PERIODICO della icsART N.1 - Gennaio ANNO 2020
icsART
In copertina: MAURO PANCHERI, SPAZIO ROSSO, 2019, acrilico su tela, 100 x 100 cm
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icsART
sommario
Gennaio 2020, Anno 9 - N.1
Editoriale
Carletto in Azione
pag. 4
Politica culturale
MOSÈ o MOSE?
pag. 5
Intervista a un artista
Mauro Pancheri
pag. 6-19
Mercato dell’arte?
Nicholas de Staël
pag. 20-21
Full-Lips
Blood Red Flesh
pag. 22-23
Storia dell’arte
Frank Frazetta
pag. 24-25
News dal mondo NICOLAS DE STAËL
Parc des Princes, 1952
NICOLAS DE STAËL
Nu debout, 1953
pag. 30
NICOLAS DE STAËL
Agrigento, 1953
pag. 30
Paesaggio zenitale, 2015
pag. 32
Omaggio a NICOLAS DE STAËL
pag. 28-29
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EDITORIALE
CARLETTO IN AZIONE Il bello in Italia è che chiunque si svegli la mattina, dopo la doccia, il caffè e l'oroscopo, cosa fa? Semplice: fonda un partito. In questi ultimi mesi sono nati come i funghi, uno dietro l'altro: il partito di Giovanni Toti "Cambiamo!" (con il punto esclamativo), il nuovo partito di Matteo Renzi: "Italia viva" (senza il punto interrogativo), e, qualche settimana fa, "Azione", di Carletto Calenda. Anche Mara Carfagna sta accarezzando da un po' l'idea di fondare un proprio partito per liberarsi dell'ormai 82enne Berlusconi. Tre nuovi partiti (più uno in gestazione) in pochi mesi sono onestamente troppi anche per un Paese come il nostro dove non si nega la candidatura neanche ai pluricondannati. Che dire di Toti? Boh, che dire... boh? Anche di Renzi ormai non c'è più nulla da dire: uno che il giorno dopo aver imposto al proprio partito (il PD) il governo "Conte 2" e, appena i ministri avevano giurato, è fuoriuscito e ha fondato un proprio partito in cui può finalmente svolgere il suo ruolo preferito: il guastatore. Altra pasta, invece, Carletto Calenda il quale
è celebre per aver interpretato da bambino la parte di Bottini nello sceneggiato televisivo Cuore e per aver dichiarato: «Per 30 anni ho ripetuto le cazzate del liberismo». Se lo dice lui! Una prestigiosa carriera come public relation man di Montezemolo-Ferrari, uomo marketing, assistente di Montezemolo, dirigente area strategica Confindustria con Montezemolo, coordinatore politico di "Italia Futura" di Montezemolo, candidato non eletto con "Scelta Civica" di Mario Monti, Vice Ministro con Letta, Ministro con Renzi e poi con Gentiloni, iscritto al PD nel marzo 2018, a maggio 2018 eletto europarlamentare con Zingaretti, uscito dal PD nell'agosto 2019 e, a novembre, fondatore di un partito tutto suo: "Azione". Un inguaribile indeciso a tutto che ha già dichiarato che il suo neo-partito si scioglierà se non raggiungerà le 2 cifre alle prossime elezioni. Quindi: addio, Carletto. E' chiaro che Calenda confonde un partito con il bridge, il gioco in cui si discorre di public relations, di marketing, di strategy, di coordination, e di Luca Cordero di Montezemolo. Un piacevole hobby, insomma, soprattutto per Carletto. 4
POLITICA CULTURALE MOSÈ o MOSE? Secondo i testi biblici, il nome Mosè significherebbe "Salvato dalle acque", a ricordo del miracoloso ritrovamento del profeta nel Nilo. Secondo altri, invece, MOSE, significherebbe "sommerso dalle acque", a ricordo dei 5 miliardi di euro (per ora) miracolosamente da ritrovare nella laguna. Questi ultimi, naturalmente, sbagliano perché MOSE significa MOdulo Sperimentale Elettromeccanico ed è un po' l'uovo di Colombo, un progetto avveniristico, intelligente, elegante, ma che è stato realizzato solo in Italia dato che tutte le altre nazioni usano dighe con barriere mobili completamente esterne e all'asciutto: orrende ma funzionali. Dopo 16 anni dalla posa della prima pietra, le 78 gigantesche paratoie mobili del MOSE, indipendenti tra loro, in acciaio zincato e verniciato e riempite di acqua marina, invece, stazionano sotto acqua 365 giorni all'anno, incernierate a un'immensa fondazione in calcestruzzo ancorata sotto il fondale per permettere il passaggio delle navi. Quando scatta il pericolo dell'acqua alta, un sistema di pompe idrauliche inietta aria compressa nelle paratoie per espellere l'acqua che le mantiene a fondo facendole così risalire fino a 3 metri oltre il livello del mare in modo da realizzare una barriera continua. A fine allarme, le paratoie vengono nuovamente riempite con
acqua marina che le fa riadagiare nei cassoni di alloggiamento. L'idea è sembrata geniale nel 1992 perché è invisibile e non impattante; altra musica quando ci si è trovati a dover gettare platee di cemento armato su un fondale soggetto a sprofondamento e posare paratoie metalliche lunghe 30 metri e alte 20 ciascuna. La cosa si è complicata ulteriormente nel momento in cui nell'appalto sono intervenuti parametri occulti, tipo trasformare i cassoni in "cassa" a cui attingere per arricchire un po' tutti. Iniziati nel 2003, i lavori dovevano concludersi entro il 2011 e costare poco più di 1,3 miliardi. La fine dei lavori, spostata di anno in anno, è ora "prevista" per la fine 2021 (dieci anni di ritardo) per un costo presunto di 5,5 miliardi. Tutto bene, dunque, a parte il fatto che il MOSE costa tre volte e mezzo più del preventivo e, nel frattempo, tutte le opere in acciaio presentano già problemi di corrosione? Non proprio. Il MOSE non è ancora stato collaudato: una prova di sollevamento delle paratoie è stata sospesa per problemi al sistema di pompaggio; dopo un'altra prova cinque paratoie sono rimaste alzate a causa della sabbia e sporcizia risucchiate nei cassoni di alloggiamento dal movimento, richiedendo la pulizia da parte degli sommozzatori. Il MOSE non è ancora finito e già iniziano i "veri problemi".
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Intervista a MAURO PANCHERI La cosiddetta "Scuola di Caldés", in cui la presenza di una personalità importante come Paolo Vallorz, artista già affermato che generosamente stimolava e valorizzava le potenzialità esistenti in loco, ha contribuito a portare alla ribalta artisti di talento come Mauro Pancheri, Albino Rossi, Luciano Zanoni e poi, il figlio Ivan, dando corso a un processo estremamente positivo per tutta la comunità. Il tratto comune a tutti questi artisti è la coscienza - introiettata da sempre - della insuperabile bellezza della Natura unita alla consapevolezza di una comunanza spirituale con la realtà naturale - in tutte le sue forme - e il bisogno interiore di raffigurarli con la pittura o la scultura. Le montagne, i paesaggi, i cieli, le cascate, le praterie, sono quelli che incorniciano la Val di Sole, a volte riconoscibili e a volte, come nel caso di Pancheri, re-inventati in quanto simbolo e metafora di una sua visione quasi mistica. Rispetto agli altri colleghi, Mauro si differenzia anche per due caratteristiche del tutto particolari: non rappresenta mai persone o animali, né nei suoi paesaggi in cui la natura regna incontrastata, né negli ambienti abitati verso cui si è orientato nelle sue opere recenti. Anzi, nei suoi dipinti egli indaga la raffigurazione di spazi architettonici vuoti e completamente slegati dalla tradizione, frutto di pura immaginazione: volumetrie geometriche minimaliste, interamente colorate di rosso sangue e immerse in una penombra intima e misteriosa. Definite da cortine murarie elementari, esse suggeriscono spazi interni ma anche interiori al di fuori del tempo in cui compaiono solo poche presenze "sur-reali" che paiono alludere a luoghi segreti dell'anima: un letto matrimoniale sfatto, le fiamme di fuochi che rischiarano la scena, aperture che conducono verso l'incognito o che guardano su un mondo esterno che a volte irrompe nella stanza. Così come nei cicli pittorici in cui Mauro ha lungamente approfondito temi (e simboli esoterici) come l'acqua, il fuoco, la terra e l'aria, alla Natura pacificata si contrappone sempre la potenza degli elementi naturali che lascia l'uomo annichilito a interrogarsi sul proprio destino. Paolo Tomio A sinistra: NOTTURNO, 2012, acrilico su tela 120 x 80 cm
In basso: TELA SU SFONDO ROSSO, 2017 acrilico su tela, 70 x 70 cm, particolare
Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura?
to con costanza a fare arte e allestire mostre. Alla mia prima personale ho presentato opere surrealiste, degli alberi che suonavano bizzarri strumenti musicali e dei corpi come piante che uscivano dalla terra.
Ho cominciato molto presto, già alle scuole elementari disegnavo tanto. Avevo un maestro bravo e creativo che riproduceva sulla lavagna (questa era divisa in due, una per la didattica e una riservata ad attività collaterali) dei quadri di Segantini con i gessetti colorati; opere che allora mi interessavano e mi stimolavano la fantasia. Più tardi, verso i diciotto anni, ho inizia-
Quali sono state le correnti artistiche o gli artisti che ti hanno influenzato? Nel tempo mi sono interessato a diversi artisti. Il mio primo libro d’arte che ho acquistato è stata una monografia su Rembrandt . Ero in prima
SCENOGRAFIA, 2017, acrilico su tela, 100 x 100 cm
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mazione che per una vicinanza di pensiero.
media quando ho visto questo libro nella vetrina di una cartoleria di Cles, era lì da tempo ed era ingiallito dal sole. L’ho acquistato con i pochi soldi che avevo dopo mesi che lo osservavo. Il secondo libro mi è stato regalato e riguardava un pittore che si chiamava Longinotti; dipingeva delle donne molto belle vestite in pizzo nero in posa davanti a lapidi in eccentrici cimiteri. Poi altri libri, mostre, viaggi, vado in ordine sparso: Bruegel, Goya, Turner, Courbet, Redon e di recente Antonio Lopez Garcia e Piero Guccione. Mi sono interessato al surrealismo e ad altre correnti artistiche più per un desiderio di for-
Nel corso della tua carriera, hai conosciuto artisti locali o nazionali? Ho conosciuto molto bene Paolo Vallorz e con lui, Zanoni e Rossi abbiamo formato la “Scuola di Caldes”. Tramite Vallorz ho incontrato Diego Giacometti , fratello di Alberto, Piero Guccione, Jean Paul Riopelle. Ho lavorato con Giovanni
SCENOGRAFIA, 2018, acrilico su tela, 100 x 100 cm
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VOLO, 2017, acrilico su tela, 100 x 100 cm
Segui le tendenze dell’arte contemporanea? Cosa ti interessa e cosa non ti piace?
un’artista debba rapportarsi a quanto succede nel mondo artistico, anche per rafforzare il proprio “credo” o metterlo in discussione. Oggi rispetto ad anni fa è molto più difficile trovare dei “corridoi” di pensiero, il contesto artistico va in ordine sparso. Naturalmente per scelta prediligo il figurativo. Non mi piace l’arroganza in arte, amo l’umiltà delle proposte. Purtroppo la decadenza che viviamo ha bisogno di spettacolo, di show culturali che poco hanno a che fare con la vera cultura.
Sono curioso e quando posso vado a vedere mostre che non sempre coincidono con il mio modo di vedere e concepire l’arte. Voglio capire le tendenze d’oggi e confrontarmi, penso che
Hai sempre privilegiato il linguaggio figurativo o hai sperimentato anche forme più astratte di espressione?
Leo Salvotti, architetto, che ritengo a suo modo artista. In Alto Adige conosco Gotthard Bonell e Robert Bosisio, nel 1997 ho conosciuto i Vallazza, Othmar Winkler e prima ancora Rocca, Wolf, Mazzonelli, Sartori e altri, poi alcuni Maestri di vita…(Maestri con la maiuscola perché per me sono importanti).
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PAESAGGIO VERDE, 2017, acrilico su tela, 100 x 100 cm
Sono un figurativo da sempre anche se sono attratto dalla parte astratta di alcuni elementi della natura: il cielo, l’acqua e il fuoco. Alcune mie opere indagano appunto questa “bellezza astratta” per poi allontanarsi e ricomporre un paesaggio. Talvolta in maniera quasi casuale mi succede di stendere dei colori e ottenere delle composizioni astratte che poi cancello, una sorte di poesia anomala che per un attimo mi dà piacere.
Come sono nati i tuoi cicli pittorici sull'acqua? Il ciclo dell’acqua è nato molti anni fa ed ha origine da una suggestione raccolta in Val di Rabbi, precisamente in località di Saent dove l’acqua commuove per la sua bellezza. Tornato in studio misi su tela quella emozione e di lì partì tutta una ricerca sull’acqua che tutt’ora mi interessa. L’acqua è un tema straordinario sia a livello pittorico che di messaggio.
Qual è la tecnica artistica che utilizzi principalmente nella tua attività? E quelli sul fuoco in cui introduci due novità: gli spazi architettonici interni e il colore rosso dominante?
Dipingo con un metodo tradizionale ad acrilico su tela preparata con fondo rosso. 11
Ritengo il fuoco simbolico di un rito di vita e di morte. Gli spazi architettonici sono pensati come delle scenografie dove si rappresenta la forza, ma anche il mistero, del pensiero umano. Il rosso è energia, amore, ma anche vino, sangue. E’ un colore unico che appartiene più all’uomo che alla natura, non a caso è rappresentativo di situazioni forti e di passione. Una stanza rossa è anche un luogo di indicibili momenti segreti.
Cos'è per te il colore? E la materia?
gio del colore (nel mio caso intendo materia lo spessore del pigmento).
I tuoi soggetti naturali derivano da un modello reale o sono inventati? Io lavoro associando luoghi della memoria diversi secondo una logica emotiva. Succede poi che mi sorprendo davanti a un esito paesaggistico non identificabile con una realtà geografica, ma suggestivo nel percorrerlo con lo sguardo. L’invenzione mi dà la possibilità di viaggiare nel territorio dell’inconscio.
Il colore per me è linguaggio, la materia ha una consistenza e quindi può rafforzare il linguag-
SCENOGRAFIA CON LETTO, 2018, acrilico su tela 100 x 100 cm
La figura umana e il ritratto sono soggetti che non ti interessano?
In questo momento sono attratto da questi spazi architettonici rosso intenso. Mi piacerebbe riprendere nuovamente la figura per inserirla in queste scenografie, evidentemente attraverso un processo di avvicinamento graduale e ragionato. Ho esposto una decina di ritratti in una galleria a Parigi nel 1986.
Pensi che un artista debba rimanere legato alle proprie radici? Decisamente si, non ho dubbi. Come si è legati alla propria madre si è legati alla propria terra madre. Se ricordo bene Emile Zola scriveva che per essere internazionali bisogna portare la propria terra in giro per il mondo. Le proprie radici concorrono a formare una personalità e quindi non vanno mai rinnegate ma rafforzate con un sentimento di giusto orgoglio anche se può sembrare un atteggiamento provinciale che poi non è.
Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile? Ho sempre cercato una pittura molto personale e quindi riconoscibile. Oggi in particolare credo che questa ricerca sul “rosso” sia distinguibile nel rappresentare la forza anche energetica di un colore.
Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Sei interessato a un “messaggio” nell’opera? Con le mie opere cerco di rappresentare o meglio dare emozioni, anche perché ritengo
PAESAGGIO, 2015, acrilico su tela, 100 x 30 cm
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SENZA TITOLO, 2017 acrilico su tela, 70 x 70 cm
La seguo non con costanza, ma sufficientemente. Penso si possa fare di più, in particolare credendo nei propri artisti valorizzandoli e sostenendoli, sia qui in Trentino che fuori provincia. Purtroppo un retaggio culturale diffuso vede sempre il meglio fuori prima che dentro, da altre parti è l’opposto. Da quanto percepisco dai miei amici altoatesini la situazione in Alto Adige è migliore.
che sia questo il vero lavoro dell’artista. Con le emozioni l’artista deve veicolare dei messaggi di vita. Oggi più che mai l’arte deve spronarci al sentimento, scuoterci da una condizione di indifferenza, non solo artistica ma soprattutto sociale.
Segui la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più o meglio per il settore artistico?
Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi?
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Conosco artisti che con serietà fanno della buona arte. La mia opinione potrebbe essere di parte ed avere dei limiti in quanto ne faccio parte. Ritengo che a questa domanda possa rispondere meglio un poeta, uno scrittore, un musicista o un critico.
associamo il valore artistico a quello economico e qui sì sta la differenza. La vera cultura artistica va misurata in termini di qualità non di denaro, o perlomeno in misura pari. Capisco che è pura illusione! Il prodotto artistico, quello che innova, bisogna cercarlo di nuovo ai margini.
Cosa manca agli artisti trentini per poter essere più presente sul mercato esterno?
Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?
Come dicevo manca questa spinta. L’artista trentino a mio avviso e per quello che conosco, non è da meno rispetto all’artista che opera nei grandi centri economici e culturali. Purtroppo
Intendo come “bellezza” un insieme di valori, situazioni e emozioni che contribuiscono a farSENZA TITOLO, 2017 acrilico su tela, 100 x 100 cm
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SENZA TITOLO, 2016, acrilico su tela, 100 x 100 cm
CROCE, 2001, acrilico su tela, 250 x 250 cm
ci vivere bene. La ricerca della bellezza non è un esclusivo compito di chi fa arte, ma di tutti; semmai l’artista facilita questo sentimento e talvolta ne indica la strada. Sì, è un valore che cerco anche nella vita, ho un figlio che vive su una carrozzina, in questo mi aiuta e mi fa capire il senso della “bellezza”.
Lascio la risposta alle mie opere.
E, per finire, chi è l’artista? L’artista di oggi non è quello di ieri. Nel nostro tempo questa figura è meno incisiva anche perché si muove in una società in continua evoluzione, peraltro segnata da stimoli contrastanti. Questo tempo che viviamo è contraddistinto da “troppo pieni “o “troppo vuoti”. Chi fa arte oggi ha il compito di cercare delle vie di rinnovata fede nel guardare avanti, di riempire i “vuoti”. L’artista è un costruttore di emozioni e speranza, insomma un fabbricante di energia per gli occhi, ma non solo, anche per il pensiero.
Cosa è per te l’arte? E’ una domanda che mi faccio tante volte e a cui non ho ancora dato una risposta esaustiva; sicuramente l’arte quando di qualità si avvicina al concetto di bellezza e di laica trascendenza. Uno sguardo che va oltre.
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Una storia personale fatta di tante esperienze anche umane che hanno concorso a marcare la sua ricerca artistica e la sua sensibilità di uomo. Per sua scelta partecipa a poche mostre. Nel 2016, un suo libro dal titolo “Dedica” ha riscosso un notevole apprezzamento per il forte contenuto artistico ed emotivo.
Mostre Personali
1975 Palazzo Assessorile, Cles 1983 Palazzo Pretorio, Trento 1987 Castello di Caldes, Caldes 1994 MART, Palazzo delle Albere, Trento 1998 Torre Avogadro, Lumezzane BS 1999 Spazio Ergy, Milano 2005 - 2005 Galleria d’arte Il Castello, Trento 2006 Centro culturale e congressuale ”Alla sosta dell’imperatore”, Folgarida 2009 Maso Lodron Bertelli, Caderzone Terme 2018 Spazio delle Arti, Trento
MAURO PANCHERI Nasce nel 1956 a Caldes in Val di Sole, nel Trentino Occidentale, dove vive e lavora. Dopo una ricerca orientata a un surrealismo lirico affronta decisamente un naturalismo figurativo visto attraverso una rielaborazione interiore. Espone a Parigi e visita i più significativi musei europei. L'amicizia con il pittore Paolo Vallorz gli fa approfondire i significati di una pittura dal linguaggio diretto, autentico. Nel 1988 è invitato alla mostra "Arte nel Trentino dal 1945” allestita presso il Museo delle Albere-Mart di Trento. Nel 1992 a Torino riceve il 3° premio al concorso "G.Sobrile”; l'opera entra nella collezione permanente della Galleria civica. Il Mart di Trento e Rovereto nel 1994 gli dedica il quaderno n.15 della serie "Archivio di documentazione Arte contemporanea” e contestualmente una mostra. Nel 1995 espone alla Biennale di Arte moderna di Dubrovnik, dove riceve il 1° premio per l'Italia. Nel 1997 è presente alla mostra "Un'arte senza frontiera” a Castel Caldes dove sono riuniti artisti tedeschi, ladini e trentini. Espone a Verona, Brescia, Bolzano Kempten. Nel 1999 lo Spazioergy di Milano gli organizza una personale dedicata alla montagna. Nel 2005, altra personale alla galleria "Il Castello” di Trento, con una serie di dipinti dedicati all'architettura di montagna. Artista legato alla sua terra ma capace di andare oltre le apparenze, in costante ricerca di una rappresentazione pittorica dell’indicibile interiorità in dialogo con le fascinazioni narrative dei luoghi esteriori di marcata valenza territoriale. Un percorso complesso ma sempre risoluto e personale. Ha fatto parte della “Scuola di Caldes” con Vallorz, Zanoni e Rossi. Per anni membro del direttivo e Vice Presidente del Centro Studi per la Val di Sole.
Mostre Collettive
1984 Centre International d’Art Contemporain, Parigi 1986 La Mandragone Galerie d’Art, Parigi 1988 Situazioni Arte nel Trentino, Palazzo delle Albere, Trento 1990 L’uomo, l’albero e il fiume, Castel Ivano, Premio “Sigillo d’oro”, Ivano Fracena 1990 Galleria Folco, Torino 1992 Mole Antonelliana, Premio G. Sobrile (3°premio), Torino 1992 Residenzgebaude, Kempten (D) 1994 Salon Rabelais, Chinon, Poitiers, Lyon, (F) 1995 Museo di arte moderna di Dubrovnik, Croazia 1997 Arte natura Val di Sole, Galleria Goethe, Bz Un’arte senza frontiere, Castel Caldes, Caldes 1998 Premio Ermanno Casoli (finalista), Serra San Quirico (AN) 1999 Quadri di realtà, Galleria Officina Rivadossi, Brescia 2000 The Sharjab Art Museum, Sharjab Emirati Arabi 2001 Pulchra Ecclesia, Montichiari (BS) 2003 Situazioni Arte 2003, MART, Rovereto 2009 Arte e fumetto raccontano l’acqua, Acquario civico, Milano 2012 Acqua, Castel Ivano, Ivano Fracena A destra: ACQUA, 1994, acrilico su tela, 300 x 60 cm
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ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2020 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:
www.icsart.it icsART N.1 2020 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio
PERIODICO della icsART N.10 - Ottobre ANNO 2019
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MERCATO DELL’ARTE ?
NICOLAS de STAËL (1914-1955), Parc des Princes, 1952, olio su tela, 201 x 351,5 cm, venduto da Christie's Parigi 2019 a € 20.000.000 ($ 22.156.000) (vedi a pag.28). Nicolas de Staël, il cui vero nome era Nikolai Vladimirovich Staël von Holstein, figlio del generale e vice comandante della fortezza della città, era nato a San Pietroburgo nel 1914. Dopo la rivoluzione del '17, la famiglia, costretta all'esilio, si rifugia in Polonia e, quando due anni dopo muoiono i genitori, Nikolai e le sue due sorelle sono accolti da una famiglia russa residente a Bruxelles dove il giovane studierà presso il collegio dei Gesuiti e poi, visto il suo interesse per la pittura, all'Accademia Reale di Belle Arti.
Durante uno dei suoi viaggi, conosce in Marocco Jeannine Guillou, pittrice già affermata e con un figlio con i quali va a vivere a Parigi. Nel 1939 si arruola nella Legione Straniera francese prestandovi servizio due anni; si ricongiunge con Jeannine a Nizza e qui entra in contatto con artisti come Sonia e Robert Delaunay, Jean Arp e Alberto Magnelli che orientano la sua pittura figurativa verso uno stile più astratto. Si trasferiscono a Parigi dove nasce la figlia Anne nel '42 e vivono stentatamente aiutati dagli amici. Nel 1944 espone con Magnelli e Kandinskij alla Galerie Jeanne Bucher a Parigi e, l'anno seguente inaugura la sua prima personale che sarà lodata da Georges Braque. Nel 1946 la moglie muore in conseguenza di un aborto e, pochi mesi dopo, Nicolas sposa la ragazza che si prendeva cura dei suoi figli, con la quale avrà altri tre figli. Due anni dopo ottiene la cittadinanza francese. De Staël, che odia allinearsi con qualsiasi corrente, vuole superare la rigida contrapposizione "astrazione-figurazione" che caratterizza il mondo artistico a quel tempo: «Una pittura dovrebbe essere sia astratta che figurativa. NU COUCHÉ, 1954, olio su tela, 97 x 146 cm venduto da Artcurial Paris 2011 a € 7.033.418 ($ 6.350.700)
NICOLAS DE STAËL
COMPOSITION, 1950, olio su tela, 204 x 404 cm venduto da Christie's Paris 2014 a € 4.241.500 ($ 4.697.500)
Astratta nella misura in cui è una superficie piana, figurativa nella misura in cui è una rappresentazione dello spazio». I temi che occupano un posto centrale nella sua produzione sono la materia, i paesaggi e le nature morte. La sua tecnica, basata su un impasto spesso creato quasi esclusivamente con la spatola che dà alla materia un posto preponderante, e la riduzione delle forme a piani di colori audaci e vividi, diventano le caratteristiche riconoscibili di quegli anni. Il suo tentativo di un rinnovamento permanente e il suo ritorno alla figurazione, però, suscitano polemiche e critiche. Nel frattempo i suoi dipinti riscuotono un grande successo di vendite negli Stati Uniti che permettono a Nicolas di vivere del proprio lavoro. Una svolta avviene nel '52 dopo aver assistito a un incontro di football che dà inizio al ciclo che lo porta verso una sempre maggiore libertà e consapevolezza. Nel '53 si innamora di una donna sposata, Jeanne Mathieu: travolto dalla passione lascia moglie e figli e va a vivere da solo ad Antibes, dipingendo nudi in cui la modella è sempre Jeanne. Un viaggio in Italia nel '53, stimola la sua creatività spingendolo a di-
pingere un gran numero di paesaggi siciliani sotto il sole colorati in arancione, rosso, verde e giallo abbaglianti. Tra il '53 e il '54, trascorre un periodo in Provenza e, ispirato dal paesaggio e dalla luce del luogo, crea un corpus unico di opere che sono tra le più originali e riconoscibili della sua carriera. Il pittore adotta una tavolozza dai colori audaci e luminosi producendo una serie di ricchi paesaggi astratti minimali con una tecnica diversa: abbandona gli impasti spessi che l'hanno reso famoso, diluisce i colori e, lavorando freneticamente a pennello su più tele allo stesso tempo, realizza nel suo ultimo mese di vita più di 350 dipinti. L'artista entra in crisi quando il rapporto con la critica s'incrina a causa del nuovo stile proposto. E quando Jeanne lo lascia, Nicolas De Staël, che aveva sofferto per tutta la vita di crisi depressive, nel momento in cui, dopo una carriera durata dieci anni ha finalmente raggiunto il successo, si ammazza nel '55, a soli 41 anni, gettandosi dalla terrazza della sua casa ad Antibes. 21
FULL-LIPS "FULL-LIPS" è il titolo della mostra organizzata dal collettivo femminista svedese Blood Red Flesh (Carne rosso sangue) negli storici magazzini portuali di Värtahamnen, a Stockholm. L'evento intendeva rappresentare un omaggio all’artista statunitense Carolee Schneemann, la "nonna" delle femministe della prima generazione e una delle figure più importanti della body art, scomparsa all’età di 79 anni nel marzo 2019. La Schneemann diventata famosa per alcune sue performance come "Meat Joy" (Gioia di carne) del '64, descritta dall'artista come un «rito erotico e una dionisiaca celebrazione della carne come materiale», lavorava sul proprio corpo come medium per le sue teorie. L'artista possedeva delle peculiarità che favorivano molto l'interesse nei confronti delle sue performance pubbliche, allora definite dai critici d'arte, oscene e pornografiche: essere affa-
scinante, esibizionista e priva di inibizioni. Non aveva alcuna remora, infatti, a presentarsi nuda e ostentare liberamente in pubblico le proprie parti intime. Oggi, a distanza di più di 50 anni, si è persa una parte della forza provocatoria dei suoi happening perché il nudo è stato sdoganato a tutti i livelli, ma uno dei suoi pezzi più censurati, "Interior scroll" del 1975, rimane tuttora imbarazzante per le persone più sensibili. L'esibizione consisteva nell'artista nuda in piedi su un palco davanti a un pubblico (pare, solo femminile), la quale traeva dalla propria vagina un lungo rotolino di carta sul quale erano scritti dei testi che lei leggeva ad alta voce. Come dire, abbastanza traumatizzante per molti spettatori, ma era proprio ciò a cui lei mirava. E' forse per una diversa sensibilità che le giovani e giovanissime artiste svedesi appartenenti al collettivo hanno scelto di privilegiare altre
BLOOD RED FLESH
forme di espressione artistica optando per dei dipinti iperrealistici che rappresentavano parti del corpo femminile meno esplicite di quelle esibite dalla Schneemann ma, pur sempre intriganti per i visitatori. Le monumentali tele esposte, frutto del lavoro di un gruppo di artiste femministe, raffiguravano vere labbra femminili ingrandite 4- 500 volte ed esasperate nella colorazione per sottolinearne le "valenze carnali e sensuali". L'allestimento basato su un uso sapiente delle luci riusciva a simulare una visione tridimensionale, facendo fuoriuscire dagli spazi le turgide presenze esposte. I dipinti, applicati su grandi pannelli piani, oppure fissati su più pareti al fine di avvolgere l'osservatore, erano in grado di stimolare nel pubblico delle sensazioni inaspettate forse meno provocatorie ma, probabilmente, più provocanti e più coinvolgenti delle performance "intime" della femmi-
nista statunitense. Le Blood Red Flesh si proponevano di affrontare con un taglio critico radicale e un linguaggio artistico innovativo, un tema oggi particolarmente attuale: la continua e crescente sottolineatura della bellezza femminile in chiave esplicitamente ed esageratamente sessuale, soprattutto da parte degli stilisti e dei creativi legati al fashion, look, make up ecc. La storica "donna oggetto" sembra essere ormai superata, sostituita dalla "mangiatrice di uomini" (e donne). Apparentemente cosciente del ruolo che la società le richiede, essa si "modella chirurgicamente" per essere conforme alla visione che i guru del "sex appeal" (richiamo sessuale) vogliono trasmettere affinché la donna del futuro, grazie all'esasperazione dei segnali estetici ed erotici conquisti il potere passando attraverso il controllo della libido dei consumatori.
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FRANK FRAZETTA Frank Frazetta (1928-2010), EGYPTIAN QUEEN, Painting Original Art (1969), olio su tela, 66 x 50,8 cm, venduto da Heritage Auctions a Chicago, Illinois, Asta di fumetti e fumetti d'autore, maggio 2019, per $ 5.400.000 (€ 4.838.000). Si potrebbe pensare che nelle aste di fumetti le opere in vendita si mantengano a livelli economici coerenti con i collezionisti del genere, presumibilmente giovani. Al contrario, anche se è vero che i prezzi possono variare da poche centinaia a diverse centinaia di migliaia di dollari, talora vengono battute delle opere talmente ambite da ricchi amatori, al punto di offrire per un piccolo dipinto ad olio su tela di Frank Frazetta, la cifra degna dei capolavori di grandi Maestri, di quasi cinque milioni e mezzo di dollari. Qualcuno potrà porsi la domanda più che legittima: ma chi cavolo è Frank Frazetta? Effettivamente, è un nome fuori dai circuiti dell'arte ufficiale e istituzionalizzata dato che fa parte dell'arte di nicchia dell'illustrazione "fantasy", poco considerata dai critici colti, in quanto classificata arte figurativa popolare di serie "B". Il prezzo più alto pagato fino ad allora per un dipinto di Frazetta era stato di $ 1,5 milioni per "Conan the Destroyer", venduto nel 2010. Allora, come si motiva il prezzo stellare battuto per un'opera snobbata da intellettuali e collezionisti delle fasce alte? Probabilmente perché è amata da chi all'arte chiede realismo ma anche immaginazione, emozioni, sogni, avventura e non solo l'imprimatur della cultura alta. Il dipinto è stato definito dalla casa d'aste: «Il singolo pezzo più famoso di Frazetta... la "Gioconda" dell'artista ... la "Regina egiziana" enigmatica, amata e spesso imitata, un'immagine inquietante a cui legioni di ammiratori sono tornati di volta in volta». E' indubbio che Frazetta possedesse un talento pittorico notevole:
le forme morbide della procace e sensuale regina Nefera valorizzate da un sapiente gioco di luci e penombre cinematografiche, in cui spicca la lucentezza della colonna di marmo, creano un effetto incredibilmente realistico e quasi ipnotico. Il seducente visino imbronciato, quasi malinconico della giovane donna coperta solo dalla gonna color turchese, un lungo velo delicatamente ricamato, contribuiscono a rendere questa composizione potentemente esotica e lussureggiante. Dopo aver raggiunto una carriera di successo lavorando negli anni '50 e nei primi '60 nel mondo dei fumetti e delle riviste, l'artista ha dimostrato il suo talento nelle copertine e libri illustrati a partire da metà degli '60. In breve tempo, ha reinventato e ampliato in modo massiccio l'intero campo dell'illustrazione "fantasy", vendendo da solo centinaia di migliaia di suoi libri e poster. Frazetta ha prodotto alcuni dei suoi lavori più incredibili durante questo periodo attraverso il continuo affinamento del proprio genio, portandolo a questo spettacolare dipinto nel 1969, l'apice della sua creatività di artista. Apparsa per la prima volta sulla copertina della rivista Eerie n.23 a metà del 1969, la "Egyptian Queen", è stata riprodotta nei decenni successivi in una infinità di stampe, litografie e poster. Mentre l'artista continua a produrre dipinti popolari per altri 30 anni, l'immagine indimenticabile della "Regina" che ha catturato la fantasia dei giovani lettori, è rimasta impressa nelle menti di intere generazioni. Oggi, il Frazetta Art Museum, a East Stroudsburg in Pennsylvania, ospita la più grande collezione al mondo di originali dell'artista scomparso nel 2010: trenta lavori a olio e centinaia di pezzi grafici a matita, penna e acquerello, che attirano da tutti gli Stati Uniti i fedeli del Maestro. 24
STORIA DELL’ARTE
Gennaio 2020, Anno 9 - N.1
News dal mondo NICOLAS DE STAテ記
Parc des Princes, 1952
NICOLAS DE STAテ記
Nu debout, 1953
pag. 30
NICOLAS DE STAテ記
Agrigento, 1953
pag. 31
Paesaggio zenitale, 2015
pag. 32
Omaggio a NICOLAS DE STAテ記
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pag. 28-29
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NICOLAS DE STAËL, Parc des Princes, 1952, olio su tela 29
201 x 351,5 cm, venduto da Christie's Parigi 2019 a € 20.000.000 ($ 22.156.000)
NICOLAS DE STAËL, Nu debout, 1953, olio su tela 146 x 89 cm, venduto da Christie's New York 2018 a $ 12.125.000 (€ 10.950.000)
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NICOLAS DE STAËL, Agrigento, 1953, olio su tela, 89,2 x 130 cm, venduto da Christie's London 2012 a GBP 5.305.250 (€.300)
PAOLO TOMIO: Omaggio a NICOLAS de STAËL Paesaggio zenitale, 2015, acrilico su carta 30 x 21 cm
ics
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