IcsART N.10 2017 Sergio Decarli

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PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2017

icsART


In copertina: SERGIO DECARLI, SEGNALE ASSENTE, 2007, gesso, terre e calce su tela, 140x140 cm


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icsART

sommario

Ottobre 2017, Anno 6 - N.10

Editoriale

Kim della jungla (nucleare)

pag. 4

Politiche culturali

Elementare, Watson

pag. 5

Intervista ad un artista

Sergio Decarli

pag. 6-19

Mercato dell’arte?

Georg Baselitz

pag. 20-21

Paesaggi dell'anima

Blue China

pag. 22-23

Storia dell’arte

Citroen 2CV

pag. 24-25

News dal mondo GEORG BASELITZ

MIT ROTER FAHNE, 1965

pag. 28

GEORG BASELITZ

SPEKULATIUS, 1965

pag. 29

GEORG BASELITZ

EIN GROSSER HUND, 1967/68

pag. 30

GEORG BASELITZ

MEINE NEUE MÜTZE, 2003

pag. 31

LA GIUSTIZIA DEGLI UOMINI, 2017

pag. 32

Omaggio a GEORG BASELITZ

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE KIM DELLA JUNGLA (NUCLEARE) Sta ridendo, oppure sta ghignando in modo inquietante o, magari, sta solo digrignando i denti? Il bello delle fotografie è che, se le osservi con attenzione, ti rivelano sui soggetti molto di più di quello che essi avrebbero voluto comunicare perché il linguaggio del corpo è solo in parte simulabile. Alcune manifestazioni vere e spontanee come il sorriso poi, coinvolgono tutti i muscoli del viso, in particolare l'espressione degli occhi, mentre quelle false invece sono intenzionali e comportano l’innesco volontario di una “maschera”. Basti pensare ai sorrisi stereotipati delle "dive" del cinema - Marylin Monroe, ad esempio - per comprendere come possano essere eseguiti automaticamente appena di fronte all'apparecchio fotografico. Ma Kim Jong-un non è un attore professionista semplicemente perché non ne ha bisogno: sono tutti gli altri intorno a lui a dover da sempre recitare amore e ammirazione infiniti (pena una fine lunga e dolorosa). Basti vedere i filmati del "Caro Leader" il quale, dopo il successo dei lancio dei suoi missili intercontinentali, cammina tronfio e gonfio tra due ali di generali festanti e sorridenti che applaudono entusiasticamente facendo a gara a chi sta in prima linea ossequiosamente piegato. Abbiamo visto anche da noi scene di piaggeria imbarazzante nei confronti di "leader" di destra, centro e sinistra che si sono succeduti al posto di comando nell'ultimo ventennio, con i loro tirapiedi proni ma, almeno, questi "statisti" nostrani erano a tempo determinato e, soprattutto, non avevano accesso al pulsante rosso. Oggi, il piccolo Kim dall'improbabile capigliatura, un po' come il suo omologo alla Casa Bianca, potrebbe decidere in un momento di ordinaria follia di scatenare l'arsenale nucleare da Dottor Stranamore che si è costruito grazie allo sfruttamento schiavistico dei suoi sudditi. E mentre lui ride felice (beato lui!), a noi non resta che incrociare le dita perché cominciano ad apparire un po' troppi psicopatici all'orizzonte.

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POLITICA CULTURALE ELEMENTARE, WATSON Prima la proposta di ridurre da quattro a cinque gli anni delle superiori, poi quella di portare le scuole medie da tre a due anni: l'imperativo categorico pare essere tagliare gli anni investiti nel ciclo scolastico dagli attuali otto a sette. Sembra che ce lo chieda l'Europa, ma la motivazione non è credibile perché alla UE non interessa come i vari paesi organizzino la loro scuola. Lascia perplessi che la prima proposta arrivi dalla ministra all’Istruzione Università e Ricerca Valeria Fedeli, più nota per aver dichiarato una laurea in Scienze Sociali possedendo invece un diploma triennale da maestra nelle scuole materne. La riduzione delle scuole medie, invece, è un parto di Angela D’Onghia, sottosegretario dello stesso ministero, diplomata geometra e diventata a 26 anni, dopo la morte del padre, amministratore unico dell'azienda di famiglia a Bari. Una imprenditrice prestata alla politica, probabilmente competente nel suo campo, ma priva di conoscenze specifiche nel settore scolastico, che dichiara: «Sono convinta che l’abbreviazione di un anno del percorso di studi consentirebbe alle nuove generazioni di accelerare l’ingresso nel mondo del lavoro come accade già in numerosi paesi europei uscendo dalla scuola a 18 anni», e continua: «Non si tratta solo di risparmiare ma piuttosto di un investimento serio e innovativo». In sintesi: intanto tagliamo il bilancio e il numero degli insegnanti, poi si vedrà. Dato che la percentuale dei giovani disoccupati in questi ultimi cinque anni ha oscillato dal 42 al 35% (nel Mezzogiorno è ancora più alta), non si capisce quale vantaggio si avrebbe nell'immettere nel mercato del lavoro ulteriore forza lavoro giovanissima e a basse competenze. La cosa incredibile è che chiunque possa avanzare un'i-

dea così radicale sulla scuola, solo sulla base di una "convinzione" più o meno peregrina. Stranamente nessuno ricorda che fondamentale non è tanto la durata quanto la qualità dell'insegnamento e che i dati Eurostat relativi al 2015 testimoniano che nella graduatoria dell’Unione Europea l’Italia è il terzo paese che ha investito di meno nell’istruzione.Il nostro paese spende per l’istruzione il 4% del Pil a fronte del 7% della Scandinavia e alla media continentale del 4,9%. Se non si inverte questa tendenza tutto il resto è fuffa e la conclusione sarà quella di tagliare i servizi per ridurre la spesa pubblica e mandare allo sbaraglio milioni di giovani sempre più impreparati fidando in una futura "formazione" che le aziende forse daranno loro. Ma per favore, prima di sparare la centesima proposta di riforma della scuola italiana, non sarebbe meglio prima "studiare"?

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Intervista a SERGIO DECARLI La peculiarità che rende Sergio Decarli un artista sui generis è quella di essere allo stesso tempo musicista-percussionista, pittore per lavoro e per passione, e scultore, per scelta e per necessità dato che i suoi strumenti musicali autocostruiti con materiali poveri e di recupero sono delle "sculture sonore" (vedi a pag. 17) con cui si esibisce in intense performance percussive traendo suoni imprevedibili e carichi di citazioni etniche mixati a basi elettroniche preregistrate. Decarli da sempre affianca a queste ricerche sonore anticonvenzionali l'interesse per un tipo di pittura minimalista e concettuale che all'apparenza sembra distaccarsi nettamente dalla sua musica carica di ritmo ed energia. A questo riguardo è interessante la definizione che Decarli da della pittura e della musica «Il perfetto equilibrio tra armonia, melodia e ritmo», da cui si comprende come egli si riconosca all'interno dei canoni del Classicismo e che spiega bene il suo approccio a due linguaggi così diversi. Nei suoi quadri, quanto di più calmo e sereno si possa immaginare, la frenetica gestualità delle sue bacchette si trasforma in un ordine formale, regolare e rigoroso, da cui emerge la sua fascinazione per le lettere, i numeri e le parole come elementi base di uno spartito invisibile su cui si snodano composizioni di sequenze dai significati misteriosi e inquietanti. A questo si aggiunga l'intimo rapporto fisico e tattile che Sergio intrattiene con la materia con cui esegue, con la cura e la precisione dell'artigiano, le superfici vellutate in terre e calce dei suoi quadri e le scritte perfettamente allineate. L'altro suo filone deriva dallo studio delle immagini di vecchi treni, dettagli poco significativi estrapolati da un universo marginale e invisibile ai più, che l'artista riproduce uguali fin nel minimo particolare. I risultati, nonostante la "burocratica povertà" del tema, sono stranianti e intriganti per la loro capacità di risvegliare lontane memorie. Paolo Tomio A sinistra: VERCELLI, 1997, terre e calce su tela 111x92 cm

In basso: GEMELLI, 2004, terre e calce su tela 21,5x21,5 cm cad


Questa intervista è stata resa possibile grazie al lavoro di Antonio Cossu, Presidente di PROMART, il quale l'ha personalmente registrata, trascritta e riassunta con grande sensibilità.

Quali sono state le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno condizionato? Non direi di essere stato condizionato, almeno coscientemente, ma certo ho guardato con particolare interesse all’Arte Povera e al Minimalismo, all’Impressionismo Astratto e all’Arte Concettuale, così come – peraltro – al Medioevo e al Rinascimento. Certo ho trovato, nel tempo, forti assonanze con i segni e i linguaggi espressivi di Willem De Kooning, Jackson Pollock, Mark Rothko, Barnett Newman, Joan Mirò, Pablo Picasso, Antoni Tapies, Robert Rauschenberg, Agnes Martin, Cy Twombly e, insieme, sintonie interiori con i ritmi e le intuizioni musicali di Gilad Hekselman, Miles Davis, Joe Zawinul, Tony Williams, Thelonious Monk, John Coltrane, Elvis Ray Jones, Keith Jarret, Antonio Vivaldi… Ma, per essere sincero sino in fondo, credo di essere soprattutto debitore alla natura per quello che riesco ad esprimere con le mie opere. E’ dalla natura che assorbo le sensazioni –

Quando e perché hai cominciato a interessarti alla pittura? Ho sentito l’esigenza del colore e del segno fin da piccolo, ma penso che sia una cosa nient’affatto eccezionale e comune a tutto il genere umano. Poi si tratta di coltivarlo, questo piacere, e di renderlo appagante… Io ho avuto la fortuna di avere in mia madre una complice di sensibilità straordinaria, sia sul piano musicale, sia sul piano del disegno e del colore; conservo ancora un piccolo album (penso sia della metà degli anni ’50!) dove si alternano i disegni miei e quelli della mamma e non saprei dire quali siano i suoi e quali i miei….

CODICI, 2000, terre e calce su tela, 44,3x93,3 cm

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ma anche i dubbi, gli interrogativi, le paure, le gioie – che in un qualche modo tento poi di riproporre sulla tela, o nella scultura, o nella mia musica.

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea? Ciò che m’interessa è leggere quanto l’arte contemporanea sia capace di narrare il nostro tempo e anch’io, nel mio piccolo, ho cercato di fissare qualche punto fermo, con il ciclo delle fotografie dedicate a quello che ho definito il post nucleare. Ciò che, invece, non mi piace è il dover registrare che, sempre più spesso, l’arte contemporanea indebolisce e rende poveri i propri contenuti, mirando più a stupire pur di stupire che a dare sostanza alle proprie enunciazioni teoriche.

DB, 2000, terre e calce su tela, 55x54 cm

Jean-Étienne Liotard… Ho qualche difficoltà a racchiudere il mio linguaggio in qualche categoria, anche se mi rendo conto del fatto che la lettura più immediata delle mie opere riporta inevitabilmente all’arte astratta. Eppure, come ho già detto, continuo a sentire

Nel corso della tua carriera, hai conosciuto molti artisti locali e nazionali. Chi ti ha dato di più? Si, le mie frequentazioni con il mondo della creatività – sia nel campo delle arti figurative, sia nell’ambito musicale – sono state molteplici. Tutte, in un qualche modo, mi hanno arricchito, ma non ho dubbi nell’affermare che più di altri mi hanno dato molto, moltissimo, il perugino Giancarlo Vitturini, per l’incisività del suo segno, ed il trentino Rolando Trenti, per la lirica leggerezza delle sue trame pittoriche.

DIALOGO MUSICALE, 2000, terre e calce su tela 55x54 cm

Hai sperimentato molti linguaggi astratti. Hai frequentato anche forme più classiche di espressione? Mentre do questa risposta guardo dietro le mie spalle è trovo, sulla parete di casa, due mie piccole nature morte del 1970, copie da opere di

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forti le suggestioni del Medioevo e del Rinascimento e queste mi pare, comunque, di rappresentare in gran parte dei miei lavori, compresi quelli più attuali.

Tu hai elaborato una tecnica pittorica personale piuttosto complessa che richiede anche materiali molto particolari e grande manualità. Vuoi parlarcene? SOL SOLO SOLE, 2005, terre e calce su tela 129x125 cm

Si, è vero, in genere non mi è sufficiente avere tra le mani una graffite per disegnare o un pennello per stendere i colori. Ho sempre sentito la necessità di maneggiare qualcosa che abbia corpo e matericità; ho l’esigenza di plasmare, anche se con effetti solo bidimensionali e spesso servendomi di attrezzi apparentemente impensabili (particolari tipi di cucchiai o di coltelli o le carte abrasive, per citarne solo alcuni…). E’ per questo che, normalmente, per le mie opere utilizzo terre naturali e ossidi, con colore, gessi e collanti acrilici.


PRATO, 1997, terre e calce su tela 111x164 cm

Come spieghi questo tuo interesse, quasi “ossessivo”, per le griglie modulari di lettere, numeri ecc.?

conta ed io mi sento spinto a cercarla, questa storia, o con l’aggiunta di elementi quali le lettere o scavando nelle stratificazioni dei colori che ho progressivamente steso sul supporto, fino a raccogliere la sintesi cromatica che più soddisfa la mia sensibilità personale. Innegabilmente, poi, nel farsi dell’opera è il colore che mi accompagna, in quella che definirei una “alternanza di ruoli”, un’alchimia difficile da spiegare a parole; intendo dire che molte volte sono io a cercarlo, il colore, tra sottrazioni e sovrapposizioni; altre volte sento che è lui che mi viene incontro, quasi dicendomi “Basta così! Questo è il momento giusto per fermarti…”

No, non c’è ossessione nel mio interesse per il rigore formale che negli ultimi anni pare caratterizzare le mie opere. Quando avvio un lavoro miro semplicemente a creare un fondo di colore che narri una storia e le lettere (o i numeri, o i segni) che vi sovrappongo non sono altro che la cifra leggibile di quella storia.

In tutte le tue opere il colore è usato in modo strutturale nel senso che non ha fini né emotivi né evocativi o decorativi. Cosa rappresenta per te il colore? Come ho appena accennato, per me il colore è l’essenza stessa dell’opera d’arte. Il colore rac-

Hai lavorato a lungo sul tema dei reperti industriali che ritrovavi nei luoghi pubblici secondari

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stupore di chi scopre nell’opera qualcosa di già visto o personalmente o attraverso il ricordo remoto che gli viene dalle sue relazioni con il resto del mondo… e per me è davvero una gioia essere il tramite affinché questa memoria non vada persa.

I tuoi dipinti sono rigorosamente bidimensionali. C’è una ragione? Hai affrontato anche il problema del volume e della spazialità? Scherzosamente dovrei ricordarti che quando ho affrontato il tema del volume l’ho fatto in dimensioni spesso straripanti; le mie sculture sonore – mi riferisco a quelle degli anni Novanta, in particolare – hanno spesso raggiunto misure monumentali, fino a crearmi il problema (ahimè! non risolto) della loro adeguata conservazione in idonei spazi. Circa il tema della spazialità direi che proprio la natura della mia pittura mi impone spesso di dare all’opera profondità, oltre che altezza e larghezza; non raramente i miei lavori sono veri e propri cubi o parallelepipedi… Molto concretamente devo dire che il formato delle mie opere è, da molto tempo, legato alla dimensione – davvero ridotta – del laboratorio che ho a disposizione. Confesso, però, che ciò non mi disturba affatto, perché mi piace anche la sfida di poter raccontare molto in uno spazio ridotto. Ma, come dicevo, ricordo con piacere il tempo in cui altre circostanze logistiche mi consentirono di sviluppare, con qualche successo (specialmente attraverso la scultura e la performance pittorica), opere di notevoli dimensioni.

ENEA, 2004, terre e calce su legno, 16x16x14 cm

o degradati: scritte, tabelle, materiali o muri rovinati dal tempo. Cosa significano per te? I reperti – industriali, naturali o antropologici che siano – sono la nostra storia ed è per questo che mi hanno sempre interessato. Ho voluto dar loro la dignità di tracce d’esistenza, di testimonianze nelle quali poter leggere storie, attraverso suggestioni pittoriche e/o sonore. Ho la sensazione, se non la certezza, che in coloro che guardano i miei lavori nasca spesso lo

CODICI, 2004, terre e calce su legno, 16x16x14 cm

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Sei interessato ad un “messaggio” nell’opera? Si, lo dico senza supponenza, non lavorerei mai

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(U)SPAZIO, 2006, terre e calce su tela 125x130 cm,

senza l’ambizione di lanciare dei messaggi a chi si prende la briga di guardare il mio lavoro. A cosa servirebbero, sennò, le mie opere? Tutto quello che dipingo è, per me, emozione… e sono davvero felice quando percepisco che le mie opere muovono le mie stesse o emozioni diverse in chi le guarda. La questione è abbastanza delicata, nel senso che non mi propongo in modo premeditato di cambiare il mondo con i messaggi che traspaiono dai miei lavori! Certo, però, che con il mio ciclo di opere dedicato al post nucleare o con i miei fotomontaggi uomo/ natura, qualcosa intendo pur trasmettere….

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno? Sono per il vivi e lascia vivere. Chi sono, io, per pronunciarmi sugli artisti trentini? Relativamente al cosa manca, invece, mi piacerebbe che ci fosse uno spazio disponibile per tutti gli artisti, senza (o con poca) burocrazia a frenarne l’utilizzo… 13


Anche per il tuo lavoro svolto da sempre, sei un esperto di materiali e tecniche pittoriche industriali. Ti è servita questa competenza nella tua attività artistica? Certamente si, la conoscenza approfondita dei diversi materiali, della loro reattività, della loro stabilità nel tempo, della loro plasmabilità è stata fondamentale nell’orientare la mia attività artistica. Ecco, se si vuole parlare di “ossessione” (penso al termine che hai utilizzato in una

FRAGILE, 2007, terra e calce su tela 115x115 cm

domanda precedente) quella che metto nella ricerca di certi materiali che utilizzo per le mie opere più senz’altro definirsi una capziosità ossessiva…

Hai seguito la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più e meglio per il settore artistico? Vivo consapevolmente il mio territorio, ivi compresi gli effetti delle politiche culturali e dico, sommessamente, che le cose si possono sem-


CODICI, 2002, terre e calce su tela, 18,3x.24,5 cm

pre migliorare, basta avere la volontà di farlo…. e chi deve intendere, intenda! le percussioni, ma la mia sensibilità mi ha avvicinato anche alle esperienze di un chitarrista come Gilad Hekselman o di un trombettista come Miles Davis o di un tastierista come Joe Zawinul. Alla fin fine la sintesi di tutto, in musica e in pittura, è il perfetto equilibrio tra armonia, melodia e ritmo ed è proprio questo che io cerco, instancabilmente.

Tu nasci prima musicista o pittore? E che relazione vedi tra la musica e la pittura? Io sono nato pittore e musicista insieme, indissolubilmente. Per me pittura e musica sono le due facce della stessa medaglia; quando stendo il colore genero armonia e con il segno rendo lirica quell’armonia, dandole melodia e ritmo, tutto qui!

Il tuo interesse per la scultura si è concretizzato in una serie di sculture musicali in cui forma e funzione si integrano?

E, in realtà, all’interno della musica la tua formazione è quella di percussionista, un tipo particolare di musica. Vedi delle analogie tra i tuoi strumenti musicali e i tuoi quadri?

Hai ragione: l’integrarsi di forma e funzione è stato l’obiettivo che ho consapevolmente voluto raggiungere nella creazione delle mie sculture/strumenti. Peraltro in questa esperienza creativa ho voluto sempre dare la priorità alla

E’ vero, la mia storia di musicista è segnata dal-

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Il termine e il senso stesso di “bellezza” è così soggettivo, così intimo, che il definirlo mi risulta estremamente difficile. Non sono in grado di codificarla, so solo che mi capita di trovare la bellezza in un rottame così come in un raggio di sole che attraversa il bosco… Certo la bellezza è importante, ma non può indurre a trascurare anche altri valori, specie se s’intende trasmetterli al prossimo attraverso la propria creatività…

Cosa è per te l’arte? Vorrei dare alla mia risposta una chiave fanciullesca, come ogni tanto mi sento di essere: l’arte è un’esigenza interiore, un gioco che pian piano ti avvolge e ti intrappola.

componente suono rispetto a quella riguardante l’estetica dello strumento.

E, per finire, chi è l’artista? Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

L’artista è colui che cade nella trappola…

In questa pagina: RICHIAMO AL RINASCIMENTO In alto: 2017, terre e calce su tela, 21,5x21,5 cm in basso: 2017, terre e calce su tela, 14x13 cm: 2017, terre e calce su tela, 14x13 cm-

A destra, scultura sonora: CANTO GREGORIANO 1992, legno, rame, ottone, ferro e granito h. 90 cm, Collezione privata, Trento

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Pannelli, tele e carte sono cariche di spessore materico e assegnano ai “volumi”, insieme ad un uso quasi violento di colori forti e pur nell’astrazione del linguaggio, compi espressivi e narrativi ben identificabili. «Sono – come scrive Adriano Fracalossi presentando la mostra Wagon (2017) – sintomi eloquenti di una dimensione temporale che si fa metafora dell’imperfezione della condizione umana. Un’epica minimale delle cose che ci dice se una possibile redenzione c’è, passa per la consapevolezza di vivere in una condizione di molteplicità, costituita da un intrecciarsi mutevole di percorsi e memorie di cui un ordine conclusivo non è mai dato una volta per tutte». Riccarda Turrina, profonda conoscitrice dell’opera dell’artista, sottolinea come «… alle presenze incisive di una realtà organizzata, Sergio Decarli aggiunge un soffio di bellezza, perché egli interpreta ciò che vede, alla luce della propria sensibilità, riuscendo così a cogliere l’aspetto poetico anche all’interno della regola. Alfabeti geografici, i suoi, legati a luoghi e situazioni precise che poi sulla superficie allargano gli orizzonti verso l’universalità della percezione facendo di un imballaggio, un’etichetta, una targa, un numero civico istanti dell’umano sentire…». PERSONALI Ha tenuto numerose esposizioni personali fra le quali, recentemente, Dialoghi, alla Galleria Civica di Bressanone (2013); Il singolo e la coppia, alla Galleria Argo Arte di Trento (2014); Codici, alla Galleria Fogolino di Trento (2015); Wagon, alla Galleria Fogolino di Trento (2017). COLLETTIVE Tra le partecipazioni a rassegne collettive si ricordano Correnti e Arcipelaghi, Castel Ivano (1995); Situazioni Trentino Arte, MART, Rovereto (2003); Tra un tempo che si sfalda e uno che nasce, MART, Rovereto (2003); Il vero nemico dell’arte? Il conformismo, Monte San Savino (2015); Racconti dal Carcere, Museo Diocesano Tridentino, Trento (2016/17) PERFORMANCES Oltre al concerto inaugurale del MUSE di Trento (2013), tra le performances artistico-musicali rimangono nella memoria Suoni nella pietra, Castello di Drena (1996); Ritmi e suoni della natura, Arte Sella, Olle Valsugana (1996); Oltre la soglia, Castel Ivano (1998); Woman 2000, Bressanone

SERGIO DECARLI Nasce a Trento nel 1946. Vive intensamente gli anni della prima gioventù maturando notevoli esperienze nel campo della musica, attraverso fitti calendari concertistici e performances percussionistiche di grande suggestione. Affina progressivamente la sua innata sensibilità fino a diventare, lui autodidatta del pentagramma, un solido punto di riferimento per la ricerca di nuove sonorità, non solo in ambito locale. Parallelamente all’itinerario musicale, ancor oggi percorso, e traendo da esso permanente ispirazione, l’artista sviluppa un rigoroso impegno di ricerca espressiva “a tutto campo”, conquistando sempre più quella padronanza delle tecniche di pittura e scultura che gli consentirà di raggiungere - in particolare in questi ultimi anni - una totale autonomia di linguaggio. Inconfondibili sono le sue sculture, assunte direttamente dalla natura, musa ispiratrice e forza partecipe immancabile nell’opera di Decarli. Dalla natura vengono quei frammenti di vita (sotto forma di legni, antichi metalli, sassi corrosi dal tempo) che assumono - in intelligente e poetico assemblaggio - le sembianze di personaggi fantastici che, come in una favola narrata dal cantastorie, svelano il lirismo semplice delle cose non viste che pure perennemente ci circondano. L’opera pittorica di Decarli pare non rinnegare la predilezione dell’artista per l’espressione plastica.

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(2000); W.P.N 114, Circolo Trevi, Bolzano (2001); Chi siamo, Palazzo de Probizer, Isera (2001); Suoni e colori, Arte Sella, Olle Valsugana (2001); Universal Time Coordinate, Biblioteca Comunale, Trento (2002); Rumori visivi, Galleria Spazio 27, Trento (2004); W.P.N. 144, Galleria Arte Boccanera, Trento (2013); Autovoto, Palazzo Trentini, Trento (2013); Dialoghi, alla Galleria Civica di Bressanone (2013).

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SERGIO DECARLI: DIALOGO ACCESO, 2005, terre e calce su tela, 48x27 cm

della rivista icsART (ex FIDAart) dal sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it icsART N.10 2017 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2017

icsART

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MERCATO DELL’ARTE ? '57 a Berlino Ovest (non c'era ancora il muro) dove entra in contatto per la prima volta con l'arte occidentale e completa gli studi artistici nel 1962. Il giovane Baselitz, che non si riconosce nelle correnti di importazione americana, scopre l'esistenzialismo, il surrealismo, l'informale francese di Fautrier e Dubuffet, si avvicina all'arte di malati mentali e primitiva. Si pone in contrapposizione polemica con l'astrattismo internazionale in nome di un’identità artistica nazionale individuando nell'Espressionismo le radici culturali della pittura tedesca. Recupera la pittura tradizionale e porta l'attenzione verso una figurazione violenta e tragica unita a un linguaggio di dissenso espresso con cromatismi accesi e corposi. Si fa conoscere creando uno scandalo nel 1963 quando due suoi dipinti, "Die grosse Nacht im Eimer"(La grande notte in bianco), un monumentale nudo maschile colto nell'atto della masturbazione e "Uomo nudo", esposti alla prima mostra personale in una galleria di Berlino, GEORG BASELIZ, (1938), Mit roter fahne, 1965, olio su tela, 162x131 cm, venduto da Christie's Londra 2017 a 7.471.250 GBP (€ 8.651.300) (vedi a pag. 28). Hans-Georg Rem nato a Deutschbaselitz (da cui trae nel 1961 lo pseudonimo "Baselitz"), è un pittore e scultore da sempre ribelle e provocatore verso l'establishment che ha costruito la sua fama internazionale soprattutto con i suoi "dipinti capovolti". Fino all'età di otto anni vive sotto il Terzo Reich e poi nel regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca, a 18 anni si iscrive all'Accademia delle Belle Arti di Berlino Est dove l'unico stile ammesso è il Realismo socialista ma dopo due semestri è espulso per "immaturità sociopolitica"; si trasferisce nel

Orangenesser VII, 1981, olio su tela, 146x114 cm venduto da Christie's New York 2016 a $ 2.767.500 (€ 2.324.000)

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GEORG BASELITZ sono sequestrati per "violazione della pubblica morale. Nel ciclo di grandi dipinti figurativi degli "Eroi" e dei "Nuovi tipi" prodotti tra il 1965 e il 1966 quando aveva solo 27 anni, l'artista racconta per la prima volta dei soldati tornati a casa dalla guerra, simili a ingombranti giganti, seminudi e vestiti di stracci, le teste rimpicciolite e i corpi gonfi e sanguinanti. Baselitz rappresenta con le sue immagini esperienze ed emozioni profonde che molti tedeschi non riuscivano a esprimere: immagini scioccanti che affrontano il profondo disagio per l'Olocausto e la guerra mondiale ancora vivo in una Germania postbellica che aveva rimosso il suo passato. "Der Wald auf dem Kopf" (Il legno sulla sua testa) del 1969 è il primo dei dipinti "capovolti", lavori in cui i soggetti sono rappresentati al contrario, testa all'ingiù e piedi per aria, ostacolando la capacità di interpretare l'immagine resa incomprensibile come una simbolica visione di mondi ribaltati. Nel 1970, Baselitz entra a

far parte dei "Neuen Wilden" (Nuovi Selvaggi), un gruppo di artisti tedeschi interessati a una pittura neoespressionista gestuale e deformata dai toni violenti e dissonanti. Nel 1980 presenta alla Biennale di Venezia "Modell fur eine Skulptur", la sua prima scultura, una figura umana di legno eseguita brutalmente con ascia e motosega, caratterizzata da forme elementari e la superficie grezza parzialmente pitturata: «Non volevo fare una scultura piacevole. Così ho fatto sculture spiacevoli - e ora non sono più spiacevoli. È così che va». Nella maturità il suo approccio materico-gestuale si esprime in modo ancora più libero in opere di formato monumentale nelle quali abbandona gli aspetti politici e impegnati precedenti e invece giocano un ruolo primario ricordi autobiografici, memorie storiche o riferimenti culturali. Der Brückechor, 1983, olio, su tela, 279,5x450 cmvenduto da Christie's New York 2014 a $ 7.445.000 (€ 6.247.928)


PAESAGGI DELL'ANIMA «Qualunque paesaggio è uno stato d’animo». Henri Frederich Amiel La pittura tradizionale del paesaggio è una delle forme d’arte più antiche e conosciute della Cina, ha un'età di quasi 1500 anni, ma ancora oggi nonostante le influenze della cultura occidentale, rimane un genere molto amato dai cinesi perché vicino alla loro sensibilità influenzata dal Buddismo e dal Taoismo. Xi Ning è un famoso pittore di Tientsin il quale, dopo aver a lungo studiato i grandi maestri storici della pittura paesaggistica cinese ed essersi confrontato con le tendenze dell'arte moderna occidentale, ha progressivamente introdotto delle innovazioni sia stilistiche che tecniche per superare le rigide convenzioni che regolano il modo di dipingere cinese. Il suo contributo privilegia una visione meno realistica e descrittiva a favore di un approccio più legato alle impressioni e alle emozioni che la natura è in grado di provocare nell'artista. Anche i pittori tradi-

zionali cinesi che seguono l'antico stile shan shui non rappresentano un'immagine di ciò che hanno visto nella natura, ma di ciò che hanno pensato della natura. Xi Ning propone non le ampie viste aperte ma solo singoli dettagli i quali, perdendo le proporzioni e il rapporto con la figura umana, appaiono come forme astratte in cui ognuno vede ciò che sente. I dipinti realizzati nel corso dell'ultimo decennio si sono così spostati verso una morbida astrazione capace di risvegliare nell'osservatore percezioni ambigue e misteriose. A questo ha contribuito anche la scelta di privilegiare le tinte con una preponderanza delle gamme azzurre e blu, già capaci di per sé di rimandare all'idea di acqua e di cielo; i pigmenti sono limitati alle gamme che variano dal blu al bianco passando per gli azzurri con, occasionalmente, sporadiche venature di grigio e beige. Anche la pennellata, liquida, fluida e trasparente, spesso accostata ad altre tecniche come il pastello, è la


BLUE CHINA

In alto: The big wave, 2014, tecniche miste su carta xuan, 120x180 cm

caratteristica del suo nuovo modo di intendere le rappresentazioni psicologiche e sentimentali dei paesaggi dell'anima. I luoghi che appaiono nei suoi quadri sono reali e realmente esistenti, frutto di lunghe passeggiate alla ricerca di ispirazione da trasferire nei blocchi degli schizzi per poi essere rielaborati in studio attraverso il filtro della memoria e delle sensazioni. Paesaggi sognati in cui inconscio, sensibilitĂ , immaginazione ed elementi naturali si intrecciano indissolubilmente per portare alla luce forme organiche fantastiche cariche di suggestioni. Si tratta di dipinti incentrati sulle montagne, da sempre in Cina considerate luoghi sacri, ma anche metafore di barriera fisica e psicologica dell'orizzonte umano, e sulle immagini del mare calmo o in tempesta avvolto da atmosfere umide e nebbiose che alludono agli stati d'animo dell'artista il quale ama la solitudine e la poesia della natura

A sinistra: Gray cliff, 2012, tecniche miste su carta xuan, 120x180 cm In basso: Mountains on the horizon, 2002, tecniche miste su carta, 120x80 cm

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CITROEN 2 CV

E' un'opera d'arte perché è un oggetto realizzato a regola d'arte, in materiali nobili, bello alla vista, al tatto e all'olfatto, che innesca emozioni, memorie, personali e collettive, che piace a tutti grandi e piccoli? Oppure è solo "artigianato" di grande livello, una perfetta "copia dal vero", reinterpretata non attraverso lo sguardo critico dell'artista colto ma tramite la mera abilità manuale priva della consapevolezza che dovrebbe appartenere alla creatività dell'artista?

Insomma, questa simpatica Citroen 2 CV in legno (in francese "deux chevaux": due cavalli), una icona della storia francese, è da considerarsi una scultura, un'opera d'arte a tutti gli effetti, o semplicemente il prodotto artigianale dell'ebanista Michel Robillard, un provetto esecutore che ha voluto dimostrare la propria capacità di maestro impiegando sei anni di tempo per realizzare il suo sogno nel cassetto? Ovviamente si tratta di un quesito tutto teorico perché la conformazione del sistema dell'arte non permette di accettare qualche cosa che non abbia l'imprimatur del sistema stesso che dia valore ad opere nate magari con un intento non dichiaratamente e consapevolmente artistico (anche gli ebanisti hanno il senso del bello) e che per gli strani e contorti percorsi della storia e del gusto, si sia trasformato via via in qualcosa di diverso caricandosi di significati e simboli non necessariamente ricercati e voluti dall'autore. Se questa due cavalli in scala reale fosse stata fatta costruire da un artista famoso, un Jeff Ko-


STORIA DELL’ARTE ons o un Cattelan per dire, due persone le quali non sapendo fare nulla con le proprie mani delegano ad abilissimi artigiani la realizzazione di tutte le opere d'arte da loro "ideate", questo manufatto - un pezzo unico e non in più copie come i loro - sarebbe già ricercatissimo da parte dei collezionisti pronti a pagare qualche milione di dollari. Nata 80 anni fa, questa automobile assurda ma comoda, funzionale e spartana, dalle forme ridicole e assolutamente originali (ma ingentilite dallo stilista italiano Flaminio Bertoni), è uscita di produzione nel 1990 dopo 42 anni di onorato servizio e quasi 4 milioni di esemplari prodotti. L'auto di Robillard ha gli interni ed esterni interamente realizzati in massello di pero, noce e castagno, assemblato e lucidato come un mobile d'epoca ma è anche dotata di motore, ruote e pneumatici, capote, fari e fanalini e tutti gli accessori (purtroppo recuperati da un modello vero) per cui, almeno in teoria, potrebbe viaggiare su strada come "fuoriserie". Però, al di là di discussioni teoriche e un po'

datate, questa "scultura" è molto piacevole al punto che starebbe bene sia nell'atrio di un museo moderno come il Beaubourg che nel patio di un antico castello della Loira perché, al di là del valore artistico (che deciderà la storia più che la critica), è un manufatto gradevole da accarezzare con gli occhi e con la mano, un oggetto amico, caldo ed empatico, in fondo tutte caratteristiche della buona arte .

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Ottobre 2017, Anno 6 - N.10

News dal mondo GEORG BASELITZ

MIT ROTER FAHNE, 1965

pag. 28

GEORG BASELITZ

SPEKULATIUS, 1965

pag. 29

GEORG BASELITZ

EIN GROSSER HUND, 1967/68

pag. 30

GEORG BASELITZ

MEINE NEUE MÃœTZE, 2003

pag. 31

LA GIUSTIZIA DEGLI UOMINI, 2017

pag. 32

Omaggio a GEORG BASELITZ

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GEORG BASELITZ, Mit roter fahne, 1965, olio su tela 162x131 cm, venduto da Christie's Londra 2017 a 7.471.250 GBP (€ 8.651.300)

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GEORG BASELITZ, Spekulatius, 1965, olio su tela, 163x132 cm, venduto a Londra 2011 a 3.233.250 GBP (€ 3.642.900)


GEORG BASELITZ, Ein grosser hund, 1967/68, olio su tela 162x130 cm, venduto da Christie's Londra 2017 a 1.688.750 GBP (€ 1.920.780)

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GEORG BASELITZ, Meine neue Mütze, 2003, scultura in legno di cedro e olio, 312x88x101cm, venduto da Christie's Londra 2014 a 1.426.500 GBP (€ 1.820.440)



PAOLO TOMIO: Omaggio a GEORG BASELITZ LA GIUSTIZIA DEGLI UOMINI, 2017 stampa su cartoncino, 42x30 cm


ics

ART


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