IcsART N.3 2017 Renato Sclaunich

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PERIODICO della icsART N.3 - Marzo ANNO 2017

icsART


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icsART

sommario Marzo 2017, Anno 6 - N.3

Editoriale

Trump music: folk o bifolk?

pag. 4

Politiche culturali

Happy Birthday, Sgt. Pepper!

pag. 5

Intervista ad un artista

Renato Sclaunich

Mercato dell’arte?

Alex Katz

pag. 20-21

Virus-Kunst

La Perfezione della Morfologia

pag. 22-23

Storia dell’arte

Ornamento E/O delitto? - parte prima

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo ALEX KATZ

Bleu Umbrella # 2, 1972

pag. 28

ALEX KATZ

The Red Scarf (Ada In Polo Coat), 1976

pag. 29

ALEX KATZ

Blue Hat, 2003

pag. 30

ALEX KATZ

December, 1974

pag. 31

Portrait of Paul Thomas, 2017

pag. 32

Omaggio ad ALEX KATZ

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

In copertina: RENATO SCLAUNICH, MICROCOSMO, 2013, tecnica mista-collage su dibond, 70x100 cm


EDITORIALE

TRUMP MUSIC: folk o bifolk? Allora al peggio non c'è mai fine: pensavamo di aver toccato il fondo con i due mandati della presidenza di George Bush Jr., ex alcoolista e neo cristiano rinato, vicino alla lobby dei petrolieri, esportatore di democrazia nel Medioriente nostro vicino con gli effetti tragici per l'Europa che oggi subiamo quotidianamente. Invece, è capitato tra capo e collo all'America e indirettamente a tutto il mondo, Donald Trump, un personaggio improbabile e incredibile anche per gli Stati Uniti. Se si dovesse giudicare il politico dalle apparenze ("Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze", diceva Oscar Wilde), si capisce che negli Stati Uniti sono insensibili al ridicolo. Ma, fosse per il riporto platinato e la mimica facciale da bullo (che ricorda i nostri recenti premier), Trump sarebbe solo una macchietta, purtroppo, oltre ad essere un concentrato di narcisimo, ignoranza, razzismo, aggressività, sessuomania, è anche il Presidente del Paese più potente e più armato del mondo. E, se dopo solo un mese di governo costui ha già litigato con capi di Stato, giornalisti, Parlamento, attaccato etnie, religioni e dato via libera agli "spiriti animali" delle lobby delle armi e del petrolio, è legittimo cominciare ad allarmarsi. Una notizia apparsa recentemente

contribuisce però a spiegare molte cose. Pare che Frederick, il babbo del nostro Donald, figlio di immigrati tedeschi, costruttore della fortuna Trump (27mila appartamenti in affitto) e arrestato nel 1927 mentre partecipava a una marcia del Ku Klux Klan, non volesse nelle sue case inquilini di colore. Questo fatto è confermato dalla canzone intitolata "Old man Trump" del grande cantante folk Woody Gouthrie il quale, vivendo in uno dei suoi condomini a Beach Haven, l'aveva scritta proprio in segno di protesta contro il "vecchio Trump". Ecco il testo: "Secondo me, il vecchio Trump lo intuisce quant’odio razziale, ha rimescolato e portato a galla in quella sanguinosa pentola di cuori umani, quando ha tracciato quella linea colorata, qui al complesso di edilizia popolare “Beach Haven”. Beach Haven non è casa mia! No, proprio non posso pagare l’affitto! Come soldi, sto messo a terra, e ho l’umore sotto i tacchi! Beach Haven è la Torre di Trump, dove nessun negro può entrare. No, no, vecchio Trump! Beach Haven non è casa mia! Vi do il mio caloroso benvenuto, a lei e a suo marito, benvenuti qui a Beach Haven, per amarvi come più vi aggrada e per avere un posto decente, per tirare su, qui, i vostri bambini. Beach Haven non è casa mia! " 4

POLITICA CULTURALE HAPPY BIRTHDAY, Sgt. PEPPER! Quest'anno, l'album "Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band" pubblicato dai Beatles nel 1967, compie cinquant'anni, e li porta benissimo. Occupa il primo posto nella lista dei 10 migliori album internazionali redatta nel 2003 dall'autorevole periodico statunitense Rolling Stone, seguito al terzo da "Revolver" dei Beatles (1966) e al quinto da "Rubber Soul" (The Beatles, 1965) e, infine, al decimo posto, da "The White Album" (1968), sempre dei Beatles. Come dire che, nei primi 10 album mondiali, quattro sono stati realizzati dai "Fab Four" nel corso degli anni 1965, 66, 67 e 68. Se musicalmente i Beatles, hanno scalato tutte le classifiche, il loro ruolo è stato altrettanto fondamentale nel rivoluzionare i costumi della gioventù di tutto il mondo perché, quello dei quattro di Liverpool è stato uno dei fenomeni culturali (popolari) più importanti del tempo per aver introdotto mode trasgressive come quella dei capelli lunghi tra i giovani o dei loro originali abbigliamenti da dandy inglesi con giacchette e pantaloni corti e aderenti. "Sgt. Pepper" è considerato una pietra miliare nella storia della musica pop: una immaginaria banda di ottoni d'epoca vittoriana, chiamata appunto la "Banda del club dei cuori solitari del sergente Pepper", che esegue un'opera unica composta da 13 brani montati senza soluzione di continuità nell'intento di fornire uno spettacolo continuo come il programma di un concerto. Originalissima anche la custodia a libro del disco, vincitrice del premio Grammy per la miglior copertina per album del 1968; realizzata con la tecnica del collage da Peter Blake, noto artista britannico della Pop art e la moglie Jann Haworth, è risultata in un sondaggio tra i lettori di Rolling Stone la più bella della storia del Rock.

In copertina appare la "nuova" band in abiti ottocenteschi di satin dai colori sgargianti e alamari (subito copiati a Carnaby Street) a fianco delle loro statue di cera in posa in quella che pare la commemorazione dei "vecchi" Beatles. Intorno a loro un eteronegeneo repertorio di personaggi celebri della cultura, della scienza e dello spettacolo. Anni '60 elettrizzanti, eccitanti, creativi, basti pensare ai tanti musicisti ancora insuperati: Bob Dylan, Rolling Stones, Pink Floyd, Doors, Beach Boys, Jimi Hendrix, James Brown, Led Zeppelin, Byrds ecc.. Nonostante la situazione internazionale non fosse delle più tranquille e si stesse diffondendo il mito finito tragicamente delle droghe, nei giovani esisteva un atteggiamento fortemente critico ma anche un'aspettativa positiva e la voglia di cambiare il proprio futuro. Non le banali rime delle canzonette di Sanremo che dimostrano come l'Italia sia culturalmente regredita agli anni post bellici.

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Intervista a RENATO SCLAUNICH La Poesia visiva è un filone di nicchia, ma non marginale, dell'arte concettuale, in cui confluiscono esperienze molto varie in quanto operazione su due linguaggi tra loro autonomi: l'immagine, storicamente appartenente alle arti visive, e la parola, patrimonio della scrittura e del mondo dei significati. La parola, poi, oltre a riferirsi all'infinito universo dei significati, è essa stessa segno e immagine, possiede cioè a sua volta una forma "fisica" che può essere trasformata per assumere nuovo senso e valore estetico. Nata con le avanguardie del primo Novecento, cubisti e futuristi, è oggi coltivata e sviluppata da persone come Renato Sclaunich, il quale nasce poeta e si avvicina e approfondisce in seguito questo particolare aspetto della poesia spesso definito un "ibrido di arte e letteratura". Diversamente da altri suoi colleghi più legati alla scrittura le cui opere possiedono un carattere didascalico, Sclaunich è interessato a entrambe le componenti di questo genere di espressione. Immagine e testo sono complementari e importanti in egual misura nelle sue opere ai fini della comunicazione artistica, vivono in simbiosi e l'una non può vivere senza l'altro. Contenuto segnico e parola interagiscono tra loro, modificandosi a vicenda e caricandosi di nuovi significati imprevedibili che intrigano e coinvolgono l'osservatore perché lo obbligano a percorsi mentali ed estetici ignoti e ignorati. Il "gioco" della poesia visiva di Renato si muove su questi due confini privilegiando di volta in volta le capacità di riflessione del linguaggio oppure la forza iconica delle immagini: essendo la sua un'arte slegata dalle tradizioni e dalla storia di entrambe le discipline, utilizza liberamente l'immenso patrimonio figurativo a sua disposizione e lo mette in relazione a testi suggestivi per innescare nuovi processi interpretativi. Paolo Tomio A sinistra: FROM SCLAUNICH TO ALBANI, 2008 tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

In basso: GOLDRAKE, 2015, tecnica mista-collage su dibond, 70x100 cm


Quando e perché hai cominciato a interessarti di poesia visiva?

sintesi, come l'invenzione del quadro da leggere che permette una risignificazione estetica del materiale iconografico.

E' da molti anni che mi occupo di musica e di poesia. Ad un certo punto, quasi per gioco, ho iniziato a fare delle cartoline d'artista. Il risultato è stato apprezzato al punto tale, che ho preso sul serio la cosa e per due - tre anni ne ho realizzate circa una ventina in tiratura numerata limitata. Successivamente ho iniziato a lavorare su formati più grandi, tra cui anche stendardi, alcuni dei quali sono stati esposti a Bologna e a Roma. Infine da circa quattro anni sperimento la scultura, utilizzando l'oggetto parola smontato e ricomposto. La poesia visiva è arrivata come conseguenza naturale di poesia e musica. Si può dire che sia stata una sorta di

Ci sono state correnti artistiche e artisti che ti hanno influenzato? Fin da subito ho incominciato a studiare cataloghi, a frequentare musei, mostre ed archivi, luoghi dove poter attingere a ciò che più mi interessava e che poteva aiutarmi a perfezionare il mio lavoro. Pertanto sono partito dai calligrammi, fino ad arrivare alle avanguardie del '900. Ho cercato di far interagire tra loro le lezioni di Futurismo, Dada, Surrealismo, Lettrismo, Situazionismo, Fluxus, Pop Art, Mail Art. Gli artisti che mi hanno influenzato sono moltissimi, da Apollinaire a Marinetti, da Man Ray a Duchamp, da Kurt Schwitters a Magritte a Depero, a Warhol per poi passare agli storici della poesia visiva italiana: Sarenco, Spatola, Ori, Miccini, Pignotti, Fontana, Carega, Chiari e non ultimo Albani.

IL MIO SPIRITO, 2012, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

Oggi, cosa ti interessa e c'è qualcosa che non ti piace dell’arte contemporanea? Sono una persona curiosa, che si appassiona facilmente al bello, al concettuale, alla ricerca. Un'opera deve essere viva, deve trasmettere vibrazioni, deve saper coinvolgere attraverso il suo contenuto. Forse quello che non mi piace dell'arte contemporanea sono certi atteggiamentio dei curatori e dei galleristi. Il lavoro dei curatori in molti casi è di negoziazione, di organizzazione fine a sè stesso. Accade che le gallerie sono gestite in modo settoriale, mentre i galleristi spesso seguono la tendenza del momento. Credo sia importante la loro preparazione, unita ad un'effettiva promozione dei propri artisti a 360°. Anche fuori confine. 8

PILGRIM, 2013, tecnica mista-collage su dibond 100x70 cm

Una mostra d'arte non è assumere informazioni e mandare delle email ridondanti, bensì far esperire al pubblico le profonde coordinate di un progetto.

ricerche nell'ambito della poesia visiva e non solo. Successivamente ho conosciuto Paolo Dolzan, che è un'altra interessante e poliedrica personalità del mondo dell'arte trentina. Fin da subito ha apprezzaro il mio lavoro coinvolgendomi in alcuni dei suoi progetti. Altro punto di riferimento per me importante è l'Ambasciata di Venezia e il suo Garage n°3 Gallery, spazio internazionale e alternativo di Mestre (Ve), aperto dalla fine degli anni settanta e gestito da Giancarlo Da Lio e da Tiziana Baracchi. Ho contatti epistolari con il belga Luc Fierens, il fran-

Nel corso della tua carriera, hai conosciuto artisti locali o nazionali? Ho avuto modo attraverso Il Bosco dei Poeti di conoscere Lorenzo Menguzzato Lome, con cui prima di collaborare assieme, siamo diventati innanzitutto amici. I suoi incoraggiamenti mi hanno permesso di sviluppare al meglio le mie

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cese Rèmy Penard e lo spagnolo Cèsar Reglero. In occasione di diverse innaugurazioni, soprattutto alla Fondazione Berardelli di Brescia e al museo della Carale Accattino di Ivrea, ho avuto modo di incrociare alcuni degli artisti storici della poesia visiva. Infine, a Berlino ho incontrato Maurizio Cattelan in occasione della Biennale di Arte Contemporanea nel 2006, persona curiosa e alla mano.

Qual è la tecnica che utilizzi principalmente nella tua attività? Utilizzo il collage, sia quello "eseguito a mano", sia quello a computer. E' una tecnica che mi permette, tagliando e incollando, di lavorare soprattutto con la carta e superfici simili. Il collage fatto con il computer mi consente in più di ingrandire e rimpicciolire i dettagli da me selezionati. In questo modo aumentano le possibilità esecutive e qualitative del lavoro.

Come definiresti il tuo linguaggio? Direi che il mio linguaggio è in parte sintesi delle avanguardie del '900 ed in parte esperienza estetico - concettuale. Molto di quello che faccio ha a che fare con la comunicazione e con la società. Nei miei lavori c'è profonda interazione tra parola e immagine, tra parola e simbolo. Quello che cerco di fare è privilegiare l'aspetto iconico su quello grafico e tipografico, ritagliando al contempo occasioni di senso per il fruitore.

Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Guardando i miei lavori emergono alcune linee comuni come la ricerca di equilibrio tra immagini e parole, lo sfondo bianco, l'essenzialità, le simmetrie, le tematiche rappresentate, una certa visione della società che ci circonda... Dimenticavo il formato: quasi tutti i miei lavori sono di dimensioni 70x100 cm, mentre le cartoline d'artista sono A5.

BRAIN AT WORK, 2007, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm UTOPIA, 2001, tecnica mista-collage su dibond 100x70 cm

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Da dove nasce l'idea iniziale: da un ragionamento sulla parola o sull'immagine? Ogni lavoro è unico, così com'è unica la sua gestazione. Solitamente mi guardo in giro, fotografo, leggo giornali, ascolto musica, vado a mostre d'arte, ecc. Ogni spunto è buono per prendere appunti su dei foglietti di carta sparsi che tengo nelle tasche dei jeans o nel giubbotto, oppure quando sono diligente mi avvalgo di una Moleskine. Gli appunti possono essere frasi, disegni, frasi e disegni insieme. Quindi l'idea iniziale può nascere sia guardando un'immagine, sia leggendo una frase. E' chiaro che le due cose si possono fare anche simultaneamente attraverso una visione globale, d'insieme.

Realizzi personalmente le tue immagini di derivazione fotografica e grafica? Dipende, la maggior parte dei lavori nascono da elaborazioni di idee di pubblicità, materiali

AUGH, 2013, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm PRELUDIO PER UNA PAUSA (omagggio a J.Cage) 2003, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

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contenuti su riviste/giornali, oppure materiale fotografico che mi serve per descrivere l'ambiente che mi circonda. In altri casi ancora è la componente legata al linguaggio, alla forma delle lettere, alla loro impaginazione. Inizialmente sono appunti che, con le dovute modifiche, poi mi permettono di realizzare le nuove opere.

Che rapporto hai con la tecnologia? Il mio rapporto con la tecnologia non è semplice, sono un ragazzo di campagna... Detto questo, riconosco l'aiuto della tecnologia soprattutto per quanto riguarda la composizione delle immagini. Devo dire che dopo aver ideato un'opera, averne fissate le linee guida su di un foglio di carta, magari con l'aggiunta di uno schizzo, mi faccio aiutare da un'amico, Matteo, assieme

AMORE, 2010, tecnica mista-collage su dibond, 70x100 cm

a lui eseguo la parte tecnica dove assembliamo a computer i singoli elementi.

Che differenza c'è tra l'opera d'arte realizzata manualmente e la grafica digitale? Solitamente nei miei lavori c'è sempre una mediazione tecnologica, che serve per ottimizzare e rifinire il tutto. Cercando di non ripetermi direi che, per certi versi, non c'è confine tra pratica manuale e grafica, sono le due facce della stessa medaglia.

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Entrambi. Alcune opere hanno più a che fare con la sfera concettuale altre con quella emozionale. Dipende dal messaggio che si vuole veicolare. Poi vi sono situazioni miste in cui c'è

un duplice canale dove convergono concettuale ed emotivo. Un'opera d'arte è tale solo quando è fatta bene.

POESIA A 4 TEMPI, 2013, tecnica mista-collage su dibond, 70x100 cm

d’oggi? Sei interessato ad un “messaggio” nell’opera?

In Trentino oggi ci sono diversi artisti, molti dei quali di indiscussa qualità che meriterebbero di farsi conoscere fuori regione e anche all'estero.

Assolutamente sì. Ogni mio lavoro per tutto quello che rappresenta - dall'ideazione alla realizzazione - contiene un messaggio. Tale messaggio può essere gradito o meno dallo spettatore, può sedurre oppure respingere. Anche l'opera che apparentemente non contiene nessun messaggio, inevitabilmente comunica qualcosa. Non si può non comunicare!

Segui la politica culturale trentina? Pensi che si possa fare di più per il settore artistico? Il Trentino è una provincia con una ricca offerta formativa sul territorio, detto questo si possono sicuramente costruire nuove proposte da affiancare a quelle già presenti. Ad esempio il Mart ha una bella offerta formativa che va dai

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini

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più piccoli, alle mostre guidate, ai laboratori, ai corsi di lingue. Bisognerebbe che le strutture presenti lavorassero maggiormente in rete, creando al contempo spazi indipendenti per le associazioni e i singoli artisti. Inoltre potrebbero essere utilizzati spazi che per svariati motivi fino ad oggi sono rimasti chiusi!

Vedi delle differenze con la cultura altoatesina che tu conosci bene? Mah, si sa che in Alto Adige c'è tutto ..., c'è il MUSEION che si occupa di contemporaneità ed ha una bella programmazione tra cui concerti, conferenze, ecc., e poi tante gallerie, diverse associazioni di artisti italiani e tedeschi. Per certi aspetti mi sembra ci sia l'esigenza di voler esporre a tutti i costi. Poi magari artisti validi non riescono a trovare spazi per presentare i loro lavori o se li trovano costano troppo... E' un po' tutto frammentato, anche se politically correct.

Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno? Forse mancano gli scambi, le residenze. Penso che far respirare alle proprie opere aria nuova, parlare un' altra lingua, gustare altri sapori non possa che essere produttivo per entrambi i paesi, che si cimentano in un' azione culturale comune.

ALL YOU NEED IS LOVE, 2013, tecnica mista-collage su dibond, 70x100 cm

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

Chi è l’artista?

CON I PIEDI ASCOLTO LA PIOGGIA, 2004, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm QUALSIASI COSA, 2012, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

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Sì, la bellezza è un valore molto importante che sempre ricerco nelle cose che faccio. E' il motore immobile o primo motore, essa rappresenta la causa prima del divenire dell'Universo e con esso della Vita e dell’Uomo. La bellezza è un modo di essere nel mondo, di stare in relazione col tutto, è la cura stessa dell'esistenza.

L'artista è una persona che abbisogna di spazio per comunicare, ne abbisogna più di altri. L’artista è una persona coraggiosa (ha la forza di esporre le sue idee) che cerca di esprimere la sua personalità attraverso azioni performative - reali. 15


E, per finire, cosa è per te l’arte?

L'artista agisce all'interno di un percorso di consapevolezza in cui continuamente bisogna compiere delle scelte. Quello che fa non è un passatempo! Cerca di materializzare lo spirito, anticipando spesso i tempi, inventando ciò che ancora non si conosce. All'artista serve solo poter lavorare, serve cioè avere un luogo in cui assemblare le sue idee. Infine, la parola artista è usata spesso con leggerezza, in molti casi è troppo abusata e logora. Detto questo, tutti possono fruire dell'arte, mentre non tutti possono essere artisti.

L'arte non è una cosa, è il prodotto della creazione umana, un atto di volontà fatto di ricerca, e di espressione estetica. Nasce con un'intuizione, un insight, che poi determina un attività concreta dove si creano nuove forme. L'arte è atemporale, è indipendente dal tempo; mette a nudo la nostra anima. L'arte è tutto o niente. E' possibilità di ricreare gli elementi, secondo una nuova dimensione fatta di geometrie che sanno emozionarci.

QUO VADIS?, 2015, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

ZODIACAL COSTELLATION, 2013 tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

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(2013), MAG (Museo Alto Garda) (2013), La gioia e l'azzardo (2012), Splendido ibrido (2014), Artoteca (2013/2016), Castells in the air (2014), Artistamps (2014), Ibridi & simili (2015), Ars Artis (2015), C'è occhio e occhio (2015), Pietre d'acqua (2015), La notte rossa (2015), Vitamine. Tavolette energetiche (2016), Dada 100 (2016). Sue opere di poesia visiva sono presenti nei seguenti archivi: Anna Boschi, Ambasciata di Venezia, gruppo Sinestetico, E.O.N.(Ethereal Open Network), CERIS, Ophen, Rysouke Cohen, Boek 861 e nel deposito Bosco dei Poeti presso il MART di Rovereto, The Poetry Library Londra, MACBA Barcellona, Art Pool Art Research Center Budapest, Poetry Collection University of Buffalo. Nel 2011 partecipa a BAU 8 Contenitore di Cultura Contemporanea, poi a Zine in a box n°3, n°5, n°11 PTRIZIA (Tic Tac), e al Franticham's assembling box n°26, n°28, n°31, n°33 Redfoxpress. Tutti i lavori sono tratti da : Renato Sclaunich Intrecciverbovisuali ED.La Maddalena 2010, e Renato Sclaunich Visual thinking Edizioni Scarabocchio 2016

RENATO SCLAUNICH poeta lineare, visivo, sonoro. Nato a Gorizia nel 1967, è originario di Villesse, dal 1996 vive a Bolzano e altrove. Nel 1988 è uno dei vincitori del premio di poesia “I giovani incontrano l'Europa”. Nel 1997 viene segnalato al Genova International Poetry Festival, successivamente alla 53. Biennale di Venezia – Isola della Poesia Night of light. Nel 2008 partecipa a Manifesta 7 parallel event. Nel 2004 fonda il collettivo instabile Zwiebeltruppen. Nel 2012 da vita alle edizioni indipendenti Scarabocchio. Come poeta visivo ha partecipato a: Lavori in corso d'opera (2009), Parole, parole, parole (2012), Non si va mai così lontano (2012), Melamorfosi (2013), Poesia a strappo (2010/2014), Bosco dei Poeti (2006/2015), Paroleacolori, Lavori in corso d'opera (2009), Adress Berlino No/Muro 20 (2009), Stanze (2009), No Commercial Potential (_2011), Your theory (Ucraina), II Bienal Internacional del Pequeňo Formato (Venezuela) (2010), Segni oltre il confine (20 anni dalla caduta del Muro)(2010), Artefiera off/Arte in “Scuderia”,(2011) Now Fluxus (USA), Arte y trastorno mental (Spagna)(2011), Museo Minimo (2010), Limite-Scambio-Segno (2009), Florean Museum International Small Engraving (Romania), Incontri-begegnungen-ancuntedes, Festival Internazionale Acque di acqua (2010), Way Pavillion International (2015), Lake in the city

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icsART N.3 2017 Periodico di arte e cultura della icsART

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revista PERIODICO della icsART N.3 - Marzo ANNO 2017

icsART (anteriormente FIDAart) pelo local icsART em: www.icsart.it Chì thu no luchdachadh a-nuas a h-uile h-àireamhan na bliadhna 2012-2013-2014-2015-2016-2017 RENATO SCLAUNICH: FLUXUS IS HERE, 2013, tecnica mista-collage su dibond, 100x70 cm

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icsART an iris (roimhe FIDAart) le icsART làraich: www.icsart.it 19


MERCATO DELL’ARTE ?

ALEX KATZ (1927), Bleu Umbrella # 2, 1972, 244x366 cm, venduto da Christie's New York 2001 a $ 666.000 (€ 470.000) (vedi a pag. 28). Katz, pittore americano figlio di ebrei russi emigrati, quest'anno compie 90 anni ma continua a lavorare normalmente. Laureato nel 1949 alla prestigiosa Cooper Union Art School, segue con coerenza una propria visione artistica che si è imposta alla metà degli anni '50 opponendosi all’Espressionismo Astratto allora dominante e anticipando alcuni esiti della Pop Art. Ha contribuito a mantenerlo meno condizionato dal mercato la vita serena con Ada Del Moro, moglie e musa di origini italiane sposata nel 58, di cui esistono più di 250 ritratti (vedi in alto e a pag. 21) che non rappresentano solo lei e il lato più intimo dell'artista, ma sono diventati anche Gray Day, 1990, 102x330 cm, venduto da Christie's New York 2016 a $ 538.000 (€ 508.800)

l'idea e l'incarnazione di una bellezza femminile senza tempo. Katz, contrariamente alla moda imperante negli USA, non è mai stato interessato all'astratto perché ha sempre dipinto "direttamente dalla vita": la pittura dal vero e en plein air sono stati fondamentali nel suo sviluppo come pittore e rimangono un punto fermo anche delle sue pratiche di oggi. Alla fine del 1950, si muove verso un maggiore realismo nei suoi dipinti e diventa sempre più interessato alla ritrattistica, dipinge spesso la moglie Ada e i suoi amici; negli anni '80 e '90, concentra gran parte della sua attenzione su ampi dipinti di paesaggio, che si caratterizzano come "pittura ambientale", poi all'inizio del nuovo millennio, ritorna a dipingere tele coperte dai grandi fiori iniziati già negli anni sessanta. (vedi a destra) L'artista dichiara sempre di non essere interessato al significato dei suoi quadri ma solo all'apparenza: i suoi soggetti sono "pura apparenza". "Lo stile e l'aspetto sono le cose di cui sono più preoccupato di quello che significano. Mi piacerebbe che lo stile prendesse il posto del contenuto, oppure che lo stile fosse il contenuto". Anche il tipo di pittura adottata nei suoi dipinti che lui definisce "automatica" in ossequio ai surrealisti, è singolare: "lo preferisco essere svuotato di senso, svuotato di contenuti". L'artista cerca di dipingere prima che la mente possa formulare un concetto su quello che sta facen-

ALEX KATZ

Red Tulips, 1967, olio su tela, 91x182 cm, venduto da Sotheby New York 2007 a $ 690.600 (€ 469.000)

do, una specie di approccio inconscio che non lo coinvolga e gli permetta di perdersi completamente in quel che fa, mentre lo fa, come l'action painting di Pollock, ma però figurativo. In questo modo la sua tecnica ad olio risulta molto pulita e non mostra quasi nessuna traccia del processo del lavoro. Ispirato dalle campiture piatte della grafica pubblicitaria e delle illustrazioni, il pittore dipinge su scala monumentale e impagina meticolosamente ritratti che evocano i primi piani cinematografici o i cartelloni pubblicitari stradali. Per questa sua adesione alla semplicità senza vincoli e l'uso audace del colore, Katz è spesso definito un precursore della Pop art anche se lui non apprezza questa contiguità a un movimento che considera troppo legato all'idea di un'arte priva di un passato che non sia quello prossimo; ispirandosi a culture diverse, i maestri antichi come il cinema o i cartelloni pubblicitari egli, infatti, ritiene di accogliere culture diverse come avveniva nella pittura classica. L'artista è riuscito a trovare la propria dimensione particolarmente nell’interpretazione della figura umana; la sua pittura, bidimensionale e controllata, tende a rendere autonoma la figura dal fondo determinando una logica an-

tinarrativa apparentemente d'immediata comprensione. Le scene ricordano i volti sorridenti e i personaggi della pubblicità, ma alcune caratteristiche giocano un ruolo chiave: il posizionamento e il linguaggio del corpo, gli occhi che mantengono o meno il contatto visivo, i gesti e le mani, raccontano un'altra storia ponendo il problema di quanto il ritratto riveli veramente di un soggetto rispetto a quanto nasconda. Alex Katz, però, continua a ribadire che l'argomento del soggetto è secondario rispetto allo stile: "Lo stile interferisce con la pittura; la pittura senza stile è solo mestiere". Black Ada, 2000, olio su tela, 152x198 cm, venduto da Christie's New York 2016 a $ 425.000 (€ 402.000)

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VIRUS-KUNST "Die Perfektion der Morphologie", La Perfezione della Morfologia, è il sottotitolo dell'esposizione "VIRUS-KUNST" (Art Virale) svoltasi al Naturhistorisches Museum di Vienna. Organizzata dagli studenti della Akademie der Bildenden Kϋnste Wien, assieme ai biologi del Museo, lo scopo della mostra composta da una trentina di tele di grandi dimensioni era di utilizzare come modelli i virus i quali possiedono, come dichiara il titolo "morfologie perfette", per produrre delle opere figurative di "realtà astratte in quanto non visibili". Esiste in natura un'entità biologica elementare con caratteristiche parassitarie che si replica esclusivamente all'interno delle cellule viventi di altri organismi animali, vegetali, funghi ecc. Si tratta dei virus (dal latino, "veleno") i quali possono infettare tutti i tipi di forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi compresi i batteri o, addirittura, altri virus, e che possiedono un codice genetico ma si riproducono solo utilizzando gli apparati della cellula "ospite", di solito distruggendola. Anche se i virus sono considerati una forma di vita poiché possiedono materiale genetico, si riproducono e si evolvono attraverso la selezione naturale, non sono classificati come "vivi" in quanto privi della struttura delle cellule. Alcuni virus sono in grado di infettare solo pochi ospiti, altri invece possono infettarne moltissimi e ciò è abbastanza inquietante dato che ne esistono milioni di diversi tipi presenti in quasi tutti gli ecosistemi e perché rappresentano l'entità biologica più abbondante in assoluto. L'uomo è "immerso nei virus", convive costantemente con loro - o meglio, loro convivono con noi - ma non lo sa e non conosce questi occulti e misteriosi "organismi ai margini della vita". Per favorire la conoscenza di questa realtà immanente ma invisibile, gli studenti hanno eseguito i dipinti in acrilico dei microrganismi più interessanti dal punto di vista formale, reinterpretandoli con un linguaggio artistico moderno così da trasformarli in soggetti più accattivanti agli occhi di H1N1 Virus.I03.2k, 2016, acrilico su tela, 250x250 cm

ARTE VIRALE un pubblico di profani, magari anche giovanissimi. I virus esistono in forma di particelle indipendenti note come virioni costituite da un nucleo di materiale genetico (DNA o RNA), un rivestimento proteico, ed esternamente una sacca di lipidi che assume una grande diversità di forme e dimensioni, definite morfologie. La maggior parte dei virus presentano una morfologia regolare, icosaedrica o sferica, modo ottimale per costruire un guscio chiuso del diametro che varia dai 20 ai 300 nanometri (un nanometro corrisponde a un milionesimo di millimetro), dimensioni talmente infinitesimali che per visualizzare i virioni si deve ricorrere al microscopio elettronico. Ciò che hanno raffigurato gli artisti, quindi, non riguarda né il virus vero e proprio che si trova nel nucleo centrale, né il rivestimento che lo protegge, ma le morfologie esterne che, grazie ad accorgimenti tecnici, possono essere riprodotte dal microscopio con dei colori verosimili. (vedi immagini). Come delle vere e proprie sculture organiche Pop, queste forme sono state poi inserite su degli sfondi dai colori volutamente improbabili in modo che contrastassero creativamente una dall'altra facendone risaltare la tridimensionalità. La mostra ha riscosso un grande interesse da parte del pubblico che si è trovato a contatto con un universo di forme gigantesche, elaboratissime e vagamente minacciose dato che il termine virus è diventato uno dei grandi incubi per l'umanità ma è anche espressione di strutture vive complesse che attirano, affascinano e inquietano allo stesso tempo. Pare che molti visitatori, intervistati dopo aver avuto modo di osservare la molteplicità dei virus diffusi sulla Terra e l'infinita ricchezza dei dettagli con cui queste "forme perfette" si organizzano per vivere e riprodursi a spese di gran parte degli organismi esistenti, uscissero dalle sale del Museo come se avessero vissuto un'esperienza non solo artistica ed estetica ma anche profondamente esistenziale. HERPES VIRUS.F10.2k , 2016, acrilico su tela, 250x250 cm

MEASLES.C10.2k , 2016, acrilico su tela, 250x250 cm

HEPATITIS C.E07.2k , 2016, acrilico su tela, 250x250 cm

INFLUENZA.F05.2k, 2016, acrilico su tela, 250x250 cm

HEPATITIS B.C01.2k, 2016, acrilico su tela, 250x250 cm

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ORNAMENTO E/O DELITTO? - parte prima manica e provincia dell’Impero austro-ungarico, figlio di uno scalpellino e scultore, Adolf si diploma nel 1889 in una scuola tecnica a Brno e si iscrive al Politecnico di Dresda ma lo abbandona dopo un anno senza conseguire la laurea. Nel 1893, a 23 anni, in dissidio con la madre, parte per gli Stati Uniti dove rimane per tre anni mantenendosi con i mestieri più disparati, dal lavapiatti al muratore, entrando in contatto con un'architettura e la cultura americana completamente nuove. Quando ritorna a Vienna, aderisce inizialmente al movimento della Secession per lasciarlo però già nel 1898 in disaccordo con la concezione del gusto ritenuto superato (e, forse, per un mancato incarico nel Palazzo). Fin qui la sua storia personale anomala rispetto al panorama dei suoi colleghi, architetti (laureati) provenienti dalla media-alta borghesia, ben inseriti nella cultura viennese e in una ricca clientela tradizionalista. In "Parole nel Vuoto", un saggio polemico pubblicato nel 1900, attacca la Secessione Viennese, proprio nel momento in cui il movimento è al suo apice, ma è del 1908 il suo pamphlet più noto, "Ornamento e delitto", con cui si scaglia duramente contro la decorazione esponendo le sue teorie provocatorie sull'utilità della produzione di oggetti di forma semplice e funzionale. Proprio per questa sua accesa crociata contro l'ornamento considerato un "delitto" e, al contrario, la spinta a favore della forma-funzione dell'edificio, Loos è considerato uno dei primi architetti moderni. La motivazione principale della sua irriducibile ostilità si fonda sull'affermazione che l'impulso a decorare è caratteristico dei popoli primitivi: "il Papua copre di tatuaggi la propria pelle, la sua barca, il suo remo, in breve ogni cosa che

In "Ornament und Verbrechen" (Ornamento e delitto) , il brevissimo ma celebre saggio-manifesto scritto nel 1908, l'architetto Adolf Loos (1870-1933) polemicamente si chiede: "Dove saranno tra dieci anni le opere di Olbrich?". Vale a dire il suo collega quasi coetaneo ma più noto che, dieci anni prima, aveva progettato nel nuovo stile floreale il palazzo sede della "Wiener Secession", l'Art Nouveau austriaca (vedi in basso). Il testo è rapidamente divenuto il manifesto programmatico del gusto architettonico moderno e Loos è considerato uno dei fondatori del Razionalismo, eppure mai previsione fu tanto sbagliata visto che oggi il palazzo è considerato un capolavoro tra i monumenti di Vienna e meta quotidiana di visitatori. Nato nel 1870 a Brno, città ceca di cultura ger-

A sinistra: Joseph Maria Olbrich, dettaglio del Palazzo della Secessione, 1898, Vienna

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STORIA DELL’ARTE trovi a portata di mano", da cui discende che: "Nessun ornamento può più essere inventato oggi da chi vive al nostro livello di civiltà". Quindi Loos annuncia: "Io ho scoperto e donato al mondo la seguente nozione: l'evoluzione della civiltà è sinonimo dell'eliminazione dell'ornamento dall'oggetto d'uso". E così, grazie all'"evoluzione della civiltà", Loos liquida velocemente in poche righe qualche millennio di ornamento praticato da sempre, da tutti i popoli della terra. Da questo suo assioma egli deriva che ogni età ha avuto il suo stile (dove per stile s'intende l'ornamento), ma che la grandezza del nostro tempo è costituita "dal fatto che esso non sia in grado di produrre un ornamento nuovo...", arrivando alla sua dichiarazione dogmatica finale: "L'ornamento moderno non ha predecessori né ha discendenza, non ha un passato né avrà un futuro...Noi possediamo l'arte che ha eliminato l'ornamento". Non a caso il suo grande amico, l'intellettuale ebreo Karl Kraus, ha scritto: "Gli altri sono gli artisti della squadra. Loos è l’architetto della tabula rasa". Loos conclude la sua perorazione con tono profetico: "Presto le vie delle

città risplenderanno come bianche muraglie! Come Sion, la citta santa, la capitale del cielo”. Quest'ultima premonizione ha colto indubbiamente nel segno dimostrando la lungimiranza e la capacità visionaria di Adolf Loos: le città e gli edifici moderni sono totalmente privi di ornamenti ma, purtroppo, sono (per la maggior parte) anche totalmente anonimi. Le idee radicali dell'architetto troveranno conferma nella sua prima (e ultima) grande opera impegnativa, il "Looshaus", costruito nel 1911 in Michaelerplatz di fronte al Palazzo Reale (vedi in basso). L'edificio prospetta sulla piazza con un monumentale portico classico in colonne in marmo verde che contrasta con l'innovativa e semplice facciata intonacata bianca dei piani sovrastanti priva di decorazioni. Vedendola oggi, l'architettura pulita e geometrica che tanto aveva scandalizzato i viennesi del tempo, ha perso completamente la sua aura rivoluzionaria poiché, purtroppo, è uguale alla gran parte delle costruzioni che popolano tutte le città moderne. Continua Aldof Loos, Looshaus, 1911, Michaelerplatz, Vienna


Febbraio 2017, Anno 6 - N.3

News dal mondo ALEX KATZ

Bleu Umbrella # 2, 1972

pag. 28

ALEX KATZ

The Red Scarf (Ada In Polo Coat), 1976

pag. 29

ALEX KATZ

Blue Hat, 2003

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ALEX KATZ

December, 1974

pag. 31

Portrait of Paul Thomas, 2017

pag. 32

Omaggio ad ALEX KATZ

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ALEX KATZ, Bleu Umbrella # 2, 1972, olio su tela, 244x366 cm vendutoda Christie's New York 2001 a $ 666.000 (€ 470.000)

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ALEX KATZ, The Red Scarf (Ada In Polo Coat), 1976 olio su tela,152x122 cm, venduto da Sotheby's New York 2014 a $ 569.000 (€ 417.800)


ALEX KATZ, Blue Hat, 2003, olio su tela, 183x152 cm, venduto da Sotheby's New York, 2010 a $ 458.500 (€ 352.000)

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ALEX KATZ, December, 1974, olio su tela, 183x244 cm venduto da Christie's New York 2016 a $ 605.000 (€ 571.000)


PAOLO TOMIO, Omaggio ad ALEX KATZ PORTRAIT OF PAUL THOMAS, 2017 olio su tela, 297x210 cm


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