PERIODICO della icsART N.6 - Giugno ANNO 2017
icsART
In copertina: MAURO LARCHER, MATTINA, 2013, tecnica mista su cartoncino, 100x100 cm
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icsART
sommario
Giugno 2017, Anno 6 - N.6
Editoriale
La Nuvola di Fuksas
pag. 4
Politiche culturali
Roma Convention Center
pag. 5
Intervista ad un artista
Mauro Larcher
pag. 6-19
Mercato dell’arte?
Jean Dubuffet
pag. 20-21
Arte domestica
Iperrealismo Pop
pag. 22-23
Storia dell’arte
Mini Remastered
pag. 24-25
News dal mondo JEAN DUBUFFET
Paris Polka, 1961
pag. 28
JEAN DUBUFFET
Visiteur au chapeau bleu, 1955
pag. 29
JEAN DUBUFFET
Être et paraître, 1963
pag. 30
JEAN DUBUFFET
Les Grandes Artéres, 1961
pag. 31
Tête de Pierre, 2017, 2017
pag. 32
Omaggio a JEAN DUBUFFET
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EDITORIALE
LA NUVOLA DI FUKSAS Oramai, il nuovo "Roma convention center La Nuvola" costruito nel quartiere dell'EUR e inaugurato a fine 2016, è da tutti confidenzialmente chiamato la "Nuvola di Fuksas". Un grande onore per Massimiliano Fuksas, uno degli architetti italiani più apprezzati a livello internazionale il quale, nonostante gli infiniti problemi incontrati, è riuscito a portare a termine un coraggioso progetto degno di una città che voglia compe-
tere con le altre capitali mondiali. Ma anche un grande onere a causa di un iter burocratico-amministrativo lungo e sofferto, mille polemiche e pesanti contenziosi economici e legali ancora in corso. L'idea del Nuovo Centro Congressi nasce venti anni fa con lo scopo di portare a Roma il ricco turismo congressuale internazionale e l’ambizione farlo diventare il fiore all'occhiello della città. Nel 1998 Fuksas vince il concorso internazionale, il cantiere apre nel 2008 e dura nove anni fino a fine 2016 quando si inaugura
POLITICA CULTURALE con sei anni di ritardo sui tempi previsti. La monumentale opera (un volume di 280mila metri cubi) è costata finora 273 milioni di euro che diventano 363 comprendendo progettazione e oneri concessori. A questi si dovrà aggiungere la cifra definita da un contenzioso aperto con l'impresa costruttrice, la Condotte SpA, per altri 210 milioni: in totale, alla fine si potrebbe arrivare a una somma di 636 milioni di euro. L'intervento è composto da un gigantesco parallelepipedo lungo 170 metri chiamato "Teca", chiuso da quattro facciate interamente vetrate di 49 metri di altezza (vedi sopra), al cui interno galleggia un'immensa "scultura organica" in fibra di vetro translucida - la "Nuvola" - sospesa nel vuoto dello spazio interno, in cui trova posto l'auditorium da 1800 persone, che si aggiungono ai 6mila posti delle sale sottostanti (vedi sezione in basso). A fianco della Teca, si innalza un secondo volume di 17 piani, la "Lama", contenente un hotel con 439 camere (non utilizzabili perché non ancora arredate), ristorante, centro benessere e sale convegni, che dovrebbe essere venduto a 50 milioni di euro Un primo problema è che, a sei mesi dall'inaugurazione, il Convention Center è ancora sottoutilizzato ed è
facile intuire che i costi gestionali e di manutenzione di una simile struttura, che si ipotizza possa entrare a regime in 5 anni, sono elevatissimi. Un’altra grana pazzesca è venuta alla luce in maggio quando si è saputo di un errore di due metri di posizionamento sul lotto dell'intero complesso che così è andato ad occupare con il suo nuovo marciapiede (già finito) la carreggiata del viale Europa che corre parallelo alla "Lama". Volendo eliminare questi due metri abusivi che invadono una sede stradale fondamentale per la viabilità, rimarrebbe a servizio dell'hotel (che nel frattempo, non può essere messo in vendita perché non conforme al progetto), un marciapiede di un metro e mezzo. L’Impresa afferma di avere rispettato il progetto esecutivo, l'architetto stupito e avvilito si defila, l'ente gestore dichiara: «Inaccettabile: qualcuno pagherà per i danni!». Nel frattempo si pensa a risolvere la situazione con una qualche soluzione di ripiego. Questa storia italiana ha dell'incredibile e non fa bene né a Roma, né al Paese e neanche a Fuksas il quale, forse, d’ora in poi non sarà più così onorato di vedere il proprio nome legato alla "Nuvola".
Intervista a MAURO LARCHER Mauro Larcher ha due grandi passioni che lo coinvolgono in modo totalizzante. Una è la montagna, con tutto ciò che la riguarda: escursioni, arrampicate, corsa, sci, scialpinismo (è maestro di sci); l'altra è la pittura, e anche questa lo impegna a tempo pieno. In realtà, sono le due facce della stessa medaglia: la prima rappresenta il momento esaltante dell'avventura, sportiva e mentale, in un ambiente incontaminato; la seconda, quello spirituale dell’emozione, della fantasia e della creatività che solo il rapporto diretto con la natura riesce a trasmettergli. Ma, quanto è estroversa, solare, controllata, l’esperienza sui suoi monti, così, inaspettatamente, diventa istintivo, intimista, quasi malinconico, il suo linguaggio pittorico. Della natura, infatti, Larcher non rappresenta i colori infiniti, i verdi dei prati e dei boschi, gli azzurri dei laghi, dei torrenti e cieli infiniti e neanche le luci della neve o delle cime dolomitiche, ma cerca l’aspetto più oscuro, nascosto, misterioso e spesso inquietante. La natura non è il luogo della pace e della serenità, è invece un mondo affascinante e inaspettato in cui il suo sguardo attento vede forze che si trasformano in caos senza fine ed esplosioni di pura energia. Mauro, con una vena di romanticismo, è attratto dalle atmosfere ombrose e gotiche che fanno intuire presenze occulte, dai rami nodosi, contorti, sofferti, dai tronchi piegati o abbattuti; i colori sono scuri, il marrone che ritorna sempre, il nero ricavato dal catrame e le pennellate veloci e informali proiettate sulla tela; la foresta è come un organismo vivente e anche i gialli bruciati o le rosse macchie dei cardi ricordano l’attimo fuggente che precede il passaggio del tempo. Mauro ci racconta di una realtà in cui regna la Legge della Natura: il ciclo infinito della vita e della morte e, fuor di metafora, la fatica di raggiungere la felicità. Paolo Tomio A sinistra: CONTRASTI D'INVERNO, 2014, tecnica mista su tela, 70x50 cm
In basso: TRASPARENZE, 2012, tecnica mista su cartoncino, 30x50 cm
Quando e perché hai cominciato ad interessarti all’ arte e dedicarti alla pittura? Da sempre ho avuto molta attrazione verso, il colore verso il disegno. Iniziate le scuole elementari iniziò anche l’appuntamento giornaliero con la Santa Messa. Ricordo con piacere il tempo passato a guardare e riguardare il dipinto sulla navata della chiesa di Ruffrè mio paese natio, raffigurante due stuoli di angeli inginocchiati sulle nuvole sotto la croce. Ho un nitido ricordo dei paesaggi invernali delle cartoline di auguri del Santo Natale che cercavo di copiare per poi portare a scuola per far vedere alla maestra. Affascinato da tanta bravura cominciai a fantasticare e pensare che magari da grande… L’incontro poi con la mia professoressa di eduAUTUNNO, 2015, tecnica mista su tela 50x70 cm
cazione artistica alle scuole medie, la signora Erina Zandron, che mi incoraggiò a proseguire con il liceo artistico, mi rese felice e mi fece fantasticare ancora. Poi a Bolzano frequentai la Scuola Grafica Athesia e il mio lavoro presso Mondadori contribuirono a rafforzare la mia passione.
Quali sono state le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato all’inizio? All’inizio ho avuto molta attrazione verso l’Impressionismo, soprattutto nei paesaggi invernali di Monet, Sisley, Pissarro ecc. e degli artisti trentini Bartolomeo Bezzi e Angelico Dallabrida. In seguito ebbi modo conoscere e frequentare Carlo Frenez, artista di Mezzolombardo, interprete di questa corrente artistica, che oltre
SOFFIONE, 2013, tecnica mista su cartoncino, 50x30 cm
ad influenzare il mio modo di dipingere mi fu di grande aiuto nella conoscenza dei grandi pittori trentini.
Ho potuto ammirare quasi in diretta l’arte di Umberto Mastroianni che annualmente veniva a Cles ospite e amico della Famiglia Dusini famosa per la conceria di pelli che diventò fucina di molte sue opere. A ricordo della sua presenza rimane una scultura in Piazza Granda a Cles. Di spessore i contatti avuti anche con Mirta de Simoni Lasta e Paolo Tait.
Nel corso della tua carriera, hai conosciuto artisti locali o nazionali? Diciamo che in tutti questi anni, facendo parte di Ass. come ARS 95, FIDA Trento e Bolzano e con i contatti con artisti di altre Ass. come La Cerchia, Amici dell’arte di Riva del Garda, Gruppo acquerellisti trentini, Gruppo Terrae dell' alta Valle di Non, ho conosciuto ed esposto con molti artisti trentini e non. Abitando in Val di Non ho potuto conoscere e avuto l’onore di avere alle mie mostre artisti di livello internazionale come Paolo Vallorz e Luciano Zanoni. Anni fa, con ARS 95, ho esposto insieme alla famiglia di Andrei Levitin, tutti artisti, che annualmente si recavano nel nostro paese per esporre le loro opere molto apprezzate dai nostri galleristi.
Oggi cosa ti interessa e non ti piace dell’ arte contemporanea? Sono interessato all’arte informale, la sento come il coraggio e la fatica di andare oltre, di osare. Mi desta interesse il modo di fare arte degli artisti di street art, di graffitismo, ne è un grande esempio il muro eretto tra Palestina e Israele dove artisti da tutto il mondo stanno esprimendo il loro pensiero su centinaia di metri di muro grigio con scritte, disegni di ogni 9
ARIA FINA, 2017, tecnica mista su cartoncino 70x100 cm
to più facile essere provocatori, basta guardarsi in giro e vedere quello che succede su social tv ecc. Per un artista invece sarà solo più facile essere ripetitivo o ancora peggio banale. Parlare troppo o fare paragoni non ci metterà d’accordo. Le opere continueranno a parlare per noi.
genere oltre a manifesti giganti che narrano la sofferenza vissuta da donne del posto. Molto significativa l’opera di Banskj raffigurante la colomba della pace con giubbotto antiproiettile. Non mi piace anche se è servita e servirà molto a far riflettere, l’arte provocatoria a ogni costo, seppur fatta da artisti a livello mondiale; di sicuro la sento come la negazione delle emozioni. Si potrebbe discutere all’infinito se questa è arte o solo provocazione. Importante però è il tempo in cui queste opere sono eseguite. Oggi è mol-
Prima di approdare al tuo stile personale, hai frequentato anche un linguaggio figurativo? Sì, all’inizio sono stato molto sul figurativo, avevo bisogno di supporti di ogni genere foto, 10
scattate da me o prese da libri giornali ecc. Cominciai anche ad uscire all’aperto, prima con carta, pastelli, carboncini, poi con cavalletto e colori ad olio. Il mio temperamento unito alla poca pazienza e anche al poco tempo però mi fecero capire che non sarei mai stato un buon impressionista.
ALBA PER MARIKA, 2014, tecnica mista su cartoncino, 30x15 cm
Quale è la tecnica che usi principalmente nella tua attività? Diciamo che ho abbandonato quasi completamente i classici colori a olio e acrilici, uso colori che normalmente vengono usati da artigiani: smalti, catrame, pigmenti puri, colla, uniti a pastelli a olio e china. Un lavoro di ricerca continuo di tecniche miste.
Quando e perché hai cominciato a eliminare progressivamente il colore dai tuoi quadri? Dopo anni passati a dipingere con i classici canoni della pittura e copiando un po’ ovunque mi accorsi che la mia passione stava svanendo. Per proseguire avevo bisogno di nuovo, di ricerca. Pensai molto e capii che il nuovo sarebbe stato il progressivo abbandono del colore che giornalmente affrontavo per lavoro. In poche parole il mio lavoro interferiva su quello che doveva essere la mia passione. Arrivò cosi nel 2007 la mia mostra “Grigio Chiaro” dove i colori lasciarono il posto alla scala dei grigi, insomma bianco e nero che in arte e grafica non sono classificati come colori. La mia ricerca continua lasciando spazio anche al colore.
Da dove nasce il tuo interesse per il nero, quasi un ossessione? Nessuna ossessione, mi piacciono i contrasti
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forti, il nero e il bianco lo sono. Oltre a questo penso che più si riesce a togliere e più si semplificano le cose, trovando in tutto ciò un buon equilibrio che mi permetta sempre di rappresentare i colori di un’alba.
E l’interesse per il linguaggio materico? Il materico mi piace, molte volte e soprattutto nelle tele è dato da sovrapposizioni di lavori non riusciti. In altri casi ricercato per marcare i contrasti dove la colla e il catrame mi fanno rendere meglio quello che voglio trasmettere.
supporti e tecniche per il piacere di capire i miei limiti e ogni tanto ritorna la voglia dell’acquerello, tecnica che mi piace per la sua semplicità e che in passato ho praticato senza risultati per me soddisfacenti. Sono stato per anni molto appassionato di fotografia. Alla Scuola Grafica Athesia oltre alla stampa ho appreso le basi della fotografia di cui mi sono molto appassionato. Avendo poi con il mio lavoro, presso Mondadori, la possibilità di usufruire di una camera oscura, ho potuto affinare la mia conoscenza sperimentando e abbinando a vaschette di sviluppo e fissaggio la mia creatività.
Come nascono i soggetti dei tuoi quadri? Contemporaneamente alla pittura hai affrontato anche altre tecniche artistiche? Diciamo che io sperimento molto: materiali,
NEVE NUOVA, 2013, tecnica mista su cartoncino, 30x50 cm
I soggetti dei miei quadri nascono sulle pareti di roccia dove arrampico, sulla neve mentre faccio il maestro di sci o lo sci d’alpinismo, nel bosco mentre mi alleno correndo, nei torrenti e laghi dove faccio il bagno anche d’ inverno.
LA SCALA SOGNATA, 2014, tecnica mista e foglia d'oro su cartoncino, 70x100 cm
La natura che raffiguri deriva da una precisa esperienza personale o è pura invenzione?
Cerco di rielaborare quello che vedo e provo, mantenendo l’essenzialità di forme e colore. Se sono riconoscibile è soprattutto perché nei miei lavori di rado si vedono cieli azzurri, ma piuttosto cime tempestose tanta neve e ghiaccio e alberi. Mi piace che chi ha parlato di me spesso nelle mie opere abbia visto un mio autoritratto.
Tutto quello che si vede nelle mie tele è frutto della mia esperienza di anni passati immerso nella natura di montagna e le sue persone. Il bosco e la montagna sono stati e sono ancora la mia seconda casa. Nella mia mente piano piano il contatto e le esperienze giornaliere con la natura stanno creando una serie di strati, di sedimenti da dove posso attingere elementi per la realizzazione delle mie opere mentre sono nel mio studio senza bisogno di vedere.
Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Sei interessato a un messaggio nell’ opera?
Come definiresti il tuo stile? Quali sono le caratteristiche che ti rendono riconoscibile?
Penso di sì, lo capisco non dalle parole dette ma per il fatto che chi possiede delle mie tele o car-
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te torna a far visita al mio studio anche più volte all’anno portando con sé altre persone. Inoltre collezionisti, critici e appassionati, in tutti questi anni hanno parlato spesso di emozioni nel commentare le mie opere. In quello che faccio c’è un messaggio a chi molte volte con la neve o con la pioggia non riesce a godere dei paesaggi di bellezza unica fatti di nebbie, trasparenze, brine, dove ogni forma assume qualcosa di misterioso e magico che il sole magicamente fa sparire.
Come ti sembra il panorama dei pittori trentini oggi? Non abbiamo niente da invidiare a nessuno. Sono orgoglioso di questa appartenenza.
Segui la politica culturale trentina? Pensi che si possa fare di più e meglio per il settore artistico? Penso possa far riflettere molto che la rivista su cui sto scrivendo è il lavoro di un artista, grande appassionato di arte in generale. Promuovere gli artisti trentini dovrebbe essere lavoro e piacere per la politica insieme a musei, critici ecc. La buona digestione inizia dalla bocca: ognuno dovrebbe fare la sua parte promuovendo i propri artisti. A Cles, ad esempio, capoluogo delle Valli del Noce, se non fosse per la sensibilità dei vertici attuali e passati della Cassa Rurale di Tuenno, non ci sarebbe uno spazio (comunale) dove esporre. Da tempo si è deciso per una politica che rispecchi anche altri luoghi strategici molto importanti del Trentino, dove la gestione degli artisti locali è passata spesso in secondo piano privilegiando altro tipo di scelte. Lo so di entrare in un campo molto complesso dove gli interessi sono molteplici, ma altrettanto fiducioso che con un po’ di impegno si arrivi ad
CARDI CON NEVE, 2014, tecnica mista su cartoncino, 30x15 cm
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RIFLESSI, 2015, tecnica mista su cartoncino 70x100 cm
un’apertura che consenta di migliorare la staticità odierna, almeno per quanto riguarda la realtà di Cles e Palazzo Assessorile. In generale, nel frattempo non bisogna demordere, continuando a lavorare da ambedue le parti proponendo il meglio di sè stessi. Forse non sarà sufficiente, ma per l’artista è essenziale continuare a esporre in altrettanti palazzi storici di grande prestigio che promuovono e danno la possibilità di esporre a tanti artisti trentini. Per fare di meglio serve la sinergia tra le mostre dei nostri palazzi con quelli di altre regioni, mediante l’interesse reciproco di chi si occupa di politica dell’arte e l’impegno nella promozione costante di associazioni e artisti. Sono molto grato al professore di storia dell’arte, artista e critico Franco A. Lancetti per il la-
voro svolto a favore degli artisti trentini e non, e per la ricerca storica fatta a favore del nostro territorio.
Cosa manca al Trentino per essere più presente sul mercato esterno? Sicuramente gli interessi sono altri e non rivolti agli artisti del posto; a cominciare dai grandi musei, manca di conseguenza la sinergia necessaria tra artista e istituzioni, indispensabile per una buona promozione.
Cos’è la bellezza? È un valore che ricerchi o è
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di conseguenza faccio solo quello che mi piace, che mi emoziona, per puro gusto personale, con la consapevolezza di piacere agli estimatori del mio modo di fare arte e di pensare.
subordinato ad altri valori? Non la ricerco, mi sento immerso nella bellezza. La bellezza pura e cristallina è quella che non si può possedere.
E, per finire cos’è per te l’arte? Chi è l’artista? Per me l’arte è come un raponzolo delle rocce che, dopo ore di arrampicata sulle pareti delle Dolomiti di Brenta, ti si para davanti in tutta la sua maestosità e bellezza, incastonato a centinaia di metri di altezza.
Chi combatte giornalmente per essere sé stesso, che persevera per la sua strada senza condizionamenti e continua a ”studiare” per saperne sempre di più. Io non lo faccio per lavoro, mi interessa lo stretto necessario per mantenermi il "vizio" e per organizzare bene le mie mostre,
In basso: INCOGNITO, 2015, tecnica mista su cartoncino, 70x100 cm
A destra: CARDI, 2014, tecnica mista su cartoncino, 70x50 cm
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2007 “GRIGIOCHIARO“ Centro Direzionale Cassa Rurale di Tuenno Cles. A cura di Fiorernzo Degasperi e Franco A. Lancetti. 2010 “DOVE NASCE IL CIELO“ Casa de Gentili Comune di Sanzeno a cura di Fiorenzo Degasperi e Franco A. Lancetti. 2012 “SUBLIMAZIONI“ Palazzo Trentini Comune di Trento a cura di Fiorenzo Degasperi e Franco Lancetti. 2013 Osteria al Picchio Nero Comune di Cles. 2014 “IL LENTO BATTITI DEL BOSCO“ Grand Hotel Trento a cura di Nicoletta Tamanini. MAURO LARCHER Nato a Ruffrè. A sedici anni si trasferisce a Bolzano, frequenta la Scuola Grafica Athesia diventando grafico specializzato in stampa e fotografia. In seguito il suo lavoro di grafico presso Mondadori lo terrà sempre a stretto contatto con carta, colori e grafica in generale, tutto questo risulterà per certi versi utile anche per il suo modo di fare arte. Nato nella sua casa di Ruffrè, sin da piccolo vive la montagna vera imparando da subito a lavorare la legna, il fieno, lavorando nella stalla al caseificio. Poi la montagna diventerà la sua palestra di allenamento che da sempre frequenta sciando, correndo, arrampicando. Negli anni 80 diventa maestro di sci, niente di meglio per coniugare le sue due grandi passioni, infatti lab montagna e la neve saranno il tema ricorrente delle sue opere. Ha fatto parte del Gruppo ARS 95 fondato dal prof. Franco A. Lancetti, attualmente fa parte dell’Associazione FIDA di Trento e Bolzano. Ha esposto in molteplici mostre mostre personali e collettive.
COLLETTIVE. 1999 n due opere calendario Comune Cavareno. 1999 Mostra coll. ARS 95 Comune di Cagnò. 1999 Mostra coll. ARS 95 Comune di Romallo. 1999 Mostra coll. ARS 95 Coredo Il Santo e il Santuario. 2000 Opera per calendario Vigili del Fuoco di Cles Palazzo Assessorile. 2000 Mostra coll. ARS 95 Comune di Dimaro. 2000 Mostra coll. ARS 95 Palazzo Moremberg Comune di Sarnonico. 2000 Mostra coll. ARS 95 Ristorante Cornova Comune Romeno. 2000 Mostra coll. ARS 95 Banca Popolare del Trentino Cles. 2001 Mostra coll. ARS 95 Istituto di Istruzione di Cles. 2001 Mostra coll. ARS 95 Centro Direzionale Cassa Rurale Di Tuenno sede Cles. 2002 Mostra coll. ARS 95 Galleria Fedrizzi Cles. 2003 Mostra coll. ARS 95 Comune di Dimaro. 2003 Mostra coll. Comune di Mezzolombardo. 2004 Mostra coll. Comune di Malè. 2004 Mostra coll. ARS 95 Corte Inferiore Livo. 2004 Mostra coll. ARS 95 Centro Direzionale Cassa Rurale Tuenno sede Cles. 2004 Mostra coll. ARS 95 Galleria Fedrizzi e presentazione libro ”L’ arte nel Trentino dall’ 800 alla contemporanità” a cura di Lancetti e Fedrizzi, stampa a cura di Larcher, Mondadori Printing Cles. 2005 Mostra coll. ARS 95 alla Torraccia Comune di Terzolas. 2005 Mostra coll. Ars 95 Castel Caldes Comune di Dimaro. 2006 Mostra coll. ARS 95 Palazzo della Regione Comune di Trento.
PERSONALI 1999 Palazzo Lorenzoni Comune di Cles a cura di Franco A. Lancetti 2000 Alla sosta dell’Imperatore Folgarida Comune di Dimaro a cura di Franco A. Lancetti. 2001 Palazzo Lorenzoni Comune di Cles a cura di Franco A. Lancetti. 2002 Palazzo Lorenzoni Comune di Cles a cura di Franco A. Lancetti 2004 “MAGICA ACQUA…E VERDE“ Palazzo Assessorile Comune di Cles a cura di Franco A. Lancetti. 2005 “ORO PER GLI OCCHI INCONSAPEVOLE RICCHEZZA” Castel Caldes Comune di Caldes a cura di Lancetti.
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2006 Mostra coll. Spazio Event Art Casa Tani Comune di Rovereto. 2007Mostra coll. ARS 95 Galleria Fogolino Comune di Trento 2007Mostra coll. ARS 95 Palazzo Maffei Casa Campia Comune di Revò. 2008 Mostra coll. ARS 95 Galleria Civica Crafonara Comune Riva del Garda. 2008 Vincitore bando di concorso per opere pubbliche Località Santel Comune di Zambana. 2009 Partecipazione al Concorso “Mercoledi Lunare” Mezzolombardo, secondo classificato. 2010 Mostra coll. Sala della Tromba Comune di Trento. 2011 Mostra coll. Palazzo Thun Comune di Trento. 20012 Mostra coll. Sala della Tromba Comune di Trento. 2014 Mostra coll. “La Naunia" Palazzo Assessorile di Cles. 2014 Mostra coll. “Arte e Creato” a cura di Mauro Berlanda Bezzecca Comune di Ledro. 2014 Mostra Coll. FIDA “Castles in the air” Galleria Civica di Bolzano. 2014 Mostra coll. FIDA “Castles in the air”Castel Roncolo Comune di Bolzano. 2014 Semestrale dell’Associazione Forestale del Trentino ”DENDRONATURA” c/o MUSE Museo delle Scienze con in prima di copertina due opere. 2014 Coll. Artisti per passione Palazzo Aliprandini Laifenrthurn Comune di Livo. 2015 Biennale FIDA Palazzo Thun Torre Mirana Comune di Trento. 2015 Mostra coll. FIDA ”Miti e Leggende dell’Arco Alpino” Galleria Civica di Bolzano. 2015 Mostra coll. “Fuori dal Comune” Casa De Gentili Comune di Sanzeno. 2015 Coll. Artisti per passione Palazzo Aliprandini Laifenrthurn Comune di Livo. 2016 Mostra coll. FIDA, "DADA 100" Casa degli Artisti di Tenno. 2016 Mostra coll.FIDA “DADA 100” Galleria Civica di Bolzano 2016 Mostra coll. “La mela e suoi perché“ Castello San Michele di Ossanna. Via G. B Lampi 58- 38023 Cles (Trento) Tel.347/ 5842400, Email: mauro.larcher@yahoo.it www.maurolarcher.blogspot.com
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ART E' possibile sfogliare o scaricare tutti i numeri degli anni 2012-2013-2014-2015-2016-2017 della rivista icsART (ex FIDAart) dal sito icsART all'indirizzo:
www.icsart.it icsART N.6 2017 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio
PERIODICO della icsART N.6 - Giugno ANNO 2017
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MERCATO DELL’ARTE ? za violenta in cui l'artista vuole rappresentare gli elementi della città «uniti in una danza folle», hanno contribuito a portare l'inventore e teorico dell’Art Brut a livelli economici più conformi ai suoi meriti artistici e culturali. Dubuffet nasce nel 1901 in una famiglia borghese di commercianti di Le Havre, studia alla scuola d'arte e nel 1918 si reca a Parigi per frequentare l'Académie Julian, che lascia dopo sei mesi. In questo periodo incontra Raoul Dufy, Fernand Léger e Max Jacob, e rimane affascinato dal libro di Hans Prinzhorn sull'arte degli alienati. Nel '24, disilluso dalla pittura, ritorna a Le Havre all'attività di famiglia; riprende per poco la pittura a metà degli anni ‘30 per abbandonarla nuovamente e, solo nel 1942 decide di dedicarsi esclusivamente alla pittura. Dubuffet adotta un linguaggio innovativo personale con cui affronta gli argomenti di tutti i giorni: la sua serie "Metro" del 1943 esemplifica il suo interesse per la vita quotidiana che lo porta a rappresentare la gente nella metropolitana di Parigi con colori vivaci e pennellate grezze; lo stile del disegno è volutamente primitivo, influenzato dai disegni dei bambini e dai graffiti stradali. Nel 1944, la sua prima mostra personale a Parigi che lo porta ad allontanarsi dai filoni dell'arte ufficiale, scandalizza la critica ma il suo interesse è particolarmente focalizzato su un tipo di arte più spontanea, quella degli artisti emarginati e autodidatti. Una frase spiega bene il suo punto di vista: «Per me, la pazzia è super sanità mentale. Il normale è psicotico. Normale significa mancanza di fantasia, mancanza di creatività». La sua ricerca di una creatività "di-
JEAN DUBUFFET (1901-1985), PARIS POLKA, 1961, olio su tela, 192x183 cm, venduto da Christie's New York 2015 a $ 20.605.000 (€ 18.641.000). I due prezzi più alti all’asta di Dubuffet sono stati pagati per "Paris Polka" (vedi a pag. 28) e "Les Grandes Artéres" (vedi a pag. 31), entrambi del 1961, carichi di un'esuberan-
A sinistra: LE PIRATE, 1980, resina poliestere e vernice poliuretanica, 109x95x61 cm, venduto da Sotheby's New York 2015 a $ 1.090.000 (€ 1.003.800)
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JEAN DUBUFFET versa" lo porta a scoprire i lavori di tanti artisti malati di mente o con disabilità a cui dà il nome "Art Brut" (arte grezza) che definisce così: «L’Art Brut designa lavori effettuati da persone indenni da cultura artistica, nelle quali il mimetismo, contrariamente a ciò che avviene negli intellettuali, abbia poca o niente parte, in modo che i loro autori traggano tutto (argomenti, scelta dei materiali, messa in opera, mezzi di trasposizione, ritmo, modi di scritture, ecc.) dal loro profondo e non da stereotipi dell’arte classica o dell’arte di moda». Dubuffet raccoglie negli anni una straordinaria collezione di Art Brut composta da oltre 5.000 opere di 133 artisti che dona nel 1971 alla città di Losanna e che oggi costituisce la base di un museo unico al mondo, la "Collection de l'Art Brut Lausanne". Un'altra caratteristica importante di questo artista è di essere uno sperimentatore capace di sviluppare nuove tecniche mirate al suo linguaggio in cui ricerca l'indeterminatezza e la casualità. Nel 1945, emulando Jean Fautrier, inizia ad utilizzare quelle che lui chiama le "Pâtes
hautes" (paste alte), un impasto di catrame, asfalto, polvere di carbone, ciottoli, vetro e materiali vari. Il suo uso di materiali grezzi e l'ironia che caratterizza molte delle sue opere ottiene pesanti reazioni dalla critica che lo accusa di anarchia. Susccessivamente, adotta una tecnica tradizionale usata dagli stuccatori nelle "Texturologies", quadri materici monocromatici simili al suolo in cui copre la tela in strati di minuscole goccioline di colore combinati con materiali duri ed eterogenei. Infine, il ciclo degli "Hourloupes", iniziati in modo quasi casuale come scarabocchi fatti con la penna a sfera mentre è al telefono: un groviglio di linee fluide nere che formano una trama di cellule riempite con i colori primari a cui lavora per il resto della sua vita e che utilizza sia nelle sue prime sculture policrome dalle forme organiche (vedi a pag.20) che nelle monumentali installazioni e architetture abitabili. In basso: CITÉ FANTOCHE, 1963, olio su tela 165x219 cm, venduto da Christie's New York 2014 a $ 7.445.000 (€ 6.152.400)
IPERREALISMO POP Gli oggetti artificiali che ci circondano e con cui entriamo in contatto nel corso della nostra vita sono infiniti: dai più minuscoli come monetine, pillole, vestiti, strumenti e attrezzi, via via fino a manufatti sempre più grandi e complessi come automobili, case, viadotti ecc.. Alcuni di questi ci stanno vicini tutti i giorni perché fanno parte del nostra vita come quelli che popolano le case in cui abitiamo: sono oggetti che svolgono funzioni eminentemente pratiche, utili, poco appariscenti ed economici, rari o comunissimi, fanno parte del nostro panorama quotidiano al punto che non li notiamo più anche se ci capitano tra le mani molte volte al giorno. Alcuni di questi attrezzi domestici perdono quasi completamente ogni caratteristica estetica per essere sopraffatti dalla funzione che devono assolvere, ad esempio una grattugia (vedi in basso), uno spremiagrumi, una brocca, oppure uno scolapasta (vedi a destra) ecc. Non che siano cose prive di valenze estetiche,
tutt'altro, solo che l'abitudine tende a renderli invisibili, anonimi, privi di qualità a tal punto che - se decontestualizzati e riproposti in una modalità diversa - divengono irriconoscibili e sono esperiti come una nuova realtà. Questo fenomeno avviene perché la maggior parte di noi guarda ma non vede, e ciò che vede è strettamente legato all'interesse pratico e immediato. Il passaggio da una società povera e parsimoniosa in cui la “roba” era poca, trattata con attenzione e gettata solo quando inservibile, alla società consumistica dell’”usa e getta”, ha modificato radicalmente il nostro rapporto con gli oggetti e, indirettamente, con le persone. Questi concetti sono il tema delle monumentali tele iperrealiste (oltre sette metri di altezza) esposte da un gruppo di studenti della Hochschule für Gestaltung und Kunst FHNW a Basilea in cui sono raffigurati una serie di oggetti d’uso comuni presentati in una dimensione fuori scala, sulla falsariga inventata dalla pittu-
ARTE DOMESTICA
ra Pop negli anni ’60. In questo caso specifico i temi delle opere sono strumenti da cucina, quanto di più normale - ma non banale - si possa scegliere, eppure l'impatto artistico sembra più stimolante e coinvolgente di molte tele più pretenziose. Dei tanti modi in cui un artista può scegliere di “colpire” il pubblico, presentare oggetti di uso comune fuori scala è uno dei più frequenti, e nonostante ciò, uno dei più spiazzanti, immediati ed efficaci. Anche le immagini giganti esposte, infatti, sono in grado di scardinare il rapporto dell'osservatore con la figura rappresentata ri-
baltandone completamente i meccanismi percettivi sia perché permettono di focalizzare e apprezzare forme e dettagli apparentemente secondari, sia perché è possibile cogliere e comprendere il soggetto nel suo insieme solo stando a distanza. Allo stesso tempo, anche la tecnica dell'iperrealismo adottata per gli oggetti raffigurati, contribuisce ad alterare la sensazione di straniamento nell’osservatore poiché, solo da molto vicino, ci si può rendere conto come l'immagine gigante non sia un mero ingrandimento fotografico ma un vero dipinto abilmente eseguito a pennello e aerografo. 23
MINI REMASTERED LA MINI "REMASTERED" D.B.A. Buone notizie per chi ama il "vintage": in aprile è ritornata la Mini. O meglio, non proprio la Morris Mini Minor, ma la "Mini Remastered", ricostruita dalla "David Brown Automotive", una casa inglese produttrice di automobili in edizione limitata, dove “Remastered” sta per 'rimasterizzata', cioè ammodernata e migliorata nella qualità come si fa con il suono nelle sale di registrazione. L'idea è quella di riproporre una ‘city car’ consistente nel rifacimento artigianale del modello storico della Mini, rivisitato in una chiave che combini il design di un’auto iconica degli anni Sessanta con lo stile di una carrozzeria fatta a mano, tecnologie moderne e materiali di lusso. Vetturetta a due porte lunga 303 centimetri (6 cm più della Fiat 500) ma con una cilindrata di 848 c.c., nata nel 1959 per far fronte alla crisi energetica, la Morris Mini è una utilitaria inglese uscita dalla produzione nel 2000. Grazie al caratteristico motore disposto in posizione trasversale nel vano anteriore, alla trazione anteriore e al cambio montato sotto il motore, la vettura poteva ospitare quattro persone. Per contenere i costi di produzione, le cerniere delle porte e le saldature mascherate dai gocciolatoi erano state lasciate a vista. La macchina si affermerà lentamente, sia per via dell'originalità estetica che del particolare assetto di guida alla "camionista" causato da un volante quasi verticale che obbliga il pilota alto a sedere con le gambe divaricate, diventando progressivamente un successo commerciale durato 40 anni. Ogni ”Remastered” è costruita a mano da zero utilizzando nuovi pannelli della carrozzeria per creare superfici lisce e precise con linee chiuse perfette, la forma esterna è stata perfezionata, 24
STORIA DELL’ARTE la sagoma ammorbidita visivamente e ripulita. Nuove travi strutturali su misura e razze di sostegno sono state aggiunte per aumentare la rigidità e la sicurezza. Infine, tutte le vettura sono sottoposte a un completo processo di insonorizzazione interna e dotata della moderna tecnologia elettronica delle macchine di lusso. I colori sono ottenuti mediante un processo di verniciatura di quattro settimane applicato ad ogni macchina per dare una finitura impeccabile. Il cliente può personalizzare la propria vettura scegliendo nell’ampia gamma di variabili standard che la casa mette a sua disposizione: 13 deliziose tinte pastello stile anni sessanta, 11 normali più 2 metallizzate più l'opzione del tetto bianco o nero, sette diverse tipologie di cerchione e sei diversi colori degli interni in pelle. In ogni caso, esiste la possibilità di sviluppare ulteriori modifiche personalizzate. La David Brown costruisce anche i motori installati: Mini Classic 1275 c.c di cilindrata e potenza aumentata fino al 50% rispetto al propulsore originale, abbinati a un cambio a quattro marce con sospensioni e freni adattati alle prestazioni più spinte. In conclusione, un'idea simpatica che fa leva sul tipico anticonformismo e snobismo di un popolo come quello inglese il quale ama conservare le tradizioni e, quindi, anche le vecchie macchine, meglio ancora se spartane e scomode in modo da favorire l'"understatement", il caratteristico atteggiamento privo di enfasi e di retorica britannico. Unica nota dolente per gli amanti del modello: la “Mini Remastered” sarà riservata a una clientela molto abbiente, l’unica che potrà permettersi di sborsare per la minuscola automobile una cifra che partirà da un minimo di 50.000 sterline (58mila euro) in su. Noblesse oblige.
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Giugno 2017, Anno 6 - N.6
News dal mondo JEAN DUBUFFET
Paris Polka, 1961
pag. 28
JEAN DUBUFFET
Visiteur au chapeau bleu, 1955
pag. 29
JEAN DUBUFFET
Être et paraître, 1963
pag. 30
JEAN DUBUFFET
Les Grandes Artéres, 1961
pag. 31
Tête de Pierre, 2017
pag. 32
Omaggio a JEAN DUBUFFET
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JEAN DUBUFFET, Paris Polka, 1961, olio su tela, 192x183 cm venduto da Christie's New York 2015 a $ 20.605.000 (€ 18.641.000)
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JEAN DUBUFFET, Visiteur au chapeau bleu, 1955, olio su tela 115x89 cm, venduto da Christie's London 2016 a $ 6.141.400 (GBP 4.813.000)
JEAN DUBUFFET, (Essere e apparire), 1963, olio su tela, 150x195 cm, venduto da Christie's London 2017 a $ 12.245.600 (GBP 10.021.000)
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JEAN DUBUFFET, Les Grandes Artéres, 1961, olio su tela 114x146 cm, venduto da Christie's New York 2016 a $ 23.767.500 (€ .600)
PAOLO TOMIO, Omaggio a JEAN DUBUFFET TÊTE DE PIERRE, 2017 Fotocolor art su carta, 30x21 cm
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