PERIODICO della icsART N.1 - Gennaio ANNO 2018
icsART
In copertina: RENATO REIGL, MIMETISMO, 2011, tecnica mista su compensato, 80x80 cm
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icsART
sommario
Gennaio 2018, Anno 7 - N.1
Editoriale
In memoria del Che
pag. 4
Politiche culturali
L'ossessione orale
pag. 5
Intervista ad un artista
Renato Reigl
pag. 6-19
Mercato dell’arte?
Yayoi Kusama
pag. 20-21
I colori della terra
Alfabeti materici
pag. 22-23
Storia dell’arte
Swatch Mania - parte 2°
pag. 24-25
News dal mondo YAYOI KUSAMA
White No.28, 1960
pag. 28
YAYOI KUSAMA
Untitled, 1972
pag. 29
YAYOI KUSAMA
Shirley Maclaine, 1970
pag. 30
YAYOI KUSAMA
No.Red B, 1960
pag. 31
La percezione Illusoria, 2017
pag. 32
Omaggio a YAYOI KUSAMA
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EDITORIALE
Sopra: PAOLO TOMIO, In memoria del "Che" 2017, acrilico su tela, 60x135 cm
IN MEMORIA DEL "CHE" Quest'anno pochi hanno ricordato che ricorreva il centenario della nascita del comunismo ma, ancora meno hanno ricordato i 50 anni trascorsi dalla tragica morte avvenuta il 9 ottobre 1967, a 39 anni, del più noto rivoluzionario del '900: Ernesto Guevara, più noto come "el Che". Eppure, era diventato l'emblema dell'eroe del suo tempo riuscendo a entusiasmare i giovani di tutto il mondo con il suo coraggio e il suo sogno di lottare contro tutte le ingiustizie. Medico, intellettuale, guerrigliero, politico, aveva raggiunto la notorietà per aver partecipato, lui argentino, alla rivoluzione cubana a fianco di Fidel Castro. Profondo conoscitore della situazione di povertà, fame, analfabetismo sofferta dalle popolazioni dei paesi sudamericani depredati da oligarchie corrotte, è morto nel tentativo generoso, utopistico, romantico e disperato, destinato a infrangersi contro la dura realtà, di esportare la rivoluzione di popolo per cambiare le condizioni degli ultimi. Preso prigioniero nella giungla boliviana da reparti militari guidati da agenti della CIA, è stato assassinato a sangue freddo, il cadavere fotografato con gli occhi aperti e quindi sotterrato in un luogo segreto
dopo avergli amputato le mani per renderlo irriconoscibile. Dopo la morte del "Che", l'Ordine è stato imposto nell'America centrale e meridionale con ogni mezzo: colpi di stato militari, dittature, squadroni della morte, torture e uccisioni dei dissidenti. Chi osava protestare scompariva per sempre: negli anni '70 in Argentina migliaia i 'desaparecidos', civili arrestati, narcotizzati e gettati di notte in mare dall'aereo ancora vivi; nel 1973 dopo il golpe militare in Cile contro il presidente Allende, centinaia di migliaia di suoi sostenitori torturati e ammazzati dall'esercito regolare; nel 1980 l'arcivescovo di San Salvador, Óscar Romero, ucciso da un sicario durante la messa ecc. La storia di quel continente è stata, e in parte lo è ancora, una realtà di sfruttamento, violenza, governi di rapine perpetrate con la connivenza delle multinazionali che controllano le sue materie prime. Tutto questo spiega perché nelle case della povera gente, a fianco delle immagini sacre e pagane, sia esposta ancora oggi, a distanza di 50 anni dalla sua morte, anche l'immagine del "Che". 4
POLITICA CULTURALE L'OSSESSIONE ORALE E' possibile che in un paese (abbastanza) normale, culturalmente (abbastanza) sviluppato - tutti i giorni, a tutte le ore, su tutti i canali televisivi - non ci siano altro che trasmissioni di gastronomia condotte da improbabili chef stellati, novelli "maître à penser" di una società in crisi economica da dieci anni oltre che sempre più priva di qualsiasi valore che non siano l'apparenza e le funzioni corporali? Gente di tutte le classi, età, sesso, etnia, cultura e quoziente d'intelligenza, rompono gli zebedei quotidianamente discettando di cotture, sughi, impiattamenti, decanter, creme, vellutate, cottura a caldo, a freddo, sottovuoto, in azoto, e chi più ne ha più ne metta, come se alla società italiana non rimanesse altro a cui pensare che all'ultimo pasto. D'accordo, siamo italiani, ci piace mangiare e siamo degli "artisti in cucina", ma da quello a sviscerare in lungo e largo ogni tipo di pietanza super raffinata che la maggior parte degli spettatori-consumatori non ha mai avuto il piacere di vedere, e men che meno di assaggiare, crea il legittimo sospetto che sia in atto un "sistema di distrazione di massa", una forma di lavaggio dei cervelli finalizzato a far dimenticare realtà più spiacevoli come, ad esempio, i 18 milioni di italiani a rischio povertà o esclusione sociale, il 30% della popolazione residente (Dati Istat relativi all'anno 2016, appena pubblicati). Se tutti mangiano, bevono e ridono, allora è solo colpa tua se non partecipi alla festa!
E' vero che questi anni di crisi hanno costretto gli italiani a tirare cinghia e a rifugiarsi in sogni più prosaici e raggiungibili, ma è proprio questo il paradosso: chi ha i soldi non mangia perché deve stare a dieta, mentre chi vorrebbe mangiare, sta a dieta perché è sempre pù povero. Sempre attenta alle mode e ai trend anche l'arte si è buttata su questo filone proponendo un nuovo approccio all'estetica del cibo, il cosiddetto "food design", (esiste anche una facoltà universitaria da qualche parte), basato sullo studio di forme inusitate e spesso demenziali. In passato ci si stupiva degli spettacolari banchetti del cafone arricchito Trimalcione, composti da decine di portate pantagrueliche, ma l'odierna continua proposta di migliaia di pietanze elaborate alla stregua di gioielli, crea un'altrettanta nausea da oscena sovrabbondanza. C'è qualcosa di decadente, di inquietante, in questa orgia di cibo che ricorda la fine dell'impero romano. Un clima da "La grande abbuffata", il film di Marco Ferreri, in cui i quattro protagonisti, stanchi e annoiati della vita, decidono di suicidarsi mangiando fino alla morte.
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Intervista a RENATO REIGL Nel 2010, ero rimasto colpito a una mostra di Renato Reigl, che allora non conoscevo, da un suo quadro, "Ricordo due Glenda" (vedi a pag.14), un autoritratto con un delizioso cagnetto rosso allegramente posato sulla spalla del suo padrone. Mi era piaciuto perché aver raffigurato il suo cane (in realtà, un Basset hound!) denotava una sensibilità e una creatività libere da schemi. Ancora più forte appariva il contrasto con il resto del dipinto, tutto giocato sui toni grigi e neri e la figura dell'autore eseguita in modo primitivo con un impasto rude, materico, che ricordava l'Art brut di Dubuffet. Ho avuto la conferma dell'impressione provata la prima volta vedendo altri suoi lavori, in particolare gli autoritratti in cui il segno incerto e indistinto racconta un mondo visto attraverso una personalità complessa e combattuta, quasi un non voler vedersi con chiarezza oppure, viceversa, di vedersi esattamente così. Anche se Reigl non è digiuno di arte, la sua caratteristica precipua sta proprio nel cercare solo in sé stesso le ragioni, i soggetti e i modi della sua arte senza sottostare a convenzioni. Renato è un pittore che ha lavorato moltissimo nel chiuso del suo studio-avvolto ma, coerentemente con il carattere schivo e laconico, ha fatto poco per farsi conoscere. Eppure, la sua pittura essenziale, diretta, rude, possiede una forza spesso altamente drammatica che mette a nudo una vena poetica sobria e intimista che dialoga con un apparente pessimismo di fondo. I suoi dipinti non sono certo facili, tutt'altro: sono spesso duri, inquietanti perché comunicano una fatica di vivere ma anche una dolcezza triste dovuta a una sensibilità esasperata, forse legata al proprio vissuto. Ma è proprio da questo sforzo nel cercare di esprimere i propri sentimenti che, come avviene nei veri artisti, come una catarsi, si manifesta nella sua pittura il suo vero Io. Paolo Tomio A sinistra: NONNA CON LA BAMBOLA DI PEZZA , 2000, tecnica mista su compensato, 90x80 cm
In basso: BAMBINA SARAJEVO, 1993, tecnica mista su compensato, 80x70 cm, particolare
Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura? Fin da bambino ammiravo i pittori e chi faceva arte, forse perché ero completamente negato per il disegno. A vent’anni per arredare casa mia comprai colori a tempera e un album da disegno: volevo avere qualche dipinto da appendere alle pareti.
Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato agli inizi? AUTORITRATTO NEL ROSSO, 2011, tecnica mista su compensato, 90x80 cm
Sono stato influenzato da tutti. Per imparare ho rubato qualcosa da tutti. Visitavo le chiese per osservare i dipinti. A Riva del Garda poi ho conosciuto Luigi Pizzini e Giacomo Vittone: mostravo loro quello che facevo e chiedevo consiglio. A metà degli anni Sessanta l’incontro con l’arte contemporanea: alle terme di Peio visitai una mostra di una galleria di Milano che esponeva pittori lombardi. Così vidi per la prima volta Ennio Morlotti, Bruno Cassinari, Umberto Lilloni, Roberto Crippa, Fiorenzo Tomea… Ma il quadro che più mi colpì profondamente e che andai a rivedere molte volte fu quello di Fontana: due tagli in una tela verde.
CRISTO BLU, 1995, tecnica mista su compensato 90x80 cm
Prima di trovare il tuo linguaggio figurativo, hai avuto anche un periodo gestuale?
Naturalmente erano quadri astratti…
Da sempre ho cercato un mio modo particolare di praticare la gestualità, l’immediatezza della creazione. Dopo sei mesi passati a copiare cartoline ero alla ricerca di altro. Così presi colla, farina gialla, terre in polvere, cenere, olio. Impastavo tutto sulla tela con le mani senza pensarci: alla fine qualcosa succedeva e ne ero soddisfatto…
Hai affrontato anche esperienze astratte? Dipingevo tanto, provavo e riprovavo e tutti i giorni cambiavo tecnica e stile. Per alcuni mesi dipingevo in modo figurativo poi in modo astratto: quello che mi piaceva in un certo momento lo facevo… 9
Nel corso della tua carriera hai attraversato periodi espressivi diversi? All’inizio dipingevo per mio esclusivo piacere sperimentando ogni tecnica e ogni materiale senza fissarmi su modi espressivi particolari…
Qual è la tecnica artistica che utilizzi principalmente nella tua attività? Uso sempre l’olio per la pittura. è la tecnica più gentile ed indulgente che permette ripensaBAMBINA SARAJEVO, 1993, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
menti, ulteriori elaborazioni e che, inoltre, ha corpo: il corpo stesso della pittura, come avrebbe detto Valery.
Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Ho sempre tenuto come punti di riferimento le correnti artistiche dell’Europa settentrionale, in particolare l’espressionismo tedesco. Comunque, per farmi capire, preferisco Egon Schiele a Gustav Klimt… Mi riconosco e sono riconoscibile per l’intensità anche brutale che intende
RAGAZZO DEL 99, 2007, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
scuotere e far riflettere…
gonisti ne voglio nominare alcuni per me importanti: Jean Fautrier, Chaim Soutine, Jean Dubuffet, William Congdon, Willem de Kooning; tra gli italiani: Giorgio Morandi, Lucio Fontana e Alberto Burri.
Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea? Ho notato che c’è un’interessante ricerca della semplicità e della essenzialità, una tendenza alla rarefazione del segno e del colore sia nelle correnti figurative che in quelle astratte. Preferisco però guardare e studiare i grandi artisti del Novecento. In quel secolo c’è stata nell’arte una grande rivoluzione, forse irripetibile. Tra tutti i prota-
Nelle tue opere predominano il colore e la materia. Cosa rappresentano per te? Fin da quando ho cominciato a dipingere ho sentito il bisogno di impastare il colore cer-
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cando di farlo diventare materia palpabile. Ho sempre lavorato in questo modo, con le mani, lasciando da parte i pennelli, usando tutto quello che capitava o che mi interessava inserire: legni, chiodi, carta, sabbia…
mente nella tua attività? Come ho già spiegato utilizzo le tecniche più varie: tempera, olio, acrilici, collage, assemblaggi, ecc… Tutto quello che può far vedere qualcosa in modo forte mi va bene: gioco come i bambini.
Qual è la tecnica artistica che utilizzi principalARRIVÒ UNA BARCA COME SE FOSSE L’ACQUA STESSA A PORTARLA, 2008, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
Quando e perché hai cominciato ad usare il fondo nero?
PAESAGGIO FREDDO, 2009, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
Quando ho abbandonato il disegno preparatorio, creando direttamente le figure con libera gestualità per poter così sfruttare il nero del fondo come segno. Metto anche l'olio di lino per lavorare sulla reazione di repulsione tra l'olio e i colori all'acqua.
le sculture di Picasso costruite con oggetti “trovati” come “La capra” o “La testa di toro”…
Nel corso della tua carriera, hai conosciuto molti artisti locali o nazionali? Hai anche affrontato anche altre tecniche artistiche: incisione, scultura ecc.?
Ho conosciuto e frequentato diversi pittori e scultori che hanno contribuito alla mia formazione artistica, come Pizzini e Vittone. Ne ho incontrati molti altri ai concorsi e alle
Ho provato a scolpire assemblando vecchi legni, pietre e sassi semilavorati. I miei modelli erano
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RICORDO DUE GLENDA, 2009, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
tografia, rifletto sui colori e sui tempi di esecuzione. Quando inizio uso la tela o altri supporti come una tavolozza e quindi mescolo su di essa direttamente i colori.
mostre. Ricordo soprattutto i miei amici artisti di Arco, Franco Chiarani e Bepi Leoni, ai quali devo molto.
Ritieni di rappresentare nelle tue tele significati, emozioni?
Quando inizi un nuovo dipinto hai giĂ in mente un tema, un soggetto o ti muovi senza vincoli predeterminati?
In tutte le mie opere ci sono forti emozioni e significati, specialmente quando dipingevo i “testoni� come li ho chiamati, grandi teste e volti che riempivano l'intero spazio del quadro. Li ho
Penso sempre prima a quello che voglio fare, mi fisso l'immagine in testa come fosse una fo-
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DOMANI ARRIVERA' IL CACCIATORE GRACCO CHE È MORTO RICEVILO IN NOME DELLA CITTA', 2008 tecnica mista su compensato, 80x70 cm
dipinti con espressioni di paura, di dolore e rassegnazione. Mi colpiva molto la barbarie umana, la deportazione nei lager e lo sterminio, sentivo l'orrore delle guerre, anche quelle più recenti come quella esplosa nella ex Jugoslavia. Raffiguravo con tanta emozione un'umanità di vittime sofferenti e mi sentivo vicino a loro.
Ci sono parecchi bravi artisti, nelle mostre che ho visto ho notato delle opere interessanti, soprattutto di giovani donne.
Segui la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più o meglio per il settore artistico?
Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?
Mi aspettavo di più dalle istituzioni pubbliche: dovrebbero aprire gli spazi esistenti per dare
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visibilità all'arte trentina che c'è e vale molto. Però con un filtro, attraverso la selezione di artisti validi basata esclusivamente su di un giudizio di valore artistico, senza ingerenze o influenze mercantili... Bisogna avere il coraggio di selezionare e dire di no...
Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori? Non ricerco il bello, piuttosto cerco ciò che produce emozioni. La bellezza c'è anche in un sasso, se possiede una forma che invita a guardarlo più volte. La stessa cosa succede a un dipinto se ci colpisce e ci trattiene a guardarlo... In questo senso la bellezza può colpire cento persone o una sola: il suo valore è permanente.
ANNI FA PRECIPITAI DA UNA RUPE NELLA SELVA 2008, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
Chi è l’artista? A destra: BAMBINA, 2007, tecnica mista su compensato, 80x70 cm
Per me l'arte è raffigurazione e testimonianza di eventi e drammi della condizione umana. Certi drammi mi colpiscono talmente da sentire il bisogno di rappresentarli con la mia arte con l'intento di trasmettere quello che io provo, per far pensare e meditare chi guarda i miei dipinti.
NASCE FORSE UN FIUME QUASSU', 2010, tecnica mista su compensato, 90x80 cm
E, per finire, cosa è per te l’arte? Ripeto: l'artista è un testimone che raffigura fatti ed eventi mettendo il dito nella piaga. Naturalmente deve farlo in modo personale e nuovo. Non è un artigiano la cui bravura sta nel costruire cose perfette e funzionali, ma tutte eguali. L'arte deve andare oltre la normale visione delle cose, essere “avanti”, cioè inattuale: la sua bellezza, forza e importanza saranno comunque avvertite anche dopo molti anni.
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ancor di più verso l'essenzialità e l'incisività il suo già duro e scarno segno pittorico; la materia si è rarefatta, prevalgono le tonalità del grigio e del bianco creando un'aura fantasmatica e spettrale. Principali esposizioni: 1989, 3a Rassegna d'Arte a scopo pedagogico presso la scuola media "P. Monti" di Arco; 1989, Collettiva "Gruppo amici dell'arte", Galleria d'Arte "Città di Riva", Riva del Garda; 1989, Biennale d'arte Tione, 1° premio ex aequo; 1990, "Premio Giovanni Segantini" di Arco, 1° premio; 1990, Collettiva a Madonna di Campiglio; 1990, "L'uomo, l'albero, il fiume", Rassegna di pittura e scultura Castel Ivano, Ivano Fracena; 1992, Collettiva "Omaggio a Cirillo Grott", Guardia di Folgaria; 1992, Collettiva "10 artisti dell' Alto Garda", Galleria "Città di Riva", Riva del Garda; 1992, Collettiva “Il carabiniere nell’arte”, Auditorium del Conservatorio di Riva del Garda; 1993, Collettiva "11 artisti dell' Alto Garda", Arco; 1994, "Premio Giovanni Segantini" di Arco, 1° premio; 1995, Personale presso la "Galleria Alto Garda" di Arco dal titolo "L'uomo al muro"; 1996, Biennale di Volano, 4° premio; 1997, "Colore trentino", Isera, 3° premio; 1997, Premio di pittura "Giovanni Segantini" di Arco, 3° premio; 2000, Personale "Lager e dintorni", Sala Maier, Pergine; 2004, Collettiva pittori del Perginese “Infanzia”, Sala Maier, Pergine; 2002-2003, Esposizione presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento; 2005, Personale dal titolo "Köpfe" alla Biblioteca comunale di Civezzano; 2008, Mostra collettiva “Il mondo in frantumi. Un secolo di guerre”, Biblioteca comunale di Civezzano – Rovereto; 2010, Mostra collettiva “7 pittori in mostra”, Sala Maier, Pergine; 2010, Mostra collettiva “Renart. Artisti per la donazione”, Sala Thun, Trento. Ha partecipato alle edizioni 2006 (“Notte”), 2008 (“Viaggio”), 2012 (“Imagina”) della “Biennale Perginese di pittura”. Nell’edizione del 2008 Renato Reigl ha affrontato in cinque opere un compito davvero impegnativo: interpretare uno straordinario racconto incompiuto, Il cacciatore Gracco, ambientato a Riva del Garda, scritto tra il 1916 e il 1917 da Franz Kafka, il più grande scrittore di tutto il Novecento. Nel 2016 ha donato alla Biblioteca comunale di Civezzano 20 dipinti che saranno collocati nelle sale della biblioteca e negli uffici comunali.
RENATO REIGL E' nato a Riva del Garda e vive e lavora da molti anni a Torchio di Civezzano (TN). Dal 1989 ha esposto le sue opere in numerose mostre personali e collettive ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Per vivere ha svolto diversi lavori (operaio, ambulante); attirato fin dall’adolescenza dal mondo dell’arte e in particolare della pittura, non ha frequentato scuole o corsi specifici formandosi da solo nelle tecniche artistiche. La sua curiosità per la pittura del Novecento lo ha spinto a guardare e osservare in profondità tantissime riproduzioni delle opere dei grandi artisti nei testi d’arte illustrati in modo da capire e carpire i modi di esecuzione più segreti. Durezza della materia e ricerca dell'anima: così si può riassumere il lavoro pittorico di Renato Reigl. I suoi quadri si caratterizzano per un impasto denso, pieno di grumi, scavato, graffiato e composto di diversi elementi materici: terre, sabbie, colle. Reigl "anima" la materia e rappresenta allo stesso tempo nelle sue opere l'uomo come creatura sprofondata in un cosmo desolato e rovinoso: la distruzione e la frantumazione del mondo e dell'uomo incontrano così l'informe espressionistico di tanta arte del Novecento. Negli ultimi suoi lavori Reigl ha spinto
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ART E' possibile sfogliare o scaricare tutti i numeri degli anni 2012-2013-2014-2015-2016-2017-2018 della rivista icsART (ex FIDAart) dal sito icsART all'indirizzo:
www.icsart.it icsART N.1 2018 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio
PERIODICO della icsART N.12 - Dicembre ANNO 2017
icsART
In alto: RENATO REIGL SENZA TITOLO, 2011, tecnica mista su compensato, particolare 90x80 cm 19
MERCATO DELL’ARTE ? fine a "pois" come una Alice nel Paese delle Meraviglie (vedi in basso), è l'ottantottenne giapponese Yayoi Kusama, un'artista che a partire dagli anni '60 ad oggi, ha prodotto una mole sorprendente di dipinti, sculture, happenings, installazioni, film, collezioni di abbigliamento e accessori, romanzi, illustrazioni, poesie ecc. La sua storia personale è particolarmente dolorosa e interessante perché strettamente intrecciata alla sua arte: "Il mio lavoro è un'espressione della mia vita, in particolare della mia malattia mentale." Fin dall'età di dieci anni, soffre di disturbi della personalità, allucinazioni visive e uditive che ha imparato a controllare disegnandole su carta. Responsabile della sue ansie ossessive anche una situazione familiare in cui è tormentata fisicamente ed emotivamente dalla madre che la obbliga a spiare le avventure sessuali del padre donnaiolo, esperienze che le creano un'avversione permanente verso il sesso e il corpo maschile. A 13 anni è mandata a cucire paracaduti in una fabbrica militare dove rimane per tutta la durata della 2° guerra mondiale. La pittura diventa un meccanismo di sopravvivenza essenziale, l'unico strumento che le fornisce conforto e controllo sulle nevrosi che la tormentano, così segue gli studi di pittura alla scuola d'arte dove deve imparare solo lo stile tradizionale giapponese. Nel 1958, all'età di 28 anni, decide di partire da sola e con poco denaro per New York dove inizia a lavorare su quella che sarebbe diventata la sua serie più rinomata, le "Infinity Net" (le reti infinite), e grazie all'enorme ambizione e forza di volontà, riesce dopo qualche anno a organizzare la sua prima mostra personale e a farsi rappresentare da importanti gallerie. Nel prolifico decennio in cui vive nella metropoli Kusama produce lavori significativamente diversi nell'e-
YAYOI KUSAMA (1929), White No.28, 1960, olio su tela, 148x111 cm, venduto da Sotheby's New York 2014 a $ 7.109.000 (€ 5.874.700) vedi a pag. 28. Con questa opera Kusama è diventata l'artista donna vivente più quotata al mondo. L'incredibile personaggio dalla parrucca e labbra rosso fuoco immersa in uno spazio senza
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YAYOI KUSAMA stetica e nei soggetti cambiando radicalmente il suo stile lirico iniziale: tele e oggetti decorati da reti composte da miriadi di particelle che si allargano all'infinito, anche negli spazi circostanti e persino sul corpo dell'artista. Le sue "nets" (reti), ma soprattutto i suoi "dots" (pois) senza fine all'apparenza composizioni colorate e allegre, in realtà, nascono dal suo bisogno di comunicare il senso di interconnessione tra l’uomo e l’infinito e il suo percepirsi come parte del tutto poiché in Kusama qualsiasi separazione tra arte e vita è cancellata. Unica donna, partecipa alla scena artistica assieme a Oldenburg, Warhol, Newman, Rothko, Judd, Flavin, con le sue "soft sculptures" interamente coperte da falli riprodotti in materiale morbido: «L’ossessione per il sesso e la paura del sesso convivono dentro di me». Le preoccupazioni dell'artista per la fama si manifestano in una auto-pubblicità esasperata e in una mentalità ambiziosa e al tempo stesso maniacale, tanto che per lei i critici coniano il termine «obsessional artist». Verso la fine degli anni '60, con l'avvento del movimento hippie, diventa famosa per i suoi happening e le manifestazioni di donne e uomini nudi a favore della liberazione sessuale o proteste contro la guerra del Vietnam. Nel 1970, tornata negli USA da un viaggio in Giappone dove la stampa l'ha descritta come una "donna facile e senza pudore", dipinge la ‘caged series' (serie in gabbia), in cui i quadri con i ritratti di persone celebri come la Monroe, Elizabeth Taylor e Shirley MacLaine, che Kusama definisce "bad girls", sono "imprigionati" da una rete metallica (vedi a pag. 30). Nel 1973, date le difficili condizioni mentali, ritorna definitivamente in Giappone e, a partire dal 1977, vive in una clinica psichiatrica recandosi giornalmente nel suo studio dove continua
Net-No.2 Yellow, 1960, olio su fibra di legno 96,5x71 cm, venduto da Sotheby's Hong Kong 2017 a 25.300.000 HKD (€ .000)
a lavorare, infaticabilmente e compulsivamente. Scrive romanzi, racconti e poesie e continua dipingere ma è praticamente dimenticata come artista fino alla fine degli anni '80 e '90. E' riscoperta nel 1993 dopo il successo del padiglione giapponese alla Biennale di Venezia e per lei inizia una nuova stagione con mostre in grandi musei internazionali e sue opere battute in asta a prezzi milionari. Nel 2006 diventa la prima donna giapponese a ricevere il Praemium Imperiale e nel 2012 crea con Louis Vuitton una linea di moda tutta a pois coloratissimi 21
I COLORI DELLA TERRA La nascita del colore risale alla notte dei tempi quando all'età della pietra un nostro antenato scopre le proprietà di alcune materie naturali di lasciare la loro "impronta" su ciò con cui entrano in contatto. Il primo uso del colore fatto dall'uomo è stato, probabilmente, quello di dipingere sé stesso, all'inizio per scopi pratici e solo dopo come forma di espressione autonoma dotata di significati estetici e simbolici precisi. I colori di cui disponeva erano sostanzialmente tre: il nero del carbone, il bianco del gesso e dell'argilla, il rosso della terra di ocra. Quest'ultimo accompagna i primi passi della civiltà ed è il colore del sangue e della madre terra, il bianco è il colore dello spirito, più carico di significati e usato nei riti tribali, mentre il nero è il colore del male e associato alla morte. Una simbologia cromatica sopravvissuta inalterata fino a noi. La pittura corporea è stata la prima pratica cui gli uomini si sono dedicati per impiegare i colori, che solo più tardi sono stati utilizzati per realizzare pitture parietali come i dipinti nelle grotte di Altamira risalenti a 30.000 anni fa. L'invenzione dei colori è stata
una delle conquiste più importanti dell'umanità poiché ci sono volute decine di migliaia di anni affinché si arrivasse all'uso abituale che noi conosciamo. I pigmenti usati nell'antichità erano sempre naturali in quanto ricavati direttamente dal mondo animale, vegetale e minerale. Quelli di origine animale come il porpora era ricavato da un mollusco marino noto ai fenici già 5000 anni fa. I colori vegetali si trovano estraendo le sostanze coloranti da alcune parti delle piante: dalle noci, dallo zafferano, dai noccioli di pesca, dall'erba, dalle bacche, dalle radici, dai fiori o dai frutti ecc.. I colori minerali naturali, infine, si ricavavano dalla macinazione di terre, ocra e bitumi già pronti mentre quelli artificiali provengono da metalli, ad esempio ferro, piombo, rame, mercurio, trattati con procedimenti chimici per trasformarli in biacca bianca, litargirio giallo, rosso minio, blu egiziano, verderame. E' da queste considerazioni generali sull'importanza storica e sul valore simbolico dei primi colori che ha preso spunto la mostra "I colori della terra" dell'artista libanese, Habib Khalife, rappresentante di un astrattismo geometrico
ALFABETO MATERICO
che si rifà a tutta la millenaria tradizione artistica mediorientale e che ha voluto ripercorrere a ritroso la storia e ritornare alle origini del colore per comprenderne l'essenza e raggiungere così una nuova sensibilità liberata dalle sovrastrutture culturali e artistiche moderne. Khalife ha cercato di coniugare un uso inconsueto e innovativo di pigmenti colorati prodotti direttamente da lui stesso ricavandoli da elementi naturali mediante metodi imparati dai vecchi artigiani locali, con l'uso di pochi elementi geometrici elementari, seriali e ripetitivi, per creare un alfabeto con cui articolare un proprio linguaggio primordiale. Le installazioni-sculture minimaliste che crea sono il risultato di tre elementi strutturali: quello cromatico, quello compositivo e quello materico coordinati tra loro per stimolare nell'osservatore la presa di coscienza del valore intrinseco della materia lasciata allo stato grezzo, quasi primordiale.
Per realizzare il repertorio delle sue figure geometriche di base, l'artista utilizza degli stampi-casseforme in vetroresina di varie fogge e dimensioni entro cui getta un agglomerato in pasta di sua invenzione. I colori minerali, i più utilizzati anticamente per le loro caratteristiche di maggiore stabilità fisica e chimica, macinati fino ad ottenere una polvere finissima, vengono mescolati con argilla bianca alleggerita e un legante a presa rapida che permette di ottenere delle sculture dure e dalla superficie scabra. Questo metodo artigianale di produzione seriale consente a Khalife di ottenere una gamma pressoché infinita di moduli base dotati di forme dalle dimensioni variabili e caratteristiche cromatiche e materiche delle terre liberamente assemblabili attraverso l'accostamento o la giustapposizione. Le unità così ottenute possono essere articolate in sequenze logico-formali che l'artista definisce "alfabeti materici". 23
SWATCH MANIA - parte 2 Nel 1983, l'arrivo dello Swatch, il rivoluzionario orologio svizzero di plastica venduto a prezzi accessibili, ha trasformato il mercato del settore. Da allora, il marchio ha continuato a svilupparsi, introducendo sempre nuovi materiali in plastica, acciaio inossidabile, alluminio, tessuti sintetici, gomma, silicone e diversificando la produzione con i modelli subacquei o con la cassa in metallo. Anche il cinturino è stato oggetto dei vari progettisti, chi ricoprendolo senza interruzione con la decorazione della cassa, chi lasciandolo in tinta unita per meglio coordinarsi cromaticamente con l'insieme, chi, infine, sottoponendolo a nuove invenzioni che hanno compreso l'uso di materiali sempre più ricchi ed estrosi, come le perline colorate usate da Pedro Almodovar o la bigiotteria dell'indiano Manish Arora. Tutti i gusti e le tendenze sono state rappresentate nel corso degli anni con grande lungimiranza, nella consapevole costruzione di un immaginario collettivo privo di confini estetici e culturali come ormai è diventata l'arte contemporanea. Coerentemente con l'idea di un "design totale", parte integrante di ogni Swatch Art Collection è l'imballaggio, il 'packaging', affinché il piacere estetico si prolunghi dall'orologio al suo contenitore coinvolto anch'esso in una forma di comunicazione coordinata e globale. Contemporaneamente la Swatch ha proseguito introducendo una innovazione costante del design del prodotto così da mantenere sempre viva l'attenzione affiancandolo a una pubblicità creativa che combina, fatto apparentemente inconciliabile, l'idea di "prodotto unico" alla sua disponibilità mondiale grazie anche alle edizioni limitate per collezionisti. Dopo gli artisti e i grafici, le collaborazioni sono state allargate a importanti personaggi internazionali provenienti da una gamma sempre più ampia di categorie: cartoonist, tra i primi ad essere coinvolti, designer, architetti, stilisti di moda, registi, fotografi, tatuatori, graffitari, scenografi, musicisti e molti altri ancora. I risultati riflettono i differenti approcci culturali: Niklaus Troxler, grafico svizzero; Pedro Almodovar regista spagnolo; Lindasy Kemp ballerino, sceno1991 NIKLAUS TROXLER 1995 PEDRO ALMODOVAR 1995 LINDSAY KEMP
1995 AKIRA KUROSAWA 24
1996 ANNIE LEIBOVITZ 1999 RENZO PIANO
STORIA DELL’ARTE grafo e mimo britannico; Akira Kurosawa, regista giapponese; Annie Leibovitz fotografa statunitense; Renzo Piano, l'architetto italiano più noto nel mondo; David La Chapelle, fotografo statunitense di moda, celebrità e pubblicità; Vivienne Westwood, stilista e imprenditrice britannica; Rory McGrath, designer inglese rigoroso e autoironico; contaminazioni etniche con un design più sovrabbondante dello stilista indiano Manish Arora; Jeremy Scott, giovane stilista americano (nato nel '75) direttore artistico di Moschino, e recentemente, Mika, il popolare 34enne cantante libanese. Accanto altri nomi altrettanto celebri come Nam June Paik artista-sudcoreano-statunitense, Non Vital, Agatha Ruiz de la Prada, Jean-Charles de Castelbajac, o le recenti aggiunte alla collezione che variano dai progetti innovativi dell'artista spagnolo José Carlos Casado, il duo cinese Birdhead, ai disegni grafici colorati di Olaf Hajek e Alexander Gorlizki e all'arte contemporanea del duo tedesco Eva & Adele, l'olandese Sigrid Calon, l'artista portoghese Joana Vasconcelos, l'inglese Jan Davemport ecc. Lo Swatch ha rappresentato una rivoluzione tecnologica, estetica e sociologica in un settore come quello della orologeria che sembrava arrivato a un punto insuperabile, suscettibile solo di piccoli miglioramenti. Al contrario, essendo stato obbligato a cambiare - per non morire - si è dovuto fidare di quel lampo di rischio e genialità che serve per uscire da situazioni irrisolvibili. Così, nei primi tre anni di produzione sono stati venduti oltre 20 milioni di pezzi, nel 1988 oltre 50 milioni già nel 1991 superati i 100 milioni, nel 2006 sono raggiunti i 333 milioni di Swatch. La casa non fornisce dati per gli anni successivi ma dichiara solo che nel 2015 continua a rafforzare la propria posizione come uno dei più grandi marchi del mondo. Non è detto, però, che non si stia ripresentando oggi, a distanza di 35 anni dalla 'nascita' del primo Swatch, una nuova sfida: la diffusione dei cellulari con incorporati orologio, sveglia, calendario, Gps ecc., fanno temere che per l'orologio da polso possa essere iniziato un nuovo periodo di crisi da cui non sarà facile uscire. 2000 DAVID LA CHAPELLE 2001 VIVENNE WESTWOOD 2008 RORY McGRATH
2009 MANISH ARORA 25
2011 JEREMY SCOTT 2013 MIKA
Gennaio 2018, Anno 7 - N.1
News dal mondo YAYOI KUSAMA
White No.28, 1960
pag. 28
YAYOI KUSAMA
Untitled, 1972
pag. 29
YAYOI KUSAMA
Shirley Maclaine, 1970
pag. 30
YAYOI KUSAMA
No.Red B, 1960
pag. 31
La percezione illusoria, 2017
pag. 32
Omaggio a YAYOI KUSAMA
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YAYOI KUSAMA, White No.28, 1960, olio su tela, 147,6x111 cm, venduto da Christie's New York 2014 a $ 7.109.000 (€ 5.874.700)
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YAYOI KUSAMA, Untitled, 1972, olio su tela 107x92 cm, venduto da Sotheby's Hong Kong 2017 a HKD 42.287.500 (€ 4.562.000)
YAYOI KUSAMA, Shirley Maclaine, 1970, olio su tela nel telaio dell'artista (rete colorata), 119x99 cm, venduto da Sotheby's Hong Kong 2017 a HKD 29.912.500 (â‚Ź 3.230.250)
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YAYOI KUSAMA, No.RED B, 1960, olio su tela 175,5x133 cm, venduto da Sotheby's Hong Kong 2015 a HKD 54.520.000 (€ 6.457.300)
PAOLO TOMIO: Omaggio a YAYOI KUSAMA LA PERCEZIONE ILLUSORIA, 2017 stampa su plexiglass, 120x84 cm
ics
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