in un vicereame. Dopo la morte di Isabella, Ferdinando si risposò con Germana di Foix († 1536), nipote del re di Francia Luigi XII (1498-1515), nel tentativo – che non andò a buon fine – di avere un erede maschio, dato che il «principe delle Asturie», Giovanni, era morto nel 1496. Nel 1504, il re ostacolò la successione in Castiglia della figlia Giovanna († 1555) e, nel 1506, dopo averla fatta relegare a Tordesillas e dichiarare «pazza» dalle cortes, ne assunse la reggenza. Nel 1512, infine, occupò la Navarra, avanzando fino ai Pirenei. Alla morte di Ferdinando, nel 1516, il nipote Carlo I († 1558), figlio di Giovanna e governatore delle Fiandre, ereditò le corone di Castiglia e León, Aragona, Navarra, oltre ai vicereami di Sardegna, Sicilia e Napoli e ai domini del «Nuovo Mondo». Un nuovo impero si andava affermando in Europa.
La Vergine dei re cattolici, tecnica mista su tavola forse attribuibile a Fray Pedro de Salamanca. 1497 circa. Madrid, Museo del Prado. A sinistra, san Tommaso d’Aquino protegge Ferdinando, dietro al quale, inginocchiato, sta un domenicano identificato con l’inquisitore Torquemada; a destra, san Domenico di Guzmán protegge Isabella.
passò alla sorella Caterina († 1517) e al marito, Giovanni II d’Albret († 1516). Nel 1512, Ferdinando II d’Aragona occupò il Paese, costringendo Giovanni II e la moglie alla fuga in Francia, dove continuarono a governare, da sovrani, la piccola enclave della Bassa Navarra, finché Enrico IV di Borbone († 1610), figlio di Giovanna d’Albret († 1572), regina della Bassa Navarra, divenuto re di Francia, non la incorporò nel demanio regio. GRANDI MONARCHIE
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FRANCIA
Sotto il segno di san Dionigi Nel VII secolo, il potere dei «maestri di palazzo» crebbe fino a farne i primi, veri re della regione francese. E la solenne consacrazione di Pipino il Breve, officiata nella basilica di Saint-Denis, fu l’inizio di una lunga e gloriosa parabola, nel corso della quale la Francia divenne una delle maggiori potenze del Vecchio Mondo 30
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N
el 768, alla morte di Pipino il Breve, il regno franco fu diviso tra i figli Carlo e Carlomanno (vedi box a p. 34). Morto Carlomanno, nel 771, Carlo si impossessò anche dei suoi territori e, poco dopo, diede inizio a una serie interminabile di guerre che gli consentirono di edificare un impero popolato da circa 20 milioni di abitanti ed esteso per 1 milione di chilometri quadrati, la cui capitale fu posta ad Aquisgrana, in Germania. Nel 772, Carlo attaccò i Sassoni, popolazione germanica stanziata tra il Weser e l’Elba, ma, l’anno successivo dovette interrompere le operazioni per
Miniatura raffigurante papa Leone III che incorona Carlo Magno, nella notte tra il 24 e il 25 dicembre dell’anno 800, durante la Messa celebrata nella basilica di S. Pietro in Vaticano, da un’edizione delle Chronique des Empereurs di David Aubert. 1462. Parigi, Bibliothèque de l’Arsenal.
portare aiuto, contro i Longobardi, a papa Adriano I (772-795). Nel 773, il re franco scese in Italia, sconfisse i Longobardi, restituí i territori sottratti al pontefice e si proclamò rex Francorum et Langobardorum, mentre una parte consistente dell’Italia centro-settentrionale cadeva sotto il suo dominio. Nel 776, riprese la guerra contro i Sassoni, che furono definitivamente sottomessi e cristianizzati nell’810. Nel 788, Carlo depose il duca di Baviera, Tassilone III († 794), e ne inglobò il ducato e, tra il 791 e il 796, occupò le attuali Austria, Croazia e Slovenia, annesse e trasfor-
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mate nella «marca orientale», dopo aver debellato gli Avari, popolazione turco-mongola responsabile di molte razzie nell’Europa centrale e in Italia. Nel 795, infine, Carlo intervenne anche nella Penisola Iberica contro i Mori, ai quali riuscí a sottrarre il territorio compreso tra i Pirenei e l’Ebro – grosso modo l’attuale Catalogna e i Paesi Baschi – che fu trasformato nella «marca di Spagna», con capitale Barcellona. Con le conquiste iberiche, Carlo vendicò la retroguardia del suo esercito che, guidata dal prefetto di Bretagna Rolando, era stata massacrata dai Baschi al passo di Roncisvalle, nel 778, in occasione del primo tentativo di espansione dei Franchi oltre i Pirenei. La notte di Natale dell’800 – quasi fosse l’esito scontato di tante conquiste – papa Leone III (795-816) incoronò Carlo imperatore, in S. Pietro, a Roma: a poco piú di tre secoli dal fatidico 476 d.C., un imperatore ritornava a governare l’Europa.
In guerra per la successione
Nell’814, alla morte di Carlo, gli successe il figlio Ludovico I il Pio (814-840). Piú interessato alle questioni religiose che a quelle politiche e militari, questi dovette fronteggiare i saccheggi dei Vichinghi e le continue ribellioni dei figli, che lo deposero e rimisero sul trono piú di una volta nel corso del suo lungo regno. Alla sua morte, nell’840, scoppiò la guerra tra i figli stessi per la divisione dell’impero e solo nell’843, col trattato di Verdun, fu raggiunta la pace. In base al trattato, Lotario I fu riconosciuto imperatore – con autorità sugli altri fratelli – e gli furono assegnate, col titolo regio, Italia e Lotaringia, un vasto territorio compreso tra il Mare del Nord e le Alpi, e tra Reno, Rodano, Mosa e Schelda. Gli altri fratelli, Carlo II il Calvo e Ludovico II il Germanico, ebbero l’uno la Francia a ovest di Reno, Schelda e Rodano – il regno dei Franchi «occidentali» – e l’altro la Germania a est del Reno, il regno dei Franchi «orientali». Quando Lotario morí, nell’855, l’Italia e il titolo di imperatore andarono al primogenito Ludovico II (855-875), la Lotaringia al secondogenito Lotario II (855-869). Nell’869, quando anche Lotario II morí, gli zii Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico si spartirono la Lotaringia, che cessò di essere un regno autonomo. Quando morí anche Ludovico II, nell’875, lo zio Carlo il Calvo fu eletto imperatore ma, alla sua morte, nell’877, la carica rimase va32
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Gli antenati di Carlo Magno Busto reliquiario di Carlo Magno, in oro e argento. Metà del XIV sec. Aquisgrana, Tesoro della Cattedrale.
S. Arnolfo (ca. 580-641) Vescovo di Metz dal 614 al 627. Sposa nel 611 Oda (o Doda).
Pipino il Vecchio (o di Landen) († 639) Maggiordomo di Austrasia. Sposa Itta d’Aquitania.
Ansegiso († 685) Maggiordomo di Austrasia. Sposa S. Begga († 698).
S. Clodulfo (599-696) Vescovo di Metz dal 656.
S. Begga († 698).
S. Gertrude (623-656) Badessa di Nivelle dal 651.
Childeperto († 656) Re usurpatore d’Austrasia nel 656.
Pipino II d’Héristal (635?-714) Maggiordomo di Austrasia verso il 679 e di Neustria nel 687. Sposa [1] verso il 673 Piectruda, ripudiata († post 714); [2] Alpaide (o concubina?).
[1] Grimoaldo († 714) Maggiordomo d’Austrasia nel 696.
[2] Carlo Martello (689-741) Maggiordomo d’Austrasia e di Neustria. Sposa: [1] Crotrude († 724); [2] Sonnechilde (chiusa in monastero nel 741).
Grimoaldo († 656) Maggiordomo di Austrasia dal 642.
[2] Childebrando († 743)
Conte.
Teobaldo († 715)
[1] Carlomanno (715-755)
Maggiordomo d’Austrasia dal 741 al 747.
Drogone
[1] Chiltrude († 754) Sposa nel 741 Odilone († 748), duca di Baviera.
[2] Grifone († 753) Duca di Baviera dal 749 al 753.
Carlo Magno (742-814) Re di Austrasia e di Neustria dal 768, di tutto il regno dal 771, re dei Longobardi dal 774. Imperatore dall’800. Dopo un rapporto di concubinaggio con [1] Imiltrude (†?), sposa: [2] nel 770 Ermengarda (o Desiderata) figlia di Desiderio re dei Longobardi, ripudiata nel 771; [3] nel 771 Ildegarda (758-783); [4] nel 783 Fastrada († 794); [5] post 796 Liutgarda († 800).
Gisella (757-811) Suora.
[1] Pipino il Breve (715-768) Maggiordomo di Neustria dal 741 e d’Austrasia dal 747, re dei Franchi dal 751 al 768. Sposa Berta o Bertrada († 783).
Altri figli la cui sorte è sconosciuta.
Carlomanno (751-771) Re di Borgogna, Provenza, Settimania e Aquitania orientale dal 768 al 771. Sposa nel 770 Gerberga figlia di Desiderio re dei Longobardi.
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Francia
Dalla Gallia alla Francia La monarchia medievale francese affonda le sue origini nel V secolo, al tempo dell’occupazione della Gallia romana da parte dei Franchi, vasta confederazione tribale stanziata lungo il medio e basso corso del Reno e che comprendeva Sugambri, Catti, Catruari, Usipeti, Tencteri, Gambrivi. Alla fine del V secolo, queste tribú furono unificate sotto il comando di re Clodoveo (481-511), che apparteneva alla stirpe dei Merovingi, le cui origini – secondo la saga franca – risalivano al re Meroveo, figlio di una principessa franca e del Quinotauro, un mostro marino. Attraverso alcune campagne militari, Clodoveo sottomise le altre stirpi germaniche che occupavano la Gallia – Visigoti, Burgundi – e unificò tutto il territorio al di qua del Reno sotto la sua potestà. Nel 511, morto Clodoveo, la Francia – come iniziò a essere denominata dai suoi conquistatori – andò ai suoi quattro figli e divisa nei regni di Austrasia, Neustria, Borgogna, Aquitania. Per brevi periodi il Paese fu nuovamente unificato, per esempio, durante i regni di Clotario I (558-561), Clotario II (613-629) e Dagoberto I (629639). Proprio nel VII secolo, i Pipinidi, ricca e potente famiglia dell’attuale Belgio, allora ricompreso nel territorio del regno d’Austrasia, iniziò a cumulare un enorme potere e a monopolizzare la funzione di «maestro di palazzo». Le competenze di questa carica consistevano nel sovrintendere all’amministrazione della corte ma, progressivamente, si estesero somigliando a quelle di un vero e proprio «primo ministro» e segretario personale del sovrano. Nel 687, un esponente di questa stirpe, Pipino di Héristal († 714), sconfisse a Tertry, in
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IRLANDA
OCEANO ATLANTICO
Piccardia, i Neustriani, riunificando i due regni sotto la potestà del solo re di Neustria, Teoderico III (675-691). Da quel momento il regno franco tornò unito, ma la figura dei re merovingi divenne puramente simbolica, privata di ogni potere dal maestro di palazzo. I successori di Pipino, Carlo Martello (714-741) e Pipino il Breve (741-768), consolidarono la loro posizione politica, finché, nel 751, lo stesso Pipino, con un «colpo di stato», depose l’ultimo re merovingio e si proclamò re dei Franchi. Nel 754, Pipino strinse un’alleanza col papa Stefano II (752-757) e, in cambio della consacrazione regia e del riconoscimento del titolo di «patrizio dei Romani», si impegnò, con apposito trattato, a intervenire in Italia contro i Longobardi che minacciavano Roma e il Lazio. Si crearono, cosí, i presupposti per l’intervento militare franco nella Penisola, in funzione anti-longobarda, e per l’affermazione dell’impero dei Franchi in Europa.
BRETAGNA
MARCA DI SPAGNA
REGNO DELLE ASTURIE
Lisbona
EMIRATO DI CORDOBA (OMAYYADI)
Toledo
Valencia
Cordoba Malaga Tangeri
Ceuta
CALIFFATO IDRISSIDE In alto, a sinistra miniatura raffigurante Pipino il Breve, da un’edizione manoscritta della cronaca compilata dall’abate benedettino tedesco Eccheardo d’Aura. 1114-1125. Cambridge, Corpus Christi College.
REGNI DEGLI
IC
REGNO DI DANIMARCA
Carlo Magno vi stabilí la sua corte e fece costruire il palazzo imperiale e la Cappella Palatina. In epoca carolingia, la città, capitale dell’impero, divenne un importante centro culturale.
ANGLOSASSONI
Aquisgrana
MA
AUSTRASIA
Parigi
Metz
Orléans
Regensburg
BAVIERA
BURGUNDIA
T
Regno franco
Conquiste di Carlo Magno
Territorio appartenente alla Chiesa di Roma solo formalmente
Aree di influenza carolingia
Impero ereditato da Ludovico il Pio nell’814
ALAMANNIA
Poitiers
R
L BA
L A F O R M A Z I O N E D E L L’ I M P E RO CAROLINGIO (768-814)
Colonia Colon
NEUSTRIA
AQUITANIA
O
MARE DEL NORD
Salisburgo
REGNO DEGLI AVARI
Lione
CARINZIA Venezia Ravenna REGNO LONGOBARDO RDO O DUCATO Milano
Tolosa Arles
Narbona
REGNO DEI BULGARI
PATRIMONIO DI SPOLETO
Barcellona
Corsica
Isole Baleari
DI S. PIETRO Roma
Gaeta Napoli
Sardegna MAR
ME
EMIRATO AGLABIDE
DI
Nella basilica di S. Pietro, la notte di Natale dell’800, Carlo Magno fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero.
DUCATO D UCA CAT AT TO T O DI BENEVENTO
Benevento
Costantinopoli
Salerno
IMPERO BIZANTINO
TE
RR
AN
Sicilia EO
cante fino all’881, quando suo nipote Carlo III il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico – morto nell’876 – fu incoronato re d’Italia e imperatore a Roma, da papa Giovanni VIII (872-882). Ma i titoli in possesso di Carlo erano destinati ad aumentare, poiché nell’882, morti i suoi fratelli Carlomanno († 880) e Ludovico III il Gio-
vane († 882), fu eletto anche re di Germania e, nell’884, re di Francia, dopo l’estinzione della linea genealogica che risaliva a Carlo il Calvo. In tal modo, l’impero carolingio fu parzialmente restaurato, ma la debolezza mostrata da Carlo III di fronte alle rivolte della nobiltà e alle incursioni vichinghe ne determinò la deposiGRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Francia
La discendenza illustre dell’imperatore Carlo Magno (742-814) Re di Austrasia e di Neustria dal 768, di tutto il regno dal 771, re dei Longobardi dal 774. Imperatore dall’800. Dopo il rapporto di concubinaggio con Imiltrude (†?), sposa nel 770 Ermengarda (o Desiderata) figlia di Desiderio re dei Longobardi, ripudiata nel 771; nel 771 Ildegarda (758-783); nel 783 Fastrada († 794); post 796 Liutgarda († 800).
Pipino il Gobbo (769-811) Si rivolta contro il padre nel 791. Rinchiuso in convento.
Carlo (772-811) Re d’Austrasia.
Pipino (773-810) Re d’Italia dal 781.
Bernardo (797-818) Re d’Italia dall’810 all’818.
Lotario I (795-855) Re d’Italia dall’840, imperatore dall’843. Sposa nell’821 Ermengarda di Tours.
Ludovico II (824 circa-875) Re d’Italia e imperatore dall’855.
GRANDI MONARCHIE
Ludovico III il Giovane (822-882) Re di Sassonia dall’876.
Ludovico il Pio (778-840) Re d’Aquitania, di tutti i domini dall’814, imperatore dall’816. Sposa nel 794 Ermengarda d’Angiò († 818); nell’819 Giuditta di Baviera (805-843).
Ludovico II il Germanico (806-876) Re di Germania dall’840. Sposa nell’827 Emma di Baviera († 876).
Carlo († 863) Arcivescovo di Magonza nell’856.
Lotario II Carlo (?-863) (825?-869) Re di Borgogna Re di Lotaringia dall’855. nell’855.
Carlomanno (828-880) Re di Baviera dall’876, re d’Italia dall’877. 36
Adelaide
Pipino I (803-839) Re d’Aquitania dall’817. Sposa Ingeltrude († post 836).
Pipino II (825-dopo l’864) Re d’Aquitania dall’838 all’843, spodestato dallo zio Carlo il Calvo. Senza eredi.
Rotruda (775-810)
Berta Gisella (779/790-829) (781-?) Sposa Angilberto Rinchiusa in di Saint-Riquier convento dopo († 814). l’814 per corruzione dei suoi costumi. Numerosi figli e figlie naturali da differenti concubine.
Gisella (820/822-874) Sposa nell’836/840 Everardo duca del Friuli († 862). Berengario I († 924) Marchese del Friuli, re d’Italia dall’888, imperatore dal 915.
Giuditta (843-?)
Carlo III il Grosso (839-888) Re di Svevia dall’876, re d’Italia dall’880, imperatore dall’881, re di Francia dall’884. Deposto nell’887.
Luigi II il Balbo (846-879) Duca d’Aquitania dall’866. Re di Francia dall’877.
Carlo II il Calvo (823-877) Re di Francia dall’840, imperatore dall’875, re d’Italia dall’876. Sposa nell’842 Imiltruda (o Ermentruda) († 869); nell’870 Richilde sorella di Bosone († post 877).
Carlo (847/848-866) Re di Aquitania dall’855.
A sinistra Il trono di Carlo Magno, nella Cappella Palatina di Aquisgrana, edificata dall’imperatore tra il 786 e l’804 come cappella privata annessa al palazzo imperiale. In basso miniatura raffigurante l’incoronazione di Luigi VIII e Bianca di Castiglia a Reims nel 1223, da un’edizione delle Grandes Croniques de France. 1455-1460 circa. Parigi, Bibliothèque nationale de France.
zione. Nell’887, infatti, i nobili franchi, riuniti nella dieta di Tribur, lo detronizzarono e, agli inizi dell’888, seguí la sua morte improvvisa. Disgregatosi l’impero carolingio, la corona di Francia passò a Oddone, conte di Parigi, duca dei Franchi e marchese di Neustria – regione compresa tra la Senna e la Loira – mentre quella di Germania andò ad Arnolfo di Carinzia (887-899), figlio di Carlomanno e nipote di Carlo III, che, nell’896, fu anche incoronato imperatore da papa Formoso (891-896). In Italia, invece, si susseguirono sovrani insignificanti, come Guido III (889-894), duca di Spoleto e imperatore dall’891 all’894, Berengario I (905924), marchese del Friuli e imperatore dal 915 al 924, Rodolfo II (924-926), re di Borgogna e Ugo (926-947), conte di Provenza.
Fra Carolingi e Capetingi
Oddone – detto anche Eude – il nuovo re di Francia, apparteneva a una delle famiglie dell’aristocrazia franca piú prestigiose, i Robertingi, piú tardi detti anche Capetingi. Suo padre era stato Roberto il Forte, fedelissimo di Carlo il Calvo, marchese di Neustria e conte di Parigi, morto nell’866 a Brissarthe, in combattimento contro i Normanni. Oddone fu scelto come re perché si era distinto per il coraggio dimostrato durante l’assedio normanno di Parigi dell’886-887. Alla sua morte, nell’898, fu incoronato re di Francia il carolingio Carlo III il Semplice, nipote di Carlo il Calvo. Questi mostrò la stessa irrisolutezza del Calvo nella difesa del GRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Lilla
Amiens
Normandia Maine
Angers
Angiò
Turenna
Contea del Poitou
Limoges
Angoulême
0
Ducato di Digione Borgogna
Limosino
Alvernia
Ducato di Guyenne Gar onn
200 Km
a Agen
Grenoble Valence
Albi
Ducato di Contea Linguadoca Guascogna di Tolosa Lodève León
Regno di Castiglia
Regno Soule di Navarra Bigorre
di Arles
Avignone Arles
Carcassone
Contea di Barcellona
Mar Mediterraneo Corsica
Acquisizioni sotto Filippo III e Filippo IV il Bello (1270-1314)
Conquiste di Filippo II Augusto (1180-1223)
Territori titolari di larghe autonomie
Conquiste di Luigi VIII e Luigi IX (1223-1270)
Domini Inglesi
GRANDI MONARCHIE
Milano
Regno d’Italia Genova
Domini reali diretti alla morte di Luigi VII (1180)
L’assetto geopolitico della Francia con i territori acquisiti dai sovrani capetingi, dal 1180 al 1314.
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Tolosa
Besançon
Ginevra Cluny ClemontRegno Lione Ferrand
Périgueux
Bordeaux
Germanico
Nevers
Poitiers
La Marche
Taillebourg
Impero
Troyes
Orléans Loir a Bourges
Blois
Tours
Nantes
N
Champagne Chartres
Le Mans
Magonza
Reno
Rennes
Sacro
Romano
Rodano
Isole del Canale
Oceano Atlantico
Colonia Aquisgrana
VVittoria itt di Filippo II AAugusto contro Giovanni Senza Terra Vermandois e Ottone IV Rouen Valois Reims 1214 Ducato di Senn a Parigi Metz Contea di
La Manica
Ducato di Bretagna
Courtrai Bouvvine B Bouvines
sa
Fiandra
Exeter
Mo
Regno d’Inghilterra
Francia
Battaglie Ba
regno dai Normanni e cosí, nel 911, per far cessare le incursioni, decise di concedere una vasta porzione del territorio francese a nord-ovest di Parigi al capo normanno Rollone († 932), in cambio della sua conversione al cristianesimo. Nasceva, cosí, il ducato di Normandia. La politica di ampie concessioni ai Normanni gli fu fatale e, nel 923, fu deposto da Roberto I, fratello di Oddone, che si proclamò re di Francia. Ma Roberto fu sconfitto e ucciso dai Capetingi a Soissons, nel 923, e, in quello stesso anno, anche Carlo III fu catturato e deposto da Rodolfo duca di Borgogna, che si proclamò re. Carlo III morí in cattività nel 929, mentre la Francia si frantumava in una molteplicità di principati signorili: le contee di Provenza e di Champagne, i ducati di Aquitania, Normandia e Borgogna furono soltanto alcuni di essi e formalmente riconoscevano il potere regio, ma, in realtà, erano entità politiche autonome. Il re di Francia esercitava una sovranità effettiva solo sull’Île-de-France, cioè sul territorio collocato tra Senna, Aisne e Oise e comprendente la capitale Parigi. Nel 936, morto il re Rodolfo di Borgogna, tornarono al potere i Carolingi con Luigi IV (936954), figlio di Carlo III, che finí addirittura rapito dai Normanni! Intanto, la Francia cadeva sotto l’influenza di Ugo il Grande († 956), figlio
del defunto re Roberto I, che cumulava i titoli di duca dei Franchi e di Borgogna, conte di Parigi e marchese di Neustria, e assunse anche il ruolo semiufficiale di «segretario del re». Dopo i poco incisivi regni dei carolingi Lotario I (954986) e Luigi V (986-987), prese il potere il figlio di Ugo il Grande, Ugo Capeto (987-996), cosí chiamato per la veste incappucciata che era solito indossare. Nel 987, Capeto si fece consacrare re a Reims, dall’arcivescovo Adalberone (969-989), e divenne il capostipite della dinastia capetingia, che, con le sue diverse diramazioni, avrebbe retto la Francia fino al 1789. Nel 991, dopo aver catturato il carolingio Carlo († 991), zio di Luigi V e duca di Lorena, che costituiva una seria minaccia al suo trono, Ugo poté governare con maggiore tranquillità. Nel corso dell’XI secolo, i successori di Ugo, che si susseguirono sul trono di Francia – Roberto II il Pio (996-1031), Enrico I (1031-1060), Filippo I (1060-1108) – furono essenzialmente impegnati a reprimere le rivolte dei principi. Enrico I, per esempio, si alleò col conte d’Angiò, Goffredo il Martello (1040-1060), al fine di cacciare dalla Normandia il duca Guglielmo il Bastardo (1035-1087), ma andò incontro a due gravi disfatte a Mortemer (1054) e Varaville (1057). Tuttavia, Enrico riuscí ad assicurarsi il controllo del ducato di Borgogna, che fu affidato al fratello minore Roberto († 1075), il quale diede inizio alla stirpe capetingia borgognona, estintasi nel 1361. Il successore Filippo I, invece, finí scomunicato da papa Urbano II (1088-1099) – e, perciò, non poté partecipare alla prima crociata – perché aveva ripudiato la moglie Berta d’Olanda († 1094), per impalmare Bertrada di Montfort († 1117), la quale, tra l’altro, era già moglie di un suo vassallo, il conte d’Angiò Folco IV il Rissoso (1068-1109). Ciononostante, Filippo si riconciliò con la Chiesa prima di morire.
Il consolidamento del regno
Nel 1137, salí sul trono Luigi VII il Giovane, una delle figure piú significative del secolo. Figlio di Luigi VI il Grosso (1108-1137) e di Adelaide di Savoia († 1154), ereditò dal padre una situazione politica difficile. Luigi VI, infatti, aveva tentato di sottrarre al duca di Normandia la contea del Maine, ma era stato duramente battuto, e, in piú, nel 1124 aveva dovuto fronteggiare la tentata invasione della Francia da parte dell’imperatore germanico Enrico V (1106-1125). Nel 1137, poco prima di morire, Luigi VI era riuscito a combinare il matrimonio tra il figlio ed Eleonora († 1204), contessa di Poitou e duchessa d’Aquitania, erede di uno
I re della Francia unita Ugo Capeto re di Francia dal 987 sposa Adelaide d’Aquitania Roberto II il Pio re di Francia dal 996 sposa (1) Rosala (2) Berta di Borgogna (3) Costanza di Arles Enrico I re di Francia dal 1031 sposa (1) Matilde di Sassonia (2) Anna di Russia Filippo I re di Francia dal 1060 sposa (1) Berta d’Olanda (2) Bertrada di Montfort Luigi VI il Grosso re di Francia dal 1108 sposa (1) Luciana di Rochefort (2) Adelaide di Savoia Luigi VII il Giovane re di Francia dal 1137 sposa (1) Eleonora d’Aquitania (2) Costanza di Castiglia (3) Adele di Champagne Filippo II Augusto re di Francia dal 1180 sposa (1) Isabella di Hainaut (2) Ingeborga di Danimarca (3) Merania Andechs Luigi VIII il Leone re di Francia dal 1223 sposa Bianca di Castiglia Luigi IX il Santo re di Francia dal 1226 sposa Margherita di Provenza Filippo III l’Ardito re di Francia dal 1270 sposa (1) Isabella d’Aragona (2) Maria di Brabante Filippo IV il Bello re di Francia dal 1285 sposa Giovanna di Navarra
Luigi X re di Francia dal 1314 sposa (1) Margherita di Borgogna (2) Clemenza d’Ungheria
Filippo V il Lungo re di Francia nel 1316 sposa Giovanna di Borgogna
Carlo IV il Bello re di Francia dal 1322 sposa (1) Bianca di Borgogna (2) Maria del Lussemburgo (3) Giovanna d’Evreux
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GRANDI MONARCHIE
Francia regno, con la compilazione delle Chroniques de Saint-Denis e delle Grandes Chroniques de France. A Sugerio si deve inoltre l’invenzione dell’«orifiamma», il vessillo di san Dionigi (SaintDenis, appunto), che proprio in quest’epoca divenne il patrono ufficiale della Francia: lo stendardo era costituito da un’asta dorata, da cui pendeva un drappo rosso, sul quale erano intessute fiamme dorate e veniva portato in battaglia, davanti all’esercito regio.
Aspri contrasti con il papa
dei principati territoriali piú potenti del regno di Francia, nella speranza che questo feudo, per via matrimoniale, potesse cadere sotto il controllo del re. Luigi VII, inoltre, poté avvalersi della collaborazione di Sugerio (1122-1151), abate di Saint-Denis – il noto mausoleo regio – già cancelliere del regno sotto Luigi VI. Oltre a essere autore di una celebre biografia di Luigi VI, Sugerio fu il creatore dello scriptorium di Saint-Denis, che divenne il centro d’elaborazione e diffusione della storiografia ufficiale del
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GRANDI MONARCHIE
Nonostante gli inizi del regno di Luigi VII facessero ben sperare, tra il 1141 e il 1143, la Francia fu coinvolta in una diatriba dai risvolti politicoreligiosi molto seri. Il re, infatti, pose il veto alla nomina di Pierre de La Châtre († 1171) a vescovo di Bourges, incorrendo nella scomunica di papa Innocenzo II (1130-1143). Poco dopo, un sinodo di vescovi compiacenti decretò l’annullamento delle nozze di Rodolfo, conte di Vermandois († 1152) e amico di Luigi, con Eleonora di Blois († 1147), sorella del conte di Blois e Champagne, Tebaldo II († 1152). Rodolfo, cosí, poté sposare l’amata Petronilla († 1153), sorella della regina Eleonora d’Aquitania, che si era invaghita di lui. Innocenzo II, per tutta risposta, scomunicò i vescovi responsabili dell’annullamento. Pierre de La Châtre fuggí presso il conte di Champagne, che gli aveva offerto ospitalità e aveva assunto le difese della sorella Eleonora, provocando l’ira del re, che invase la Champagne e ottenne la sottomissione del conte, ma non poté impedire che l’esercito massacrasse la popolazione della città
A sinistra l’abate Sugerio raffigurato in una vetrata policroma dell’abbazia di St.-Denis. 1140-1144. A Sugerio si deve l’avvio della ricostruzione della basilica, ultimata sotto il regno di Luigi IX. In basso miniatura di scuola francese raffigurante l’assedio di Auxerre, da un’edizione dalle Grandes Chroniques de France. 1335-1340. Londra, British Library. Nel 1005, dopo due anni di assedio, la città francese cadde e il ducato di Borgogna fu annesso ai domini di Roberto II il Pio (ritratto sulla sinistra), figlio e successore di Ugo Capeto.
In alto Luigi VII riceve l’orifiamma a Saint-Denis, olio su tela di JeanBaptiste Mauzaisse. 1840. Versailles, Châteaux de Versailles et de Trianon. Sul trono dal 1137 al 1180, il sesto esponente della dinastia capetingia riceve da papa Eugenio III, alla presenza della regina Eleonora d’Aquitania, lo stendardo reale dei re di Francia (l’orifiamma, appunto), nonché il bordone e la scarsella, simboli del pellegrino, prima di partire per la seconda crociata nel 1147. A destra la corona dei re di Francia, conservata nell’abbazia di Saint-Denis, adagiata su un broccato che ripropone lo stemma della dinastia dei Capetingi.
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GRANDI MONARCHIE
Miniatura raffigurante Dagoberto I che sovrintende alla costruzione dell’abbazia di Saint-Denis, da un’edizione delle Grandes Chroniques de France. 1471. Parigi, Bibliothèque nationale de France.
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Francia
di Vitry-sur-Seine durante le operazioni militari, cosa che destò grande riprovazione. Alla fine, nel 1143, il papa revocò la scomunica, purché Luigi VII consentisse a Pierre de La Châtre di prendere possesso della sua diocesi e si impegnasse a partire, al piú presto, per la crociata. Petronilla e Rodolfo di Vermandois, invece, rimasero scomunicati e, fino alla loro morte, continuarono a vivere da sposati. Nel 1147, Luigi partí per la seconda crociata (1147-1149), alla quale partecipò anche il re di Germania, Corrado III di Svevia (1137-1152), e la reggenza della Francia fu lasciata a Sugerio. Nel 1148, giunti gli eserciti crociati in Terra Santa, i due re assalirono l’emirato di Damasco, ma non ebbero ragione dei musulmani e si ritirarono senza aver concluso nulla. Intanto, i rapporti tra Luigi ed Eleonora si erano deteriorati, anche perché la regina non aveva partorito l’atteso erede maschio, e, nel 1152, il sinodo di Beaugency annullò il loro matrimonio. Eleonora, nello stesso anno, pensò bene di contrarre subito nuove nozze con Enrico II Plantageneto, che, di lí a poco, sarebbe diventato re d’Inghilterra, e Luigi si risposò con Adele di Champagne († 1206), da cui ebbe l’atteso erede, Filippo Augusto. Gli anni successivi, videro Luigi impegnato nello scontro con la minacciosa potenza
inglese e, perciò, quando se ne presentò l’occasione, il sovrano non esitò a fomentare la ribellione dei figli di Enrico II – ormai diventato re – contro il padre. Nel 1159, Luigi accorse in aiuto del vassallo e cognato Raimondo V (11481194), conte di Tolosa, contro il tentativo di Enrico II d’impossessarsi della contea. Luigi VII morí nel 1180, lasciando il trono al figlio, Filippo II Augusto (1180-1223).
Prove tecniche di grandeur
Filippo II Augusto (1170-1223) fu, soprattutto, un grande organizzatore, tanto da poter oggi affermare che, dal punto di vista amministrativo, il regno di Francia sia nato con lui. Dopo
avere domato una rivolta dei conti di Blois e Champagne, il re si preoccupò di dotare la Francia di una solida struttura burocratica, introducendo nuovi ufficiali: i prevosti. Al di sopra di essi furono designati i balivi e i siniscalchi, col compito di svolgere funzioni di polizia, riscuotere le imposte e amministrare l’«alta giustizia», che fu sottratta ai baroni. Nel 1189, morto Enrico II d’Inghilterra, Filippo stipulò la pace col successore Riccardo I Cuor di Leone (1189-1199) e, insieme, parteciparono alla terza crociata (1189-1192). Nel 1191, i due sovrani, appena giunti in Terra Santa, entrarono in contrasto, cosicché Filippo tornò in Francia, lasciando a Riccardo il compito di completare
la spedizione. In questo lasso di tempo, Filippo occupò tutti i suoi feudi sul continente, ma, rientrato Riccardo in Inghilterra, nel 1194, il re di Francia fu duramente battuto e dovette restituirgli le terre occupate. Nel 1199, morto Riccardo, Filippo scese in guerra contro il fratello, Giovanni Senza Terra (11991216), il quale, benché vassallo del re di Francia, aveva violato i suoi doveri di fedeltà, organizzando il rapimento di Isabella di Angoulême († 1246), promessa sposa del conte di La Marche, Ugo X di Lusignano († 1250), al fine di prenderla in moglie. Come se ciò non bastasse, nel 1203 Giovanni fece assassinare il duca di Bretagna, suo nipote Arturo – che avanzava pretese
Le tombe dei re di Francia nell’abbazia di Saint-Denis, che dal XIII sec. accolse le spoglie dei sovrani francesi.
GRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
In alto miniatura su pergamena di scuola francese raffigurante il sovrano Filippo II Augusto che approda ad Acri, da un’edizione delle Grandes Chroniques de France. XIV sec. Londra, British Library. Nella pagina accanto scultura raffigurante il sovrano francese Filippo II, particolare del timpano del portale della cattedrale di Amiens, dedicato al tema del Giudizio Universale. XIII-XIV sec.
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GRANDI MONARCHIE
Francia
sull’Inghilterra – e che era anche vassallo di Filippo. Questi decise di vendicarlo e mosse guerra a Giovanni, che, battuto nel 1204, fu costretto a cedere tutti i feudi francesi. La morte di Arturo fu per Filippo anche l’occasione di mettere la Bretagna sotto la tutela francese, facendo sposare Alice († 1221), sorella di Arturo, con Pietro di Dreux († 1250), suo vassallo. Negli stessi anni, Filippo fu anche al centro di uno scandalo, che gli valse la scomunica di Innocenzo III. Dopo la morte di Isabella di Hainaut († 1190), il re aveva infatti sposato la principessa danese Ingeborga († 1236), che ripudiò alcuni mesi dopo le nozze, per unirsi alla tedesca Agnese di Merania. Tuttavia, nel 1201, morta Agnese, Filippo riprese in moglie Ingeborga e la scomunica fu revocata. Intorno al 1210, Filippo si inserí anche nella questione della successione imperiale in Germania, prendendo le parti di Federico II di Svevia, contro Ottone IV († 1218), duca di Brunswick. Questi
si alleò con suo zio Giovanni Senza Terra, ma, il 27 luglio del 1214, furono entrambi sconfitti da Federico e Filippo: Giovanni venne battuto in Angiò, a La-Roche-aux-Moines, Ottone a Bouvines, nelle Fiandre, e fu costretto a rinunciare all’impero, che andò a Federico.
E venne il tempo del re «santo»
A Filippo successe il figlio Luigi VIII il Leone (1223-1226), il cui regno fu molto breve. Nel 1226 Luigi invase la Provenza, per partecipare alla crociata contro i Catari – setta eretica dualistica, che prosperava nel Sud della Francia, con la complicità del conte di Tolosa – e occupò Avignone, annettendola al demanio. Alla sua morte, gli subentrò il figlio Luigi IX il Santo (1226-1270), sovrano fortemente devoto alla Chiesa, tanto da meritare, nel 1297, la canonizzazione. Fino al 1234 – quando fu dichiarato maggiorenne e sposò l’amata Margherita di Provenza († 1295) – Luigi fu sottoposto alla
reggenza della madre Bianca di Castiglia († 1252), donna che ebbe un ruolo determinante nel forgiare la personalità religiosa del figlio. Nel 1229, col trattato di Parigi, Luigi pose fine alla crociata contro i Catari, con il matrimonio tra Giovanna, figlia del conte di Tolosa, Raimondo VII (1222-1249), e suo fratello Alfonso di Poitiers. In base al patto, alla morte di Alfonso – avvenuta nel 1271 – la contea sarebbe dovuta passare al demanio reale, e cosí fu. Ma prima di questo passaggio, nel 1242 il conte di Tolosa mosse guerra a Luigi, in alleanza con altri baroni e col re d’Inghilterra, Enrico III (1216-1272), e i ribelli furono battuti a Saintes e Taillebourg. Con Enrico III, Luigi siglò, nel 1259, il trattato di Parigi, in base al quale l’Inghilterra rinunciava definitivamente a ogni pretesa sui feudi in Francia, eccezion fatta per una piccola parte del ducato d’Aquitania, che prese il nome di Guienna. Nel 1265, Luigi appoggiò finanziariamente e militarmente l’impresa italiana del fratello GRANDI MONARCHIE
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Francia
Battaglia di Taillebourg, 21 luglio 1242, olio su tela di Eugène Delacroix. 1837. Versailles, Châteaux de Versailles et de Trianon. Nello scontro, il re di Francia Luigi IX ebbe la meglio su Enrico III, re d’Inghilterra. Carlo († 1285), conte d’Angiò, Maine e Provenza, che s’insignorí, col consenso del papa, del regno di Napoli. La religiosità che lo animava indusse il re a partecipare, personalmente, alla settima e all’ottava crociata, che furono entrambe fallimentari. La prima si svolse in Egitto, tra il 1248 e il 1250, e Luigi fu battuto nella battaglia di al-Mansura, dove perse il fratello, Roberto, conte di Artois. Catturato dai musulmani, il re fu rilasciato solo dietro pagamento di un copioso riscatto, raccolto dalla moglie Margherita di Provenza. Mentre era in Terra Santa, Luigi perse anche la madre Bianca, che aveva lasciato in Francia come reggente. La seconda spedizione si svolse in Tunisia, nel 1270, e lí Luigi trovò la morte, durante l’assedio di Tunisi. Al sovrano si devono anche il rinnovamento edilizio di Parigi e, tra il 1246 e il 1248, l’edificazione della Sainte-Chapelle, una chiesa in stile gotico, ubicata nel palazzo reale sull’Île de la Cité, opera dell’architetto Pierre de Montreuil e destinata ad accogliere alcune reliquie provenienti da Costantinopoli. A Luigi, inoltre, è da attribuire anche la coniazione del «grosso», una moneta argentea di ottima fattura ed elevato potere d’acquisto, avente corso legale in tutto il territorio del regno.
Un re prudente, ma accentratore
Il successore, Filippo III l’Ardito (1270-1285), continuò l’opera di centralizzazione amministrativa del regno già intrapresa dal padre, domando la rivolta dei conti di Blois e Foix, e rafforzò i rapporti col papa cui fece dono, nel 1274, del contado provenzale del Venassino. Nel campo della politica estera, Filippo fu prudente ed evitò la guerra, eccezion fatta per la sua partecipazione alla spedizione del 1285, voluta dal papa contro l’Aragona, che aveva occupato la Sicilia, e durante la quale trovò la morte. Gli successe Filippo IV il Bello (1285-1314), uno dei piú straordinari monarchi francesi, animato da una concezione elevatissima della regalità. Il nuovo re si distinse nell’opera di centralizzazione amministrativa, domando le velleità dei baroni, confiscandone le proprietà o ricorrendo allo strumento del «feudo oblato», consistente nella cessione alla corona delle signorie fondiarie che, poi, i baroni avrebbero riottenuto «in feudo» dal re. Inoltre, Filippo riservò agli uffiGRANDI MONARCHIE
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L’«esilio» avignonese e il grande scisma d’Occidente Dopo la morte di Bonifacio VIII e del suo successore, Benedetto XI, nel 1305 il conclave elesse papa l’arcivescovo di Bordeaux, Bertrand de Got, che assunse il nome di Clemente V (1305-1314). Guascone di lingua e cultura francese, Bertrand si pose sotto la protezione del re di Francia, Filippo IV il Bello, e, consacrato nel duomo di Lione, vi fissò la sua residenza fino al 1309, quando decise di stabilirsi ad Avignone, in Provenza, presso il locale palazzo episcopale. Ad Avignone, nel 1311, Clemente V aprí il concilio ecumenico di Vienne – destinato a protrarsi fino al 1313 – in cui furono adottati provvedimenti molto importanti nella storia della Chiesa. Revocate le scomuniche pronunciate contro Filippo e i suoi funzionari da Benedetto XI – per le violenze patite da Bonifacio –, il papa dispose la soppressione definitiva dei Templari, il noto ordine monastico-cavalleresco, nato nel XII secolo, col compito di proteggere i luoghi santi dagli «infedeli», arruolando «monaci guerrieri».
In Francia, dal 1307, l’Ordine era stato già sciolto, de facto, da Filippo IV, con un’accusa di eresia fabbricata ad arte. Filippo, che ambiva a impossessarsi delle enormi ricchezze dei Templari, dispose subito la confisca dei beni dell’Ordine, incamerandoli nel demanio regio, mentre molti dignitari furono imprigionati o arsi sul rogo. Clemente tentò di arginare la politica del re – l’Ordine era pur sempre un ente ecclesiastico posto alle dipendenze del pontefice –, avocando alle autorità ecclesiastiche l’inchiesta di eresia, ma senza grande successo. Alla fine dovette piegarsi e il concilio di Vienne, preso atto della situazione, soppresse i Templari, disponendo il trasferimento dei loro beni agli Ospitalieri e il passaggio dei suoi membri in quest’Ordine. Nello stesso concilio, Clemente V canonizzò Celestino V († 1296) – predecessore di Bonifacio VIII – e condannò alcune eresie come i Fratelli del Libero Spirito e il movimento delle beghine. A partire dal 1309, Avignone fu sede del papato e della curia pontificia. fino a quando, nel 1377, papa Gregorio XI (1370-1378), decise di rientrare a Roma, ponendo fine alla «cattività» avignonese, definizione coniata in ricordo della permanenza in Mesopotamia degli antichi Israeliti. Città di 40 000 abitanti situata alla confluenza del Rodano con la Durance, Avignone confluí nel demanio regio nel 1226, all’epoca della crociata contro gli Albigesi. Intorno al 1290, entrò a far parte della contea di Provenza che, con quella d’Angiò, faceva parte dei possedimenti in terra francese della dinastia angioina che governava il regno di Napoli, finché, nel 1349, i conti di Provenza cedettero Avignone al papato. Il trasferimento ad Avignone della corte papale rappresentò una straordinaria opportunità di crescita economica ed edilizia per la città, poiché i cardinali e i funzionari pontifici vi si trasferirono facendovi edificare le loro sontuose dimore. Tra gli edifici sorti in quegli anni, spicca il Palazzo papale, magnifico esempio di architettura gotica, realizzato tra il 1334 e il 1360. Dopo il ritorno dei papi a Roma, Avignone fu affidata al governo di un cardinal-legato e il palazzo entrò in uno stato di progressivo abbandono. La città e il suo contado rimasero un’enclave pontificia in terra straniera fino al 1792, quando furono occupati dalle truppe rivoluzionarie che li ricongiunsero alla Francia. Nel marzo del 1378, morto papa Gregorio XI, i cardinali si divisero sulla nomina del suo successore. I Francesi, infatti, ambivano a veder salire al soglio di Pietro uno di loro, in grado di garantirne meglio il potere presso la curia e cosí, non riconobbero l’elezione di Urbano VI (1378-1389), già
Miniatura raffigurante Edoardo d’Inghilterra che rende omaggio a Filippo il Bello, re di Francia dal 1285 al 1314, da un’edizione delle Grandes Croniques de France illustrata da Jean Fouquet. 1455-1460. Parigi, Bibliothèque nationale de France.
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Miniatura su pergamena di scuola francese raffigurante i Cavalieri Templari al cospetto di re Filippo IV e di papa Clemente V, da un’edizione delle Grandes Chroniques de France. XV sec. Londra, British Library.
vescovo di Acerenza e Bari, e si trasferirono a Fondi, dove elessero il francese Clemente VII (1378-1394), già vescovo di Thérouanne e Cambrai, che portò la sede pontificia ad Avignone, sotto la protezione della Francia, mentre Urbano restava a Roma. Ebbe cosí inizio il grande scisma d’Occidente, la lacerazione della Res publica Christiana in due obbedienze distinte, mentre i papi in carica non esitarono a scomunicarsi reciprocamente. I Paesi europei, infatti, riconobbero come papa solo uno dei due contendenti, giurando fedeltà all’uno o all’altro. Nel 1409, la situazione si complicò ulteriormente, perché, a seguito di un concilio tenuto a Pisa, riunito con l’obiettivo di sanare lo scisma, fu eletto un terzo papa, Alessandro V (1409-1410) e, cosí, i papi in carica divennero tre! Dopo l’improvvisa morte di Alessandro, nel 1410, il concilio pisano elesse Giovanni XXIII (1410-1415), mentre a Roma e ad Avignone sedevano, rispettivamente, Gregorio XII (1406-1415) e Benedetto XIII (1394-1423). Solo nel 1413, con la convocazione del concilio ecumenico di Costanza, a opera dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo (1410-1437), e con l’elezione, nel 1417, di papa Martino V (1417-1431), fu possibile ottenere la deposizione degli altri papi e ricomporre lo scisma.
ciali della corona le cause sui reati di sangue e di sedizione – la cosiddetta «alta giustizia» –, privando di tale competenza i tribunali signorili. Marito di Giovanna († 1305), regina di Navarra e contessa di Champagne, Filippo estese la sua influenza anche oltre i Pirenei e, a est, intervenne nella contea delle Fiandre – attuali Paesi Bassi – per sottomettervi il conte, ma la sua cavalleria fu massacrata nella battaglia «degli Speroni» o di Courtrai, combattuta l’11 luglio del 1302. La sconfitta fu vendicata nel 1304, con la vittoria di Mons-en-Pévèle, e le Fiandre fecero atto di sottomissione. Tra il 1294 e il 1303, Filippo fu in guerra anche con l’Inghilterra, a cui intendeva sottrarre la Guienna, ma il conflitto si concluse col mantenimento dello status quo. Data la necessità di reperire risorse finanziarie, su incoraggiamento del suo cancelliere, Guglielmo di Nogaret († 1313), Filippo decise di imporre al clero francese esosi tributi, violando cosí le sue tradizionali immunità fiscali. Ciò spinse papa Bonifacio VIII (1294-1303) a emanare due bolle, la Clericis laiGRANDI MONARCHIE
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cos (1296) e la Ausculta fili (1301), con cui richiamò il re all’ordine. Tuttavia, proprio nel 1301, Filippo ordinò l’arresto del vescovo di Pamiers, Bernard Saisset († 1311), accusato di tradimento, e ciò mandò su tutte le furie il pontefice, il quale, nel 1302, con la nuova bolla Unam Sanctam, censurò di nuovo l’operato del sovrano, riaffermando – secondo la dottrina ierocratica – l’autorità assoluta del pontefice anche in campo temporale, in quanto vicarius Christi. La reazione di Filippo fu fulminea: convocò a Parigi, per la prima volta, gli Stati Generali, una sorta di parlamento in cui erano rappresentati i tre ordini di Francia – clero, nobiltà e terzo stato – e, di fronte a essi, dichiarò il papa eretico e scismatico, meritevole di rimozione e giudizio da parte di un concilio da riunirsi in Francia. Bonifacio, allora, elaborò una bolla di scomunica del sovrano – Super Petri solio –, ma non la promulgò mai e, nel frattempo, si trasferí ad Anagni dove, nell’autunno del 1303, le milizie inviate da Filippo e comandate da Nogaret lo presero prigioniero. Probabilmente, il papa fu schiaffeggiato o subí altre violenze fisiche, ma la ribellione del popolo costrinse i Francesi a ritirarsi, consentendogli di tornare a Roma, dove morí poco dopo. Il suo successore, Benedetto XI (1303-1304), scomunicò i consiglieri di Filippo, ma non il sovrano, e morí. Filippo, allora, appoggiò l’elezione a papa del guascone Clemente V (vedi box alle pp. 48-49). Nel 1314, morto Filippo IV, gli successero i figli Luigi X il Litigioso (1314-1316), Filippo V il Lungo (1316-1322) e Carlo IV il Bello (13221328), tutti sprovvisti di discendenza maschile. Pertanto, alla morte di Carlo IV, nel 1328, si aprí una gravissima crisi dinastica, conclusasi – per decisione degli Stati Generali – con l’attribuzione della corona a Filippo VI il Fortunato (13281350), figlio di Carlo di Valois († 1325), fratello di Filippo IV. Gli Stati Generali imposero, quindi, il principio della successione dinastica in linea maschile, escludendo le donne dal trono. Ma Edoardo III (1327-1377) d’Inghilterra contestò i diritti di Filippo VI e rivendicò la corona in virtú della discendenza diretta – in linea femminile! – da Filippo IV, attraverso la madre Isabella († 1358), figlia del re. Inizialmente, il sovrano d’Inghilterra si piegò alla decisione degli Stati Generali di escludere le donne dalla successione ma, nel 1337, scoppiò ugualmente la guerra (vedi box alle pp. 52-57). Per quanto tragici, gli esiti della Guerra dei Cent’anni non furono del tutto negativi per il regno di Francia. Infatti, la sconfitta delle pretese dinastiche in50
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In alto miniatura raffigurante l’incontro tra Edoardo III d’Inghilterra e Filippo IV di Francia, da un’edizione delle Grandes Chroniques de France. XIV sec. Londra, British Library. Nella pagina accanto il processo contro il nobile Roberto d’Artois nel 1331, presieduto dal sovrano Filippo VI, copia seicentesca di un’illustrazione tratta dal manoscritto Le procès de Robert d’Artois (XIV sec). Parigi, Bibliothèque nationale de France.
glesi e l’espulsione definitiva dell’Inghilterra dal suolo francese crearono le premesse per il consolidamento di un sentimento nazionale, saldamente arroccato intorno alla difesa dell’istituzione monarchica, cui – secondo l’opinione pubblica – si doveva la vittoria nella guerra.
Un nuovo assetto amministrativo
Il conflitto aveva inoltre dissanguato le principali famiglie dell’aristocrazia non solo da un punto di vista biologico, ma anche economicofinanziario, tanto che buona parte di essa scomparve e i suoi feudi andarono a ingrossare il demanio. Alla fine, la nobiltà risultò cosí indebolita da non poter opporre alcuna resistenza al potere regale, che crebbe ulteriormente e imboccò la strada del centralismo burocratico. Si posero cosí le premesse per lo sviluppo di uno Stato basato su un solido apparato burocratico e su una «nobiltà di toga», fondata sull’idea di servizio nei confronti del re, e non solo sul possesso di feudi, sul prestigio della genealogia e sulla disponibilità di vaste risorse economiche e militari offerte dalla terra.
Inquadrata nell’amministrazione del regno, la nuova nobiltà doveva al re le proprie fortune e il suo prestigio, pertanto tendeva a essergli fedele, coadiuvandolo non solo nell’amministrazione militare dello Stato, ma anche in quella civile. Dalla guerra scaturí un sistema politico non piú fondato sui legami di fedeltà personale tra signore e vassallo, ma su un’articolazione amministrativa forte, centralizzata, con al vertice il sovrano. Accanto alla figura del monarca assunse sempre piú importanza il ruolo degli Stati Generali, e, sebbene l’assemblea fosse dotata di poteri perlopiú consultivi, la guerra aumentò notevolmente il suo peso istituzionale. Ciò significò, in campo sociale, che il potere contrattuale dei ceti borghesi – il «Terzo Stato» – crebbe in maniera considerevole, a spese della grande nobiltà laica ed ecclesiastica. Carlo VII il Vittorioso (1422-1461) – il re che aveva condotto la Francia alla vittoria – si distinse anche nell’opera di ricostruzione economica, civile e amministrativa del regno che, proprio sotto il suo governo, si dotò, per la prima volta, di un esercito permanente, vettovaGRANDI MONARCHIE
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gliato, armato e stipendiato dallo Stato. Nel 1439, con l’Ordinanza di Orléans, Carlo riservò a sé il diritto di arruolare truppe e poi, nel 1445 – a guerra non ancora conclusa – emanò anche la «grande Ordinanza», con cui istituí quindici compagnie – dette «d’Ordinanza» – di cento lance ciascuna (la «lancia» era un’unità tattica), costituite da cavalieri e fanti, tra cui vi erano archibugieri, lancieri, balestrieri e arcieri. Qualche anno prima, nel 1438, Carlo VII aveva emanato la prammatica sanzione di Bourges, con cui aveva posto la Chiesa francese sotto il suo controllo, riservandosi la nomina dei chierici preposti ai vescovati e alle abbazie, affermando la supremazia del concilio sul papa, proibendo gli appelli giudiziari a Roma e la convocazione, in Francia, di sinodi ecclesiastici senza il suo assenso. In quest’opera di sapiente riorganizzazione politica, il re fu coadiuvato dal mercante e finanziere Jacques Coeur di Bourges († 1456) – che ristrutturò il sistema fiscale e tributario – e dall’amante, Agnès Sorel († 1450), che lo indusse ad allontanare dalla corte i Marmousets – «Omiciattoli – cioè il personale amministrativo del predecessore Carlo VI.
Il grande tessitore
Nel 1461, morto Carlo, gli successe il figlio, Luigi XI (1461-1483), meglio conosciuto come «il Ragno», per la sua abilità a tessere trame. Benché in gioventú Luigi avesse promosso, con altri nobili, una grande ribellione contro il padre – detta Praguerie –, come re di Francia gli va riconosciuto il merito di aver ampliato il territorio soggetto alla sua sovranità diretta, proprio a spese della nobiltà feudale. Ma l’impresa era stata ardua. Infatti, nel 1465, il re dovette affrontare i baroni, uniti nella Lega del bene pubblico, una vasta alleanza promossa da Carlo il Temerario, conte di Charolais ed erede del ducato di Borgogna. Nel 1467, diventato duca di Borgogna, Carlo sconfisse Luigi e lo fece prigioniero, costringendolo a ratificare il trattato di Péronne, con cui il duca di Borgogna ottenne la dispensa dall’omaggio feudale e, quindi, la piena sovranità sul suo feudo. Intanto, il ducato si ingrandí, incorporando Fiandre, Brabante, Limburgo, Liegi, Champagne e Piccardia, incuneandosi tra Francia e impero. Luigi XI, alla fine, decise di reagire e, alleatosi con gli Svizzeri e l’impero, sconfisse e uccise Carlo a Nancy, nel 1477, annettendo la Borgogna. Nel 1480, morto Renato I, conte di Provenza e duca d’Angiò, Maine e Lorena, Luigi si impossessò anche dei (segue a p. 59) 52
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Cent’anni di sangue Le cause della Guerra dei Cent’anni, combattuta tra Francia e Inghilterra per circa un secolo, furono molteplici e vanno ricercate nello specifico assetto territoriale e politico delle due monarchie. Inoltre, è necessario premettere che la lunga durata del conflitto – circa 116 anni – rappresenta una schematizzazione convenzionale e non del tutto reale, poiché gli eventi bellici non furono continui, ma intermittenti, accompagnati da cesure, sospensioni di ostilità, periodi di pace e armistizi. Nel 1066, con la conquista del regno inglese da parte di Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia, il potere normanno si era insediato, minacciosamente, su entrambi i lati della Manica. Tale situazione si complicò quando salí sul trono inglese Enrico II Plantageneto che aggiunse ai suoi possessi, su suolo francese, oltre al ducato di Normandia, anche Aquitania, Maine, Angiò, Limosino e Turenna. Da un punto di vista giuridico-costituzionale, i re inglesi si trovavano in una condizione anomala, poiché erano pienamente «sovrani» in Inghilterra, ma, al contempo, vassalli dei re di Francia per i possedimenti detenuti in questo territorio. Come vassalli, quindi, erano tenuti a essere fedeli e a obbedire alle ingiunzioni del loro «signore feudale», pena la confisca dei loro beni. IL CASUS BELLI La guerra scoppiò nel 1337, quando il re francese, Filippo VI, dispose la confisca di quella parte d’Aquitania ancora in mano inglese. Inoltre il suo avversario, Edoardo III, rivendicava il trono di Francia, in quanto figlio di Isabella, figlia di Filippo IV il Bello, ed era accusato di aver dato ospitalità a Roberto di Beaumont († 1342), cognato del re di Francia, ribellatosi all’autorità del re poiché rivendicava la contea di Artois come parte dell’eredità paterna, contro la zia, Matilde d’Artois, appoggiata dal sovrano. Nel 1337, iniziate le ostilità, le cose si misero subito male per i Francesi. Nel 1340, nel grande scontro navale de l’Écluse, al largo delle Fiandre, la flotta francese fu duramente battuta, ma il peggio doveva ancora venire. Il 26 agosto 1346, gli eserciti si affrontarono nella prima grande battaglia campale a Crécy, nel Ponthieu, e i Francesi furono battuti grazie alla superiorità militare degli Inglesi che, sebbene inferiori di numero, avevano un esercito composto, in larga parte, da arcieri, balestrieri e fanti armati di lunghe picche. In quella occasione, la fanteria inglese fece uso massiccio anche dell’artiglieria, con cannoni e bombarde, ma anche colubrine e falconetti, questi ultimi antenati dei quattrocenteschi archibugi. Poco dopo Crécy, nel 1347, gli Inglesi si impossessarono di Calais, dove posero un’importante base militare in territorio francese.
Miniatura su pergamena raffigurante un momento della battaglia di Crecy, che contrappose Inglesi e Francesi nel 1346, da un’edizione delle Grandes Chroniques de France. XV sec. Londra, British Library.
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Nel 1349, in quei terribili frangenti, Filippo VI ottenne, dal conte Umberto II del Viennois († 1355), la regione del Delfinato, a patto che l’erede al trono di Francia, la ricevesse in appannaggio e portasse il titolo di «Delfino». Il 19 settembre 1356, a Poitiers, l’esercito francese fu nuovamente battuto e il re, Giovanni II il Buono (13501364), successore di Filippo VI, venne fatto prigioniero. Mentre Giovanni veniva deportato a Londra, le funzioni del re furono assunte, temporaneamente, dal Delfino, Carlo. L’8 maggio del 1360 si arrivò alla pace di Brétigny che prevedeva anche la liberazione di Giovanni II, previo pagamento di un riscatto di tre milioni di scudi
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In alto memorandum riferito alla detenzione di Charles duca di Orléans, catturato dagli Inglesi ad Azincourt e poi rinchiuso nel castello di Pontefract, da una corrispondenza di documenti scritti e attestati da re e regine di vari Paesi europei. Londra, British Library. In basso piano francese per la battaglia di Azincourt (1415), redatto dal maresciallo Boucicaut, ferito e catturato dagli Inglesi nel corso dello scontro. Inchiostro su carta di scuola francese. XV sec. Londra, British Library. d’oro. In ottemperanza al trattato, Edoardo III rinunciava a ogni pretesa sulla corona di Francia, sull’Angiò, Maine e Normandia, ma otteneva la piena sovranità – non piú a titolo feudale – su Aquitania, Turenna, Poitou, Limosino, Ponthieu e Calais. Intanto, a rendere ancora piú drammatica la situazione generale del regno di Francia, oltre alle sconfitte, concorsero i fermenti di rivolta che dilagarono nelle campagne e nelle città, alimentati soprattutto dalla pressione fiscale imposta dal Delfino per racimolare il denaro necessario a pagare le truppe e il riscatto del padre. L’inflazione, con il consueto aumento dei prezzi, i disastri della guerra, le prepotenze dei nobili e degli ufficiali regi, provocarono, nel 1357-1358, una grande insurrezione contadina, passata alla storia come Jacquerie, che coinvolse tutta la Francia settentrionale. Oltre alle ribellioni popolari, il Delfino dovette affrontare anche l’invasione del cognato Carlo II il Malvagio (13491387), re di Navarra, che rivendicava la corona di Francia. Il Malvagio fu sconfitto e fatto prigioniero ma, una volta liberato, partecipò con il Delfino alla repressione della Jacquerie. In piú, il Delfino dovette anche fronteggiare, a Parigi, un tentativo di «colpo di stato» da parte di Étienne Marcel – prevosto delle corporazioni dei mercanti –, che tentò di imporre il controllo degli Stati Generali sull’azione politica della corona, in cambio della concessione della somma per riscattare re Giovanni. Marcel, comunque, fu assassinato nel 1358. Nel 1364, mentre era
Miniatura raffigurante la battaglia di Azincourt tratta da un’edizione de Les vigiles de Charles VII del poeta e magistrato francese Martial de Paris. 1484 circa. Parigi, Bibliothèque nationale de France.
prigioniero degli Inglesi, morí Giovanni II, che si era riconsegnato volontariamente ai suoi carcerieri, poiché era stato impossibile mettere insieme la somma necessaria al suo riscatto. Gli successe il Delfino, Carlo V il Saggio (13641380), il quale, nel 1369, ricominciò la guerra. Negli anni successivi i Francesi riuscirono a riguadagnare il terreno perduto e tornarono in possesso di molti territori sottratti dagli Inglesi e la guerra proseguí fino al 1396, quando venne stipulata una tregua. UN PAESE DILANIATO E IMPOVERITO Nel frattempo, morto Carlo V, il nuovo re di Francia, Carlo VI il Folle (1380-1422), a partire dal 1392 cadde preda di attacchi di follia, ma anche in Inghilterra serpeggiavano il malcontento e le ribellioni dell’aristocrazia. Agli inizi del XV secolo, durante gli anni della tregua, le condizioni della Francia peggiorarono sotto il profilo sociale ed economico, mentre le compagnie mercenarie, sprovviste di lavoro, saccheggiavano impunemente il Paese. Nel 1407, l’assassinio del fratello del re, Luigi d’Orléans, perpetrato dal duca di Borgogna, Giovanni «senza Paura» (1404-1419), figlio di Filippo II «l’Ardito» (1363-
1404), diede inizio a una terribile guerra civile, in cui si affrontarono le fazioni dei Borgognoni e degli Armagnacchi, cosí chiamati da Bernardo VII († 1418), conte d’Armagnac e suocero di Carlo d’Orléans († 1465), figlio di Luigi. Nel 1415, il nuovo re d’Inghilterra, Enrico V di Lancaster (1413-1422), sbarcò in Francia e sbaragliò i Francesi ad Azincourt, il 25 ottobre, sulla strada per Calais. La battaglia si svolse in maniera non diversa da quelle di Crécy e di Poitiers. Sebbene inferiori di numero e prevalentemente appiedati, gli Inglesi riuscirono ad avere ragione dell’esercito francese – grazie agli arcieri – e occuparono Parigi e tutta la Normandia. Il 21 maggio 1420 si arrivò alla pace di Troyes. Il trattato stabilí che, alla morte di Carlo VI, il regno di Francia doveva passare alla corona inglese ed Enrico V di Lancaster, a suggello del patto, prese in moglie Caterina di Valois († 1437), figlia del re, mentre il Delfino venne diseredato. In ottemperanza del trattato, il re di Francia si impegnava a riconoscere il possesso inglese di circa due terzi del territorio del regno, dall’Aquitania alla Normandia, e a pagare ingenti spese di guerra. Pochi anni dopo la conclusione degli accordi di
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Qui accanto particolare di un ritratto del re Carlo VII, olio su tela del pittore e miniaturista francese Jean Fouquet. 1445-1450. Parigi, Museo del Louvre.
pace, nel 1422, la morte, quasi in contemporanea, di Enrico V e di Carlo VI, aprí una delle pagine piú oscure della storia dei rapporti tra Francia e Inghilterra. A Enrico V successe il piccolo Enrico VI (1422-1471), che fu proclamato «re di Inghilterra e di Francia», in esecuzione degli accordi di Troyes, sotto la reggenza degli zii, ma il Delfino, il futuro re Carlo VII (1422-1461), denunciò gli accordi di pace e rivendicò il trono di Francia. In una prima fase, la politica aggressiva di Carlo, detto «il re di Bourges», dal nome della località della Francia sudoccidentale dove aveva fissato la sua residenza, fu un totale disastro. Gli eserciti inglesi, infatti, espugnarono e assediarono le piazzeforti ancora fedeli al Delfino e, tra queste, Orléans. La presa della città era indispensabile per assicurarsi il controllo della valle della Loira e minacciare, da vicino, Bourges e i territori in cui Carlo e i suoi fedeli avevano trovato rifugio. L’evento risolutore che tolse il Delfino dagli impacci fu l’arrivo, agli inizi del 1429, al castello di Chinon, sua residenza, di Giovanna d’Arco, una fanciulla lorenese che sosteneva di essere latrice di un messaggio per il futuro re di Francia, nientemeno che da parte del Re dei cieli e dei santi Michele, Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia. Carlo si convinse della veridicità delle visioni della fanciulla e acconsentí a porla alla guida delle truppe – benché senza un incarico ufficiale – dopo un esame da parte dei teologi dell’Università di Poitiers che attestarono l’ortodossia e l’affidabilità morale di Giovanna. La fiducia del Delfino fu ben riposta e l’8 maggio 1429 Orléans fu
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A destra miniatura raffigurante la presentazione del Delfino di Francia, il futuro Carlo VII, al popolo di Parigi. XV sec. Parigi, Bibliothèque nationale de France.
liberata dall’assedio. Galvanizzate da Giovanna e dal suo ardore mistico, le truppe avanzarono verso nord, battendo gli Inglesi a Patay (giugno 1429) e occupando Reims, città sede dell’abbazia di S. Remigio. INCORONAZIONE SOLENNE A Reims, il 17 luglio 1429, il Delfino fu solennemente incoronato re di Francia, col nome di Carlo VII. Come da prassi, alla cerimonia – Le Sacre – avrebbero dovuto partecipare anche i grandi baroni del regno, cioè i «pari» laici ed ecclesiastici: i duchi di Normandia, Aquitania e Borgogna, i conti di Champagne, Tolosa e Fiandre, i vescovi di Reims, Laon, Beauvais, Noyon e Châlons. Durante il rito, essi avrebbero dovuto portare le insegne regali – corona, scettro, globo crucigero, spada –, ma la paura di inimicarsi gli Inglesi o il rifiuto di riconoscere
l’incoronazione di Carlo spinsero alcuni di loro – come il duca di Borgogna – a non presenziare all’evento. Nei mesi successivi all’incoronazione, gli eserciti francesi tentarono di occupare Parigi, ma senza successo. Il fallimento dell’impresa e l’eccessiva popolarità di Giovanna iniziarono a preoccupare il re e gli ambienti di corte, che decisero di sacrificare la Pulzella in nome degli interessi politici. Il 24 maggio 1430, mentre combatteva sotto le mura di Compiègne, Giovanna, vittima di un tradimento, fu catturata dai Borgognoni e venduta agli Inglesi, che istruirono un «processo farsa» contro di lei, accusandola di eresia e mandandola al rogo il 30 maggio 1431. Intanto, l’avanzata delle truppe francesi continuò inarrestabile e, nel 1436, fu presa Parigi. Carlo VII che, nel 1419, non aveva esitato a far uccidere Giovanni senza Paura, nel 1435 si riappacificò col nuovo duca di Borgogna, Filippo III
il Buono (1419-1467), siglando il trattato di Arras, e, nel 1444, a Tours, stipulò la tregua con gli Inglesi. Nel 1449, però, la guerra riprese e gli eventi volsero al peggio per gli Inglesi, battuti a Formigny nel 1450 e a Castillon nel 1453. Le due vittorie furono conseguite anche grazie alla riorganizzazione dell’esercito voluta da Carlo VII, che fece tesoro delle lezioni di Crécy e Azincourt, e consentirono ai Francesi di tornare in possesso della Normandia e dell’intera Aquitania. A partire dal 1453, gli Inglesi furono definitivamente espulsi dalla Francia, conservando solo la piazzaforte di Calais. Scontri sporadici proseguirono fino all’agosto del 1475, quando un trattato, stipulato a Picquigny dal re di Francia, Luigi XI (1461-1483), e dal re d’Inghilterra, Edoardo IV (1461-1483), non concluse formalmente il lungo conflitto. Gli Inglesi conservarono in Francia solo la città di Calais, fino al 1558.
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GRANDI MONARCHIE
Francia
L’entrata di Carlo VIII a Napoli, 12 febbraio 1495, olio su tela di Eloi-Firmin Féron. 1837. Versailles, Musée national des châteaux de Versailles et de Trianon. suoi territori, esclusa la Lorena, che andò al duca Renato II (1480-1508). Alla sua morte, nel 1483, salí al trono suo figlio Carlo VIII (1483-1498), sotto la reggenza della sorella Anna († 1522), che dovette fronteggiare subito una pericolosa rivolta dei baroni, da cui fu costretta a convocare, a Tours, nel 1484, gli Stati Generali. Alla fine, nel 1488, i nobili furono battuti a Saint-Aubin-duCormier e ricondotti all’obbedienza. Nel 1491, con la fine della reggenza, Carlo assunse la direzione del regno e sposò Anna († 1514), duchessa di Bretagna, regione che fu subito incorporata al demanio. Tra il 1492 e il 1493, in vista di una campagna militare da condurre in Italia, Carlo stipulò una serie di accordi con cui regolò le pendenze con le altre potenze europee. Col trattato di Barcellona, riconobbe all’Aragona il possesso di Rossiglione e Cerdagna; con i trattati di Étaples e Senlis, invece, riconobbe all’Inghilterra il possesso di Calais e dell’Artois all’impero.
Una sortita infelice
Nel 1494, il re scese in Italia, intenzionato a rivendicare il dominio del Mezzogiorno angioino e, nel febbraio del 1495, fu a Napoli, dopo aver ottenuto il consenso di papa Alessandro VI (1492-1503) a prendere possesso del regno. Tuttavia, i Napoletani si ribellarono e, a nord, su iniziativa del pontefice, gli Stati italiani, l’impero, la Spagna e l’Inghilterra diedero vita alla Lega Santa in funzione antifrancese. Cosí Carlo, abbandonata Napoli, fu costretto a risalire la Penisola e, nel luglio del 1495, si scontrò con la Lega a Fornovo di Taro, vincendo la battaglia, ma subendo gravissime perdite. Tornato in Francia vi morí nel 1498 e subito fu incoronato suo cugino, Luigi XII d’Orléans (1498-1515). Questi divorziò da Giovanna di Valois († 1505), sorella di Carlo, e impalmò Anna di Bretagna, in modo da conservare il possesso dell’importante ducato. Inoltre, proseguendo la politica espansionistica di Carlo, intervenne in Italia e, nel 1499-1500, in accordo con Venezia, si impossessò del ducato di Milano, cacciandone gli Sforza. Ciò provocò la reazione di papa Giulio II (1503-1513), il quale, nel 1511, promosse, contro Luigi XII, la Lega Santa tra gli Stati italiani, il re d’Inghilterra e l’imperatore. Vincitore a Ravenna nel 1512, ma battuto l’anno successivo a Novara, Luigi dovette abbandonare l’Italia. Morí nel 1515. GRANDI MONARCHIE
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GERMANIA
Un’aquila alla guida dell’Europa Le insegne con il regale rapace hanno identificato per secoli le casate imperiali tedesche: dinastie nobili e gloriose, divenute artefici non soltanto dei propri destini nazionali, ma anche di quelli di gran parte dell’Occidente, soprattutto attraverso la creazione del Sacro Romano Impero
I
l territorio dell’antica Germania fu progressivamente conquistato e cristianizzato dai Franchi, ma le origini del regno germanico o dei Franchi «orientali» o «Teutonico» – da Theoda, «popolo» (da cui l’attuale «Tedeschi») – rimontano all’887, cioè alla deposizione di Carlo il Grosso. Solo allora, il nipote del deposto imperatore, Arnolfo di Carinzia, assunse stabilmente il titolo di rex Teutonicorum e, nell’896, anche quello di imperatore. Alla sua morte, nell’899, la carica imperiale rimase vacante fino al 962 e, come re di Germania, gli successero suo figlio, Ludovico IV il Fanciullo (899-911), e Corrado I, duca di Franconia (911-919), che dovettero fronteggiare le incursioni degli Ungari, popolo ugro-finnico proveniente dall’Asia. Intanto, andava consolidandosi una delle peculiarità della monarchia tedesca, ossia l’elettività del re, che, al di là di ogni principio dinastico e nonostante la designazione di un erede – in genere indicato con l’appellativo di «re dei Romani» – doveva essere espressione di un voto dei duchi e principi del regno, laici ed ecclesiastici, riuniti nella Dieta – Reichstag – che, di solito, si teneva a Francoforte sul Meno. Una volta eletto, il re di Germania veniva consacrato nel duomo di Aquisgrana – antica capitale carolingia – dall’arcivescovo di Colonia. (segue a p. 65) 60
GRANDI MONARCHIE
Corona del Sacro Romano Impero, in oro, perle, smalti e pietre preziose, realizzata per l’incoronazione di Ottone I (912-973), nel 962 circa, con aggiunte di epoca successiva. Vienna, Hofburg. Nella pagina accanto Magdeburgo, Cattedrale. Le statue che ritraggono Ottone I e la prima moglie Editta d’Inghilterra (o, secondo una diversa interpretazione, la Chiesa e Cristo). 1245 circa.
GRANDI MONARCHIE
Germania
Gli imperatori ottoniani e salici Enrico I di Sassonia l’Uccellatore = (876-936) Re di Germania dal 919 Editta = (1) Ottone I (2) d’Inghilterra il Grande (912-973) Re di Germania dal 936 e imperatore dal 962
= Adelaide di Borgogna
Gerberga (1) = Bruno I Arcivescovo di Colonia (2) = († 965)
Gisella di Borgogna
Enrico II lo Zoppo (o il Santo) (973-1024) Re d’Italia dal 1004 e imperatore dal 1014
Teofano di Bisanzio
Liutgarda =
Corrado il Rosso Duca di Lorena
Enrico di Spira
Bruno (papa Gregorio V dal 996) († 999)
Corrado
= Corrado II il Salico (990-1039) Re di Germania dal 1024, re d’Italia dal 1026 e imperatore dal 1027
Agnese = Enrico III di Poitou il Nero (1017-1056) Re di Germania dal 1039 e imperatore Le insegne regali del Sacro Romano Berta di = Enrico IV dal 1046 (1050-1106) Impero conservate insieme alla corona Savoia (vedi a p. 61), a Vienna, nella Hofburg. Re di Germania Da sinistra: la spada, detta «di San dal 1056 e Maurizio» (spada, 1198-1218; fodero: imperatore dal seconda metà dell’XI sec.); il globo 1083 Enrico V (1081-1125) Re di Germania dal 1106 e imperatore dal 1111 62
GRANDI MONARCHIE
Gilberto di Lotaringia Luigi IV Re di Francia Edvige = Ugo il Grande
Ugo Capeto († 996) Re di Francia dal 987
Ottone di Worms Duca di Svevia e Carinzia
Ottone III = Adelaide (980-1002) Re di Germania dal 983 e imperatore dal 996 Gisella di Svevia
Enrico I = Giuditta di Baviera Duca di Baviera
Enrico II Duca di Baviera
Liudolfo Duca di Svevia Ottone II = (955-983) Imperatore e re di Germania e Italia dal 973
Matilde
(1200 circa); la croce (1024-25 circa).
Guglielmo Vescovo di Strasburgo
L’ Europa intorno all’anno Mille
CANOSSA Nel regno d’Italia si affermò, nel corso dell’XI sec., la dinastia di Canossa, che, con la contessa Matilde, raggiunse un eccezionale, ma effimero potere politico e militare nell’area centro-settentrionale della Penisola.
GERMANIA Al tempo degli Ottoni, la Germania era divisa tra i ducati di Alta e Bassa Lotaringia a ovest del Reno, di Sassonia a nord, di Franconia al centro, di Svevia a sud e di Baviera a sud-est.
FRANCIA Sotto la dinastia dei Capetingi, il regno di Francia era diviso in grandi feudi semi-autonomi e indipendenti dal sovrano che dominava direttamente solo la regione centrale dell’Île-de-France, con capitale Parigi. Il Sud-Est della Francia, l’antico regno di Borgogna, passò all’impero germanico nei primi decenni dell’XI sec.
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Germania
Il mito dei «vescovi-conti»
La lotta per le investiture ebbe l’obiettivo di ridimensionare il potere dell’imperatore di conferire uffici ecclesiastici a chierici di suo gradimento, oltre che cariche e poteri pubblici agli stessi. Nell’XI secolo, infatti, non era raro, nei territori dell’impero – Germania, Borgogna, Italia – che i presuli esercitassero, nell’ambito delle rispettive diocesi, poteri di «banno», cioè poteri pubblici di governo che andavano al di là di compiti esclusivamente ecclesiastici. In virtú di tale concessione, i vescovi furono innalzati al rango di principi ecclesiastici dell’impero, come i vescovi di Magonza, Colonia e Treviri o Trento e Bressanone. Nell’uso corrente, si è soliti parlare di «vescovi-conti», quasi a sottolineare che tutti i prelati e, in genere, anche gli abati dei grandi monasteri godessero di prerogative pubbliche nelle rispettive diocesi. Ciò è falso almeno per due ordini di motivi: il primo consiste nel fatto che non tutti i vescovi imperiali esercitarono, accanto a funzioni religiose, funzioni amministrative; il secondo è che tutti coloro che esercitarono anche potestà amministrative, nella gran parte dei casi, lo fecero senza delega espressa dell’imperatore, ma in virtú di
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GRANDI MONARCHIE
usurpazioni de facto di poteri pubblici avvenute, nella gran parte dei casi, tra il IV e il V secolo, durante il collasso della macchina amministrativa romana. Inoltre, anche quando i vescovi esercitavano poteri pubblici nelle rispettive diocesi – che ricalcavano generalmente i confini dei comitati, cioè delle circoscrizioni pubbliche – o nelle città in cui risiedevano e nel loro suburbio, su delega dell’imperatore, ciò non comportò – salvo casi sporadici – la concessione anche dell’ufficio di conte, cioè di una specifica carica burocratica. In ogni caso la delega di poteri pubblici ai vescovi – o l’esercizio de facto – offriva al potere imperiale il vantaggio di servirsi di uomini di buona cultura e di grandi capacità amministrative, doti difficilmente riscontrabili nel personale di estrazione «laica». Per di piú, la gran parte dei vescovi era celibe e ciò evitava, in genere, la dinastizzazione delle cariche e dei connessi poteri amministrativi, cioè la loro trasmissione ereditaria, senza formale autorizzazione del potere imperiale. Pur essendo stati un’istituzione caratteristica della Reichskirche, i cosiddetti «vescovi-conti» hanno quindi rappresentato, in realtà, un «mito» storiografico eccessivamente enfatizzato e che gli studi piú recenti hanno ormai decostruito, riconducendolo nell’alveo della «verità» storica.
Dal punto di vista territoriale, il regno teutonico presentava confini elastici, che lambivano il corso dei fiumi Reno, a ovest, ed Elba, a est, del Mare del Nord, a nord, e delle Alpi, a sud. Oltre l’Elba c’erano gli Slavi o Vendi, popolazioni indoeuropee in genere nemiche, mentre a ovest, oltre il Reno, appartenevano alla Germania anche l’Alsazia, l’attuale Renania, il ducato di Lorena, il principato di Liegi, la Franca Contea, le contee di Hainaut e Lussemburgo, i ducati di Brabante e Limburgo. La sovranità sulle Fiandre, invece, era oggetto di contesa con la Francia. Entrarono poi a far parte del dominio tedesco il regno d’Italia – che includeva solo le regioni centro-settentrionali della Penisola – e il regno della Borgogna o di Arles, collocato tra il Giura e il Rodano.
Terra di nobili lignaggi
La Germania medievale si presentava al suo interno divisa in una molteplicità di entità territoriali – ducati, principati, città libere – formalmente subordinate al re da un vincolo vassallatico, ma, in realtà, semi-indipendenti, tra cui spiccavano, per potenza e grandezza, i ducati di Franconia, Svevia, Lorena, Baviera e Sassonia. Nella gran parte dei casi, lo stesso sovrano tedesco apparteneva ai nobili lignaggi di questi principati. Nel 919, fu eletto re di Germania Enrico I l’Uccellatore (919-936), già duca di Sassonia, esponente della stirpe dei Liudolfingi, che fu essenzialmente un guerriero, avviò una politica di consolidamento delle frontiere del regno, sconfiggendo nel 933 gli Ungari sul fiume Unstrut e ottenne anche la definitiva annessione del ducato di Lorena al regno tedesco, sottraendolo al controllo della Francia. Enrico designò come erede il figlio, che, alla sua morte, fu eletto re col nome di Ottone I. Con Ottone, l’idea medievale di un impero universale tornò prepotentemente alla ribalta e, dopo aver domato la rivolta della feudalità germanica e del fratellastro Tancmaro († 938), il re scese in Italia, su richiesta dei baroni del regno, e costrinse alla sottomissione il re Berengario II d’Ivrea († 966). Dopo aver sposato Adelaide di Borgogna († 999), già moglie del predecessore di Berengario, Lotario II (947950), Ottone rientrò in Germania, dove soffocò una rivolta dei principi e, nel 955, inflisse una dura sconfitta agli Ungari nella battaglia di Lechfeld. Nel 961, il sovrano ritornò in Italia, depose Berengario, lo esiliò in Germania e, nel febbraio dell’anno successivo, si fece incoronare da papa Giovanni XII (955-964) imperatore del Sacro Romano Impero, denominazione che iniziò a essere di uso comune per indicare la
Nella pagina accanto, in alto miniatura raffigurante episodi della vita di Matilde di Canossa, da un’edizione della Vita Mathildis di Donizone di Canossa. XII sec. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana. Nella pagina accanto, in basso particolare del pastorale di Erkanbald, abate di Fulda dal 997 al 1011 e
arcivescovo di Magonza dal 1011 al 1020. Hildesheim, Museo Diocesano. In questa pagina l’albero genealogico della dinastia salica nel quale sono effigiati Corrado II, Enrico III, Enrico IV e la moglie Adelaide di Kiev ed Enrico V, in una miniatura dell’abate benedettino tedesco Eccheardo d’Aura. XII sec. Berlino, Staatsbibliothek zu Berlin. GRANDI MONARCHIE
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Germania
compagine formata dal regno di Germania e da quello italico. Ottone diede poi inizio alla prassi, seguita anche dai suoi successori, per cui il re di Germania, una volta eletto, doveva recarsi in Italia e, cinta a Milano, a Pavia o a Monza la corona del regno italico, proseguiva per Roma, dove, in S. Pietro, otteneva dal papa anche quella imperiale. Qualche giorno dopo l’incoronazione, Ottone emanò anche il privilegium Othonis, una costituzione con cui poneva il papato sotto il controllo imperiale, disponendo che il pontefice canonicamente eletto poteva essere consacrato – immesso, cioè, nel pieno esercizio delle sue funzioni – solo dopo l’approvazione dell’imperatore. Nel 967, Ottone diede inizio a una serie di 66
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campagne militari nel Mezzogiorno della Penisola, al fine di contenere l’espansione saracena e sottomettere i territori appartenenti all’impero bizantino, in alleanza con Pandolfo I Capo di Ferro (961-983), principe longobardo di Capua, Benevento e Salerno. Le spedizioni non ebbero successo, ma Ottone riuscí a combinare le nozze dell’omonimo figlio, già associato all’impero, con la principessa bizantina Teofano († 991), nipote dell’imperatore Giovanni Zimisce (969-976). Nel 973, Ottone II (973-983) successe al padre, di cui riprese il programma di espansione verso il Mezzogiorno, con esiti nefasti. Nel 982 venne, infatti, duramente sconfitto dai Saraceni presso Capo Colonna, in Calabria, e, morto l’anno appres-
anche alla prima esumazione ufficiale della salma di Carlo Magno. Il corpo dell’imperatore fu trovato ancora incorrotto, in una cripta collocata nella chiesa di S. Maria di Aquisgrana – la nota Cappella Palatina – seduto su un trono d’oro, con una corona aurea, sormontata da una croce, sul capo e, in mano, uno scettro e una spada. Sulle ginocchia, invece, era collocato un evangelario. L’esumazione dell’imperatore non deve meravigliare, se si considera che il re franco, assieme a Costantino I, fu un punto di riferimento e un modello politico importantissimo per Ottone, che intendeva imitarne le gesta e la costruzione politica. Ottone fissò la sua residenza a Roma sull’Aventino, ma, alla vigilia di una spedizione nel Mezzogiorno, morí improvvisamente nel 1002, a Castel Paterno, dove si era rifugiato dopo una rivolta dei Romani. Morto Ottone III, la feudalità italiana acclamò re Arduino (1002-1015), marchese di Ivrea, ma questo re «autoctono» dovette subito misurarsi con il nuovo re di Germania, Enrico II il Santo (1002-1024), parente di Ottone e duca di Baviera, che, venuto in Italia nel 1004, vi fu incoronato re dopo averlo sconfitto. Nel 1014, Enrico scese a Roma, venne consacrato imperatore e, anche questa volta, sconfisse Arduino, costringendolo a rinunciare al trono e ritirarsi in monastero. Nel 1022, il sovrano tedesco si spinse fino in Puglia, dove assediò Troia, piazzaforte bizantina, dopodiché, senza aver concluso nulla, tornò in Germania, dove morí nel 1024. Enrico II fondò anche la diocesi di Bamberga (1007), con l’obiettivo di avviare una politica di evangelizzazione delle popolazioni slave, che abitavano al di là dell’Elba, il che gli valse la canonizzazione nel 1146.
I duchi di Franconia so, la corona passò al figlio Ottone III, che, fino al 995, fu sotto la reggenza prima della madre Teofano e poi della nonna Adelaide di Borgogna. Terminata la reggenza nel 995, Ottone III venne a Roma e impose l’ordine nelle contese che contrapponevano le nobili famiglie romane dei Tuscolani e dei Crescenzi: ordinò l’elezione del primo papa tedesco, Gregorio V (996-999), da cui fu incoronato in S. Pietro e, quando questi morí, nel 999, indicò come papa Gerberto di Aurillac, nobile alverniate e già suo segretario e precettore, uno dei massimi teologi e matematici dell’epoca, che assunse il nome di Silvestro II (999-1003). In occasione della Pentecoste dell’anno 1000, sostando ad Aquisgrana, Ottone III presenziò
Miniatura raffigurante papa Adriano IV che pone sul capo di Federico I di Hohenstaufen la corona imperiale. XV sec. Chantilly, Musée Condé. Stando alle cronache dell’epoca, la cerimonia, tenutasi a Roma, nella basilica di S. Pietro il 18 giugno 1155, si svolse in maniera piuttosto frettolosa, per via dei tumulti di piazza in corso nell’Urbe.
A Enrico successe Corrado II il Salico, il secondo dei duchi di Franconia a salire al trono. Corrado scese in Italia nel 1026, dove ottenne la corona d’Italia e, l’anno successivo, quella imperiale da papa Giovanni XIX (1024-1032). Da allora, non si preoccupò piú della Penisola, dove tornò solo nel 1036 e, in quell’occasione, fu costretto a stroncare una rivolta dei valvassori dei grandi feudatari lombardi dipendenti dalla diocesi di Milano. Nel 1037, Corrado costrinse i capitanei e il vescovo, Ariberto d’Intimiano (1018-1045), a sottomettersi e ad accettare l’Edictum de beneficiis, con cui riconobbe i diritti e l’ereditarietà dei feudi dei vassalli minori. Nel 1033, morto senza eredi il re di Borgogna Rodolfo III (993-1033), Corrado annesse alla Germania anche il suo regno e la costruzione imperiale fu cosí compleGRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Germania
Gli antenati di Federico e la sua discendenza Federico I duca di Svevia († 1105)
(1) = Agnese di Franconia = (2) Leopoldo III di Babenberg margravio d’Austria († 1136) Corrado III imperatore († 1152)
Giuditta = Federico di il Losco Baviera duca di Svevia († 1147)
Enrico († 1150)
Leopoldo IV di Babenberg († 1141)
Lotario (Süpplingenburg) duca di Sassonia imperatore († 1137)
Ottone vescovo di Frisinga
Enrico detto (2) = Gertrude = (1) Enrico († 1145) il Superbo «Jasomirgott» duca duca di Baviera di Baviera († 1139) Giuditta († 1132)
Federico di Rothenburg († 1167)
Guelfo VI di Toscana († 1191)
(da un secondo matrimonio)
Adela = (1) di Vohburg
Federico I = (2) Beatrice detto di Borgogna Barbarossa imperatore Corrado († 1190) conte palatino del Reno
Federico IV duca di Svevia († 1191)
Enrico VI = Costanza imperatore d’Altavilla († 1197) († 1198)
Corrado
Guelfo VII († 1167) Clemenza = (1) (Zähringen)
Filippo duca di Svevia († 1208)
Ottone
Enrico il = (2) Matilda Leone di Inghilterra duca di Sassonia († 1195)
Federico II = (1) Costanza d’Aragona († 1222) imperatore = (2) Iolanda (o Isabella) di Brienne († 1228) († 1250) = (3) Isabella d’Inghilterra († 1241)
(1) Enrico di Germania († 1242)
(f. nat.) Enzo († 1272)
(f. nat.) Federico d’Antiochia († 1256)
(2) Corrado IV re di Germania († 1254) Corradino († 1268)
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GRANDI MONARCHIE
Enrico il Nero duca di Baviera († 1026)
(f. nat.) Manfredi († 1266)
Ottone IV imperatore
(3) Margherita = Alberto di Turingia Federico († 1323)
REGNO DI DANIM Schleswig
Mare del Nord
Lubecca
SA SS ON
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Osnabrück Münster
Bonn Namur Aquisgrana Liegi Coblenza Nassau
BASSA LORENA Treviri Reims
REGNO DI FRANCIA
Chalons
Troyes
DUCATO DELL’ALTA LORENA
Strasburgo
Norimberga
DUCATO DI BAVIERA
Ulma
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Contea del Tirolo
Graz Lienz
DUCATO DI CARINZIA
Vescovado Como Bellinzona di Trento Legnano Bergamo Trento Novara
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Klagenfurt Cividale Lubiana Slavo Gorizia nia Treviso Brescia Aosta Vercelli Monza Milano Verona Vicenza Trieste Ivrea Susa Mantova Venezia Torino Padova Croazia Cremona Valenza Asti Pavia Chioggia Piacenza Alba Ferrara Saluzzo Pola AlessandriaParma Modena R March. Reggio sto Genova Ravenna a Avignone Contea di Saluzzoh. del V Bologna Bosnia ca REGNO Savona Rimini c r di Ma D’ITALIA Pistoia Ma d i Zara D Arles Provenza Lucca Sebenico a l m Firenze rca Urbino Ventimiglia azi V Aix A Pisa Nizza n a en Ancona Arezzo con Tuscia ez Marsiglia Tolone i a Spalato REGNO Perugia Siena DI Assisi SERBIA Elba Ragusa Bastia Orvieto Spoleto Teramo Talamone Cattaro Chieti Viterbo Sutri Aquila Lione Chambery Grenoble
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Palermo
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Messina
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Mar Ionio
Reggio
Castrogiovanni (Enna)
Confini del Sacro Romano Impero
L’assetto geopolitico dell’Europa al tempo degli Hohenstaufen.
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Mar Mediterraneo L’impero al tempo degli Hohenstaufen
Cosenza
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Mar Tirreno
Cagliari
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Iglesias
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Arborea
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Sardegna
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Mare Adriatico
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Bonifacio
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Corsica
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Enrico IV divenne, suo malgrado, uno degli esponenti di spicco della cosiddetta età della «Riforma ecclesiastica», locuzione con cui si allude al tentativo dei pontefici riformatori di ristrutturare la Chiesa cattolica, combattendo la «simonia» e il «nicolaismo», al fine di disciplinare e moralizzare il clero, imponendo costumi piú sobri. La cosiddetta «Lotta per le investiture», combattuta tra Enrico IV e Gregorio VII, affondava le sue radici nel coinvolgimento del clero nell’amministrazione del regno tedesco e dei territori imperiali, perché i sovrani germanici si sentivano in diritto di «investire» per anulum et baculum i vescovi, di designare gli ecclesiastici e gli abati dei grandi monasteri, in tutti i territori soggetti alla sovranità imperiale. Nel gennaio del 1077, ormai scomunicato, Enrico venne in Italia e, da penitente, si sottomise al papa che soggiornava presso il castello di Canossa, in Emilia, ottenendo la revoca della scomunica. Tuttavia, quando Gregorio si accorse che il sovrano continuava a designare i vescovi, lo scomunicò di nuovo e fece eleggere un anti-
Bruck
Innsbruck
Bressanone Chiavenna Bolzano
Locarno
Vienna
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Salisburgo
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La «Lotta per le investiture»
Cracovia
DUCATO D’AUSTRIA
Linz
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Losanna Ginevra
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Breslavia
Ducato di Slesia
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POLONIA
REGNO DI BOEMIA Marca Morava
Bamberga
DUCATO DI SVEVIA
Macon
REGNO DI Liegnitz
Ratisbona
Friburgo
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Posen
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Spira
Masuria
Grande Polon
Marca Lusazia
Francoforte
DUCATO DI FRANCONIA
Worms
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Vacouvleurs
Magdeburgo
Thorn Gnesen
Marca Landsberg Meissen Langravio di Turingia Marca Dresda Erfurt Assia Meissen Fulda
DUCATO DELLA
Laon
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DUCATO DI POMERANIA
Marca di Brandeburgo
Paderborn
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ta. Alla sua morte, nel 1039, gli successe il figlio, Enrico III il Nero (1039-1056), il quale, nel 1046, compí la consueta discesa in Italia – la Romfahrt – per cingere le corone italica e imperiale e, per l’occasione, impose l’ordine nella diocesi di Roma, deponendo, nel sinodo di Sutri, i tre papi che si contendevano la tiara, Benedetto IX (1032-1046), Silvestro III (10451046) e Gregorio VI (1045-1046). Enrico fece allora eleggere papa il suo cappellano, il tedesco Clemente II (1046-1047), dopodiché marciò verso il Mezzogiorno dove, nel corso di una dieta tenuta a Capua, riconobbe i Normanni di Aversa e di Puglia come vassalli, e ridimensionò la potenza del principe longobardo di Salerno Guaimario IV (1027-1052). Nel 1056, morto Enrico III, gli successe il figlio Enrico IV (1056-1106) sotto la reggenza della madre, Agnese di Poitiers († 1077) e, poi, dei vescovi Annone di Colonia († 1075) e Adalberto di Brema († 1072). Assunti tutti i poteri nel 1066, Enrico IV entrò subito in contrasto col papa, Gregorio VII (1073-1085), tenace assertore della preminenza indiscussa – anche in temporalibus – del pontefice, in virtú del suo ruolo di vicarius Christi. Dopo aver progettato un attentato, peraltro fallito, nel gennaio del 1076 Enrico fece scomunicare e deporre Gregorio da un sinodo di vescovi tedeschi, provocando la reazione del pontefice, il quale, a sua volta, scomunicò e depose il re.
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re nella persona di Rodolfo, duca di Svevia, che fu ucciso nel 1080 nella battaglia di Hohenmölsen. Enrico, allora, discese di nuovo in Italia, elesse un antipapa nella persona di Clemente III (1080-1100), da cui si fece incoronare imperatore, dopo aver preso Roma e costretto Gregorio VII a fuggire a Salerno, dove il papa morí nel 1085, ospite del duca di Puglia e Calabria Roberto il Guiscardo († 1085). Non disposto a piegarsi neanche davanti a Vittore III (1086-1087) e a Urbano II (1088-1099), successori di Gregorio, Enrico IV, nel 1105, fu deposto dal figlio e morí l’anno successivo, prigioniero a Liegi. Il nuovo re tedesco, Enrico V (1106-1125), dopo GRANDI MONARCHIE
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Settant’anni vissuti intensamente 1120-1126 Date entro le quali si situa la nascita di Federico. 1122 Concordato di Worms fra il papa Callisto II 1123 1125 1133 1137 1138 1139 1143 1147 1149 1152
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e l’imperatore Enrico V. marzo I Concilio Lateranense. maggio Muore l’imperatore Enrico V. agosto-settembre Elezione e incoronazione di Lotario II a re dei Romani. giugno Lotario II incoronato imperatore a Roma. dicembre Morte di Lotario II. marzo Corrado III eletto e incoronato re dei Romani. lI Concilio Lateranense. Primi avvii del Comune romano. autunno Partenza dei crociati tedeschi da Ratisbona. ottobre Disfatta dei crociati tedeschi presso Dorileo. Federico di Svevia sposa Adela di Vohburg. febbraio Muore a Bamberga Corrado III. marzo Federico di Svevia eletto e incoronato re dei Romani. maggio Dieta di Merseburgo; bando delle guerre private. marzo Dieta di Costanza; primi accordi di Federico con il papato e alcuni feudatari e Comuni lombardi; annullamento del matrimonio tra Federico I e Adela di Vohburg. ottobre Prima discesa di Federico I in Italia. dicembre Prima dieta di Roncaglia. febbraio Saccheggio di Asti. aprile Federico I incoronato re d’Italia a Pavia; distruzione di Tortona. maggio Incontro di Federico I con i giuristi bolognesi. giugno Incontro di Sutri tra Federico I e papa Adriano IV; incoronazione imperiale di Federico I a Roma. luglio Distruzione di Spoleto. settembre Federico I torna in Germania. ottobre Investitura ufficiale di Enrico il Leone duca di Sassonia a duca di Baviera. giugno Matrimonio tra Federico I e Beatrice di Borgogna. settembre Dieta di Ratisbona; Rainaldo di Dassel cancelliere dell’impero; costituzione del ducato d’Austria affidato a Enrico di Babenberg. settembre Dieta di Würzburg. ottobre Dieta di Besançon; scontro tra l’imperatore e il legato pontificio cardinale Rolando Bandinelli. luglio Seconda discesa di Federico I in Italia; assedio di Brescia. agosto Federico I ordina la ricostruzione di Lodi distrutta dai Milanesi; distruzione di Brescia; assedio di Milano. settembre Resa di Milano. 11 novembre Seconda dieta di Roncaglia. 16 aprile Milano è dichiarata contumace e ribelle. luglio Inizio dell’assedio di Crema. settembre Morte di papa Adriano IV; contemporanea elezione di Rolando Bandinelli (Alessandro III) e di Ottaviano Monticelli (Vittore IV). 23 ottobre Lettera di Federico I ai vescovi tedeschi sui fatti relativi alla doppia elezione papale.
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g ennaio Distruzione di Crema. 5 febbraio Concilio di Pavia; i vescovi convocati dall’imperatore confermano l’elezione pontificia di Vittore IV. 24 marzo Alessandro III scomunica Federico I. agosto Federico I inizia l’assedio di Milano. marzo Resa di Milano. aprile Distruzione di Milano. ottobre Terza discesa di Federico I in Italia. aprile Formazione della Lega Veronese; muore Vittore IV; eletto papa di parte imperiale Pasquale III. giugno Rainaldo di Dassel parte da Milano con le reliquie dei Re Magi. 23 luglio Rainaldo di Dassel arriva a Colonia. settembre Piacenza si ribella al rettore imperiale. ottobre Federico I torna in Germania. maggio Dieta di Würzburg; giuramento dell’imperatore e dei nobili tedeschi di non riconoscere mai Alessandro III come papa legittimo. 23 novembre Solenne ingresso di Alessandro III in Roma. dicembre Canonizzazione di Carlo Magno ad Aquisgrana. ottobre Quarta discesa di Federico I in Italia. 15 novembre Dieta di Lodi. 8 marzo Lega tra Bergamo, Brescia, Cremona, Mantova, e invito di Milano a parteciparvi. 7 aprile Data tradizionale del cosiddetto Giuramento di Pontida. 27 aprile La Lega incomincia la ricostruzione di Milano. maggio Primo assedio imperiale di Ancona. 23 maggio Lodi aderisce alla Lega Cremonese. 29 maggio Vittoria degli imperiali contro i Romani a Monteporzio. 1° agosto Nuova incoronazione imperiale di Federico; epidemia nell’esercito imperiale. 21 settembre Federico I scaglia il bando contro la Lega Cremonese. 1° dicembre Lega Veronese e Lega Cremonese si uniscono: nasce la Lega Lombarda. primavera Fondazione della città di Alessandria. 15 maggio Dieta di Bamberga. 29 maggio Dieta di Würzburg: «lodo» di Federico tra Enrico il Leone e i suoi avversari. 20 settembre Morte di Pasquale III: elezione a papa imperiale di Callisto III. 24 ottobre Rinnovo dei patti della Lega Lombarda. 10 dicembre Riunione della Lega Lombarda a Lodi. 24 giugno Dieta di Bamberga: elezione di Enrico di Svevia, figlio di Federico I, a re dei Romani. 15 agosto Incoronazione di Enrico a re dei Romani. Negoziati tra Federico I e Alessandro III a Veroli. Viaggio di Enrico il Leone in Terra Santa. aprile-ottobre Secondo assedio imperiale di Ancona. settembre Quinta discesa di Federico I in Italia. ottobre Inizio dell’assedio di Alessandria. 12 aprile Federico I toglie l’assedio ad Alessandria. 16 aprile Accordi di Montebello.
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g ennaio Colloquio di Federico I ed Enrico il Leone a Chiavenna. 29 maggio Battaglia di Legnano. ottobre Trattative fra papa e imperatore ad Anagni. dicembre Accordi separati di Federico I con Tortona e Cremona. luglio-agosto Pace di Venezia tra imperatore e papa; tregua dell’imperatore con il re di Sicilia e con i Comuni. 30 luglio Incoronazione di Federico I re di Borgogna ad Arles. 29 agosto Callisto III si sottomette a papa Alessandro III. 15 settembre Congresso della Lega Lombarda a Verona. 11 novembre Dieta di Spira. gennaio Dieta di Worms contro Enrico il Leone. febbraio-marzo III Concilio Lateranense. giugno Dieta di Magdeburgo contro Enrico il Leone. agosto Dieta di Kayna contro Enrico il Leone. gennaio Dieta di Würzburg contro Enrico il Leone. aprile Spartizione dei beni di Enrico il Leone. luglio-settembre Campagna militare contro Enrico il Leone e sua sconfitta. settembre Muore a Costantinopoli il basileus Manuele Comneno. 30 agosto Muore Alessandro III; gli succede Lucio III. novembre Enrico il Leone, graziato, va in esilio alla corte di Enrico II d’Inghilterra. Massacro dei Latini a Costantinopoli. 14 marzo La città di Alessandria riconosciuta da Federico I e ribattezzata Cesarea. aprile Accordi preliminari di pace tra Federico I e la Lega Lombarda a Piacenza. giugno Gli accordi di pace tra Federico I e la Lega Lombarda vengono ratificati a Costanza. 20 maggio Festa di corte a Magonza; Enrico re dei Romani e Federico armati cavalieri. luglio Trattative fra l’imperatore e il papa a Verona. 14 novembre Morte di Beatrice di Borgogna. gennaio I patti della Lega rinnovati per trent’anni. 11 febbraio Accordo di Federico I con Milano. 25 novembre Muore Lucio III; eletto papa Urbano III. 27 gennaio Matrimonio a Milano tra Enrico IV e Costanza d’Altavilla; grande cerimonia d’incoronazione. 2 ottobre Saladino conquista Gerusalemme. ottobre Muore Urbano III; è eletto papa Gregorio VIII. 17 dicembre Muore Gregorio VIII; è eletto papa Clemente III. 27 marzo Curia lesu Christi a Magonza. 11 maggio I crociati tedeschi partono da Ratisbona. 10 giugno Federico I muore annegando nel fiume Salef, nei pressi di Seleucia in Cilicia (odierna Turchia).
Qui sopra Battaglia di Legnano (particolare), olio su tela di Amos Cassioli. 1870. Firenze, Palazzo Pitti. In alto Siena, Palazzo Pubblico, Sala di Balia. Particolare dell’affresco raffigurante la battaglia navale di Punta San Salvatore (che forse non ebbe mai realmente luogo) fra Veneziani e Tedeschi, dalle Storie di Alessandro III di Spinello Aretino. 1407-1408. essere stato consacrato imperatore, nel 1111, pose fine allo scontro col papato siglando, nel settembre del 1122, il concordato di Worms con papa Callisto II (1119-1124). Modellato su accordi simili già siglati dal papato con Francia (1106) e Inghilterra (1107), il concordato pose fine al conflitto, perché stabilí la piena autonomia della Chiesa imperiale, rispetto alle ingerenze del potere temporale. Da quel momento, la designazione dei vescovi (investitura spirituale) sarebbe avvenuta nel pieno rispetto delle procedure canoniche, da parte dei capitoli cattedrali, con conseguente «ratifica» popolare, GRANDI MONARCHIE
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Siena, Palazzo Pubblico, Sala di Balia. La sottomissione di Federico Barbarossa al papa, affresco di Spinello Aretino facente parte delle Storie di Alessandro III. 1407. L’episodio ebbe luogo a Venezia, nella basilica di S. Marco, il 24 luglio 1177, e, secondo alcune cronache, avrebbe fatto registrare un salace scambio di battute fra i due protagonisti.
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espressa per acclamazione. In seguito – e solo dopo l’elezione – l’imperatore avrebbe potuto «investire» i vescovi di poteri, cariche e prerogative pubbliche (investitura temporale). In Germania – ma non in Borgogna e in Italia – l’eventuale investitura temporale avrebbe preceduto – e non seguito – la consacrazione dei presuli (vedi box a p. 64).
Gli Svevi
Nel 1125, a Enrico V successe Lotario II (11251137), duca di Supplimburgo e di Sassonia, il quale dovette subito fronteggiare la ribellione del duca di Svevia, Corrado di Hohenstaufen, che rivendicava la corona in quanto figlio della sorella del re defunto, Agnese di Franconia († 1143). Corrado fuggí in Italia, dove fu eletto re, ma, nel 1135, si sottomise a Lotario che, nel frattempo, era riuscito a ottenere la corona imperiale da papa Innocenzo II (1133). Nel 1137, l’imperatore scese nella Penisola, per combattere al fianco del papa contro il re di Sicilia Ruggero II d’Altavilla (1130-1154), che voleva edificare un solido Stato monarchico,
esteso a tutto il Mezzogiorno. Il normanno fu battuto dall’esercito tedesco a Rignano, in Puglia, ma Lotario morí poco dopo, in Tirolo, mentre ritornava in Germania. L’imperatore fu molto attivo anche nella colonizzazione ed evangelizzazione dei territori slavi al di là dell’Elba, promuovendo la costituzione – ai confini orientali del regno, tra Elba, Saale e Havel – del marchesato del Brandeburgo, il cui governo fu affidato al margravio Alberto I, l’Orso, di Ballenstedt (1130-1170). Lotario promosse anche la predicazione tra gli Slavi del vescovo di Bamberga, sant’Ottone (1106-1139), noto evangelizzatore della Pomerania. Nel 1137 gli successe il suo avversario, Corrado III di Hohenstaufen (1137-1152), duca di Svevia, che dovette subito misurarsi con la ribellione di Enrico X il Superbo (1126-1139), della stirpe dei Welfen e duca di Baviera e Sassonia, che avendo sposato Gertrude († 1143), figlia di Lotario II, rivendicava la corona tedesca (vedi box a p. 73). Corrado reagí con fermezza, sconfisse Enrico e confiscò i suoi feudi: la Sassonia fu assegnata ad Alberto I l’Orso, margravio di Brandeburgo, e la
All’origine di guelfi e ghibellini Degli Hohenstaufen non si hanno notizie certe prima dell’XI secolo, quando Federico I il Vecchio († 1105), signore del castello di Hohenstaufen (al centro del Württemberg, nel Giura svevo, a 864 m, n.d.r.) – da cui il nome della stirpe – non ottenne dall’imperatore Enrico IV il ducato di Svevia, come ricompensa per l’aiuto prestato contro i principi alleati del papa. Il ducato di Svevia – o Alamannia – era uno dei piú importanti principati del regno germanico e comprendeva, approssimativamente, i territori degli attuali Württemberg e Baden, dell’Alsazia, della Svizzera e della Baviera occidentale, inglobando la Selva Nera e parte della catena montuosa del Giura. Il nome del ducato derivava dalla tribú dei Suebi – o Alamanni – che si era stanziata tra alto Reno e Danubio fin dal III secolo d.C. Il ducato rimase nelle mani degli Hohenstaufen sino all’estinzione della stirpe, alla fine del XIII secolo, quando si frantumò in una serie di compagini
Baviera a Enrico II Jasomirgott di Babenberg (1141-1177), margravio d’Austria. Tuttavia, il figlio di Enrico X, Enrico XII il Leone (1139-1180), continuò a fomentare rivolte anche dopo la morte del padre e Corrado III fu, perciò, prevalentemente assorbito dai problemi interni al suo Stato senza riuscire a recarsi a Roma per farsi incoronare imperatore. L’unico evento di rilievo del suo regno è l’infruttuosa partecipazione alla seconda crociata col re di Francia Luigi VII. Alla morte di Corrado, nel 1152, gli successe il nipote Federico I (1152-1190), detto «Barbarossa», uno dei piú grandi imperatori tedeschi. Federico era deciso a restaurare l’autorità imperiale sia in Germania che in Italia, dove i Comuni avevano progressivamente «usurpato» le «regalie», ossia le potestà pubbliche – guerra, tasse, giustizia – di cui, secondo Federico, solo il potere imperiale poteva disporre. Nel 1154, il sovrano tedesco scese in Italia, dove fu incoronato re e, a Roncaglia, vicino Piacenza, convocò una dieta, alla quale parteciparono i rappresentanti delle città, imponendo ai Comuni la restituzione delle regalie usurpate e la sottomissione. Il rifiu-
politiche distinte – ducato del Württemberg, marchesato del Baden, confederazione elvetica – e in una molteplicità di principati ecclesiastici e leghe cittadine spesso in conflitto fra loro. Nel 1137, il duca Corrado di Hohenstaufen fu eletto re di Germania e, alla sua morte, nel 1152, la corona tedesca e il ducato di Svevia passarono al nipote, Federico I Barbarossa. Entrambi gli imperatori parteciparono a una crociata e furono quasi sempre in lotta con i duchi di Baviera e di Sassonia, appartenenti alla stirpe dei Welfen, dal nome del loro capostipite Welf. Dal conflitto tra i Welfen (da cui guelfi, n.d.r.) e i duchi di Svevia – possessori del castello di Waiblingen (nell’odierno land del Baden-Württemberg, da cui ghibellini, n.d.r.) e, per lungo tempo, eletti imperatori – hanno tratto origine le due fazioni che animarono la vita urbana dell’Italia medievale: i guelfi – sostenitori del papa – e i ghibellini, sostenitori dell’impero.
to di alcune città provocò la reazione del Tedesco, che assediò ed espugnò Asti e Tortona. Nel 1155, Federico fu a Roma, dove ricevette la corona imperiale da papa Adriano IV (11541159), ma solo dopo aver riportato l’ordine in città, piegando il comune romano e mandando a morte l’eretico Arnaldo da Brescia, che contestava l’autorità papale. Nel 1156, Federico tornò in Germania dove, nella dieta di Ratisbona, appianò i contrasti con Enrico il Leone, favorito dal fatto che Enrico era suo cugino, perché sua madre era Giuditta di Svevia († 1131), sorella di Enrico X il Superbo. Federico restituí la Sassonia e la Baviera a Enrico – facendone il piú potente principe dell’impero – ed elevò al rango di duca Enrico XI Jasomirgott, margravio d’Austria. Nel 1158, l’imperatore tornò in Italia e, a Roncaglia, tenne una nuova dieta, in cui, attraverso l’emanazione di alcune costituzioni – Constitutiones de regalibus, pacis, de feudis – riaffermò i superiori diritti imperiali, invitando i comuni alla sottomissione, che per lui significava soprattutto accettazione dei rettori imperiali e pagamento dei tributi. Le città che si ribellarono, cacciando i GRANDI MONARCHIE
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podestà di nomina regia, furono duramente punite: Crema e Milano furono distrutte. Intanto, morto Adriano IV, fu eletto papa Alessandro III (1159-1181), acerrimo avversario di Federico, il quale per tutta risposta, provocando uno scisma, fece eleggere un pontefice di suo gradimento, Vittore IV (1159-1164), a cui seguirono Pasquale III (1164-1168) e Callisto III (1168-1178). La politica aggressiva dello Svevo favorí la formazione di leghe tra i comuni italiani, in primis la Lega veronese (1164) e la Lega cremonese (1167), che, dopo l’incontro dei loro rappresentanti presso l’abbazia di S. Giacomo Maggiore a Pontida, nel Bergamasco, nel dicembre del 1167 si fusero nella Lega lombarda. Nel 1167, Federico scese in Italia e occupò Roma, dove insediò l’antipapa Pasquale III, che lo incoronò nuovamente imperatore. Lo stesso pontefice, due anni prima, esaudendo un desiderio di Federico, aveva addirittura canonizzato Carlo Magno, nel corso di una solenne cerimonia tenuta ad Aquisgrana.
Uno scontro leggendario
Nel 1168, la Lega lombarda promosse la ricostruzione di Milano e l’edificazione, alla confluenza del Tanaro e la Bormida, di Alessandria, cosí chiamata in onore di Alessandro III. Nel 1174, l’imperatore scese nuovamente in Italia deciso ad affrontare, in una battaglia campale, l’esercito della Lega. Lo scontro avvenne a Legnano, nel maggio del 1176, e Federico fu battuto. Nello stesso anno, l’imperatore siglò la pace di Anagni con papa Alessandro III – e abbandonò l’antipapa Callisto III – poi, con la mediazione del pontefice, nel 1177, nel corso della conferenza di pace di Venezia, raggiunse un armistizio con i comuni. Nel 1183, infine, fu ratificata con la Lega la pace di Costanza, con cui Federico riconobbe ai comuni l’esercizio delle regalie, in cambio del pagamento di un sostanzioso tributo, del giuramento di fedeltà delle magistrature comunali e del riconoscimento della giurisdizione d’appello del tribunale imperiale per cause eccedenti un determinato ammontare. I comuni, inoltre, si impegnarono a corrispondere all’imperatore e al suo seguito – quando si trovassero in Italia – il «fodro», ossia l’ospitalità e il vettovagliamento. Restavano da risolvere le questioni tedesche: nel 1180, Enrico il Leone († 1195) fu bandito dal regno e subí la confisca dei feudi, dopo essere stato accusato di intese con il re inglese – che era suo suocero – e di tradimento, dato che nel 1176 non aveva inviato a Federico le truppe richieste per affrontare i comuni. Solo 74
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dopo la scomparsa del Barbarossa, e dopo molti tentativi non andati a buon fine, Enrico poté ritornare in Germania, riottenere una parte dei suoi feudi e morí nel 1195. Federico, intanto, era morto nel 1190, mentre partecipava alla terza crociata (1189-1192), durante l’attraversamento del fiume Salef, in Asia Minore. Gli successe il figlio, Enrico VI (11901197), che nel 1191 ricevette a Roma la corona imperiale da papa Celestino III (1191-1198). Ma il nuovo sovrano aveva altre ambizioni: nel 1186 aveva sposato, a Milano, Costanza d’Altavilla († 1198), figlia del re normanno Ruggero II, e unica erede del regno di Sicilia, dopo la morte dell’ultimo sovrano Guglielmo II d’Altavilla (11661189). Enrico poté cingere la corona siciliana solo nel 1194, dopo la morte del pretendente Tancredi d’Altavilla († 1194), nipote di Costanza. Morto anche Enrico nel 1197, gli successe come re di Sicilia il figlio Federico II, sotto la reggenza (1198-1208) di papa Innocenzo III. In Germania, intanto, era scoppiata la guerra civile tra Filippo († 1208), duca di Svevia e zio paterno di Federico, e Ottone IV († 1218), duca di Brunswick e figlio di Enrico il Leone, perché, nel 1198, erano stati entrambi eletti re. Innocenzo III riconobbe come sovrano legittimo Ottone e, nel 1209, lo incoronò imperatore a Roma, salvo scomunicarlo l’anno successivo, riconoscendo i diritti di Federico II, nel frattempo eletto re di Germania dalla nobiltà tedesca. Nel 1214, con l’aiuto di Filippo II Augusto di Francia, Federico sconfisse a Bouvines Ottone e, l’anno successivo, fu solennemente incoronato ad Aquisgrana. Nel 1220, Federico fu anche incoronato imperatore in S. Pietro da papa Onorio III (1216-1227), ma a condizione che partisse, al piú presto, per la crociata. Nel 1227, il rinvio della partenza, indusse il nuovo pontefice, Gregorio IX (1227-1241), a scomunicare Federico, che, tuttavia, partí per la Terra Santa e concluse la sua spedizione, da scomunicato, con risultati apprezzabili: nel 1229, siglò un trattato col sultano d’Egitto, che acconsentí a restituire ai cristiani Gerusalemme per dieci anni. Cosí, nel 1230, tornato in Italia, Federico II stipulò la pace di San Germano col papa e ottenne la revoca della scomunica, ma, ben presto, la situazione politica degenerò: in Germania, Enrico VII († 1242), il figlio che Federico II aveva fatto eleggere re e aveva lasciato con poteri vicari (1220) si ribellò, costringendo il padre, nel 1235, a intervenire e a deporlo. Al suo posto, l’imperatore fece eleggere il secondogenito Corrado IV (1237), al quale affidò anche il governo del ducato di Svevia. In Italia, i comuni ricostituirono la
Corradino di Svevia in una miniatura del Codice Manesse, una collezione di ballate e componimenti poetici redatta a Zurigo tra il 1300 e il 1340. Heidelberg, Biblioteca dell’Università. Il giovane sovrano, che è incluso nella raccolta perché fu anche autore di due canzoni a tema amoroso, è ritratto mentre pratica la caccia con il falcone, uno sport molto in voga tra la nobiltà nel Medioevo.
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Lega lombarda, spingendo l’imperatore a intervenire e a sconfiggerli a Cortenuova, nel 1237, ma il successo fu effimero e, nel 1239, Gregorio IX reiterò la scomunica a Federico e, alleatosi con i comuni, fece sprofondare l’Italia in una lunga guerra, destinata a protrarsi fino alla morte dell’imperatore, nel 1250. Federico II cumulò poteri enormi e dovette gestire realtà politiche e territoriali molto variegate, quindi adottò strategie politiche diverse, a seconda dei contesti. Mentre nel regno di Sicilia seguí la politica di accentramento burocratico dei suoi predecessori normanni – si pensi alla promulgazione delle Costituzioni di Melfi, nel 1231 – in Germania, invece, assecondò le tendenze autonomistiche dei principi, concedendo loro pieni poteri di governo e ridimensionando, cosí, il potere del sovrano. Federico, inoltre, incoraggiò l’espansione verso est del regno germanico – Drang nach Osten – promulgando, nel 1226, la bolla d’oro di Rimini, con la quale concesse al gran maestro dell’Ordine dei cavalieri Teutonici – monaci-guerrieri di origine tedesca – il rango di «principe dell’impero», con diritto di sedere nel Reichstag, e il compito di sottomettere le popolazioni slave e baltiche
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Sulle due pagine Pernes les Fontaines, Tour Ferrande. Particolari del ciclo pittorico che narra la conquista della Sicilia da parte di Carlo I d’Angiò: il combattimento tra un cavaliere francese e Manfredi re di Sicilia (o la morte di Manfredi; in alto); l’incoronazione del sovrano angioino, che, in realtà, non fu consacrato re da papa Clemente IV, ma da cinque cardinali da lui incaricati. XIII sec.
che vivevano oltre l’Elba e lungo la sponda meridionale del Baltico. I Teutonici, quindi, avanzarono lungo il Baltico e, verso la fine del XIII secolo, sottomisero i Pomerani e i Prussiani, ampliando i confini dell’impero fino al Niemen. Nel 1237, con l’acquisto della Livonia dai Cavalieri Portaspada e, nel 1346, dell’Estonia dalla Danimarca, i Teutonici spinsero i confini dell’impero fino alla Dvina.
Il «Lungo interregno»
Alla morte di Federico II, si aprí un periodo di caos politico per il regno tedesco, noto come «Lungo interregno». Nel 1252, il figlio dell’imperatore, Corrado IV, duca di Svevia e re di Germania, si recò nel regno di Sicilia per cingervi la corona, ma fu scomunicato dal papa – signore feudale del Mezzogiorno – e vi morí nel 1254. Nel 1258, il fratellastro Manfredi, figlio naturale di Federico, riuscí a farsi eleggere re, ma fu anch’egli scomunicato dal papa e, nel 1266, perí nella battaglia di Benevento contro Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX, a cui il pontefice aveva riconosciuto la corona di Sicilia. Nel 1268, il figlio di Corrado IV e duca di Svevia Corrado V – noto anche come «Corradino» – giunto in Italia per rivendicare la Sicilia, fu battuto a Tagliacozzo da Carlo d’Angiò e giustiziato.
Fino al 1273, quindi, la corona imperiale rimase vacante e quella di re di Germania fu contesa tra vari pretendenti. Il primo di essi fu il langravio di Turingia, Enrico Raspe (12461247), il secondo Guglielmo (1247-1256), conte d’Olanda, che, però, dovette contendere la corona con Riccardo di Cornovaglia (12561282), fratello del re d’Inghilterra, e Alfonso X (1256-1284), re di Castiglia e discendente, per parte di madre, dagli Svevi. Alla fine, nel 1273, papa Gregorio X (1271-1276), riconobbe la corona imperiale a Rodolfo I d’Asburgo (12731291) – che non si recò mai a Roma per esservi incoronato – in cambio della cessione allo Stato Pontificio della Romagna. Rodolfo, il primo della sua famiglia a diventare re di Germania e imperatore, apparteneva a un lignaggio tedesco molto prestigioso, originario dell’Argovia, nell’odierna Svizzera, allora parte del ducato di Svevia. Il nome della sua stirpe aveva un’origine toponomastica che rimandava al castello di Habsburg o Habichtsburg – «Rocca del nibbio» – nella valle dell’Aar e della Reuss. Gli Asburgo detenevano vasti possedimenti allodiali e feudali anche sulla riva sinistra del Reno, nel langraviato d’Alsazia – che era parte della Svevia – dove svolgevano la funzione di vassalli e advocati del principe-vescovo di Strasburgo. Rodolfo ripristinò subito l’autorità GRANDI MONARCHIE
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Miniatura raffigurante Corradino che riceve l’ordine di Clemente IV di non combattere contro Carlo I d’Angiò, dall’edizione della Nuova Cronica di Giovanni Villani contenuta nel Ms Chigiano L VIII 296. 1350-1375. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana. Il giovane sovrano, seduto su uno scranno e privo di ogni insegna, riceve i due messi pontifici che gli consegnano la lettera con cui il papa gli ordina di desistere dal proposito di conquistare il regno di Sicilia, pena la scomunica.
imperiale in Germania e, nel 1278, sconfisse e uccise a Marchfeld il re di Boemia, Ottocaro II (1253-1278), che si era impossessato del ducato d’Austria e di Stiria, Carniola e Carinzia, territori che furono incorporati nei domini asburgici. Dopo la breve parentesi di Adolfo, conte di Nassau (1291-1298), e successore di Rodolfo I, gli Asburgo riottennero la corona di Germania con Alberto I d’Asburgo (1298-1308), figlio di Rodolfo. Alberto morí nel 1308, assassinato da un nipote e la corona andò a Enrico VII (13081313), conte del Lussemburgo. A differenza dei suoi predecessori, nel 1310 Enrico discese in Italia e, nel 1312, ottenne a Roma la corona imperiale da un collegio di cardinali (il papa, infatti, si trovava ad Avignone). Morí l’anno dopo, presso Siena, mentre tentava di riportare l’ordine tra le città italiane.
Fra Lussemburgo e Wittelsbach
Alla morte di Enrico, fu eletto re di Germania il duca di Baviera, Ludovico IV di Wittelsbach (1314-1347), ma la successione non fu cosí tranquilla. Con l’appoggio di papa Giovanni XXII (1316-1334), infatti, il figlio di Alberto I d’Asburgo, Federico III il Bello († 1330), rivendicò la corona e mosse guerra a Ludovico, ma fu battuto a Mühldorf, nel 1322, e dovette rinunciare ai suoi sogni di gloria. Ludovico IV fu scomunicato dal papa e deposto e ciò lo indusse a fare di Monaco di Baviera, sede della sua corte, il rifugio di tutti gli oppositori del papato, come i filosofi Marsilio da Padova († 1343) e Guglielmo di Ockham († 1349). In piú, Ludovico dava ospitalità a molti «fraticelli», frati francescani sostenitori della povertà integrale dell’Ordine – secondo l’insegnamento di san Francesco d’Assisi († 1226) – tra i quali vi era anche il ministro generale Michele da Cesena († 1342), scomunicato da papa Giovanni XXII, che, nel 1323, ne aveva ufficialmente condannato le dottrine come eretiche. Ludovico dovette inoltre misurarsi anche con l’espansione della confederazione elvetica – che riuniva i cantoni svizzeri – e che era determinata a ottenere l’indipendenza dall’impero. Fino a quel momento, infatti, l’attuale Svizzera aveva fatto parte del ducato di Svevia. L’unione tra i cantoni era sorta nel 1291, con il patto di Rütli, tra i cantoni di Uri, Schwyz, Unterwalden, ma, ben presto, altri territori si aggiunsero a quelli originari e l’imperatore non poté fare nulla per fermarli. Nel 1327, sfidando apertamente il papa, Ludovico scese in Italia e, a Roma, designò un antipapa, il francescano Niccolò V († 1333), da cui si fece incoronare GRANDI MONARCHIE
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Miniatura raffigurante l’esecuzione di Corradino e dei suoi compagni, dall’edizione della Nuova Cronica di Giovanni Villani contenuta nel Ms Chigiano L VIII 296. 1350-1375. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana.
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imperatore, dopodiché tornò in Germania. Lo scisma, però, non ebbe lunga durata e Niccolò, nel 1330, si sottomise a Giovanni XXII. Infine, nel 1338, Ludovico emanò la bolla di Rhens, con cui stabilí che il re di Germania, regolarmente eletto dai principi era, de iure, imperatore, dunque non necessitava dell’incoronazione e della conferma papale. Era il colmo, e cosí il nuovo papa, Clemente VI (1342-1352), bandí contro Ludovico una crociata, affidandone il comando a Carlo IV, conte di Lussemburgo e nipote dell’imperatore Enrico VII, ma, prima di
arrivare alla guerra, nel 1347 Ludovico morí e Carlo venne eletto re di Germania. Carlo IV era figlio di Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia e figlio di Enrico VII, morto nella battaglia di Crécy (1346), combattendo al fianco dei Francesi. Appena eletto imperatore, Carlo trasformò la contea del Lussemburgo in ducato e, dal momento che era anche re di Boemia, volle fissare proprio a Praga la sede della sua cancelleria e, quindi, trasferirvi la capitale di tutto l’impero. Praga, quindi, si avviò a diventare una «metropoli» di stampo tedesco, ottenendo anche
il rango di arcidiocesi e, nel 1348, l’istituzione dell’Università. L’imperatore, inoltre, promosse notevoli interventi edilizi, affidati ai migliori architetti del tempo, come il francese Mathieu d’Arras e il tedesco Peter Parler, ai quali si devono lo splendido duomo di S. Vito, il ponte di Carlo IV sulla Moldava e il castello di Karlštejn, nei sobborghi della città, dove erano conservate le insegne imperiali e il tesoro regio.
Ben oltre i confini tedeschi
In alto, a destra sigillo in oro dell’imperatore Carlo IV, primo re di Boemia a salire sul trono del Sacro Romano Impero. 1376. Dresda, Archivio di Stato.
Benché incoronato a Roma nel 1355, anche Carlo era convinto dell’avvenuta «germanizzazione» dell’impero, ormai ridotto alla sola Germania, perché il regno d’Italia si era letteralmente liquefatto, a causa dell’affermarsi prima dei comuni e poi delle signorie e degli Stati territoriali, che non riconoscevano piú alcuna autorità concreta all’imperatore. Inoltre, proprio Carlo, nel 1378, concesse al re francese Carlo V il Saggio il vicariato sul regno di Borgogna, trasferendo la sovranità su questo territorio alla Francia. Anche in virtú di tali mutamenti, proprio in questo periodo invalse l’uso – presto radicatosi anche nella cancelleria imperiale – di definire il «Sacro Romano Impero» come «Sacro Romano
Impero della Nazione Germanica», a significare che tale entità statale era ormai limitata al solo territorio tedesco. Carlo, quindi, nel 1356 emanò anche la bolla d’oro, un celebre documento che fu la vera e propria «costituzione» dell’impero germanico fino alla sua dissoluzione, voluta da Napoleone Bonaparte, nel 1806. Considerando superflua ogni incoronazione e approvazione papale, Carlo stabilí che il re di Germania, eletto da sette principi, detti «elettori imperiali» – Kurfürsten – cioè gli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri, il duca di Sassonia, il conte del Palatinato, il margravio del Brandeburgo e il re di Boemia, era, per ciò solo, «imperatore», senza necessità di ulteriori conferme da parte del papa. In tal modo, Carlo mise ordine all’interno dello stesso regno germanico, ormai suddiviso in piú di quattrocento principati laici ed ecclesiastici, senza contare le città libere – cioè sottoposte direttamente all’imperatore – e riservò solo ai principi piú potenti la facoltà di designare l’imperatore. Alla morte di Carlo, nel 1378, gli successe il figlio Venceslao IV, già re di Boemia dal 1363. Il suo comportamento tirannico, la sua arroganza – spinta al punto da far assassinare, affogandoGRANDI MONARCHIE
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Germania A sinistra miniatura raffigurante il re di Francia Carlo V che riceve una lettera dall’imperatore Carlo IV, da un’edizione delle Chroniques de France ou de St Denis. XIV sec. Londra, British Library.
lo nella Moldava, san Giovanni Nepomuceno († 1393), vicario generale del vescovo di Praga – indusse gli elettori imperiali a deporlo nel 1400, eleggendo al suo posto Roberto I di Wittelsbach (1400-1410), conte del Palatinato. Preso atto del fatto compiuto, Venceslao si ritirò in Boemia, dove visse fino alla morte, nel 1419, quando la corona boema passò al fratello Sigismondo di Lussemburgo (1410-1437), re d’Ungheria. Nel 1410, morto Roberto I, Sigismondo era stato eletto anche imperatore ed era riuscito a evitare la guerra civile col cugino Jošt, margravio di Brandeburgo – anch’egli eletto imperatore – solo grazie alla sua morte improvvisa, nel 1411. Animato da sincero fervore religioso, nel 82
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1413 Sigismondo fece convocare da papa Giovanni XXIII il concilio ecumenico di Costanza che pose fine al «Grande Scisma d’Occidente», con l’elezione di papa Martino V. Non pago di ciò, nel 1433 Sigismondo volle visitare personalmente Roma e ricevere dalle mani di papa Eugenio IV (1431-1447) la corona imperiale. A partire dal 1420, l’imperatore fu impegnato in prima persona nella crociata bandita dal papa contro gli Hussiti, eretici seguaci delle teorie del docente universitario praghese Jan Hus, mandato al rogo nel 1415, proprio durante il concilio di Costanza. Rettore dell’università di Praga, Hus contestava la corruzione del papato, ma anche alcuni fon-
La facciata gotica della cattedrale di S. Vito a Praga, simbolo della cristianità nel Medioevo. Edificata nel 1344, la chiesa è stata oggetto di ripetuti interventi di ristrutturazione in epoca moderna.
damenti teologici della Chiesa, come il culto delle reliquie e dei santi, del Purgatorio e delle indulgenze. Nonostante la crociata, nel 1436 Sigismondo dovette cedere agli eretici, facendo loro alcune concessioni parziali contenute in trattati detti Compactata di Praga. In base a tali accordi, l’imperatore riconobbe agli Hussiti il diritto di praticare la comunione sotto le due specie, di rimuovere preti e vescovi corrotti e di predicare in vernacolo. Durante il suo regno, inoltre, tra le famiglie principesche dell’impero cominciarono a distinguersi per potere e ricchezza gli Hohenzollern, una stirpe d’origine sveva destinata a rivestire un ruolo fondamentale nel futuro politico
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GRANDI MONARCHIE Statua in pietra e bronzo dedicata al teologo e riformatore boemo Jan Hus nella Piazza della Città Vecchia di Praga, opera dello scultore Ladislav Šaloun. 1915.
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della Germania. Già burgravio di Norimberga e margravio di Bayreuth e Ansbach, nel 1415 Federico I di Hohenzollern (1415-1440) fu investito da Sigismondo del marchesato di Brandeburgo e del titolo di «elettore imperiale», scalando i vertici della gerarchia principesca. Data la posizione geografica del marchesato, collocato lungo l’Elba e la Saale, gli Hohenzollern si distinsero presto nell’opera di espansione e colonizzazione dei territori slavi dell’Est.
L’ascesa degli Asburgo
Nel 1437, Sigismondo morí e la corona imperiale passò ad Alberto II d’Asburgo (1437-1439), marito della figlia Elisabetta († 1442), che poco dopo morí, nel 1439, e la compagine lussemburghese si dissolse: la Boemia e l’Ungheria passarono a Ladislao V il Postumo (1439-1457), figlio di Alberto II, e l’impero germanico a Federico III d’Asburgo, detto «il Pacifico» (14391493), duca d’Austria e cugino di Alberto II, che fissò la capitale a Vienna, dove sarebbe rimasta
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anche nei secoli a venire (vedi box alle pp. 88-91). L’imperatore non fu certo uomo di guerra, tanto che, nel 1485, dovette fuggire proprio dalla sua città, occupata dagli Ungheresi, dove fece ritorno solo cinque anni piú tardi. Federico fu invece attivissimo in campo religioso, sostenendo la causa di papa Eugenio IV (1431-1447) contro il concilio ecumenico, durante il cosiddetto «Piccolo Scisma d’Occidente». Nel 1431, infatti, il papa aveva, infatti, convocato il concilio per avviare la riforma della Chiesa, ma quando constatò la sua ostilità lo trasferí prima a Ferrara e, poi, a Firenze, provocando la reazione di alcuni vescovi che decisero di restare a Basilea e di eleggere un nuovo papa nella persona di Felice V (14391449), che dopo appena un decennio, e anche su pressione dell’imperatore, preferì abdicare, ponendo fine allo scisma. Pertanto, il successore di Eugenio IV, Niccolò V (1447-1455), acconsentí a incoronare a Roma Federico nel 1452, e questa fu l’ultima consacrazione imperiale avvenuta in S. Pietro. Per il resto, l’imperatore lavorò per raffor-
zare l’impero, puntando su suo figlio, Massimiliano d’Asburgo – dal 1486 arciduca e «re dei Romani», ossia erede ufficiale dell’impero – attuando una scaltra politica matrimoniale.
«Tu, felix Austria...»
In alto miniatura raffigurante Sigismondo di Lussemburgo e la consorte Barbara di Cilli durante il Concilio di Costanza nel 1414, da un’edizione della Cronaca del Concilio di Costanza di Ulrich Richental. Vienna, Österreichische Nationalbibliothek. 1440 circa. L’assise fu indetta dall’imperatore stesso per ricomporre lo Scisma d’Occidente.
Proprio l’abilità di Federico nel tessere strategici legami di sangue, spiega perché, ancora oggi, sia ritenuto il probabile autore del celebre «motto» degli Asburgo, «..Austria est imperare Orbi Universo..» – «..È destino dall’Austria dominare il mondo..» – che delineava molto chiaramente gli obiettivi ambiziosi del lignaggio, da conseguire con la diplomazia e i matrimoni, piú che con la guerra. Questa linea politica fu ribadita, però, anche dall’altro motto del casato, «..Bella gerunt alii, tu felix Austria nube..» – «..Lascia la guerra agli altri, tu, felice Austria, sposati..», probabilmente coniato dallo stesso Federico o dal re d’Ungheria, Mattia Corvino (1457-1490). L’attuazione di complesse strategie dinastiche avvenne grazie ai matrimoni di Massimiliano, l’erede al trono, voluti proprio da Federico III. Nel 1477, Massimiliano sposò Maria, duchessa di Borgogna e figlia di Carlo il Temerario, al fine di assicurarsi il controllo dei domini borgognoni, sottraendoli al re di Francia Luigi XI, che, nel 1479, fu sconfitto a Guinegatte da Massimiliano e dovette momentaneamente rinunciarvi. La morte improvvisa di Maria, nel 1482, indusse però Massimiliano a stipulare con Luigi XI il trattato di Arras, con cui rinunciò a Borgogna, Artois e Charolais, che furono annessi alla Francia, ma ottenne, per l’impero, Fiandre, Franca Contea e Hainaut. Con lo stesso trattato fu concordato il matrimonio tra il Delfino, il futuro Carlo VIII, e la figlia di Massimiliano e Maria, Margherita († 1530), che avrebbe ricevuto in dote Artois e Charolais. Nel 1490, Massimiliano sposò, per procura, Anna, duchessa di Bretagna, sperando di mettere le mani sul ducato bretone, ma invano, perché l’anno successivo, Carlo VIII, ormai re di Francia – e già promesso a Margherita d’Asburgo – sposò Anna, sancendo l’annullamento dei patti del 1482. Nel 1493, morto Federico III, divenne imperatore Massimiliano, il quale assunse, nel 1508, col consenso del papa, il titolo ufficiale di «imperatore designato», a dimostrazione del fatto che non occorreva piú la formale incoronazione a Roma. Massimiliano I d’Asburgo (1493-1519) – che, non a caso, fu soprannominato «l’ultimo dei cavalieri» – fu, a tutti gli effetti, un sovrano a cavallo di due epoche. Uomo del Medioevo, per l’esaltazione dei valori cavallereschi e il fervore religioso, uomo del Rinascimento, per il suo GRANDI MONARCHIE
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Germania da Giulio II contro Venezia e, nel 1511, aderí alla Lega Santa, promossa sempre da Giulio II contro il re di Francia, Luigi XII, e, in quest’ultimo caso, conseguí la seconda vittoria di Guinegatte contro i Francesi, assieme a Enrico VIII d’Inghilterra (1509-1547). Nessuna di queste iniziative, però, produsse conquiste stabili, se si escludono l’annessione del Tirolo, nel 1490, dopo l’abdicazione dello zio, Sigismondo d’Asburgo (14381496), e, nel 1500, l’annessione della contea di Gorizia. Anzi, nel 1499, con la pace di Basilea, Massimiliano dovette riconoscere l’indipendenza della Svizzera dall’impero. Come il padre, Massimiliano perseguí una politica matrimoniale volta a consolidare il prestigio del casato asburgico. La figlia Margherita sposò infatti il principe delle Asturie Giovanni, figlio dei «Re cattolici», morto precocemente nel 1496; il figlio, Filippo il Bello, arciduca delle Fiandre, sposò invece la sorella di Giovanni, Giovanna la Pazza († 1555), e, nel 1504, alla morte della regina Isabella, fu incoronato re di Castiglia e León assieme alla moglie, ma morí improvvisamente nel 1506, mentre Giovanna fu destituita dal padre Ferdinando II, che assunse personalmente la reggenza in Castiglia. Nel 1516, Carlo I d’Asburgo, figlio di Giovanna e Filippo – e già governatore delle Fiandre alla morte del padre – fu incoronato re di Spagna e, nel 1519, alla morte del nonno Massimiliano, fu eletto anche imperatore del Sacro Romano Impero.
Verso una monarchia centralizzata
In alto Massimiliano I. Ritratto a mezzo busto in armatura dorata, olio su tavola di Bernhard Strigel. 1500 circa. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Nella pagina accanto La famiglia dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, olio su tavola di Bernhard Strigel. Dopo il 1515. Vienna, Kunsthistorisches Museum.
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amore per l’arte, cosí forte da indurlo a scrivere opere in versi e in prosa – come la biografia del padre, Il Cavaliere bianco – e a proteggere artisti del calibro di Albrecht Dürer. Diventato imperatore, Massimiliano negoziò con la Francia il trattato di Senlis, con cui Artois e Charolais furono ceduti agli Asburgo, che rinunciarono definitivamente al ducato di Borgogna. Nel 1494, l’imperatore si sposò con Bianca Maria Sforza († 1510), nipote del duca di Milano, Ludovico il Moro (1480-1500), nella speranza di ampliare il territorio dell’impero verso la Penisola. Infatti, negli anni successivi, Massimiliano partecipò a tutte le coalizioni promosse dai papi, al fine di realizzare un’espansione verso l’Italia. Nel 1495, aderí alla Lega Santa, promossa da papa Alessandro VI contro Carlo VIII di Francia, nel 1508 aderí alla Lega di Cambrai, promossa
La potenza asburgica aveva raggiunto il suo apice. Non pago di ciò, Massimiliano si prodigò nella riorganizzazione amministrativa dell’impero, ormai trasformatosi in una vera e propria confederazione di principati semi-indipendenti, soltanto formalmente sottoposti all’autorità dell’imperatore. Massimiliano, quindi, voleva trasformare l’impero germanico in una sorta di monarchia centralizzata, simile a quelle che dominavano il panorama politico europeo. Pertanto, nel 1495 convocò a Worms la dieta imperiale, alla quale, come di consueto, parteciparono i principi ecclesiastici, quelli laici e le città libere, cioè sottoposte all’autorità diretta dell’imperatore e non di un principe territoriale. Proclamata una Landfriede, una «pace territoriale» perpetua tra i singoli enti politici che componevano l’impero, Massimiliano persuase i principi e le città ad accettare l’istituzione di alcuni organi di governo che, nel futuro, avrebbero dovuto garantire una migliore coesione amministrativa dell’organismo imperiale. Fu (segue a p. 91)
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Le monarchie dell’Europa orientale La posizione geografica dell’impero germanico, favorí i contatti – e gli scontri – con Polonia, Boemia e Ungheria, cioè con le monarchie dell’Europa orientale costituitesi a partire dal X secolo. La formazione di queste compagini statali fu lenta e legata alla perdita progressiva, da parte delle rispettive popolazioni – slave, nel caso di Polonia e Boemia, ugro-finnica, nel caso dell’Ungheria – delle antiche consuetudini nomadi e delle strutture sociali clanico-tribali. L’impero favorí questo processo già all’epoca degli Ottoni, promuovendo la cristianizzazione di queste stirpi e la creazione di solide infrastrutture ecclesiastiche. Le origini della Polonia rimandano al duca Mieszko I (960 circa-992) – fondatore della dinastia dei Piasti –, che, dopo essersi sottomesso all’imperatore Ottone I, fu riconosciuto duca dei Polacchi e accettò di convertirsi al cristianesimo. Suo figlio, Boleslao I l’Intrepido (992-1025), ottenne da Ottone III il titolo regio e fondò a Gniezno la prima arcidiocesi di Polonia. Tuttavia, il regno polacco, agli inizi del XII secolo, dopo la morte di re Boleslao III Boccatorta (1102-1138), si disgregò. Venne infatti diviso tra i vari pretendenti al trono nei ducati di Slesia, Piccola Polonia, Grande Polonia, Cuiavia, Sandomierz, parzialmente autonomi l’uno dall’altro e Cracovia, almeno formalmente, continuava a essere la capitale di uno Stato che non esisteva piú. Nel 1320, Ladislao I il Breve (13201333), duca di Cuiavia, riunificò il regno e ne ricostituí l’unità. Nel 1333, la corona andò al figlio, Casimiro III il Grande (1333-1370), che fu un abile legislatore oltre che il fondatore, nel 1364, dell’università di Cracovia, dove fu stabilita la capitale. Alla morte di Casimiro, la corona polacca andò a suo nipote, il francese Luigi I d’Angiò (1342-1382), detto «il Grande», già re d’Ungheria dal 1342. UN REGNO A SOVRANITÀ LIMITATA Come la Polonia, anche l’Ungheria si costituí, come regno unitario, nel X secolo, quando il duca Géza (960 circa-997) – fondatore della dinastia degli Arpadi – si convertí e accettò di pagare il tributo a Ottone I. Suo figlio, Stefano I il Santo (997-1038) fu il primo re di Ungheria, formalmente riconosciuto sia dall’imperatore Ottone III che da papa Silvestro II. Stefano, inoltre, istituí la diocesi primaziale di Esztergom. Agli inizi del XII secolo, l’Ungheria incorporò anche il regno croato, dopo l’estinzione della dinastia locale, di origine slava. Il regno raggiunse il massimo sviluppo sotto la guida di re Andrea II (12051235), al quale si deve la promulgazione, nel 1222, della bolla d’oro, uno dei primi documenti, concessi da un sovrano, con cui si ponevano limiti alla sovranità regale, a garanzia dei diritti dei sudditi di condizione libera e della nobiltà. Nel 1301, dopo l’estinzione della dinastia ungherese con la morte di Andrea III (1290-1301), la corona passò a Carlo Roberto d’Angiò (1308-1342), nipote di una principessa ungherese e del re di Napoli, Carlo II
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d’Angiò (1285-1309). Nel 1342, alla morte di Carlo Roberto, fu suo figlio, Luigi I, a ereditare la corona ungherese, che poi uní a quella polacca nel 1370. Luigi I fu uno dei sovrani piú potenti del tempo, anche perché riuscí a estendere la sua sovranità su tutta la penisola balcanica e persino sui principati ortodossi di Valacchia e Moldavia. Alla morte di Luigi, le corone di Ungheria e Polonia si separarono e mentre la prima andò a Sigismondo di Lussemburgo, futuro imperatore germanico e sposo di Maria d’Angiò († 1395), figlia di Luigi, la seconda andò a Ladislao II Jagellone (1386-1434), dal 1377 granduca di Lituania e sposo dell’altra figlia di Luigi, Edvige d’Angiò († 1399). L’unione personale con la Lituania, a cui si aggiunsero anche una parte consistente della Bielorussia e dell’Ucraina – conquistate da Ladislao – rese la Polonia uno dei regni piú estesi dell’Europa medievale e cosí potente da infliggere dure sconfitte all’Ordine dei Teutonici che, nel 1466, furono costretti a rinunciare alla Prussia occidentale e alla Pomerania, conservando la Prussia orientale come feudo alle dipendenze del regno polacco. La Boemia – corrispondente, grosso modo, alle attuali repubbliche Ceca e Slovacca – rispetto alla Polonia e all’Ungheria, aveva raggiunto una parvenza d’unità già all’inizio del X secolo, sotto il duca Venceslao I il Santo
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Sicilia (Aragona)
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Tunisi (Spagna)
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Biserta (Spagna)
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Corsica (Genova)
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A sinistra Cracovia, cattedrale di Wavel. Jogaila, già granduca di Lituania e poi re di Polonia nel 1386, particolare del trittico della Nostra Signora dei Dolori, tempera su tavola. 1475-1485. L’ascesa al trono polacco fu resa possibile anche dalla conversione del sovrano, che assunse il nome di Ladislao II. Negli anni successivi strinse accordi che consacrarono l’unione personale della Polonia e della Lituania, che, unite, sconfissero i Cavalieri Teutonici a Tannenberg (o Grunwald) nel 1410 e stroncarono i loro tentativi d’invasione. Qui accanto l’assetto geopolitico dell’Europa nel 1492, epoca in cui, soprattutto grazie all’operato di Casimiro IV Jagellone, il regno di Polonia divenne una delle maggiori potenze del Continente. A destra, in basso sigillo di Ladislao II Jagellone. 1386. Poznan, Archivio di Stato.
Cicladi (Venezia)
Rodi
Tutto cominciò con Jogaila I regnanti Jagelloni della Polonia-Lituania (con le date di regno tra parentesi) furono: Ladislao (Jogaila) (in Lituania 1377–1401; in Polonia 1386–1434; noto anche come Ladislao II Jagellone) Ladislao III (1434–1444) Casimiro IV (1447–1492) Giovanni Alberto (1492–1501) Alessandro (1501–1506) Sigismondo (1506–1548) Sigismondo Augusto (1548–1572) (noto anche come Sigismondo II)
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Germania
(921-929), della dinastia dei Premyslidi, che avviò il processo di conversione al cristianesimo della popolazione e fu assassinato dal fratello, Boleslao I il Crudele (929-972 circa), fondatore della diocesi di Praga. La Boemia fu innalzata a regno solo nel XII secolo, quando il duca Ladislao II (1157-1174), ottenne il riconoscimento del titolo regio da Federico I Barbarossa. Nel XIII secolo, Ottocaro II di Boemia (1253-1278), fu uno dei sovrani piú potenti d’Europa e, nel corso del Lungo Interregno, seguito alla morte di Federico II di Svevia, fu sul punto di porre la sua candidatura all’impero. Nel 1306, estintasi la dinastia premyslide con la morte di Venceslao III (1305-1306), la corona boema andò al cognato, il conte di Lussemburgo Giovanni il Cieco (1310-1346), marito di Elisabetta di Boemia († 1330). La corona di Boemia andò poi a Carlo IV (1347-1378), figlio di Giovanni, che fu anche eletto imperatore, determinando l’annessione della Boemia all’impero. Morto Carlo, dopo la breve parentesi del figlio, Venceslao IV (1378-1419), la Boemia passò all’altro figlio, Sigismondo di Lussemburgo, dal 1386 anche re d’Ungheria e, dal 1410, imperatore germanico. Sigismondo cumulò un potere enorme e, come re d’Ungheria, data anche la posizione del regno, tentò di arginare l’avanzata ottomana nei Balcani, guidando la crociata del 1396, che però si risolse nella sconfitta di Nicopoli. Le corone dell’impero, Boemia e Ungheria si separarono nel 1439, alla morte del successore di Sigismondo, l’imperatore Alberto II d’Asburgo (1437-1439). Infatti, il cugino di Alberto, Federico III d’Asburgo (1439-1493), divenne imperatore, mentre Ladislao V il Postumo, figlio di Alberto, ottenne le corone di Boemia e Ungheria. Nel 1457, morto Ladislao V, Boemia e Ungheria si
La battaglia di Grunwald, olio su tela di Jan Matejko. 1878. Varsavia, Muzeum Narodowe. Lo scontro (detto «di Tannenberg» dai Tedeschi e «di Zalgiris» dai Lituani) si combatté, il 15 luglio del 1410, tra le forze alleate polacco-lituane, guidate da Ladislao II di Polonia, raffigurato al centro vestito di rosso, e i cavalieri dell’Ordine Teutonico, comandati dal gran maestro Ulrich von Jungingen, ritratto a sinistra, vestito di bianco con la croce nera.
separarono: l’Ungheria andò al nobile magiaro Mattia Corvino, mentre la Boemia passò al nobile Giorgio di Podebrady. Le simpatie di Podebrady per gli Hussiti determinarono ben presto la sua fine: il papa lo scomunicò e bandí contro di lui la crociata, affidandone il comando a Corvino, che si impossessò della Boemia, di cui cinse la corona dopo la morte di Podebrady, nel 1471, durante il conflitto. Nel 1485, Corvino riuscí anche a occupare l’Austria e a cacciare gli Asburgo da Vienna, mirando probabilmente alla corona imperiale. BUDAPEST, CAPITALE D’EUROPA Il regno di Corvino fu splendido: marito dell’«italiana» Beatrice d’Aragona († 1508), figlia del re di Napoli Ferrante, il sovrano fece di Budapest una delle capitali dell’Umanesimo e della cultura europea, fondandovi, nel 1475, l’Università. Alla sua morte, nel 1490, le corone di Boemia e Ungheria passarono al re di Polonia e granduca di Lituania Casimiro IV Jagellone (1447-1492), in quanto marito di Elisabetta d’Asburgo († 1505), sorella di Ladislao V il Postumo. Dopo la morte di Casimiro, Polonia, Boemia e Ungheria tornarono a dividersi: la Polonia-Lituania andò ai figli Giovanni I Alberto (1492-1501) e Alessandro I Jagellone (1501-1506), mentre Boemia e Ungheria andarono all’altro figlio, Ladislao VII Jagellone (1492-1516), marito di Beatrice d’Aragona, vedova di Corvino. Dopo la morte di Ladislao VII, nel 1516, Boemia e Ungheria passarono al figlio, Luigi II (1516-1526), alla cui morte – avvenuta a Mohács, nel 1526, combattendo i Turchi – subentrò il cognato Ferdinando I d’Asburgo (1526-1564), marito di sua sorella, Anna Jagellone († 1547), e fratello di Carlo V (1519-1558). La Boemia e l’Ungheria, quindi, divennero possessi asburgici.
istituito il Reichsregiment, ossia un vero e proprio «Consiglio di governo dell’impero», presieduto dall’imperatore e composto da rappresentanti dei principati e delle città libere, che avrebbe dovuto stabilire gli indirizzi politici generali in materia di guerra, finanze, commercio, giustizia, cioè di tutti i principali settori dell’amministrazione pubblica, con valore vincolante per tutto l’impero. Il secondo organo di governo fu il Reichskammergericht, il «Tribunale camerale dell’impero», suprema corte giudiziaria composta da giudici professionisti, formatisi nelle Università ed esperti di diritto romano e che, in sede d’appello, avrebbe dovuto giudicare le principali vertenze giudiziarie. In piú, Massimiliano impose l’istituzione del Gemeiner Pfennig – «Soldo comune» – cioè una tassa annuale corrisposta da tutti i sudditi in età da lavoro, i cui proventi dovevano essere devoluti al fisco imperiale per le esigenze comuni.
Per rendere effettive queste riforme, Massimiliano impose anche la suddivisione di tutto il territorio imperiale in «circoli imperiali» – Reichskreisen –, cioè distretti amministrativi comprensivi di piú principati e città, a capo di ciascuno dei quali era la «Dieta del circolo» – Kreistag – di cui facevano parte i rappresentanti dei principati e delle città libere del distretto, incaricati di riscuotere il «soldo comune» e di attuare le decisioni del Reichsregiment e del Reichskammergericht, nel territorio di propria competenza. Le riforme di Massimiliano – se si esclude il Gemeiner Pfennig, abrogato nel 1505 – rimasero in vigore fino allo scioglimento dell’impero, nel 1806, ma non sortirono l’effetto sperato, perché la Germania continuò a essere un autentico «mostro politico», privo di una reale coesione interna e fondato sull’incapacità istituzionale dell’imperatore di ridurre principi e città all’obbedienza. GRANDI MONARCHIE
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INGHILTERRA
Una corona è per sempre
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RELIGIONE E VIOLENZA
Sebbene limitato nelle sue prerogative dalla presenza di un governo eletto dal popolo, il regno d’Inghilterra è ancora oggi una realtà viva, alla quale si guarda spesso in frangenti politici particolarmente delicati. Ma quali sono le origini di un’istituzione che, in molte delle sue forme, ha cristallizzato usi e costumi definiti nell’ormai lontano Medioevo?
Le navi normanne fanno vela verso l’Inghilterra, attraversando il canale della Manica, particolare del telo ricamato di Bayeux (comunemente indicato come «arazzo»). 1066-1077. Bayeux, Musée de la Tapisserie de Bayeux.
GRANDI MONARCHIE
Inghilterra
A
lla fine del X secolo, gran parte dell’odierna Inghilterra – Scozia e Galles esclusi – era unificata in un solo regno, sotto la guida del Wessex. Il processo di unificazione, però, non era stato facile (vedi box alle pp. 96-97). Le incursioni vichinghe, che avevano minacciato l’isola nel secolo precedente, tornarono a farsi sentire con maggiore carico di distruttività, dovuto anche al fatto che i popoli scandinavi si andavano ormai organizzando in solide monarchie «nazionali» (vedi box a p. 99). Nel 980, infatti, i Danesi attaccarono Southampton e, nel 983, Portland, facendo sentire ancora di piú, negli anni successivi, la loro furia distruttiva sotto la guida di Sveno I Barbaforcuta (987-1014) che, nel 1000, dopo aver occupato la Norvegia, riuscí a unire anche questo regno sotto il suo scettro. L’Inghilterra, morto Edoardo II il Martire (975-978), passò al fratellastro Etelredo II lo Sconsigliato (975-1016), sovrano assolutamente incapace di fronteggiare l’emergenza del momento. Il 13 novembre del 1002, Etelredo ordinò il massacro di tutti i Danesi presenti in Inghilterra – «massacro di san Brizio» – e ciò ebbe terribili conseguenze, perché Sveno ritornò nell’isola, col preciso proposito di conquistarla e cingerne la corona. Etelredo, allora, fuggí in Normandia, dove sposò Emma († 1052), sorella del duca Riccardo II (996-1026), sperando di avere il suo aiuto.
L’Inghilterra sotto il giogo danese
I Danesi, intanto, continuarono a saccheggiare l’Inghilterra e a farvi svernare le truppe fino alla morte di Sveno, nel 1014, quando il figlio, Canuto II il Grande (1014-1035), prese la guida dell’esercito e si proclamò re dell’isola. Quando Etelredo tornò in Inghilterra nel 1016, Canuto lo affrontò e lo sconfisse, ma poco dopo il re morí e gli successe il figlio, Edmondo II Fianco di ferro, che affrontò lo Scandinavo nella battaglia di Ashingdon, dove fu sconfitto e perse la vita. L’intera Inghilterra cadde nelle mani di Canuto che, nel 1018, morto il fratello Aroldo III (1014-1018), re di Danimarca, si impossessò anche di questo regno. Nel 1030, dopo aver ucciso il re di Norvegia, Canuto cinse anche la corona di questo Paese, mentre la Svezia gli pagava un tributo. Del vasto «impero del Nord» costituito da Canuto II, l’Inghilterra era la pietra angolare, dato che il sovrano soggiornò perlopiú nel Paese, fissando la sua capitale a Winchester, nel Wessex. La politica di Canuto si sviluppò nel solco tracciato dai suoi predecessori sassoni: sovrano cristiano, promulgò le «leggi di Oxford», re94
GRANDI MONARCHIE
datte in anglosassone, e, nel 1026-1027, si recò in pellegrinaggio a Roma, dove incontrò l’imperatore Corrado II di Franconia – che era nell’Urbe per la sua incoronazione – con il quale stipulò un patto di alleanza, che avrebbe dovuto essere cementato dal matrimonio tra un figlio dell’imperatore e una figlia di Canuto. Nel 1035, alla sua morte, l’impero danese andò in pezzi, perché Norvegia e Danimarca ottennero l’indipendenza e l’Inghilterra andò a costituire un regno a sé. Sull’isola a Canuto successero i figli Aroldo I Piede di Lepre (10351040) – avuto dalla moglie sassone, Ælfgifu († 1040) di Northampton – e Canuto III (1040-
Altri particolari del telo ricamato di Bayeux. 1066-1077. Bayeux, Musée de la Tapisserie de Bayeux. In alto, l’incoronazione di Aroldo II; qui sopra, Guglielmo il Conquistatore, affiancato dai fratellastri: Oddone (a sinistra) e Roberto.
1042) – avuto dalla seconda moglie, Emma di Normandia, già consorte di Etelredo II. Alla morte di Canuto III, la corona andò a Edoardo III il Confessore (1042-1066), figlio di Emma e del primo marito Etelredo II e che, fino a quel momento, era vissuto in Normandia. Tuttavia, Edoardo – la cui mitezza, unita al fervore religioso, gli guadagnò, nel 1161, la canonizzazione – ebbe un regno difficile, sottoposto alle continue ingerenze dei nobili, guidati dal conte del Wessex, Godwin, che era anche suo suocero. Nel 1053, alla morte di Godwin – che, per un breve periodo, era stato anche bandito dall’Inghilterra – gli subentrò nel Wessex il fi-
I resti dell’abbazia di Lindisfarne (Northumberland, Inghilterra), assalita e saccheggiata da predoni scandinavi l’8 giugno 793.
glio Aroldo, il quale, alla morte di Edoardo, nel 1066, rivendicò il trono. Ma Edoardo – che non aveva avuto figli da Edith († 1075) del Wessex– aveva diseredato il cognato e gli aveva preferito il cugino, Guglielmo il Bastardo (1066-1087), duca di Normandia. La guerra fu inevitabile. Dopo essersi assicurato l’appoggio di papa Alessandro II (1061-1073), Guglielmo sbarcò in Inghilterra il 26 settembre e, il 14 ottobre, sconfisse e uccise Aroldo II nella battaglia di Hastings. La vittoria del normanno dipese anche dal fatto che l’esercito sassone era già esausto e indebolito per le perdite subite nella battaglia di Stamford Bridge, combattuta il 25 settembre GRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Inghilterra
Dalla Britannia alla «terra degli Angli» autoctoni si trasferí nella Britannia occidentale, dove conservò lingua e tradizioni celtiche, dando vita al regno di Dumnonia – comprendente Cornovaglia, Somerset e Devonshire – e, piú a nord, al regno di Strathclyde, alle foci del Clyde. Tra i due regni britannici c’era il territorio del Galles, diviso nei principati del Gwynedd, Deheubarth e Powys, e, piú a nord, sulla costa occidentale scozzese, gli Scoti, provenienti dall’Irlanda, fondarono, nell’attuale Argyll, il regno di Dalriada che, nell’843, debellati gli autoctoni Pitti, fu unito alla Scozia dal re Kenneth I MacAlpin († 858), fondatore della monarchia scozzese. Nel VII e nell’VIII secolo, i re anglosassoni furono perennemente in guerra per contendersi il titolo di Bretwalda, cioè di re supremo della Britannia, che, nel frattempo, mutò progressivamente il suo nome in Angelcyn – la «terra degli Angli» – da cui l’attuale «Inghilterra». Il primo sovrano ad assumere il titolo di Bretwalda fu Etelberto (560-616), sovrano del regno del Kent – fondato dagli Iuti – a cui si deve anche l’avvio del processo di conversione al cristianesimo dei Germani. Infatti, su sua richiesta, papa Gregorio I Magno (590-604), inviò sull’isola il monaco romano Agostino († 604) che, nel 601, sul sito della città romano-celtica di Durovernum Cantiacorum fondò un cenobio dedicato ai santi Pietro e Paolo e la diocesi di Canterbury, di cui, secondo la tradizione, fu consacrato primo vescovo. Nel VII secolo, i sovrani piú potenti – che assunsero anche il titolo di Bretwalda – furono Redwald (600-625), re dell’Anglia Orientale, Edvino (617-633) di Northumbria, e Penda (633-655) di Mercia. Quest’ultimo riuscí a unificare sotto il suo potere tutto il territorio sotto la linea del fiume Humber e, da quel momento, i regni di Sussex ed Essex cessarono di avere una propria identità separata dalla Mercia. Nell’VIII secolo, fu ancora la Mercia a prevalere sugli altri regni, col re Offa (757-796), contemporaneo dell’imperatore Carlo Magno, con il quale ebbe ottimi rapporti diplomatici. Alla sua morte, nel 796, il dominio merciano andò in pezzi e i regni anglosassoni, un tempo sottomessi, riacquistarono la loro indipendenza. Nell’802, Netherfield Whatlington lo scettro del comando passò al Wessex e al suo re, Sedlescombe
Nel 406, Alamanni, Franchi, Burgundi, Vandali e Alani travolsero il limes renano e si riversarono in Gallia, costituendo i primi regni romano-barbarici, in territorio romano. La disfatta delle legioni galliche offrí il pretesto a Costantino († 411), comandante in Britannia, per proclamarsi imperatore. Nel 409, accompagnato dalle sue legioni, Costantino III passò in Gallia, e, cosí, privò l’isola delle truppe necessarie a fronteggiare le incursioni delle tribú germaniche dei Sassoni, Angli e Iuti – note come Anglosassoni – che provenivano dalle attuali Sassonia, Schleswig e Jutland. Mentre i Germani attaccavano a est, gli Scoti, tribú celtica proveniente dall’Irlanda, assalivano a ovest, e i Pitti, anch’essi celti, a nord. Vinta la resistenza degli autoctoni, gli Anglosassoni si stanziarono in Britannia e fondarono i regni, che, nel VII secolo, andarono a costituire l’Eptarchia: Northumbria, Mercia, Sussex, Essex, Anglia Orientale, Wessex e Kent. Mentre nascevano queste nuove compagini, la popolazione britannica fu sottomessa o fuggí in Gallia, nella penisola dell’Armorica, ribattezzata Bretagna. Una parte degli
REGNO DI SCOZIA
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REGNO DI SCOZIA
Egberto, che, assunto il titolo di Bretwalda, occupò Dumnonia, Kent, Sussex ed Essex. Queste annessioni semplificarono la carta politica britannica, poiché i regni anglosassoni indipendenti rimasero quattro: Anglia Orientale, Mercia, Northumbria e Wessex. All’orizzonte si profilava però la minaccia vichinga. Originari della Scandinavia, i predoni avevano iniziato a compiere le loro incursioni in Inghilterra l’8 giugno del 793, quando assalirono l’abbazia di Lindisfarne, lungo la costa orientale della Northumbria, massacrando i monaci e asportando gli arredi sacri. Nell’830, le incursioni divennero frequentissime e, negli anni successivi, rappresentarono un grave problema. Nell’831, Egberto sconfisse i Vichinghi a Hingston Down e, dopo la sua morte, nell’839, il successore Etelvulfo (839-858) li batté a Ockley, nell’851. Nell’866, però, avvenne l’irreparabile: una «Grande Armata» vichinga di circa 3000 uomini, composta da effettivi di provenienza danese e norvegese, sbarcò in Inghilterra con l’obiettivo di colonizzare la regione, dando vita a insediamenti permanenti. Secondo le saghe, al comando dell’esercito erano Ivar Senz’ossa, Ubbe e Halfdan, figli di Ragnar Brache pelose, capo vichingo che già aveva condotto gli assedi di Parigi dell’845 e dell’855. I Vichinghi occuparono gran parte del suolo inglese, uccisero, nell’869, il re dell’Anglia Orientale, Edmondo il Martire, e deposero il re della Mercia, Burgred, imponendo Ceolwulf II († 879). Solo il Wessex, nel Sud dell’isola, era rimasto indipendente. La direzione della guerra di liberazione fu guidata dal re del Wessex, Alfredo il Grande (871-899), figlio di Etelvulfo, il quale, sconfitti i Vichinghi a Edington, nell’878, impose ai loro capi il trattato di Wedmore. I Vichinghi poterono insediarsi nella Britannia centrale e nord-orientale, nel Danelaw – «Legge danese» –, che da essi prese nome. Non sappiamo come organizzarono il territorio occupato dal punto di vista amministrativo, ma se ne conoscono i confini che, a nord, arrivavano al fiume Tweed, lambendo la Scozia, mentre a sud risalivano il Tamigi fino alla confluenza con il Lea, proseguendo fino alle sorgenti del fiume e, da lí, fino a Watling Street, l’antica strada romana che congiungeva Britannia e Galles. Agli inizi del X secolo, sotto il successore di Alfredo, Edoardo il Vecchio (899-924), si decise di annientare totalmente la presenza vichinga nel Paese, muovendo guerra al Danelaw. I Vichinghi furono battuti da Edoardo a Tettenhall, nel 910, e Atelstano il Glorioso (924-939), suo figlio e successore, li sconfisse a Brunanburh, nel 937, nonostante si fossero alleati, per l’occasione, con il re di Scozia, Costantino II (900-945). Il Danelaw fu poi conquistato nel 954, dai figli di Atelstano, Edmondo (939-946) ed Edredo (946-955), portando i confini del Wessex fino al fiume Tweed e ai confini con la Scozia.
Nella pagina accanto i movimenti delle truppe di Guglielmo, Aroldo e Harald di Norvegia e le località degli scontri al tempo dell’invasione normanna dell’Inghilterra, tra cui la cruciale battaglia di Hastings.
Alfredo I il Grande ritratto in una vetrata della chiesa di Ognissanti a Siddington, nel Cheshire. XX sec. contro il re di Norvegia Aroldo III lo Spietato (1046-1066), che accampava diritti sul trono inglese e che cadde nello scontro. In dicembre, Guglielmo fu incoronato re d’Inghilterra a Londra, nell’abbazia di Westminster. Il nuovo re d’Inghilterra apparteneva alla stirpe discendente da Rollone il Normanno che, nel 911, aveva ottenuto da Carlo III il Semplice, re di Francia, il diritto di stanziarsi nell’attuale Normandia. Il padre di Guglielmo, il duca di Normandia Roberto il Magnifico, aveva preso il potere nel 1027, probabilmente dopo aver assassinato il fratello Riccardo III (1026-1027). La madre di Guglielmo era Arlette († 1050 circa), figlia di Fulberto, un conciatore di pelli di Falai(segue a p. 103) GRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Inghilterra
KAUPANG Era un importante centro artigianale, nei pressi del fiordo di Oslo, e nel IX secolo aveva circa 600 abitanti. Per i Norvegesi rappresentava una porta per l’Europa.
GROENLANDIA
Lofoten
MAR DI NORVEGIA
Reykjavik Thingvellir
RIBE La città piú antica della Danimarca, situata oggi nel comune di Esbjerg. La sua fondazione risale ai primi anni dell’VIII secolo e, in poco tempo, intercettò gran parte del traffico commerciale. BIRKA Si trovava sull’isola svedese di Björkö, pochi chilometri a ovest di Stoccolma. La sua fondazione risale all’VIII secolo e negli anni divenne uno dei piú importanti centri sulla rotta mercantile che univa la Scandinavia all’impero bizantino.
Trondheim
Fær Øer Shetland
Helgö
Sigtuna
Birka
Kaupang Fyrkat Roskilde
Ebridi Lindisfarne Isola di Man Dublino
Hedeby Amburgo
York
Dorestad
Londra Hastings
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Lund
Ribe
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ATLANTICO
Oslo
Haugesund
Dunmore
OCEANO
Uppsala
Bergen
Senn
a Parigi Loira
Stammlande Territorio d'origine Espansione Pamplona Zuge Incursione
Lisbona Tago Cordoba Cadice
Roma
Palermo
MAR MEDITERRANEO 98
GRANDI MONARCHIE
HELGÖ Isola svedese situata sul Lago Mälaren dove un tempo sorgeva una città vichinga, piú antica delle vicine Birka e Sigtuna. HEDEBY Sorgeva nei pressi dell’odierna città di Schleswig, nella Germania settentrionale. Dal porto, attraverso il fiordo dello Schlei, si raggiungeva il Baltico, mentre percorrendo il vicino fiume Treene era possibile accedere all’Eider e quindi al Mare del Nord senza la circumnavigazione dello Jutland.
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Rostow
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SIGTUNA Situata a nord di Stoccolma, la sua importanza crebbe in seguito al declino di Birka. Svolse un ruolo di primo piano come snodo per i traffici interni della Svezia.
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MAR CASPIO
Le monarchie del Nord Dal punto di vista storiografico e cronologico, per «età vichinga» si intende il periodo compreso tra il 793 e il 1066, cioè fra il saccheggio dell’abbazia di Lindisfarne e la conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo il Bastardo. L’Europa venne allora scossa dalle incursioni dei Vichinghi o Normanni, bande di predoni di provenienza scandinava, ma, negli stessi secoli, i popoli nordici posero le basi per la costruzione delle loro monarchie nazionali, cioè di compagini statali sempre piú centralizzate ed elaborate. Fino alla seconda metà del IX secolo, infatti, Danimarca, Norvegia, e Svezia non furono sottoposte all’autorità di un monarca, ma erano divise in regni diversi, governati da conti – Jarl – spesso reciprocamente in conflitto. Il processo di costruzione statale avvenne quando una di queste stirpi comitali fu in grado, con la forza, di prendere il sopravvento sulle altre, estromettendole e annettendo il loro territorio. UNITÀ NAZIONALE E CRISTIANIZZAZIONE La Norvegia avviò per prima un processo di costruzione nazionale quando, intorno all’870, lo jarl del fiordo di Oslo, Aroldo I Bella Chioma (870 circa-930), sconfisse ad Hafrsfjord i suoi nemici e sottomise l’intero territorio norvegese. Morto Aroldo, la Norvegia sprofondò nella guerra per la successione vinta dal figlio, Haakon I il Buono (935 circa-960), il primo re cristiano del Paese. Occorre anche sottolineare come il processo di costruzione nazionale andò di pari passo con quello della cristianizzazione delle popolazioni scandinave, iniziato già nel IX secolo, quando sant’Anscario, un nobile franco, già monaco a Corbie e a Corvey, fu designato vescovo di Amburgo (832). Anscario condusse alcune missioni poco conosciute, prima in Danimarca e, poi, in Svezia – ma non in Norvegia – dove fondò anche chiese ma, a quanto pare, non conseguí risultati durevoli. Morto Anscario nell’865, la sua opera fu proseguita da altri chierici e si concluse solo alla fine dell’XI secolo. La costruzione della monarchia norvegese proseguí sotto i successori di Haakon, Olaf I Tryggvesson (995-1000), pronipote del Bella Chioma, che impose con la spada il cristianesimo a tutta la popolazione, e Olaf II il Santo (1015-1030). Entrambi dovettero fronteggiare l’espansione della Danimarca che, a partire dal X secolo, andava imponendosi come potenza egemone nel Mare del Nord. Nel X secolo, i Danesi si erano infatti convertiti al cristianesimo e furono unificati in un’unica monarchia da re Aroldo II Dente Azzurro (935-987) e dai suoi successori, Sveno I Barbaforcuta
Cartina dell’Europa nella quale sono indicati i territori d’origine delle genti vichinghe, le principali direttrici delle loro spedizioni e le terre conquistate e colonizzate, tra l’VIII e il IX sec. Sono inoltre evidenziati i centri abitati piú importanti, che possono essere considerati come altrettante capitali.
GRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Inghilterra
UN POPOLO DI NAVIGATORI ED ESPLORATORI 350 a.C. circa Il navigatore Pitea, di Marsiglia, parla di Thule, creduta una grande isola del Nord.
5 d.C. Una flotta romana esplora l’estremità dello Jutland (Danimarca).
100-200 Espansione del commercio romano. Le fonti citano diverse tribú del Nord, tra cui i Götar (Geati), autori della Saga di Beowulf. 300 circa Diffusione degli alfabeti runici (futhark) mutuati da alfabeti greci, etruschi e nord-italici. 400-800 La civiltà scandinava matura in piena autonomia. 789 La prima nave danese approda alle coste inglesi. Giugno 793 Saccheggio e strage alla chiesa di St. Cuthbert, nell’abbazia di Lindisfarne, Northumbria (Inghilterra nord-orientale). 800 circa Inizio della conquista vichinga d’Irlanda. 841-844 Saccheggio di Nantes e Rouen (Francia). 850-851 Una flotta di 350 navi vichinghe attracca nel Tamigi. 860-862 Nelle cronache russe compaiono i Rus o Variaghi (probabilmente capi scandinavi). 865-867 Gli Inglesi pagano il Danegeld (il «soldo danese», un tributo politico) ai Danesi; saccheggio di York. 878 Alfred, re del Wessex, sconfigge i Vichinghi danesi. 850-900 Vichinghi norvegesi esiliati occupano l’Islanda. 885-886 Fallito attacco vichingo a Parigi. 911 I Norvegesi conquistano la Normandia. 920 Riconquista anglo-sassone della Britannia meridionale. 960 circa Il re Aroldo Dente Azzurro converte i Danesi al cristianesimo. 980 Erik e Thorval sono banditi dall’Islanda e iniziano a esplorare la Groenlandia. 985 Bjarni Herjólfsson salpa dall’Islanda per la Groenlandia, si perde e per caso avvista Vinland (la costa nordamericana). 1000 Thorgeir, all’Althing (assemblea) islandese, dichiara la conversione al cristianesimo. 1008 Olaf Skötkonung, re di Norvegia, accetta formalmente la nuova religione. 1014 Battaglia di Clontarf: sconfitta degli Scandinavi di Irlanda. 1016 Il sovrano danese Canuto, cristiano, diviene re d’Inghilterra. 1066 Battaglia di Stamford Bridge: re Aroldo II d’Inghilterra respinge l’armata del norvegese Harald III. Poco dopo si combatte la battaglia di Hastings e Guglielmo il Conquistatore prende l’Inghilterra. 1000-1100 Insediamento scandinavo a L’Anse aux Meadows (Newfoundland), possibile scena della saga di Leif Eriksson a Vinland. 1347 Ultima menzione di Markland (= Labrador) negli annali islandesi. 1492 Cristoforo Colombo riscopre l’America nelle isole caraibiche.
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In alto elmo in ferro e bronzo dalla nave-sepoltura n. 1 di Vendel (Uppland, Svezia), VII sec. Stoccolma, Museo di Storia.
A sinistra spada vichinga in ferro con elsa ageminata in argento, da Utrecht. X sec. Leida, Rijksmuseum van Oudheden.
(987-1014) e Canuto II il Grande (1014-1035). Questi avviarono una politica di espansione che, in breve tempo, portò appunto la Danimarca a governare su tutto il Mare del Nord, compresa l’Inghilterra. Non sfuggí alle conquiste la Norvegia: nel 1000 Olaf I fu ucciso dai Danesi nella battaglia di Svolder, e Olaf II in quella di Stiklestad, nel 1030. La morte in battaglia di Olaf II fece di lui un martire e a Trondheim, dove fu sepolto, iniziarono a riversarsi folle di pellegrini. Ne nacque un culto che, per ragioni di opportunità politica, fu riconosciuto anche dalla Chiesa e, cosí, Olaf II divenne il primo santo nazionale norvegese. La Norvegia fu annessa ai domini danesi ma, dopo la morte di Canuto II, tornò indipendente. In Svezia – benché le notizie siano molto frammentarie – una prima parvenza di unità nazionale è ravvisabile sotto il regno di Olaf I Skötkonung (995-1022) – «Re del tributo» – il primo sovrano a convertirsi al cristianesimo, ma anche il primo a unificare il paese prima diviso nei regni distinti degli Svíar e dei Götar. Ben presto, anche Danimarca e Svezia ebbero i primi santi
nazionali: in Danimarca re Canuto IV (1080-1086), ucciso a Odense, nella chiesa di S. Albano, per mano di alcuni nobili che si opponevano al suo comportamento tirannico, ma anche all’iniziativa di imporre le decime ecclesiastiche; in Svezia, re Erik IX, assassinato, nel 1160, da alcuni avversari politici, probabilmente al soldo della Danimarca. Benché nessuna canonizzazione ufficiale sia mai intervenuta, ancora oggi Erik è venerato come patrono di Svezia. LOTTE INTESTINE La stabilità dei regni scandinavi fu seriamente minacciata, nel XII secolo, da guerre civili fra partiti contrapposti che si contendevano il trono, anche in mancanza di una legge che disciplinava la successione. In Danimarca, dopo l’assassinio del principe Canuto Lavard, nel 1131, il Paese sprofondò nella guerra civile che ebbe termine solo nel 1157, con l’incoronazione di Valdemaro I il Grande (1157-1182), figlio di Canuto. In Norvegia, la guerra civile fu molto piú lunga e scoppiò, tra i vari pretendenti, dopo la morte, nel 1130, di re Sigurd I il Crociato (1103-1130). A contendersi il regno furono le fazioni dei Bagler e dei Birkebeiner, i primi sostenitori della Chiesa norvegese e della nobiltà, i secondi dei diritti del popolo: la guerra fu molto cruenta e si concluse solo nel 1217, con l’incoronazione di Haakon IV il Grande (1217-1263). In Svezia, invece, la guerra civile imperversò nel corso del XII secolo tra i sostenitori di Sverker I il Vecchio (1135-1155) ed Erik IX il Santo (1155-1160). Quando quest’ultimo fu assassinato dai sostenitori di Sverker, la Svezia piombò nella guerra civile tra le fazioni che sostenevano, rispettivamente, i discendenti di Sverker e quelli di Erik finché, nel 1234, con l’incoronazione di Erik XI lo Zoppo (1234-1250), prevalse la seconda fazione. Nel XIV secolo, la Danimarca si avviò a diventare la potenza egemone del Nord, sotto la guida di Valdemaro IV Atterdag (1340-1375). Nel 1363, Valdemaro fece sposare la figlia Margherita († 1412) al re di Norvegia, Haakon VI (13431380), ponendo le premesse per l’ampliamento dei domini norvegesi. Morto nel 1375 Valdemaro, Margherita assunse la reggenza della Danimarca per il figlio Olaf V, e quando morí il marito Haakon, nel 1380, assunse la reggenza della Norvegia. Nel 1387, morto Olaf, Margherita fu proclamata regina di Danimarca e Norvegia, cui appartenevano anche Groenlandia, Islanda, Ebridi, Man, Orcadi e Shetland. Nel 1389, Margherita intervenne in Svezia, su richiesta dei nobili, contro il re Alberto di Meclemburgo († 1412) che fu sconfitto a Falköping e fatto prigioniero e, poco dopo, fu acclamata dalla dieta svedese regina di Svezia e Finlandia che, all’epoca, era soggetta alla corona svedese. Nel 1397, durante una dieta tenuta a Kalmar, in Svezia, alla presenza della nobiltà dei tre regni, Margherita proclamò l’Unione perpetua delle corone di Danimarca, Norvegia e Svezia, e designò suo erede il nipote, Erik VII di
Disegno ricostruttivo nel quale si immagina l’assalto portato dai Vichinghi al monastero irlandese di Clonmacnoise nell’835.
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Inghilterra
Pomerania († 1459), che le successe nel 1412, ma il cui comportamento tirannico ne provocò la deposizione, nel 1438. Venne allora eletto come re dell’Unione il nipote, Cristoforo di Baviera, alla cui morte, nel 1448, salí al potere il re il tedesco Cristiano I (1448-1481), conte di Oldenburg, che, tuttavia, non fu riconosciuto dalla Svezia, dove fu eletto re Carlo VIII Knutsson († 1470). A nulla
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valsero i tentativi di Cristiano e del suo successore, Giovanni I (1481-1513), di ricondurre la Svezia all’obbedienza e, nel 1523, il regno svedese si separò dall’Unione di Kalmar. Nel 1460, Cristiano, dopo la morte dello zio Adolfo VIII di Schauenburg, annesse alla Danimarca anche la contea di Holstein e il ducato di Schleswig, che appartenevano formalmente all’impero.
Nel 1466, il sovrano risolse il conflitto con la Scozia per il possesso di Ebridi, Man, Orcadi e Shetland, che passarono sotto la sovranità scozzese come dote di sua figlia Margherita († 1486), sposa di Giacomo III di Scozia (1460-1488).
Valdemaro Atterdag saccheggia Visby il 27 luglio del 1361, olio su tela di Gustaf Hellqvist. 1882. Stoccolma, Museo Nazionale.
se. Nato da una relazione extramatrimoniale – e perciò detto «il Bastardo» – Guglielmo, sebbene illegittimo, successe a Roberto, morto nel 1035 durante un pellegrinaggio in Terra Santa. Consolidata la sua posizione in Normandia e dopo avere sconfitto la nobiltà ribelle a Val-èsDunes (1047) e il re di Francia Enrico I, a Mortemer (1054) e Varaville (1057), Guglielmo poté iniziare la sua avventura inglese. Appena incoronato, il normanno dovette affrontare l’invasione del re danese Sveno II (1047-1076) che, nel 1069, sbarcò sulle coste della Northumbria, rivendicando il trono nel nome dello zio – Canuto II – profittando anche della ribellione dei Sassoni, guidati da Hereward il Vigile. La ribellione fu domata e Hereward, dopo una breve resistenza nell’isola di Ely, scomparve con la stessa velocità con cui era apparso e Sveno II, senza che vi fosse alcuno scontro, nel 1070 tornò in Danimarca.
L’organizzazione del regno
Sedata la rivolta, Guglielmo poté dedicarsi al riordino del regno, promuovendo la costituzione di un solido apparato amministrativo, che imbrigliava le tendenze centrifughe della nobiltà, destinate senz’altro ad aumentare, se si considera che molti nobili normanni si trasferirono in Inghilterra al seguito di Guglielmo, da cui ebbero feudi e cariche, accrescendo le fila di quelli sassoni. Guglielmo si serví soprattutto di personale amministrativo normanno, e sono da ricordare i fratellastri del re, figli del secondo matrimonio di Arlette col cavaliere normanno, Erluino di Conteville († 1066), e cioè Roberto († 1090), conte di Mortain – nominato conte di Cornovaglia – e Oddone († 1097), vescovo di Bayeux, che fu fatto conte del Kent. Oddone commissionò anche il celebre telo ricamato di Bayeux (convenzionalmente, seppur impropriamente, denominato «arazzo», n.d.r.), una splendida opera d’arte lunga 70 m circa – e larga 50 cm – che, in una sorta di fumetto ante litteram, descriveva le varie fasi della conquista normanna dell’Inghilterra. Anche molti ecclesiastici furono scelti dal re tra i canonici d’origine normanna, come l’arcivescovo di Canterbury, Lanfranco di Pavia (1069-1089), già monaco a Bec e poi abate di S. Stefano a Caen. A livello locale, Guglielmo istituí gli sceriffi, ufficiali responsabili di funzioni di polizia e mantenimento dell’ordine pubblico – ciascuno all’interno della propria contea – oltre che della riscossione delle tasse e dell’amministrazione della giustizia. A Guglielmo si deve anche l’istituzione dello «Scacchiere», ufficio dell’amGRANDI MONARCHIE
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Inghilterra
ministrazione centrale che si occupava della riscossione delle imposte, dei bilanci e della giustizia tributaria, il cui nome derivava da una sorta di grande tovaglia, molto simile a una scacchiera e che, posta su un tavolo, serviva al computo finanziario.
La riscossione delle tasse
Al fine di rendere piú efficace la riscossione delle tasse, il re normanno, tra il 1085 e il 1086, dispose un censimento generale che portò alla redazione di un catasto noto come Domesday Book, cioè Libro del Giudizio. Esso si componeva di due volumi – il Great e il Little Domesday – il primo contenente dati fiscali relativi a tutto il Paese, escluse le contee di Suffolk, Essex e Norfolk, di cui si occupava il secondo volume. Guglielmo, inoltre, trasferí la sede della corte e della cancelleria regia da Winchester a Londra, che divenne progressivamente la vera e propria capitale dell’Inghilterra, dove il re fece restaurare l’abbazia di Westminster ed edificare la nota Torre, con funzioni di fortezza e prigione. Nel 1083, dopo la morte della moglie Matilde, figlia del conte di Fiandra Baldovino V (10351067), i rapporti di Guglielmo con i fratellastri e con i figli andarono peggiorando e, infatti, nel 1083 fu scoperta una congiura in cui era convolto il fratello Oddone, che fu imprigionato. Negli anni successivi, il re dovette piú volte intervenire in Normandia per reprimere le rivolte organizzate dai figli, in alleanza col re di Francia e la nobiltà locale. Nel 1087, il figlio maggiore, Roberto, si ribellò e Guglielmo scese in campo per reprimere l’insurrezione, ma morí improvvisamente e fu sepolto nell’abbazia di S. Stefano a Caen. Secondo le sue volontà, Inghilterra e Normandia furono divise: la prima andò al figlio minore, Guglielmo il Rosso (1087-1100), la seconda al maggiore, Roberto Cosciacorta (1087-1106). Il terzo figlio, Enrico, ottenne compensi in danaro. Il regno di Guglielmo fu caratterizzato dalle A destra la croce detta «di Enrico il Leone». 1190 circa. Hildesheim, Museo del Duomo. Si tratta di un prezioso reliquiario nel quale è custodito un frammento della Vera Croce. La perdita del sacro legno, all’indomani della disfatta patita dai cristiani ai Corni di Hattin (1187) fu il casus belli della terza crociata, alla quale partecipò anche Riccardo Cuor di Leone.
Nella pagina accanto Londra. Il volto di Riccardo Cuor di Leone nel monumento equestre realizzato dallo scultore Carlo Marochetti e collocato davanti al Palazzo di Westminster. 1860.
rivolte baronali e dal conflitto tra il sovrano e l’arcivescovo di Canterbury Anselmo d’Aosta (1089-1109). Noto teologo e canonista, Anselmo non tollerava il diritto che il re si arrogava di attribuire cariche ecclesiastiche, da lui considerato esclusivo della Chiesa, e, cosí, nel 1093 fu bandito dall’Inghilterra, dove fece ritorno solo nel 1097. Intanto, Guglielmo aspirava a espandersi a nord e, sceso in guerra contro la Scozia, riuscí a sconfiggere e a uccidere in battaglia re Malcolm III Testa grossa (1057-1093) senza conseguire, però, significative conquiste. Nel 1100, il sovrano morí misteriosamente, mentre era a caccia nell’Hampshire, colpito da una freccia scoccata «per sbaglio» da un suo cavaliere. Gli successe il fratello Enrico I (1100-1135), detto «il Chierico» per la sua vasta cultura e che, riappacificatosi con la Scozia, sposò Edith († 1118), detta anche Matilde, e figlia di Malcolm III. Enrico, inoltre, si riappacificò anche con Anselmo d’Aosta, che, nuovamente esiliato nel 1103, poté fare ritorno in Inghilterra nel 1107, quando venne sottoscritto un concordato, con cui il sovrano rinunciava alle investiture ecclesiastiche. Dal punto di vista amministrativo, Enrico I fu un abile amministratore e legislatore e, infatti, promulgò alcuni codici – Leges Henrici Primi – e una Charter of Liberties, una sorta di costituzione con cui si impegnava a rispettare i diritti e le libertà fondamentali dei nobili e dei sudditi di condizione libera, salvaguardando anche i privilegi della Chiesa inglese. Tuttavia, i rapporti di Enrico col fratello Roberto Cosciacorta, duca di Normandia, non furono buoni. Infatti, quando, nel 1101, il secondo tornò dalla prima crociata – e scoprí che il primo era diventato re d’Inghilterra – rivendicò il trono e, ripreso possesso della Normandia – che aveva ipotecato a Guglielmo il Rosso, per ottenere il danaro con cui partire per l’Oriente – mosse guerra. Nel 1106, Enrico riuscí a sconfiggerlo a Tinchebray, a farlo prigioniero e a impossessarsi della Normandia, che fu unita all’Inghilterra. Roberto morí nel 1134, prigioniero nel castello di Cardiff. Prima di morire, Enrico I aveva imposto alla nobiltà inglese di accettare come regina la figlia Matilde († 1167), poiché il suo unico figlio legittimo, Guglielmo, era morto nel 1120 nel naufragio della White Ship – la «Nave Bianca» – al largo delle coste normanne. E proprio in vista di quest’arduo compito, GRANDI MONARCHIE
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Inghilterra
Nessun erede diretto per il Cuor di Leone Enrico II = (1133-1189)
Enrico,il Re Giovane (1155-1183)
Riccardo Cuor di Leone (1157-1199) = Berengaria di Navarra
Eleonora d’Aquitania
Goffredo, duca di Britannia (1158-1186)
Edoardo I (1239-1307) = Eleonora di Castiglia
Riccardo II (1367-1400) = (1) Anna di Boemia (2) Isabella di Francia
Giovanni Senza Terra (1166-1216) = (1) Isabella di Gloucester (2) Isabella d’Angoulême
Edoardo II (1284-1327) = Isabella di Francia
Riccardo, conte di Cornovaglia Enrico III (1207-1272) = Eleonora di Provenza
Edoardo III (1312-1377) = Filippa di Hainaut
Edoardo il Principe Nero, principe del Galles (1330-1376) = Giovanna del Kent
Lionello di Anversa duca di Clarence (1338-1368)
Giovanni di Gand, duca di Lancaster (1340-1399)
Edmondo di Langley, duca di York (1341-1402)
Casa di Lancaster Casa di York
Matilde, nel 1128, dopo la morte del primo marito, l’imperatore Enrico V di Franconia († 1125), aveva sposato Goffredo V il Bello (11291151), conte d’Angiò, appartenente a una delle piú prestigiose famiglie della feudalità francese. Goffredo era detto «Plantageneto» – nome poi utilizzato per indicare l’intera stirpe angioina inglese – dalla pianta di ginestra – plante de genêt – che compariva nella simbologia araldica 106
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familiare. Tuttavia, morto Enrico I nel 1135, una parte della nobiltà inglese acclamò sovrano d’Inghilterra il cugino di Matilde, Stefano di Blois (1135-1154), che si affrettò a farsi consacrare dal fratello, Enrico di Blois († 1171), vescovo di Winchester. Stefano vantava giuste pretese alla successione reale, in quanto figlio di Adele († 1138) – figlia di Guglielmo il Conquistatore e sorella di Enri-
Quasi un’età dell’oro
I DOMINI INGLESI IN FRANCIA Dopo il trattato di Parigi (1259)
ID
I
Contea Coo te C teaa di di Caithness Caaitthhnnesss C
EBR
co I – e Stefano, conte di Blois, Meaux e Chartres, morto nel 1102, nel corso della crociata in Terra Santa. Scoppiò la guerra civile tra le fazioni che sostenevano l’una e l’altra parte e in cui, almeno nella fase iniziale, Matilde ebbe la peggio. Infatti, nel 1147, abbandonò l’Inghilterra e si recò in Francia, dove il marito, Goffredo d’Angiò, aveva occupato il ducato di Normandia e la contea del Maine, sottraendoli a Stefano di Blois. Nel 1151, Goffredo d’Angiò morí, lasciando l’Angiò a Enrico Plantageneto, il figlio avuto da Matilde, che era ormai adulto per rivendicare la corona. Nel 1153, Enrico sbarcò in Inghilterra e sconfisse Stefano di Blois, il quale, morto suo figlio Eustachio e svanita la possibilità di fondare una dinastia, accettò di designare erede il nipote che, alla sua morte, nel 1154, fu consacrato re.
Allo scoppio della guerra dei Cent’Anni (1338)
REGNO REG EGNO NO DI SCOZIA SCOZIA SCOZ SCO ZA Contea Coontea C ontea tea DI di di Ross Roosss Ro Stirling St tir irli lingg ling lin
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Dopo la pace di Brétigny (1360) All’abdicazione di Riccardo II II. A (1399) ((1
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Enrico II Plantageneto è stato uno dei piú poBretigny Cherbourg oourg urg ur rg rg tenti sovrani dell’Europa medievale, perché il Rouen 1360 Reims suo dominio era immenso e comprendeva, oltre ia Chhaamm annddi a ppaag a m Parigi Paris m all’Inghilterra, vari feudi sul continente, in gnne rr Noo Le Mans Brest quanto vassallo del re di Francia. Si trattava Orléans B rreettaaggnnaa B oorr della Normandia, Angiò, Maine, Limosino e ggoo Citeaux Cîteaux Angers Bourges ggnnaa Turenna, a cui si aggiunse, nel 1152, il ducato di Aquitania, portatogli in dote FORMAZIONE DEI DOMINI Poitiers DI ENRICO II PLANTAGENETO (1154-1189) dalla moglie, la duchessa Eleonora, già La Rochelle REGNO DI FRANCIA Eredità paterna e materna (1150-51) Lione consorte del re di Francia Luigi VII. In Taillebourg Dote della moglie Eleonora politica interna, Enrico lavorò al fine di Aquitania d’Aquitania (1152) Le Puy perfezionare l’organizzazione amminiBordeaux B o Bo Conquista del regno d’Inghilterra (1154) strativa dell’Inghilterra che continuò a Guienn Redez a Altri territori conquistati essere ripartita in contee – con a capo gli tra il 1169 e il 1188 Albi sceriffi – e ogni contea in distretti minoConfini nel regno di Francia nel XII sec. Tolosa ri dette centene, con propri capoluoghi, Giovanni Senzaterra promulga la Magna Charta (1215) dove si tenevano i placiti per l’amminiTentativi di occupazione inglese strazione della giustizia nei casi non della Scozia (XIII-XIV sec.) deferiti al tribunale di contea presieduto flitto tra il re e il signore da cui avevano Stabili conquiste del Galles (1277-1295) dallo sceriffo. Le città conservavano, in avuto il feudo, era l’obbligo di fedeltà vere dell'Irlanda (1399) genere, le proprie consuetudini, mentre so il re a prevalere. La riorganizzazione Rivolta dei contadini (1381) al vertice delle stesse vi era un ufficiale della cancelleria inglese implicò la sua ri– mayor – con compiti di vigilanza sulle partizione in una serie di uffici, tra cui il già amministrazioni cittadine, riscossione delle imcitato scacchiere e la cancelleria. Il lord cancelposte e di rappresentanza giuridica dell’ente. liere, custode del sigillo reale, era una sorta di Al fine di vincolare i suoi vassalli alla corona, primo ministro, potentissimo, al quale si agEnrico dettò un’elaborata normativa in materia, giungevano, per importanza e dignità, il gran nel corso delle Assise di Northampton, nel tesoriere e il maestro giustiziere. 1176, e «delle armi», nel 1181. I vassalli erano Enrico si trovò inoltre invischiato in una duristenuti al servizio militare o al pagamento di sima lotta contro la Chiesa inglese, all’epoca un’imposta sostitutiva – scutagium – proporzioimpersonata dal colto arcivescovo di Canternata all’estensione del feudo e, con il consenso bury, Tommaso Becket (1162-1170). Quando il regio, potevano procedere a ulteriori sub-infeure, nel 1164, emanò a Clarendon una serie di dazioni nell’ambito dei rispettivi domini, ma costituzioni che limitavano i privilegi dei chieerano tenuti all’«omaggio ligio» verso il sovrarici, tra cui quello di essere giudicati dai tribuno, dominus supremo. Pertanto, in caso di connali vescovili, in caso di commissione di illeciogna asc Gu
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Inghilterra
ti civili, lo scontro col vescovo divenne inevitabile. Becket rifiutò di giurare e sottoscrivere le disposizioni, scomunicò il re e fuggí in Francia. Tornato in Inghilterra, dopo una parziale riappacificazione, Becket fu assassinato il 29 dicembre del 1170, nella cattedrale di Canterbury, da alcuni cavalieri che, forse, agivano su mandato del re. Scomunicato anche da papa Alessandro III – che canonizzò Becket – Enrico accettò di fare penitenza per l’assassinio e la scomunica venne revocata nel 1173. In politica estera, Enrico II fu costantemente impegnato contro i re di Francia, prima contro Luigi VII e, in seguito, contro suo figlio Filippo II Augusto. I sovrani francesi perseguivano l’obiettivo di centralizzare la burocrazia del regno, ampliandone i confini attraverso una lotta senza quartiere contro la nobiltà feudale, al fine di sottrarle il numero piú vasto di territori, ma il Plantageneto seppe difendere i suoi possedimenti sul continente. Maggiori successi ebbe nei rapporti con Scozia e Irlanda: nel 1174, il re di Scozia, Guglielmo I il Leone (1165-1214), si sottomise e gli pagò il tributo. Nel 1170, invece, Enrico diede inizio alla conquista dell’Irlanda, in forza anche della bolla papale Laudabiliter, che Adriano IV (1154-1159) – unico papa inglese della storia – aveva emanato in suo favore, riconoscendolo signore dell’isola. L’Irlanda non era stata mai conquistata né dai Romani, né dagli Anglosassoni, e i Vichinghi, che nel X secolo vi avevano fondato alcuni empori, erano stati battuti dai Celti, nel 1014, nella battaglia di Clontarf. Popolata da tribú, l’Irlanda era suddivisa in cinque regni, Meath, Ulster, Connacht, Munster e Leinster e, generalmente, il re del Meath aveva anche il titolo di Ard-Rig, «Re supremo» di tutta l’isola. La conquista plantageneta dell’Irlanda iniziò come «guerra privata», nata dall’iniziativa di uno dei piú potenti vassalli di Enrico, il conte di Pembroke, Riccardo di Clare Strongbow, cioè «Arco Forte». Con il consenso di Enrico, Riccardo sposò Eva, figlia del re del Leinster, Dermot MacMurrough († 1188), fuggito in Inghilterra dopo essere stato deposto dal re del Connacht, Rory O’Connor († 1198). Riccardo, con l’appoggio, anche in questo caso, del sovrano inglese e l’aiuto di alcuni baroni normanni, occupò il Leinster e se ne fece re. Quando morí, nel 1176, Enrico intervenne in Irlanda e sottomise tutta l’isola all’Inghilterra. Il Plantageneto colse altri importanti successi grazie ai matrimoni dinastici dei figli: Matilde († 1189) fu data in sposa al duca di Sassonia e Baviera, Enrico XII il Leone, cugino dell’imperatore Federico I; Eleonora († 1214) sposò il re di Casti108
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glia Alfonso VIII; Giovanna († 1199) il re normanno di Sicilia, Guglielmo d’Altavilla e, dopo la sua morte, Raimondo VI, conte di Tolosa; Goffredo sposò l’erede del ducato di Bretagna, Costanza († 1201); infine, Enrico, destinato a succedere al padre, si uní a Margherita († 1197), figlia di Luigi VII di Francia, ma morí nel 1183.
Un figlio dal cuor di leone
Una delle caratteristiche del regno di Enrico II fu il suo pessimo rapporto con i figli maschi, che si ribellarono spesso contro di lui, sobillati dalla madre Eleonora, che non sopportava le numerose relazioni extraconiugali del consorte, tra cui quella con la dama di corte Rosamunda Clifford († 1176). Nel 1173, si ribellò Enrico, insoddisfatto per la distribuzione degli appannaggi paterni, e, alleatosi con gli altri fratelli e con il re di Francia Luigi VII, cercò di conquistare il trono, ma l’anno successivo fu costretto a sottomettersi al padre. Intanto, Eleonora fu arrestata e tenuta prigioniera in alcuni castelli normanni e inglesi fino al 1189, quando, morto il marito, poté tornare libera. Nel 1188, Enrico II designò a succedergli il figlio Riccardo, che investí del ducato d’Aquitania, ma, poco dopo, sobillato da Filippo II Augusto, Riccardo insorse contro il padre con suo fratello Giovanni, dal 1177 viceré d’Irlanda. Alla fine, sconfitti da Enrico II, i fratelli si sottomisero, ma al Plantageneto restava poco da vivere. Morí infatti nel 1189 e fu sepolto nell’abbazia di Fontevraud, nell’Angiò, dove, anni dopo, avrebbe trovato riposo anche la moglie Eleonora (vedi box alla pagina accanto). Il figlio di Enrico II, e suo successore, fu Riccardo I (1189-1199), detto «Cuor di Leone» per il coraggio mostrato in battaglia. Infatti, Riccardo fu essenzialmente un uomo di guerra, come ebbe modo di dimostrare – appena salito al trono – partecipando alla terza crociata con Filippo II Augusto. Sbarcato in Oriente, espugnò San Giovanni d’Acri e mosse guerra al sultano d’Egitto, Saladino († 1193), che aveva occupato Gerusalemme. Nel 1192, sconfitto Saladino nella battaglia di Arsuf, firmò con lui la pace, con cui si consentiva ai cristiani il libero pellegrinaggio ai Luoghi Santi, che però rimanevano sotto l’autorità del sultano. In quella campagna, Riccardo occupò anche Cipro, che venne sottratta all’impero bizantino e donata, col titolo regio, a Guido di Lusignano († 1194), nobile del Poitou e vassallo di Riccardo, da lui candidato al titolo di «re di Gerusalemme». Nel corso della permanenza in Terra Santa, Riccardo si rese (segue a p. 113)
Dalla ginestra alla corona: i Plantageneti Enrico II (1154-1189) Sposa nel 1152 Eleonora d’Aquitania, già moglie di Luigi VII di Francia.
Riccardo I
(1189-1199) Detto «Cuor di Leone», partecipò alla terza crociata (1189-1192) prendendo Messina, Cipro e San Giovanni d’Acri.
Giovanni Senza Terra
(1199-1216) Deve il soprannome al fatto di non aver avuto la sua parte nella divisione dei regni amministrati da Enrico II, di cui era il quinto figlio.
Enrico III
(1216-1272) Figlio di Giovanni, divenne re a soli nove anni. Sposò Eleonora di Provenza (1236), da cui ebbe cinque figli.
Edoardo I
(in parentesi, gli anni di regno di ciascun sovrano)
(1272-1307) Ebbe sei figli da Eleonora di Castiglia (tra cui il successore Edoardo) e tre da Margherita di Francia.
Edoardo II
(1307-1327) Deposto dal Parlamento e obbligato ad abdicare, fu imprigionato e assassinato nel carcere di Berkley.
In alto e in basso sigilli del re inglese Edoardo I. XIII-XIV sec. Göteborg, Göteborgs Konstmuseum. A sinistra Enrico II (in alto) e Riccardo Cuor di Leone (in basso) in una miniatura tratta da un’edizione dell’Abbreviatio chronicorum Angliae di Matteo Paris. 1250-1259. Londra, The British Library.
Edoardo III
(1327-1377) Il suo regno fu segnato dall’espansione territoriale in Scozia e in Francia.
Riccardo II
(1377-1399) Figlio di Edoardo, il Principe Nero (figlio primogenito di Edoardo III), morí assassinato.
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Inghilterra
La cultura alla corte dei Plantageneti Enrico II fu un uomo colto, amante delle arti e delle lettere, di cui intuí il valore ideologico e propagandistico, avviando una politica di grande mecenatismo culturale, in parte favorita anche dagli interessi intellettuali della moglie Eleonora. Non si dimentichi che l’Aquitania, assieme alla Provenza, era il nucleo pulsante di quella grande tradizione
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letteraria e poetica in lingua d’oc, basata sull’esaltazione dell’amor cortese, di cui furono ispiratori i trovatori. Il nonno di Eleonora, Guglielmo IX il Trovatore (1086-1126), era stato un grande ammiratore della poesia trobadorica e poeta egli stesso. Grazie al mecenatismo dei due coniugi, Londra e Poitiers, capitali del regno d’Inghilterra e del
ducato d’Aquitania, divennero importantissimi centri di elaborazione culturale. Alla corte di Enrico ed Eleonora soggiornarono personaggi del calibro di Goffredo di Monmouth († 1155), vescovo di Saint-Asaph, nel Galles, autore dell’Historia regum Britanniae, in cui ripercorreva la storia d’Inghilterra da Bruto, primo re dei Britanni e pronipote di Enea, fino al VII secolo, soffermandosi in particolare sulle leggende arturiane. L’Historia fu la fonte piú importante a cui attinsero poeti e romanzieri, anche dei secoli successivi, per trarne ispirazione per i loro racconti, basati sull’antico patrimonio storico-leggendario britannico, che vedeva protagonisti Artú e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Lungi dall’essere amene creazioni letterarie, questi racconti furono sfruttati da Enrico anche in chiave politica, per legittimare il proprio potere. Nel 1186, per
Nella pagina accanto miniatura raffigurante re Artú che incontra un gigante che sta arrostendo un maiale, da un’edizione del Roman de Brut, storia letteraria in versi della Gran Bretagna scritta dal poeta Robert Wace. 1325-1375 circa. Londra, British Library. A destra la Torre di S. Michele, in origine compresa in una chiesa del XII sec., sulla sommità della Glastonbury Tor, sito che viene collegato alle leggende arturiane sull’isola di Avalon.
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esempio, in occasione della visita all’abbazia benedettina di Glastonbury, nel Somerset, il re promosse importanti lavori di restauro del cenobio del VII secolo – devastato da un incendio nel 1184 – e fu protagonista della «miracolosa» inventio delle spoglie di Artú e Ginevra, poi traslate nella chiesa e lí sepolte. Fossero quei resti autentici o meno, Enrico ne sfruttò politicamente il ritrovamento. Infatti, secondo la tradizione, il sito di Glastonbury era identificato con la mitica Camelot, cuore del regno arturiano. Tra gli intellettuali attivi alla corte di Enrico ci fu anche Robert Wace († 1174), autore di due romanzi in versi – Roman de Brut e Roman de Rou – rispettivamente basati sulla leggenda di Bruto – mitico re ed eroe eponimo della Britannia – e sulla saga di Rollone, duca di Normandia e anch’egli capostipite della stirpe regale normanna. Le Roman de Rou, lasciato incompiuto dall’autore, fu poi completato da Benedetto de Saint-Maure († 1173) – chierico originario della regione di Tours – già autore di un monumentale romanzo in versi – Romanzo di Troia – che rielaborava, in volgare, le vicende connesse alla guerra di Troia. Si ricordino, inoltre, anche le figure di Chretien de Troyes († 1190 circa), autore di molti lais, brevi racconti in
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versi ispirati alla materia arturiana, e di tre fortunati romanzi in versi, ispirati al medesimo tema, cioè Lancillotto o Il cavaliere della carretta, Ivano o Il cavaliere del leone, Perceval o Il racconto del Graal. A corte furono molto attivi anche Walter Map († 1210), arcidiacono a Oxford, e Gervasio di Tilbury († 1234), originario dell’Essex, autori del De nugis curialium e degli Otia imperialia. La prima è un’opera di carattere enciclopedico, ricca di osservazioni mordaci sulla vita di corte, la seconda uno «specchio dei principi», cioè un’opera sull’arte del buon governo, destinata all’imperatore Ottone IV di Brunswick († 1218) di cui Gervasio, morto Enrico II, divenne consigliere. Si ricordi, infine, il gallese Giraldo Cambrense († 1223), vescovo di Saint-David, che seguí Enrico II nelle spedizioni irlandesi e fu autore di due importanti opere dedicate all’isola di taglio storico e topografico: l’Expugnatio hibernica e la Topographia hibernica.
Somerset (Inghilterra). I resti dell’abbazia di Glastonbury, dove, secondo la tradizione, sarebbero stati sepolti re Artú e sua moglie Ginevra. VIII sec.
Miniatura raffigurante Artú che affronta in battaglia l’imperatore, tratta anch’essa da un’edizione del Roman de Brut di Robert Wace. 1325-1375 circa. Londra, British Library.
probabilmente responsabile anche dell’assassinio di Corrado († 1192), marchese del Monferrato, candidato al trono di Gerusalemme e avversario del Lusignano, ma il delitto fu poi attribuito a fanatici islamici. Nel 1192, mentre tornava in patria, Riccardo fu catturato in Austria dal duca Leopoldo V di Babenberg (1177-1194), che lo detestava per alcuni screzi avvenuti durante la crociata. Leopoldo, in seguito, «vendette» Riccardo all’imperatore Enrico VI di Svevia, suo signore feudale, che lo tenne prigioniero fino al 1194, quando Eleonora d’Aquitania lo riscattò, pagando all’imperatore la somma di 150 000 marchi d’argento, previo omaggio feudale dello stesso Riccardo allo svevo. Mentre Riccardo era assente, il fratello Giovanni Senza Terra, in alleanza col re di Francia, tentò di impossessarsi del trono, ma ancora una volta, la pronta reazione di Eleonora lo costrin-
se a desistere. Tornato in Inghilterra, Riccardo perdonò il fratello e subito mosse guerra a Filippo II Augusto – che, nel frattempo, si era impossessato dei feudi plantageneti in terra di Francia – e lo sconfisse a Fréteval, nel 1194, e a Courcelles, nel 1198, obbligandolo ad abbandonare i territori occupati. Nel 1199, Riccardo morí mentre guerreggiava contro il visconte del Limosino, suo vassallo, e subito gli successe il fratello Giovanni I Senza Terra, il cui regno fu un disastro, sia perché ereditava una situazione finanziaria a dir poco critica – a causa delle guerre continue del fratello –, sia perché il neosovrano era privo di acume politico. Come si è detto, Giovanni combatté ben due guerre contro Filippo II Augusto e in entrambe fu sconfitto e privato di tutti i feudi inglesi sul suolo francese. Nel 1205, Giovanni entrò in conflitto anche con papa Innocenzo III, che non GRANDI MONARCHIE
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Nella pagina accanto miniatura raffigurante la decapitazione dei prigionieri musulmani disposta il 20 agosto 1191 da Riccardo Cuor di Leone, dopo la presa di Acri, da un’edizione dei Passages d’outremer faits par les Français contre les Turcs di Sébastien Mamerot. 1474-1475. Parigi, Bibliothèque de l’Arsenal. esitò a scomunicarlo e a lanciare l’interdetto sull’Inghilterra. Infatti, in quell’anno, era morto l’arcivescovo di Canterbury, Hubert Walter (1193-1205), già reggente e maestro giustiziere durante il regno di Riccardo, ma il candidato sostenuto dal papa, il teologo e canonista, Stefano Langton (1207-1228), incontrò l’opposizione di Giovanni. Solo nel 1213 Giovanni si piegò a Innocenzo III, accettò la nomina di Langton, in cambio della revoca della scomunica, ma anche di sottomettersi alla Santa Sede come vassallo, pagando l’«obolo di san Pietro».
Un provvedimento epocale
Nel 1215, con le finanze sul lastrico e la pressione fiscale alle stelle, i baroni decisero di insorgere e costrinsero Giovanni, il 15 giugno, a concedere la Magna Charta Libertatum, un documento la cui importanza, forse, è stata eccessivamente enfatizzata, ma che, per l’epoca fu una novità istituzionale e giuridica di rilievo. In questa sorta di costituzione, articolata in 60 capitoli e firmata anche dal vescovo Langton – che aveva sostenuto i baroni – venivano riconosciute e garantite le libertà fondamentali dei nobili e dei sudditi di condizione libera – non dei servi – dei borghi, dei porti e delle città del regno. Da quel momento, in Inghilterra, nessun uomo libero avrebbe potuto essere sottoposto alla privazione della libertà personale – privilegio dell’Habeas corpus –, se non in esecuzione di una sentenza emanata da un tribunale composto da suoi «pari», né tantomeno a imposte arbitrarie. Inoltre, la Charta istituiva un consiglio di 25 baroni che avrebbero dovuto permanentemente vigilare sull’applicazione del documento e coadiuvare il re nel governo del regno. Innocenzo III, in quanto signore feudale dell’Inghilterra, non accettò la Magna Charta, estorta dai baroni al suo vassallo Giovanni, e cosí, nel 1216, ordinò a Filippo II Augusto di invadere l’Inghilterra. Il re di Francia inviò nell’isola il Delfino, il futuro Luigi VIII, che fu però sconfitto dai baroni e costretto a rientrare in Francia. Giovanni morí nello stesso anno e gli successe il figlio, Enrico III (1216-1272), che, ancora troppo giovane, fu sottoposto alla reggenza di un consiglio di baroni fino al 1236, quando venne dichiarato maggiorenne e sposò Eleonora di Provenza
(† 1291). In quel periodo, le sorti del regno furono nelle mani di esperti amministratori come Guglielmo Marshall († 1219), conte di Pembroke e uno dei piú famosi cavalieri d’Europa, già al servizio di Eleonora d’Aquitania, e Pietro de Roches († 1238), vescovo di Winchester. Tuttavia, quando Enrico assunse in prima persona il potere, tentò di gestirlo in totale autonomia dai baroni e in aperta violazione della Magna Charta, che, sebbene non revocata, fu palesemente disattesa. Inoltre, il re concesse molti incarichi e posti di responsabilità a personale amministrativo di origine guascona e provenzale – che facevano parte del seguito della moglie – irritando non poco i baroni. Questo comportamento autoritario, unito alle disfatte di Saintes e Taillebourg, subite nel 1242 contro la Francia, spinsero i baroni ad agire contro il re sotto la guida di Simone V di Montfort, conte di Leicester. Simone era un nobile di origine francese – ma titolare di molti feudi in Inghilterra – cognato di Enrico III e figlio di Simone IV di Montfort († 1218), capo della «crociata» contro i Catari. Nel 1258 e nel 1259, Enrico fu costretto dai baroni a emanare le Provisions (Disposizioni) of Oxford e Winchester, in cui, richiamando la Magna Charta, ripristinava nelle sue funzioni il consiglio dei 25 baroni, presieduto da Montfort, affinché controllasse l’operato del sovrano. Il papa Urbano IV (1261-1264), però, sconfessò l’operato di Enrico e abolí i provvedimenti, appoggiato anche dal re di Francia, Luigi IX, che minacciò di invadere l’Inghilterra e, cosí, esplose nuovamente la ribellione dei baroni che, guidati da Montfort, sconfissero il sovrano a Lewes, nel 1264, costringendo la regina Eleonora e i suoi consiglieri a fuggire in Francia. Poco dopo, Enrico fu fatto prigioniero e in Inghilterra fu imposta la «dittatura» dei baroni, presieduta dal Montfort. L’anno successivo, il figlio di Enrico III, Edoardo, riuscí a fuggire di prigione e, arruolato un esercito, sconfisse e uccise Montfort a Evesham, ripristinando il padre nella pienezza delle sue funzioni. Nel 1266, con la pace di Kenilworth, fu riportato l’ordine nel regno, ma Enrico III dovette impegnarsi a osservare la Magna Charta e ad accettare il controllo del consiglio dei 25 baroni da cui, progressivamente, sarebbe scaturito il parlamento inglese. A Enrico è attribuito anche il rifacimento in chiave monumentale – e secondo le tendenze gotiche del tempo – dell’abbazia di Westminster, affidato all’architetto Enrico di Reims. Inoltre, proprio a partire dal suo regno, l’abbazia fu destinata non solo a luogo di incoronazione dei re d’Inghilterra, ma anche a mauGRANDI MONARCHIE
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soleo regio. Nessun supporto Enrico concesse al secondogenito Edmondo († 1296), conte di Lancaster, per prendere effettivo possesso del regno di Sicilia, a lui concesso da papa Innocenzo IV (1243-1254). A partire dal 1268, stanco e sfiduciato, il re lasciò la gestione del potere nelle mani del figlio Edoardo che, alla sua morte, fu pronto a raccoglierne la successione.
Apogeo e caduta
Nel 1272, alla morte di Enrico III, il principe Edoardo era in Oriente, per partecipare alla crociata. Con un viaggio fulmineo rientrò nel 1274 a Dover e, nello stesso anno, venne incoronato a Westminster. Edoardo I (1272-1307) è stato giustamente definito il «Napoleone» o il «Giustiniano» inglese. Animato da una ferrea volontà di conquista, organizzò subito una campagna per sottomettere il Galles che, nel 1282, dopo la sconfitta del principe del Gwynedd, Llywelyn ap Gruffydd (1246-1282) – che aveva riunificato il paese nel 1258 – fu definitivamente annesso all’Inghilterra. Nel 1301, Edoardo, figlio di Edoardo I, fu il primo degli eredi al trono a ricevere il titolo di principe del Galles. Edoardo I intervenne anche negli affari interni della Scozia dove, dopo la morte del re Alessandro III (1249-1286) – lontano discendente di Kenneth I MacAlpin – e della nipote ed erede al trono Margherita († 1290), si era verificata una grave crisi politica. Edoardo impose come re Giovanni Balliol († 1314), nobile normanno da tempo trapiantato in Scozia, ma quando Balliol, nel 1296, si ribellò e si alleò con la Francia – con cui l’Inghilterra era in guerra dal 1294, per il possesso della Guienna – gli Inglesi intervennero e, sconfitti gli Scozzesi a Dunbar, costrinsero Giovanni alla fuga. Il governo della Scozia fu assunto da un consiglio di reggenti, in cui emergevano William Wallace, figlio di un nobile scozzese, e Roberto Bruce, conte di Annandale e Carrick, di antiche origini normanne. Il primo assunse la guida della guerra di liberazione contro gli Inglesi, che, sconfitti a Stirling Bridge nel 1297, si rifecero l’anno dopo a Falkirk. Nel 1303, Wallace venne però catturato e giustiziato
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Nella pagina accanto, in alto stemma bordolese nel quale le mura di Bordeaux sono sormontate dai tre leoni passanti d’Inghilterra, segno del dominio di quest’ultima sulla Francia. Metà del XV sec. In basso, sulle due pagine pugnale con fodero di produzione siriana nel quale si combinano motivi islamici e cristiani. XII-XIII sec. Vaduz, Furusiyya Art Foundation.
due anni dopo e, nel 1306, Edoardo non riuscí a evitare che Roberto I Bruce (1306-1329) cingesse la corona di Scozia. La guerra con la Francia, invece, terminò nel 1303, senza modifiche territoriali e con le nozze tra Isabella († 1358), figlia di Filippo IV il Bello, ed Edoardo, l’erede inglese. A Edoardo I sono attribuite anche l’espulsione degli Ebrei dall’Inghilterra, nel 1290, e, nel 1295, la convocazione – al fine di reperire le risorse finanziarie necessarie per le sue guerre – del Model Parliament, primo Parlamento inglese in cui nobiltà e clero, ed esponenti delle città e dei borghi rurali, sedettero separati, in due camere distinte, antesignane delle future Camere dei Lord e dei Comuni. Nel 1307, morto Edoardo I, gli successe Edoardo II (1307-1327), il quale, vittima della propria inettitudine, si lasciò dominare dal favorito Piers Gaveston, conte di Cornovaglia, finché i baroni, nel 1312, non decisero di assassinarlo a Blacklow Hill. Guidati da Tommaso († 1321), conte di Lancaster, i baroni imposero la loro tutela al sovrano, ma ciò non migliorò le condizioni politiche del regno, soprattutto dopo la terribile disfatta subita dagli Scozzesi a Bannockburn, nel 1314, a cui seguí il riconoscimento della piena indipendenza della Scozia col trattato di Northampton, nel 1328. Edoardo II finí vittima della sua stessa famiglia: nel 1326, la moglie Isabella e il suo amante, Ruggero Mortimer, conte di March, lo esautorarono e lo imprigionarono nel castello di Berkeley, dove, l’anno successivo, lo fecero uccidere. Fu allora incoronato suo figlio, Edoardo III (1327-1377), che non tardò a sbarazzarsi della madre e del suo amante: nel 1330 esautorò il consiglio di reggenza, facendo uccidere Mortimer e imprigionare la madre fino alla morte. Preso il regno, Edoardo pose la candidatura al trono francese, in virtú della sua discendenza diretta – ma in linea femminile – da Filippo IV il Bello, e ciò fu una delle cause della Guerra dei Cent’anni. Re guerriero, Edoardo affidò soprattutto al figlio, il principe del Galles Edoardo di Woodstock, l’incarico di guidare le armate in-
glesi, che ottennero memorabili vittorie a Crécy e a Poitiers. L’Inghilterra conquistò vasti territori ed Edoardo di Woodstock – conosciuto anche come il Principe Nero, per il colore della sua armatura – fu nominato duca di Aquitania e fissò a Bordeaux la sua splendida corte.
L’arma vincente
Le vittorie in Francia furono favorite soprattutto dalla diversa composizione dell’esercito inglese – che fu totalmente riorganizzato – e dal suo diverso armamento, rispetto a quello francese, basato sull’utilizzo massiccio delle fanterie di lancieri e alabardieri, ma anche di balestrieri e di arcieri. Il noto «arco lungo» inglese, in legno di frassino – longbow – alto circa 2 m e con enorme potenza di lancio – 300 m circa – seminò la morte tra le fila nemiche, scompaginando le linee della cavalleria aristocratica, assieme ai nuovi ritrovati dell’artiglieria militare come bombarde, cannoni e colubrine, adoperati per la prima volta proprio a Crécy. La Francia non fu però il solo fronte militare che tenne impegnato Edoardo, poiché il re riprese la guerra con la Scozia, dove regnava Davide II Bruce (1329-1371), figlio di Roberto, contro il quale il re inglese sostenne il pretendente Edoardo Balliol († 1367), figlio di Giovanni. La Scozia sprofondò nella guerra civile tra le fazioni che sostenevano i due pretendenti, finché, nel 1356, Edoardo abdicò definitivamente, lasciando il trono a Bruce. Alla morte di Davide II, nel 1371, la corona passò al nipote, Roberto II Stuart (1371-1390), figlio del siniscalco di Scozia, Walter Fitzalan († 1326), detto appunto «The Steward» – «il Siniscalco» – e della sorella, Marjorie Bruce († 1316). Una nuova dinastia si insediava cosí alla guida della Scozia e, nel 1603, avrebbe ottenuto anche la corona d’Inghilterra, unendo i due regni. Edoardo III, nel 1348, fondò anche l’Ordine della Giarrettiera –
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Inghilterra
In alto una delle quattro copie conformi sopravvissute della Magna Charta, promulgata da Giovanni d’Inghilterra nel 1215, con la quale si ponevano limiti al potere del sovrano. XIII sec. Londra, British Library. Nella pagina accanto versi dedicati a Giovanni d’Inghilterra, che condannano la sua opera di governo: nell’illustrazione, il sovrano sormonta cinque corone che simboleggiano i suoi figli sopravvissuti, da un’edizione dei Verses on the kings of England to Henry VI, opera attribuita al poeta e monaco benedettino John Lydgate. XV sec. Londra, British Library.
cosí chiamato dalla sua insegna, cioè una giarrettiera di velluto blu con fibbia d’oro – una congregazione di cavalieri composta da 24 baroni, che aveva l’obiettivo di coagulare, intorno al sovrano, nella pratica degli ideali cavallereschi – in un tempo in cui si avviavano a scomparire – il fior fiore della nobiltà per cementarne la fedeltà alla corona.
Ribellarsi contro il fisco e il... clero
La parte finale del regno di Edoardo fu funestata dalla peste, che divampò in Inghilterra, e dalla morte della moglie, Filippa di Hainaut († 1369), ragion per cui l’amante del re, Alice Perrers († 1400), acquisí sempre maggiore influenza a corte, ma ciò non impedí al sovrano di curare il completamento dell’abbazia di Westminster, affidandone l’esecuzione agli architetti Enrico Yevele ed Enrico di Gloucester. Nel 1376, morí anche il Principe Nero, naturale candidato al trono e, nel 1377, lo stesso Edoardo III. La corona passò a Riccardo II (1377-1399), figlio del Principe Nero e nipote di Edoardo, il cui regno fu caratterizzato dalla crisi politica ed economica che imperversava anche sul continente. La guerra con la Francia, infatti, assorbiva gran parte delle risorse finanziarie del regno,
pertanto il sovrano decise di istituire la poll tax, cioè un testatico gravante su ogni suddito in età da lavoro. L’impopolare iniziativa spinse i sudditi alla rivolta che, tuttavia, fu presto schiacciata. La ribellione fu guidata da un sacerdote, John Ball, poi impiccato nel 1381, seguace delle dottrine eretiche di un professore di teologia all’università di Oxford, John Wycliffe († 1384), che fu subito sollevato dall’insegnamento. Wycliffe condannava la corruzione del clero e del papa, di cui negava l’infallibilità, l’eccessiva ricchezza della Chiesa, di cui sognava un ritorno alla povertà delle origini, ma anche alcune pratiche cultuali del cattolicesimo come le indulgenze, il culto dei santi, il Purgatorio, il monopolio del clero nella lettura e interpretazione delle Scritture – di cui promosse la traduzione in inglese – anticipando molti temi che saranno oggetto della Riforma protestante. Tra i capi della rivolta è da ricordare Wat Tyler – anch’egli impiccato nel 1381 – ex soldato del Kent, sostenitore di idee a dir poco rivoluzionarie come l’abolizione della servitú della gleba, dei debiti e, ovviamente, della poll tax. Per il resto, il regno di Riccardo II fu caratterizzato dalla prepotenza dei baroni – i cosiddetti «Lord Appellanti» –, guidati dagli zii paterni del GRANDI MONARCHIE
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Il coro dell’abbazia di Westminster, uno dei simboli religiosi della Gran Bretagna, storico luogo di incoronazione dei sovrani inglesi. XI sec.
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Inghilterra
re, Giovanni di Gand († 1399), duca di Lancaster, Tommaso di Woodstock († 1397), duca di Gloucester, Edmondo di Langley († 1402), duca di York. Fino al 1384, i Lord Appellanti sottoposero Riccardo alla reggenza, ma quando il re dimostrò eccessiva indipendenza negli affari di governo, nel 1388, nel corso del cosiddetto «Parlamento spietato», lo costrinsero a licenziare i suoi ministri tra cui il cancelliere Guglielmo de la Pole († 1389), e assunsero di nuovo la direzione del Paese. Nel 1396, fu siglata una tregua con la Francia, rafforzata anche dal matrimonio tra Riccardo II e la figlia del re di Francia,
Isabella di Valois († 1409). Nel 1397, Riccardo decise di agire: fece arrestare e uccidere lo zio Tommaso di Woodstock e, l’anno successivo, bandí dal regno Enrico di Bolingbroke – conte di Derby e figlio di Giovanni di Gand – Tommaso Mowbray († 1399), duca di Norfolk, e Tommaso Arundel († 1414), cancelliere e arcivescovo di Canterbury. Nel 1399, alla morte di Giovanni di Gand, Riccardo dispose la confisca del suo patrimonio e allora il cugino, Enrico di Bolingbroke, in esilio in Francia, sbarcò in Inghilterra, depose Riccardo e si fece proclamare re dal parlamento. Imprigionato nel castello di
Pontefract, Riccardo morí l’anno successivo, in circostanze misteriose. Nel 1339, si insediava in Inghilterra la nuova dinastia dei duchi di Lancaster, ramo collaterale della dinastia plantageneta, che risaliva a Giovanni di Gand, figlio di Edoardo III. Il regno di Enrico IV (1399-1413) fu breve e difficile, perché il re dovette misurarsi con varie rivolte. Nel 1403, insorse il conte di Northumberland, Enrico Percy, ma fu sconfitto nella battaglia di Shrewsbury, in cui morí anche il figlio, Enrico II Percy Testacalda. Nel 1405, fu repressa una congiura ordita dal vescovo di York, Richard Le Scrope, partigiano di Riccardo II, che fu subito giustiziato e, nel 1408, la morte dello stesso conte di Northumberland, nella battaglia di Bramham Moor, rese la situazione politica meno incandescente. Anche il Galles insorse sotto la guida di un nobile locale, Owen Glendower († 1416), appoggiato dalla Francia, ma la rivolta fu presto domata. In Scozia, invece, morto Roberto III Stuart (1390-1406), Enrico IV appoggiò l’ascesa del figlio Giacomo I (1406-1437), che fu incoronato solo nel 1424, dopo la morte del reggente Roberto Stuart, duca d’Albany.
Sbarco in Normandia
Morto Enrico IV, gli successe il figlio Enrico di Monmouth (1413-1422), il quale, date le cattive condizioni di salute dal padre, già dal 1408 aveva assunto la reggenza. Enrico V, uno dei piú grandi sovrani inglesi, fu soprattutto un re guerriero e, riorganizzato l’esercito, ruppe la tregua con la Francia e riprese la guerra, ottenendo subito una grande vittoria ad Azincourt, nel 1415, a cui fece seguito l’occupazione di Parigi e di tutta la Normandia. Nel 1420, vittorioso su tutti i fronti, Enrico sottoscrisse la pace di Troyes con Carlo VI di Francia, sposò sua figlia, Caterina di Valois († 1437), e assunse la reggenza del regno, date le condizioni mentali del sovrano francese. Il Delfino venne diseredato e, secondo il trattato, la corona di Francia, morto Carlo, sarebbe passata al figlio di Enrico V e Caterina che, cosí, avrebbe riunito i due regni. Le cose, però, andarono diversamente. Il regno di Enrico V fu scosso anche dalle rivolte dei Lollardi, i seguaci delle dottrine di Wycliffe, il cui nome, probabilmente, derivava dall’olandese lollen – «cantare» – e faceva forse riferimento agli inni intonati nel corso delle loro liturgie. Nel 1401, il parlamento inglese aveva emanato lo statuto De heretico comburendo, con cui aveva disposto la persecuzione degli eretici, ed Enrico fu quindi libero di reprimere il dissenso religioso, facendo arrestare e giustiziare uno
dei capi piú influenti dei rivoltosi, sir John Oldcastle († 1417), meglio conosciuto come «Lord Cobham». A Enrico V – forse per effetto del clima nazionalista che imperversava in Inghilterra – si devono anche l’abbandono del francese come lingua ufficiale della corte e la sua sostituzione con l’inglese. Nel 1422, morto Enrico V, il trono passò al figlio, Enrico VI (1422-1471), che assunse anche il titolo di re di Francia. Sia per la giovane età, sia perché iniziò a dare segni di squilibrio mentale, Enrico fu sempre soggetto a tutela. La prima fase del suo regno, fu quindi dominata dal conflitto perenne tra il prozio, fratellastro di Enrico IV, Enrico Beaufort († 1447) – cardinale, vescovo di Winchester e cancelliere del regno – e gli zii paterni, Humphrey, duca di Gloucester, e Giovanni, duca di Bedford. Giovanni di Bedford assunse la reggenza sul continente e il compito di continuare la guerra contro la Francia fino alla sua morte, avvenuta nel 1435; Humphrey di Gloucester, invece, assunse la reggenza in Inghilterra e, entrato in contrasto con Enrico Beaufort, fu accusato di tradimento e giustiziato nel 1447. La reggenza passò a Guglielmo de la Pole, primo duca di Suffolk, che, nel 1450, dovette fronteggiare una grave ribellione, guidata dall’ex militare Jack Cade, che contrastava la corruzione nel governo e la pesante tassazione. Dopo aver preso Londra, i ribelli furono annientati e Cade giustiziato. Nel 1450, giustiziato de La Pole con l’accusa di tradimento, gli Inglesi dovettero subire la riconquista di tutti i territori francesi ancora nelle loro mani: la Guerra dei Cent’anni era perduta. Intanto, le condizioni mentali di Enrico VI peggioravano e, nel 1453, fu nominato dal parlamento «Lord protettore» del regno – una sorta di reggente – Riccardo († 1460), duca di York, uno dei piú temuti nobili inglesi e discendente, per parte di padre, del ramo plantageneto degli York, che risaliva a Edmondo di Langley, duca di York e quintogenito di Edoardo III. Nel 1455, quando Riccardo fu esautorato e il titolo di «Lord protettore» andò al suo avversario Edmondo Beaufort († 1455), duca di Somerset, esplose la guerra civile, nota come Guerra delle due Rose, cosí chiamata dai blasoni delle due casate che si affrontarono – York e Lancaster – rispettivamente una Rosa bianca e una rossa. Questa guerra, che infuriò per circa trent’anni, quasi ininterrottamente, sconvolse l’Inghilterra, che da essa uscí profondamente trasformata (vedi box alle pp. 122-126). Il regno di Enrico VII Tudor (1485-1509) segnò l’inizio della storia dell’Inghilterra moderna. Al GRANDI MONARCHIE
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fine di pacificare le fazioni che per lungo tempo si erano combattute, nel 1486 Enrico sposò Elisabetta di York († 1503), figlia di Edoardo IV. Grazie alla guida del suo cancelliere, John Morton († 1500), cardinale e arcivescovo di Canterbury, il sovrano potenziò la burocrazia del regno, creando nuovi organismi politici, come la Camera Stellata (1487), supremo tribunale dello Stato, competente per i casi di alto tradimento, e risolse i secolari conflitti con Francia, Scozia e Irlanda. Con la Francia, Enrico stipulò nel 1492 il trattato di Étaples che conservava Calais all’Inghilterra. Nel 1494, inviò in Irlanda, come governatore, Edoardo Poynings († 1521), per domare le rivolte e ridurre alla ragione la nobiltà gaelica. Il governatore promulgò gli Statuti di Poynings, che imponevano agli Irlandesi leggi e consuetudini anglosassoni, stabilendo il divieto di matrimonio con gli Inglesi, e vietando la convocazione del parlamento irlandese, senza autorizzazione del consiglio reale.
Rose di guerra
Una nuova nazione
Enrico VII cercò anche di salvaguardare i confini settentrionali del regno, appoggiando la ribellione della nobiltà scozzese contro il re Giacomo III Stuart (1460-1488) che, nel 1488, finí assassinato a Sauchieburn, mentre era in guerra con i baroni. Nel 1503, i rapporti con la Scozia migliorarono ed Enrico stipulò un accordo di pace, corroborato dalle nozze di sua figlia, Margherita Tudor († 1541), col nuovo re, Giacomo IV Stuart (1488-1513). In tal modo, fu rotta l’alleanza tra Francia e Scozia in funzione anti-inglese e si crearono le premesse perché, molti anni piú tardi, estintasi la dinastia Tudor (1603), un discendente di Enrico VII, il re di Scozia, Giacomo VI Stuart († 1625), potesse salire al trono inglese unendo, sotto un’unica corona, i due regni. Enrico fu anche interessato a tessere buoni rapporti con la Spagna dei «Re cattolici» e, perciò, nel 1501 diede in sposa al primogenito Arturo († 1502), principe del Galles, la loro figlia, Caterina († 1536). Morto Arturo nel 1502, Caterina andò in sposa al secondogenito Enrico VIII (1509-1547), promotore dello Scisma anglicano. Enrico VII fu anche promotore di importanti spedizioni marittime, a fini commerciali, in direzione del Nuovo Mondo, scoperto in quegli anni da Colombo. Tra il 1497 e il 1498, il re promosse i viaggi di Giovanni († 1498) e Sebastiano Caboto († 1557), in direzione del Nord America, che si concretizzarono nell’esplorazione dell’isola di Terranova e delle coste del Canada e del Labrador. (segue a p. 127) 122
GRANDI MONARCHIE
Privato della funzione di Lord protettore, Riccardo di York scatenò la guerra contro Edmondo Beaufort e la fazione che lo spalleggiava, guidata da Margherita d’Angiò († 1482), moglie di Enrico VI. Edmondo venne ucciso nella battaglia di Saint Albans, Riccardo riebbe il titolo di Lord protettore e la situazione politica sembrò aver trovato un equilibrio. Ma non fu cosí, perché, nel 1459, il conflitto riesplose. Gli York vinsero a Blore Heath, ma furono poco dopo battuti a Ludford Bridge. Intanto, uno dei piú brillanti uomini d’arme del tempo, che aveva a lungo combattuto in Francia, Riccardo Neville, conte di Warwick, passò dalla parte degli York, anche in virtú dei legami di parentela che lo univano a Riccardo di York. La moglie di Riccardo, Cecily Neville († 1495), era infatti la sua zia paterna. Il 1460 fu un anno importante: con la battaglia di Northampton, Riccardo di York sconfisse i Lancaster e riuscí a farsi riconoscere erede al trono da Enrico VI, ma, alla fine dello stesso anno, fu sconfitto e ucciso a Wakefield ed Enrico VI riottenne cosí i pieni poteri.
A destra miniatura raffigurante il sovrano Enrico VI con alcuni rappresentanti della Camera dei Lord e dei Comuni. 1446. Cambridge, King’s College. Nella pagina accanto ritratto di Edoardo IV d’Inghilterra, olio su tavola di artista anonimo. 1540 circa. Londra, National Portrait Gallery.
Nello stesso anno, anche il re di Scozia, Giacomo II Stuart (1437-1460), intervenne in Inghilterra, apparentemente a supporto dei Lancaster, ma fu sconfitto e ucciso a Roxburgh dagli yorkisti. Nel 1461, la fazione yorkista, guidata da Warwick e da Edoardo di York, figlio di Riccardo, sconfisse i Lancaster a Mortimer’s Cross e prese Londra, dove Edoardo fu incoronato re. Nel marzo dello stesso anno, i Lancaster furono duramente battuti a Towton e il loro partito si dissolse: Margherita d’Angiò fuggí in Francia, Enrico VI in Scozia, ma fu catturato nel 1465 e imprigionato nella Torre di Londra. Edoardo di York poté quindi iniziare a governare, ma la sua condotta causò subito un diffuso malcontento. L’opposizione al sovrano si coagulò intorno al conte di Warwick, che non approvava la politica antifrancese di Edoardo IV, che aveva
dato la sorella, Elisabetta di York († 1503), in moglie al duca di Borgogna, Carlo il Temerario, temibile avversario del re di Francia Luigi XI. Warwick, inoltre, disapprovava il matrimonio di Edoardo con Elisabetta Woodville († 1492) dei conti di Rivers, esponente della piccola nobiltà inglese, peraltro lancasteriana. E cosí, nel 1469, con l’appoggio del fratello del re, Giorgio, duca di Clarence – che era anche suo genero – organizzò un complotto, volto a riportare sul trono Enrico VI di Lancaster, che languiva nella Torre di Londra. Scoppiò una nuova guerra, ma Edoardo IV riuscí a sconfiggere gli avversari – dopo aver riportato nuovamente il duca di Clarence dalla sua parte – e li costrinse a fuggire in Francia. Nel 1470, con l’aiuto del re di Francia, Warwick sbarcò in Inghilterra e con lui c’erano anche
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Inghilterra
CASATE DEI LANCASTER E DEGLI YORK
Albero genealogico di Riccardo III Riccardo, duca di York 1411-1460
=
Cecilia Neville 1415-1495
Giorgio, = Isabella Riccardo III = Anna duca di 1452-1485 Neville Neville Clarence 1451-1476 1456-1485 1449-1478
Edoardo IV 1442-1483
= Elisabetta Woodville 1437-1492
Edoardo, conte di Warwick 1475-1499
Edoardo V 1470-1483?
Elisabetta = 1444-1503
Edmondo, conte di Rutland 1443-1460
Riccardo, duca di York 1473-1483?
Margherita, = Riccardo contessa Pole di Salisbury 1473-1541
Anna Neville 1456-1485
Edoardo, principe di Galles 1473?-1484
Elisabetta = Enrico VII di York 1455-1509 1466-1503 John De La Pole, Edmondo conte di Lincoln De La Pole, 1462/64-1487 duca di Suffolk 1471-1513
Riccardo De La Pole, m. 1525
Casata dei Tudor
Margherita = Carlo, duca di York di Borgogna 1446-1503 1433-1477 Arturo 1486-1502
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Enrico VIII 1491-1547
Margherita 1489-1541
Maria 1498-1533
Albero genealogico del casato degli York, che si oppose a quello dei Lancaster, dando avvio alla trentennale guerra delle Due Rose (1455-1485), che sancĂ la fine della dinastia dei Plantageneti.
La Guerra delle due Rose (1450-1485)
EBRIDI
Calais, ultimo possedimento inglese in Francia dopo la sconfitta nella Guerra dei Cent’anni (1453) Castelli dei Lancaster e loro vittorie Castelli dei York loro vittorie
SKYE
Spedizione di Enrico VII di Tudor e sconfitta degli York (1485)
REGNO DI SCOZIA
MULL
Situazione territoriale nel 1450 Principali aree d’influenza dei Lancaster (Rosa rossa) Principali aree d’influenza degli York (Rosa bianca) Domini del duca di Clarence
Edimburgo
ISLAY
Terre della Corona controllate dai Lancaster
DURHAM
ARRAN
Bamburgh
Confini di Contea (Inghilterra e Galles)
Warkworth REDESDALE NORTHUMBERLAND TYNEDALE
Belfast
Raby
Appleby
WESTMORLAND
MAN
Bolton Middleham
Dundalk
Lancaster
MARE D’IRLANDA
IRLANDA
Lumley
PALATINATO di DURHAM
CUMBERLAND
Ulster
Newcastle
Hexham (1464)
Carlsite
Richmond
YORKSHIRE
Masham
York
Spofforth Towton (1461)
PALATINATO di LANCASTER
ANGLESEY
Skelton
Cawood Wressel Wakefield (1460) Conisborough Sandal Tickhill
MARE DEL NORD
Rhuddlan PALATINATO Beaumaris di CHESTER DERBY NOTTINGHAM Bolingbroke Canway Chester Newark Tattershall Denbigh Ruthin Newcastle Belvoir Castle Rising CAERNARVON Tatbury Blore Heath LEICESTER Caister NORFOLK (1459) Bosworth Stokesay (1485) Ludford Mortimers BEDFORD Kenilworth Bridge Wingfield Cross CARDIGAN Warwick (1461) SUFFOLK Framilingham Northampton Tewkesbury Edgecote MARCHE PALATINATO (1460) (1471) (1469) DEL GALLES di PEMBROKE CAMBRIDGE St. Albans Skenfrith Kidwelly Abergavenny Milford Haven Pleshey (1461) OXFORD (1455) Caerphilly ESSEX Usk Pembroke Swansea Wallingford (1471) Barnet Ogmore Windsor Londra Cardiff WILTSHIRE Leeds Reigate Farnham SURREY Dover KENT SOMERSET
Dublino
Waterford
Tiverton Okehampton
CORNWALL
DEVON
Compton
Salisbury
DORSET
HA Corfe
E
HIR
S MP
SUSSEX
Portchester Steyning
Hurstmonce
Calais
Pevensey
Carisbrooke
LA MANICA
REGNO DI FRANCIA
GRANDI MONARCHIE
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GRANDI MONARCHIE
Inghilterra
Margherita d’Angiò e suo figlio, Edoardo, il principe del Galles. Edoardo di York fu allora costretto a riparare in Francia, mentre sul trono d’Inghilterra tornava a sedere Enrico VI, liberato dalla Torre di Londra. Riorganizzate le forze con l’aiuto del cognato, il duca di Borgogna, Edoardo IV sbarcò in Inghilterra nella primavera del 1471 e, nelle battaglie di Barnet e Tewkesbury, sconfisse e uccise Warwick ed Edoardo di Lancaster. Margherita d’Angiò fu catturata e imprigionata, mentre Enrico VI fu eliminato poco tempo dopo. Ucciso Enrico VI, Edoardo IV poté iniziare la seconda fase del suo regno con maggiore tranquillità. Tuttavia, la sua permanenza sul trono fu breve, perché morí nel 1483. In quegli anni, Edoardo regolò definitivamente il contenzioso con la Francia, stipulando, nel 1475, il trattato di Picquigny con Luigi XI, in base al quale rinunciava a ogni pretesa sul trono francese e a tutti i territori conquistati dai suoi predecessori, a eccezione di Calais. Inoltre, in cambio del pagamento di un riscatto sostanzioso, restituí la libertà a Margherita d’Angiò, parente del re di Francia. Nel 1478, la scoperta di un nuovo complotto spinse il re a far giustiziare il fratello, Giorgio, duca di Clarence e conte di Warwick, suscitando indignazione nel Paese. Edoardo trascorse i suoi ultimi anni disinteressandosi sempre di piú della gestione del governo, e dedicandosi ai piaceri, soprattutto in compagnia dell’amante, Jane Shore († 1527). Nel 1483, alla sua morte, gli successe Edoardo V, il figlio avuto da Elisabetta Woodville e che fu posto sotto la tutela dello zio paterno, Riccardo, duca di Gloucester, che assunse il titolo di Lord protettore. Ma Riccardo ambiva al trono e, dopo aver fatto trasferire nella Torre di Londra
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GRANDI MONARCHIE
il nipote e il fratello Riccardo, duca di York, li fece probabilmente uccidere e si fece re. Il colpo di Stato fu avallato dal parlamento sulla base del fatto – di cui Riccardo esibí le prove – che i due principi erano illegittimi e, quindi, Edoardo V non avrebbe potuto essere re. Secondo quanto asserí Riccardo di Gloucester, nel 1464, al momento delle nozze con Elisabetta Woodville, Edoardo IV sarebbe stato già vincolato da una «promessa di matrimonio» con Eleonora Talbot († 1468), vedova di sir Thomas Butler († 1461 circa), signore di Sudeley, e figlia di John Talbot († 1453), conte di Shrewsbury, e quindi, per il diritto canonico, le sue seconde nozze non sarebbero state valide. Il regno di Riccardo III di York fu però di breve durata. Dopo aver fatto rinchiudere Elisabetta Woodville in monastero e aver represso nel sangue la congiura del duca di Buckingam († 1483), nel 1485 Riccardo dovette affrontare una nuova ribellione. Questa volta, i ribelli erano guidati da Enrico Tudor, un nobile di origini gallesi – ma imparentato con i Lancaster – e che, da tempo, viveva in esilio in Bretagna. Enrico Tudor era figlio di Edmondo Tudor († 1456), conte di Richmond, un fratellastro di Enrico VI di Lancaster, di cui Enrico era nipote. Il nonno paterno di Enrico Tudor era un oscuro scudiero di origine gallese, Owen Tudor († 1461), che, alla morte di Enrico V di Lancaster, nel 1422, si sposò segretamente con la vedova, Caterina di Valois, generando Edmondo e Jasper Tudor († 1495). UNA DISCENDENZA PRESTIGIOSA La linea di discendenza materna di Enrico era altrettanto prestigiosa: sua madre era Margherita Beaufort († 1509), nipote del Lord protettore Edmondo Beaufort, duca di Somerset, morto nel 1455 nella battaglia di Saint Albans. I Beaufort erano imparentati con i Lancaster perché costituivano anch’essi un ramo laterale dei Plantageneti, che risaliva a Giovanni di Gand, duca di Lancaster e quartogenito di Edoardo III. Piú precisamente, i Beaufort discendevano da una relazione extramatrimoniale tra Giovanni di Gand e la dama di corte di origini fiamminghe Caterina Swynford († 1403), già moglie di lord Hugh Swynford († 1372). I figli naturali di Caterina Swynford e Giovanni di Gand – tra cui il cardinale Enrico Beaufort – furono legittimati da Riccardo II – ma esclusi da Enrico IV dalla successione al trono – e ottennero, in appannaggio, il castello di Beaufort, da cui prese poi nome la stirpe. Dopo la morte del padre e del nonno durante la guerra civile, in cui militarono al servizio dei Lancaster, per ovvie ragioni di sicurezza Enrico Tudor visse in esilio, assistito dallo zio paterno Jasper Tudor, conte di Pembroke, che si occupò della sua educazione. Poi, nel 1485, Enrico ritenne giunto il momento di rivendicare quanto gli spettava e sbarcò in Inghilterra. Il 22 agosto del 1485, Riccardo III fu vinto e ucciso nella battaglia di Bosworth Field e, cosí, dopo essere stato incoronato dall’arcivescovo di Canterbury, Tommaso Bourchier (1454-1486), Enrico VII Tudor poté iniziare a regnare.
fu catturato nel 1487, ma, dopo una breve prigionia, fu liberato e serví come paggio a corte fino alla morte, nel 1534. Warbeck, invece, fu catturato nel 1497 e giustiziato nel 1499. Gli effetti di un trentennio circa di guerra civile non furono pochi. La guerra dissanguò le principali famiglie dell’aristocrazia inglese, a partire dai Lancaster e dagli York, per ridiscendere, lungo la piramide sociale, ai De la Pole, ai Beaufort, ai Neville. L’aristocrazia inglese – di origine normanno-plantageneta o sassone – fu annientata non solo dal punto di vista biologico, ma anche economico-finanziario, tanto che buona parte di essa scomparve e i suoi feudi ingrossarono il demanio regio. Alla fine, la nobiltà feudale risultò cosí indebolita da non poter opporre alcuna resistenza seria al potere regale dei Tudor, che andò sviluppandosi, sempre piú, sulla strada del centralismo politico-burocratico. L’antica nobiltà feudale fu soppiantata dalla gentry di provincia, spesso imparentata con famiglie di estrazione borghese e cittadina, legate alle attività produttive e commerciali.
Una borghesia fedele al sovrano
In alto allegoria dell’Inghilterra sotto il dominio dei Tudor, con la rosa generata dall’unione dei simboli degli York e dei Lancaster, da un manoscritto inglese. 1516. Londra, British Library. Nella pagina accanto L’ultima preghiera dei figli del re Edoardo d’Inghilterra, olio su tela del pittore francese Paul Delaroche. 1852. Mosca, Museo Puskin.
Durante il regno di Enrico si verificarono due importanti tentativi di insurrezione che si ricollegavano alla passata guerra civile e che il sovrano riuscí a reprimere. I promotori delle rivolte, Lambert Simnel e Perkin Warbeck, si spacciarono, rispettivamente, per Edoardo († 1499), conte di Warwick, figlio di Giorgio di Clarence, e per Riccardo di York, uno dei «principi della Torre», presumibilmente fatto uccidere da Riccardo III. Dei due si sa molto poco: Simnel era quasi certamente inglese, mentre Warbeck aveva origini fiamminghe, essendo nato a Tournai. Essi cercarono di fare leva sul residuo partito yorkista e sul malumore che serpeggiava in Irlanda e nel Galles contro la politica fiscale dei Tudor. Ma entrambi fallirono. Lambert Simnel
In tal modo, come già in Francia, dopo la Guerra dei Cent’anni si posero le premesse per lo sviluppo di uno Stato fondato su un solido apparato burocratico e su un’aristocrazia funzionariale, spesso di origine borghese, ma fedele al sovrano, cui doveva tutto il suo prestigio e la sua ricchezza. Accanto alla figura del re, acquistò sempre maggiore importanza il ruolo del Parlamento, che ormai aveva assunto la sua articolazione definitiva in organismo bicamerale composto dalla Camera dei Lord, dove sedevano gli esponenti dell’aristocrazia laica ed ecclesiastica, e dalla Camera dei Comuni, occupata dai rappresentanti delle contee in cui il regno era ripartito, esponenti della piccola nobiltà e della borghesia delle città, designati dagli sceriffi. Favorendo la naturale estinzione di molte famiglie dell’alta nobiltà e il loro indebolimento finanziario, la guerra civile ebbe ricadute evidenti anche in ambito parlamentare, perché aumentò notevolmente il peso istituzionale della Camera dei Comuni, a discapito di quella dei Lord. In sede parlamentare, il potere contrattuale della gentry e dei proprietari terrieri di estrazione borghese aumentò quindi considerevolmente, a spese della grande nobiltà laica ed ecclesiastica. Ormai la libertà di movimento della Corona era limitata dal Parlamento e nessuna legge, imposta, trattato o dichiarazione di guerra poteva essere decisa dal re e dai suoi ministri, senza il consenso delle Camere. GRANDI MONARCHIE
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VO MEDIO E Dossier n. 37 (marzo/aprile 2020) Registrazione al Tribunale di Milano n. 233 dell’11/04/2007
Editore Timeline Publishing S.r.l. Via Calabria, 32 - 00187 Roma tel. 06 86932068 - e-mail: info@timelinepublishing.it Direttore responsabile Andreas M. Steiner a.m.steiner@timelinepublishing.it Redazione Stefano Mammini s.mammini@timelinepublishing.it Lorella Cecilia (Ricerca iconografica) l.cecilia@timelinepublishing.it Impaginazione Alessia Pozzato Amministrazione amministrazione@timelinepublishing.it L’autore: Tommaso Indelli è assegnista di ricerca in storia medievale presso l’Università degli Studi di Salerno. Illustrazioni e immagini: Doc. red.: copertina (e p. 41) e pp. 6/7, 8, 11 (alto), 12/13, 14-15, 20-23, 30-32, 34, 37, 39-43, 46/47, 48, 60-62, 64 (basso), 66/67, 71, 72-79, 80/81, 88, 90, 95, 100-101, 104-106, 109, 114/117, 124 – Shutterstock: pp. 11 (basso), 24/25, 82/83, 84/85, 111, 112 – Mondadori Portfolio: p. 87; Album/Oronoz: pp. 16/17, 18, 26, 55; AKG Images: pp. 18/19, 29, 44/45, 50-54, 58/59, 81, 82, 94 (basso), 110, 113, 118-119, 127; Index/Heritage Images: pp. 26/27; Fine Art Images/ Heritage-Images: pp. 56, 64 (alto), 65, 86, 92/93, 102/103, 126; Art Media/HeritageImages: pp. 56/57; Album/Fine Art Images: p. 85; Erich Lessing/Album: p. 94 (alto); E&E Image Library/Heritage-Images: p. 97; Mauritius Images/Steve Vider: pp. 120/121; Ann Ronan Picture Library/Heritage-Images: p. 122; The Print Collector/HeritageImages: p. 123 – Bridgeman Images: pp. 45, 49 – Patrizia Ferrandes: cartine alle pp. 8/9, 10, 12, 19, 34/35, 63, 98/99, 107 – Cippigraphix: cartine alle pp. 38, 69, 89, 96, 125.
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