IcsART N. 9 2016 Mauro Berlanda

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PERIODICO della icsART N.9 - Settembre ANNO 2016

icsART


In copertina: MAURO BERLANDA, PRIME LUCI, 2007, acrilico su tavola, 75x75 cm


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icsART

sommario

Settembre 2016, Anno 5 - N.9

Editoriale

Hiroshima mon amour

pag. 4

Politiche culturali

L'orso di Buridano

pag. 5

Intervista ad un artista

Mauro Berlanda

Mercato dell’arte?

Takashi Murakami

pag. 20-21

Shooting Art

Bangbang

pag. 22-23

Storia dell’arte

Gabrielle "Coco" Chanel

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo TAKASHI MURAKAMI

Miss ko², 1997

pag. 28

TAKASHI MURAKAMI

Red flower Ball (3-D), 2007

pag. 29

TAKASHI MURAKAMI

The castles of Tin Tin, 1998

pag. 30

TAKASHI MURAKAMI

Panda, 2003

pag. 31

Maneki Neko dagli Occhi di Smeraldo, 2016

pag. 32

Omaggio a TAKASHI MURAKAMI

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EDITORIALE HIROSHIMA MON AMOUR Il 6 agosto 1945 alle ore 8,15 spariva dalla faccia della Terra la città giapponese di Hiroshima colpita dalla prima bomba atomica dell'umanità, affettuosamente chiamata dagli americani "Little Boy". Nel tempo di un secondo morirono 60mila persone, quasi esclusivamente civili. Da quel giorno tutto cambiò nel mondo. Gli Stati Uniti, con gli Alleati, vinsero la seconda Guerra Mondiale ponendo le basi di una epoca nuova dominata dalla scienza e dalla tecnologia, alleate per creare armi mai apparse fino ad allora nella storia dell'uomo, dalla potenza distruttiva inimmaginabile. Il comunicato di Radio-Tokio riportato sul Corriere d'Informazione dell'8 agosto descrive in modo asettico qualcosa di molto vicino all'Apocalisse. Tre giorni dopo, una seconda bomba atomica, detta "Fat Man" (Ciccione), veniva sganciata su Nagasaki (40mila vittime) con l'intento di far capitolare definitivamente il Giappone e mandare un monito all'Unione Sovietica.

Radio-Tokio comunica: «RADIO TOKIO, INTERCETTATA OGGI A NUOVA YORK, INFORMA CHE LA BOMBA ATOMICA HA LETTERALMENTE POLVERIZZATO TUTTI GLI ESSERI VIVENTI CHE SI TROVAVANO A IROSCIMA. I MORTI E I FERITI SONO ASSOLUTAMENTE IRRICONOSCIBILI E LE AUTORITA' NON SONO IN GRADO DI FORNIRE DATI CIRCA IL NUMERO APPROSSIMATIVO DELLE VITTIME. LA CITTA', SEMPRE A DETTA DELLA RADIO DI TOKIO, E' UN CUMULO DI ROVINE. LE PERSONE CHE, AL LANCIO DELLA UNICA BOMBA, SI TROVAVANO FUORI DI CASA, SONO STATE ARSE VIVE, MENTRE QUELLE CHE SI TROVAVANO IN CASA SONO MORTE PER LA TERRIBILE PRESSIONE E IL CALORE. ESSENDO STATI DISTRUTTI, CON TUTTI GLI ALTRI EDIFICI, ANCHE I CENTRI DI ASSISTENZA MEDICA, I MEDICI INVIATI SUL POSTO SI TROVANO IN UNA SITUAZIONE INSOSTENIBILE».


POLITICA CULTURALE L'ORSO DI BURIDANO L'orso è un animale magnifico, una vera forza della natura che - come tutti gli animali - dovrebbe avere il diritto di vivere libero nel suo ambiente che, purtroppo, è diventato il nostro. In Trentino, a parte tre-quattro esemplari ancora presenti alla fine degli anni ’90 nel Brenta, l'orso era scomparso già dal 1930; è stato poi reintrodotto con il progetto Life Ursus su iniziativa della Provincia Autonoma la quale, volendo assicurare la sua permanenza sulle nostre montagne, tra il 1999 e il 2002 ha consentito il rilascio di 10 orsi (3 maschi e 7 femmine). L’obiettivo finale del progetto ipotizzava una popolazione di 40-60 orsi su un areale che andava ben oltre i confini della provincia di Trento, interessando le regioni e gli Stati vicini. Nel 2015 gli animali ufficialmente censiti (quindi, non tutti) erano già almeno 50 mentre i nostri vicini altoatesini, austriaci e svizzeri, tutt'altro che intenzionati ad accoglierli, risolvevano il problema creato da qualche orso malauguratamente sconfinato nel loro territorio, eliminandolo senza tanti complimenti. I primi anni i plantigradi si erano limitati a percorrere il Trentino in lungo e in largo, prolificando, terrorizzando e sbudellando indisturbati centinaia di animali che si trovavano a portata di zampa: vacche, vitelli, maiali, asini, cavalli, agnelli i quali, evidentemente, hanno meno diritti di vivere. Per gli indennizzi per danni causati dagli orsi e la prevenzione, dal 1999 ad oggi, la Provincia ha già speso 1,28 milioni di euro. I primi allarmi scattano quando i plantigradi, animali curiosi e intelligenti, cominciano a frequentare assiduamente le zone abitate di fondovalle creando momenti di panico nelle persone che se li trovano davanti. La convivenza

uomo-orso vacilla quando, nonostante le rassicurazioni degli "esperti", alcuni orsi aggrediscono escursionisti incontrati casualmente. Statistiche alla mano, la burocrazia provinciale minimizza il pericolo, cita la pubblicità gratuita goduta sui mass media, ma fa esporre nelle località turistiche cartelli con i consigli sui comportamenti da tenere in caso di pericolo. Secondo i calcoli di Firmani, professore di matematica all'Università, ogni cinque anni il numero degli esemplari presenti in Trentino raddoppierà, il che significa 100-140 orsi nel 2019, 200-280 nel 2024, 400-560 nel 2029 e così via. Se così fosse, si profila un grosso problema. La politica, come l'asino di Buridano, non sa cosa decidere: da un lato abbiamo un numero esponenzialmente crescente di orsi e dall'altro aumenta il timore e il malcontento dei trentini molti dei quali ormai evitano di frequentare zone sempre più ampie. Che succederà se ci saranno altri "incontri ravvicinati", stante che il 15% del nostro Pil proviene dagli introiti del settore turistico?

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Intervista a MAURO BERLANDA Mauro Berlanda vive a Locca, a pochi chilometri dallo specchio blu del lago di Ledro, ma nelle sue composizioni appare sempre la montagna, non una reale esistente in qualche luogo, ma una "Montagna immaginata", una figura ideale e mitologica che ritorna ininterrottamente nella sua ispirazione. Questa presenza immanente è la sua grande passione, in quanto testimonianza fisica, visibile e "vivente" della magnificenza intangibile della Natura e, di contro, della finitezza dell'uomo. La maestosità delle cime scomposte in diedri inaccessibili, più simili a delle apparizioni che a realtà concrete, rimane sempre tra le emozioni più forti che colpiscono chi le frequenta perché rappresentano una visione dell'esistenza umana in cui bellezza, pericolo, destino, convivono. Saper dipingere le montagne non è facile senza scadere nell'illustrazione oleografica o nella raffigurazione banalmente realistica: le Montagne di Berlanda, invece, seppur uscite dal suo immaginario, sono delle apparizioni, grandiosi monumenti naturali che emergono luminosi dalle nebbie. L'uomo non appare mai, solo i suoi manufatti lasciati dalla guerra, perché la sua presenza scompare di fronte alla maestosità delle Montagne e perché ininfluente sul loro destino. A volte, invece, Mauro si serve di un'astrazione post cubista in cui la roccia è spezzata e decostruita in solidi geometrici elementari, i colori sono freddi, bianchi azzurri e blu come lame dure e algide. Mauro possiede insieme a una profonda e intima conoscenza del soggetto che dipinge, anche un talento pittorico unico che gli permette di raffigurare le "sue" montagne immaginarie trasmettendo anche all'osservatore le intense emozioni che egli prova; una tecnica invidiabile che gli permette di scegliere punti di vista che non sono quelli dell'alpinista ma dell'uccello che vola nel cielo, di fronte o sopra le pareti verticali. Ecco, forse, la ragione di tanto amore: poter volare in alto verso l'irraggiungibile, verso la vetta come simbolo del mistero ma anche della fatica di vivere. Paolo Tomio A sinistra: VERTIGINE, 2013, acrilico su tela 70x90 cm (particolare)

In basso: NEVE A LOCCA, 2013, acquerello su carta 20x30 cm


Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura?

Alto Adige della collana “Meravigliosa Italia” fui colpito dalle tavole di Berann che raffigurava le valli dolomitiche a volo d’uccello. Heinrich C.Berann fu il primo artista ad inventare le plastigrafie, disegni panoramici dall’alto utilizzati per la promozione del turismo soprattutto in Tirolo. A 15 anni frequentai a Roma il triennio professionale di cartellonismo, mi piaceva molto disegnare i manifesti che venivano utilizzati per il cinema .

Sono sempre stato attirato dall’arte fin da piccolo, a Merano dove ho trascorso l’infanzia ero affascinato dai dipinti realizzati sulla Passeggiata d’inverno lungo il Passirio, dove gli artisti di inizio 900 avevano dipinto castelli, chiese, e panorami dell’Alto Adige; mi piacevano molto e cercavo di copiarli su carta con le matite. Quando poi al compimento del decimo anno i miei genitori mi regalarono il libro del Trentino

Quali sono state le correnti artistiche o gli artisti che ti hanno influenzato?

I PRATI DELLE TERRE ALTE, 2007, acrilico su cartoncino, 60x60 cm

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CAMPANIL BASSO, 2007, acrilico su tavola 80x85 cm

La corrente degli impressionisti mi ha sempre affascinato, da Van Gogh a Cezanne e naturalmente Pissarro che dipingeva con classe e leggerezza, ma anche gli acquarellisti inglesi, Turner e Cozens in particolare. Ma l’artista che mi ha condizionato di più è stato Giovanni Segantini che con il suo luminoso divisionismo è riuscito a rappresentare in maniera incredibile le Alpi. Vorrei anche citare un’altro artista che ha lasciato traccia nella pittura che raffigura l’alta quota ed è l’inglese Edward Theodor Compton, alpinista e pittore di montagna che dipingeva ad olio e ad acquarello con un carattere stile romantico.

Cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea? Sicuramente l’arte al di là delle tecniche di esecuzione che si adoperano per realizzare l’opera, è importante che dia un emozione, e ciò avviene con l’idea: l’unicità del messaggio è qualcosa che al primo impatto provoca un brivido, un attrazione. Capisco che questo possa essere soggettivo ma di fronte ad un opera di Caravaggio per fare un esempio, chi può rimanere indifferente? Anche l’arte astratta mi piace molto se in

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essa si intravede una composizione armonica, un equilibrio e non solo colore buttato lì. Quello che non mi piace sono certe opere di artisti contemporanei, frutto di speculazione per la notorietà acquisita, la firma, ma che non dicono nulla.

No, ma quando inizio un quadro, nei passaggi iniziali potrei intravedere una forma di astrattismo e proporlo come tale, ma poi lo sento incompleto quindi proseguo per portare a termine l’opera virando verso il figurativo, anche se a volte il risultato finale è a metà strada tra l’astrattismo e il figurativo.

Prima di trovare il tuo linguaggio figurativo, hai affrontato anche esperienze astratte?

Nel corso della tua carriera hai attraversato periodi espressivi diversi?

TRACCE DI GUERRA, 2015, acrilico su tela 80x90 cm

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MEDITAZIONI IN SOLITUDINE 1, 2016, acrilico su tavola, 17x21cm

Prima di arrivare alle ultime opere eseguite in acrilico e misto, ho praticato molto l’acquerello dal vero .

ombre, le nebbie che vagano nel vento, il rumore e i silenzi. Insomma un mondo che amo profondamente e che non faccio fatica a riprodurre nel mio studio dove mi perdo nuovamente in quell'ambiente di crode neve e ghiacci quando mi appresto a dipingerlo. Forse è questo che mi distingue, l’assoluta liberà della mia pennellata.

Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? La mia non è una rappresentazione “figurativa”, ma immaginaria della montagna, voglio dire che non raffiguro la montagna in maniera fotografica o cartolinesca a parte qualche rara opera comunque sempre molto interpretata. Quello che a me interessa è entrare nell’anima dei monti quasi per carpirne l’essenza, le luci, le

Qual è la tecnica artistica che utilizzi principalmente nella tua attività? Soprattutto la tecnica acrilica/ mista su tela o su tavola. 11


BARACCHE SUL FRONTE BIANCO, 2013, acrilico su compensato, 95x130 cm

za sentirmi sotto la sua ombra, mi sento quasi parte della fauna alpina e quando, a volte per qualche motivo, sono costretto a scendere in pianura mi sembra che mi manchi l’aria. Questo ambiente qualcuno lo ritiene poco pittorico per la sue linee dure e repulsive, io invece penso che nel mio intimo dialogo con essa e si rivela molto affascinante quando riesco a raffigurarla nel suo profondo.

Usi stendere il colore anche con la spatola? A volte uso anche la spatola e utilizzo pennelli piatti limitando al minimo quelli piccoli a punta fine.

Per quale ragione la montagna è sempre presente nelle tue opere?

Qual è la difficoltà maggiore nel rappresentare le tue montagne?

La montagna per me è il luogo del silenzio, dell’'ascesi’, un ambiente primordiale dove regna il mistero in cui si può sognare, meditare e forse avvicinarsi all’Assoluto; non potrei vivere sen-

Cogliere l’essenzialità, senza banalizzarla con manierismi esagerati, sapersi fermare al momento giusto, insomma: la mia montagna deve 12


attirare ma anche scuotere, mai romantica.

anni del secolo scorso. In un periodo precedente avevo iniziato a dipingere l’arte contadina che richiamava un po' quella di Carlo Sartori. Ho realizzato poi recentemente “predatori “, il titolo di un ‘opera sulla fauna alpina che raffigura un'aquila che piomba su una vipera.

Hai dipinto anche altri soggetti: ritratti, spazi interni, il "tuo" lago di Ledro? Con la tecnica dell’ acquerello, molte volte ho dipinto dal vero le baite e il lago della mia valle.

Cos'è per te il colore? E la materia? Ho notato che le persone, ma anche gli animali, non sono quasi mai presenti?

La forza del colore è importante per la tematica che affronto ma non lo ritengo essenziale nel dipingere, un opera può essere anche monocromatica

Non di rado nelle mie opere appare la figura, nell’ultima fase, ho dedicato ben due quadri al grande alpinista Walter Bonatti, e uno a due guide alpine della val Rendena vissute nei primi

LE CRODE ROSSE, 2013, acrilico su compensato 66x87 cm

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Quando inizi un nuovo dipinto hai già in mente un tema, un soggetto o ti muovi senza vincoli predeterminati? Quasi sempre la montagna è il tema che affronto , e mi dà libertà assoluta proprio perchè non mi muovo per schemi e vincoli predeterminati; man mano che getto colore sulla tela come per realizzare un quadro astratto, ecco che a un certo punto comincio a ad intravedere la via che mi porta a completare l’opera. Sono molto istintivo.

CRINALI, 2015, acrilico su tavola, 75x75 cm

Ritieni di rappresentare nelle tue tele significati, emozioni? Penso di si, la prima emozione va soprattutto a me, e di riflesso poi viene trasmessa sicuramente anche a chi osserverà le mie opere.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? E’ molto variegato, ci sono validi artisti, alcuni hanno veramente una loro personalità spiccata e inconfondibile, ma non voglio fare nomi.


TARDO AUTUNNO, 2014, acrilico su tavola, 76x76cm

Segui la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più o meglio per il settore artistico?

realtà dei giovani artisti. Un polo museale come il Mart, per esempio, dovrebbe avere questo ruolo, e cioè, dedicare un spazio agli artisti emergenti di talento con una mostra collettiva all’anno e non sempre e solo ai grandi del passato e non.

Premesso che la cultura deve essere sempre valorizzata in tutte le sue molteplici forme, detto questo però nell’ambito delle arti figurative dovrebbe essere presa più in considerazione la

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CON GLI OCCHI DI KARL, 2010, acrilico su compensato, 90x112 cm

Cosa è per te l’arte?

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

È il pensiero, l’emozione profonda di ogni artista che si traduce nella sua capacità di portarla alla luce, e donarla al mondo.

E’ qualcosa che attira tutti al primo impatto perchè da piacere agli occhi ma poi ci accorgiamo che non può limitarsi a qualcosa di superficiale ma deve essere anche ricerca di qualche cosa di più profondo. Non mi basta solo la bellezza di una bella donna, voglio conoscere se quello che appare all’esterno è anche ciò che ha dentro, cosi come il primo impatto con un opera d’arte, che va meditata.

E, per finire, chi è l’artista? L’artista è chi riesce a fare tutto ciò.

A destra: SOLE DI NOVEMBRE, 2007, acrilico su tavola, 75x75 cm (particolare)

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MOSTRE PERSONALI Piccoli acquerelli di Ledro 1992 Scuole elementari di Concei Nostalgia di un tempo 1993( Acquerelli )Scuole elementari di Concei Colori e poesia dela nosa val 1994(Acquerelli Berlanda – poesie Luciano Daldoss) scuole elementari Concei Tinte di Ledro 1996( Acquerelli) Scuole elementari di Concei Attimi raccolti ( Acquerelli ) 1997 Sala mostre comune di Storo Per monti e valli 2000 (acquerelli Berlanda e foto Mazzola ) Scuole elementari Enguiso Acquerelli, guazzi, disegni su pietra 2001 ( M. Berlanda – G. Tedeschi ) Scuole elementari Concei Ledro – ritratti di una valle 2004( Acquerelli ) sala mostre Oratorio S. Giuseppe – Pieve di Ledro Uomini e montagne 2006( tecniche miste ) centro culturale Locca di Concei Montagne dell’anima Galleria G. Craffonara Riva del Garda dal 8 / 6 al 1 del 7 2007 Pres. Fiorenzo Degasperi A un passo dal cielo Palazzo Maffei Lavis dal 5 al 14 Novembre 2010 Pres. Fiorenzo Degasperi Montagne Dentro in collaborazione con S.A.T. Ledrense 1/ 31 Agostto 2011 Centro culturale –Ledro Vertigine Castel Drena dal 18 / 5 al 5 / 6 2013 Pres. Nicoletta Tamanini Ardue vie Teatro Valle dei Laghi Vezzano – Mese montagna da 8 / 11 al 30 / 11 2013 Pres. Nicoletta Tamanini Le alte Vie Castello di Livo - Maggio 2014 dedicata a p.Alex Zanotelli 50° di sacerdozio Pres. Nicoletta Tamanini - Fausto Destefani La Montagna Interiore Galleria Civica G. Craffonara dal 2 al 20 Agosto 2014 Pres. Mauro Berlanda Arte in malga –La Montagna vissuta Malga Trat -Alpi di Ledro dal 1 / 7 al 15 / 9 / 2015 Pres. Nicoletta Tamanini Mauro Berlanda vive e lavora a Locca di Concei 38067 Ledro (Tn) Tel. 0464 590173 cell. 3491275586 Indirizzo e-mail: illustratore.grafico.berlanda@ hotmail.it http://mauroberlanda.blogspot.com

MAURO BERLANDA Nasce a Merano (Bz) nel 1950 ove trascorre l’infanzia. Fin dai primi anni di vita è affascinato dal paesaggio alpino. Nel 1966 frequenta a Roma, presso l’istituto Don Orione il triennio professionale di illustrazione cartellonistica dove apprende le varie tecniche del disegno e della pittura. Ritornato in Trentino, negli anni ’70 lavora come grafico nell’ufficio pubblicità della Grundig Italia, e successivamente collabora con uno studio privato. Dal 1986 diventa libero professionista specializzandosi nella realizzazione di plastigrafie (disegni panoramici a volo d’uccello impiegati nel settore turistico). Contemporaneamente si dedica alla pittura affascinato dall’acquerello. Durante solitarie ascensioni tra le montagne coglie luci, ombre e emozioni che fissa in piccoli e delicati acquerelli. Successivamente riprende nel suo atelier immagini, ricordi ed impressioni rielaborando con fantasia l’esperienza vissuta e la trasferisce su tele e tavole di dimensioni più grandi utilizzando una tecnica acrilica, ottenendo così opere di particolare fascino e personalità. Guardando i suoi lavori sembra di entrare nell’ambiente rappresentato e respirarne l’aria sottile. Dal 2000 fa parte dello storico gruppo “Amici dell’arte di Riva del Garda”, ed è socio fondatore dell’associazione di artisti Ledrensi “Encontrarte“. Al suo attivo numerose le mostre collettive e personali.

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Hanno scritto: «Per l’artista Mauro Berlanda la pittura è la possibilità di volare libero. Sopratutto la pittura di montagna è il luogo prediletto: con il pennello ne segue le ondulazioni, le voragini improvvise, le creste nevose, i picchi avvolti dalle nebbie del tempo. Ogni opera è creata con la possibilità di offrirsi come luogo della contemplazione dove lo spirito trova una risposta, il fisico l’armonia con il mondo, l’idea la capacità di estraniarsi dal contesto per essere dentro l’opera stessa». Fiorenzo Degasperi «L’asprezza dei luoghi, la superba bellezza dei panorami, il fascino ammaliante e misterioso di ripide cime innevate spesso celate allo sguardo da passeggeri vapori, suscitano da sempre, nell’animo umano, un irresistibile richiamo. Colori pieni, luci abbaglianti ed ombre minacciose, il fascino del silenzio, persino l’inconfondibile odore dell’aria pura e cristallina delle alte cime avvolgono l’incredulo osservatore trasportandolo in un mondo fantastico, ispirato dal reale ed immediatamente sublimato in una dimensione di divina eternità dalla felice mano del pittore». Nicoletta Tamanini

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icsART N.9 2016 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

PERIODICO della icsART N.9 - Settembre ANNO 2016

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MERCATO DELL’ARTE ? Il "Cowboy Solitario", infatti, riproduce un caratteristico giovane protagonista dei "manga" (fumetti) e delle "anime" (animazioni) giapponesi, il quale esprime un vitalismo esuberante e gioioso in armonia con sè stesso e il mondo creando un ardito e dinamico movimento del "lazo" arrestato nello spazio. Il ragazzo è la realizzazione in forma tridimensionale di quei personaggi "manga" dai comportamenti spesso sessualmente molto disinvolti ed espliciti che si rivolgono alle nuove generazioni di adolescenti, trasgressivi e ribelli nei confronti delle vecchie e rigide regole sociali. Anche se l'eccezionale exploit economico del 2008 di "My Lonesome Cowboy" non si è più ripetuto, è prevedibile che questo tipo di sculture apriranno la strada a tutto un filone di opere di grandi dimensioni realizzabili in serie con tecnologie informatiche e materiali sintetici moderni. Pur essendo anche lui un seguace entusiasta di anime e manga, Takashi Murakami, dopo aver studiato animazione alla Tokyo University of the Arts, si laurea in "Nihonga", la pittura tradizionale giapponese. Dopo i primi lavori molto critici verso l'arte del suo Paese accusata di eccessiva acquiescenza alle tendenze occidentali, nel 1994, grazie a una borsa di studio si trasferisce per un anno a New York dove è influenzato dai lavori di Jeff Koons e Andy Warhol. Si rende conto che nel suo Paese manca un mercato interessato al quel tipo di arte contemporanea e che per trovare un riscontro in patria bisogna prima essere riconosciuti negli Stati Uniti. I suoi lavori iniziali sono caratterizzati dall'incorporazione di motivi della cultura giapponese tradizionale, l'uso di colori e superfici piani e lucidi, mentre i contenuti rientrano in quelli che sono definiti con il termine "kawaii" (carino), come i motivi ricorrenti dei fiori che sorridono,

TAKASHI MURAKAMI (Giappone, 1962), My Lonesome Cowboy, 1998, fibra di vetro, ferro, olio, acrilico, H 254,00x117,00x 91,00 cm, Lavoro da un'edizione di 3 più 2 prove d'artista, stimato $ 3-4 milioni, venduto da Sotheby's New York 2008 a 15.161.000 $ (€ 13.804.700). Oltre quindici milioni di dollari per una copia in vetroresina di un ragazzo nudo a grandezza naturale che potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno ma che, evidentemente, in asta è stato apprezzato al punto di pagarlo il quintuplo della cifra stimata da Sotheby's. Una presunta 'oscenità' dell'opera valutata secondo i parametri occidentali, che non ha alcun senso in Giappone dove da secoli è diffusa una mentalità che non ha mai avuto niente contro il nudo e contro il corpo, e il sesso è goduto da uomini e donne senza alcun freno di tipo moralistico.

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TAKASHI MURAKAMI animaletti, personaggi iconici come funghi, teschi ecc. che tanto piacciono ai Giapponesi di tutte le età. Senza rinnegare l'influenza di artisti americani, Murakami chiarisce sempre che i suoi riferimenti estetici sono essenzialmente legati alla cultura pop giapponese e al fenomeno "Otaku", un'area giovanile underground di appassionati di cartoni animati e fumetti. Molte sue opere, infatti, potrebbero apparire eccessivamente Kitsch per il gusto europeo poco incline ad apprezzare pupazzi tipo Luna Park o fumetti e cartoons di serie B, eppure nel 2008, l'artista è individuato dalla rivista Time come il più influente rappresentante della cultura giapponese contemporanea. Nel 2000 dà vita anche a un nuovo movimento artistico chiamato "Superflat" (Superpiatto) poiché si riferisce sia ai canoni figurativi bidimensionali della cultura tradizionale giapponese, sia all'immaginario della cultura "Otaku" influenzata appunto da un'estetica piatta. Sicuramente l'artista ha ben imparato la lezione della "Factory" di Warhol e compreso i meccanismi del mercato in una società post industriale e consumistica come dimostra la sua capacità imprenditoriale nel fondare nel 2001 "Kaikai Kiki", una corporation che conta un centinaio di dipendenti con sedi in Giappone, New York e Los Angeles, finalizzata a collaborare con l'industria (Vuitton, Casio), operare nell'animazione, promuovere artisti giapponesi, organizzare la fiera biennale d'arte GEISAI, gestire due gallerie d'arte. Oltre a ciò, produce e commercializza gadget con i personaggi di Murakami: libri, magliette, tavole da skateboard, peluche, poster, scarpe da tennis, orologi, cuscini, tappeti. Una vera e propria "industria della creatività" che esporta sia arte 'alta' che 'bassa' sul mercato globale.

TAKASHI MURAKAMI, Vapor trail, 2004 acrilico su tela su tavola, 100x100x5 cm, venduto da da Sotheby's New York 2008 a $ 2.393.000 $ (€ 1.634.600) TAKASHI MURAKAMI, Kaikai Kiki, 2005, fibra di vetro, ferro, resine, olio, acrilico, H 212x102x50 cm numerato 5 di 5, venduto da Christie's Londra, 2010 a $ 3.113.500 (2.212.000 €)

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SHOOTING ART di acciaio contro cui spara colpi di pistola di grosso calibro: l'impatto dei prioettili deforma il metallo creando delle morbide protuberanze. Anche Anish Kapoor ha inventato una specie di cannone ad aria compressa capace di sparare grossi proiettili di materiale pastoso colorato che si spappolavano contro i muri del museo. Altri artisti, invece, si sono semplicemente sparati, ma questa è un'altra storia. Si inseriscono in questo filone tecnico-culturale della Shotting art i lavori del ciclo "Bangbang" (un omaggio alla cantante Cher) di Rink Adamson, un giovane e assolutamente sconosciuto artista statunitense. Peculiarità di costui è di essere nato nel vecchio West, a Cheyenne, il capoluogo del Wyoming, lo stato meno popolato degli USA (60mila abitanti) e, dopo l'Alaska, quello con minor densità di popolazione. Il Wyoming detiene anche un altro record in una classifica molto speciale perché è lo stato americano in cui la percentuale di persone che possiede almeno un'arma arriva al 60%. Inoltre, è suo anche il triste primato tra gli stati del Nord del più alto tasso di mortalità per armi da fuoco con 16,2 vittime su 100 mila. Il destino di Adamson era evidentemente segnato: non colori, pennelli e tele, ma rivoltelle e carabine da usare contro calcestruzzo o acciaio. Non che il giovane manchi di studi specifici o di una preparazione valida perché, anzi, la sua idea di arte è perfettamente coerente con quanto prodotto dalle avanguardie contemporanee e esposto nelle istituzioni più importanti. Per certi versi, anzi, le sue opere possiedono un fascino personale unico che le rende subito riconoscibili. Anche Lucio Fontana, prima dei "Tagli", aveva iniziato nel 1949 il ciclo dei "Buchi", aperture ottenute con un punteruolo che trapassava le tele "verso uno spazio ulteriore".

L'idea di usare delle armi da fuoco per ottenere degli effetti esteticamente interessanti è tutt'altro che nuova. Già nel 1956 l'artista francese Niki de Saint Phalle sparava con un fucile a dei contenitori di gesso appesi alla parete con all'interno sacchetti pieni di colori i quali, esplodendo, creavano delle macchie gocciolanti definite "Shooting paintings". Più recentemente un "artista" italiano ha pubblicizzato le sue lastre

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BANGBANG Il passo verso questo tipo di esperienze, invece, deve essere stato breve per un figlio del Wyoming più avvezzo alle armi da fuoco che agli strumenti artistici normali. Per le sue performance, infatti, Adamson fa uso di una gamma di armi estremamente ampia a dimostrazione della sua ottima conoscenza e padronanza delle tecniche più moderne. Eccolo quindi iniziare con qualche revolver, ovviamente Colt a canna lunga, per poi passare a pistole automatiche, più maneggevoli e rapide nel tiro veloce, a fucili a ripetizione e da caccia grossa. Ogni volta i risultati sono quantitativamente diversi e qualitativamente inaspettati a causa delle diverse reazioni del materiale. Nel corso degli esperimenti, non deve essere stato difficile, per l'"artista-cow boy", il passaggio ad attrezzature sempre più raffinate tipo fucili mitragliatori con colpi a raffica, seguiti via via da piccoli lanciarazzi se non addirittura cannoncini anticarro. Ogni volta l'effetto artistico (o per lo meno quello balistico), cresceva a vista d'occhio con grande soddisfazione dei suoi estimatori. Il critico locale che presentava la sua mostra personale ha parlato di un legame ombelicale con il territorio d'origine e di un'arte che recupera in chiave contemporanea la Storia e le Tradizioni della "Frontiera Americana". Che dire degli inquietanti pannelli lapidei e metallici che il giovane Rink ha prodotto nel corso di anni di faticose, rumorose e, presumiamo, pericolose, pratiche artistiche? Forse si tratta di una buona idea, una via di mezzo tra pittura e scultura perché l'impatto dei proiettili producono fori diversi tra le due facce delle lastre: scavati in entrata e convessi o slabbrati in uscita creando effetti "decorativi" dotati di una forza materica e una carica simbolica in perfetta sintonia con i tempi che viviamo.

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GABRIELLE "COCO" CHANEL - parte 1° e mira a traguardi culturali di più ampio respiro. In realtà, la distanza tra moda e arte moderna si è talmente ridotta che è spesso difficile distinguerle. Basterebbe ricordare la moda Futurista, Murakami che ha progettato le borse di Vuitton con i suoi motivi "Kaiwaii" o la serie di serigrafie dedicate da Andy Warhol al profumo "Chanel N°5", riconosciuto come una icona. La storia della vita della stilista Gabrielle Chanel, detta "Coco", nata nel 1883 e scomparsa 45 anni fa, può chiarire se, e in cosa, si differenzino moda e arte. Abbandonata dal padre all'età di 12 anni nell'orfanotrofio di un convento, conduce una vita austera e rigorosa per sei anni e le suore le insegnano a cucire. Uscita, si esibisce come cantante con il nome di "Coco" in un caffè-concerto diventando l'amante di un ricco borghese che la introduce nel bel mondo dove comincia a farsi notare per il suo abbigliamento eccentrico e androgino. Poco dopo, a 25 anni, si lega a un uomo d'affari che l'aiuta ad aprire un negozio in cui crea cappelli apprezzati dal pubblico e ha inizio il suo lungo viaggio nella moda. "Chanel Nº 5", il profumo più celebre della storia, è "progettato" da "Coco" con la collaborazione del suo profumiere Ernest Beaux il quale nel 1921, miscelando essenze naturali di rosa, muschio e gelsomino (due odori generalmente attribuiti a cortigiane e prostitute) a composti sintetici tra cui un aldeide con l'aroma di arancia, ottiene una fragranza artificiale non riconducibile a nessuna essenza specifica. Perfetti il nome "N°5" che rompe con i tradizionali nomi altisonanti, l'etichetta bianca e nera, lineare e minimalista, e anche il flacone, una bottiglia da farmacia squadrata e trasparente completa-

Da tempo si trascina un vivace dibattito se la moda sia un'arte o qualcos'altro, arte applicata, artigianato raffinato, pura creatività alla ricerca di forme diverse quanto effimere, spinta dalla necessità di soddisfare i desideri di una élite. Insomma, da più parti si ritiene che il fine esplicitamente commerciale della moda, il carattere strutturalmente transitorio e consumistico, la necessità di inventare e creare gusti, tendenze e stili sempre nuovi, abbia poco in comune con l'arte che si fonda consapevolmente sulla Storia

Gabrielle "Coco" Chanel con Ernest Beaux (chimico) "CHANEL N°5", 1921

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STORIA DELL’ARTE mente diversa dalle boccette di profumo riccamente decorate. Che questo oggetto sia "solo moda", può anche essere ma è sicuro che rimarrà nei musei al contrario di molte opere di artisti già datati. L'immediato successo ottenuto permette a Coco di dare inizo alla produzione industriale in proprio di Chanel N°5 che rimarrà il profumo più venduto in Francia fino al 2011 quando è superato da "J'adore" del rivale Christian Dior. Indimenticabile per la storia del costume la battuta di una burrosa Marylin Monroe distesa sensualmente nel suo letto: «Cosa indosso a letto? Chanel N°5, ovviamente». Ma se il profumo rende ricca e famosa Coco, saranno i suoi abiti a farla conoscere nel mondo per il contributo dato all'emancipazione delle donne liberate da orpelli (pizzi e merletti) e costrizioni (corpetti e sottogonne). Ecco come lei descriveva il suo lavoro: “Io non disegno, non ho mai disegnato un vestito. Scolpisco il modello, più che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli spilli su un manichino e, se va, qualcuno la cuce». Il suo "tubino nero" (vedi a destra) creato nel 1927 - 90 anni fa, e intramontabile ancora oggi - rappresenta uno dei contributi più popolari e duraturi di Chanel alla moda femminile. Eseguito in un materiale modesto, il jersey a maglia di lana, reso elegante attraverso la tecnica sartoriale e dettagli di qualità come le fitte pieghe, l'orlo della gonna finemente rifinito e la cintura cucita a mano, rendono questo capo un esempio della caratteristica di Chanel: la "povertà di lusso", un'interpretazione costosa di modelli dal disegno semplice e realizzati con materiali modesti. (Continua) Gabrielle "Coco" Chanel, "Ensemble", Tubino nero, ca. 1927, seta, lana, metallo

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Settembre 2016, Anno 5 - N.9

News dal mondo TAKASHI MURAKAMI

Miss ko², 1997

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TAKASHI MURAKAMI

Red flower Ball (3-D), 2007

pag. 29

TAKASHI MURAKAMI

The castles of Tin Tin, 1998

pag. 30

TAKASHI MURAKAMI

Panda, 2003

pag. 31

Maneki Neko dagli Occhi di Smeraldo, 2016

pag. 32

Omaggio a TAKASHI MURAKAMI

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TAKASHI MURAKAMI, Miss ko², 1997, fibra di vetro, ferro, olio, resina, acrilico, H 183,00x63,00x82,00 cm, venduto da Phillips de Pury New York, 2010 a $ 6.802.500 (€ 4.888.960)

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TAKASHI MURAKAMI, Red flower Ball (3-D), 2007, acrilico e 29

foglia di platino su tela, diam 150 cm, venduto da Sotheby's New York, 2008 a 1.650.000 $ (€ 1.127.350)


TAKASHI MURAKAMI, The castles of Tin Tin, 1998, dittico acrilico su tela su tavola, 300x300 cm, venduto da Sotheby's New York 2012 a $ 4.226.500 (€ 3.321.900)

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TAKASHI MURAKAMI, Panda, 2003, fibra di vetro, ferro, olio, resina, acrilico, H 255,00x165,00x109,00 cm, venduto da Phillips de Pury, New York 2008 a $ 2.723.600 (€ 1.738.370)



PAOLO TOMIO, Omaggio a TAKASHI MURAKAMI Maneki Neko dagli Occhi di Smeraldo 2016, fine art su Dibond, 60x42 cm


ics

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