Archeo monografie n. 43, Giugno/Luglio 2021

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MUSEI ARCHEOLOGICI D’ITALIA

150 MUSEI ARCHEOLOGICI D’ITALIA

Timeline Publishing srl - POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – AUT. N° 0702 PERIODICO ROC

AR G CH UI EO DA LO AI GI M CI US D’ EI ITA LIA

ARCHEO MONOGRAFIE

MONOGRAFIE

€ 7,90

N°43 Giugno/Luglio 2021 Rivista Bimestrale

IN EDICOLA IL 17 GIUGNO 2021



150 MUSEI ARCHEOLOGICI D’ITALIA di Giuseppe M. Della Fina

4. Presentazione

68. Centro

Andare per musei archeologici e scoprire l’Italia

Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo

10. Nord

Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria

Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna Una veduta della Galleria dei Re, allestita al piano terra del Museo Egizio di Torino.

120. Sud

150. Isole

Sicilia e Sardegna


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ANDARE PER MUSEI ARCHEOLOGICI E SCOPRIRE L’ITALIA

L

Una sala del Museo Archeologico di Calatia, a Maddaloni (Caserta), allestito nel Casino dei Duchi Carafa. Nel 2017 è stato insignito del Premio Museo dell’Anno da ICOM (International Council of Museums) Italia.

a parola museo non gode di buona fama e, nel linguaggio comune viene spesso utilizzata per indicare qualcosa di polveroso, di vecchio, di separato dalla vita del nostro tempo. Non si contano le stroncature, penso a quella dello scrittore inglese David Herbert Lawrence: «Musei, musei, musei, con gli oggetti manipolati come a lezione, per illustrare a dovere pericolanti teorie di archeologi, folli tentativi di sistemare e inserire in uno schema prefissato cose che, in sé e per sé, di ordine non ne hanno alcuno». O a quella di un archeologo, Mario Bizzarri (1914-1969), che pure vi ha lavorato a lungo: «I musei “vivi” mi piacciono, non questi ordinati cimiteri dei quali siamo i diligenti becchini. L’oggetto “catturato” e messo dietro il vetro mi dà una profonda malinconia e un vago senso di colpa». Potrei continuare a lungo, ma mi fermo qui. Ho trascorso gran parte della mia vita professionale nei musei e su tali giudizi ho riflettuto a lungo. Proprio per il fatto che vi ho lavorato, insieme a persone con competenze e ruoli diversi, non mi è sembrato che fossero separati dal presente: ne faceva parte, ma posso capire le obiezioni. Comprendo le critiche che segnalano l’importanza di non estrapolare un oggetto o un’opera d’arte dal proprio contesto, dal luogo per il quale sono stati progettati, o dove sono stati utilizzati. Resta il fatto che tali contesti – nello scorrere del tempo – sono stati spesso distrutti o, comunque, sono andati perduti e allora il museo diviene il luogo dove oggetti e opere d’arte possono essere conservati, dove può essere offerta loro la possibilità di una nuova vita. Se saputi osservare, interpretare e narrare, oggetti e opere d’arte possono restituire, citando lo scrittore Gesualdo Bufalino, «il calore residuo delle esistenze che furono, le pedate furtive della storia minore, quasi sempre piú maestra d’ogni altra». Una sensibilità che si ritrova a pieno ancora in Orhan Pamuk, insignito nel 2006 del Premio Nobel per la letteratura. Ha detto lo scrittore: «Io amo i musei e non sono il solo a trovare che mi rendono piú felice ogni volta che li visito», e il motivo lo individua nel fatto che «i musei come i romanzi, possono raccontare la storia di un singolo individuo». Nello scrivere questo testo ho cercato di tenere presente il suggerimento, soffermandomi, per esempio, sui singoli uomini e donne che hanno voluto un museo, o lo hanno accompagnato nella crescita, oppure seguito da vicino per un certo numero di anni e spesso difeso. Il rischio di una separazione del museo dal proprio contesto non si può, comunque, sottovalutare: le mura che lo ospitano possono dividerlo dalla città, dal quartiere, dal paese, dal borgo in cui ha sede, dall’area archeologica che documenta. Occorre, allora, lasciare le sale e percorrere

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le vie, i vicoli, le piazze, raggiungere i siti archeologici di riferimento: le pareti degli edifici devono separare, ma non dividere. Nel museo non è conservato solo il nostro passato, come all’esterno non va collocato soltanto il presente. Storia e paesaggio, oggi e ieri, divengono vicini, intercambiabili, quasi sovrapponibili: è un’illusione – se si vuole – ma una piacevole illusione. Una piacevole illusione che invito ad assecondare mentre propongo un viaggio in Italia attraverso i suoi musei archeologici. Un viaggio che – di necessità – avrà uno sguardo privilegiato sul passato della penisola italiana, ma che non deve (e, in fondo, non può) sorvolare sulle altre epoche, né tralasciare la contemporaneità. Un itinerario che consentirà di misurarsi con la complessità storica e la diversità dei paesaggi italiani: dal Museo del ponte romano di Pont-Saint-Martin, in Valle d’Aosta, al Museo Archeologico Regionale Eoliano «Luigi Bernabò Brea» nell’isola di Lipari; dal Museo delle Palafitte di Fiavé, in Trentino-Alto Adige, al Museo Archeologico «Ferruccio Barreca» nell’isola sarda di Sant’Antioco. Sarà sufficiente avvicinarsi alle finestre dei singoli musei – quando non siano state nascoste alla vista per seguire qualche criterio museografico del momento – per osservare altre differenze: facciate di monumenti; abitazioni di epoche diverse in centri storici piú o meno vasti e piú o meno conservati; scorci su una campagna che sembra essere rimasta ferma nella storia, o sul mare. Difformità che si possono osservare nella stessa modalità di gestione: statale, o regionale, o provinciale, o comunale, oppure affidata a fondazioni, o privata e anche questo suggerisce indirettamente la realtà politica e sociale del nostro Paese. I musei archeologici italiani sono in un numero decisamente piú alto di quelli che potevo segnalare e quindi ho operato una selezione. Ho costruito, di conseguenza, una sorta di elenco con presenze che possono essere discusse, ed esclusioni che possono apparire non condivisibili. Ne sono consapevole, ma posso assicurare che ho altrettanta e piena consapevolezza dell’importanza dell’intera rete: dal museo di una sola stanza a quello che occupa piani interi di palazzi signorili. Da quello con centinaia di migliaia di visitatori in un anno, a quello con qualche decina: non tralasciate di visitarne alcuno quando sarete in viaggio, o avrete del tempo disponibile nella vostra città. Giuseppe M. Della Fina

DA LEGGERE Mario Bizzarri, Lettera a Carlo Poglayen (10 ottobre 1950), in Magica Etruria. Orvieto e Perugia, Siena 2014, p. 7; Gesualdo Bufalino, Museo d’ombre, Palermo 1982, p. 21; David H. Lawrence, Etruscan Places, London 1932 (Paesi Etruschi, Siena 1997), p. 158; Orhan Pamuk, The Innocence of Objects, New York 2012 (L’innocenza degli oggetti, Torino 2012), p. 54. Sui musei, oggi: Maria Vittoria Marini Clarelli, Che cos’è un museo, Roma 2021.

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Modelli di palafitta realizzati nel Museo delle Palafitte di Fiavé (Trento) per illustrare le diverse soluzioni architettoniche adottate in questo tipo di insediamenti.



L’Italia dei musei archeologici Valle d’Aosta

Aosta 12 Museo Archeologico Regionale Pont-Saint-Martin 13 Museo del Ponte Romano

Piemonte

Torino 14 Museo Egizio Arona 16 Civico Museo Archeologico «Khaled Al-Asaad» Asti 16 Complesso di San Pietro e Museo Archeologico Torino 17 Musei Reali Verbania 18 Museo del Paesaggio

Liguria

Genova 18 Museo di Archeologia Ligure Finale Ligure 19 Museo Archeologico del Finale La Spezia 20 Museo Archeologico «Ubaldo Formentini» Genova 21 Museo d’Arte Orientale «Edoardo Chiossone» Sanremo 22 Museo Civico Savona 22 Civico Museo Archeologico e della Città Sestri Levante 23 Museo Archeologico e della Città

Lombardia

Milano 24 Civico Museo Archeologico Milano 27 Fondazione Luigi RovatiMuseo di Arte Etrusca Brescia 28 Santa Giulia-Museo della Città Mantova 30 Museo Archeologico Nazionale Cividate Camuno 31 Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica Capo di Ponte 31

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Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica Bergamo 32 Civico Museo Archeologico Como 32 Civico Museo «Paolo Giovio»

Trentino-Alto Adige

Bolzano 34 Museo Archeologico dell’Alto Adige Trento 36 Castello del Buonconsiglio (raccolte archeologiche) Fiavé 38 Museo delle Palafitte Ledro 40 Museo delle Palafitte del Lago di Ledro Riva del Garda 41 Museo Alto Garda

Friuli-Venezia Giulia

Trieste 42 Museo d’Antichità «J.J. Winckelmann» Aquileia 44 Museo Archeologico Nazionale Cividale del Friuli 46 Museo Archeologico Nazionale Pordenone 47 Museo Archeologico del Friuli Occidentale Zuglio 47 Civico Museo Archeologico «Iulium Carnicum»

Veneto

Venezia 48 Museo Archeologico Nazionale Padova 50 Musei Civici agli EremitaniMuseo Archeologico Este 51 Museo Nazionale Atestino Adria 52 Museo Archeologico Nazionale Fratta Polesine 52 Museo Archeologico Nazionale Quarto di Altino 53 Museo Archeologico Nazionale di Altino Treviso 53 Musei Civici (sezione

archeologica)

Emilia-Romagna

Bologna 54 Museo Civico Archeologico Ferrara 55 Museo Archeologico Nazionale Ravenna 58 Classis Ravenna-Museo della Città e del Territorio Reggio Emilia 60 Musei Civici Cesena 62 Museo Archeologico Marzabotto 63 Museo Nazionale Etrusco «Pompeo Aria» Parma 64 Museo Archeologico Nazionale Piacenza 65 Musei di Palazzo FarneseSezione archeologica Rimini 66 Museo della CittàDomus del Chirurgo Sarsina 66 Museo Archeologico Nazionale Verucchio 67 Museo Civico Archeologico

Toscana

Firenze 70 Museo Archeologico Nazionale Cortona 73 Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona Grosseto 74 Museo Archeologico e d’Arte della Maremma Arezzo 75 Museo Archeologico Nazionale «Gaio Cilnio Mecenate» Cetona 76 Museo Civico per la Preistoria del Monte Cetona Chianciano Terme 76 Museo Civico Archeologico delle Acque Chiusi 78 Museo Nazionale Etrusco Colle di Val d’Elsa 79 Museo Archeologico «Ranuccio Bianchi Bandinelli» e i Musei della Valdelsa

Murlo 80 Museo Etrusco-Antiquarium di Poggio Civitate Pontremoli 80 Museo delle Statue Stele Lunigianesi Piombino 81 Museo Archeologico del territorio di Populonia Siena 82 Museo Archeologico Nazionale Vetulonia 82 Museo Civico Archeologico «Isidoro Falchi» Volterra 84 Museo etrusco «Guarnacci»

Umbria

Perugia 86 Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria Orvieto 87 Museo «Claudio Faina» Assisi 89 Foro Romano e Collezione Archeologica Foligno 89 Museo della Città Orvieto 90 Museo Archeologico Nazionale Spoleto 91 Museo Archeologico Nazionale Torgiano 92 Museo del Vino e Museo dell’Olivo e dell’Olio

Marche

Ancona 94 Museo Archeologico Nazionale delle Marche Pesaro 96 Museo Archeologico Oliveriano Arcevia 97 Museo Archeologico Statale Ascoli Piceno 97 Museo Archeologico Statale Cingoli 98 Museo Archeologico Statale Pergola 98 Museo dei «Bronzi dorati» e della Città San Severino Marche 99 Museo Civico Archeologico «Giuseppe Moretti»


Urbisaglia 99 Museo Archeologico Statale

Lazio

Roma 100 Museo Nazionale Romano Roma 102 Musei Capitolini Roma 103 Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia Roma 104 Museo delle Civiltà Roma 105 Museo di Scultura Antica «Giovanni Barracco» Roma 106 Centrale Montemartini Roma 106 Mercati di TraianoMuseo dei Fori Imperiali Tarquinia 108 Museo Archeologico Nazionale Bolsena 108 Museo Territoriale del Lago di Bolsena Cerveteri 109 Museo Nazionale Archeologico Cerite Civitavecchia 110 Museo Archeologico Nazionale Civita Castellana 110 Museo Archeologico dell’Agro Falisco Formello 111 Museo dell’Agro Veientano Palestrina 111 Museo Archeologico Nazionale Sperlonga 112 Museo Archeologico Nazionale Viterbo 112 Museo Nazionale Etrusco Vulci 113 Museo Archeologico Nazionale

Abruzzo

Chieti 114 Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo e Museo Archeologico Nazionale «La Civitella» Alfedena 116 Museo Civico aufidenate «Antonio De Nino»

Campli 116 Museo Archeologico Nazionale Lanciano 117 Polo Museale Santo SpiritoCivico Museo Archeologico Pescara 117 Museo delle Genti d’Abruzzo Sulmona 118 Polo Museale Civico della Santissima AnnunziataSezione Archeologica Teramo 118 Museo Civico Archeologico «Francesco Savini»

Molise

Campobasso 122 Museo Sannitico Sepino 123 Museo della città e del territorio di Sepino Isernia 124 Museo Nazionale del Paleolitico Venafro 124 Museo Archeologico

Campania

Napoli 126 Museo Archeologico Nazionale Capua 128 Museo Provinciale Campano Capaccio 128 Museo Archeologico Nazionale e Parco di Paestum Bacoli 130 Museo Archeologico dei Campi Flegrei Benevento 130 Museo del Sannio Maddaloni 131 Museo Archeologico di Calatia Nola 131 Museo Storico Archeologico Pontecagnano 132 Museo Archeologico Nazionale Salerno 132 Museo Archeologico Provinciale Teano 133 Museo Archeologico di Teanum Sidicinum

Puglia

Taranto 134 Museo Archeologico Nazionale

Altamura 135 Museo Archeologico Nazionale Brindisi 136 Museo Archeologico Provinciale «Francesco Ribezzo» Fasano 137 Museo Nazionale «Giuseppe Andreassi» e Parco Archeologico di Egnazia Ruvo di Puglia 137 Museo Archeologico Nazionale Jatta

Basilicata

Potenza 138 Museo Archeologico Nazionale «Dinu Adamesteanu» Potenza 139 Museo Archeologico Provinciale Venosa 139 Museo Archeologico Nazionale «Mario Torelli» Matera 140 Museo Archeologico Nazionale «Domenico Ridola» Muro Lucano 140 Museo Archeologico Nazionale Bernalda 141 Museo Archeologico Nazionale Melfi 142 Museo Archeologico Nazionale del Melfese «Massimo Pallottino» Policoro 142 Museo Archeologico Nazionale della Siritide

Calabria

Reggio Calabria 144 Museo Archeologico Nazionale Crotone 145 Museo Archeologico Nazionale e Parco Archeologico di Capo Colonna Catanzaro 146 Museo Archeologico e Numismatico Provinciale Cosenza 146 Museo dei Brettii e degli Enotri Gioia Tauro 147 Museo Archeologico Metauros Lamezia Terme 148 Museo Archeologico Lametino Locri 148

Museo e Parco Archeologico Nazionale

Sicilia

Palermo 152 Museo Archeologico Regionale «Antonino Salinas» Siracusa 153 Museo Archeologico Regionale «Paolo Orsi» Agrigento 154 Museo Archeologico Regionale «Pietro Griffo» Caltanissetta 154 Museo Archeologico Regionale Camarina 155 Museo Archeologico Regionale Catania 155 Museo Civico Castello Ursino Gela 156 Museo Archeologico Regionale Giardini Naxos 156 Museo Archeologico Lipari 157 Museo Archeologico Regionale Eoliano «Luigi Bernabò Brea» Marsala 157 Museo Archeologico Regionale Lilibeo Marsala-Baglio Anselmi Mazara del Vallo 158 Museo del Satiro Ragusa 158 Museo Archeologico Ibleo

Sardegna

Cagliari 159 Museo Archeologico Nazionale Sassari 159 Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico «Giovanni Antonio Sanna» Nuoro 160 Museo Archeologico Nazionale «Giorgio Asproni» Oristano 160 Antiquarium Arborense-Museo Archeologico «Giuseppe Pau» Porto Torres 161 Museo Archeologico Nazionale-Antiquarium Turritano Sant’Antioco 161 Museo Archeologico «Ferruccio Barreca»

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Musei d’Italia NORD

Bormio

Chiavenna

Bellinzona

Locarno

Domodossola

Gravedona

Morbegno

Capo di Ponte

Lugano

Verbania

Varallo

Arona

Aosta

Magenta

Novara

Bergamo

Cantù

Busto Arsizio

Ivrea

Monza Milano

Volpiano

Torino

Bussoleno Giaveno

Moncalieri

Pinerolo

Asti

Tortona

Racconigi Bra

Alba

Parma

Fornovo di Taro Langhirano Borgo Val di Taro

Genova

Mondovì

Arenzano

Savona Finale Ligure

Viadana

Salsomaggiore Terme

Ovada

Bene Vagienna

Borgo San Dalmazzo

Fiorenzuola d’Arda

Acqui Terme

Fossano

Cuneo

Cremona

Fidenza

Varzi

Novi Ligure

Saluzzo

Dronero

Codogno

Castel San Giovanni

Voghera

Alessandria

Carmagnola

Busca

Lodi

Ghedi Manerbio Castiglione delle Stiviere

Piacenza Valenza

Chieri

Piossasco

Desenzan del Garda

Chiari

Crema

Pavia

Casale Monferrato

Leini

Brescia

Treviglio

Vigevano

Vercelli

Lumezzane Salò

Trezzo sull’Adda

Cuorgnè Rivarolo Canavese

Cividate Camuno Lovere

Castelseprio

Biella

Donnas

Clusone

Lecco

Como

Borgomanero

Pont-Saint-Martin

Darfo Boario Terme

Luino

Varese

Tirano

Sondrio

Rapallo Chiavari

Sestri Levante Levanto

Aulla

Fivizzano

La Spezia Luni Mare

Albenga

Massa Imperia Ventimiglia

Sanremo

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Camaiore

Mar Tirreno

Viareggio

Lucca Pisa


Brunico/Bruneck Merano/Meran

Bressanone/Brixen

Lana

Cortina d’Ampezzo

Bolzano/Bolzen

Zuglio Tolmezzo

Laives/Leifers Predazzo Mezzolombardo

Gemona

Paneveggio Maniago

Belluno

Trento

Tione di Trento

Pergine Valsugana

Fiavè Riva del Garda Rovereto Ledro

Conegliano

Asiago Bassano del Grappa

Riva del Garda

Treviso

Thiene

Valdagno

no a

Verona

Padova Abano Terme

Mantova

Ostiglia Suzzara

Chioggia

Rovigo Fratta Polesine

Mirandola

Ferrara

Adria Porto Viro

Codigoro

Correggio

Reggio Emilia

Porto Tolle

Copparo

Carpi

Comacchio

Modena

San Giovanni in Persiceto

Montale Sassuolo

Bologna

Argenta

Medicina Lugo

Pavullo nel Frignano

Imola Faenza

Marzabotto

Ravenna Russi

Classe

Cesena

Prato

Firenze Empoli

Pontassieve

Grado Lignano Sabbiadoro

Trieste Muggia

Lido di Jesolo

IL VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE COLLEZIONI DI ANTICHITÀ DEL NOSTRO PAESE COMINCIA IN VALLE D’AOSTA. È L’INIZIO DI UN PERCORSO AFFASCINANTE, NEL TEMPO E NELLO SPAZIO, SCANDITO DALLE TESTIMONIANZE DI UN ARTICOLATO MOSAICO DI POPOLI E CULTURE

Cesenatico

Verucchio Pistoia

Latisana

Cervia

Forlì

Borgo San Lorenzo

Monfalcone

Piove di Sacco

Poggio Rusco

Guastalla

Gorizia

Venezia

Este

Legnago

Aquileia

Caorle

Quarto di Altino

Arzignano

Villafranca di Verona

Oderzo San Donà di Piave

Castelfranco Veneto

Vicenza

Attimis

Palmanova

Azzano Decimo

Montebelluna

Schio

Tarcento

Udine Spilimbergo Vittorio Cividale del Friuli Veneto Pordenone Codroipo

Sedico

Feltre

San Daniele del Friuli

Sarsina

Mare Adriatico

Rimini Pesaro

San Piero in Bagno

Fano Urbino

Senigallia

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VALLE D’AOSTA VALLE D’AOSTA

Aosta, Museo Archeologico Regionale

D

a stadio romano a museo: l’edificio noto come ex caserma Challant, ma già convento delle Visitandine voluto dal marchese Pierre-Philibert Roncas nel 1633, ospita oggi le raccolte archeologiche regionali. Esso insiste su possenti strutture murarie, nelle quali, grazie a recenti campagne di scavo, sono stati riconosciuti i resti di uno stadio che aveva dimensioni ragguardevoli e venne costruito nella seconda metà del I secolo d.C. nell’ambito di un rinnovamento in senso monumentale di Augusta Praetoria, il nome della città di Aosta in epoca romana. Il percorso espositivo è stato rinnovato di recente e dotato di supporti multimediali interattivi. Inoltre diverse vetrine sono state progettate in maniera tale da prevedere cassetti utilizzabili dagli utenti piú giovani per scopi didattici. In apertura,

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l’attenzione viene riservata all’illustrazione delle vicende che hanno portato alla formazione del museo e al ruolo svolto dal canonico Justin Boson, primo direttore a partire dal 1929, cosí come al collezionismo di antichità nella regione. Sempre in apertura sono posizionate alcune stele antropomorfe ritrovate nel sito archeologico di Saint-Martin-de-Corléans, tra le testimonianze piú significative del museo. A seguire sono posizionate le sale dedicate alla fase romana, con un’attenzione particolare per le vicende di Augusta Praetoria. In tale contesto vengono approfondite singole tematiche, come i rituali funerari, con la ricostruzione, per

A sinistra la facciata dell’ex caserma Challant, sede del Museo Archeologico Regionale di Aosta. In basso, sulle due pagine i resti delle mura di cinta visibili nel sottosuolo del MAR.


Pont-Saint-Martin, Museo del Ponte Romano

P esempio, del letto funerario rinvenuto nella necropoli di San Rocco; o i culti con l’esposizione, tra l’altro, di un busto in argento sbalzato di Giove Graio rinvenuto sul Colle del Piccolo San Bernardo. Degno di nota è anche il balteo bronzeo con scene di battaglia tra barbari e Romani. L’edilizia pubblica è testimoniata da elementi scultorei e affreschi, mentre la vita quotidiana è illustrata da suppellettile da tavola e da cucina e la ricostruzione di un thermopolium. Chiude il percorso l’età cristiana-medievale, con un ambone (VIII secolo), rinvenuto negli scavi della Cattedrale di Aosta, e alcuni corredi funerari databili tra il IV e il XIV secolo. MAR-MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE Aosta, piazza Roncas 12 Info www.regione.vda.it; www.lovevda.it

In alto uno dei reperti piú pregiati fra quelli appartenenti alle collezioni del Museo Archeologico Regionale di Aosta: il balteo, cioè un pettorale da cavallo, in bronzo, con scene di battaglia tra Romani e barbari. In basso il ponte romano di PontSaint-Martin, che scavalca il torrente Lys.

ont-Saint-Martin deve il suo nome al grandioso ponte costruito dai Romani nel I secolo a.C.: la sua arcata, larga 35 m, è la piú ampia tra quelle della stessa epoca ancora esistenti in Europa. È alto 25 m e ancorato alla roccia da entrambi i lati: alla base sono ancora visibili gli alloggiamenti per le travi in legno dell’impalcatura che ne consentí la costruzione. Intorno al ponte è stato realizzato il museo, che ne illustra i tempi e i modi della realizzazione, i restauri che lo hanno interessato e i rischi che ha corso durante la sua storia millenaria. Spazio viene dato anche alla leggenda che lo vuole costruito dal diavolo in una sola notte: san Martino, vescovo di Tours, doveva tornare d’urgenza nella sua diocesi, ma si trovò bloccato dal torrente Lys in piena. Il diavolo allora gli propose di costruire un ponte in poche ore, chiedendo in cambio l’anima della prima persona che lo avrebbe attraversato. San Martino accettò la proposta indecente, ma la mattina seguente fece attraversare il ponte da un cagnolino, beffandolo.

MUSEO DEL PONTE ROMANO Pont-Saint-Martin Info www.comune.pontsaintmartin.ao.it; www.lovevda.it

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PIEMONTE PIEMONTE

Torino, Museo Egizio

«L

a strada per Menfi e Tebe passa da Torino»: cosí sentenziò Jean-François Champollion, il decifratore dei geroglifici. La sua considerazione fa comprendere appieno la rilevanza del Museo Egizio di Torino, che viene considerato la piú importante raccolta di antichità egizie al mondo dopo quella del Cairo. Una singola opera possiamo ritenere alla base della sua formazione: è la Mensa Isiaca, una tavola d’altare in stile egittizzante realizzata probabilmente a Roma per un tempio di Iside nel I secolo d.C. L’opera venne acquistata da Carlo Emanuele I di Savoia nel 1630 e, grazie all’interesse che riuscí a suscitare, orientò gli indirizzi collezionistici della famiglia regnante. Nel 1757, Carlo Emanuele III incaricò Vitaliano Donati di compiere un viaggio in Oriente e in

Egitto per acquistare oggetti antichi, mummie e manoscritti da esporre nel Museo della Regia Università, continuando a muoversi sulla linea degli interessi antiquari del suo antenato. Le opere acquistate, tra cui tre grandi statue, giunsero a Torino nel 1759. La raccolta di antichità egizie dei Savoia fece però il suo salto di qualità decisivo con l’acquisizione da parte di Carlo Felice della straordinaria collezione riunita da Bernardino Drovetti. Questi, di origine piemontese, aveva

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Qui sopra la Cappella di Maia, un pittore vissuto alla fine della XVIII dinastia (1539-1292 a.C.). Il piccolo sacello, faceva parte della tomba dell’artista, scoperta a Deir el-Medina nel 1905.


MUSEO EGIZIO Torino, via Accademia delle Scienze 6 Info https://museoegizio.it

In alto, a sinistra la Mensa Isiaca, una tavola in bronzo con altre leghe metalliche, forse proveniente dall’Iseo Campense di Roma. I sec. d.C. In alto, a destra la vetrina che documenta gli scavi condotti da Ernesto Schiaparelli nel villaggio di Deir el-Medina. A destra statua colossale del faraone Sethi II, dal tempio di Amon a Karnak, Tebe. 1202-1198 a.C. Nella pagina accanto, in basso, a sinistra particolare di una statua in granodiorite di Ramesse II in trono, dal tempio di Amon a Karnak, Tebe. 1279-1213 a.C.

seguito Napoleone Bonaparte in Egitto e successivamente era divenuto console di Francia nel Paese riuscendo a stringere rapporti con il vicerè Mohamed Alí. Ciò gli consentí di promuovere ricerche sul campo, con l’obiettivo di acquisire antichità, scontrandosi, peraltro, con Giovan Battista Belzoni, legato al mondo inglese. A Torino arrivarono 5268 reperti: 100 statue, 170 papiri, stele, sarcofagi, mummie, oggetti della vita quotidiana. Un ulteriore, significativo arricchimento si ebbe nel 1894, quando la direzione del museo fu affidata a Ernesto Schiaparelli, che promosse campagne di scavo in diversi siti archeologici dell’Egitto. L’ultima acquisizione rilevante del museo è stato il tempietto di Ellesija, donato dalla Repubblica Araba d’Egitto all’Italia per il supporto tecnico-scientifico fornito nel salvataggio dei monumenti nubiani a seguito della costruzione della diga di Assuan. Nel 2004, la cura della raccolta è stata affidata dallo Stato italiano alla Fondazione Museo delle Antichità Egizie, che ha promosso il riallestimento degli spazi espositivi, inaugurato nel 2015. Un intervento con il quale si è voluto andare incontro a un pubblico di visitatori sempre piú ampio e differenziato.

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SORANO

Asti, Complesso di San Pietro e Museo Archeologico

I

Arona, Civico Museo Archeologico Khaled Al-Asaad

O

spitato nella manica sinistra dell’ottocentesco Mercato Coperto nella centrale piazza San Graziano, il museo, inaugurato nel 1997, è stato intitolato all’archeologo siriano Khaled Al-Asaad, ucciso da un gruppo jihadista nel 2015. La raccolta si articola in cinque sezioni: età del Bronzo, cultura di Golasecca, età del Ferro, epoca romana, tarda antichità/Alto Medioevo. Nella prima sezione un interesse particolare rivestono i reperti recuperati nella stazione palafitticola dei Lagoni di Mercurago; nella seconda, sono da segnalare i corredi funerari da Castelletto Ticino e dall’area dei Lagoni. Per l’età del Ferro, spiccano i materiali provenienti dalla necropoli celta di Dormelletto, mentre nella sezione romana si possono vedere i corredi dalle necropoli di Arona e del territorio e si può anche ammirare un’interessante statuetta di matrona. Chiudono il percorso espositivo oggetti di uso comune (IV-VIII secolo d.C.), frutto di rinvenimenti casuali compiuti a Paruzzano.

CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO KHALED AL-ASAAD Arona (NO), piazza San Graziano 36 Info www.archeomuseo.it

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l complesso monumentale di San Pietro – che si compone di un palazzo edificato nel 1120 e ristrutturato nel Trecento, della chiesa di S. Pietro in Consavia, edificata nel 1467, e del chiostro dell’ospizio dei Pellegrini – è oggi sede del museo astigiano. Dal chiostro si accede agli spazi espostivi, che accolgono reperti rinvenuti localmente e altri provenienti dall’area etrusco-italica. La collezione comprende anche una sezione di paleontologia e una dedicata al mondo egizio. Reperti romani e altomedievali si possono invece vedere nel Museo Diocesano, che si trova presso il Complesso Episcopale della Cattedrale e custodisce, tra gli altri, antichi arredi liturgici in argento. I resti di una domus, databile nella seconda metà del I secolo d.C., sono invece conservati nel piano seminterrato di una casa per anziani in via Varrone 30, il cui triclinium è impreziosito da un pregevole pavimento mosaicato. COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN PIETRO E MUSEO ARCHEOLOGICO Asti, corso Vittorio Alfieri 2 Info www.fondazioneastimusei.it

In alto lo scheletro fossile della Balenottera di Valmontasca (Vigliano d’Asti). A sinistra una vetrina del Civico Museo Archeologico di Arona con materiali di epoca romana. In basso resti di una domus romana scoperti e musealizzati nel centro di Asti, al piano seminterrato di un edificio situato in via Varrone.


Torino, Musei Reali

I

Musei Reali sono situati nel cuore della città e, in unico sistema museale, riuniscono il Palazzo Reale, la Cappella della Sindone, i Giardini Reali, la Biblioteca e l’Armeria Reale, la Galleria Sabauda, le Sale Chiablese e il Museo Archeologico. Quest’ultimo è collocato nel piano sotterraneo della Manica Nuova, che accoglie la Galleria Sabauda, e nelle Orangerie. Risulta, inoltre, affacciato sull’area del teatro romano. Nato nel Cinquecento come raccolta dinastica dei Savoia, fu arricchito notevolmente dalla

A destra testa in bronzo doratoEtà augustea. Qui sotto particolare di una fascia in argento facente parte del Tesoro di Marengo. In basso la facciata della Galleria Sabauda, nella Manica Nuova del Palazzo Reale.

collezione egizia di Bernardino Drovetti, assumendo la denominazione di Museo di antichità greco-romane ed egizie nel 1832. Dopo che la raccolta di antichità egizie è stata scorporata (dando vita al Museo Egizio), ospita reperti archeologici di varie epoche e portati alla luce da scavi nel territorio piemontese, tra i quali si può segnalare il Tesoro di Marengo. MUSEI REALI Torino, piazzetta Reale 1 Info www.museireali.beniculturali.it

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PIEMONTE - LIGURIA LIGURIA

Genova, Museo di Archeologia Ligure

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Verbania, Museo del Paesaggio

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uello di Verbania è stato uno dei primi musei in Italia, se non il primo in assoluto, a essere intitolato, nel 1914 e con grande lungimiranza, al paesaggio. Trovò sede nel palazzo Viani Dugnani e, nei decenni successivi, le collezioni si sono ampliate notevolmente e spaziano sino all’arte contemporanea. Al suo interno comprende una sezione archeologica presentata nella sede distaccata di Ornavasso, presso il Palazzo Comunale. Il nucleo piú importante è costituito da corredi tombali del popolo dei Leponti, rinvenuti nel territorio del comune da Enrico Bianchetti in scavi condotti tra il 1890 e il 1893 e ripresi tra il 1948 e il 1950. I materiali sono databili tra la seconda metà del II secolo a.C. e la prima metà del I secolo a.C. La sezione archeologica, che accoglie anche un nucleo di reperti dalla necropoli daunia di Ascoli Satriano (Foggia) e dall’area falisca, giunti grazie a donazioni, si caratterizza per soluzioni espositive innovative: è, per esempio, disponibile un’audioguida che, attraverso un QRcode, propone il racconto dei reperti esposti attraverso la voce narrante dei loro antichi possessori. MUSEO DEL PAESAGGIO Verbania, via Ruga 44 Info www.museodelpaesaggio.it

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razie agli oltre 50 000 reperti delle sue collezioni, il museo propone un quadro dell’archeologia della Liguria che offre una sintesi esauriente delle vicende della regione nell’antichità. Sede della raccolta è la villa Durazzo-Pallavicini, nel quartiere di Pegli, donata al Comune di Genova dagli eredi dei Pallavicini, vincolandone l’uso a fini culturali. Lo sguardo del museo va molto indietro nel tempo e arriva a documentare la situazione regionale a partire da 80 000 anni fa sino alla piena romanizzazione. Il percorso espositivo prevede uno spazio significativo per le sepolture paleolitiche, una delle quali, risalente a 28 000 anni fa e scoperta nella Caverna delle Arene Candide, è nota come «Giovane Principe». La deposizione fu rinvenuta nel 1942 da Luigi Cardini (1898-1971), che ha avuto un ruolo importante nella formazione del museo, e Virginia, detta «Ginetta», Chiappella (1905-1988), nell’ambito delle ricerche dirette da Luigi Bernabò Brea (1910-1999). Le successive analisi di laboratorio hanno accertato che il defunto doveva essere un uomo di circa quindici anni, alto e robusto, morto per un trauma violento, forse durante una battuta di caccia. Il corredo funerario lo segnala come un personaggio di spicco all’interno della sua comunità e comprende un copricapo con conchiglie, ciondoli e

A sinistra, in alto e in basso corredi funebri provenienti da tombe dei Leponti scoperte a Ornavasso. I sec. a.C. In basso la sepoltura paleolitica scoperta nella Caverna delle Arene Candide e nota come «Giovane Principe». 28 000 anni fa circa.


Finale Ligure, Museo Archeologico del Finale

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l complesso conventuale di S. Caterina in Finalborgo fu fondato dai marchesi Del Carretto nel 1359 e officiato dai frati domenicani. Con la costituzione del Regno d’Italia venne trasformato in penitenziario, una In alto gruppo scultoreo del Cerbero. Prima età imperiale romana (I sec. a.C.I sec. d.C.). Scolpita in marmo apuano l’opera è stata ritrovata a Genova nella zona dell’attuale via Fieschi. A destra ricostruzione della deposizione del Giovane Principe delle Arene Candide, realizzata per il cortometraggio dedicato alla scoperta, visibile nel Museo Archeologico del Finale. In basso ricostruzione di una tomba ligure del tipo «a cassetta» scoperta a Savignone nel 1884. V sec. a.C.

bracciali di avorio di mammut, corna di alce, una lunga lama in selce. Altre testimonianze illustrano le prime comunità agricole e il successivo sviluppo della metallurgia. Per la piena epoca storica viene dato spazio al popolo dei Liguri e ai loro contatti commerciali e culturali con altre genti, fra queste gli Etruschi interessati alle rotte dell’alto Tirreno. Per l’età romana si possono osservare sculture, epigrafi, ritratti scoperti a Genova o in altre città romane della regione. Si segnala, in particolare, la Tavola di Polcevera: rinvenuta nel 1504, riporta il testo di un atto giuridico emesso dal Senato di Roma nel 117 a.C. per risolvere una controversia territoriale che interessava la regione a favore di Genova, piú vicina politicamente a Roma. Accoglie anche un nucleo di antichità egizie, con il sarcofago e la mummia del sacerdote Pasherienat. MUSEO DI ARCHEOLOGIA LIGURE Genova, Villa Durazzo-Pallavicini, via Ignazio Pallavicini 13 Info www.museidigenova.it

funzione che ha continuato a svolgere sino al 1965 e la visita del campanile consente di vedere le dodici celle di rigore. Dopo un lungo e impegnativo restauro architettonico, il complesso è stato trasformato in un polo culturale, al cui interno si trova il museo. Il percorso espositivo, dopo una presentazione (sala I) delle caratteristiche paesaggistiche, naturalistiche e storiche del Finalese, si snoda su otto sale ed è suddiviso per fasi cronologiche: Paleolitico, Neolitico, età dei

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LIGURIA

metalli, età romana, Medioevo. La sala X è riservata alle collezioni numismatiche, notevolmente arricchite dalla donazione della raccolta dello storico Giovanni Andrea Silla (1876-1954), costituita da oltre 1600 monete. Tra i numerosi reperti esposti si possono segnalare una serie di statuine femminili in terracotta, risalenti al Neolitico Medio (50004200 a.C.) e probabilmente da riferire a culti legati alla fertilità del terreno e alla fecondità delle greggi. E, ancora, vasi dell’età del Bronzo, ritrovati negli scavi effettuati presso la Grotta della Pollera negli anni Settanta del Novecento, e un elmo in bronzo appartenuto a un guerriero ligure del V secolo a.C. Nella sala VIII, dedicata alla fase romana, sono esposti i corredi funerari delle necropoli rurali di Isasco e di Perti, nonché una tegola ad alette con l’epigrafe funeraria graffita di Lucius Helvius, databile al 362 d.C., che rappresenta la piú antica attestazione della diffusione del cristianesimo nell’Italia nord-occidentale. Nella sala successiva, dedicata al Medioevo, l’attenzione può andare a quei reperti che documentano i rapporti del Finale con diverse aree del Mediterraneo. Esemplare, in tal senso, è il «reposadero de Tinaja», un oggetto riconducibile alla ritualità della casa nell’Andalusia islamica tra XII e XIII secolo.

A destra uno scorcio del Castello di San Giorgio, sede del Museo Archeologico «Ubaldo Formentini» di La Spezia. In basso l’allestimento dedicato al Giovane Principe della Caverna delle Arene Candide nella sala del Paleolitico Superiore nel Museo Archeologico del Finale.

La Spezia, Museo Archeologico «Ubaldo Formentini»

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l 1873 può essere considerata la data di fondazione del museo: in quell’anno, infatti, Cesare Podenzana donò la sua raccolta naturalistica. Nel volgere di appena tre mesi, si aggiunsero i reperti scoperti negli scavi dei bacini e delle darsene dell’Arsenale Militare, ma il salto di qualità avvenne tra il 1923 e il 1958, sotto la direzione di Ubaldo Formentini. Dal 2000 le raccolte sono ospitate nel Castello di San Giorgio. Il percorso espositivo offre oggi una lettura diacronica della storia del territorio e, al suo interno, spiccano – nella loro splendida essenzialità – statue stele della Lunigiana e i reperti

MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FINALE Finale Ligure Borgo (SV), Chiostri di Santa Caterina Info www.museoarcheologicodelfinale.it

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In basso iscrizione di L. Glauco Lucreziano con dedica a Nerone, Poppea e forse alla figlia Diva Claudia, dal teatro di Luni.

romani provenienti dalla colonia di Luni. Questi ultimi originariamente avevano fatto parte della raccolta riunita da Carlo Fabbricotti, un imprenditore appassionato di archeologia. Un nucleo di materiali egizi è giunto al museo grazie agli eredi di Giovanni Cappellini (1833-1922), una figura di primo piano dell’antropologia e della paletnologia italiana. Piú di recente (2004) il museo ha acquisito vasi di fabbricazione corinzia, attica, etrusca, apula e daunia donati da Mauro Manfredi.

quali le fasi precedenti al buddismo, la sua affermazione e il suo sviluppo, la civiltà dei samurai, l’evoluzione dell’arte nel periodo Edo (1600-1868) attraverso la presentazione di reperti archeologici, bronzi, monete, porcellane, sculture, suppellettili liturgiche buddiste, armi e armature, strumenti musicali, maschere teatrali, ma anche – verrebbe da dire inevitabilmente, considerando la sua attività – stampe policrome, pitture e libri illustrati. MUSEO D’ARTE ORIENTALE «EDOARDO CHIOSSONE» Genova, piazzale Giuseppe Mazzini 4 Info www.museidigenova.it

MUSEO ARCHEOLOGICO «UBALDO FORMENTINI» La Spezia, via XXVII Marzo Info http://museodelcastello.museilaspezia.it

Genova, Museo d’Arte Orientale «Edoardo Chiossone» A destra, dall’alto un’immagine dell’allestimento del Museo d’Arte Orientale «Edoardo Chiossone» di Genova e una statua del Buddha di produzione giapponese, databile al periodo Kamakura (1185-1333).

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l Museo «Edoardo Chiossone» occupa un posto particolare nel panorama italiano, poiché si tratta della prima collezione pubblica rivolta all’arte giapponese e cinese. La raccolta venne infatti presentata «in forma di pubblica esposizione» nel 1905, presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Edoardo Chiossone (1833-1898) era un incisore, che lavorò a Tokyo tra il 1875 e il 1891 e lí si appassionò all’arte giapponese e ai suoi confronti con quella dell’Asia orientale continentale. Il percorso espositivo tocca temi

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LIGURIA

Sanremo, Museo Civico

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ià residenza del Commissario genovese e antica sede del Comune, il seicentesco Palazzo Nota ospita il Museo Civico dal 2016. La raccolta si articola in tre sezioni distinte: storico-artistica, storica e archeologica. Quest’ultima si trova al primo piano e presenta

La facciata di Palazzo Nota, progettato da Pietro Antonio Corradi e oggi sede del Museo Civico di Sanremo.

reperti provenienti dal territorio di Sanremo e relativi a un arco cronologico molto ampio: dal Paleolitico sino alla fase romana. Nella prima sala si possono segnalare i reperti provenienti dalla Grotta di Madonna dell’Arma e dal giacimento di via San Francesco; nella seconda, si trovano i materiali provenienti dal sito di Pian del Re e dalle grotticelle sepolcrali eneolitiche della Valle Argentina. Vi si possono osservare, inoltre, i reperti recuperati nella necropoli a incinerazione di età romana di via dei Cappuccini a Sanremo. Nella sala successiva sono esposti i materiali rinvenuti negli insediamenti preromani di altura, che rimasero in vita anche in età romana e i resti delle ville romane del territorio, tra cui quella della Foce, che aveva dimensioni ragguardevoli e comprendeva un complesso produttivo agricolo.

MUSEO CIVICO Sanremo, Palazzo Nota, piazza Alberto Nota 2 Info www.comunedisanremo.it

Savona, Civico Museo Archeologico e della città

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ospitare il museo è la loggia del Castello Nuovo, all’interno del complesso monumentale del Priamar, la fortezza fatta costruire dalla Repubblica di Genova tra il 1542 e il 1544 per fronteggiare eventuali attacchi e, al contempo, per controllare la città di Savona sottomessa in maniera definitiva solo nel 1528. Il percorso espositivo, articolato su due piani, è arricchito dalla possibilità di osservare alcune aree di scavo, lasciate a vista, cosí da consentire al visitatore di compiere un viaggio indietro nel tempo, prima (anche molto prima) che la fortezza venisse edificata. In proposito, di notevole suggestione è la visita all’area della necropoli bizantina. Al pianterreno reperti

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Un settore della necropoli bizantina musealizzato e inserito nel percorso espositivo del Civico Museo Archeologico e della Città di Savona. Nella pagina accanto, in basso uno scorcio del Castello Nuovo, nella cui loggia è allestito il museo savonese.


Sestri Levante, Museo Archeologico e della Città

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alazzo Fascie rappresenta un polo culturale di eccellenza per la cittadina ligure, ospitando sia la Biblioteca Civica che il museo. In particolare, al terzo piano, ha trovato collocazione la sezione dedicata espressamente alla storia locale: accoglie materiali di età romana e medievale recuperati in scavi condotti a Sestri Levante, l’antica Segesta Tigulliorum menzionata nelle fonti latine. Vi si trovano anche reperti provenienti da scavi subacquei. Nelle sale a seguire si documenta, con testimonianze di varia natura (fonti di archivio, opere storicoartistiche, fotografie, ecc.) la storia del centro sino al Novecento. Il piano superiore ospita la sezione archeologica, ordinata cronologicamente dal Paleolitico sino al Medioevo. Vi si possono osservare i risultati di campagne di scavo e di prospezioni archeologiche effettuate nell’intero territorio del Tigullio e nelle valli del suo entroterra. Un settore comprende materiali provenienti da ricerche subacquee condotte prevalentemente a San

Due particolari dell’allestimento del Museo archeologico e della Città di Sestri Levante.

Michele di Pagana. Lungo il percorso sono presenti postazioni multimediali finalizzate alla didattica e alla divulgazione. MUSEO ARCHEOLOGICO E DELLA CITTÀ Sestri Levante, Palazzo Fascie, corso Colombo 50 Info www.musel.it

provenienti da collezioni si alternano ad altri di ritrovamento recente e, insieme, coprono un arco cronologico che dall’età protostorica giunge al periodo tardo-antico e altomedievale. La storia medievale e moderna della città è illustrata al primo piano, dove si possono osservare, in sequenza cronologica, le ceramiche prodotte localmente. Occorre ricordare che Savona fu uno dei centri di produzione piú importanti a partire dalla fine del XII secolo e lo fu per molto tempo. Una sezione è dedicata al complesso della chiesa e del convento di S. Domenico e al quartiere circostante. CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO E DELLA CITTÀ Savona, Palazzo della Loggia, Fortezza del Priamàr, corso Mazzini Info http://musa.savona.it

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SORANO

LOMBARDIA

Milano, Civico Museo Archeologico

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l museo è allestito nell’ex convento del Monastero Maggiore di S. Maurizio, fondato nell’VIII secolo d.C., e in un vicino edificio, in via Nirone, collegati tra loro. Esso si trova, inoltre, in una zona nella quale si conservano resti monumentali (tra cui le mura della Milano tardo-imperiale e la torre dei carceres del vicino circo romano) delle fasi piú antiche della città, visibili lungo il percorso espositivo. Interessanti sono le vicende della formazione della raccolta, legate all’Accademia di Brera e che presero avvio nel 1814. Il primo nucleo di antichità, riunito dal pittore Giuseppe Bossi, venne infatti acquistato per favorire lo studio dell’antico da parte degli allievi dell’Accademia. La collezione comprendeva reperti greci, etruschi, egizi, medievali e rinascimentali. Nel 1862, all’indomani dell’Unità d’Italia, si giunse all’istituzione del Regio Museo Patrio di Archeologia. Nel 1900, l’incremento della raccolta ne impose il trasferimento nel Castello Sforzesco, da dove, nel 1965, fu spostata di nuovo, per raggiungere la sede attuale, tranne le sezioni Preistoria e protostoria e Antichità

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Qui sopra la coppa in vetro nota come Diatreta Trivulzio, dal nome del suo primo proprietario. IV sec. d.C. In alto un tratto delle mura della Mediolanum romana, visibile nel cortile del Civico Museo Archeologico. Nella pagina accanto, in alto, a sinistra materiali longobardi provenienti da una necropoli rinvenuta tra Fornovo San Giovanni e Caravaggio (Bergamo).


In alto, a destra il magnifico piatto in argento nota come Patera di Parabiago. IV sec. d.C. A sinistra particolare dell’allestimento di una sala del museo dedicata alla storia di Mediolanum, la Milano di età romana.

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LOMBARDIA

egizie, ospitate ancora nelle Sale Viscontee del Castello. Nella prima figurano reperti dal Neolitico sino alla colonizzazione romana: largo spazio viene dato alla cultura di Golasecca, che raggiunse il suo apice nel V secolo a.C., e alla successiva cultura di La Tène. La sezione egizia accoglie, fra gli altri, i reperti provenienti dagli scavi dell’Università degli Studi di Milano nella regione del Fayum, negli anni 1930-1940. La

Qui sotto il corredo funebre della tomba «dell’atleta». I sec. a.C.-I sec. d.C. In basso il plastico con la posizione dei monumenti di epoca romana rispetto al tessuto urbano della città moderna.

sede principale del museo ospita la maggior parte delle sezioni, da quella dedicata alla Milano antica (dal V secolo a.C. al V secolo d.C.) a quella incentrata sulle antichità etrusche, che accoglie anche reperti provenienti dagli scavi condotti a Cerveteri dalla Fondazione Lerici. Sono inoltre presenti una sezione greca, con opere dalla Grecia e dalla Magna Grecia e, nel cui ambito, si trovano i pezzi della collezione Lagioia provenienti da Ruvo di Puglia; e una dedicata all’Alto Medioevo con i corredi funerari longobardi di Trezzo sull’Adda. Il quadro si completa con le sezioni dedicate alla città di Cesarea Marittima, sulla costa di Israele, scavata nei primi anni Sessanta da una missione italiana diretta da Antonio Frova, e all’arte del Gandhara. CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO Milano, corso Magenta 15 Info www.museoarcheologicomilano.it

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A sinistra rendering dell’allestimento del Museo di Arte Etrusca in corso di realizzazione a Milano. A destra il bronzo di un guerriero, noto come «Guerriero Cernuschi», scelto come simbolo del museo della Fondazione Rovati. In basso rendering dell’esterno del museo, che ha sede nel Palazzo Bocconi-RizzoliCarraro.

Milano, Fondazione Luigi Rovati, Museo di Arte Etrusca

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n una rassegna dei musei archeologici italiani è sembrato interessante inserirne uno che sta nascendo. Il museo sarà dedicato all’arte etrusca e avrà sede all’interno del palazzo di corso Venezia 52, restaurato appositamente e situato nel pieno centro di

Milano. La scelta d’istituirlo si ricollega al collezionismo lombardo di antichità etrusche a partire dal Settecento. Il nucleo centrale è rappresentato da un’importante raccolta di vasi in bucchero e in impasto rientrata in Italia. Il progetto di allestimento non punta solo sull’esposizione dei singoli reperti, ma intende far rivivere le radici della prima Italia in modo moderno e dinamico facendo ricorso alle nuove tecnologie. Nelle intenzioni dei promotori, il museo della Fondazione Rovati vuol essere un centro di eccellenza internazionale nel campo della conservazione, dello studio e della valorizzazione dell’archeologia e un polo attrattivo per le altre realtà di ricerca e conservazione interessate al mondo etrusco, oltre a offrirsi come nuovo polo culturale per Milano e per i suoi cittadini. FONDAZIONE LUIGI ROVATI Milano, corso Venezia 52 Info http://fondazioneluigirovati.org

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LOMBARDIA

Brescia, Santa GiuliaMuseo della Città

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ede della raccolta è il complesso monastico di origine longobarda fatto costruire nel 753 d.C. dal re Desiderio e dalla moglie Ansa e dove una tradizione – ripresa da Alessandro Manzoni nell’Adelchi – vuole che si sia svolta la vicenda di Ermengarda. Gli spazi del museo si estendono all’importante area archeologica circostante, nella quale si conservano testimonianze significative di Brixia, la Brescia romana: il santuario di età repubblicana, il Capitolium, il teatro, le domus dell’Ortaglia. L’insieme è stato progettato come un museo aperto, in grado d’illustrare una storia secolare, in un dialogo continuo tra i reperti esposti, 11 000 circa e di epoche diverse, e le evidenze monumentali superstiti. Concentrando l’attenzione sul periodo romano, quando Brescia era una delle città piú importanti dell’Italia settentrionale, si può ammirare il Capitolium, dove si può entrare e osservare ancora i pavimenti originari realizzati con lastre in marmo di vario colore. Qui si veneravano – sull’esempio di Roma – Giove, Giunone e Minerva, ovvero la Triade Capitolina. Nella cella orientale dell’edificio sacro è stata collocata la statua bronzea della Vittoria Alata – l’opera piú nota del museo, nonché uno dei simboli della città – oggetto di un recente

intervento di restauro eseguito a cura dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Notevoli sono anche i resti del teatro romano, situato a ridosso del Capitolium e del Foro e raggiungibile percorrendo il decumano massimo. Venne costruito in età augustea e fu oggetto di ampliamenti e rifacimenti nei secoli successivi, restando in uso sino alla fine del IV-inizio del V secolo d.C. Sorprendente, per lo stato di conservazione, è il santuario repubblicano: sono visibili ancora i pavimenti mosaicati, gli affreschi delle pareti e alcuni arredi del culto. Dal museo, infine, si può accedere a due domus di età romana rimaste in uso, senza interruzioni, dal I al IV secolo d.C. MUSEO DI SANTA GIULIA Brescia, via Musei 81/b Info www.bresciamusei.com

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La Vittoria Alata, statua bronzea databile alla metà del I sec. d.C. L’opera venne rinvenuta nel 1826 in un ripostiglio di bronzi fra due muri del Capitolium e il colle Cidneo. A sinistra una veduta del Capitolium.



LOMBARDIA

Mantova, Museo Archeologico Nazionale

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l Complesso museale di Palazzo Ducale è una delle principali attrazioni di Mantova. Composto inizialmente da corpi di fabbrica indipendenti, divenne un unico insieme architettonico nella prima metà del Cinquecento. Dal 1328 e sino al 1707, fu la residenza dei Gonzaga, la famiglia legata, in maniera indissolubile, alla storia della città. Il Museo Archeologico Nazionale, riallestito nel 2016, è ospitato nell’edificio utilizzato già come teatro di corte e poi, dal 1896, quale mercato dei «bozzoli», ovvero dei bachi da seta. Accoglie reperti dalla città e dal territorio limitrofo riferibili a un arco cronologico che dalla preistoria giunge sino alle soglie del Medioevo. Negli spazi dedicati alle fasi piú antiche,

In alto l’edificio che, dopo essere stato teatro di corte e mercato dei bachi da seta, è oggi sede del museo. A sinistra, in alto la sepoltura di un uomo e una donna di circa vent’anni rinvenuta nel 2007 e ricomposta nel museo. 5500-5100 anni fa circa. A sinistra, in basso spada ad antenne in bronzo, piú volte piegata perché non potesse essere riutilizzata, da Ponte Nuovo (Gazzo Veronese). IX sec. a.C. In basso un particolare del nuovo allestimento del museo.

colpisce una sepoltura rinvenuta nel 2007 e databile fra 5500 e 5100 anni fa: si tratta di un uomo e di una donna, morti intorno ai vent’anni, che vennero deposti con un corredo funerario costituito da strumenti in selce, tra cui una lama lunga, usata come pugnale, e una punta di freccia. A una fase piú recente è ascrivibile una spada in bronzo rinvenuta in una deposizione maschile e che fu ripiegata piú volte: un gesto simbolico, che voleva legare per sempre l’oggetto al defunto e impedirne l’uso da parte di altri. Singolare e interessante è poi uno scarabeo che reca l’effigie del dio egizio Bes in lotta con un leone, rinvenuto in una casa nell’abitato etrusco del Forcello (Bagnolo San Vito). Sempre di ambito etrusco è un alfabetario, inciso sul fondo di una ciotola, dall’insediamento di Castellazzo della Garolda. Per la fase romana si può segnalare il monumento funerario della gens Caepia, fatto costruire da Lucio e Publio Caepio, figli di Lucio, per la madre Acuzia Massima, come ricorda l’iscrizione dedicatoria. I personaggi coinvolti sono testimoniati anche da tre statue: i figli sono raffigurati come togati a segnalare il loro rango, la madre è vestita con una tunica e indossa i suoi gioielli. Per la fase longobarda, degna di nota è la sepoltura di un bambino rinvenuta in via Rubens, del cui corredo fanno parte diversi oggetti in oro. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Mantova, Complesso museale di Palazzo Ducale, piazza Sordello 40 Info www.mantovaducale.beniculturali.it

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Cividate Camuno, Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica

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l nuovo Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica ha aperto le porte nel 2021, a 40 anni di distanza dalla storica inaugurazione del 1981. La missione del museo è quella di raccontare l’incontro fra Camuni e Romani, illustrando i cambiamenti e le novità insieme agli aspetti di sovrapposizione e continuità. Il museo è inoltre punto di partenza e di arrivo del percorso sulla Valle Camonica romana che a Cividate Camuno, l’antica Civitas

In alto Parco Archeologico di Spinera di Breno. L’ambiente principale del santuario romano di età flavia. A sinistra i resti di un sacello situato nei pressi dell’anfiteatro dell’antica Civitas Camunnorum.

Camunnorum, ha come altri punti di visita l’area del foro in via Palazzo e il Parco Archeologico del teatro e dell’anfiteatro e non lontano, attraverso un piacevole percorso ciclo-pedonale lungo fiume, il Parco Archeologico del Santuario di Minerva in località Spinera di Breno, immerso in una cornice paesaggistica unica e suggestiva. Il percorso si sviluppa come un racconto, che vuole guidare il visitatore alla scoperta della Valle Camonica romana, con momenti dedicati anche alla scoperta e al gioco, per stimolare la curiosità e la conoscenza, soprattutto dei più piccoli, attraverso il coinvolgimento attivo e il divertimento. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLA VALLE CAMONICA Cividate Camuno, piazzale Giacomini 2 Info www.museoarcheologico.valcamonicaromana. beniculturali.it/

Capo di Ponte, Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica

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naugurato nel 2014, il Museo Nazionale di Capo di Ponte (da non confondere con Museo Nazionale della Valle Camonica di Cividate Camuno!) documenta e introduce al ricco patrimonio di arte rupestre realizzato dalle antiche comunità locali, facente parte del vasto fenomeno del megalitismo europeo e inserito nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità già nel 1979. Il percorso espositivo è articolato in sezioni tematiche, che vanno dalle manifestazioni del sacro con i santuari megalitici dell’età del Rame, agli abitati, ai luoghi del lavoro, solo per fare

La sala dedicata alle manifestazioni del sacro, nella quale sono esposti stele e massi menhir istoriati provenienti dai santuari megalitici dell’età del Rame (IV-III mill. a.C.).

qualche esempio. Particolarmente suggestivi sono gli spazi che accolgono le numerose stele e i massi menhir istoriati (IV-III millennio a.C.) scoperti in diversi luoghi della valle: Cemmo, Bagnolo, Ossimo-Anvoia, Ossimo-Pat. MUSEO NAZIONALE DELLA PREISTORIA DELLA VALLE CAMONICA Capo di Ponte, via San Martino 7 Info www.mupre.capodiponte.beniculturali.it

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LOMBARDIA

Bergamo, Civico Museo Archeologico

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el 1561 un decreto del Maggior Consiglio della città istituí una «Raccolta di anticaglie» e il provvedimento segnò, di fatto, l’inizio della storia del museo. A quel primo nucleo si sono aggiunti i materiali rinvenuti successivamente e alcune raccolte private. Le collezioni furono riunite per la prima volta, negli anni Trenta del Novecento, all’interno della Rocca. Nel 1960, il museo venne trasferito nel trecentesco Palazzo Visconteo della Cittadella. Oggi la raccolta vive una nuova, profonda trasformazione, che sarà ultimata entro il 2022. Le antichità esposte documentano la storia della città dalle origini al periodo longobardo: si possono segnalare le numerose iscrizioni di carattere funerario, sacro e onorario, e sei sculture giunte attraverso il mercato antiquario e senza indicazione di provenienza. Tra queste spicca il ritratto di un personaggio romano, forse un condottiero, ma raffigurato come un uomo di lettere: si tratta di un’opera di altissima qualità formale, eseguita da un artista greco e datata alla prima metà del I secolo a.C. Il museo accoglie anche antichità egizie. CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO Bergamo, piazza Cittadella 9 Info www. museoarcheologicobergamo.it

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In basso statua di un personaggio maschile togato: raffigura probabilmente un membro della classe senatoriale romana. 70-50 a.C.

Como, Civico Museo «Paolo Giovio»

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l museo è allestito nello storico palazzo della famiglia Giovio, che assunse l’aspetto attuale nel Settecento con gli affreschi del piano nobile che rispecchiano in pieno i gusti di quel secolo. Porta il nome di un componente della famiglia che fu un esponente di primo piano della cultura – anche antiquaria – del Cinquecento. Fu inaugurato nella sede attuale nel 1897, anche se la prima esposizione di antichità, insieme a strumenti scientifici e a oggetti curiosi, si può fare risalire al 1837. L’incremento delle collezioni fu rapido, grazie a donazioni e agli esiti delle ricerche condotte in città e nel territorio. Oggi vi figurano la sezione dedicata alla preistoria e alla protostoria, con un’attenzione particolare per la cultura di Golasecca; la sezione romana, che documenta le fasi successive alla conquista da parte di Roma (196 a.C.), che videro, tra l’altro, l’insediamento di 5000 coloni per volontà di Giulio Cesare (Novum Comum); e le sale che illustrano le vicende collezionistiche, in cui sono esposte anche antichità egizie. In alto Palazzo Giovio, sede del Museo Archeologico «Paolo Giovio», a Como. Nella pagina accanto una sala della sezione romana. MUSEO ARCHEOLOGICO «PAOLO GIOVIO» Como, piazza Medaglie d’Oro 1 Info www.visitcomo.eu


In basso et utem net laut facient et quam fugiae officae ruptatemqui conseque vite es sae quis deris rehenis aspiciur sincte seque con nusam fugit et qui bernate laborest, ut ut aliquam rentus magnim ullorepra serro dolum

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TRENTINO-ALTO ADIGE TRENTINO-ALTO ADIGE

Bolzano, Museo Archeologico dell’Alto Adige

P

rotagonista assoluta del museo è la mummia di Ötzi. Essa venne scoperta casualmente da due alpinisti nel 1991 sul Giogo di Tisa (a 3210 m sul livello del mare), sotto la Punta di Finale, al confine tra l’Italia e l’Austria. Anzi, in un primo momento, si ritenne che fosse stata trovata in territorio austriaco e, solo dopo ulteriori verifiche, si accertò che il rinvenimento era avvenuto in territorio italiano. Le prime ricerche furono condotte dall’Università di Innsbruck, che eseguí scavi archeologici nel luogo del rinvenimento: venne recuperata prima la faretra con il suo contenuto; poi cordini, resti di pelliccia, corteccia di betulla e pezzi di un graticcio di erbe e, infine, un berretto di pelliccia. L’eccezionalità del ritrovamento è dovuta al fatto che ci si è trovati di fronte a un corpo mummificato naturalmente all’interno di un

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Sulle due pagine immagini relative alla mummia di un uomo, ribattezzato Ötzi, vissuto nell’età del Rame, intorno a 5300 anni fa e i cui resti furono trovati, eccezionalmente ben conservati, nel 1991. A destra, la cella frigorifera in cui è custodita la mummia; in basso, l’abito che l’uomo indossava al momento della morte.

ghiacciaio e, di conseguenza, con i tessuti, le ossa e gli organi interni ben conservati. Ciò ha consentito di eseguire molteplici indagini, grazie alle quali è stato possibile ricostruire le caratteristiche fisiche dell’uomo, che visse 5300 anni fa circa. Era alto 1,60 m e


doveva pesare intorno ai 50 chili, aveva inoltre capelli scuri di media lunghezza portati sciolti. Al momento della morte aveva circa 45 anni, un’età avanzata per l’epoca. Ciò spiega il motivo per il quale le radiografie hanno rivelato uno stato di usura significativo per le articolazioni: alle anche, alle spalle, alle ginocchia e alla colonna vertebrale. L’esame dei polmoni ha consentito di comprendere che aveva trascorso molto tempo intorno a focolari aperti. Si sono conservati anche i suoi abiti, fatti con pelle, pelliccia ed erbe intrecciate; per le cuciture erano stati utilizzati tendini animali, fili d’erba e rafia. Indossava, inoltre, gambali, ottenuti cucendo insieme strisce di pelliccia di capra domestica e di pecora, e scarpe con la tomaia in pelle di cervo. Il copricapo, recuperato in uno stato di conservazione eccezionale, era a forma di calotta e costituito da strisce di pelliccia d’orso cucite insieme. Quanto alle cause della morte, si pensò inizialmente a un incidente, ma poi una radiografia rivelò la presenza di una punta di freccia in selce conficcata nella spalla sinistra, provando che l’uomo venne ucciso: la freccia aveva lesionato l’arteria succlavia. L’uomo presenta anche una grave ferita alla testa dovuta alla caduta, o a un colpo inferto con violenza in quel frangente che gli rubò la vita. MUSEO ARCHEOLOGICO DELL’ALTO ADIGE Bolzano, via Museo 43 Info www.iceman.it

A destra la ricostruzione di Ötzi realizzata sulla base delle indicazioni ricavate dalle numerose analisi condotte sulla sua mummia. Qui sotto una delle asce che facevano parte del suo equipaggiamento.

A sinistra il copricapo di Ötzi: a forma di calotta, è costituito da varie strisce di pelliccia d’orso cucite insieme.


SORANO

Trento, Castello del Buonconsiglio-Raccolte archeologiche

I

l Castello del Buonconsiglio ha svolto la funzione di residenza dei principi vescovi di Trento dal Duecento sino alla fine del Settecento; al superamento del principato vescovile (1803), la struttura venne adibita a caserma. Nel 1924, dopo un restauro profondo, divenne un monumento da visitare e una sede museale. All’interno della Torre Aquila, all’estremità meridionale del complesso, merita una visita il Ciclo dei Mesi, considerato a ragione uno dei cicli pittorici a tema profano piú riusciti del tardo Medioevo. La sezione archeologica è ricca e comprende piú di 10 000 reperti, solo una parte dei quali esposti in maniera permanente. Essi provengono per lo piú da collezioni di «cultori di storia patria», che furono accesi sostenitori dell’italianità della zona: è il caso, per esempio, del conte Benedetto Giovanelli (1775-1846). Nel loro insieme, i materiali offrono la possibilità di seguire le vicende storiche del Trentino dalla preistoria all’Alto Medioevo. Le testimonianze piú antiche risalgono al Paleolitico Superiore e non mancano quelle riferibili al Neolitico e alla successiva età del Rame. L’età del Bronzo è illustrata dai ritrovamenti di Ledro.

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In alto uno scorcio del Castello del Buonconsiglio. In basso la Tavola Clesiana, una tavola in bronzo sulla quale è inciso il testo dell’editto dell’imperatore Claudio del 15 marzo del 46 d.C.

Vi è quindi spazio per oggetti riferibili ai Reti, il popolo che le fonti scritte di epoca romana collocano nel territorio alpino centro-orientale e che devono avere avuto contatti con il mondo etrusco, dato che, per la loro scrittura, utilizzarono un alfabeto di tipo nord-etrusco. Le aristocrazie locali presero, sempre dagli Etruschi, l’uso del consumo del vino nei banchetti; mentre per le armi, in particolare le spade e gli elmi, guardarono maggiormente verso i Celti. La presenza romana è ben documentata: ci si può soffermare sulla Tavola Clesiana, un’iscrizione su lastra di bronzo rinvenuta a Cles, in Val di Non, che ricorda un editto emanato dall’imperatore Claudio nel 46 d.C. La fase successiva alla destrutturazione del mondo romano è illustrata dai resti dei vari popoli che s’insediarono nella zona: eccezionale per la sua ricchezza è il corredo della «principessa» longobarda rinvenuto a Civezzano. L’inizio della diffusione della fede cristiana è testimoniato soprattutto da lucerne con simboli paleocristiani. CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO Trento, via Bernardo Clesio 5 Info www.buonconsiglio.it



SORANO

Fiavé, Museo delle Palafitte

I

l sito archeologico di Fiavé fu scoperto casualmente, alla metà dell’Ottocento, nell’area un tempo occupata dal lago Carera, durante i lavori per l’estrazione della torba. A rilevare per primo la presenza delle palafitte fu un sacerdote appassionato di scienze naturali, don Luigi Baroldi, e l’esistenza dell’insediamento fu poi segnalata dal grande archeologo roveretano Paolo Orsi. A quasi un secolo di distanza, nel 1969, iniziarono finalmente le ricerche sistematiche, dirette di Renato Perini. Le campagne di scavo proseguirono sino al 1976 e consentirono di scoprire abitati palafitticoli di epoche diverse nell’ambito dell’età del Bronzo (2200-1200

MUSEO DELLE PALAFITTE DI FIAVÉ Fiavé, via 3 Novembre 53 Info www.cultura.trentino.it (il sito contiene informazioni anche sul Museo Retico di Sanzeno e sul S.A.S.S., lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas di Trento)

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A sinistra un particolare dell’allestimento del museo, con la ricostruzione del settore di una palafitta, cosí come si presentava durante lo scavo.


Sulle due pagine Fiavé, località Carera. Pali riferibili all’insediamento che, tra il Neolitico e l’età del Bronzo, sorse sulle sponde del bacino lacustre.

a.C.), con qualche testimonianza sporadica di epoca ancora piú antica. I reperti recuperati sono in ceramica, in metallo e in legno: questi ultimi si presentano in uno stato di conservazione eccezionale, grazie alle particolari condizioni ambientali, che ne hanno impedito il degrado. Va segnalato, inoltre, che a Fiavé sono testimoniate palafitte in acqua, a ridosso della sponda dell’antico lago e sul terreno asciutto. Il Museo delle Palafitte, aperto al pubblico nel 2012, si trova a 1 km circa dal sito palafitticolo, inserito in un’area di grande valore naturalistico. Nella prima sala viene introdotto il tema delle palafitte e si racconta la scoperta avvenuta a Fiavé; nella seconda s’illustrano le successive campagne di scavo e si passa quindi alla

documentazione dell’area archeologica indagata. Nella quarta sala si possono vedere i reperti riportati alla luce, ordinati in base alla loro cronologia, e ci si può rendere conto dei diversi usi del legno: nel vasellame da mensa, nella tessitura, negli strumenti da lavoro per l’agricoltura e per l’edilizia, nelle armi da caccia. Va segnalato che diversi reperti lignei sono stati rinvenuti ancora in fase di lavorazione. Nella sezione dedicata alla vita quotidiana del tempo, è ricostruita una palafitta e presentato un grande plastico con un villaggio palafitticolo. L’offerta museale è stata recentemente arricchita dall’inaugurazione, a poachi passi dal sito, del Parco Archeo Natura, che propone la ricostruzione a grandezza naturale di alcune capanne.

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SORANO

Ledro, Museo delle Palafitte del Lago di Ledro

L’

insediamento palafitticolo di Ledro è stato scoperto nell’autunno del 1929, quando il livello del lago omonimo venne abbassato per i lavori di costruzione di una centrale idroelettrica: apparve una distesa di oltre diecimila pali, che testimoniava l’importanza del sito. Il museo che racconta quel ritrovamento è stato allestito negli anni Settanta del Novecento e completamente rinnovato nel 2019. Il percorso espositivo comprende la ricostruzione di quattro palafitte, complete di arredi e suppellettili, allo scopo di offrire uno spaccato della vita quotidiana di quasi 4000 anni fa. I reperti restituiti dal lago di Ledro sono eccezionali: una canoa lunga piú di 5 m, in legno di abete; diademi, spilloni, lame per ascia e il pugnale definito «tipo Ledro», in bronzo. E ancora pezzi di tessuto in varie lavorazioni con l’aggiunta di semi nella trama, gomitoli, frammenti di reti.

In alto ricostruzioni a grandezza naturale di capanne del tipo di quelle utilizzate nel sito palafitticolo di Ledro. A destra il museo di Ledro propone numerose attività didattiche per il pubblico dei piú piccoli. MUSEO DELLE PALAFITTE DEL LAGO DI LEDRO Ledro, località Molina, via al Lago 1 Info www.palafitteledro.it

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Riva del Garda, Museo Alto Garda

L

a Rocca di Riva del Garda, affacciata sulle acque del lago, ospita il museo che costituisce una delle due sedi espositive del MAG insieme alla Galleria Civica «G. Segantini». Si articola in tre sezioni, e quella dedicata all’archeologia ripercorre la storia del territorio dal Paleolitico sino alla fase altomedievale. Tra i numerosi reperti esposti si segnalano le statue stele risalenti all’età del Rame (fine IV-III millennio a.C.), che raffigurano personaggi da identificare con membri di spicco della comunità, o con immagini di divinità. Spazio viene dato, inoltre, alla scoperta, sul Monte Altissimo, dello scheletro di un uomo con i suoi oggetti personali, che hanno permesso di datare la deposizione al V-IV secolo a.C.

Da segnalare, inoltre, i reperti riportati alla luce in un luogo di culto rinvenuto a Monte San Martino e frequentato a lungo: dal IV secolo a.C. all’età romana; e a una vasca in marmo di pregevole fattura, databile nella seconda metà del I secolo d.C. MUSEO ALTO GARDA Riva del Garda, piazza Cesare Battisti 3/A Info www.museoaltogarda.it

Due immagini dell’allestimento del museo, le cui collezioni comprendono materiali che spaziano dalle statue stele preistoriche (in alto) a materiali di epoca romana.

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FRIULI-VENEZIA GIULIA FRIULI-VENEZIA GIULIA

Trieste, Museo d’Antichità «J.J. Winckelmann»

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l procuratore civico Domenico Rossetti (1774-1842), il suo interesse per le antichità e la sua ammirazione per la figura di Johann Joachim Winckelmann sono all’origine del museo. Il grande storico dell’arte era stato ucciso, proprio a Trieste, nel 1768 e, anni piú tardi, a Rossetti sembrò che il nome della città giuliana fosse ancora offuscato da quella vicenda delittuosa e propose perciò di erigere un monumento in suo onore e di creare una raccolta di antichità. Da allora, il museo si è ampliato notevolmente e ospita oggi, tra l’altro, una collezione di reperti dell’antico Egitto composta da un migliaio di pezzi donati da alcuni triestini che, nell’Ottocento, avevano lavorato nel Paese dei faraoni. Notevole è la raccolta di reperti della preistoria e della protostoria, che provengono per la maggior parte dagli scavi condotti da Carlo Marchesetti (1850-1926). La sezione delle raccolte classiche consente di conoscere altri collezionisti triestini, i cui oggetti sono confluiti nel museo in tempi

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In alto il cenotafio in onore di Johann Joachim Winckelmann, situato nel Lapidario del museo.

diversi: i fratelli Francesco e Ferdinando Ostrogovich, che avevano acquistato vasi scoperti in Puglia e fatto eseguire campagne di scavo; Carlo D’Ottavio Fontana, che aveva finanziato scavi in Puglia, Calabria e Sicilia; Giuseppe Sartorio. Il museo ospita anche una collezione di antichità di Cipro, che coprono un arco cronologico compreso tra l’età del Bronzo


e il periodo romano. Uno spazio significativo, al pianterreno, è riservato alla fase romana, presentando reperti recuperati a Trieste, nel territorio limitrofo, o in aree diverse e giunti attraverso il commercio antiquario. Un acquisto particolarmente significativo fu, nel 1870, quello della collezione riunita dal farmacista Vincenzo Zandonari e composta da ben 25 500

In alto l’allestimento del Lapidario Tergestino, realizzato negli ambienti sotterranei del Bastione Lalio del Castello di San Giusto. A destra il prospetto del museo che si affaccia sull’Orto Lapidario. A sinistra, sulle due pagine sarcofago di Pa-di-Amon, che fu sacerdote del dio Khonsu, produzione tebana. XXI dinastia (1070-945 a.C.).

reperti della vicina Aquileia. Notevole è, inoltre, la raccolta numismatica. Il museo si è arricchito nel 2002 della donazione di una collezione di antichità maya (databili tra il 600 e il 1000 d.C.). Nel vicino Castello di San Giusto ha sede il Lapidario Tergestino, che ospita reperti provenienti dagli edifici sacri, dalle porte, dal teatro e dalle necropoli di Tergeste, che era il nome romano della città. MUSEO D’ANTICHITÀ «J.J. WINCKELMANN» Trieste, piazza della Cattedrale 1, via della Cattedrale 15 Info https://museoantichitawinckelmann.it/

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FRIULI-VENEZIA GIULIA

Aquileia, Museo Archeologico Nazionale

I

l poeta latino Ausonio (attivo nel IV secolo d.C.) ha celebrato Aquileia nell’opera Ordo urbium nobilium, ricordandola tra i principali centri dell’impero romano: «Sarai annoverata nona tra le città illustri, o Aquileia, colonia italica, di fronte ai monti illirici, celeberrima per le tue mura e per il tuo porto». Un’importanza politica ed economica che è ben illustrata nel Museo Archeologico Nazionale. Il nuovo allestimento, curato da Marta Novello, ha superato il tradizionale ordinamento tipologico e ha messo la città antica al centro dell’interesse del visitatore. Ne scaturisce un percorso espositivo che, di fatto, è il racconto delle vicende complesse di una città di frontiera, narrate attraverso ciò che la ricerca archeologica ha riportato sinora alla luce: opere d’arte realizzate per gli spazi pubblici o sacri, oggetti di artigianato artistico fabbricati per la sfera privata, semplici utensili utilizzati nella vita quotidiana e, inoltre, iscrizioni, sculture e

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rilievi di ambito funerario. Il racconto, al pianterreno, si apre con la presentazione della storia antica della città e prosegue con l’illustrazione delle vicende della sua riscoperta e della formazione del museo, che venne inaugurato, alla presenza dell’arciduca d’Austria

Qui sotto particolare di un mosaico del tipo denominato Asarotos oikos, cioè «pavimento non spazzato». I sec. a.C.


A sinistra sala in cui sono riuniti pregiati mosaici pavimentali da varie residenze di epoca romana e, in basso, a destra, particolare di un festone che corre in uno dei tappeti musivi. Nella pagina accanto, in basso un’immagine della collezione di sculture, fra le quali si riconosce la statua di Augusto con il capo velato, in segno di rispetto verso gli dèi. In basso, a sinistra uno scorcio del museo e del suo giardino.

Carlo Ludovico, nel 1882, quando Aquileia era sotto il controllo degli Asburgo. Seguono quindi le sezioni dedicate ai monumenti pubblici e alle necropoli. Al primo piano vengono approfondite singole tematiche: le domus, caratterizzate da mosaici pavimentali di grande impegno; la funzione di emporio aperto all’Europa danubiana e renana, ma anche al Mediterraneo; le attività produttive legate all’artigianato e

all’agricoltura e, in proposito, si può ricordare il vino locale, in particolare il Pucinum, apprezzato da Livia, moglie dell’imperatore Augusto, al quale attribuiva la sua longevità. Lungo la scala che collega i due piani – con un’originale soluzione – sono esposti i ritratti scolpiti degli antichi abitanti che sembrano voler dialogare con il visitatore. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Aquileia, via Roma 1 Info https://museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it/

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SORANO

Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale

I

l palazzo dei Provveditori Veneti, che oggi ospita il museo, venne costruito, nel tardo Cinquecento, su progetto di Andrea Palladio. La fondazione della raccolta, nel 1817, si deve invece a Michele Torre Valsassina, uno studioso appassionato di archeologia, che volle valorizzare da subito i reperti scoperti negli scavi condotti a Cividale del Friuli e nel territorio circostante con finanziamenti dell’imperatore d’Austria Francesco I. Al pianterreno è collocato il lapidario, con opere databili dall’epoca romana all’età rinascimentale, che aiutano a seguire la storia della città. Al piano nobile, dopo una sezione dedicata ai bronzi provenienti dal foro di Iulium Carnicum (Zuglio), si possono osservare reperti recuperati in numerose deposizioni di età longobarda. Si tratta di una delle raccolte piú ricche per quanto concerne le antichità di quel popolo: si possono segnalare, in particolare, le dieci tombe dalla necropoli di San Mauro e la sepoltura «principesca» di Gisulfo. La collezione di aurei longobardi, depositata nel museo, è seconda solo a quella del British Museum. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Cividale del Friuli, piazza Duomo 13 Info https://museoarcheologicocividale.beniculturali.it

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Sullo sfondo un particolare dell’allestimento del museo. A sinistra, in alto mosaico con il volto di una divinità marina. Età imperiale, I sec. a.C.-I sec. d.C. A sinistra, in basso coperta di evangelario nota come Pace del duca Orso, da questi donata al Capitolo di Cividale. Seconda metà dell’VIII sec.


Pordenone, Museo Archeologico del Friuli Occidentale

A

llestito nel Castello di Torre, 3 km a nord dal centro di Pordenone, il museo custodisce numerosi reperti collezionati dal conte Giuseppe di Ragogna, ultimo proprietario del maniero. Appassionato di archeologia, egli ebbe modo di riunire materiali ritrovati nel Friuli occidentale e in grado di documentarne le vicende dalla preistoria al Rinascimento. In particolare si possono segnalare i resti della villa romana di Torre, riportata alla luce proprio dal conte negli anni Cinquanta del Novecento. Il museo conserva, inoltre, reperti provenienti dal sito palafitticolo di Palú di Livenza e scavati a partire dagli anni Settanta. La località è stata riconosciuta come sito UNESCO nel 2011 e, da allora, è divenuta un punto di riferimento importante per tutelare e valorizzare la zona. MUSEO ARCHEOLOGICO DEL FRIULI OCCIDENTALE Pordenone, Castello di Torre, via Vittorio Veneto 19 Info www.comune.pordenone.it, www.turismofvg.it

Zuglio, Civico Museo Archeologico «Iulium Carnicum» A destra uno scorcio dei resti del foro dell’antica città di Iulium Carnicum, riportati alla luce nei pressi di Zuglio. In basso resti di strutture lignee e utensili in corso di scavo nel sito palafitticolo di Palú di Livenza.

I

l museo ha sede a poca distanza dai resti del foro romano di Iulium Carnicum, negli spazi di Palazzo Tommasi Leschiutta, nel centro del paese. Il percorso espositivo si sviluppa su tre piani: il pianterreno è dedicato alle vicende storiche della Carnia. Vi si può osservare, per esempio, la documentazione della necropoli di Misincinis di Paularo, con corredi funerari ricchi di oggetti in bronzo, ferro, vetro e ambra (VIII-IV secolo a.C.). Al primo piano è illustrata, invece, la fase romana della città con reperti provenienti dal foro, dalle terme, da alcune domus private. Sono da segnalare, in particolare, i resti di alcune pareti affrescate dalla sala del frigidarium delle terme e da alcune delle domus. L’ultimo piano dell’edificio è incentrato sulla vita quotidiana nella città romana e sulla pieve di San Pietro, di cui sono conservati i resti di una prima basilica databile tra il VI e il IX secolo d.C. CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO IULIUM CARNICUM Zuglio, via Giulio Cesare 19 Info www.carniamusei.org

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VENETO VENETO

Venezia, Museo Archeologico Nazionale

L’

Archeologico Nazionale è compreso nel percorso integrato «I Musei di Piazza San Marco» ed è allestito al primo piano delle Procuratie Nuove. Il suo nucleo originario è costituito da due lasciti della nobile famiglia Grimani: il cardinale Domenico, che fu doge nel 1521-1523, donò reperti rinvenuti in gran parte all’interno di una vigna di sua proprietà a Roma, mentre il nipote Giovanni, che aveva forti interessi collezionistici, cedette un’importante raccolta di sculture comprensiva di originali

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greci. Secondo il gusto del tempo, le antichità andarono a costituire lo Statuario pubblico nell’Antisala della Libreria di San Marco. Nel 1812 un editto di Eugenio de Beauharnais stabilí che i marmi – il cui numero nel frattempo era cresciuto – dovevano essere trasferiti a Palazzo Ducale. L’allestimento attuale rispecchia quello voluto da Carlo Anti tra il 1923 e il 1926, che si accompagnò a un restauro delle opere, le quali offrono uno spaccato interessante della scultura del

In basso, a sinistra uno scorcio del museo, allestito al primo piano delle Procuratie Nuove, in piazza San Marco.


Una delle sale dedicate alla scultura: in primo piano, la statua in marmo di un Galata morto. Dalla collezione di Domenico Grimani. Replica del II sec. d.C. di un originale di età ellenistica.

mondo classico tra il V secolo a.C. e il III secolo d.C. Le statue sono distribuite in dodici sale e presentano una disposizione per epoca, scuola artistica e soggetto. Va ricordato che il museo è stato interessato da ampliamenti tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, a seguito del deposito delle raccolte archeologiche dei Musei Civici e dell’assegnazione definitiva dei reperti provenienti dal Museo di San Donato a Zara. Un nucleo di bronzi protostorici è stato inoltre donato, nel 1982, da Giancarlo Ligabue. Dal 1997 alcune sculture sono state trasferite

ed esposte nel Vestibolo della Biblioteca Sansoviniana per offrire una ricostruzione di due delle pareti dell’antico Statuario. Un’attenzione particolare merita il nucleo degli originali greci, databili tra la fine del V e la metà del IV secolo a.C. E poi il gruppo dei Galati, copie del «piccolo donario» di Attalo, l’Ara Grimani e la numerosa serie di ritratti romani, alcuni dei quali di eccellente fattura. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Venezia, piazza S. Marco 17/52 Info https://polomusealeveneto.beniculturali.it

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SORANO

Padova, Musei Civici agli Eremitani-Museo Archeologico

In alto particolare della sezione, di recente allestimento, nella quale sono esposti cippi con iscrizioni confinarie. A sinistra stele funeraria raffigurante una coppia su una biga guidata da un auriga: la scena è stata interpretata come la rappresentazione del viaggio agli Inferi, di cui è protagonista la donna. I sec. a.C.

I

l 15 luglio 1825, l’imperatore Francesco I d’Austria inaugurò una collezione lapidaria con iscrizioni greche, paleovenete e latine, voluta dall’abate Giuseppe Furlanetto, nelle Logge esterne del Palazzo della Ragione. Quel giorno può essere considerato la data di fondazione del museo archeologico patavino, che ha oggi sede nel complesso degli Eremitani, dove si trova anche il Museo d’Arte Medievale e Moderna. L’importanza di questa collocazione era stata sostenuta in maniera convinta già nel 1937 da Andrea Moschetti, direttore del Museo Civico sin dal 1895: «Basti ricordare che lí accanto sorge la Cappella giottesca degli Scrovegni (…) per intuire quale mirabile centro artistico si verrebbe a creare». Il percorso espositivo documenta le vicende storiche di Padova e del suo territorio dalla protostoria all’età romana. La fase preromana è illustrata soprattutto da reperti provenienti da necropoli databili tra l’VIII e il III secolo a.C. Significativi sono anche alcuni cippi con iscrizioni confinarie, ai quali è stata riservata una sala. Rinvenuti in area urbana, essi suggeriscono la volontà da parte della comunità, o almeno dei suoi maggiorenti, di delimitare gli spazi nell’ambito di una progettazione «centralizzata» dell’abitato affidata a un’autorità politica a partire dal V secolo a.C. La fase romana è altrettanto ben documentata e, in particolare, grazie ai resti riportati alla luce in Padova e nella zona dei Colli Euganei (colonne, trabeazioni, capitelli, fregi, elementi architettonici, mosaici). Al medesimo ambito cronologico va riferita la

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sezione dedicata alla via Annia: la strada progettata per collegare l’Italia nord-orientale al resto della rete viaria della Penisola e che svolse una funzione di particolare importanza. Altre sale sono dedicate a reperti etruschi, greci e italioti confluiti progressivamente nel museo. Merita un discorso a sé la collezione egizia, che lega Padova con uno dei pionieri della ricerca archeologica in Egitto, vale a dire Giovanni Battista Belzoni, nato nella città veneta nel 1778. Nel marzo del 1819 fu proprio lui a donare alla sua città natale due statue raffiguranti la dea Sekhmet, rinvenute a Tebe. MUSEO ARCHEOLOGICO Padova, Museo Eremitani, piazza Eremitani 8 Info https://padovamusei.it


Este, Museo Nazionale Atestino A destra l’ingresso del museo, che ha sede dal 1902 nel Palazzo dei Mocenigo, costruito nel XVI sec. inglobando nella facciata principale un tratto delle mura del trecentesco castello dei Carraresi, poi Estense. In basso due immagini della Situla Benvenuti, dalla tomba 126 della necropoli di Villa Benvenuti. 620 a.C. circa. Si tratta del prodotto a oggi piú noto della cosiddetta «Arte delle Situle», di cui è ritenuta il massimo capolavoro.

«P

rofessore Teodoro Mommsen da Berlino venne nel 28 luglio 1867 ad ammirare i tesori epigrafici di questo bel museo municipale di Este»: cosí si può leggere nel registro delle firme del museo atestino. A ricordo dell’avvenimento venne realizzata addirittura una lapide e la gioia della comunità locale è comprensibile, dato che il museo era stato istituito soltanto nel 1834. Nel 1874 la direzione del museo venne affidata ad Alessandro Prosdocimi e gli anni Settanta dell’Ottocento furono caratterizzati da fortunate campagne di scavo, che andarono ad arricchire la raccolta. Nel 1902 il museo venne quindi trasferito nel Castello Estense. Nel 1947 la direzione dell’istituto fu affidata a Giulia Fogolari, una figura centrale dell’archeologia veneta, che si dedicò alla risistemazione del museo dopo la seconda guerra mondiale e a interventi di scavo e tutela nel territorio, in veloce trasformazione negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Nel 1984, dopo alcuni anni di chiusura, il museo venne riaperto secondo un nuovo allestimento. Questa, in estrema sintesi, è la storia del museo di Este, che abbiamo riportato perché risulta esemplare nel quadro del

Veneto, ma ora occorre vedere piú da vicino il percorso espositivo attuale. Si segnalano la sala dedicata ai luoghi di culto di Este preromana, quella dedicata alla preistoria dei Colli Euganei e di Este, e, soprattutto, le sale II e III. La prima ha per tema la vita quotidiana dei Veneti: i reperti coprono un arco di tempo molto ampio, dall’XI al II secolo a.C. Con particolare evidenza è esposta la Tabula Atestina, il documento che reca l’iscrizione in lingua venetica piú lunga e importante sinora riportata alla luce. La sala III è dedicata al principale capolavoro del museo, ovvero la situla Benvenuti, che Giulia Fogolari ha definito «il poema epico delle genti atestine». Apparteneva a una deposizione femminile collocata all’interno di una tomba databile attorno al 600 a.C. La sua decorazione si articola su tre fasce e presenta animali fantastici e reali, personaggi maschili, tra i quali alcuni guerrieri e i loro prigionieri; nonché decorazioni vegetali. MUSEO NAZIONALE ATESTINO Este, via Guido Negri 9/c Info www.atestino.beniculturali.it/

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VENETO

Adria, Museo Archeologico Nazionale

A

dria è stata in epoca antica uno dei porti piú importanti della penisola italiana e la sua vita appare legata in maniera indissolubile alla rete dei commerci che si svolgevano nel Mare Adriatico e alle genti che lo solcavano. Il museo restituisce con efficacia la rilevanza di questo scalo, che visse la sua massima fioritura tra il VI e il III secolo a.C., presentando opere di notevole qualità artistica e documentaria. Il nucleo originario è rappresentato dalla collezione riunita dalla famiglia Bocchi, due dei cui esponenti, Francesco Girolamo e Francesco Antonio,

ebbero un ruolo importante nella riscoperta stessa di Adria. Alla loro raccolta, divenuta pubblica, si sono aggiunti i reperti scoperti nel Novecento e in anni ancora piú recenti. Tra le opere esposte vanno segnalati, almeno, i vasi attici a figure nere e a figure rosse, la Tomba della Biga (III secolo a.C.), il miliare di Popilio Lenate, che testimonia il passaggio della via Popillia, e i numerosi vetri di epoca romana. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Adria, via G. Badini 59 Info https://polomusealeveneto.beniculturali.it/ A sinistra la vetrina del museo di Adria nella quale sono riunite le piú diffuse tipologie di vetri prodotti in epoca romana.

Fratta Polesine, Museo Archeologico Nazionale

L’

abitato di Frattesina è stato un centro di grande vivacità nell’età del Bronzo Finale, come hanno dimostrato le indagini condotte negli ultimi decenni. Una realtà archeologica significativa, a cui è dedicato il museo ospitato nella barchessa settentrionale della palladiana Villa Badoer. È stato inaugurato nel 2009 e lungo il percorso espositivo – grazie ai reperti restituiti dagli scavi – sono ricostruite la vita quotidiana dell’insediamento e le attività artigianali che vi si svolgevano. Un rilievo

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particolare va riconosciuto al cosiddetto «Tesoretto», ovvero un insieme composto da pettini in avorio, perle in pasta vitrea e ambra, ornamenti in bronzo. Al piano superiore si possono vedere i corredi funerari delle necropoli a incinerazione di Le Narde e Fondo Zanotto, entrambe riferibili all’abitato. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Fratta Polesine, via Giovanni Tasso 1 Info https://polomusealeveneto.beniculturali.it/

Nella pagina accanto, in basso, a sinistra ricostruzione ipotetica di un modellino di carro, dall’abitato protostorico di Frattesina.


Quarto di Altino, Museo Archeologico Nazionale di Altino

L

a storia di Altino, un importante centro veneto e poi romano, abitato tra l’VIII secolo a.C. e il V secolo d.C., viene narrata nel museo, ospitato in un ex edificio rurale. Al pianterreno, dopo la presentazione dell’occupazione preistorica, sono illustrate le vicende che coprono gran parte del I millennio a.C., seguendo una suddivisione per temi: la religione, l’abitato, la lingua e la scrittura, le necropoli. Al primo piano l’attenzione si sposta sui processi di romanizzazione (II- I secolo a.C.) e quindi sulla piena affermazione della romanità (I-III secolo d.C.), seguendo sempre un taglio tematico: l’assetto territoriale, le strade, le ville rustiche, le domus, la moda, i personaggi, la società, le professioni, i commerci. Tra le opere si possono segnalare una collana d’oro di fabbricazione tarantina (fine II-I secolo a.C.), i vetri murrini, alcuni ritratti funerari. L’area archeologica di Altino si trova a 500 m dal museo.

Treviso, Musei Civici-Sezione archeologica In alto e qui sotto sculture facenti parte delle collezioni del Museo Nazionale di Altino.

MUSEO NAZIONALE E AREA ARCHEOLOGICA DI ALTINO Quarto d’Altino, via S. Eliodoro 56 Info https://polomusealeveneto.beniculturali.it

«T

utto quello che della Patria ogni dí purtroppo va scomparendo sotto la pressione dei bisogni urgenti della vita, della civiltà, dei capricci della giornata» va salvato: cosí si esprimeva l’abate Luigi Bailo (1835-1932), che volle dare corso alle sue parole acquistando antichità e istituendo un museo archeologico in Treviso. Quel museo ha oggi sede nel restaurato convento di S. Caterina e presenta un percorso espositivo di tipo cronologico, ma che tiene anche conto dei tempi e dei modi della sua formazione. I materiali di età preromana sono esposti al piano interrato con un allestimento di suggestione notevole, mentre al pianterreno vengono presentati i ritrovamenti recenti, ascrivibili alle fasi preromana e romana e frutto delle campagne di scavo effettuate in area urbana. Nel corridoio, adiacente al chiostro grande, hanno invece trovato posto le opere greche e romane raccolte, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, da colui che volle questo museo con grande impegno ed energia.

MUSEI CIVICI-SEZIONE ARCHEOLOGICA Treviso, piazzetta Mario Botter 1 Info https://www.museicivicitreviso.it

A destra disco votivo in bronzo sul quale è raffigurata Reitia, dea venerata dalle antiche genti venete, da Montebelluna. IV-III sec. a.C. Treviso, Musei Civici.

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SORANO

EMILIA-ROMAGNA

Bologna, Museo Civico Archeologico

I

l 25 settembre 1881 il museo fu inaugurato nella sua sede attuale: nasceva dalla fusione tra quello Universitario, erede della «Stanza delle Antichità» dell’Accademia delle Scienze fondata da Luigi Ferdinando Marsili, e quello Comunale, che da poco si era arricchito della collezione del pittore Pelagio Pelagi (1860). La sua formazione avvenne in una temperie culturale che stava riscoprendo il passato etrusco di Bologna e del territorio circostante, grazie a una serie di fortunate campagne di scavo. Un interesse che arrivò a coinvolgere

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non solo il mondo dell’antichistica, ma l’intera cultura, come dimostra il caso di Giosue Carducci, e ampie fasce della popolazione bolognese, al punto che si arrivò a organizzare un carnevale dedicato agli Etruschi e al loro ritorno (1874). Il percorso espositivo attuale è articolato in due sezioni: nella prima sono esposti i reperti delle collezioni storiche, nella seconda i materiali che documentano la storia della città dalla preistoria alla fase romana. Il museo accoglie inoltre un’importante raccolta di antichità egizie – riallestita di recente –, che

In alto il cortile del museo. In basso, a sinistra Atena Lemnia, replica augustea di un originale greco di età classica. In basso, a destra stele funeraria con scena di viaggio del defunto, dalla necropoli della Certosa. Seconda metà del V sec. a.C.


Ferrara, Museo Archeologico Nazionale

C

ome ricordano le cronache locali, il 20 ottobre 1935, il museo ferrarese fu inaugurato alla presenza del principe Ferdinando di Savoia, duca di Genova, e del Ministro dell’Educazione Nazionale, conte Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon. L’idea era nata qualche anno prima a seguito degli straordinari ritrovamenti, che, a partire dal 1922, avevano riportato alla luce le necropoli di Spina. Come sede della raccolta fu scelto il palazzo legato tradizionalmente alla figura di Ludovico Sforza, duca di Milano, ma che, in realtà, era stato fatto costruire da Antonio Costabili, suo segretario. La persona che lo volle con grande energia, il soprintendente archeologo del tempo Salvatore Aurigemma, lo definí «una gemma in piú nella

In alto l’askos Benacci, dalla tomba 525 della necropoli omonima. Fine dell’VIII sec. a.C. Il vaso era utilizzato come contenitore di liquidi pregiati, introdotti attraverso l’apertura della parte posteriore e versati dal foro che l’animale ha sul muso. A destra rhyton (corno per bere) attico configurato a testa di mulo del Pittore di Persefone, 440 a.C. circa. Ferrara, Museo Archeologico Nazionale. In basso collana con elementi in ambra e pasta vitrea. Ferrara, Museo Archeologico Nazionale.

è una delle maggiori in Italia e annovera capolavori assoluti, come i rilievi della tomba del faraone Horemheb. Degna di nota è anche la raccolta numismatica, forte di circa 100 000 monete e medaglie. Ma proviamo a vedere alcuni reperti piú da vicino: l’askos Benacci, databile alla fine dell’VIII secolo a.C.; lo straordinario «ripostiglio di san Francesco», da interpretare come il deposito di una fonderia, che conteneva, all’interno di un dolio, ben 14 000 pezzi di bronzo interi e in frammenti; i corredi funerari della Tomba Grande e della Tomba dello Sgabello, rinvenuti nella necropoli dei Giardini Margherita; la situla in bronzo, detta «della Certosa», decorata con scene di vita militare, civile e religiosa; le stele figurate in arenaria. Tra i reperti dalle collezioni storiche possiamo ricordare, tra gli specchi, la Patera cospiana; e poi l’Atena Lemnia, copia di età augustea di un originale fidiaco in bronzo, le ceramiche greche e magno-greche, le oreficerie. MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO Bologna, via dell’Archiginnasio 2 Info www.museibologna.it

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EMILIA-ROMAGNA

costellazione dei grandi istituti scientifici di cui l’Italia si onora». Il museo occupa oggi gran parte del palazzo, per un totale di quasi 2000 mq. Al centro dell’attenzione è la città portuale greca ed etrusca di Spina con spazi, al pianterreno, dedicati alla «città dei vivi», documentando le case, gli abitanti, le attività artigianali, i culti; e con sale, al piano nobile, dedicate alle necropoli e ai ricchi corredi funerari, che parlano della ricchezza del centro e dei suoi intensi contatti commerciali e

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In alto balsamari in pasta vitrea, da Spina. V-III sec. a.C. In basso il cortile del magnifico Palazzo Costabili, sede del museo.

culturali con il Mediterraneo. Gli ultimi interventi sull’allestimento si sono tradotti in una selezione dei reperti esposti, organizzati per contesti tombali e in senso cronologico. Si è riusciti cosí a illustrare al visitatore i 250 anni di vita della città e a privilegiare, al contempo, temi specifici, come gli ori, i votivi fittili o le iscrizioni. Tutti i reperti sono interessanti e di pregio, ma ciò che colpisce è l’eccezionale serie dei vasi attici e si concorda facilmente con un’affermazione di Sir John Beazley: ci troviamo di fronte alla «piú completa collezione esistente di vasi attici di stile protoclassico e classico». MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Ferrara, via XX settembre 122 Info www.archeoferrara.beniculturali.it



SORANO

Ravenna, Classis Ravenna-Museo della Città e del Territorio

«E

sistono vari modi di raccontare una storia: l’archeologo lo fa attraverso oggetti, siano essi cose d’uso quotidiano o preziose testimonianze artistiche», cosí ha scritto l’archeologo Giuseppe Sassatelli, che è presidente della Fondazione RavennAntica, l’ente che si prende cura del museo. Non si tratta soltanto di un’affermazione di principio, ma della spinta che ha portato a istituire e ad allestire il nuovo museo ravennate. Attraverso gli oggetti si sviluppa il racconto della città, dalle origini etrusco-umbre, al periodo romano, alle fasi gota e bizantina, all’Alto Medioevo in un’ottica unitaria con gli altri centri espostivi e i monumenti della città e del territorio. Un’attenzione che ha coinvolto la sede dove è allestito, considerata co-protagonista nel percorso espositivo: si tratta di uno zuccherificio, in cui – nei primi decenni del secolo scorso – gli operai trasformavano tonnellate di barbabietole in montagne di zucchero che raggiungevano l’Italia e l’Europa per ferrovia o per nave. Un’azienda florida, che poi iniziò a declinare sino alla chiusura, avvenuta nel 1982. Nella sua stessa denominazione, il museo allude a Classe, il porto che è stato all’origine della fortuna di Ravenna. Esso era inserito in una

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In alto materiali di epoca medievale provenienti dagli scavi di San Severo. A destra le anfore esposte nella sezione dedicata alla navigazione e ai commerci. Nella pagina accanto l’ex zuccherificio di Classe, trasformato nella sede del museo. In basso una kylix (coppa a due manici) attica a figure nere.

rete commerciale ampia e riuscí ad affermarsi, in epoca tardo-antica, come uno dei maggiori scali portuali dell’intero Mediterraneo. Lungo il percorso espositivo vengono approfonditi singoli temi: la nascita e lo sviluppo della città, il carattere interetnico, la flotta, la navigazione, la produzione artigianale artistica, le consuetudini funerarie, la religiosità, non dimenticando mai che il tratto essenziale della sua storia è stato il rapporto con il mare. Nel ripercorrere la storia di Classe e del suo territorio, vengono anche illustrate le fasi di vita di una struttura sorta come villa romana e poi trasformata nel complesso monastico di S. Severo: un presidio importante del monachesimo sino all’epoca degli Ottoni e anche oltre. CLASSIS RAVENNA-MUSEO DELLA CITTÀ E DEL TERRITORIO Ravenna, via Classense 29 Info https://classisravenna.it/


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EMILIA-ROMAGNA

Reggio Emilia, Musei Civici

A sinistra e in basso, a sinistra due particolari dell’allestimento delle raccolte archeologiche dei Musei Civici.

D

ue furono le passioni di don Gaetano Chierici, la figura a cui è legata la nascita dei Musei Civici di Reggio Emilia: l’Unità d’Italia e l’archeologia. Contemporaneamente all’impegno di sacerdote e patriota, Chierici coltivò dunque l’interesse per le culture del passato e, nel 1863, riuscí a fondare a Reggio Emilia un Gabinetto di antichità e a farlo diventare un centro di elaborazione culturale. Il museo di cui il religioso fu l’artefice parla ancora oggi di lui e non capita di frequente, perché l’impronta del fondatore va perduta quasi sempre. In questo caso non è accaduto, perché poche sale di museo hanno la suggestione dell’ampio salone, che ospita la sezione paletnologica, o della Galleria dei Marmi: non rispondono ai moderni criteri museografici, ma rappresentano la testimonianza di un secolo in cui la ricerca archeologica è divenuta una disciplina

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MUSEI CIVICI Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, via Lazzaro Spallanzani 1 Info www.musei.re.it

scientifica. L’esposizione della sezione paletnologica, in particolare, è rimasta, nella sostanza, la stessa voluta da Chierici e si vede bene come le sue due passioni interagissero: al centro della sala sono esposti i materiali archeologici locali, sui lati orientale e occidentale dell’ambiente sono collocati invece i materiali provenienti da altre regioni


In basso, sulle due pagine un’immagine dell’allestimento della collezione ordinata da Gaetano Chierici.

d’Italia, in una sorta di periplo della Penisola, che prende avvio dal versante adriatico e termina con quello tirrenico. I resti delle culture di Este e Golasecca precedono gli oggetti piceni, seguiti dalle testimonianze delle colonie greche della Sicilia, che annunciano le antichità etrusche, le quali, a loro volta, sono anteposte ai corredi funerari dei Liguri. Alla sezione dedicata alla preistoria e alla protostoria si accede dall’«atrio dei mosaici», un ambiente le cui pareti sono appunto tappezzate da mosaici romani e medievali recuperati in domus o in chiese del Reggiano,

mentre da questa si ha accesso nella Galleria dei Marmi, che ospita, in successione cronologica, antichità di epoca romana e testimonianze medievali e moderne. Le collezioni archeologiche dei Musei Civici di Reggio Emilia comprendono anche il Museo di Reggio in età romana, al piano rialzato, e il Museo di Preistoria e Protostoria al primo piano di Palazzo San Francesco. A queste due ulteriori sezioni è affidato il compito di ricostruire le vicende storiche di Reggio Emilia e del suo territorio alla luce dei piú recenti scavi stratigrafici.

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SORANO

Cesena, Museo Archeologico

I

l museo venne ideato e progettato alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, per essere poi inaugurato nel 1969. Da allora, l’allestimento è stato piú volte aggiornato, per seguire, da un lato, l’accrescimento delle collezioni e, dall’altro, l’evoluzione dei criteri museografici ed espositivi. I materiali della raccolta danno conto della storia di Cesena e del suo territorio. Tra le emergenze archeologiche piú antiche si

In alto mosaico raffigurante con ogni probabilità un orso, da via Strinati. Età imperiale. A destra un particolare dell’allestimento del museo.

A sinistra piatto in argento dorato, con medaglione centrale con la rappresentazione di banchetto all’aperto. Fine del IV o inizi del V sec. d.C.

possono segnalare i resti del villaggio tardo-eneolitico di Provezza e le ceramiche legate al culto delle acque della sorgente della Panighina di Bertinoro. La fase romana, che prese avvio alla metà del III secolo a.C., è documentata da reperti in grado d’illustrare la vita quotidiana, l’artigianato artistico, le attività produttive e i commerci. Da segnalare sono i lacerti di pavimenti musivi rinvenuti in via Tiberti. Una menzione speciale merita la coppia di grandi piatti da mensa in argento dorato (ognuno dal peso di oltre sei chilogrammi) con scene figurate e appartenute a una famiglia aristocratica della tarda romanità. MUSEO ARCHEOLOGICO Cesena, via Montalti Info www.comune.cesena.fc.it/

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Marzabotto, Museo Nazionale Etrusco «Pompeo Aria»

N

el 1831, il conte Giuseppe Aria iniziò a scavare in un terreno di sua proprietà incuriosito dai resti archeologici che vi affioravano. La scelta si rivelò indovinata, perché portò alla scoperta di una città etrusca e alla formazione di una collezione di antichità. Quest’ultima – donata allo Stato – ha rappresentato nel 1933 il nucleo iniziale dell’attuale museo di Marzabotto, che vive in simbiosi con il sito archeologico che si estende

A destra bronzetto raffigurante una donna con un fiore di loto. VI sec. a.C. Qui sotto un particolare dell’allestimento del museo. In basso l’area archeologica di Marzabotto/Kainua.

nell’ampio parco circostante. Di recente è stato individuato il nome antico della città: Kainua. Il percorso espositivo racconta le vicende del sito, abitato per un tempo limitato, dalla fine del VI alla metà del IV secolo a.C. Proprio l’abbandono ne ha consentito il buono stato di conservazione, facendone un caso eccezionale in Etruria, al punto che l’archeologo Edoardo Brizio, uno dei maggiori del suo tempo, nel 1897, arrivò a paragonarlo con Pompei. I reperti esposti provengono sia dall’area urbana con le abitazioni, i laboratori artigianali, i templi, sia dalle necropoli. MUSEO NAZIONALE ETRUSCO «POMPEO ARIA» E AREA ARCHEOLOGICA DI KAINUA Marzabotto, via Porrettana Sud 13 Info https://musei.emiliaromagna.beniculturali.it/

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EMILIA-ROMAGNA

Parma, Museo Archeologico Nazionale

F

ilippo di Borbone lo volle nel 1760 e quindi è uno dei musei piú antichi d’Italia. Vi confluirono da subito i reperti rinvenuti nel municipio romano di Veleia, tra cui la Tabula Alimentaria in bronzo, di età traianea, e altri materiali provenienti da collezioni e da ritrovamenti nel territorio di Parma. Dal 1867, grazie all’impegno di Luigi Pigorini e Pellegrino Strobel, accolse una raccolta di materiali preistorici. Lungo il percorso sfilano i ritrovamenti da Veleia, tra cui dodici statue in marmo che ritraggono membri della famiglia imperiale giulio-claudia (prima metà del I secolo d.C.); ceramiche greche, italiche ed etrusche; una sezione egizia con sarcofagi, canopi,

Il Palazzo Farnese di Piacenza, fatto costruire alla metà del Cinquecento dalla duchessa Margherita d’Austria, moglie di Ottavio Farnese.

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papiri, bronzetti votivi, scarabei-sigillo. Importante è anche il medagliere. Da segnalare, inoltre, i reperti di ritrovamento piú recente che documentano le vicende della zona dalla preistoria sino ai secoli successivi alla fine dell’impero romano. Fra le acquisizioni degli ultimi anni, spicca la statuina rinvenuta in una sepoltura neolitica a Vicofertile, che ritrae una figura femminile seduta. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Parma, Complesso monumentale della Pilotta piazzale della Pilotta 15 Info https://complessopilotta.it/

In alto uno scorcio del complesso monumentale della Pilotta. Nella pagina accanto, in alto la Tabula Alimentaria, una lastra bronzea che contiene le disposizioni dell’imperatore Traiano per l’istituzione di un prestito ipotecario.

MUSEI CIVICI DI PALAZZO FARNESE Piacenza, piazza Cittadella 29 Info www.palazzofarnese.piacenza.it/ collezioni/archeologico


Piacenza, Musei di Palazzo Farnese-Sezione archeologica

N

ell’ambito dei Musei di Palazzo Farnese è stata di recente riallestita la collezione archeologica e, in particolare, la sezione romana. I reperti illustrano le vicende della colonia di Placentia dalla sua fondazione, nel 218 a.C., sino all’insediamento dei Longobardi nel VI secolo d.C., con uno sguardo sulla realtà del territorio prima della colonizzazione romana. Tra le opere esposte si possono segnalare il celebre Fegato di Piacenza, importante per comprendere le tradizioni religiose degli

A destra materiali dalla terramara di Rovere di Caorso. In basso il Fegato di Piacenza (modello in bronzo di un fegato di pecora con iscrizioni etrusche). II-I sec. a.C.

Etruschi; una statua firmata dallo scultore ateniese Cleomene; un letto funerario con rivestimento in osso bovino, rinvenuto in una tomba della zona di Cantone del Cristo e alcune antefisse che decoravano uno dei templi cittadini. E, ancora, negli spazi dedicati alla domus romana, eleganti mosaici pavimentali, resti di mobilio, lucerne, strumenti per la scrittura, balsamari per unguenti e profumi, attrezzi per la filatura e la tessitura, giochi da tavolo, tra cui una scacchiera in terracotta (II-III secolo d.C.). I monumenti funerari sono ricordati soprattutto da una Sfinge alata.

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SORANO

Rimini, Museo della Città-Domus del Chirurgo

I

l museo è nato nel 1990 e riunisce la raccolta archeologica, curata da Luigi Tonini nel 1844, e la pinacoteca istituita nel 1924. La sezione archeologica custodisce reperti provenienti da scavi e ritrovamenti che documentano la storia della città e del suo territorio: dalle testimonianze dell’Homo erectus, rinvenute sul colle di Covignano, sino alla fase romana. In proposito, ricordiamo che la fondazione di Ariminum da parte dei Romani avvenne nel 268 a.C. Fra le opere si possono segnalare la serie dei mosaici romani, fra i quali spiccano quelli «delle barche», proveniente

Sarsina, Museo Archeologico Nazionale

A

Sarsina nacque il commediografo latino Tito Maccio Plauto verso il 254 a.C. e oggi, nel centro della cittadina, si trova un interessante museo, fondato nel 1890. I reperti provengono da ritrovamenti e scavi e documentano la storia locale dalla preistoria alla tarda antichità, con un’attenzione particolare per il periodo compreso fra il I secolo a.C. e il III secolo d.C. Il ritrovamento di alcuni materiali è documentato sin dal Cinquecento, ma un considerevole incremento della collezione si deve ai risultati degli scavi novecenteschi della necropoli di Pian di Bezzo. Tra le antichità esposte si possono evidenziare i monumenti funerari ricostruiti, tra i quali spicca quello di Rufus, alto quasi 14 m e risalente alla fine del I secolo a.C.;

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In alto e qui accanto l’esterno e l’interno della Domus del Chirurgo. Qui sotto, a sinistra il mosaico detto «delle barche», dalla domus di Palazzo Diotallevi. In basso mosaico con il «Trionfo di Dioniso». Inizi del III sec. d.C. Sarsina, Museo Archeologico Nazionale.


dalla domus di Palazzo Diotallevi, e «di Anubi»; un quadro in pasta vitrea policroma con la raffigurazione di pesci e il corredo chirurgico di un medico rinvenuti nella vicina Domus del Chirurgo musealizzata di recente. L’abitazione presenta spazi per la residenza del medico, ma anche per la visita e la cura dei pazienti e la preparazione dei medicinali. MUSEO DELLA CITTÀ «LUIGI TONINI» Rimini, via L. Tonini 1 DOMUS DEL CHIRURGO Rimini, piazza Ferrari Info http://rimini_musei.bbsitalia.com/

le sei statue di divinità orientali ed egizie rinvenute in pezzi a seguito di una distruzione intenzionale; i mosaici pavimentali provenienti da due grandi domus, nei quali sono raffigurati, rispettivamente, il trionfo di Dioniso e un Ercole ebbro. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Sarsina, via Cesio Sabino 39 Info https://musei.emiliaromagna.beniculturali.it/

A sinistra mosaico policromo con l’immagine di Orfeo. Rimini, Domus del Chirurgo. A destra la sede del Museo di Verucchio. Qui sotto trono ligneo con rappresentazione di figure umane, dalla necropoli Lippi. Prima età del Ferro (725-701 a.C.). Verucchio, Museo Civico Archeologico. In basso il monumento funerario di Rufus. Fine del I sec. a.C. Sarsina, Museo Archeologico Nazionale.

Verucchio, Museo Civico Archeologico

V

erucchio è stato il piú importante centro villanoviano stanziato nel cuore dell’entroterra romagnolo: la felice posizione geografica gli consentí il controllo dei traffici commerciali dall’area tosco-laziale verso nord e viceversa. La sua storia antica è ben illustrata nel museo, che ha sede nell’ex monastero di S. Agostino. I corredi funerari rinvenuti e musealizzati sono particolarmente ricchi e documentano un benessere diffuso; alcuni di essi, in particolare, possono essere definiti «principeschi». In ogni caso, colpisce soprattutto lo stato di conservazione dei materiali organici (arredi in legno, tessuti, oggetti in vimini, cibi e offerte alimentari), dovuto alla qualità dei sedimenti in cui furono sepolti. Si sono conservati tavolini, sgabelli, troni, poggiapiedi, casse e contenitori in legno. Dalla tomba 89 della necropoli Lippi proviene un eccezionale trono intagliato con scene figurate. Vanno segnalati, inoltre, per la loro unicità, alcuni tessuti in lana, fra i quali una toga. I reperti recuperati negli scavi piú recenti sono confluiti in una sala apposita. MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO Verucchio, via Sant’Agostino 14 Info www.riviera.rimini.it

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Savona

Genova Pontremoli

La Spezia

Lucca

Viareggio

Pisa

Livorno

Musei d’Italia CENTRO LE REGIONI CENTRALI HANNO VISTO FIORIRE GRANDI POPOLI ITALICI, PRIMI FRA TUTTI GLI ETRUSCHI. FURONO, IN SEGUITO, TEATRO DELL’AVVENTO DI ROMA, DANDO LUOGO A STORIE DENSE DI EVENTI, OGGI FILO CONDUTTORE DI UN PATRIMONIO MUSEALE ECCEZIONALMENTE RICCO

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Rosignano Cecina

Colle V

Volt

Baratti

Piombino Follonica Portoferraio

Vetu


Medicina

Bologna

N

Ravenna

Lugo

NO

O

Russi

Imola Faenza

Forlì

Cesenatico

Pesaro

San Piero in Bagno

Pontassieve

Val d’Elsa

Ribolla

ulonia

Urbisaglia

Marsciano

Ascoli Piceno

Todi

Grosseto

Pitigliano

Orbetello Cosa

Montalto di Castro

Narni

Viterbo

Teramo Pineto

Tarquinia

Rieti

Pescara

L’Aquila

Chieti

Fossa

Civitavecchia

Bracciano

Cerveteri

Ostia

Sulmona

Guidonia

Palestrina

Tuscolo

Aprilia Anzio

Latina

Sora

Frosinone Ceccano Priverno

Sabaudia

Iuvanum

Castel di Sangro

Anagni Velletri

Lanciano

Avezzano

Villa Adriana

Roma

Fiumicino

Parco della Majella

Alba Fucens

Veio

Formello

Ladispoli

Mar Tirreno

Montesilvano Penne

Civita Castellana

Vetralla

Giulianova

Terni

Antica Castro

Vulci

Martinsicuro

Campli

Spoleto Carsulae

Bolsena

Selva del Lamone

San Benedetto del Tronto

Sentinum

Foligno

Orvieto

Città del Tufo

Fermo

Assisi

Torgiano

Chiusi

Cetona

Osimo

Recanati Filottrano

Fabriano

Perugia

Montepulciano

Arcidosso

Arcevia Jesi

Civitanova Macerata Marche Umbertide San Severino Marche Gualdo Tadino Corridonia

Cortona

Sinalunga

Ancona

Cingoli

Città di Castello

Chianciano Terme

Roselle

Fossombrone

Pergola

Castiglion Fiorentino

Siena

Senigallia

Sansepolcro

Arezzo

Murlo

Urbania

Montevarchi

Poggibonsi

terra

Urbino

Bibbiena

Figline Valdarno

Mare Adriatico

Fano

Firenze Empoli

SE

S

Rimini

Prato

E

SO

Cervia

Cesena Borgo San Lorenzo

NE

Alfedena Isernia

Isola del Liri

Cassino Venafro

Fondi

Terracina

Sperlonga

Formia Gaeta

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TOSCANA TOSCANA

Firenze, Museo Archeologico Nazionale

F

irenze era ancora capitale del Regno d’Italia quando, il 17 marzo 1870, venne istituito il museo archeologico. Vi confluirono le antichità scorporate dalle collezioni d’arte degli Uffizi e, per sede provvisoria, venne scelto il Cenacolo di Foligno, in via Faenza, dov’erano già confluite le raccolte egittologiche riunite dai Medici e dai Lorena. Il museo, nel suo insieme, fu trasferito nella sede attuale nel 1880. Accoglieva opere di valore straordinario, come i tre grandi bronzi etruschi acquistati da Cosimo I alla metà del Cinquecento: l’Arringatore, la Minerva e la celeberrima Chimera. Sui criteri di allestimento si confrontarono due scuole di pensiero capeggiate da Gian Francesco Gamurrini, da una parte, e Achille Gennarelli e Luigi Adriano Milani, dall’altra. Li divideva una visione sulla quale ancora oggi si discute. Secondo Gamurrini, occorreva promuovere i musei locali e non allontanare le antichità dal loro luogo di ritrovamento e quindi dal loro contesto; di conseguenza, immaginava un criterio di sistemazione delle opere già pervenute al museo fiorentino secondo la loro tipologia. Per Gennarelli e Milani, ma soprattutto per il secondo, si doveva invece dare un taglio topografico al museo e portare avanti una politica «aggressiva» di

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A destra la Chimera di Arezzo. Il magnifico bronzo è opera di artisti etruschi della prima metà del IV sec. a.C. Qui sotto il cosiddetto «Arringatore», statua di bronzo offerta come dono votivo in un santuario di Tuoro, sulla sponda settentrionale del Lago Trasimeno. Prima metà del II sec. a.C. In basso, a sinistra il giardino monumentale del museo, nel quale sono ricostruiti monumenti funerari trasferiti da vari centri dell’Etruria.


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SORANO

A sinistra la statua bronzea di Minerva rinvenuta nel 1541 ad Arezzo, nello scavo di un pozzo nella parte alta della città, presso la chiesa di S. Lorenzo. III sec. a.C. In basso coperchio di un’urna funeraria in terracotta policroma, raffigurante la defunta che tiene nella mano destra una patera. Età ellenistica.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Firenze, piazza Santissima Annunziata 9b Info www.polomusealetoscana.beniculturali.it

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ampliamento delle raccolte. Alla fine, prevalse il taglio topografico, con le antichità delle dodici città principali dell’Etruria e dei loro territori posti in sequenza. Questa «idea forte» venne cancellata dall’alluvione del 1966, che sconvolse il museo, e, da allora, si discute se riproporla, seppure in un quadro aggiornato, o puntare su altre soluzioni. Resta il fatto che una visita della raccolta fiorentina è d’obbligo, visto il livello delle opere che accoglie. Qui ci limitiamo a qualche esempio: oltre ai tre grandi bronzi citati in apertura, si possono ricordare il Vaso François e il sarcofago di Larthia Seianti provenienti entrambi da Chiusi, il sarcofago tarquiniese delle Amazzoni, da Tarquinia, la serie delle urne in alabastro da Volterra. Oltre ovviamente alla collezione egizia, una delle piú interessanti presenti in Italia. Il museo è completato da un giardino monumentale, nel quale sono ricostruiti monumenti funerari trasferiti da diversi centri dell’Etruria: Volterra, Casal Marittimo, Vetulonia, Orvieto.


Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona

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nton Francesco Gori, uno dei maggiori studiosi di antichità del suo tempo, ebbe modo di visitare Cortona nel 1733. Venne accolto da Filippo Venuti, il piú giovane dei fratelli che avevano promosso l’Accademia Etrusca fondata, solo qualche anno prima, nel 1726, con lo scopo di rivitalizzare la vita culturale della città natale, ma che raggiunse presto una valenza ben piú ampia. Filippo mostrò con orgoglio all’illustre ospite il primo nucleo di quello che sarebbe divenuto uno dei maggiori musei di antichità etrusche. L’impegno dell’Accademia Etrusca è testimoniato bene dai tempi e dai modi dell’acquisto di uno dei pezzi giustamente piú celebrati del museo cortonese, vale a dire il lampadario etrusco in bronzo. Venne scoperto

In alto il lampadario etrusco di Cortona. Ultimo trentennio del IV sec. a.C. A sinistra uno scorcio di Palazzo Casali, sede del museo cortonese. In basso un particolare dell’allestimento della sezione che comprende, fra gli altri, i materiali della tomba principesca di Trestina-Tarragoni. VII sec. a.C.

offerta dal Comune di Cortona. Un impegno costante nel tempo e che – seppure in un quadro culturale e legislativo completamente mutato – ha portato alla musealizzazione in loco dei risultati delle fortunate campagne di scavo condotte negli ultimi decenni e culminate con la scoperta del grandioso altare-terrazza del tumulo II del Sodo. Come pure all’esposizione permanente di una scoperta casuale, ma eccezionale: vale a dire la Tabula Cortonensis, il documento epigrafico che, con le sue 40 righe di testo e le 206 parole, costituisce il terzo dei testi etruschi per lunghezza giunti sino a noi. MUSEO DELL’ACCADEMIA ETRUSCA E DELLA CITTÀ DI CORTONA Cortona, piazza Signorelli 9 Info https://cortonamaec.org/it

nel 1840 e depositato nei locali dell’Accademia tra il 1842 e il 1846. Piú tardi la proprietaria decise di mettere in vendita l’opera a un prezzo di duemila scudi fiorentini. Uno dei capolavori della bronzistica etrusca avrebbe dunque potuto lasciare Cortona e l’Italia, ma gli Accademici riuscirono a evitare che ciò accadesse: ottennero una riduzione del prezzo sino a milleseicento scudi e aprirono una sottoscrizione tra i soci. La raccolta dei fondi non permise di raggiungere la cifra concordata e allora si decise di accendere un mutuo con il Monte dei Paschi di Siena, con la garanzia

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TOSCANA

Grosseto, Museo Archeologico e d’Arte della Maremma

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ale sicuramente la pena visitare, nel centro storico di Grosseto, il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma, che ha sede nel palazzo ottocentesco del Vecchio Tribunale e da lí raggiungere l’area archeologica di Roselle – una città di rilievo nell’antica Etruria – di cui Grosseto si considera a ragione l’erede. Il museo è articolato su piú piani e diviso per sezioni. Nella prima viene documentata la fase della sua formazione, con un’attenzione particolare per l’attività del canonico Giovanni Chelli, che molto s’impegnò per salvaguardare e

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In alto l’allestimento di una sala dedicata alle sculture della collezione. A sinistra tavoletta scrittoria in avorio intagliato, dal Circolo degli Avori della necropoli di Banditella (Marsiliana d’Albegna). VII sec. a.C. A destra pettine in avorio, proveniente anch’esso dal Circolo degli Avori. VII sec. a.C.

documentare il patrimonio archeologico locale ed evitarne la dispersione. Nella successiva, piú ampia e articolata in undici stanze, viene presentata la storia di Roselle: dai secoli d’oro dell’epoca etrusca al pieno inserimento nelle dinamiche di Roma, anzi sino alla loro destrutturazione e all’affacciarsi di un mondo nuovo. La terza sezione consente di allargare lo


Arezzo, Museo Archeologico Nazionale «Gaio Cilnio Mecenate» In basso il cratere detto «delle Amazzoni», capolavoro del ceramografo ateniese Eufronio. 510 a.C. circa.

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remila scudi, altrettanti elmi, dardi, giavellotti in ferro, cinquantamila lance lunghe, scuri, zappe, falci, gabbioni, macine per le necessità di quaranta navi da guerra, centoventimila moggi di grano fu il contributo offerto da Arezzo alla spedizione africana di Scipione: rifornimenti che confermano la prosperità raggiunta dalla città. Si tratta di uno degli episodi salienti della storia antica locale, che viene ripercorsa nel Museo Archeologico Nazionale «Gaio Cilnio Mecenate», grazie a reperti che documentano il livello del suo artigianato artistico e, in particolare, dei suoi ceramisti – che riuscirono a raggiungere un mercato su scala mediterranea

sguardo e di prendere in esame la documentazione archeologica della Maremma, dalla preistoria sino alla tarda antichità e, di conseguenza, il museo assume una rilevanza di tipo regionale. Vi sono esposti capolavori assoluti, quali un cratere euboico attribuito al Pittore di Cesnola (730 a.C. circa) e i reperti recuperati in alcuni dei piú significativi corredi funerari di età orientalizzante (per esempio il Circolo degli Avori di Marsiliana, o il Secondo Circolo delle Pellicce da Vetulonia). Al suo interno si trova anche la ricostruzione al vero del relitto africano di Giglio Porto (III secolo d.C.), con il suo carico di anfore olearie. Nello stesso edificio, al terzo piano, è ospitato il Museo di Arte Sacra della Diocesi di Grosseto, che comprende una sezione in cui viene illustrata la storia medievale e moderna della città, ampliando anche in questo caso lo sguardo sull’intera Maremma. MUSEO ARCHEOLOGICO E D’ARTE DELLA MAREMMA Grosseto, piazza Baccarini 3 Info https://www.museidimaremma.it

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TOSCANA

– e coroplasti. Terrecotte architettoniche realizzate da quest’ultimi sono state ritrovate in vari punti della città: via Roma, via G. Monaco, via della Società Operaia e nelle località Catona e Oriente. Non mancano capolavori assoluti importati dalla Grecia, come il cratere a volute di Eufronio (510-500 a.C.). Tra le collezioni donate al museo, va ricordata almeno quella di Gian Francesco Gamurrini (1835-1923), uno dei maggiori archeologi italiani. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE «GAIO CILNIO MECENATE» E ANFITEATRO ROMANO Arezzo, via Margaritone 10 Info http://www.polomusealetoscana.beniculturali.it

A sinistra un suggestivo scorcio dell’ex monastero medievale di Monte Oliveto, edificio dal singolare andamento curvilineo che sorge sui resti dell’anfiteatro romano e oggi sede del Museo Archeologico Nazionale. Qui sotto una delle sale del museo aretino. In basso, a destra il Museo Archeologico di Chianciano Terme.

Cetona, Museo Civico per la Preistoria del Monte Cetona

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l museo documenta le varie fasi del popolamento umano nella zona del Monte Cetona, dal Paleolitico sino al termine dell’età del Bronzo. Le prime testimonianze riguardano l’uomo di Neandertal, che abitò alcune grotte e alla cui presenza sono riconducibili strumenti di pietra scheggiati e resti degli animali cacciati. Durante il Neolitico e l’età del Rame la frequentazione dell’area appare sporadica, mentre un popolamento consistente si ebbe durante il II millennio a.C., in particolare, sul fianco orientale della montagna, in località Belverde. Qui i gruppi umani del tempo abitarono nei ripari sotto roccia, costruirono capanne e seppellirono i propri morti: la loro vita è documentata in maniera dettagliata dai materiali esposti. Si può quindi raggiungere il Parco

Chianciano Terme, Museo Civico Archeologico delle Acque

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l museo detiene un singolare primato: espone infatti il maggior numero di canopi al mondo, offrendo dunque una ricca testimonianza di una delle produzioni piú peculiari dell’artigianato artistico etrusco. La raccolta nasce dall’attività della locale Associazione Geo-archeologica che, costituita nel 1985, ha iniziato fin da subito a effettuare

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In alto l’interno di una delle capanne ricostruite nell’Archeodromo di Belverde. A sinistra una delle grotte del Monte Cetona. In basso alcuni esemplari di canopi facenti parte della collezione del Museo Archeologico di Chianciano Terme.

Archeologico e Naturalistico di Belverde, dove è possibile accedere ad alcune delle cavità che furono abitate, quali la Grotta di San Francesco, gli antri della Noce e del Poggetto. Non lontano dal parco si trova l’Archeodromo di Belverde, un percorso didattico che consente di completare la visita e dove, per esempio, è stato ricostruito un villaggio dell’età del Bronzo con capanne a grandezza naturale. MUSEO CIVICO PER LA PREISTORIA DEL MONTE CETONA Cetona, Palazzo Comunale, via Roma 37 Info http://preistoriacetona.it

ricerche sul territorio. Da queste indagini sono scaturite numerose scoperte – come quella, eccezionale, della necropoli di Tolle – che hanno portato di fatto alla nascita della struttura museale. Questa ultima è ospitata all’interno di un granaio ottocentesco situato a ridosso dell’attuale centro storico della cittadina termale e si articola su quattro piani. Oltre all’eposizione degli oggetti, il visitatore può avvalersi di ricostruzioni suggestive, immagini e video. Fra i reperti, fanno dunque la parte del leone i canopi, ovvero vasi cinerari a figura umana, rinvenuti nello scavo della necropoli poc’anzi ricordata (piano interrato); il corredo funerario di una tomba principesca databile nel VII secolo a.C. (piano terra); i resti del frontone di un tempio rinvenuto in località I Fucoli, in prossimità di una sorgente (piano primo); i reperti provenienti da un impianto termale di età romana (secondo piano). MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO DELLE ACQUE Chianciano Terme, viale Dante Info www.museoetrusco.it

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TOSCANA

Chiusi, Museo Nazionale Etrusco

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perto ogni giorno a volontà del visitatore. Biglietto d’ingresso: mezza lira; in piú una piccola mancia per il custode»: queste erano le informazioni che George Dennis forniva ai suoi lettori in The Cities and Cemeteries of Etruria (edizione del 1883). Il museo era stato istituito nel 1871, al termine di una stagione di ricerche intense, ma disordinate e legate al fiorente mercato antiquario del tempo. Filo conduttore dell’allestimento sono le vicende storiche di Chiusi dall’età del Bronzo sino all’epoca longobarda, attraverso i fasti della fase etrusca. Viene evidenziata anche la storia delle ricerche strettamente legata alla riflessione sulla figura di Porsenna. Si segnalano due realizzazioni tra le piú originali dell’artigianato chiusino: i canopi, ovvero vasi cinerari conformati a figura umana, e i cippi e le urne in pietra fetida decorate a bassorilievo. Su di essi sono raffigurati momenti della cerimonia funebre: il compianto del defunto, il trasporto del

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feretro, cortei di uomini e donne, ma anche giochi (la corsa a piedi, il pugilato, la lotta, il lancio del disco e del giavellotto, le gare tra cavalieri), danze e simposi. MUSEO NAZIONALE ETRUSCO Chiusi, via Porsenna 93 Info www.polomusealetoscana. beniculturali.it


Colle di Val d’Elsa, Museo Archeologico «Ranuccio Bianchi Bandinelli» e i Musei della Valdelsa

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notevolmente e anche per questo è attualmente in corso di riallestimento. Collegato al museo, è il Parco Archeologico di Dometaia, inaugurato nel 2011. La realtà archeologica della Valdelsa può essere compresa a pieno visitando anche gli altri Istituti museali della zona: i Musei Civici di San Gimignano (sezione archeologica), dove ora è esposto un bronzetto eccezionale simile a quello di Volterra noto come «Ombra della Sera»; il Museo Civico Archeologico e della Collegiata di Casole d’Elsa e il Museo Civico

l museo è intitolato alla memoria del grande storico dell’arte antica Ranuccio Bianchi Bandinelli (1900-1975), nato nella vicina Siena, e ha sede nel trecentesco Palazzo del Podestà. Il primo nucleo si formò negli anni Settanta del Novecento, per iniziativa del Gruppo Archeologico Colligiano, che seppe coinvolgere l’Amministrazione Comunale nel progetto: vennero acquistati, infatti, i reperti appartenenti alla collezione Terrosi, tra i quali figuravano quelli della tomba dei Calisna Sepu. Nei decenni successivi il museo si è arricchito In alto bronzetto etrusco, già nella collezione Ciampolini. Colle di Val d’Elsa, Museo Archeologico «Ranuccio Bianchi Bandinelli». Nella pagina accanto un’urna (in alto) e un sarcofago esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Chiusi. A sinistra e a destra uno specchio in bronzo e una situla, anch’essa in bronzo, dalla tomba dei Calisna Sepu, nella necropoli del Casone. Colle di Val d’Elsa, Museo Archeologico «Ranuccio Bianchi Bandinelli».

Archeologico di Abbadia a Isola (Monteriggioni), che verrà prossimamente aperto al pubblico. MUSEO ARCHEOLOGICO «RANUCCIO BIANCHI BANDINELLI» Colle di Val d’Elsa, piazza del Duomo 42 Info www.archeologiatoscana.it

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TOSCANA

Murlo, Museo Etrusco-Antiquarium di Poggio Civitate

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li scavi sulla vicina altura di Poggio Civitate hanno determinato la nascita del museo di Murlo: le ricerche furono subito fortunate e portarono alla scoperta di un palazzo, ricco di decorazioni in terracotta, alcune delle quali spiccatamente originali, come le statue poste sul colmo del tetto. Quando si visita un museo, è solitamente preferibile seguire il percorso indicato, ma in questo caso suggerisco di fare un’eccezione e salire subito al terzo piano, raggiungendo la sala XII. Invito, quindi, ad affacciarsi alle finestre e guardare fuori: avrete di fronte l’altura sulla quale era collocato l’insediamento etrusco da cui proviene la quasi totalità dei reperti esposti nella sale. Nel caso di Murlo, le pareti dell’edificio

sembrano separare, ma non dividere. Qui storia e paesaggio, oggi e ieri, sembrano vicini, intercambiabili, quasi sovrapponibili. Uscendo, porteremo con noi la sensazione di avere visitato un museo dove è documentata la vita e non sarebbe una sensazione errata: la quasi totalità dei reperti esposti proviene infatti da un palazzo e non da una o piú necropoli, come accade quasi sempre in un museo con antichità etrusche. ANTIQUARIUM DI POGGIO CIVITATE Murlo, piazza della Cattedrale 4 Info www.museisenesi.org

Pontremoli, Museo delle Statue Stele Lunigianesi

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ulla collina che domina il centro storico di Pontremoli, nel Castello del Piagnaro, è ospitato un museo di notevole suggestione, che accoglie una serie di statue stele rinvenute nella Lunigiana. Raffigurano in maniera stilizzata personaggi maschili e femminili e furono realizzate in un arco di tempo molto ampio: dalla fine del IV millennio a.C. sino al VII-VI secolo a.C. La serie è stata suddivisa in tre gruppi (A, B, C): il primo è il piú antico, mentre il gruppo C è il piú recente e vi si può osservare la

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crescente attenzione nella resa della figura umana. Le statue stele piú recenti sono da interpretare, con ogni probabilità, come monumenti funerari tesi a esaltare personaggi con ruoli di rilievo nella comunità. Le piú antiche potrebbero avere raffigurato immagini di divinità, ma non si può escludere che si riferissero ad antenati eroizzati o a capostipiti di clan patriarcali. Le statue stele erano posizionate sempre in punti di particolare interesse: in zone di caccia, di transito o di «guardia» ai villaggi.

Nella pagina accanto, al centro una sala del Museo Archeologico del territorio di Populonia, a Piombino. Nella pagina accanto, in basso un particolare dell’allestimento del Museo delle Statue Stele Lunigianesi a Pontremoli.


Qui accanto acroterio in terracotta raffigurante un uomo con copricapo, dagli scavi di Poggio Civitate. 600-550 a.C. Sullo sfondo l’altura di Poggio Civitate vista dal Museo etrusco di Murlo. A destra l’anfora in argento recuperata nelle acque di Baratti. V sec. d.C. Piombino, Museo Archeologico del territorio di Populonia.

Piombino, Museo Archeologico del territorio di Populonia

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l museo ha sede nel pieno centro storico di Piombino, nel Palazzo Nuovo realizzato agli inizi dell’Ottocento all’interno della Cittadella. La raccolta offre una panoramica delle vicende storiche di Populonia, con un’attenzione particolare per la fase etrusca. La città era l’unica polis a essere affacciata direttamente sul mare: un’anomalia, dal momento che gli Etruschi preferivano costruire le città a qualche chilometro di distanza dalla costa per motivi di sicurezza e per tenerle distinte dai porti. In questo caso fecero appunto un’eccezione e i motivi vanno ricercati nella conformazione del territorio, che vedeva un’altura facilmente

difendibile in prossimità della linea di costa, e nelle caratteristiche dell’economia locale strettamente legata all’attività metallurgica. Nel percorso espositivo s’incontrano autentici capolavori, come la celebre anfora d’argento rinvenuta nelle acque di fronte a Baratti e databile nel V secolo d.C. Il museo si segnala anche per l’attenzione prestata all’apparato didattico. MUSEO ARCHEOLOGICO DEL TERRITORIO DI POPULONIA Piombino, piazza Cittadella 8 Info www.parchivaldicornia.it; www.archeologiatoscana.it

MUSEO DELLE STATUE STELE LUNIGIANESI Pontremoli, Castello del Piagnaro Info www.statuestele.org

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Siena, Museo Archeologico Nazionale

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ra i primi interessi di un giovane Ranuccio Bianchi Bandinelli vi furono i reperti che, conservati a Siena, portarono prima alla costituzione, nel 1933, di un Antiquarium e poi dell’attuale museo. Lo studioso raccolse e ordinò i materiali della Raccolta Comunale e dell’Accademia dei Fisiocritici, cosí come quelli di altre collezioni. In un secondo momento, si aggiunsero le raccolte Chigi Zondadari e Bonci Casuccini. La prima comprendeva materiali del territorio senese e antichità acquistate sul mercato antiquario; mentre la

seconda era costituita da reperti rinvenuti nella zona di Chiusi. In anni ancora successivi il museo si è arricchito ulteriormente, grazie agli scavi della Soprintendenza Archeologica per la Toscana. Al di là del valore storico-artistico dei singoli oggetti, conta soprattutto il loro insieme, che documenta le vicende di Siena e del suo territorio in epoca antica, oscurate dallo splendore di quelle medievali.

Fronte di sarcofago con la raffigurazione delle Muse. I sec. d.C.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Siena, piazza Duomo 1 Info www.polomusealetoscana.beniculturali.it

Vetulonia, Museo Civico Archeologico «Isidoro Falchi»

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ella primavera del 1926 a Firenze venne organizzato il I Convegno Nazionale Etrusco, un avvenimento importante per l’etruscologia. Dal diario di viaggio, pubblicato negli Atti, sappiamo che i congressisti raggiunsero Vetulonia, dove furono accolti con grande onore: «Il suono della banda civica e lo scampanio gioioso del campanile della chiesa accompagnarono la comitiva nel giro del paese, tutto pavesato a festa». Oggi Vetulonia, suggestivo borgo della Maremma, possiede un museo archeologico ben allestito, che consente di comprendere al meglio le vicende storiche del centro. Svolge anche un’attività vivace, con mostre tematiche e cicli di conferenze. Il museo è dedicato alla memoria di Isidoro Falchi, il medico condotto con la passione per l’archeologia a cui si deve l’identificazione del sito. Un riconoscimento, al tempo, molto discusso al punto che il Ministero della Pubblica Istruzione venne costretto a

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nominare una commissione di esperti per venire a capo della questione. Alla fine si dovette riconoscere che Falchi aveva visto giusto. MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO «ISIDORO FALCHI» Vetulonia, piazza Vetluna Info www.museoisidorofalchi.it

Arca in lamina di bronzo decorata a sbalzo e rivestita in argento, dalla Tomba del Duce a Vetulonia, scoperta da Isidoro Falchi. VII sec. a.C.



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Volterra, Museo etrusco Guarnacci

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uando si giunge a a Volterra, la visita del Museo etrusco Guarnacci è d’obbligo: nelle sue sale, infatti, è possibile ripercorrere le principali vicende storiche del centro sulla base della documentazione archeologica. Un’attenzione particolare è giustamente rivolta all’ellenismo, che fu una delle stagioni d’oro per Volterra, a cui sono riferibili, soprattutto, le magnifiche urne in alabastro. Questi manufatti, di fattura

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In alto urna con scena ispirata a una tragedia di Euripide. Metà del II sec. a.C. A destra un’altra urna, su cui compare la scena del commiato fra un uomo e una donna, ai limiti della tomba. II sec. a.C.


A destra l’Urna degli Sposi, cosí denominata per la coppia di anziani coniugi ritratta sul coperchio. 90-80 a.C. In basso l’Ombra della Sera, bronzetto che raffigura un devoto. Decenni finali del III sec. a.C.

Qui accanto la stele di Avile Tite, il cui nome compare nell’iscrizione che corre sul margine del manufatto, intorno alla figura di un guerriero. 550 a.C. circa.

pregevolissima, contenevano le ceneri del defunto e i loro coperchi sono quasi sempre scolpiti in forma di banchettante, a conferma di come l’ideologia aristocratica del simposio fosse riuscita ad attraversare secoli e classi sociali. La fronte, invece, è decorata a bassorilievo e vi figurano miti greci, vissuti come propri dagli Etruschi, e saghe locali. Talvolta vi è scolpito il saluto estremo del defunto, o un riferimento alla realtà ultraterrena. Esse recano inoltre un’iscrizione col ricordo del nome della persona scomparsa. Si possono inoltre segnalare alcuni pezzi di particolare pregio, come la stele di Avile Tite; un coperchio di urna realizzato in terracotta e noto come «Urna degli Sposi»; nonché lo straordinario bronzetto denominato Ombra della Sera: ritrae un devoto, la cui figura allungata spiega bene la sua denominazione, che si dice sia stata coniata da Gabriele D’Annunzio, il quale fa visitare il museo volterrano dai protagonisti del romanzo Forse che sí forse che no. MUSEO ETRUSCO GUARNACCI Volterra, via Don Minzoni 15 Info www.comune.volterra.pi.it/

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UMBRIA UMBRIA

Perugia, Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria

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intera realtà archeologica dell’Umbria è riassunta nel museo perugino. Il percorso espositivo si articola in piú sezioni: preistoria e protostoria; Umbri ed Etruschi; le necropoli etrusche; Perugia dalle origini all’epoca tardoantica; l’epoca romana. La sezione dedicata alla preistoria e alla protostoria offre inizialmente una sintesi della paleoantropologia e poi, dopo un’analisi delle tecniche di scheggiatura della pietra, un quadro esauriente dell’epoca neolitica con un’attenzione particolare per l’utilizzo delle grotte a fini di culto e per gli abitati. Segue quindi l’illustrazione dell’età del Bronzo. La sezione In alto una delle urne della Tomba dei Cutu, ricostruita nel museo. A sinistra il Cippo di Perugia. III-II sec. a.C. In basso il sarcofago dello Sperandio. 510-500 a.C.

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successiva è incentrata sul I millennio a.C., epoca in cui la regione era divisa tra Umbri ed Etruschi, con il fiume Tevere a fare da confine. Un confine, comunque, permeabile a influssi reciproci. La sezione è ospitata in un ampio salone al primo piano, dove un corridoio rappresenta idealmente proprio il Tevere: i materiali umbri occupano il lato sinistro dell’ambiente, mentre i reperti etruschi sono collocati sul lato destro, evocando appunto la


Orvieto, Museo «Claudio Faina» posizione geografica dei due popoli rispetto al fiume. Ampio spazio hanno i reperti provenienti dalle necropoli, che fotografano gli indirizzi presi dalla ricerca nel corso del tempo. In questo settore si può ammirare il celebre sarcofago dello Sperandio. La Tomba dei Cutu, ricostruita in un’ambientazione ipogea di suggestione notevole, non è compresa nella sezione, ma s’incontra all’uscita dal museo. Il quadro articolato della regione trova un suo parziale superamento nell’ultima sezione, dedicata ai processi di romanizzazione. Uno dei pezzi piú noti del museo è il Cippo di Perugia, la cui importanza deriva dal fatto che su di esso è incisa una delle iscrizioni in lingua etrusca piú lunghe tra quelle giunte sino a noi. Nel testo sono ricordati accordi stipulati tra le famiglie dei Velthina e degli Afuna in merito alla proprietà, o alla conduzione di alcuni terreni.

In alto il complesso di S. Domenico, oggi sede del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, a Perugia. In basso una sala del Museo «Claudio Faina» di Orvieto. Si riconosce, in secondo piano, il cippo a testa di guerriero, dalla necropoli di Crocifisso del Tufo. 530-520 a.C.

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l fascino di una collezione sta in quel tanto che rivela e in quel tanto che nasconde della spinta segreta che ha portato a crearla»; questa osservazione, che Italo Calvino inserisce in Collezione di sabbia, va tenuta presente percorrendo le sale del museo, che sembrano progettate proprio in funzione di quella «spinta segreta» che indusse i conti Mauro ed Eugenio Faina a divenire collezionisti di antichità. Nata come raccolta privata, è divenuta pubblica grazie a Claudio jr. Faina, che la donò alla città di Orvieto nel 1954. Il percorso espositivo si apre con la presentazione del monetiere: poche monete etrusche, italiche e greche si alternano con le numerose romane, in bronzo e in argento, di epoca repubblicana e imperiale. Quindi

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELL’UMBRIA Perugia, piazza Giordano Bruno 10 Info www.musei.umbria.beniculturali.it

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UMBRIA

s’incontrano un interessante canopo e alcune urne di epoca ellenistica da Chiusi. Nelle sale successive ricca è la serie delle ceramiche attiche a figure nere e rosse: vi si trovano capolavori assoluti, fra cui tre anfore attribuite a Exekias, il maggiore ceramografo attico nella tecnica a figure nere. Il percorso prosegue al secondo piano e qui gli oggetti sono disposti secondo il tradizionale criterio cronologico e tipologico: le punte di freccia precedono le ceramiche dell’età del Bronzo Finale e della fase villanoviana, seguite dai buccheri. Dopo il luogo di sosta – un lungo corridoio da cui si può ammirare da una posizione insolita, all’altezza del rosone, la splendida facciata della Cattedrale orvietana – i reperti archeologici tornano protagonisti: di nuovo ceramiche attiche a figure nere e rosse. Quindi i bronzi e, infine, una sorta di antologia della produzione ceramica etrusca. A conclusione del percorso è visibile la raccolta di vasi riunita da Mario Lolli Ghetti e donata al museo nel 2017. Palazzo Faina, al pianterreno, ospita anche la collezione civica di archeologia, alla quale appartengono pezzi molto noti, frutto di ritrovamenti ottocenteschi: la «Venere» di Cannicella, il cippo a testa di guerriero, alcuni altorilievi in terracotta dal tempio di Belvedere.

A destra e qui sotto la «Venere» di Cannicella, cosí chiamata perché proveniente dall’omonima area sacra, ai piedi della rupe orvietana. 530-520 a.C.

MUSEO «CLAUDIO FAINA» Orvieto, piazza Duomo 29 Info http://museofaina.it A sinistra una delle sale del museo. Nelle vetrine sono riuniti vasi attici a figure nere e rosse, di cui la collezione possiede numerosi esemplari, anche di grande pregio, come nel caso di tre anfore attribuite a Exekias.

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Assisi, Foro Romano e Collezione Archeologica

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ohann Wolfgang Goethe, durante il suo viaggio in Italia, arrivò il 25 ottobre 1786 a Perugia e di lí raggiunse Assisi, dove descrisse con entusiasmo il tempio di Minerva, il primo edificio antico non in rovina che aveva potuto osservare: «È di proporzioni modeste, ma cosí perfetto, cosí felicemente ideato, che potrebbe rifulgere in qualsiasi luogo». Proprio in prossimità dell’antico luogo di culto, dall’ex cripta di S. Niccolò, sede espositiva di antichità sin dall’Ottocento, si accede a un’area archeologica situata al di sotto dell’attuale piazza del Comune, dove viene posizionato tradizionalmente il foro dell’Assisi romana. Si distinguono un’area pavimentata, il muro di terrazzamento del tempio con una lunga iscrizione, che ricorda lavori promossi da

In alto i resti visibili sotto l’odierna piazza del Comune di Assisi, identificati con il foro della città romana. A destra modellino del tempio di Minerva.

magistrati locali, e un basamento che sorreggeva le statue dei Dioscuri. Nella sala delle Volte sono esposte sculture romane in marmo. FORO ROMANO E COLLEZIONE ARCHEOLOGICA Assisi, via Portica 2 Info www.umbriacultura.it

Foligno, Museo della Città

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l Museo della Città è ospitato all’interno di Palazzo Trinci, un edificio costruito tra il XIV e il XV secolo come residenza per la nobile famiglia che governò la città tra il 1305 e il 1439. Con l’annessione di Foligno allo Stato della Chiesa, divenne la sede del Governatore pontificio, mentre all’indomani dell’Unità

Uno scorcio di Palazzo Trinci, oggi sede del Museo della Città di Foligno.

d’Italia fu utilizzato per varie funzioni. Dal 2000, dopo una profonda ristrutturazione, è stato aperto al pubblico: accoglie il museo archeologico, la pinacoteca, il museo dell’Istituzione comunale e un museo multimediale sulle giostre e i tornei. A Foligno si svolge infatti la Giostra della Quintana. Nella sezione archeologica si dà conto delle popolazioni umbre dei Fulginates e dei Plestini e della successiva romanizzazione della zona attraverso resti lapidei, urne cinerarie e sarcofagi che giungono sino all’età tardo-romana. Antichità sono presenti anche nelle stupende sale affrescate del palazzo, nel rispetto della loro collocazione originaria, che è stato possibile ricostruire.

MUSEO DELLA CITTÀ Foligno, Palazzo Trinci, piazza della Repubblica Info www.umbriacultura.it

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TOSCANA

Orvieto, Museo Archeologico Nazionale

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ggetti in grado di testimoniare il collezionismo ottocentesco e reperti scoperti di recente costituiscono il patrimonio del Museo Archeologico Nazionale di Orvieto, sorto nel 1982. Esso scaturisce dalla prima collezione archeologica pubblica della città: accoglie, infatti, gran parte dei reperti del Museo Civico Archeologico, voluto soprattutto da Eugenio Faina e inaugurato nel 1879. Un ulteriore salto di qualità venne fatto nel biennio 1884-1885: l’allestimento fu curato da Adolfo Cozza, deciso a farne «la grammatica dell’arte etrusca». E nella prima metà del Novecento la collezione continuò ad arricchirsi. Negli anni Sessanta e Settanta dello stesso secolo la raccolta è stata divisa: dal settore piú consistente di essa nel 1982 – come detto – è

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In alto affreschi della Tomba Golini I. Seconda metà del IV sec. a.C. A destra testa di divinità maschile dall’area di Campo della Fiera (Fanum Voltumnae). Fine del V-inizi del IV sec. a.C. In basso cratere a calice del Pittore dei Niobidi. 460 a.C.


sorto il Museo Archeologico Nazionale, nel quale sono confluiti i reperti di ritrovamento recente, come quelli scoperti – nel corso degli ultimi anni – in località Campo della Fiera dove si sta riportando alla luce il Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi. Tra le numerose e interessanti opere esposte, meritano d’essere ricordati gli affreschi delle tombe dipinte etrusche denominate Golini I e Golini II dal cognome dello scopritore.

Spoleto, Museo Archeologico Nazionale

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Orvieto, piazza del Duomo Infowww.musei.umbria.beniculturali.it In alto coperchio con presa in forma di animale, dalla necropoli di via Cerquiglia. VII sec. a.C. A sinistra statua in terracotta policroma raffigurante un personaggio maschile con clamide dal tempio di Belvedere. 400 a.C. circa. Orvieto, Museo Archeologico Nazionale. In basso il teatro romano di Spoleto, edificato nel I sec. a.C.

«Q

uesto bosco sacro nessuno violi. Non si trasporti, né si sottragga ciò che al bosco appartiene, né si faccia legna se non nel giorno del sacrificio annuo»: sono le prime righe di un’iscrizione – nota come lex Spoletina – incisa su un cippo realizzato poco dopo il 241 a.C., anno in cui avvenne la deduzione della colonia di diritto latino di Spoletium. Quel cippo è oggi esposto nel Museo Archeologico Nazionale, che documenta la fase romana della città attestata da altre iscrizioni, col ricordo delle magistrature cittadine e delle divinità venerate nella colonia – trasformata poi in municipio nel 90 a.C. e iscritta alla tribú Horatia – e da ritratti maschili e femminili. Lungo il percorso espositivo si dà anche conto di quando Spoleto, prima della romanizzazione, era un oppidum degli Umbri. Accanto al museo è situato il teatro, costruito tra il 50 e il 25 a.C.: il diametro della cavea originaria doveva superare i 70 m.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE E TEATRO ROMANO Spoleto, via S. Agata 18/A Info www.musei.umbria.beniculturali.it

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UMBRIA

Torgiano, Museo del Vino e Museo dell’Olivo e dell’Olio

Qui accanto lampada a olio di produzione turca. A sinistra plastico ricostruttivo della villa che Plinio il Giovane possedeva presso Tifernum Tiberinum (oggi Città di Castello), un tipico esempio di struttura produttiva olearia di età romana. In basso, a sinistra un antico torchio oleario. In basso, a destra un esemplare di kylix, la tipica coppa a due manici usata nel corso del banchetto, da Vulci. VI sec. a.C.

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Torgiano, uno dei borghi piú caratteristici dell’Umbria, hanno sede due musei archeologici e storico-artistici, dedicati rispettivamente al Vino e all’Olivo e all’Olio. Entrambi sono stati voluti e vengono gestiti dalla famiglia Lungarotti. Il Museo del Vino è aperto al pubblico dal 1974 e ha sede nel seicentesco Palazzo Graziani Baglioni. Vi sono esposti reperti archeologici che coprono un arco cronologico molto ampio, con le fasi greca, etrusca e romana ben documentate. Il Museo dell’Olivo e dell’Olio è stato allestito

invece all’interno di alcune abitazioni medievali, che avevano ospitato un frantoio rimasto in uso sino a pochi decenni fa. Vi sono esaminati i molteplici usi dell’olio: dall’alimentazione all’illuminazione, dalla medicina alla cosmesi, non trascurando il valore sacro assunto nei rituali religiosi durante il tempo. MUVIT-MUSEO DEL VINO Torgiano, corso V. Emanuele 31 MOO-MUSEO DELL’OLIVO E DELL’OLIO Torgiano, via G. Garibaldi 10 Info www.muvit.it

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MARCHE MARCHE

Ancona, Museo Archeologico Nazionale delle Marche

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ue figure sono centrali nella nascita del Museo Archeologico Nazionale delle Marche: il conte e studioso di epigrafia Carlo Rinaldini (1824-1866) e il professore di lettere Carisio Ciavarini (1837-1905). Entrambi erano animati da un interesse profondo per il mondo antico e dall’impegno politico a favore nella nuova Italia, appena unificata. Avrebbero voluto che il Regno d’Italia si distinguesse nella tutela e nella conservazione del patrimonio storico e artistico. Per questo immaginarono di dare vita a un museo che «raccogliesse tutti i monumenti dall’età della pietra in poi, rinvenuti con certezza nella regione», secondo quanto affermato esplicitamente da Ciavarini. La testimonianza è importante, in quanto suggerisce la volontà di evitare la dispersione del patrimonio archeologico regionale, dando valore al luogo e al contesto di rinvenimento, e, al contempo, la consapevolezza della necessità di documentare l’intera sua storia, a partire «dall’età della pietra». Da allora il museo ha avuto numerose vicissitudini, compresa la statalizzazione, avvenuta nel 1927, e il trasferimento nella prestigiosa sede del

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cinquecentesco palazzo della famiglia Ferretti, ma l’impronta dei due fondatori non è stata dimenticata. Il percorso espositivo si apre con la sezione preistorica, dove una vetrina multimediale accoglie la Venere di Frasassi, risalente a 28/25 000 anni fa. Vi si trovano anche reperti litici del Monte Conero risalenti a 300 000 anni fa, i resti dell’insediamento neolitico di Ripabianca di Monterado (VI millennio a.C.), venticinque pugnali in bronzo dal ripostiglio di Ripatransone (1800-1600 a.C.). Segue la sezione protostorica, con i piú significativi corredi funerari dei Piceni, alcune stele e testimonianze della scrittura di questo importante popolo italico. I rinvenimenti di età classica e tardo-classica sono

In alto una veduta di Palazzo Ferretti, trasformato nella sede del museo. In basso le terrecotte policrome superstiti del frontone e del fregio di Civitalba. Seconda metà del II sec. a.C. Nella pagina accanto, a sinistra lastra marmorea rettangolare raffigurante una suonatrice di cetra. II-I sec. a.C. Nella pagina accanto, a destra la Venere di Frasassi, figurina femminile in steatite rinvenuta in una cavità delle gole omonime. 28/25 000 anni fa.


testimoniati soprattutto dalle ceramiche attiche rinvenute a Numana-Sirolo, mentre la successiva presenza dei Celti è suggerita dai monili e dalle armi recuperati nelle necropoli di Santa Paolina di Filottrano e Montefortino di Arcevia. La fase romana, infine, è illustrata, in particolare, dal fregio e dal frontone di Civitalba. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLE MARCHE Ancona, via Ferretti (Palazzo Ferretti) Info www.musei.marche.beniculturali.it

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MARCHE

Pesaro, Museo Archeologico Oliveriano

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ll’origine del Museo Archeologico Oliveriano troviamo due dei protagonisti principali di una stagione di studi denominata Etruscheria, che caratterizzò il Settecento italiano e i cui echi si avvertirono sino ai decenni iniziali dell’Ottocento: Annibale degli Abbati Olivieri (1708-1789) e Giovan Battista Passeri (1694-1780). Il primo, nel 1756, decise di donare la raccolta di antichità che aveva riunito sino a quel momento, insieme a una biblioteca ben fornita, alla sua città natale. Nel 1787 fece una nuova donazione, comprendente la collezione archeologica e numismatica, che, nel frattempo, aveva ricevuto dall’amico, insieme a 20 000 ulteriori volumi della sua biblioteca. Questo secondo lascito pose le basi per la creazione del museo, che fu aperto al pubblico, insieme alla

biblioteca, il 2 maggio 1793. Era ospitato al pianterreno di Palazzo Olivieri-Machirelli: il donatore aveva previsto anche un lascito per la sua conservazione e il suo sviluppo. Alla fine dell’Ottocento, tra il 1885 e il 1892, museo e biblioteca furono trasferiti nella sede attuale, all’interno del settecentesco Palazzo Almerici. Al nucleo originario si sono aggiunte, col tempo, altre antichità, come i reperti provenienti da una necropoli scavata nei pressi di Novilara per iniziativa di Edoardo Brizio e con la direzione di Raniero Mengarelli negli anni 1892-1893. Il museo si sviluppa su tre ampie sale con volta a crociera. Nella prima trovano collocazione materiali di epoca romana provenienti per lo piú dalla raccolta del fondatore e una parte della collezione numismatica. Nella seconda si trovano i reperti della necropoli di Novilara e la famosa stele della Naumachia. La sala finale si presenta piú eterogenea comprendendo diverse sezioni al suo interno. Altre antichità sono visibili nella sala affrescata, detta dello Zodiaco, nella zona del palazzo occupata dalla biblioteca.

BIBLIOTECA E MUSEI ARCHEOLOGICI OLIVERIANI Pesaro, via Mazza 97 Info www.oliveriana.pu.it

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A sinistra stele in arenaria con scena di naumachia, da Novilara. VI sec. a.C. In basso una sezione del museo allestita in una delle ampie sale ingentilite da volte a crociera.


Arcevia, Museo Archeologico Statale

I

l museo è sorto nel 1996 in ambienti restaurati appositamente e prossimi al chiostro di S. Francesco per iniziativa dell’allora Soprintendenza Archeologica delle Marche e dell’Amministrazione Comunale. Accoglie reperti recuperati nel territorio di Arcevia in tempi diversi e che coprono un arco temporale molto ampio: dai siti paleolitici di Ponte di Pietra e Nidastore sino alla romanizzazione. Vi spiccano i resti del villaggio fortificato eneolitico di Conelle, dell’insediamento d’altura di Monte Croce Guardia (fine dell’età del Bronzo) e i corredi di nove tombe della necropoli gallica di Montefortino, con oreficerie, statuette votive,

Una vetrina del museo, nella quale sono riuniti materiali facenti parte di corredi funerari di tombe della necropoli gallica di Montefortino.

ceramiche e bronzi d’importazione dall’area etrusca. Singolari sono tre stele funerarie con la raffigurazione scolpita della porta degli Inferi sulla fronte e, sul retro, una piccola nicchia con una funzione cultuale, oppure destinata ad accogliere una parte delle ceneri del defunto. Due di esse provengono dalla zona di Arcevia, una dai dintorni di Fabriano. MUSEO ARCHEOLOGICO STATALE Arcevia, corso Mazzini Info www.musei.marche.beniculturali.it

Ascoli Piceno, Museo Archeologico Statale

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l cinquecentesco Palazzo Panichi, che si affaccia su piazza Arringo, nel centro storico di Ascoli Piceno, ospita il museo aperto al pubblico dal 1981. Il suo nucleo originario va riconosciuto nella donazione che il vescovo Alessandro Odoardi fece alla sua città natale alla fine del Seicento. A partire dagli anni Settanta dell’Ottocento si sono susseguite nuove donazioni, che lo hanno arricchito notevolmente. Il percorso espositivo segue il criterio cronologico: la visita si apre con la presentazione di testimonianze che vanno dal Paleolitico all’età del Bronzo; segue quindi la sezione picena, che è la piú ricca e interessante: si può segnalare, in particolare, la stele di Castignano, che reca una testimonianza significativa della scrittura alfabetica sud-picena. La sezione romana chiude il percorso consigliato: qui si possono ammirare uno splendido mosaico con emblema centrale a doppio volto e una raccolta di ghiande missili, che testimoniano la resistenza picena a Roma durante la guerra sociale (91-88 a.C.). Vi si trova anche un ritratto in marmo dell’imperatore Traiano rinvenuto localmente.

La sala del museo in cui è esposto un magnifico mosaico con emblema centrale a doppio volto. I sec. d.C.

MUSEO ARCHEOLOGICO STATALE Ascoli Piceno, piazza Arringo Info www.musei.marche.beniculturali.it

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TOSCANA

Pergola, Museo dei Bronzi Dorati e della Città

Cingoli, Museo Archeologico Statale

L’

insediamento di Moscosi-Piano di Fonte Marcosa, scavato negli anni Ottanta del Novecento in previsione dei lavori per la costruzione della diga di Castriccioni, presenta continuità di vita dall’età del Bronzo sino all’epoca romana. A questo importante sito archeologico è dedicato il museo: i reperti esposti illustrano un’interessante tipologia abitativa di tipo sub-palafitticolo. Vi si può osservare, in particolare, l’unico esempio di pavimento per abitazione ottenuto con un reticolato di travi lignee attestato nelle Marche. Documentate sono anche le attività artigianali e metallurgiche sviluppatesi a partire dall’età del Bronzo Recente. Al nucleo originario si sono aggiunti i rinvenimenti di cui il territorio cingolano è stato teatro negli anni successivi. Uno spazio significativo è dato al santuario di San Vittore di Cingoli, frequentato dal VI secolo a.C. sino alla prima età imperiale. Tra i reperti esposti di epoca romana si possono ricordare una statua in calcare raffigurante il dio Attis e una serie di testimonianze epigrafiche.

MUSEO ARCHEOLOGICO STATALE Cingoli, piazza Vittorio Emanuele II Info www.musei.marche.beniculturali.it

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A sinistra statua in calcare raffigurante il dio Attis. II sec. d.C. In basso il gruppo dei Bronzi Dorati di Cartoceto. I sec. a.C.I sec. d.C. Le statue ritraggono, probabilmente, un gruppo familiare, composto in origine da due coppie di figure femminili ammantate e velate, e da due cavalieri in veste militare d’alto rango, con cavalli riccamente bardati.

L

a musealizzazione dei Bronzi Dorati di Cartoceto ha rappresentato un caso: per anni la comunità di Pergola ha rivendicato il diritto a conservarli e a valorizzarli in loco. Ora l’eccezionale complesso statuario è esposto nel trecentesco convento di S. Giacomo, insieme ad altre testimonianze – non solo archeologiche – della zona. La statue, che erano state riposte in una fossa durante l’antichità, vennero scoperte casualmente nel 1946 da due contadini, in località Cartoceto. La loro datazione oscilla tra i decenni finali del I secolo a.C. e quelli iniziali del I secolo d.C. Si tratta dell’unico gruppo scultoreo in bronzo dorato che dall’età romana sia giunto sino a noi. La sezione archeologica del museo comprende anche 238 monete, donate da don Giovanni Carboni al Comune di Pergola nel 1971. La sezione storico-artistica accoglie dipinti, disegni, stampe, sculture, arredi in legno, databili tra il Trecento e il Settecento. MUSEO DEI BRONZI DORATI E DELLA CITTÀ Pergola, largo S. Giacomo Info www.bronzidorati.com


San Severino Marche, Museo Civico Archeologico «Giuseppe Moretti»

G

iuseppe Moretti è stato un insigne archeologo italiano del Novecento e ha avuto incarichi rilevanti di responsabilità nella gestione dei beni culturali del nostro Paese. Alla sua memoria è dedicato il Museo Civico Archeologico di San Severino Marche, allestito nell’antico episcopio di Castello al Monte. Il percorso espositivo è cronologico e prende avvio con la sezione preistorica, che comprende i manufatti litici e fittili della collezione Pascucci. Prosegue con la sezione picena, che accoglie alcuni corredi funerari provenienti dalla necropoli di Pitino. Interessante è anche lo spazio dedicato alle antichità romane con una serie di cippi funerari e di materiali provenienti dalla città di Septempeda (l’antica San Severino Marche). L’allestimento ha previsto un apparato informativo accurato e un video che mostra i reperti scoperti in loco e conservati oggi nel Museo Archeologico Nazionale delle Marche ad Ancona, creando una sinergia tra i due musei. MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO «G. MORETTI» San Severino Marche, via Castello al Monte Info http://turismo.comune.sanseverinomarche.mc.it

A sinistra un particolare dell’allestimento del Museo «Giuseppe Moretti» di San Severino Marche. A destra, dall’alto un ritratto marmoreo, una statua e un cratere in marmo appartenenti alle collezioni del Museo Archeologico Statale di Urbisaglia. In basso, a sinistra mosaico pavimentale policromo. San Severino Marche, Museo Civico Archeologico «Giuseppe Moretti».

Urbisaglia, Museo Archeologico Statale

I

n un edificio del centro della cittadina di Urbisaglia è ospitato il museo che documenta le vicende storiche della città romana di Urbs Salvia. Dell’antico centro si conservano lunghi tratti delle mura urbiche, il teatro – costruito sfruttando un pendio naturale del terreno nei decenni iniziali del I secolo d.C. –, un criptoportico, che delimitava l’area di un tempio alla dea Salus (20-40 d.C.); un anfiteatro di epoca flavia, realizzato in opera cementizia con un paramento in mattoni. Il museo è stato aperto al pubblico nel 1996 e accoglie le sculture che ornavano il teatro, affreschi dall’area monumentale della città, iscrizioni, un pregevole cratere in marmo recuperato in recenti campagne di scavo, bronzetti e monete. Lungo il percorso espositivo si dà conto della vita quotidiana di Urbs Salvia dal II secolo a.C. sino alla fine dell’impero romano. MUSEO ARCHEOLOGICO STATALE Urbisaglia, traversa Piccinini Info www.musei.marche. beniculturali.it/

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ROMA LAZIO

Roma, Museo Nazionale Romano

I

l Museo Nazionale Romano si articola in quattro sedi: Palazzo Massimo, le Terme di Diocleziano, Palazzo Altemps e la Crypta Balbi. Palazzo Massimo, situato vicino alla Stazione di Roma Termini, accoglie una delle collezioni di arte antica piú significative del nostro Paese. Il percorso espositivo si snoda su quattro piani: al pianterreno sono collocati originali greci

Una delle sale del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo dedicate alla scultura antica. Fra le varie opere, si riconosce, sullo sfondo, il Discobolo Lancellotti.

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Museo delle Civiltà

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rinvenuti a Roma, tra cui il Pugile, il Principe ellenistico e la Niobide dagli Horti Sallustiani. Come pure opere romane di età repubblica e imperiale: è il caso, per esempio, della statua di Augusto come pontefice massimo. La rassegna dei capolavori prosegue al primo piano, dove vi sono, fra gli altri, il Discobolo Lancellotti, la Fanciulla di Anzio, l’Ermafrodito dormiente e il sarcofago con scena di battaglia da Portonaccio. Al piano ancora superiore l’attenzione si sposta sulle decorazioni di domus prestigiose, attraverso l’esposizione di pareti affrescate, staccate dai muri originari, e pavimenti mosaicati. Il piano interrato accoglie una ricca sezione numismatica e la mummia di Grottarossa. A poca distanza da Palazzo Massimo, si possono visitare le grandiose Terme di Diocleziano, che sono state la prima sede del Museo Nazionale Romano istituito nel 1889. Qui si può ammirare l’imponente Aula Decima, passeggiare nel chiostro michelangiolesco della Certosa, osservare numerose antichità e le sezioni dedicate alla protostoria dei popoli latini e all’epigrafia romana.


A sinistra la statua in bronzo del Pugile, detto «delle Terme» o anche «del Quirinale», uno splendido originale greco scoperto a Roma nel 1885.

Presso la Crypta Balbi, originariamente un vasto portico annesso al teatro che Lucio Cornelio Balbo aveva costruito nel 13 a.C., sono stati musealizzati i reperti – recuperati grazie a un esemplare intervento di archeologia urbana – che documentano, in particolare, la trasformazione di Roma tra l’età tardo-antica e l’Alto Medioevo (V-IX secolo d.C.). A Palazzo Altemps, una magnifica dimora del Cinquecento situata a poca distanza da piazza Navona, viene illustrata la storia del collezionismo: vi sono infatti confluite varie raccolte aristocratiche di particolare pregio: Altemps, Boncompagni Ludovisi, Mattei, Del Drago, solo per citare le piú note. A esse è stata recentemente affiancata la sterminata ed eterogenea collezione riunita dal cantante Evan Gorga all’inizio del Novecento.

MUSEO NAZIONALE ROMANO Terme di Diocleziano: via Enrico de Nicola 78 Palazzo Massimo: largo di Villa Peretti 2 Palazzo Altemps: piazza S. Apollinare 46 Crypta Balbi: via delle Botteghe Oscure 31 Info https://museonazionaleromano.beniculturali.it

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SORANO

cui arcate monumentali si affacciano sul Foro Romano. Le opere comprese nelle raccolte sono innumerevoli e qui ci limitiamo a segnalarne alcune, a partire dalla piú nota: la statua equestre dell’imperatore Marco Aurelio, che fino a tempi recenti ha occupato il centro della piazza, dove ora è stata sostituita da una copia. Quindi i resti imponenti del tempio di Giove Capitolino, l’edificio sacro piú significativo del mondo romano. Si possono ricordare poi alcuni bronzi: la già citata Lupa Capitolina, ovviamente, lo Spinario, raffigurante un giovane seduto intento a togliersi una spina dal piede, il ritratto di Lucio Giunio Bruto (noto come Bruto Capitolino), un cratere di Mitridate VI Eupatore. Possiamo poi ricordare la Venere Capitolina, tre rilievi dell’epoca dell’imperatore Marco Aurelio, il ritratto di Commodo come Ercole. Da non perdere è la ricchissima galleria di ritratti di imperatori, esponenti della famiglia imperiale e filosofi. Tra le raccolte pervenute al museo, va ricordata quella di Augusto Castellani.

Roma, Musei Capitolini

I

Musei Capitolini sono il piú antico museo pubblico del mondo. Il loro atto di nascita si deve, infatti, alla donazione di alcune opere, conservate precedentemente in Laterano, da parte del pontefice Sisto IV al popolo romano. Nella donazione era compresa la celebre statua in bronzo nota come Lupa Capitolina, che è divenuta l’emblema della città e, in una qualche misura, della romanità. Da alcuni anni si discute se sia antica – come si è creduto per secoli –, o se si tratti di una realizzazione medievale, o, ancora, di una copia medievale di una statua antica, ma il valore simbolico e la qualità artistica non sono in discussione. I Musei Capitolini si sviluppano negli ambienti di due palazzi: il Palazzo dei Conservatori e il Palazzo Nuovo, che insieme al Palazzo Senatorio, delimitano la piazza del Campidoglio, una delle piú belle d’Italia. I due edifici sono collegati tra loro da un corridoio sotterraneo che ospita la Galleria Lapidaria e conduce all’antico Tabularium, le

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In alto il monumento equestre dedicato all’imperatore Marco Aurelio. 161-180 d.C. A destra la Lupa Capitolina, scultura in bronzo che può essere assegnata a a botteghe etrusche o magno-greche attive nel V sec. a.C. Anche se, negli ultimi anni, non sono mancate proposte di attribuzione assai diverse, che comprendono l’ipotesi secondo cui l’opera sarebbe di epoca medievale.

MUSEI CAPITOLINI Roma, piazza del Campidoglio 1 Info www.museicapitolini.org/


Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

P

er avvicinarsi alla civiltà etrusca, è d’obbligo la visita di questo museo, inaugurato nel 1889, per volontà dell’archeologo Felice Barnabei (1842-1922): nelle sue intenzioni iniziali avrebbe dovuto documentare gli straordinari risultati delle campagne di scavo

che lo studioso aveva promosso a Civita Castellana (l’antica Falerii). Doveva dare conto anche dell’impegno e delle capacità gestionali del nuovo Regno d’Italia in materia di beni culturali. Il museo crebbe in fretta e iniziò a documentare non soltanto l’area falisca, ma anche l’Etruria meridionale, che continuava a restituire opere di grande interesse, suggerendo che la stagione degli eccezionali ritrovamenti, avviatasi nella prima metà dell’Ottocento, non si era chiusa. Nel giro di pochi anni a Villa Giulia fecero il loro ingresso numerose opere di pregio, tra cui il Sarcofago degli Sposi, che è tuttora uno dei vanti della raccolta. Il prestigio raggiunto consentí al museo di accogliere poi un altro capolavoro assoluto, realizzato anch’esso in terracotta da maestranze etrusche, vale a dire la celeberrima statua di Apollo, che fu rinvenuta nel 1916 nell’area del santuario di Portonaccio a Veio. Il percorso espositivo segue un criterio topografico e dunque si succedono l’un l’altro i

A sinistra un particolare dell’allestimento del museo. A destra il contenitore da toletta in bronzo noto come cista Ficoroni, rinvenuto a Palestrina nel XVIII sec. 350-330 a.C. Sul manufatto è illustrato un episodio della saga degli Argonauti; il coperchio reca i nomi dell’artefice, Novios Plautios, e di Dindia Macolnia, la committente, che donò la cista alla figlia, forse come regalo di nozze.

centri maggiori dell’Etruria meridionale, dell’area falisca, del Latium Vetus. Né si deve dimenticare che nel museo sono conservate le celebri lamine d’oro iscritte in lingua etrusca e punica rinvenute nel santuario di Pyrgi. Ricca è anche la sezione antiquaria, nella quale fanno bella mostra di sé le collezioni confluite a Villa Giulia, a partire da quella riunita dal padre gesuita Athanasius Kircher, della quale fa parte la spettacolare cista Ficoroni. A seguire s’incontrano i reperti della collezione di Augusto Castellani che, formatasi nella seconda metà dell’Ottocento, risulta composta da piú di seimila oggetti a cui si devono aggiungere gli «ori» antichi e moderni. Per il Latium Vetus, il fasto delle aristocrazie di Palestrina è illustrato dagli eccezionali corredi funerari delle tombe orientalizzanti note come Barberini e Bernardini. MUSEO NAZIONALE ETRUSCO DI VILLA GIULIA Roma, piazzale di Villa Giulia 9 Info www.museoetru.it

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ROMA

Roma, Museo delle Civiltà

L’

istituto, dotato di autonomia speciale, è stato istituito nel 2016 e riunisce il Museo Preistorico ed Etnografico «Luigi Pigorini», il Museo d’Arte Orientale «Giuseppe Tucci», il Museo Italo Africano «Ilaria Alpi», il Museo dell’Alto Medioevo «Alessandra Vaccaro» e il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari «Lamberto Loria». Ha sede a Roma, nel quartiere dell’EUR, in due edifici: il Palazzo delle Scienze, che accoglie le raccolte preistoriche, etnografiche extraeuropee, orientali e medievali, e il Palazzo delle

Tradizioni, con le collezioni che documentano le tradizioni popolari delle regioni italiane. Il Museo «Luigi Pigorini» è stato fondato nel 1875 con l’intento di raccogliere i materiali delle culture preistoriche nazionali, europee ed extraeuropee e delle culture «primitive», come erano definite al tempo. Conserva l’impostazione originaria suddivisa in due settori, rispettivamente dedicati alla preistoria e all’etnografia. Nel primo vengono presentati gli aspetti disciplinari della ricerca preistorica, il tema dell’evoluzione dell’uomo e le testimonianze umane: dai primi strumenti in pietra a quelli in ferro. Il secondo è suddiviso in

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base alle aree geografiche documentate: Africa, Americhe e Oceania. Il Museo d’Arte Orientale, istituito nel 1957, è stato intitolato a Giuseppe Tucci, uno dei maggiori orientalisti del Novecento. Accoglie i risultati delle missioni archeologiche in Iran, Afghanistan e Pakistan; gli oggetti acquistati in Nepal e Tibet da Tucci tra il 1928 e il 1954; una serie di opere dall’India, dalla Cina, dal Giappone, dalla Corea e dal Vietnam. Il Museo Italo Africano, dedicato alla giornalista Ilaria Alpi, comprende i materiali che erano confluiti

In alto la paleosuperficie del sito acheuleano scoperto a Castel di Guido (Roma) ricostruita nel Museo Preistorico ed Etnografico «Luigi Pigorini». A sinistra particolare della decorazione a intarsio di marmi della sala di una domus situata a Ostia Antica. La raffinata composizione, databile al IV sec. d.C., raffigura un leone che assale una preda. Museo dell’Alto Medioevo «Alessandra Vaccaro». In basso coppia di orecchini d’oro in lamina e filo godronato, con perle, ametiste e paste vitree, dalla necropoli di Castel Trosino (Ascoli Piceno). Tardo VI-prima metà del VII sec. d.C Museo dell’Alto Medioevo «Alessandra Vaccaro».


nel Museo Coloniale sorto nel 1923 con scopi di propaganda: è in riallestimento e, nel percorso espositivo, si tenterà di dare conto delle «tante e controverse relazioni intercorse tra l’Italia e Africa nel corso dei secoli». Nel Museo dell’Alto Medioevo, intitolato all’archeologa Alessandra Vaccaro, che lo ha diretto, sono esposti reperti in grado d’illustrare il periodo che vide la trasformazione del mondo antico. Vanno segnalati, fra gli altri, la ricostruzione integrale di una sala – decorata a intarsio di marmi (opus sectile) – di una domus fuori Porta Marina a Ostia Antica e i corredi funerari longobardi da Nocera Umbra e Castel Trosino. Il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari «Lamberto Loria» accoglie oggetti e documenti riferiti agli usi popolari delle genti italiane. MUSEO DELLE CIVILTÀ Roma, biglietteria unica al Museo preistorico etnografico «Luigi Pigorini», piazza Guglielmo Marconi 14 Info https://museocivilta.beniculturali.it

Roma, Museo di Scultura Antica «Giovanni Barracco»

«H

o constatato che non era piú possibile studiare a fondo l’arte greca senza tenere conto delle correnti d’arte piú antiche (Egitto e Asia) che hanno dato il primo impulso all’arte greca», cosí scriveva Giovanni Barracco nel primo catalogo della sua raccolta, pubblicato nel 1893 per spiegare le scelte che aveva seguito. Esponente di una famiglia considerata la piú agiata del Regno delle Due Sicilie, aderí da giovane alle idee liberali

In basso statua frammentaria raffigurante un Hermes crioforo («che porta sulle spalle un ariete»), copia tardo-romana da un originale greco del V sec. a.C. Roma, Museo di Scultura Antica «Giovanni Barracco».

e partecipò ai moti che avrebbero portato all’unificazione del Paese. Nel Regno d’Italia fu prima Deputato e poi Senatore, adoperandosi in favore della difesa del patrimonio storico e artistico nazionale e dello sviluppo della Calabria, dove era nato nel 1829 a Isola Capo Rizzuto. La passione per l’antico era sorta probabilmente in lui grazie all’amicizia con l’archeologo Giuseppe Fiorelli, nata a Napoli – dove entrambi frequentavano il circolo d’intellettuali raccolto intorno a Leopoldo di Borbone – e che durò per tutta la vita. Nella sua attività di collezionista si avvalse della consulenza prima di Wolfgang Helbig e poi di Ludwig Pollak. Nel 1902 decise di donare la raccolta di sculture al Comune di Roma e di realizzare per essa un edificio neoclassico su progetto di Gaetano Koch. Dopo la sua morte, nel 1914, nell’ambito di un nuovo assetto urbanistico dell’area, si decise di abbattere il palazzo nonostante la coraggiosa opposizione di Pollak, che aveva assunto la responsabilità della raccolta. Il progetto non si fermò: nel 1938 l’edificio venne demolito e l’intera collezione fu trasferita nei magazzini dei Musei Capitolini. Dal 1948 la raccolta ha trovato collocazione nella sua sede attuale, la cosiddetta Farnesina ai Baullari. Tra le opere di scultura esposte si possono ricordare una sfinge di una regina della XVIII dinastia (1479-1425 a.C.); una testa del faraone Sethi I (1289-1278 a.C.); una serie di rilievi assiri (IX-VII secolo a.C.) provenienti dai palazzi reali di Ninive, Nimrud e Khorsabad; alcuni originali greci e copie di altissimo livello da originali di Mirone, Fidia, Policleto e Lisippo. MUSEO DI SCULTURA ANTICA GIOVANNI BARRACCO Roma, corso Vittorio Emanuele 166/A Info www.museobarracco.it

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ROMA

Roma, Centrale Montemartini

U

no dei progetti piú riusciti di musealizzazione degli ultimi decenni è rappresentato sicuramente dalla Centrale Montemartini. In questo spazio, nel quale si conservano ancora tutti i macchinari utilizzati per la produzione dell’energia elettrica, nel 1997, vennero trasferite centinaia di sculture in occasione della ristrutturazione dei Musei Capitolini. Con esse si organizzò una mostra, «Le macchine e gli dei», che ebbe un enorme successo e si decise allora di trasformarla in esposizione permanente. Capolavori della scultura antica e manufatti rinvenuti negli scavi che interessarono Roma – divenuta capitale del Regno d’Italia – dialogano con i macchinari di quella che era stata la prima centrale elettrica pubblica della città: archeologia classica e archeologia industriale sembrano fondersi. Ampio spazio è riservato alla ricostruzione di grandi complessi monumentali, nella volontà d’illustrare le vicende urbanistiche e architettoniche di Roma antica dall’età repubblicana alla tarda età imperiale. Il museo è anche sede di innovative soluzioni espositive. CENTRALE MONTEMARTINI Roma, via Ostiense 106 Info www.centralemontemartini.org

In alto uno degli ambienti dei Mercati di Traiano utilizzati per l’esposizione delle opere riunite nel Museo dei Fori Imperiali. In basso alcune delle sculture musealizzate negli spazi della Centrale Montemartini.

Roma, Mercati di TraianoMuseo dei Fori Imperiali

I

Mercati di Traiano rappresentano un complesso archeologico con caratteristiche uniche, che – nel corso dei secoli – ha svolto funzioni diverse: centro amministrativo dei Fori Imperiali, residenza nobiliare, fortezza militare, convento e caserma. Si tratta di fatto di un quartiere della città di Roma, che, nelle sue trasformazioni, è riuscito a giungere sino a noi. La musealizzazione lo ha trasformato in uno spazio dedicato all’architettura antica nei suoi risvolti strutturali, artistici e decorativi con uno sguardo rivolto al funzionamento stesso dei cantieri avendo attenzione per i sistemi di lavoro e le tecnologie utilizzate. Nel percorso espositivo si possono ammirare opere in grado di illustrare lo sviluppo degli edifici che hanno composto il complesso nelle sue diverse fasi. Va segnalato che l’apparato illustrativo si avvale di soluzioni innovative: dalla grafica alla multimedialità. Gli spazi del museo vengono inoltre utilizzati regolarmente per allestire importanti esposizioni temporanee. MERCATI DI TRAIANO-MUSEO DEI FORI IMPERIALI Roma, via IV Novembre 94 Info www.mercatiditraiano.it

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LAZIO

Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale

T

arquinia è con ogni probabilità la piú nota tra le città etrusche e di certo la sua visita, che può cominciare proprio dal Museo Archeologico Nazionale, non delude. Lo scrittore David H. Lawrence dava giudizi severi sui musei, ma in Etruscan Places (1932) dovette ammettere che quello di Tarquinia era «eccezionalmente bello e interessante per chiunque conosca un po’ gli Etruschi»: un’opinione pienamente condivisibile. Il percorso espositivo si articola nei magnifici spazi di Palazzo Vitelleschi. Al pianterreno sono distribuiti i sarcofagi e si possono segnalare quelli appartenuti alla gens Partunu, tra i quali vanno osservati, con attenzione particolare, quelli detti del Sacerdote, del Magnate e dell’Obeso. Degni di nota sono anche i sarcofagi di altre famiglie di rango quali i Camna e i Pulena; notevole è pure quello

detto del Magistrato. Al piano superiore l’allestimento dei materiali segue il criterio tipologico-cronologico: di fronte ai nostri occhi si snodano le fasi della storia etrusca

L’altorilievo in terracotta raffigurante una coppia di cavalli alati, facente parte della decorazione frontonale di un tempio innalzato all’Ara della Regina. Fine del IV sec. a.C.

Bolsena, Museo Territoriale del Lago di Bolsena

L

a suggestiva Rocca Monaldeschi, piú nota localmente come il Castello, è oggi sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena. La raccolta offre uno spaccato esauriente sugli aspetti naturalistici e storici dell’area del lago e un’attenzione notevole è data anche alle attività produttive della zona, in particolare alla pesca. La documentazione archeologica è d’interesse notevole e consente di comprendere al meglio le vicende storiche della Volsinii etruscoromana e poi romana. I resti di questa città sono visitabili a cento metri di distanza: sono visibili, tra l’altro, il foro, alcune botteghe conservate sino all’altezza della volta, due domus con vani dalle pareti ancora affrescate e pavimenti mosaicati. Una di esse accoglieva un vano sotterraneo riservato un

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Qui accanto sarcofago a vasca decorato con scene a tema dionisiaco. Età severiana, II sec. d.C. A sinistra ansa di un bacile bronzeo d’uso funerario plasmata in forma di figura femminile. III sec. a.C.

tempo al culto di Dioniso. Si può, infine, raggiungere la chiesa di S. Cristina e chiedere di visitare la suggestiva catacomba sottostante, che offre una testimonianza unica della comunità cristiana di Volsinii. MUSEO TERRITORIALE DEL LAGO DI BOLSENA Bolsena, Rocca Monaldeschi della Cervara, piazza Monaldeschi 1 Info www.simulabo.it


Il cortile di Palazzo Vitelleschi, oggi sede del museo, nel quale sono esposti sarcofagi e altri reperti lapidei.

di Tarquinia con le sue stagioni dorate e i suoi momenti difficili. Il periodo villanoviano caratterizzato da una prosperità notevole, che spiega il ruolo di guida che la città assunse rispetto al resto dell’Etruria; l’epoca orientalizzante, segnata dalla riduzione del gap da parte delle altre poleis. In successione sono esposte le antichità di epoca arcaica e classica. Le due fasi vanno distinte, e se il periodo arcaico è ancora un tempo florido, coevo alla stagione qualitativamente piú alta della pittura parietale a carattere funerario, il seguente, soprattutto nei decenni immediatamente

successivi al 474 a.C., mostra la rottura di un equilibrio e il ridimensionamento delle mire politiche di Tarquinia. Occorre osservare che la città seppe reagire alla crisi e trovare la spinta per una ripresa caratterizzata da un’altra stagione artistica notevole, ben testimoniata dalla celebre coppia di cavalli alati, realizzati in terracotta per il tempio urbano dell’Ara della Regina e da sarcofagi di pregio. I reperti esposti illustrano poi la fase della romanizzazione, a seguito della capitolazione avvenuta nel 281 a.C., della deduzione, cento anni piú tardi, della colonia romana di Gravisca, e della successiva trasformazione in municipio. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Tarquinia, piazza Cavour 1 Info www.polomusealelazio.beniculturali.it

Cerveteri, Museo Nazionale Archeologico Cerite In basso il magnifico cratere dipinto da Eufronio. 510 a.C. Sulla faccia qui illustrata è rappresentato il trasporto del corpo dell’eroe Sarpedonte, che fu ucciso da Patroclo. A destra una veduta della necropoli della Banditaccia.

L’

antica Caere fu la città-stato etrusca piú inserita nella rete di contatti culturali e commerciali del Mediterraneo nel corso del I millennio a.C. Il museo archeologico offre solo un’idea della sua importanza: una parte molto significativa dei reperti scavati sono stati infatti dispersi dal mercato antiquario e non sono rimasti in loco. Il percorso espositivo segue un criterio cronologico: dai corredi funerari delle tombe a incinerazione della necropoli del Sorbo si giunge a quelli del II secolo a.C., quando Cerveteri era sotto il controllo di Roma. Il museo accoglie anche materiali provenienti dall’abitato, tra cui antefisse, lastre fittili, ex voto in terracotta che testimoniano il livello qualitativo della coroplastica ceretana. Nel cortile si trovano frammenti architettonici in tufo e testimonianze lapidee di epoca romana che attestano la continuità dell’insediamento. A parziale

risarcimento della dispersione di molti dei suoi tesori, Cerveteri ha salutato, nel 2015, l’acquisizione in via definitiva di un magnifico cratere di Eufronio, trafugato e poi acquisito illegalmente dal Metropolitan Museum of Art di New York, che lo ha infine restituito allo Stato italiano. Va segnalata, inoltre, una stupenda coppa firmata come ceramista dallo stesso artista. Dal museo vale assolutamente la pena raggiungere la necropoli della Banditaccia, che da sola vale una visita a Cerveteri. MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO CERITE Cerveteri, piazza Santa Maria Info www.polomusealelazio.beniculturali.it

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LAZIO

Civitavecchia, Museo Archeologico Nazionale

Civita Castellana, Museo Archeologico dell’Agro Falisco

S

L

ede del museo è l’ex Dogana pontificia, fatta costruire da papa Clemente XIII, quando Civitavecchia era il principale porto dello Stato della Chiesa. La raccolta riunisce reperti pertinenti al vecchio Museo Civico con altri di proprietà statale. Il percorso espositivo si articola su tre piani: al pianterreno sono esposte diverse sculture di età romana provenienti dalle ville presenti lungo la costa. In particolare, da una villa di Castrum Novum (Santa Marinella) provengono due statue imponenti: una di Apollo e l’altra di Athena Parthenos. Degne di nota sono anche due lastre con rilievi gladiatori e scene di combattimento, provenienti anch’essi da Castrum Novum. Al primo piano sono visibili reperti, in prevalenza ceramici, dal territorio e da zone piú interne, come, per esempio, i Monti della Tolfa. Al secondo piano sono esposti materiali decontestualizzati e da riferire a ritrovamenti fortuiti, o a recuperi avvenuti a seguito di scavi clandestini.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Civitavecchia, largo Cavour 1 Info hwww.polomusealelazio.beniculturali.it

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Qui sopra statua in marmo di Apollo, da un originale in bronzo di Leocare. II sec. d.C. Civitavecchia, Museo Archeologico Nazionale. In alto, a destra il Forte Sangallo di Civita Castellana. In basso, a sinistra rilievo con scena di combattimento gladiatorio. Civitavecchia, Museo Archeologico Nazionale. In basso, a destra antefissa in terracotta policroma a testa di sileno. V sec. a.C. Civita Castellana, Museo Archeologico dell’Agro Falisco.

a storia di Falerii (l’odierna Civita Castellana), città prima falisca e poi romana, viene documentata nel museo allestito nel Forte Sangallo. La sua costruzione ebbe inizio alla fine del Quattrocento, su progetto dell’architetto Antonio da Sangallo il Vecchio e per volontà del papa Alessandro VI, e proseguita da Antonio da Sangallo il Giovane sotto il pontificato di Giulio II. Le sale del museo sono ordinate secondo criteri di ordine topografico e cronologico. Di Falerii viene documentata, in particolare, l’attività dei ceramisti e dei coroplasti che arrivarono a eccellere nel quadro dell’Italia centrale. I reperti esposti documentano anche altri centri falisci, quali Corchiano, Vignanello, Nepi e Narce. Quest’ultimo, in particolare, è testimoniato da corredi di ricche sepolture (VIII-VII secolo a.C.) con oreficerie, vasellame di bronzo e ceramiche greche d’importazione. MUSEO ARCHEOLOGICO DELL’AGRO FALISCO-FORTE SANGALLO Civita Castellana, via del Forte www.polomusealelazio.beniculturali.it


Formello, Museo dell’Agro Veientano

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eio è stata la prima città-stato etrusca a cadere in mano romana, nel 396 a.C., dopo lotte che, iniziate nei secoli precedenti, trovarono un esito definitivo al termine di una guerra che, secondo le fonti antiche, sarebbe durata dieci anni, come quella di Troia. Fu un momento di svolta sia per la storia etrusca che per quella romana. E nel Museo dell’Agro Veientano, istituito nel 1992 e allestito a Formello all’interno di Palazzo Chigi, si ripercorrono queste e le altre vicende storiche dell’area, a iniziare dalla fase

L’allestimento delle sale del Museo dell’Agro Veientano, realizzato all’interno del Palazzo Chigi di Formello (Roma).

protostorica e sino allo sviluppo dei feudi degli Orsini e dei Chigi, abbracciando quindi un arco cronologico molto ampio. I secoli etruschi, che furono un periodo di notevole vivacità sociale, culturale ed economica, sono testimoniati soprattutto dai ricchi corredi delle necropoli, che suggeriscono i rapporti della città-stato con le altre principali poleis etrusche e con il mondo mediterraneo. MUSEO DELL’AGRO VEIENTANO Formello, Palazzo Chigi, piazza San Lorenzo 3 Info www.comune.formello.rm.it

Palestrina, Museo Archeologico Nazionale

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l museo è ospitato all’interno del rinascimentale Palazzo Barberini, sorto al di sopra dell’antico santuario della Fortuna Primigenia, con il quale crea un unicum di suggestione notevole. Il percorso espositivo è articolato su tre piani ed è incentrato sulla città di Praeneste (Palestrina), una delle piú fiorenti del Latium Vetus. Nella sale del primo piano sono collocate le opere riferibili al culto di Fortuna, come la testa dell’effigie di culto della dea e una statua colossale di Iside-Fortuna. Degno di particolare nota è uno dei celebri rilievi Grimani, realizzato in epoca augustea e forse dalle stesse maestranze che lavorarono all’Ara Pacis a Roma. Sempre a questo piano è esposto il gruppo scultoreo della Triade Capitolina recuperato in anni recenti: si tratta dell’unica raffigurazione di questo soggetto giunta sino a noi. Al secondo piano sono esposti i corredi funerari delle necropoli cittadine:

Il grande mosaico policromo che raffigura il Nilo e il paesaggio egiziano. Fine del II sec. a.C.

vanno segnalati, in particolare, gli specchi e le ciste in bronzo decorate con grande finezza. Al piano superiore è collocato un capolavoro assoluto, come l’eccezionale mosaico policromo che raffigura il Nilo e il paesaggio egiziano (fine del II secolo a.C.). MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Palestrina, piazza della Cortina Info www.polomusealelazio.beniculturali.it

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TOSCANA

Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale

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el 1957 le maestranze che stavano costruendo la strada litoranea fra Terracina e Gaeta fecero casualmente una scoperta straordinaria: rinvennero i resti di una villa, che venne poi identificata con quella dell’imperatore Tiberio, piú volte citata nelle fonti. Gli scavi successivi portarono alla scoperta di sculture di particolare pregio e, di conseguenza, venne l’idea di esporle, dopo il restauro, in un museo a esse dedicato e a poche decine di metri da dove erano collocate originariamente. Dal museo si possono raggiungere, attraverso un sentiero immerso nella macchia mediterranea, i resti della villa imperiale, le peschiere e la grotta al cui interno erano posizionati i gruppi scultorei e le statue di maggior pregio. La leggenda di Ulisse sembra essere stata centrale nell’apparato decorativo della villa, in accordo con i racconti mitici che indicavano l’area come la sede della maga Circe, presso la quale l’eroe si fermò prima di riprendere il suo viaggio verso Itaca per oltre un anno. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Sperlonga, via Flacca, km 16.300 Info www.polomusealelazio.beniculturali.it

Viterbo, Museo Nazionale Etrusco Qui sotto terrecotte architettoniche, da Acquarossa. 550-525 a.C. Viterbo, Museo Nazionale Etrusco.

A sinistra testa di Ulisse. I sec. d.C. Sperlonga, Museo Archeologico Nazionale. In basso la Rocca Albornoz, sede del Museo Nazionale Etrusco di Viterbo.

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el centro storico di Viterbo sono presenti due musei archeologici: il Museo Nazionale Etrusco, allestito all’interno della Fortezza Albornoz, e il Museo Civico, ospitato nel Convento dei Serviti accanto alla chiesa di S. Maria della Verità. Quest’ultimo accoglie anche una sezione storico-artistica. L’interesse del primo risiede principalmente nell’esposizione dei risultati degli scavi effettuati dall’Istituto Svedese di Studi Classici presso gli insediamenti di Acquarossa e di San Giovenale, rivelatisi decisivi per comprendere l’architettura domestica etrusca. Da segnalare sono le ricostruzioni di alcuni degli ambienti scoperti, tra cui il tetto di una casa di epoca arcaica e un tratto del porticato della «reggia» di Acquarossa. Suggestiva è anche la riproposizione di un settore di un’abitazione tipo, con la sala per il banchetto e il cortile esterno e dove sono stati posizionati un forno e un telaio per la tessitura con i pesi originari. MUSEO NAZIONALE ETRUSCO-ROCCA ALBORNOZ Viterbo, piazza della Rocca 21b Info www.polomusealelazio.beniculturali.it

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Vulci, Museo Archeologico Nazionale

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ulci è stata un’importante città-stato etrusca aperta ai contatti con il mondo greco e al centro di un vasto e ricco territorio. Il museo archeologico è ospitato nel Castello della Badia eretto durante il Duecento a controllo del territorio. A ridosso della fortezza si trova il Ponte della Badia che scavalca il fiume Fiora: l’insieme è calato in un paesaggio di grande suggestione, sicuramente uno dei piú conservati dell’intera Etruria. Il percorso espositivo offre un’idea parziale dell’importanza della Vulci etrusca, dato che sul posto è rimasta solo una parte dello straordinario patrimonio restituito dalle

In alto vasi attici provenienti da tombe delle necropoli vulcenti. A sinistra sepolture villanoviane ricostruite nel museo. In basso il Castello e il Ponte della Badia.

necropoli della polis. Si può comunque seguire l’evoluzione delle vicende storiche della città, dalla fase villanoviana sino alla piena romanizzazione. Tra i protagonisti della riscoperta delle necropoli vulcenti va ricordato Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone e principe di Canino. Usciti dal castello, si può raggiungere il Parco Naturalistico Archeologico, la cui visita è il logico corollario di quella del museo.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Canino, Castello della Badia Info http://musei.beniculturali.it

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ABRUZZO ABRUZZO

Chieti, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo e Museo Archeologico Nazionale «La Civitella»

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anto del museo allestito nella Villa Frigerj è il Guerriero di Capestrano, capolavoro della scultura preromana. Con l’opera si è misurato l’artista contemporaneo Mimmo Paladino, a cui è stato affidato l’allestimento della sala nella quale è collocato e che ha osservato: «Chi lo guarda deve trarre

Qui sotto statua di Ercole Epitrapezios, da Alba Fucens. I sec. a.C. Chieti, Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo.

suggestioni che vanno al di là della sua collocazione cronologica», suggerendo che l’opera supera gli steccati tradizionali in cui viene articolata la storia dell’arte. Il percorso espositivo segue criteri che evidenziano gli aspetti etnici e topografici delle genti abruzzesi. Al pianterreno, in particolare, viene affrontato il tema della scultura, partendo proprio dal Guerriero; vi trovano posto anche la collezione numismatica e la raccolta Pansa. Al piano superiore sono riuniti materiali provenienti da diversi contesti archeologici abruzzesi, databili tra la protostoria e l’età altomedievale, che consentono di avvicinarsi alle culture dei Vestini, dei Peligni, dei Marrucini e dei Carricini. Si può quindi, per una scala monumentale, tornare al pianterreno, dove il percorso prosegue con la presentazione della realtà di Sabini, Frentani, Equi e Marsi. Se ne ricava, dunque, un’idea del mosaico di popoli che abitava la regione prima

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dell’unificazione realizzata da Roma. Degna di attenzione è anche la sede museale: l’elegante villa progettata nel 1830 da Errico Riccio per il barone Ferrante Frigerj. A Chieti ha sede anche il Museo Archeologico Nazionale «La Civitella», costituito a seguito delle fortunate campagne di scavo condotte negli ultimi due decenni del Novecento nella zona piú alta della città. Ricerche che hanno localizzato un santuario costituito da tre templi (II secolo a.C.) e un settore dell’anfiteatro (I secolo a.C.). I materiali recuperati, insieme ad antichità di ritrovamento piú antico, sono esposti in un allestimento d’avanguardia.

A sinistra armi, utensili in metallo e vasellame appartenenti al corredo funebre di una sepoltura databile nel VI sec. a.C. Chieti, Museo Archeologico Nazionale. A destra il Guerriero di Capestrano. VI sec. a.C. Chieti, Museo Archeologico Nazionale. Qui accanto, a sinistra un particolare dell’allestimento del Museo Archeologico Nazionale «La Civitella». Nella pagina accanto, al centro Villa Frigerj.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE D’ABRUZZO-VILLA FRIGERJ Chieti, via Guido Costanzi MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE «LA CIVITELLA» Chieti, via Generale Pianell Info www.musei.abruzzo.beniculturali.it

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ABRUZZO

Alfedena, Museo Civico aufidenate «Antonio De Nino»

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l museo nacque nel 1897, a seguito dei ritrovamenti avvenuti durante la costruzione della linea ferroviaria Sulmona-Carpinone. Protagonisti delle ricerche furono gli archeologi Lucio Mariani e Antonio De Nino, ricordato,

quest’ultimo nell’intitolazione della raccolta. Nella seconda guerra mondiale il museo fu prima depredato dai soldati dell’esercito tedesco e poi minato e distrutto. Una parte dei reperti venne recuperata tra le macerie; altri, nel 1974, furono restituiti dall’Università di Tubinga, a cui erano stati affidati da un ex

In alto materiali del corredo funebre di una tomba della necropoli di Campo Consolino. A sinistra l’edificio che accoglie il museo aufidenate, realizzato in prossimità della necropoli di Campo Consolino.

ufficiale della Wehrmacht. Della collezione fanno parte materiali dei corredi funerari della vicina necropoli di Campo Consolino: collane in ambra, pendagli in bronzo, anelli, perle in pasta vitrea per le deposizioni femminili; armi in ferro e in bronzo – fra cui una pregevole spada –, cinturoni, dischi-corazza per quelle maschili. Nel percorso espositivo vi sono le ricostruzioni di due tombe, cosí come rinvenute al momento della scoperta, e i diari di scavo dei ritrovamenti della fine dell’Ottocento. MUSEO CIVICO AUFIDENATE «ANTONIO DE NINO» Alfedena, viale Mansueto De Amicis Info www.beniculturali.it

Campli, Museo Archeologico Nazionale

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naugurato nel 1988, il museo è ospitato negli spazi del convento di S. Francesco, fondato verso la fine del Duecento. Accoglie i reperti provenienti dall’importante necropoli di Campovalano, indagata con campagne di scavo iniziate nel 1967. Attraverso i materiali esposti si vuole illustrare la cultura del popolo italico dei Pretuzi. Il percorso espositivo si apre con una panoramica sulle vicende del territorio nei periodi precedenti, con un’attenzione particolare per i villaggi sorti fra il XIV e il XIII secolo a.C.; poi l’attenzione si concentra sulla realtà di Campovalano, toccando temi quali la formazione dell’aristocrazia, i segni della ricchezza, le differenze sociali, gli aspetti della vita femminile, la crisi della realtà locale. Una sezione è dedicata ai risultati delle indagini effettuate sui resti ossei, con informazioni sul sesso, sulle malattie e sull’alimentazione. Tra i corredi esposti, si può segnalare quello di

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Qui sopra placca in avorio con figure zoomorfe, dalla tomba n. 127 della necropoli di Campovalano. A destra l’ex convento di S. Francesco, oggi sede del museo.

una giovane aristocratica, assieme alle cui spoglie vennero deposti gioielli raffinati, tra i quali spiccano una collana dai grani in lamina d’oro di fattura magno-greca e bracciali in argento di tradizione celtica. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Campli, piazza San Francesco Info www.musei.abruzzo.beniculturali.it


Lanciano, Polo Museale Santo Spirito-Civico Museo Archeologico

I

nserito nel Polo Museale Santo Spirito, il museo è allestito negli spazi recuperati di un monastero, la cui fondazione risale al 1293 e che rimase in uso come tale sino al 1654, ospitando una comunità di religiosi del medesimo Ordine del pontefice Celestino V. Oltre alla collezione archeologica, il complesso accoglie mostre temporanee e convegni. Il percorso espositivo illustra, attraverso reperti

A destra l’ex complesso religioso che ospita il museo. In basso un particolare dell’allestimento.

di ritrovamento piú o meno recente, la storia di Lanciano e del suo territorio dal V millennio a.C. sino al periodo medievale. Un’attenzione particolare è rivolta alla fase romana, periodo durante il quale il nome della città era Anxanum. Tra i materiali esposti si possono segnalare i corredi di alcune sepolture preromane, gli ex voto provenienti da un santuario italico del III-II secolo a.C. e – per le fasi successive – vasi in maiolica arcaica. POLO MUSEALE SANTO SPIRITOCIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO Lanciano, via Cavour Info www.beniculturali.it/

Pescara, Museo delle Genti d’Abruzzo

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l museo è nato dall’unione tra due collezioni, già esposte nella vicina casa natale di Gabriele D’Annunzio: una comprendeva i reperti preistorici e protostorici rinvenuti in zona negli anni Sessanta del Novecento e riuniti dall’Archeoclub di Pescara; l’altra una serie di oggetti e documenti della vita agricola e pastorale delle genti d’Abruzzo. Gestito dalla Fondazione Genti d’Abruzzo, è ora ospitato nella parte non demolita della Fortezza di Pescara, di cui si conserva il cosiddetto «Bagno borbonico». Articolato su piú sale, il percorso espositivo illustra la storia

In basso la targa posta all’ingresso del museo e un’immagine del retro dell’edificio che lo ospita, l’antica Fortezza, che si sviluppa a ridosso del fiume Pescara.

dell’uomo in questa regione: dalla presenza dell’Homo Erectus, attestato da 650 000 anni fa circa, sino alla fase medievale. Si caratterizza per il ricco apparato didattico, che illustra le diverse fasi storiche e i singoli reperti. Il museo costituisce anche un centro di documentazione etnografica con una biblioteca e un archivio fotografico, e particolare attenzione è stata data al tema della pastorizia e della transumanza. MUSEO DELLE GENTI D’ABRUZZO Pescara, via delle Caserme 24 Info www.gentidabruzzo.com

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TOSCANA

Sulmona, Polo Museale Civico della Santissima Annunziata-Sezione Archeologica

Teramo, Museo Civico Archeologico «Francesco Savini»

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I

a sezione archeologica è ospitata nel complesso della Santissima Annunziata, uno degli edifici piú rappresentativi di Sulmona, sorto come orfanotrofio e ospedale nel 1320. Vi sono esposti reperti di proprietà comunale e altri di proprietà statale; i secondi sono frutto di scavi archeologici, ricognizioni di superficie e ritrovamenti casuali avvenuti negli ultimi decenni. Il percorso espositivo procede in ordine cronologico dal Paleolitico sino all’epoca tardo-antica, con l’approfondimento – di volta in volta – di singole tematiche particolarmente significative. Un’attenzione particolare viene data ai culti e al fenomeno della pastorizia. Tra i reperti esposti si possono segnalare gli oggetti votivi legati ai culti di Ercole, di Cerere e di Venere; la ricostruzione del sacello del santuario di Ercole Curino, situato alle pendici del monte Morrone, e il cosiddetto «rilievo della transumanza». Nella struttura sono musealizzati anche i resti di una domus romana, abitata tra il I e il II secolo d.C., con gli affreschi e i pavimenti a mosaico. POLO MUSEALE CIVICO DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA-SEZIONE ARCHEOLOGICA Sulmona, corso Ovidio Info www.visit-sulmona.it

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Qui sopra l’ingresso del complesso della Santissima Annunziata. In alto il cosiddetto «rilievo della transumanza». I sec. a.C. A destra ritratto di Settimio Severo. Fine del II sec. d.C. In basso, a sinistra i resti della domus musealizzata nella sezione archeologica del Polo Museale della Santissima Annunziata. In basso, a destra ricostruzione di una camera sepolcrale della necropoli di Campovalano.

l sistema museale «Città di Teramo» ha il suo perno nel museo archeologico, che si articola su due piani: al pianterreno sono ripercorse le vicende di Teramo dal XII secolo a.C. al VII secolo d.C.; al primo piano si narra la storia del Teramano dalla preistoria al Medioevo. Nella prima sezione i reperti illustrano la formazione dell’abitato e le necropoli protostoriche, poi la città romana con gli edifici principali (il foro, il teatro, l’anfiteatro, le terme, le necropoli) e alcune abitazioni (domus del Leone, di Porta Carrese, di Largo Torre Bruciata, ecc.). La seconda sezione è suddivisa per grandi temi: le grotte, i villaggi, le necropoli protostoriche, l’organizzazione amministrativa, il commercio, i santuari, le ville, le presenze barbariche, la produzione ceramica medievale. Tra le opere esposte si possono segnalare, al pianterreno, una statua femminile panneggiata (seconda metà del I secolo d.C.) e un ritratto dell’imperatore Settimio Severo; al primo piano, i materiali dal villaggio neolitico di Ripoli e il corredo della tomba 100 di Campovalano di Campli. MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO «FRANCESCO SAVINI» Teramo, via Delfico 30 Info www.teramoculturale.it



Velletri

Ostia

Castel di Sangro

Palestrina Anagni

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Frosinone

Aprilia

Pietrabbondante

San Vincenzo al Volturno

Isernia

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Venafro

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Capua Castel Volturno

Benevento Caserta

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Napoli Nola

Bacoli Ischia

Maddaloni

Aeclanum

Avellino Conza

Circuito vesuviano Salerno Sorrento

Mar Tirreno

Ariano Irpino

Pontecagnano Paestum Agropoli Castellabate

Musei d’Italia SUD IL MERIDIONE DELLA PENISOLA È STATA UNA DELLE AREE CARDINE NELLA STORIA DELL’INTERA REGIONE MEDITERRANEA. CULLA DI CIVILTÀ INDIGENE A CUI SI DEVONO MANIFESTAZIONI ARTISTICHE DI GRANDE ORIGINALITÀ E CHE HANNO SAPUTO INTESSERE UN DIALOGO PROFICUO CON I COLONI VENUTI DALLA GRECIA

Palermo

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Trapani

Alcamo

Bagheria

Picent

Capac


Vieste Apricena San Severo

Foggia

ccio

Canne Barletta della Battaglia

Troia Ascoli Satriano

Mare Adriatico Molfetta

Andria Melfi

m

tia

Manfredonia Siponto

Lavello

Bari

Ruvo di Puglia Bitonto Acquaviva delle Fonti

Venosa Rionero in Volture

Gravina in Puglia

Muro Lucano Potenza

Altamura

Laterza

Auletta

Ginosa

Ostuni Massafra

Mesagne

Lecce

Manduria

Metaponto

Velia

Brindisi

Taranto

Stigliano Bernalda

Moliterno Sapri

Fasano

Putignano

Matera

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Sala Consilina

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Copertino

Policoro Lauria

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Otranto

Casarano Ugento

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Scalea

Martano

Nardò

Gagliano del Capo

Cassano allo Ionio

Belvedere Marittimo

Sibari Bisignano

Cetraro

Paola

Acri

Cirò Marina

San Giovanni in Fiore

Cosenza Soveria Mannelli

Lamezia Terme

Catanzaro Sibari

Vibo Valentia

Mar Ionio

Rossano Stazione

Crotone Cutro

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Capo Colonna

Isola di Capo Rizzuto

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Soverato

Rosarno Gioia Tauro Palmi

Messina

Polistena

Locri Epizefiri Bovalino

Reggio Calabria Melito di Porto Salvo

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CAMPANIA

MOLISE

Campobasso, Museo Sannitico

I

l 24 settembre 1882 è la data d’inaugurazione del museo che, al tempo, aveva sede nel Palazzo della Prefettura, dove si trovava anche la Biblioteca Provinciale. I suoi primi passi vennero seguiti dall’archeologo Antonio Sogliano, che ne pubblicò l’inventario alcuni anni dopo. Da allora la sede è mutata piú volte e, dal 1995, il museo è collocato all’interno del settecentesco Palazzo Mazzarotta, nel centro storico della città. Nel frattempo, le sue collezioni si sono ampliate: all’originario nucleo ottocentesco si sono aggiunti i reperti rinvenuti negli scavi archeologici condotti nel Novecento nella provincia di Campobasso. Il percorso espositivo si articola su tre piani: al pianterreno si trovano le testimonianze dell’età del Bronzo e della prima età del Ferro, che segnalano la nascita di aristocrazie formatesi principalmente sulla base della capacità bellica. Al piano superiore sono disposti i materiali

In alto vetrina che riunisce la replica della Tavola di Agnone (l’originale è al British Museum di Londra) e altri esempi di scrittura osca. Qui sotto statuetta in bronzo raffigurante Ercole, da Trivento. Epoca medio-ellenistica. In basso, a sinistra l’ingresso del museo.

che illustrano il mondo dei Sanniti, il popolo italico che si oppose a lungo, e con successo, a Roma: vi sono testimoniati i culti, con una predilezione speciale per la figura di Eracle; la vita quotidiana, la produzione artigianale e artistica, i riti funerari e i contatti commerciali con altre popolazioni italiche e con la Magna Grecia. Al secondo piano i reperti parlano della progressiva romanizzazione della regione, con materiali provenienti dalle città di Venafro, Sepino e Larino, che vissero un periodo d’oro tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. Non mancano testimonianze delle ville rustiche che si diffusero nel territorio. A questo stesso piano si possono osservare i ricchi corredi funerari di cavalieri bulgari ritrovati nella Piana di Bojano, del cui arrivo in Italia, sotto la guida di un certo Alcek, parla lo storico Paolo Diacono. Per uno di essi – particolarmente ricco – viene proposta la ricostruzione integrale della tomba, nella quale il guerriero fu sepolto con il proprio cavallo. In questa sezione degno di nota è il cosiddetto «anello di Alcek»: un anello con incastonata una gemma romana di riuso e, nella parte interna, a contatto con il dito, una moneta longobarda con l’immagine del duca Romualdo. Chiudono il percorso i reperti medievali, soprattutto ceramiche. MUSEO SANNITICO Campobasso, via Chiarizia 12 Info www.musei.molise.beniculturali.it

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Sepino, Museo della città e del territorio di Sepino

S

ede del museo, allestito nel 1992, sono gli spazi di un complesso di edifici rurali costruiti, tra il Settecento e l’Ottocento, sfruttando il basamento semicircolare delle strutture della cavea di un teatro di epoca romana. La sovrapposizione di epoche colpisce subito il visitatore, insieme ai reperti archeologici portati alla luce durante le campagne di scavo condotte nell’area archeologica di Altilia/Sepino tra gli anni Cinquanta e Novanta del Novecento. Il percorso espositivo si sviluppa cronologicamente, ma tiene presente il contesto di provenienza dei materiali e, in taluni casi, approfondimenti tematici. Se ne segnala uno, relativo agli oggetti dell’abbigliamento e dell’ornamento

femminile: spilloni per le acconciature, fibule per gli abiti, collane, anelli e l’occorrente per la cosmesi e il trucco. Nella sala I, spazio viene dato ai materiali litici risalenti al Paleolitico e raccolti nel corso di ricognizioni di superficie condotte dall’Università degli Studi di Perugia; nella stanza II viene documentata la fase ellenistica, con reperti che vanno dalla fine del IV agli ultimi decenni del I secolo a.C.: si possono segnalare due orecchini in oro con protome leonina di fabbricazione tarantina e una moneta del re Prusias di Bitinia per indicare le relazioni commerciali della zona. La sala III è dedicata al municipio di epoca romana con reperti dall’area urbana e dalle necropoli: qui spiccano una lastrina in osso

Qui sopra un particolare dell’allestimento del museo. Sulla destra, dall’alto tre immagini dell’area archeologica in località Altilia, in cui sono visitabili i resti della città romana di Saepinum, che fece registrare la sua massima fioritura in età augustea.

raffigurante una bambola molto curata nella sua schematicità e un trapezoforo, vale a dire il sostegno centrale di una mensa o di una tavola, in marmo decorato, su un lato, da un busto di donna ottenuto a rilievo, e, sull’altro, da una testa bovina. Nella stanza IV sono riuniti materiali dalla prima età imperiale al V secolo d.C., che documentano, tra l’altro, una serie d’interventi di restauro della città realizzati, alla metà del IV secolo d.C., per volontà di Neratius Cerealis, che ebbe incarichi di primo piano a Roma tra il 352 e il 358 d.C.

MUSEO DELLA CITTÀ E DEL TERRITORIO-SEPINO Sepino, strada provinciale Info www.musei.molise.beniculturali.it

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MOLISE

Isernia, Museo Nazionale del Paleolitico

Venafro, Museo Archeologico

I

el 1919 gli importanti ritrovamenti, avvenuti in località Terme di Sant’Aniello, portarono l’attenzione del mondo archeologico sulla città e spinsero per l’istituzione di un museo archeologico. La sua inaugurazione avvenne, però, alcuni anni piú tardi, nel 1931. Un salto di qualità si è avuto nel 1996, quando fu completato il restauro del convento di S. Chiara, che lo ospita, e venne realizzato un nuovo allestimento. Il percorso espositivo, articolato su due piani, ripercorre le vicende di Venafro. Tra i reperti esposti si possono segnalare, al pianterreno: due personaggi togati facenti parte del monumento funerario di Q. Servilius Quinctio; il sarcofago di Magia Marcellina; l’Editto augusteo – una lunga iscrizione di 69 righe – che ricorda la costruzione dell’acquedotto; due statue maschili in nudità eroica. Al primo piano si possono invece ammirare una statua di Apollo con tracce di policromia, una di Venere di notevole fattura, e alcune pedine del gioco degli scacchi databili nel X-XI secolo d.C. Il percorso si chiude con le sale dedicate alla musealizzazione dei materiali riportati alla luce nell’importante abbazia di San Vincenzo al Volturno.

l museo è sorto attorno all’eccezionale scoperta, avvenuta nel 1978 grazie ad Alberto Solinas, del sito paleolitico di Isernia La Pineta, considerato uno dei luoghi fondamentali per la conoscenza delle dinamiche evolutive e comportamentali della specie umana in Europa. La caratteristica principale della struttura museale è dunque il legame diretto tra l’area indagata e gli spazi della musealizzazione: di fatto, il percorso è costituito dall’area archeologica e dalle sale espositive realizzate sul posto. L’area di Isernia La Pineta documenta i modi di vita e le strategie di sussistenza di gruppi di Homo heidelbergensis vissuti qui a partire almeno da 600 000 anni fa. Fulcro centrale della sezione espositiva è la ricostruzione di 60 mq di paleosuperficie, con i reperti ricollocati, dopo il restauro, nella loro posizione originaria. Un’altra sala è dedicata alla preistoria in Molise, che giunge sino all’età del Bronzo, con i reperti suddivisi secondo criteri cronologici e topografici. MUSEO NAZIONALE DEL PALEOLITICO Isernia, via Ramiera Vecchia Info www.musei.molise.beniculturali.it

In basso, a sinistra due immagini del Museo Nazionale del Paleolitico di Isernia, creato per rendere fruibile il giacimento preistorico scoperto in località Isernia-La Pineta, che ha restituito tracce di frequentazione umana risalenti a 600 000 anni fa. A destra, in basso la pregevole statua di Venere rinvenuta nel 1958 durante i lavori per la costruzione di una casa lungo via Colonia Giulia. II sec. d.C. L’opera è divenuta il simbolo del Museo Archeologico di Venafro.

N

MUSEO ARCHEOLOGICO Venafro, corso Garibaldi Info www.musei.molise. beniculturali.it

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CAMPANIA CAMPANIA

Napoli, Museo Archeologico Nazionale

I

l museo di Napoli custodisce una delle piú importanti collezioni archeologiche al mondo e, per quanto concerne l’arte romana, rappresenta un riferimento senza eguali. È legato sin dall’istituzione a una delle piú grandi avventure dell’archeologia: le scoperte di Ercolano (dal 1738), di Pompei (dal 1748) e di Stabia (dal 1749), e alla scelta di Carlo III di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, di riunire la collezione della famiglia materna a Napoli dopo averla ereditata. Per realizzare il progetto, nel suo quinto anno di regno, nel 1738, avviò la realizzazione della Villa Reale di Capodimonte, che avrebbe dovuto ospitare il Museo Farnesiano. Le straordinarie scoperte dei centri vesuviani trovarono sistemazione nella Villa Reale di Portici, dando vita al Museum Herculanense (1750). Fu Ferdinando IV di Borbone, successore di Carlo III, a ipotizzare che le due realtà potessero avere una sede unica, che venne individuata nel Palazzo degli Studi a Napoli, la cui ristrutturazione fu affidata prima all’architetto Ferdinando Fuga e poi a Pompeo Schiantarelli.

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Le travagliate vicende politiche che seguirono, consentirono d’inaugurare il Real Museo Borbonico solo nel 1816, e da esso deriva il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ampliato grazie ai risultati degli scavi dei decenni successivi. La ricchezza del museo è tale che si può qui solo accennare ai suoi


A sinistra la sala del Museo Archeologico Nazionale di Napoli nella quale si può ammirare il grandioso mosaico raffigurante la battaglia combattuta a Isso, nel 333 a.C., tra Alessandro Magno e Dario III. Nella pagina accanto, in alto gli scaloni che salgono al primo piano del museo napoletano. Nella pagina accanto, al centro particolare della statua raffigurante il tirannicida Aristogitone, da Tivoli. Già nella collezione Farnese. II sec. d.C.

A sinistra affresco pompeiano raffigurante Enea ferito, mentre viene operato dal medico Japix. I sec. d.C. Nella pagina accanto, in basso, a destra il Palazzo degli Studi, sede del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

nuclei maggiori: le antichità da Ercolano, con le sculture dalla Villa dei Papiri, e da Pompei, con le testimonianze straordinarie della pittura parietale; la collezione Farnese, di cui fanno parte il gruppo scultoreo del Toro Farnese, l’Ercole – scoperto a Roma nell’area delle Terme di Caracalla alla metà del Cinquecento – l’Artemide Efesia e l’Atlante Farnese; la collezione dei mosaici, tra cui spicca quello di grande formato che raffigura la battaglia tra Alessandro Magno e Dario III, rinvenuto nella Casa del Fauno a Pompei. Vanno segnalate, inoltre, le sezioni dedicate alla preistoria e alla protostoria, alla Magna Grecia e agli Etruschi e quella egizia. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Napoli, piazza Museo 19 Info www.museoarcheologiconapoli.it

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CAMPANIA

Capua, Museo Provinciale Campano

A

medeo Maiuri, l’archeologo che ne curò un riordinamento nel 1933, cosí descrisse il museo: «Il tempio con tutte le sue offerte votive, si è come travasato in questo Museo di clausura e di silenzio: un centinaio di statue di madri nelle stanze al pianterreno, una miriade di ex voto di terracotta passati dai muri e dalle favissae del santuario negli scaffali del piano superiore» (Passeggiate campane, II edizione, Firenze 1950). Il tempio a cui accenna Maiuri è quello rinvenuto nel 1845 in località Petrara – piú nota come Fondo Patturelli dal cognome del proprietario del tempo – e poi scavato negli anni 1873-1887. Ha restituito una testimonianza unica della scultura italica nell’antichità, vale a dire la serie delle Matres Matutae. Si tratta di statue in tufo o in terracotta raffiguranti donne sedute che reggono in braccio o sul grembo uno o piú bambini in fasce, sino a un massimo di dodici. Esse sembrano dialogare idealmente con la statua di un’altra donna, seduta su un trono, che tiene una melagrana sul palmo della mano sinistra e una colomba in quello della mano destra. In questa effigie si è voluta identificare la dea venerata nel santuario, evidentemente legata alla fecondità e alla maternità. Sculture che ispirarono il pittore Mario Schifano (1934-1998), il quale, tra il 1995 e il 1996, realizzò un ciclo dedicato proprio alle Matres, tra cui quindici tele di grande formato. La religiosità delle genti dell’antica Capua è testimoniata anche dalla serie ricchissima di ex voto in terracotta: ancora figure femminili, ma anche modellini di templi, animali, frutta, fiori, organi del corpo umano. MUSEO PROVINCIALE CAMPANO Capua, via Roma 68 Info www.museocampanocapua.it

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Capaccio, Museo Archeologico Nazionale A destra l’ingresso del Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Nella pagina accanto, in alto l’insieme delle lastre dipinte che compongono la Tomba del Tuffatore (vedi particolare nella pagina accanto, in basso). Capaccio Paestum, Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Qui sotto una Mater Matuta della collezione del Museo Provinciale Campano di Capua.

«Q

uale iddio ha fatto il miracolo di conservare su questa deserta e pingue pianura d’Italia, il tempio piú bello e perfetto dell’Ellade?» si chiedeva l’archeologo Amedeo Maiuri in Passeggiate campane, un suo libro già ricordato e pubblicato nel 1938 e poi, in una nuova edizione, nel 1950 per l’editore Sansoni.

Proprio a Maiuri si deve l’idea di realizzare un museo nei pressi dell’area archeologica che tanto ammirava. L’allora Soprintendente commissionò il progetto all’architetto Marcello De Vita: negli spazi espositivi avrebbero dovuto trovare collocazione soprattutto le metope del santuario di Hera, rinvenuto alla foce del Sele


grazie alle ricerche e agli scavi di Paola Zancani Montuoro e Umberto Zanotti Bianco. Il museo, situato al centro dell’area archeologica, fu inaugurato solo nel 1952 e, insieme alle metope – esposte in maniera tale da poterle osservare dal basso, come accadeva in origine – accolse i reperti ritrovati negli scavi della città, dei santuari e delle necropoli di Paestum, che, sino a quel momento, erano stati conservati in un Antiquarium allestito nel settecentesco Palazzo De Maria, accanto alla Basilica Paleocristiana. Le scoperte continuarono e gli spazi dell’edificio divennero presto insufficienti: già nel 1959 si ebbe un primo ampliamento; seguito da un altro negli anni 1968-1970, che previde la realizzazione della «Sala Santuari» e di altre che si affacciano sul cosiddetto Giardino di Hera. Un ampliamento ulteriore venne realizzato per

Qui sopra metopa raffigurante Eracle che uccide il gigante Alcione, dall’Heraion alla foce del Sele. VI sec. a.C. A sinistra la lastra dipinta raffigurante un giovane nudo che si tuffa nell’oceano, scena che ha dato nome alla Tomba del Tuffatore, scoperta 2 km a sud di Paestum nel 1958. 480-470 a.C.

ospitare la famosa tomba dipinta del Tuffatore, scoperta nel 1968 dal nuovo Soprintendente Mario Napoli. Per dialogare con questa eccezionale e suggestiva testimonianza della pittura antica, fu affidato l’incarico di realizzare un’opera all’artista salernitano Carlo Alfano: è stata la prima installazione di arte contemporanea in un museo archeologico italiano. La visita della raccolta è irrinunciabile e si consiglia di compierla prima o dopo quella dell’area archeologica: entrambe sono gestite dal Parco Archeologico di Paestum e Velia. Al santuario rinvenuto alla foce del Sele è dedicato un museo «narrante» – denominato appunto Museo di Hera alla Foce del Sele – ospitato in una ex masseria, con un allestimento innovativo e l’uso di video-installazioni, prodotti multimediali e ricostruzioni virtuali. PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM E VELIA Capaccio Paestum, via Magna Grecia 919 Info www.museopaestum.beniculturali.it/

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SORANO

Benevento, Museo del Sannio

I

Bacoli, Museo Archeologico dei Campi Flegrei

N

el circuito espositivo del Parco Archeologico dei Campi Flegrei – che rappresenta un insieme d’interesse straordinario per storia, natura e paesaggio – è inserito dal 2016 il museo ospitato nel Castello di Baia. Quest’ultimo è situato sulla vetta di un promontorio che costituisce la punta meridionale del golfo di Baia. Fu fatto costruire dagli Aragonesi tra il 1490 e il 1493 e insiste sui resti di una vasta e lussuosa villa romana appartenuta forse a Giulio Cesare prima di essere acquisita al demanio imperiale nell’età di Nerone. Il percorso espositivo coinvolge ambienti diversi del castello e consente di ammirare panorami mozzafiato dalle sue terrazze e dalla Piazza d’Armi. L’attenzione è centrata sulla città di Cuma, la prima colonia greca su terraferma della penisola italiana e a lungo un centro capace di elaborare e promuovere cultura, e poi su Puteoli (oggi Pozzuoli) uno dei porti principali del Mediterraneo in epoca romana.

In alto il Castello di Baia, oggi sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

l Consiglio Provinciale di Benevento istituí il museo nel 1873, all’interno della trecentesca Rocca dei Rettori Pontifici. Il progressivo accrescimento della raccolta ha portato al suo spostamento nell’abbazia di S. Sofia, appositamente restaurata. Negli ultimi anni gli spazi espositivi sono stati ancora ampliati grazie al recupero e all’utilizzo di alcuni ambienti di Palazzo Casiello e alla collocazione della sezione egizia nel Museo Arcos. Lungo il percorso espositivo si possono osservare reperti e opere che coprono un arco temporale molto ampio e che – prendendo in considerazione tutte le sezioni della raccolta – giunge fino al Novecento. Concentrando tuttavia l’attenzione sulle testimonianze archeologiche, si possono seguire le vicende di Benevento nel periodo sannitico, in età romana e in epoca longobarda. Particolare interesse rivestono le opere egizie e neoegizie recuperate nello scavo del tempio di Iside, costruito al tempo dell’imperatore Domiziano e rimasto in uso almeno sino all’Editto di Tessalonica (380 d.C.).

MUSEO ARCHEOLOGICO DEI CAMPI FLEGREI Bacoli, via Castello 39 Info http://www.pafleg.it/

Statua in marmo di Antonia Minore, nipote di Augusto, come Venere Genitrice, da Baia. Metà del I sec. d.C.

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Rilievo frammentario raffigurante un combattimento gladiatorio, dall’anfiteatro romano di Beneventum. I sec. d.C. MUSEO DEL SANNIO Benevento, piazza Santa Sofia Info www.museodelsannio.it


Maddaloni, Museo Archeologico di Calatia

L’

antica Calatia (a ovest di Maddaloni) era posta ai confini nord-orientali dell’ager Campanus: risulta fondata già dalla fine dell’VIII

secolo a.C. e fu partecipe della cultura etruscocampana che ha caratterizzato la piana del Volturno sino al termine del V secolo a.C. Il museo presenta le vicende storiche del centro e ha sede nel casino dei duchi Carafa, un edificio nato come masseria alla fine del Cinquecento e trasformato in casino di caccia all’inizio del Settecento. Il percorso espositivo fa dialogare le sale del palazzo con i reperti archeologici che vi sono collocati. Il pianterreno è dedicato all’inquadramento del territorio e alle vicende dello scavo della città. Al piano nobile sono illustrate – attraverso i corredi funerari – le caratteristiche della comunità di Calatia. Il criterio seguito è quello cronologico, ma non quello tradizionale: i materiali piú recenti precedono quelli piú antichi, come accade nella sequenza dello scavo stratigrafico. Il museo si caratterizza, infine, per un apparato didattico innovativo e aperto alla multimedialità. MUSEO ARCHEOLOGICO DI CALATIA Maddaloni, Casino dei Duchi Carafa, via Caudina 353 – 81024 Info museoarcheologicocalatia.beniculturali.it

In alto la sala del Museo di Calatia in cui viene proposta un’installazione multimediale che permette di compiere un viaggio virtuale da Calatia a Roma, seguendo il percorso dell’antica via Appia. A sinistra l’interno di una kylix attica a figure rosse raffigurante un uomo con una brocca da vino. V sec. a.C. A destra, in alto la ricostruzione di una capanna protostorica nel Museo Storico Archeologico di Nola. In basso il casino di caccia dei duchi Carafa, divenuto sede del Museo Archeologico di Calatia.

Nola, Museo Storico Archeologico

L

a storia di Nola e del suo territorio dall’età del Bronzo sino all’epoca medievale è ripercorsa nel museo ospitato all’interno dell’ex convento delle Canossiane. Nelle sale dedicate all’età del Bronzo Antico sono esposti i materiali dai villaggi che vennero obliterati dall’eruzione delle «Pomici di Avellino», con la ricostruzione di una delle capanne dell’insediamento rinvenuto in località Croce del Papa, al cui interno sono stati posizionati alcuni reperti recuperati ancora integri. Negli ambienti successivi s’illustrano la formazione di Nola e, di seguito, la presenza sannita e l’incontro/ scontro con Roma: in questa ricca sezione spiccano le sepolture a cassa e a semicamera dipinte, tra cui la Tomba dei Togati e la Tomba della Danzatrice. La fase romana repubblicana e poi imperiale è documentata dai resti dei santuari rinvenuti presso Cimitile e a San Paolo Belsito, da statue e rilievi di ambito funerario, dall’anfiteatro e dalle epigrafi. Una sala è dedicata interamente alla cosiddetta «villa di Augusto», scoperta a Somma Vesuviana. Il percorso espositivo si conclude con la sezione relativa alla fine del mondo antico e all’età medievale: nel suo ambito vanno segnalate le testimonianze riferibili al complesso delle basiliche paleocristiane di Cimitile. MUSEO STORICO ARCHEOLOGICO Nola, via Senatore Cocozza 2 Info www.beniculturali.it

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CAMPANIA

Pontecagnano, Museo Archeologico Nazionale

L

a formazione del museo si deve alle fortunate campagne di scavo avviate a Pontecagnano da Bruno D’Agostino nel 1962. Dopo una sistemazione rivelatasi presto insufficiente, la raccolta ha trovato sede in un edificio realizzato appositamente, dotato anche

In basso, a sinistra un particolare dell’allestimento del museo. Qui sotto brocca da vino in argento. Secondo quarto del VII sec. a.C.

di depositi, di un laboratorio di restauro, di spazi per la didattica, di un ampio auditorium e che ospita pure la biblioteca comunale. L’esposizione ripercorre la storia della città e del territorio attraverso testimonianze di un artigianato artistico locale e d’importazione di livello molto alto, che suggeriscono il benessere del centro – avamposto etrusco in Italia meridionale – per lunghi periodi della sua storia. Tra i corredi funerari si può segnalare, in particolare, quello della «principessa di Pontecagnano», caratterizzato da una ricchissima parure, ma soprattutto dai medesimi segni del potere dei principi maschi: il carro, il servizio da vino in metallo, i vasi rituali e gli strumenti per i sacrifici. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Pontecagnano Faiano, via Lucania Info http://map.beniculturali.it

Salerno, Museo Archeologico Provinciale

I

l museo venne inaugurato il 28 ottobre 1928 nel Palazzo di Governo. Piú tardi, negli anni Sessanta del Novecento, la necessità di spazi ulteriori portò a scegliere come nuova sede il complesso di S. Benedetto, la cui costruzione risale al VII-IX secolo d.C. La visita può avere inizio dal giardino antistante, ornato da statue, rilievi

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A destra la magnifica testa bronzea di Apollo, divenuta simbolo del museo salernitano. I sec. a.C.I sec. d.C. A sinistra candelabro in bronzo di produzione etrusca, dalla tomba principesca scoperta in località Monte Pruno, presso Roscigno. 400-390 a.C. circa.


A sinistra ricostruzione della parure ornamentale della tomba della «principessa di Pontecagnano». Ultimo quarto dell’VIII sec. a.C. Qui sotto, dall’alto due immagini del Museo Archeologico di Teanum Sidicinum e una veduta del teatro romano dell’antica città.

figurati e basi onorarie di epoca romana. Il percorso prosegue all’interno secondo criteri sia cronologici che topografici: al pianterreno vi sono reperti provenienti dall’intera provincia di Salerno, databili dalla preistoria all’epoca romana. Il primo piano è quasi interamente dedicato all’insediamento etrusco-campano-sannita di Fratte, scoperto alla periferia settentrionale della città attuale. Si dà conto sia dell’abitato che delle necropoli, grazie alle ricerche condotte dall’Università degli Studi di Salerno. Sempre al primo piano, una sala è dedicata a una testa in bronzo di Apollo (I secolo a.C.-I secolo d.C.), rinvenuta nelle acque del Golfo di Salerno nel 1930. Il museo accoglie anche una ricca collezione numismatica.

Teano, Museo Archeologico di Teanum Sidicinum

L’

archeologia ha permesso di ricostruire le vicende storiche dell’insediamento di Teanum Sidicinum e del suo territorio, ora documentate anche nel locale museo. Sorto come abitato di una popolazione italica che parlava l’osco, il centro divenne poi una città romana. Il percorso espositivo è diviso in due sezioni: l’età dei villaggi (VIII-IV secolo a.C.) e l’età della città (III secolo a.C.-VII secolo d.C.). A fare da filo conduttore sono gli oggetti votivi dei santuari: statuette in terracotta, ex voto raffiguranti animali e prodotti della terra, ceramiche miniaturistiche. L’attenzione è stata indirizzata soprattutto sull’area sacra scoperta in località Loreto – che sorse prima della città e fu poi inglobata nell’area urbana – e su quella rinvenuta in località Fondo Ruozzo. Quest’ultima venne frequentata dal periodo arcaico alle guerre annibaliche e di nuovo nell’età di Silla. I reperti dei corredi funerari provenienti dalle necropoli coprono un arco temporale che dal VI secolo a.C. giunge all’età imperiale romana. Una sezione racconta gli scavi urbani, che hanno portato alla scoperta del teatro romano. MUSEO ARCHEOLOGICO DI TEANUM SIDICINUM Teano, via Nicola Gigli 23 Info https:// sistemamusealeterradilavoro.it

MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE Salerno, via San Benedetto 28 Info www.museoarcheologicosalerno.it

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PUGLIA PUGLIA

Taranto, Museo Archeologico Nazionale

T

ra il maggio 1953 e l’ottobre 1956, lo scrittore e giornalista Guido Piovene attraversò l’Italia per incarico della RAI e da quell’esperienza è scaturito un libro, Viaggio in Italia, un classico nel genere e piú volte ripubblicato. Giunto a Taranto, Piovene visitò il museo e annotò: «Si ha il caso inconsueto di un grande museo nazionale, nutrito specialmente dal gettito quotidiano degli scavi fatti sul luogo», aggiungendo subito

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A destra corona aurea che riproduce un serto di rose realizzato con lamine bratteate intagliate. III sec. a.C. Al centro, a sinistra testa di una statua funeraria fittile, che rappresentava la defunta eroizzata. IV sec. a.C. Al centro, a destra orecchino a navicella in oro, da Taranto, via Umbria. Seconda metà del IV sec. a.C. In basso diadema in oro, dalla Tomba degli Ori di Canosa di Puglia. Fine del III sec. a.C.


dopo: «È questo il piú importante museo archeologico per lo studio della Magna Grecia». In effetti, il museo non ha alle spalle esperienze significative di collezionismo, ma è nato dall’esigenza di porre un freno alla dispersione del patrimonio archeologico durante le fasi di grande espansione urbanistica della città. La prima, che determinò l’istituzione del museo, fu quella legata della costruzione del Borgo Umbertino e dell’Arsenale Militare, negli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento. Per seguire gli scavi e musealizzare i reperti riportati alla luce, venne inviato a Taranto l’archeologo Luigi Viola, da poco nominato Ispettore presso il Ministero della Pubblica Istruzione, dal quale dipendeva allora la gestione dei beni culturali. Nel 1887, con un Decreto del re d’Italia, venne istituito il museo che doveva avere un taglio «territoriale». La sede fu individuata nell’ex convento dei frati Alcantarini o di San Pasquale, costruito poco dopo la metà del Settecento e ampliato successivamente. Negli ultimi anni si sono susseguiti interventi migliorativi del percorso espositivo, che ora si presenta articolato su piú sezioni: la preistoria e la protostoria; dalla fondazione della città – unica colonia di Sparta in Magna Grecia – alla conquista da parte di Roma; la città in epoca romana e, in proposito, si ricordi che la fu sede di un incontro tra Ottaviano e Marco Antonio nel 37 a.C.; la città tardo-antica e altomedievale. I reperti esposti – tra i quali si annoverano numerosi capolavori – provengono sia dall’area urbana che dal territorio circostante e testimoniano necropoli, santuari, edifici pubblici, domus private e sono altrettante testimonianze di una realtà che fu a lungo vivace e prospera. MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO Taranto, via Cavour 10 Info https://museotaranto.beniculturali.it/

Altamura, Museo Archeologico Nazionale In alto Taranto. L’ex convento degli Alcantarini, oggi sede del museo. Qui sotto una collana in oro e pasta vitrea esposta nel Museo di Altamura. II sec. a.C.

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ue importanti scoperte archeologiche, lo scheletro neandertaliano dell’Uomo di Altamura – in una grotta carsica in località Lamalunga – e il sito paleontologico con orme di dinosauri nella Cava Pontrelli, hanno portato all’istituzione del museo nel 1993. L’edificio che lo ospita è situato subito a ridosso del centro storico in una zona nella quale è stato scoperto il settore di un abitato peucezio. Un nuovo allestimento è stato realizzato nel 2017 e si articola su due piani: nel primo si ricostruiscono le vicende storiche dell’Alta Murgia dalla preistoria all’età tardo-antica, con reperti provenienti da insediamenti e da necropoli. In tale ambito un’attenzione particolare è data al popolo italico dei Peucezi. Il secondo piano è dedicato interamente al Paleolitico: qui, oltre a raccontare la scoperta dell’Uomo di Altamura, vissuto intorno ai 150 000 anni da oggi, vi sono approfondimenti sia sulla scoperta che sulla situazione nell’Italia meridionale. Negli spazi espostivi è allestita la mostra permanente «Preistoria del cibo. Alle origini del pane». MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Altamura, via Santeramo 88 Info https://uomodialtamura.it

Qui sopra e a destra ricostruzione delle fattezze dell’Uomo di Altamura e il suo scheletro fossilizzato, scoperto nella grotta di Lamalunga, inglobato nelle concrezioni calcaree della cavità.

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PUGLIA

Brindisi, Museo Archeologico Provinciale «Francesco Ribezzo»

L’

istituzione del museo fu decisa nel 1884, con l’intento di accogliere i reperti restituiti dagli scavi in corso in città in quegli anni e di limitare la dispersione del patrimonio archeologico locale nella consapevolezza dell’importanza della riscoperta del passato. Un impegno portato avanti soprattutto da un gruppo di giovani intellettuali denominato «Brigata degli amatori d’arte». Divenuta la sede iniziale troppo angusta, si pensò di recuperare e utilizzare gli spazi del vecchio Ospedale ormai fatiscente, situato vicino al Duomo, per costruirvi un Palazzo della Cultura destinato ad accogliere il Museo provinciale, la Biblioteca provinciale e il Provveditorato agli Studi. I lavori consentirono, tra l’altro, di portare alla luce nuove testimonianze archeologiche. Nel 1958 il nuovo museo venne aperto al pubblico e vi confluirono la collezione civica ottocentesca e i reperti di nuovo ritrovamento a Brindisi e in provincia. Un ampliamento ulteriore si è avuto nel 2009: ora il percorso espositivo si articola su sei sezioni, che spaziano dall’epigrafia alla statuaria, dalle collezioni storiche ai reperti preistorici e alla numismatica. Uno spazio apposito è stato riservato ai bronzi scoperti nelle acque antistanti Punta del Serrone, due miglia a nord dell’imboccatura del porto di Brindisi, recuperati nel 1992.

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In alto e in basso due immagini degli spazi espositivi del museo brindisino. A destra statua in bronzo riconosciuta come ritratto di Lucio Emilio Paolo, il console romano che nel 168 a.C. trionfò nella guerra di Macedonia, da Punta del Serrone.

MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE «FRANCESCO RIBEZZO» Brindisi, piazza Duomo Info www.provincia.brindisi.it


Fasano, Museo Nazionale «Giuseppe Andreassi» e Parco Archeologico di Egnazia

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naugurato nel 1975, il museo si trova accanto all’area archeologica dell’antica Gnathia, ai margini della necropoli occidentale. Articolato su sette sezioni, il percorso espositivo illustra le vicende della città dalla sua prima frequentazione nel XVI secolo a.C. sino al Duecento, epoca che segnò l’abbandono del sito. I reperti esposti provengono dall’area

A destra uno scorcio del Parco Archeologico, con i resti dell’antica Gnathia. Qui sotto ceramiche di produzione messapica.

dell’abitato e dalle necropoli, ma anche dal territorio circostante. Uno spazio viene dato alla storia della ricerca archeologica. Va segnalato che nelle fondazioni del museo è presente una sepoltura messapica del IV secolo a.C., nota come Tomba delle Melagrane. Visitando l’area archeologica, si possono vedere la cinta muraria, le necropoli, un tratto della via Traiana, la Basilica Civile, il sacello delle divinità orientali, la piazza porticata, il criptoportico, le terme. Testimonianza della successiva diffusione del cristianesimo sono la Basilica Episcopale, con il battistero, e la Basilica Meridionale. MUSEO NAZIONALE «GIUSEPPE ANDREASSI» E PARCO ARCHEOLOGICO DI EGNAZIA Fasano, via delle Carceri 87 Info https://musei.puglia.beniculturali.it

Ruvo di Puglia, Museo Archeologico Nazionale Jatta

U

n’interessante vicenda collezionistica dell’Ottocento è documentata nel museo, ovvero l’impegno dei fratelli Giovanni senior e Giulio Jatta, della moglie di quest’ultimo Giulia Viesti e del loro figlio Giovanni junior nella formazione di una raccolta che, ancora oggi, si può ammirare nella sua concezione museografica originaria, che intendeva porre l’accento sul valore estetico delle opere esposte e suggerire, al contempo, la vitalità del passato. A Giovanni junior si deve anche la redazione del catalogo della collezione, pubblicato a Napoli nel 1869. Composta da oltre duemila reperti archeologici, la raccolta venne acquisita dallo Stato italiano nel 1990-1991. È ospitata nel pianterreno di Palazzo Jatta e distribuita su quattro sale: nella prima sono esposti vasi con decorazioni geometriche; nella seconda ben

Manufatti ceramici di varia foggia e tipologia, fra i quali spiccano, al centro, alcuni rhyta (corni potori) in forma di teste di animale.

700 vasi a figure rosse di produzione greca o magno-greca; nella terza, ancora piú di 400 reperti; nella quarta, insieme ad altri materiali, i vasi piú preziosi, tra cui il cratere attico a figure rosse con rappresentazione della morte di Talos, il gigante di bronzo che, secondo la mitologia greca, proteggeva l’isola di Creta. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE JATTA Ruvo di Puglia, piazza Giovanni Bovio 35 Info https://musei.puglia.beniculturali.it

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SORANO

BASILICATA

Potenza, Museo Archeologico Nazionale della Basilicata «Dinu Adamesteanu»

S

ituato nel centro storico, negli spazi del restaurato Palazzo Loffredo, il museo è intitolato all’archeologo Dinu Adamesteanu (1913-2004), quasi un pioniere della ricerca archeologica nella regione. Risulta articolato su due piani e il percorso espositivo segue il criterio cronologico e topografico, offrendo uno sguardo sull’archeologia dell’intera regione, con un’attenzione particolare per quella del territorio potentino. In apertura si trovano reperti in grado d’illustrare la situazione della Basilicata prima della colonizzazione greca, poi viene dato spazio alle poleis di Metaponto e di Siris-Herakleia. Metaponto, in particolare, è documentata da uno straordinario copricapo appartenuto a una sacerdotessa e realizzato da orafi tarantini. Quindi l’attenzione si sposta sugli Enotri, i Peuketiantes e i Lucani ed è l’occasione, per esempio, per esporre alcuni corredi funerari eccezionali, come quelli di Vaglio, databili tra la fine del VI e la metà del V secolo a.C., o per documentare i santuari presenti nell’area, tra i quali spicca quello di Rossano di Vaglio illustrato da ex voto (lamine sbalzate, bronzi, gioielli in oro e in argento, statuette di marmo e di terracotta) allestiti in maniera suggestiva. Il percorso si conclude con la fase romana e la presentazione di alcune delle testimonianze piú significative sinora riportate alla luce.

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Corredi funebri provenienti dalla necropoli di Vaglio. In particolare, nella foto in alto, è illustrato quello della «Principessa bambina», una fanciulla morta a soli 7 anni e deposta con una ricca parure in oro, argento e ambra, da indossare il giorno delle nozze ancora non compiute.

Lasciando il museo, può tornare alla memoria un’osservazione dello scrittore e pittore Carlo Levi, nel suo libro Cristo si è fermato ad Eboli, scritto dopo il confino in quelle terre durante il fascismo: «Parlavo con i contadini, e ne guardavo i visi, e le forme: piccoli, neri, con le teste rotonde, i grandi occhi e le labbra sottili, nel loro aspetto arcaico essi non avevano nulla dei romani, né dei greci, né degli etruschi, né dei normanni, né degli altri popoli conquistatori passati sulla loro terra, ma mi ricordavano le figure italiche antichissime». MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLA BASILICATA «DINU ADAMESTEANU» Potenza, via Andrea Serrao 11 Info www.archeobasilicata.beniculturali.it/


Venosa, Museo Archeologico Nazionale «Mario Torelli»

Potenza, Museo Archeologico Provinciale

L

a battaglia culturale portata avanti da Michele Lacava, che, Ispettore agli scavi di Metaponto dal 1876, si rese conto della necessità di impedire, o, almeno, limitare la dispersione del patrimonio archeologico, fece nascere il museo nel 1901. L’inaugurazione avvenne, alcuni anni dopo, nel 1907, con i reperti esposti nel convento di S. Francesco; a essi si aggiunsero presto i risultati degli scavi a Garaguso e a Latronico, diretti da Vittorio Di Cicco. Da allora si sono avuti diversi cambiamenti di sede e di approcci. Oggi il museo è ospitato in un edificio che comprende i depositi, con materiali da Serra e Rossano di Vaglio, Oppido Lucano, Banzi, Atella, Montescaglioso, solo per indicare qualche località, e ampi spazi per esposizioni temporanee di varie tematiche. I reperti esposti in una mostra permanente presentano il patrimonio archeologico della provincia in un arco di tempo molto ampio, dal Paleolitico all’età tardo-antica e medievale. È presente anche un archivio storico con la documentazione degli scavi e delle ricerche portate avanti dal museo. MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE Potenza, via Ciccotti Info www.provincia.potenza.it/

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A sinistra, in alto acroterio in terracotta. IV sec. a.C. Potenza, Museo Archeologico Provinciale. Qui sopra testa di Diadumeno. II sec. d.C. Venosa, Museo Archeologico Nazionale. In basso, a sinistra tempietto e dea di Garaguso. 480-470 a.C. Potenza, Museo Archeologico Provinciale. In basso, a destra il castello aragonese, sede del Museo Archeologico Nazionale di Venosa.

l museo è allestito nei suggestivi camminamenti sotterranei del castello aragonese, fatto costruire da Pirro del Balzo nel 1470. È stato recentemente riaperto al pubblico, dopo un rinnovamento profondo dell’allestimento, che prevede ora soluzioni tecnologiche interattive e supporti multimediali. Il nuovo percorso espositivo occupa 800 metri quadrati e si articola su sei sezioni, con un taglio cronologico e topografico, illustrando le vicende del territorio e, in particolare, della colonia latina di Venusia, fondata nel 291 a.C. In proposito si raccomanda la visita al parco archeologico, nel quale si possono vedere i resti monumentali della città dal periodo romano repubblicano sino all’età medievale. Tra i reperti vanno segnalati, almeno, la Tabula Bantina; i cippi iscritti in lingua osca che, nella vicina Bantia (Banzi), componevano un templum augurale; una testa in marmo di Diadumeno; numerose iscrizioni ebraiche (IV-IX secolo d.C.), espressione di una vivace comunità locale. Il museo è stato intitolato all’insigne archeologo Mario Torelli (1937-2020). MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE «MARIO TORELLI» Venosa, piazza Castello Info www.archeobasilicata.beniculturali.it

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BASILICATA

Matera, Museo Archeologico Nazionale «Domenico Ridola»

«N

el donare il mio museo allo Stato, perché non andasse perduto o disperso, io non feci che compiere il mio dovere verso la scienza, verso il paese e, dirò anche, verso me stesso», cosí affermò Domenico Ridola (1841-1932) in un breve intervento alla Camera dei Deputati il 15 dicembre 1910. Ridola è

Alcuni esempi dei monumentali vasi figurati facenti parte delle collezioni del museo intitolato a Domenico Ridola.

Muro Lucano, Museo Archeologico Nazionale

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orto nel 2003, il museo è allestito negli spazi del Seminario Vescovile, che costituisce un complesso architettonico unitario con la Cattedrale, l’Episcopio e la Curia. Nei pressi, sempre in posizione dominante, si trova il Castello. L’itinerario di visita offre uno sguardo sull’intero territorio della Basilicata settentrionale dall’epoca dei Peuketiantes sino alla piena romanizzazione e oltre, fino al periodo tardo-antico. Ricco è l’apparato didascalico e molto curato risulta l’allestimento, che fornisce ricostruzioni capaci di far comprendere al meglio le singole evidenze archeologiche. Il percorso si snoda sui tre piani del palazzo, seguendo il tradizionale

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Vasi figurati dalla necropoli di Baragiano.

stato un personaggio poliedrico ed emblematico di una certa Italia del suo tempo: medico formatosi presso l’Università degli Studi di Napoli; uomo politico (consigliere comunale e poi provinciale di Matera, sindaco della stessa città dal 1892, deputato nella XXII e XXIII legislatura dal 1904 al 1913 e poi, da quest’ultimo anno, senatore del Regno d’Italia); archeologo con scoperte importanti all’attivo nella veste di ispettore onorario degli scavi e dei monumenti (dal 1877), e collezionista di antichità. A lui è intitolato il museo di Matera, che è sorto nel 1911 a seguito proprio della donazione della sua collezione allo Stato. Il museo accoglie testimonianze archeologiche significative del territorio materano, suddivise per cronologia e topografia. Nella sezione preistorica spiccano i materiali recuperati nei villaggi trincerati di età neolitica, che evidenziano l’introduzione dell’agricoltura e il conseguente strutturarsi d’insediamenti stabili a partire dal VI millennio a.C. Per le fasi piú recenti si possono segnalare i reperti rinvenuti a Timmari, da cui provengono

ordinamento cronologico e topografico. In apertura l’attenzione viene prestata al mestiere dell’archeologo e alle tecniche della ricerca archeologica. Si passa quindi alle testimonianze dei Peuketiantes che precedono quelle dei Lucani; ci si sofferma subito dopo su singoli aspetti delle due culture: l’affermazione dei centri fortificati, il passaggio dalla capanna alla casa, lo spazio del sacro. Il percorso prosegue con l’età della romanizzazione, documentando i mutamenti profondi che comportò e segnalando come l’intera area fosse stata coinvolta negli scontri tra l’esercito romano e Annibale durante la seconda guerra punica.


corredi funerari (IV secolo a.C.) con armature in bronzo e monumentali vasi a figure rosse, e una serie di statuette votive rinvenute in un’area sacra. La visita al museo offre l’occasione per avvicinarsi al patrimonio archeologico di una città nota soprattutto per le caratteristiche della sua architettura e per i paesaggi che la circondano, e, al contempo, di conoscere l’impegno di un uomo verso la sua città natale e un territorio a cui si sentiva legato e di cui intravedeva il riscatto, possibile attraverso la valorizzazione delle sue testimonianze storiche. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE «DOMENICO RIDOLA» Matera, via Domenico Ridola 24 Info https://musei.basilicata.beniculturali.it

Testimonianze di epoca romana repubblicana e imperiale di particolare rilievo provengono dalla villa di San Pietro di Tolve, che ospitava al proprio interno un’attività manifatturiera legata alla filatura (il responsabile del laboratorio doveva essere Lucius Domitius Cnidus, liberto di Domitia Lepida, zia di Nerone, di cui era stata nutrice per un periodo). Come pure dalle ville di Masseria Ciccotti e di San Gilio, con mosaici policromi di notevole fattura. Il percorso termina con il periodo tardo-antico e l’interessante testimonianza della villa di San Giovanni di Ruoti, che era un palazzo vero e proprio, nel quale veniva amministrato il potere, compresa la riscossione delle imposte.

A sinistra terracotta con il busto di Afrodite, affiancato da due eroti, dalla stipe votiva di Timmari. Fine del IV sec. a.C. Matera, Museo Archeologico Nazionale «Domenico Ridola». In basso lastra con scena di partenza dell’eroe e cavallo alato, dal santuario in località San Biagio, presso Metaponto. VII sec. a.C. Bernalda, Museo Archeologico Nazionale di Metaponto.

Bernalda, Museo Archeologico Nazionale di Metaponto

L

e vicende storiche di Metaponto e del suo territorio dalle prime testimonianze preistoriche sino al periodo tardo antico sono documentate nel museo. L’itinerario di visita propone, infatti, attraverso l’esposizione di una selezione ragionata dei reperti riportati alla luce, gli snodi decisivi e gli aspetti caratterizzanti della società e dell’artigianato artistico di uno dei centri piú vivaci della Magna Grecia. Un’attenzione particolare è posta sulle relazioni tra le comunità indigene e i Greci sia prima che dopo la fondazione della colonia, realizzata da genti provenienti dal Peloponneso agli inizi del VII secolo a.C., e sui rapporti tra la città e il suo entroterra. Spazio viene dato al fenomeno dell’acculturazione della popolazione indigena, nel cui ambito i racconti mitologici raffigurati sui vasi hanno svolto un ruolo di primo piano. La visita al museo dovrà essere opportunamente preceduta o seguita da quella al Parco archeologico dell’antica area urbana e al Tempio delle Tavole Palatine distante circa tre chilometri. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Bernalda, via Dinu Adamesteanu 21 Info https://musei.basilicata.beniculturali.it/

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Muro Lucano, via Seminario 6 Info http://musei.beniculturali.it/

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CAMPANIA

Melfi, Museo Archeologico Nazionale del Melfese «Massimo Pallottino»

I

l museo è intitolato a Massimo Pallottino (1909-1995), uno dei maggiori archeologi italiani del Novecento che ha rifondato di fatto gli studi sulle antichità etrusche e italiche. È ospitato all’interno del Castello federiciano della città e i reperti provengono dal territorio circostante. Il percorso di visita, disposto secondo il criterio cronologico, mostra i corredi funerari rinvenuti in tombe di età arcaica con raffinate ceramiche daunie a decorazione geometrica, armature in bronzo, oggetti d’argento, d’oro e d’ambra, vasi in bronzo sia di fabbricazione greca che etrusca, a segnalare contatti commerciali ad ampio raggio. Quindi ceramiche greche e magno-greche a figure rosse, e monumentali vasi a decorazione policroma con figure applicate. La fase romana è testimoniata soprattutto da un sarcofago in marmo di notevole fattura, decorato a rilievo e realizzato in botteghe dell’Asia Minore (II secolo d.C.). MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DEL MELFESE «MASSIMO PALLOTTINO» Melfi, Castello federiciano, via Normanni Info www.archeobasilicata.beniculturali.it

In alto elmi in bronzo nel Museo Archeologico Nazionale «Massimo Pallottino» di Melfi. A destra terracotta plasmata in forma di figura umana dalle braccia alzate. Policoro, Museo Archeologico Nazionale della Siritide. In basso sarcofago monumentale in marmo, da Rapolla. Produzione microasiatica, II sec. d.C. Presenta sul coperchio la defunta «dormiente» e, sulla cassa, dèi ed eroi romani.

Policoro, Museo Archeologico Nazionale della Siritide

S

iris, Herakleia di fondazione piú recente (dal 433 a.C.), e i centri indigeni dell’entroterra sono documentati nel museo, che presenta il suo carattere di maggiore interesse proprio nel mostrare l’incontro/scontro tra questi due mondi. Siris è rappresentata soprattutto dai corredi funerari del VII e del VI secolo a.C., con ceramiche prodotte localmente e tra le piú antiche della Magna Grecia, e da statuette votive. Quanto a Herakleia, la sua storia e la sua cultura sono documentate prevalentemente da matrici per statuette rinvenute nel quartiere artigianale, oggetti votivi e ricche tombe databili al IV-III secolo a.C. con ceramiche a figure rosse e gioielli realizzati da botteghe di orafi attive in città. Di uno di questi maestri artigiani si è peraltro rinvenuta anche la tomba. Gli insediamenti enotri (IX-V secolo a.C.) e lucani (IV secolo a.C.) sono illustrati da corredi funerari di notevole ricchezza e che, tra il VII e il V secolo a.C., comprendevano armature in bronzo, monili preziosi, vasi indigeni, buccheri etruschi e ceramiche figurate greche.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLA SIRITIDE Policoro, via Colombo 8 Info www.archeobasilicata.beniculturali.it

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CALABRIA

CALABRIA

Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale

L’

idea di realizzare un grande museo nazionale dedicato alla Magna Grecia venne all’archeologo Paolo Orsi, subito dopo il catastrofico terremoto del 1908. La considerava con lungimiranza come una delle iniziative che avrebbero dovuto contribuire alla rinascita sociale, culturale ed economica di Reggio Calabria. Il progetto riuscí a concretizzarsi solo molto piú tardi: la posa della prima pietra dell’edificio, progettato da Marcello Piacentini per accogliere il museo, avvenne infatti nel 1932. Va detto che in città esisteva già un’importante raccolta archeologica: il Museo Civico, inaugurato nel 1882. In quell’occasione, Fabrizio Plutino, un uomo politico di spicco del suo tempo (sindaco, deputato e poi senatore del Regno, oltre che prefetto in varie città italiane), che aveva aderito agli ideali risorgimentali sin da giovanissimo facendo la staffetta per consegnare alcuni messaggi riservati a Giuseppe Garibaldi, osservò nel discorso inaugurale che si trattava di un giorno tra «i migliori della sua vita amministrativa». Nel 1954 si arrivò alla fusione tra le collezioni di proprietà

In alto la sezione dedicata ai santuari di Locri. Qui sotto il Bronzo di Riace A. V sec. a.C. In basso, a sinistra testa in bronzo detta «di Basilea», perché acquisita illegalmente dal locale Antikenmuseum, che l’ha restituita all’Italia nel 1993.

comunale e quelle dello Stato e alla nascita del nuovo museo. Da allora gli interventi sono stati diversi e tesi a fronteggiare l’accrescimento della raccolta a seguito degli scavi condotti negli ultimi decenni, e a seguire l’aggiornamento dei criteri museografici. Ora il museo, noto soprattutto per ospitare le due eccezionali statue dei Bronzi di Riace, si presenta articolato su quattro livelli. L’itinerario di visita consigliato inizia al secondo piano con i reperti della preistoria e della protostoria (livello A), continua al primo piano con l’attenzione incentrata sulle città e i santuari della Magna Grecia (livello B), prosegue al mezzanino con materiali che documentano le necropoli e la vita quotidiana in città quali Sibari, Crotone, Hipponion, Kaulonia, Cirò e Laos, e tra i popoli italici dei Lucani e dei Brettii (livello C). Il percorso espositivo si conclude al pianterreno con l’attenzione incentrata su Reggio Calabria e l’area circostante: qui si possono appunto ammirare i due bronzi rinvenuti nei fondali di Riace Marina nel 1972 e due magnifiche teste, anch’esse in bronzo, dette «del filosofo» e «di Basilea», rinvenute nelle acque dell’insenatura di Porticello (livello D). Durante i lavori di costruzione dell’edificio venne scoperta una necropoli ellenistica e alcuni dei reperti recuperati sono esposti (livello E).

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Reggio di Calabria, piazza De Nava 26 Info www.museoarcheologicoreggiocalabria.it

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Crotone, Museo Archeologico Nazionale e Parco Archeologico di Capo Colonna

«I

l meglio della Magna Grecia è nei musei anziché all’aria aperta. Ma la colonna di Crotone, bellissima, e quegli scavi, anche modesti, ci fanno sentire d’essere in un territorio italiano, mescolando le loro suggestioni, fantastiche piú che visive, al paesaggio e ai problemi umani»: l’osservazione si deve ancora una volta alla penna di Guido Piovene, in Viaggio in Italia (Firenze 1957). La colonna, a cui lo scrittore fa riferimento, è quella del tempio dorico di Hera Lacinia, l’unica rimasta in piedi e divenuta l’emblema del promontorio e del parco. L’area, infatti, è ora protetta da un parco, che si estende per circa 50 ettari nella punta piú orientale del promontorio di Capo Colonna, e comprende i resti dell’Heraion Lakinion, il santuario extraurbano della colonia greca di Crotone, che era un riferimento essenziale per la navigazione antica e un rifugio sicuro di cui la dea si faceva garante. Hera proteggeva anche i

In alto la sezione subacquea del Museo Archeologico del Parco di Capo Colonna. Qui sotto e in basso, a sinistra bronzetti in forma di sirena e di sfinge. VI sec. a.C. In basso, a destra frammenti di sime grondaie con protomi leonine. V-IV sec. a.C.

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE E PARCO ARCHEOLOGICO DI CAPO COLONNA Crotone, via Hera Lacinia Info musei.calabria.beniculturali.it

bovini, che potevano pascolare all’interno del bosco a lei sacro. Da Capo Colonna – in una temperie politica e culturale già diversa – Annibale s’imbarcò per fare ritorno a Cartagine dopo la sua spedizione in Italia. L’area comprende un museo archeologico, inaugurato nel 2006. Il percorso di visita si articola in tre sezioni: la prima è dedicata all’abitato di epoca romana, con un’attenzione speciale per gli oggetti della vita quotidiana; la successiva ospita alcuni rinvenimenti effettuati nell’area del santuario, con la ricostruzione di uno spaccato della copertura del tetto del tempio di Hera Lacinia; l’ultima presenta i reperti rinvenuti in mare, come, per esempio, il carico di marmi del relitto di Punta Scifo. La realtà museale maggiore – il Museo Archeologico Nazionale – ha sede nel centro storico di Crotone, in un edificio progettato dall’architetto Franco Minissi, a breve distanza dal Castello di Carlo V. In un piano sono riunite opere che illustrano le vicende storiche della polis – nella quale visse a lungo Pitagora – dalla sua fondazione, nel 710 a.C., alla tarda antichità. Nel piano superiore viene presentata una selezione dei reperti dagli insediamenti del territorio e poi, a seguire, dai santuari principali della città e si ritorna al santuario di Hera Lacinia presso Capo Colonna.

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CALABRIA

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Catanzaro, Museo Archeologico e Numismatico Provinciale

a raccolta catanzarese può vantarsi d’essere la piú antica istituzione museale della Calabria. Custodisce reperti che illustrano le vicende storiche della zona dalla preistoria al Medioevo e, al contempo, narrano storie di collezionismo settecentesco e ottocentesco di antichità. Particolarmente ricca è la sezione numismatica, con monete di varie epoche. Di recente il museo, immerso nel giardino di Villa Margherita è stato oggetto di un intervento che ne ha rinnovato l’allestimento e introdotto soluzioni multimediali interattive a integrazione dell’apparato informativo. L’intervento ha previsto anche l’esposizione di numerosi reperti sinora non presentati al pubblico. Tra le opere visibili vanno segnalati i frammenti di una statua equestre in bronzo raffigurante Manio Megonio Leone (II secolo d.C.), rinvenuta a Stringoli (l’antica Petelia), e l’elmo bronzeo da Tiriolo, di fattura greca. MUSEO ARCHEOLOGICO E NUMISMATICO PROVINCIALE Catanzaro, Villa Margherita, piazzale Trieste Info www.provincia.catanzaro.it

Cosenza, Museo dei Brettii e degli Enotri

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l museo ha sede nel complesso monumentale di S. Agostino e l’itinerario di visita rispetta il consueto criterio cronologico, coprendo un arco di tempo che va dalla Preistoria all’età romana. I materiali provengono da scavi e ritrovamenti avvenuti in tempi diversi a Cosenza e nel suo territorio. In particolare, sono documentati il popolo degli Enotri, che intrattenne scambi commerciali con i Greci ben prima dell’inizio della colonizzazione; la colonia di Sibari, testimoniata dai reperti provenienti dal santuario extraurbano di Cozzo Michelicchio; la colonia panellenica di Thurii, voluta da Pericle nel 444 a.C. dopo che Sibari era stata distrutta (510 a.C.), attraverso l’esposizione di alcuni corredi funerari; il popolo dei Brettii, di cui Cosenza era il centro principale,

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In alto una sala del Museo Archeologico e Numismatico Provinciale di Catanzaro, che vanta una ricca collezione di monete, alcune delle quali visibili nella foto, sulla sinistra. A destra brocca in impasto da una sepoltura femminile della necropoli di Torre Mordillo. Età del Ferro, fase del Primo Ferro 2A (fine dell’XI-metà dell’VIII sec. a.C.).

documentato dai materiali dell’abitato sul Colle Pancrazio e nell’area delle necropoli. Seguono le testimonianze di età romana. Ricca è la raccolta numismatica, con pezzi magnogreci, romani, medievali e moderni. MUSEO DEI BRETTII E DEGLI ENOTRI Cosenza, Salita Sant’Agostino Info www.museodeibrettiiedeglienotri.it


Gioia Tauro, Museo Archeologico Metauros

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copo del museo, allestito negli spazi del settecentesco Palazzo Baldari, è quello di documentare la storia di Metauros, un centro fondato dalla polis di Zancle (l’odierna Messina) nell’ambito della sua politica di espansione territoriale e che passò poi sotto l’influenza di Locri. Il percorso espositivo è basato prevalentemente sui reperti provenienti dalle necropoli, in considerazione del fatto che l’urbanizzazione successiva della zona non ha consentito campagne di scavo approfondite nell’antico abitato. In ogni caso, i materiali documentano, seppur indirettamente, la vivacità dell’insediamento, i rapporti commerciali su scala ampia e le relazioni con le genti indigene. L’itinerario di visita prosegue con le testimonianze di epoca romana imperiale (II-III secolo d.C.), quando la città iniziò a essere abitata di nuovo dopo

In alto varie tipologie di contenitori rinvenute nella necropoli arcaica. VII-VI sec. a.C. In basso corredi funerari rinvenuti nella necropoli arcaica. VII-VI sec. a.C.

l’abbandono iniziato in età classica. Tra i reperti esposti in questa sezione vanno evidenziati i vasi in vetro decorati con motivi applicati. Il Medioevo è ricordato con i materiali rinvenuti in un butto scavato tra i resti della torre detta «normanna» e la cinta muraria. MUSEO ARCHEOLOGICO METAUROS Gioia Tauro, via Roma 30 Info https://musei.calabria.beniculturali.it/

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CALABRIA

Lamezia Terme, Museo Archeologico Lametino

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ede della raccolta è il complesso di S. Domenico, un ex convento dei Domenicani fondato tra il 1506 e il 1521 e nel quale il filosofo Tommaso Campanella, l’autore della Città del Sole, approfondí i suoi studi di teologia. Il museo si articola in tre sezioni: nella prima, dedicata alla preistoria, si trovano choppers del Paleolitico Inferiore provenienti da Casella di Maida, che, a oggi, rappresenta la piú antica stazione preistorica della Calabria, e frammenti di ceramiche caratterizzate da una grande varietà di decorazioni impresse risalenti al Neolitico. Nella successiva sono riuniti materiali riferibili alla piú antica frequentazione greca del territorio lametino e alla fondazione di Terina, una subcolonia di Crotone: in questo contesto si può segnalare il frammento di una tabella testamentaria in bronzo (inizi del V secolo a.C.). Segue la fase ellenistica

Locri, Museo e Parco Archeologico Nazionale

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l Parco Archeologico di Locri è uno dei piú vasti della Calabria e, al proprio interno, ospita due realtà museali: il Museo Archeologico Nazionale e il Casino Macrí. Nel primo, attraverso una serie di reperti di

Antefissa in terracotta in forma di testa femminile con nimbo, da Balzano di Maida. IV sec. a.C.

e romana, nel cui ambito spiccano le decorazioni architettoniche e una statua femminile in marmo provenienti dalle ville del territorio. Nella sezione conclusiva sono visibili materiali databili fra l’età bizantina e il Settecento. MUSEO ARCHEOLOGICO LAMETINO Lamezia Terme, via San Domenico Info https://musei.calabria.beniculturali.it/

Pinakes provenienti dal santuario di Persefone scoperto ai piedi del colle della Mannella, a ridosso della cinta muraria della città antica. 490-450 a.C.

notevole interesse, viene ripercorsa la storia della colonia di Locri Epizefiri (situata a 3,5 km dall’attuale Locri) fondata nel 673 a.C., secondo la tradizione, e dove operò il legislatore Zaleuco, al quale viene attribuito il primo codice di leggi scritte del mondo greco. Il dialogo tra le opere esposte e i resti monumentali del parco risulta strettissimo. Nel Casino Macrí sono visibili i materiali che documentano la fase romana, tra essi si possono evidenziare una statua ritratto in marmo dall’area del Foro e una vasca realizzata in breccia di Aleppo, un marmo raro. I reperti relativi all’età protostorica della Locride sono ospitati invece nel Museo del Territorio, allestito, a partire dal 2018, all’interno di Palazzo Teotino Nieddu del Rio nel centro di Locri. MUSEO E PARCO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Locri, Contrada Masarà, Strada Statale 106 Jonica Info https://musei.calabria.beniculturali.it/

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N NO

NE

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La Maddalena

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Olbia Porto Torres

Tempio Pausania

Sassari Siniscola

Alghero Ozieri

Su Romanzesu

Nuoro Macomer

Paulilatino

Mar Tirreno Oristano Tharros

Genna Maria

Barumini

Guspini Villacidro

Iglesias

Cagliari

Monte Sirai

Carbonia Sant’Antioco

Nora

Musei d’Italia ISOLE | 150 MUSEI D’ITALIA | 150 |


LE CIVILTÀ AUTOCTONE E QUELLE «ARRIVATE DA FUORI» SONO GLI INDISCUSSI PROTAGONISTI DEI MUSEI DI SARDEGNA E SICILIA. E, PER I VIAGGIATORI DI IERI E DI OGGI, RAPPRESENTANO UN IRRINUNCIABILE COROLLARIO ALLA VISITA DEI GRANDI COMPLESSI MONUMENTALI DELLE DUE ISOLE MEDITERRANEE

Mar Tirreno

Lipari

Capo Gallo

Messina Palermo

Trapani Mozia

Solunto Segesta

Barcellona Pozzo di Gotto

Halaesa

Taormina

Himera

Giardini Naxos Giarre

Marsala Mazara del Vallo

Selinunte Sciacca

Eraclea Minoa

Caltanissetta Valle dei Templi

Catania Piazza Armerina

Morgantina

Agrigento

Occhiolà Licata

Mar Ionio

Gela

Palazzolo Acreide Vittoria

Camarina

Ragusa Pozzallo

Pantalica

Siracusa Avola Tellaro Pachino

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SICILIA SICILIA

Palermo, Museo Archeologico Regionale «Antonino Salinas»

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gni museo racchiude numerose storie legate ai tempi e ai modi della sua formazione: l’archeologico di Palermo ne conserva una singolare, che si ricollega agli ideali risorgimentali. Nelle sue raccolte è confluita nel 1865 la collezione di antichità etrusche riunita a Chiusi da Pietro Bonci Casuccini, forte di quasi 10 000 reperti. Il suo acquisto fu voluto dalla Commissione per le Antichità e Belle Arti della Sicilia, d’intesa con l’allora Ministro della Pubblica Istruzione, lo storico Michele Amari, facendo fronte a un impegno finanziario e logistico assai oneroso. Si consideri che la Commissione utilizzò quasi l’intera dotazione finanziaria di cui disponeva per due anni e dovette provvedere al trasporto per ferrovia, da Chiusi a Livorno, di 200 casse di grandi dimensioni e da lí, a bordo di un

A destra particolare del mosaico delle Stagioni, dall’edificio A di piazza della Vittoria. In basso metopa con il ratto di Europa, da un tempio arcaico di Selinunte. Inizi del VI sec. a.C.

veliero, sino a Palermo. La scelta e la determinazione nel portarla a compimento nascevano dal fatto che, al tempo, gli Etruschi erano considerati come i primi Italiani: un giudizio elaborato negli ambienti della filosofia

politica e fatto proprio da quelli antiquari. Di conseguenza, acquisire opere etrusche significava, per Palermo, rinsaldare i rapporti tra la Sicilia e il neonato Regno d’Italia. La raccolta palermitana era nata nel 1814 come Museo dell’Università e si era trasformata in Museo Nazionale nel 1860. Da allora è andata costantemente arricchendosi, grazie all’acquisizione di alcune collezioni e all’arrivo di materiali provenienti da scavi condotti in vari centri dell’isola. In particolare, negli anni della direzione di Antonino Salinas (1873-1914), che voleva farne l’istituto museale in grado di documentare la storia della Sicilia dalla preistoria in avanti. Tra le opere, tutte di notevole interesse storico e artistico, possiamo ricordare le metope dei templi di Selinunte, il frontone del tempio C dalla stessa località e il complesso scultoreo del tempio di Himera. Per un altro ambito culturale, va ricordata la «Pietra di Palermo», con iscrizioni geroglifiche relative agli annali delle prime cinque dinastie egizie. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE «ANTONINO SALINAS» Palermo, piazza Olivella Info www.regione.sicilia.it

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Siracusa, Museo Archeologico Regionale «Paolo Orsi»

«A

vete spesso sentito dire che Siracusa è la piú grande città greca, e la piú bella di tutte. La sua fama non è usurpata»: il giudizio è di Marco Tullio Cicerone, che lo riporta nelle Verrine. Il grande oratore fu questore in Sicilia nel 75 a.C. e soggiornò piú volte nella città. Nelle Tuscolanae, ritorna su Siracusa e racconta un aneddoto, rivendicando, non senza compiacimento, di avere ritrovato il sepolcro di Archimede, che era completamente coperto da rovi e cespugli: «La città piú nobile della Grecia, e un tempo la piú dotta, avrebbe continuato a ignorare la tomba del suo cittadino piú geniale, se non glielo avesse indicato un Arpinate». La bellezza della Siracusa antica si può apprezzare ancora oggi visitando i monumenti che si sono conservati e il museo dedicato all’archeologo Paolo Orsi (1859-1935), un altro non siracusano – era nato a Rovereto – innamorato della città. È situato all’interno del parco di Villa Landolina, in un edificio progettato dall’architetto Franco Minissi e inaugurato nel 1988. Documenta – grazie a numerosi reperti e piú di un capolavoro – Siracusa e vari siti archeologici della Sicilia orientale e centrale. Dal 2010 si è arricchito di un ricco medagliere, trasferito dalla precedente sede espositiva situata in Piazza Duomo. Il museo trae origine da una piccola raccolta riunita presso l’Arcivescovato alla fine del Settecento, alla quale si aggiunsero donazioni da collezionisti locali. Questo nucleo iniziale, già nel 1811, costituí il Museo Comunale, che divenne Museo Nazionale nel 1878 e s’incrementò notevolmente proprio grazie all’azione di Paolo Orsi. Tra i capolavori esposti si devono ricordare, almeno, la statua in calcare della Dea Madre in trono che allatta due gemelli, da Megara Iblea (VI secolo a.C.); il kouros in marmo greco con un’iscrizione che ricorda il medico

In alto l’edificio progettato da Franco Minissi per il museo siracusano. A destra statua di Dea Madre in trono, da Megara Iblea. VI sec. a.C. Qui sotto la Venere Landolina, copia romana dell’Afrodite Cnidia di Prassitele, da Siracusa. II sec. d.C. A destra, in basso un particolare dell’allestimento.

Sombrotida, figlio di Mandrocle (560-550 a.C.); la statua in terracotta di una figura femminile seduta, con ogni probabilità, Demetra o Kore dal santuario di Grammichele; la Venere Landolina, in cui va riconosciuta una copia romana dell’Afrodite Cnidia di Prassitele e che suscitò l’ammirazione dello scrittore Guy de Maupassant.

MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE «PAOLO ORSI» Siracusa, viale Teocrito 66 Info www.regione.sicilia.it

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SICILIA

Agrigento, Museo Archeologico Regionale «Pietro Griffo»

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l museo si trova in contrada San Nicola, con una vista panoramica sulla Collina dei Templi e in prossimità di un’area archeologica che comprende l’ekklesiasterion, un edificio a forma di teatro utilizzato per le assemblee popolari. Quando cessò di essere utilizzato, nel I secolo a.C., venne affiancato da un tempietto, trasformato in epoca imperiale nella tomba di una matrona. Il monumento è noto come Oratorio di Falaride, dato che una tradizione vi collocava il palazzo del tiranno che governò Akragas con il terrore. La sede museale, realizzata negli anni Sessanta del Novecento, utilizza corpi di fabbrica progettati ex novo e le strutture restaurate del trecentesco convento di S. Nicola. Il percorso di visita dà conto della storia della città e del suo territorio dalla preistoria all’età imperiale romana e si articola su due sezioni: la prima, piú ampia, illustra le vicende di Akragas (sale 1-11); la seconda documenta la realtà della zona corrispondente alle attuali province di Agrigento e Caltanissetta (sala 12). Un’intera sala – nella prima sezione – è riservata al tempio di Zeus Olimpico: vi si possono ammirare una figura gigantesca di telamone, ricomposta già nel 1825, e le teste di altri telamoni rinvenuti negli scavi dell’Ottocento. Particolarmente ricca è la collezione di vasi attici del VI e V secolo a.C. Da segnalare, il Guerriero di Agrigento, databile intorno al 480 a.C., e l’Efebo di Agrigento, pregevole scultura realizzata in marmo e rinvenuta in prossimità del tempio di Demetra. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE «PIETRO GRIFFO» Agrigento, contrada San Nicola Info www.lavalledeitempli.it/

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Caltanissetta, Museo Archeologico Regionale In alto un particolare dell’allestimento del museo, che si avvale di spazi realizzati ex novo in epoca moderna e delle strutture, restaurate, del trecentesco convento di S. Nicola. In basso, a sinistra il cosiddetto Guerriero di Agrigento. V sec. a.C. In basso, a destra particolare di una statua di kore con ghirlanda (non visibile nella foto). VI sec. a.C. Caltanissetta, Museo Archeologico Regionale.

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llestito in un edificio progettato dall’architetto Franco Minissi – situato in prossimità dell’abbazia normanna di Santo Spirito –, il museo documenta la storia di Caltanissetta e del suo territorio dalla preistoria all’età tardo-antica: il nucleo storico è rappresentato dai reperti recuperati dall’Associazione Archeologica Nissena negli anni Cinquanta del Novecento. Oggi il percorso espositivo si snoda su cinque settori: nel primo l’attenzione è incentrata sui quartieri cittadini e sulle zone periurbane e uno spazio apposito è riservato all’insediamento di Sabucina; nel secondo settore sono esposti i reperti dalle necropoli di epoca arcaica e classica e i resti di età romana imperiale sempre da Sabucina, tra cui spicca un busto dell’imperatore Geta. Nel successivo sono documentati Capodarso e Vassallaggi e nel quarto, soprattutto, l’antico e importante centro di Gibil Gabib, con i ricchi corredi delle sue necropoli. Nel quinto e ultimo settore è documentato il territorio meridionale della provincia di Caltanissetta con i siti di Garrasia e di Dessueri riferibili all’età del Bronzo. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE Caltanissetta, Contrada Santo Spirito Info www.regione.sicilia.it/


Camarina, Museo Archeologico Regionale

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a raccolta ha sede all’interno di un complesso di edifici rurali, costruiti tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, proprio nel punto in cui sorgeva il santuario di Atena, le cui strutture superstiti vennero inglobate nella nuova costruzione e sono tuttora visibili. Il museo è dedicato alla storia di Camarina, fondata dai Siracusani nel 598 a.C., come argine alla politica espansionistica di Gela e poi distrutta dalla stessa madrepatria nel

In alto l’ingresso del museo, allestito in edifici rurali otto-novecenteschi ristrutturati. In basso un particolare dell’allestimento.

553 a.C., per essere rifondata alcuni decenni dopo proprio da Gela. Il percorso di visita si apre con l’esposizione di reperti recuperati grazie alle ricerche subacquee, tra cui il relitto detto «dell’elmo corinzio», e un’intera sala dedicata ad anfore che, dopo il loro uso, furono impiegate nelle sepolture. A seguire si possono segnalare gli ambienti dedicati ai culti di Camarina, con la presentazione di numerose statuette femminili in terracotta, e altri incentrati sulla vita sociale e politica della polis con una sala intera dedicata all’agorà. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE Contrada Cammarana-Ragusa, S.P. 102 km1 Info www.regione.sicilia.it

Catania, Museo Civico «Castello Ursino»

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ohann Wolfgang Goethe, giovedí 3 maggio 1787, a Catania, ebbe occasione di visitare la raccolta di Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari. La descrisse, con entusiasmo, nel suo Italienische Reise: «Abbiamo visitato il museo, che raccoglie statue di marmo e di bronzo, vasi e simili antichità d’ogni specie». La collezione, acquisita dal Comune di Catania tra il 1927 e il 1930, è confluita insieme a un’altra raccolta archeologica, riunita dai Padri Benedettini nel monastero di S. Nicolò, nel Museo Civico allestito all’interno del Castello Ursino. L’edificio venne fatto costruire da Federico II di Svevia nel 12391240 e accoglie oggi anche un’importante pinacoteca con molte tele di scuola napoletana. Il nucleo principale della raccolta Biscari è costituito da reperti archeologici provenienti da scavi

A destra sculture della collezione catanese, con, in primo piano, una testa di Zeus Ammone. In basso gruppo scultoreo raffigurante la lotta fra Ercole e Anteo. II sec. a.C.

condotti a Catania, o nei pressi di Camarina, ai quali si aggiungono opere acquistate nel mercato antiquario di Napoli, Roma e Firenze. La collezione dei Padri Benedettini accoglie materiali greci e romani scavati sempre in città o acquistati a Napoli e a Roma. MUSEO CIVICO «CASTELLO URSINO» Catania, Castello Ursino, piazza Federico II di Svevia Info www.comune.catania.it

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SICILIA

Gela, Museo Archeologico Regionale

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illustrare le vicende storiche di Gela e del territorio limitrofo dalla preistoria all’età medievale è il museo allestito all’interno di un edificio realizzato negli anni Cinquanta del Novecento. Un’attenzione speciale viene data ai secoli immediatamente successivi alla fondazione della colonia, avvenuta nel 688 a.C. per mano di Greci provenienti da Rodi e da Creta, i quali trovarono l’area abitata già dai Sicani. Si può ricordare che la città ebbe la forza di fondare Akragas (Agrigento) nel 580 a.C. Il nucleo piú antico è costituito dalle raccolte Navarra e Nocera: la prima riunita dal barone

A sinistra un particolare dell’allestimento. A destra piccolo altare in terracotta decorato a rilievo con la figura di Medusa che tiene sotto le braccia Pegaso e Chrisaor, da Bosco Littorio. 500-475 a.C.

Giuseppe Navarra, alla fine dell’Ottocento, comprende numerosi vasi attici di notevole qualità e interesse. Il percorso di visita è disposto su otto sezioni che seguono il criterio cronologico, dai reperti piú antichi a quelli piú recenti, ma con approfondimenti tematici su singole aree, come, per esempio, l’acropoli, i santuari, le necropoli; o su tematiche particolari quali le fornaci, le anfore, l’epigrafia. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE Gela, corso Vittorio Emanuele 2 Info www.regione.sicilia.it

Giardini Naxos, Museo Archeologico

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l museo si trova nell’attuale porto di Giardini Naxos ai margini del Parco Archeologico, al quale si può accedere direttamente grazie a un percorso, che ricalca il tracciato di un asse viario del V secolo a.C., in un paesaggio caratterizzato da agrumeti, palme e ulivi. La raccolta è dedicata all’esposizione di reperti in grado di documentare la storia di Naxos e

Qui sotto altare con sfingi, dagli scavi di Naxos. V sec. a.C. A sinistra la plateia B, la strada principale dell’antica Naxos.

dell’area circostante e rinvenuti in massima parte nelle campagne di scavo portate avanti dal 1953. Essi sono ordinati secondo il criterio cronologico: al pianterreno si trovano i materiali del periodo preistorico e della fase piú antica dello stanziamento coloniale (734 a.C.), che, secondo la testimonianza di Tucidide, si deve a un gruppo di Calcidesi salpati dall’isola di Eubea. Al primo piano sono esposte monete di V secolo a.C., rinvenute nel quartiere settentrionale della città, rivestimenti architettonici e antefisse che decoravano i templi, oggetti provenienti dall’abitato arcaico e classico e i corredi funerari delle necropoli urbane. MUSEO ARCHEOLOGICO Giardini Naxos, Lungomare Schiso Info www.parconaxostaormina.com

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Lipari, Museo Archeologico Regionale Eoliano «Luigi Bernabò Brea»

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l museo è intitolato all’archeologo Luigi Bernabò Brea (1910-1999), che con le sue campagne di scavo e le sue ricerche ha dato un contributo decisivo alla ricostruzione del passato delle isole Eolie. Si trova nella zona del Castello, nell’isola di Lipari, e coinvolge diversi edifici. L’itinerario di visita ha inizio con la sezione di archeologia preistorica, che ha sede nell’antico Palazzo Vescovile accanto alla cattedrale di S. Bartolomeo, prosegue con quella di archeologia classica, posizionata in un edificio degli anni Venti del Novecento, e con quella delle isole minori, collocata proprio di fronte al Palazzo Vescovile. La sezione epigrafica è in un padiglione dietro la sede dei reperti preistorici e quella dedicata alla vulcanologia si trova in un edifico del Cinquecento posizionato nei pressi. Tra i numerosi e

In alto sarcofagi provenienti da contrada Diana. Qui sotto collana con perle di corniola e pasta vitrea, da Salina. Età del Bronzo. In basso, a sinistra tombe a inumazione in giare, dal «predio Caravello». XIV sec. a.C. In basso, a destra edicola funebre greco-punica. Marsala, Museo Archeologico Regionale «Baglio Anselmi».

Marsala, Museo Archeologico Regionale Lilibeo MarsalaBaglio Anselmi

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l museo ha sede nel Baglio Anselmi, un ex stabilimento vinicolo costruito intorno al 1880 per la produzione del celebre vino Marsala. Negli spazi espositivi ricavati dai due vasti magazzini per le botti vi sono reperti recuperati in campagne di scavo – anche subacquee – dagli inizi del Novecento a oggi, vecchie acquisizioni comunali e alcuni oggetti dalla collezione «G. Whitaker» di Mozia. Nella prima ala del percorso è esposto il relitto della nave punica rinvenuto nel 1969: una testimonianza significativa della prima guerra punica tra Roma e Cartagine. Della nave sono state recuperate e ricostruite alcune parti: il dritto di poppa e la fiancata di babordo con parte della chiglia. Nell’altra ala sono documentate le vicende di Lilibeo (l’antica Marsala), dalla fase preistorica in avanti grazie a materiali da necropoli e da abitato. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE LILIBEO MARSALA-BAGLIO ANSELMI Marsala, lungomare Boeo 30 Info www.regione.sicilia.it/

interessanti reperti esposti vanno ricordate le maschere e le statuette di ambito teatrale, espressione di un artigianato artistico fiorito a Lipari nel corso del IV e del III secolo a.C. MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE EOLIANO «LUIGI BERNABÒ BREA» Lipari, via del Castello Info www.regione.sicilia.it

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SICILIA - SARDEGNA

Mazara del Vallo, Museo del Satiro

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llestito nella ex chiesa cinquecentesca di S. Egidio, il museo mazarese è nato intorno a un ritrovamento eccezionale, quello della statua in bronzo nota come Satiro danzante. L’opera venne rinvenuta, nella notte del 5 marzo 1998, dal Capitan Ciccio, un peschereccio di Mazara del Vallo che aveva calato in acqua una rete a strascico in cui la statua rimase impigliata. Un anno prima, dai medesimi fondali, era stata ripescata una gamba, che è poi risultata appartenere alla stessa opera. La scoperta suscitò un interesse notevole e si continua a discutere sulla sua attribuzione anche dopo il restauro. C’è chi ha pensato che possa essere un originale del IV secolo a.C. da attribuire allo scultore Prassitele: il Satiro peribòetos, ricordato da Plinio il Vecchio. Altri studiosi ritengono che l’opera sia databile invece alla fine del III secolo a.C. o, ancora, qualche decennio piú tardi. Resta la sua qualità artistica, che è altissima. Lungo il percorso espositivo si possono osservare anche altri reperti provenienti dalle acque del Canale di Sicilia, come il frammento di una zampa di elefante, anch’essa in bronzo. MUSEO DEL SATIRO DANZANTE Mazara del Vallo, piazza Plebiscito Info www.regione.sicilia.it

In alto la scultura nota come Guerriero di Castiglione. Fine del VII-inizi del VI sec. a.C. Ragusa, Museo Archeologico Ibleo. A destra statuina in terracotta di cavaliere. Ragusa, Museo Archeologico Ibleo. In basso il Satiro danzante, la statua in bronzo recuperata dai fondali del Canale di Sicilia nel 1998.

Ragusa, Museo Archeologico Ibleo

L’

archeologia e la storia antica di Ragusa e del suo territorio, dal Neolitico sino alla tarda antichità, sono illustrate nel museo ospitato all’interno di Palazzo Mediterraneo, che fu già sede dell’Antiquarium. I reperti recuperati nelle prime campagne di scavo della necropoli greca di Rito e dell’abitato ellenistico di Scornavacche hanno costituito il suo nucleo iniziale. A esso si sono aggiunti i materiali provenienti dalla città di Camarina, dalla necropoli sicula di Castiglione e dall’abitato tardo-antico di Kaukana. Nella raccolta sono confluite anche antichità riunite nei primi decenni del Novecento da collezionisti ragusani e acquistate dalla Regione Sicilia. Il percorso espositivo è suddiviso in sei sezioni: le stazioni preistoriche, i Greci nella provincia (Camarina), gli abitati siculi arcaici e classici (Monte Casasia, Licodia Eubea, Castiglione, Hibla), i centri ellenistici (Scornavacche), gli insediamenti tardo romani (Kaukana), collezioni e acquisti. Sono presenti ricostruzioni al vero di settori di aree scavate per contestualizzare meglio gli oggetti presentati.

MUSEO ARCHEOLOGICO IBLEO Ragusa, via Natalelli Info www.regione.sicilia.it

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SARDEGNA

Cagliari, Museo Archeologico Nazionale

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rima di entrare nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, si può ricordare un’osservazione di Sabatino Moscati (1922-1997), uno studioso che ha contribuito molto, tra l’altro, a comprendere l’importanza della regione negli sviluppi della civiltà fenicia e punica. Rievocando le sue ricerche, ha osservato che in Sardegna «La vita sosta per secoli, e il passato e il presente hanno lo stesso volto: per questo è tanto piú facile scoprire il passato» (Sulle vie del passato, 1990). Il museo ha una lunga storia: fu creato infatti, nel 1800, come Gabinetto di Archeologia e Storia naturale per decisione del viceré Carlo Felice su proposta del cavaliere Lodovico Baylle; due anni dopo, si decise di aprirlo al pubblico: un fatto insolito per l’epoca. Nel 1805 la proprietà e la gestione vennero trasferite alla Regia Università di Cagliari, a ribadirne la funzione pubblica. Da allora si è ampliato notevolmente, grazie a donazioni d’intere collezioni e ai reperti recuperati negli scavi e nei ritrovamenti che si sono succeduti. Un momento importante nella sua storia è stato il trasferimento, nel 1993, all’interno del complesso della Cittadella dei Musei, dedicata ora all’archeologo Giovanni Lilliu (1914-2012), che è andata a occupare e riqualificare l’area dell’ex Regio Arsenale. L’itinerario di visita si articola su quattro piani: al pianterreno viene proposto un percorso cronologico-didattico che racconta la storia dell’uomo nella regione dal Neolitico all’Alto Medioevo. Il primo piano è suddiviso in due percorsi tematici: uno dedicato alla città di Cagliari, l’altro ai principali insediamenti nuragici.

In alto maschera ghignante in terracotta di produzione punica, da San Sperate (Cagliari). VI-V sec. a.C. In basso due statue di «pugilatori», da Mont’e Prama. IX-VIII sec. a.C.

Il piano superiore è incentrato su alcuni importanti siti archeologici: Monte Sirai, Sant’Antioco, Bithia, Nora. Il terzo piano è dedicato alle mostre temporanee e ospita attualmente gran parte delle statue nuragiche rinvenute a Mont’e Prama: un ciclo statuario di altissimo valore storico e artistico. Le statue sono tutte maschili, possono arrivare fino a due metri di altezza, e raffigurano «pugilatori» con un guanto armato e lo scudo tenuto sopra la testa, arcieri, e guerrieri dotati di uno scudo rotondo. Altre sculture raffigurano nuraghi e betili. In proposito, segnaliamo che l’esposizione si svolge in parallelo con il Museo Civico «Giovanni Marongiu» di Cabras, dove sono conservate altre statue dello stesso complesso e viene approfondito il contesto di rinvenimento. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE Cagliari, piazza Arsenale 1 Info https://museoarcheocagliari.beniculturali.it

Sassari, Museo Nazionale Archeologico ed Etnografico «Giovanni Antonio Sanna»

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iovanni Antonio Sanna (1819-1875) è stato uno dei maggiori imprenditori sardi dell’Ottocento, con interessi legati sia all’attività estrattiva – essendo il concessionario della miniera di Montevecchio dal 1848 –, che alla finanza con la fondazione della Banca Agricola Industriale Sarda nel 1871. Fu, inoltre, un uomo impegnato in politica in anni decisivi per il Risorgimento: deputato prima nella Camera Subalpina del Regno di Sardegna (1857-1860) e poi nella Camera dei Deputati del nuovo Regno d’Italia (1865-1867), tenendo rapporti con Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini. Fu anche un collezionista e le sue raccolte archeologiche e storico-artistiche sono confluite nel museo sassarese istituito nel 1878 come Regio Museo Antiquario, e divenuto poi Regio Museo di Antichità ed Arte

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SARDEGNA

Nuoro, Museo Archeologico Nazionale «Giorgio Asproni»

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«G.A. Sanna» nel 1931. Da allora la raccolta si è ampliata notevolmente, con reperti recuperati grazie a campagne di scavo o a ritrovamenti casuali e con nuove donazioni anche di carattere etnografico, tra le quali si possono ricordare quelle di Zely Bertolio, figlia dello stesso Sanna, e di Gavino Clemente. Il museo ha un carattere polivalente con l’archeologia in primo piano, ma con una presenza significativa di testimonianze etnografiche e artistiche. Di conseguenza l’itinerario di visita risulta articolato su due sezioni: l’archeologica e l’etnografica. Nella prima sono posizionati reperti in grado di documentare la storia della Sardegna centrosettentrionale su un arco cronologico molto ampio: dal Paleolitico Inferiore al Settecento, con un’attenzione particolare per le fasi nuragica, fenicio-punica e romana. Il percorso espositivo segue il criterio cronologico e topografico, con approfondimenti dedicati a siti particolarmente rilevanti: il santuario di Monte d’Accoddi, le tombe ipogeiche prenuragiche, la città di Turris Libisonis (l’odierna Porto Torres), solo per fare qualche esempio. La sezione etnografica presenta oggetti della vita quotidiana e dell’artigianato locale degli ultimi tre secoli. SASSARI, MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO ED ETNOGRAFICO «GIOVANNI ANTONIO SANNA» Sassari, via Roma 64 Info www.sardegnacultura.it/

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l museo si trova nel centro storico di Nuoro ed è allestito nel palazzo ottocentesco appartenuto a Giorgio Asproni (1809-1876), un patriota e uomo politico che lottò per l’Unità d’Italia. Nasce dalla fusione tra le raccolte comunali, le collezioni del museo speleoarcheologico e materiali di proprietà statale. Conserva reperti paleontologici e archeologici provenienti dalla provincia di Nuoro: le testimonianze di vertebrati del Monte Tuttavista e della Grotta Corbeddu, strumenti del Paleolitico di Ottana, manufatti del Neolitico. E, ancora, le testimonianze dell’età del Rame, tra cui lo scheletro di Sisaia, rinvenuto nella grotta omonima, e del periodo nuragico da Orune e da Oliena. In esposizione è anche una ricostruzione della fonte sacra di Oliena. Chiudono il percorso espositivo oggetti di epoca medievale dal Castello della Fava di Posada.

In alto e in basso un idoletto fittile e stoviglie in ceramica, dal nuraghe San Pietro. Nuoro, Museo Archeologico Nazionale. A sinistra bronzetti nuragici. Sassari, Museo Nazionale «Giovanni Antonio Sanna».

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE «GIORGIO ASPRONI» Nuoro, via Mannu 1 Info www.sardegnacultura.it

Oristano, Antiquarium ArborenseMuseo Archeologico «Giuseppe Pau»

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a raccolta nasce nel 1938, quando si decise di musealizzare i materiali riuniti dall’avvocato Efisio Pischedda (1850-1930), che, appassionato di archeologia, aveva promosso campagne di scavo nelle necropoli meridionale e settentrionale di Tharros, arrivando a formare la piú ampia collezione di antichità presente in Sardegna. Il museo è allestito all’interno di Palazzo Parpaglia, che si trova nel cuore

Maschera virile ghignante, da Tharros. Prima metà del VI sec. a.C.


Porto Torres, Museo Archeologico Nazionale-Antiquarium Turritano

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a colonia romana di Turris Libisonis fiorí nella zona del porto e lungo il tratto finale del Riu Mannu, e nell’area archeologica, in cui oggi si possono vederne i resti, si trova anche il museo. Della città antica si conservano testimonianze importanti, delle quali si può avere una veduta panoramica proprio dalle finestre del piano superiore dell’edificio che ospita le collezioni archeologiche. La prima sezione del percorso espositivo presenta le sculture e le decorazioni architettoniche degli edifici di culto; nella seconda sono riuniti oggetti d’uso quotidiano recuperati all’interno delle domus, delle tabernae, degli impianti termali, delle necropoli. I reperti segnalano la vivacità della città tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. e i rapporti che – attraverso il suo porto – aveva con diverse aree del Mediterraneo. MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE-ANTIQUARIUM TURRITANO Porto Torres, Ponte Romano 99 Info musei.sardegna.beniculturali.it

Sant’Antioco, Museo Archeologico «Ferruccio Barreca»

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In alto lastra in bronzo che documenta l’immunità riservata alla vestale Flavia Publicia, da Porto Torres. Metà del III sec. d.C. In basso un particolare dell’allestimento del Museo Archeologico «Ferruccio Barreca».

abatino Moscati, nel libro Sulle vie del passato, tratteggia un ritratto di Ferruccio Barreca: «Compagno fraterno di tante imprese in Italia e fuori d’Italia, archeologo dall’intuito magistrale e dal giudizio illuminante». A lui è intitolato il museo che si trova in una via dedicata proprio a Moscati. Il museo è incentrato sulla realtà archeologica dell’isola di Sant’Antioco e, in particolare, sull’importante insediamento urbano che vi si sviluppò dal principio dell’VIII secolo a.C. Il percorso espositivo è diviso tra i suoi settori principali e caratterizzanti: l’abitato, le necropoli e il tofet. All’interno di questa suddivisione topografica e funzionale si segue il criterio cronologico: dalla fondazione fenicia e dai primi contatti con la popolazione autoctona, al controllo esercitato dai Cartaginesi, alla fase romana. Vi è esposta anche la collezione Lai, di cui fa parte un orlo di coppa in argento con il nome punico della città: Sulki.

MUSEO ARCHEOLOGICO «FERRUCCIO BARRECA» Sant’Antioco, via Sabatino Moscati Info https://mabsantantioco.it

del centro storico di Oristano. Il tema del collezionismo archeologico ottocentesco e dei primi decenni del Novecento risulta centrale nel percorso di visita, che tende a rispettare e valorizzare quelle esperienze, che nascevano dalla volontà di limitare la dispersione del patrimonio storico e artistico locale e di recuperare il passato nel tentativo di costruire un presente per le città e i paesi della nuova Italia. I reperti esposti coprono un arco cronologico molto ampio dell’Oristanese, con un attenzione speciale per le testimonianze di Tharros. ANTIQUARIUM ARBORENSE-MUSEO ARCHEOLOGICO «GIUSEPPE PAU» Oristano, piazza Corrias Info www.antiquariumarborense.it

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MONOGRAFIE

n. 43 giugno/luglio 2021 Registrazione al Tribunale di Milano n. 467 del 06/09/2007 Editore Timeline Publishing S.r.l. Via Alessandria, 130 – 00198 Roma tel. 06 86932068 – e-mail: info@timelinepublishing.it Direttore responsabile Andreas M. Steiner a.m.steiner@timelinepublishing.it Redazione Stefano Mammini s.mammini@timelinepublishing.it Lorella Cecilia (ricerca iconografica) l.cecilia@timelinepublishing.it Impaginazione Davide Tesei Amministrazione amministrazione@timelinepublishing.it L’autore: Giuseppe M. Della Fina è direttore scientifico della Fondazione «Claudio Faina» di Orvieto. Illustrazioni e immagini: Fondazione Luigi Rovati, Milano: p. 27 (destra); MCArchitects: copertina e p. 27 (alto e basso) – Museo Archeologico di Calatia, Maddaloni (Caserta): pp. 4/5, 131 (alto, a sinistra, centro e basso) – Stefano Mammini: pp. 6, 38-39, 52, 53 (basso, a sinistra) – Museo Archeologico Regionale, Aosta: Enrico Romanzi: pp. 12, 12/13, 13 (alto) – Shutterstock: pp. 13 (basso), 17 (alto e basso), 20/21, 23 (basso), 35 (destra), 36 (alto), 47 (alto), 60, 63 (basso), 64, 73 (centro), 89 (basso), 100/101, 102, 106 (alto), 109 (basso, a destra), 110 (alto, a destra), 111 (basso), 112 (alto e basso, a destra), 123 (alto), 126 (alto e basso, a destra), 126/127, 128 (alto), 128/129, 130 (alto), 134 (sinistra), 135 (centro/basso), 136 (alto, a sinistra, e basso), 137 (alto), 142 (alto e basso) – Doc. red.: pp. 14-15, 16, 17 (centro), 18, 19 (alto e basso), 20, 21, 22, 23 (alto e centro), 24-25, 26, 31 (basso), 32-33, 36 (basso), 40-43, 46, 47 (basso), 48-51, 53 (alto, centro e basso, a destra), 54, 55 (centro e basso), 56, 60/61, 62, 63 (alto e centro), 65, 66-67, 70-71, 72, 73 (alto e basso), 74-82, 84-87, 88, 89 (alto), 90 (basso, a sinistra), 91, 92, 94-97, 98, 99 (alto e basso, a destra), 101, 103, 104-105, 106 (basso), 108, 109 (alto e basso, a sinistra), 110 (alto, a sinistra e basso), 111 (alto), 112 (centro e basso, a sinistra), 113, 114-118, 122, 123 (centro), 124, 128 (basso), 129, 130 (basso, a destra), 131 (alto, a destra), 132-133, 135 (alto, centro/alto e basso), 136 (alto, a destra), 137 (centro), 138-141, 142 (centro), 144-148, 152-161 – Foto AGBVideo per Museo Archeologico del Finale: p. 19 (centro) – Archivio Fotografico Musei Civici di Brescia: Alessandra Chemollo: p. 28 (alto); Fotostudio Rapuzzi: p. 28 (basso) – Museo Archeologico Nazionale di Mantova: p. 30 – Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica, Cividate Camuno: p. 31 (alto e centro) – Museo Archeologico dell’Alto Adige, Bolzano: Augustin Ochsenreiter: p. 34 (alto); Harald Wisthaler: pp. 34 (basso), 35 (centro e basso) – Museo Archeologico Nazionale, Aquileia: p. 45 (basso, a sinistra); Michele Vangelista: pp. 44 (alto), 45 (basso, a destra); Alessandra Chemollo: pp. 44 (basso), 45 (alto) – Mondadori Portfolio: Electa/Bruno Balestrini: p. 55 (alto); Archivio dell’arte Luciano Pedicini/Luciano Pedicini: p. 126 (basso, al centro); Electa/Sergio Anelli: pp. 127, 134 (basso, a destra); AKG Images: pp. 130 (basso, a sinistra), 137 (basso); Electa/Francesco Tanasi: p. 134 (alto e centro) – Fondazione RavennAntica,Tommaso Raffoni: pp. 58-59 – Cortesia dell’autore: p. 90 (alto e basso, a destra) – Alamy Stock Photo: p. 99 (basso, a sinistra) – Cippigraphix: cartine alle pp. 10/11, 68/69, 100, 120/121, 150/151. Riguardo alle illustrazioni, la redazione si è curata della relativa autorizzazione degli aventi diritto. Nel caso che questi siano stati irreperibili, si resta comunque a disposizione per regolare eventuali spettanze. In copertina: rendering del progetto di allestimento del Museo di Arte Etrusca della Fondazione Luigi Rovati, Milano.

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