icsART 2020 N.6 Federico Seppi

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PERIODICO della icsART N.6 - Giugno ANNO 2020

icsART


In copertina: FEDERICO SEPPI, VALLE SOSPESA, 2018, Terre di confine, legno e foglia argento, 195 x 197 cm collezione privata


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icsART

sommario

Giugno 2020, Anno 9 - N.6

Editoriale

La pecora Boris

pag. 4

Politica culturale

In ricordo di Sergio Bernardi

pag. 5

Intervista a un artista

Federico Seppi

Mercato dell’arte?

Balthus

pag. 20-21

Geometria illusoria

La Cina in chiaroscuro

pag. 22-23

Storia dell’arte

Das Messer Victorinox

pag. 24-25

pag. 6-19

News dal mondo BALTHUS

THÉRÈSE SUR UNE BANQUETTE, 1939

pag. 28

BALTHUS

LADY ABDY, 1935

pag. 29

BALTHUS

LE LEVER, 1975-78

pag. 30

BALTHUS

NU AU FOULARD, 1981-82,

pag. 31

LE VOYEUR, 2020,

pag. 32

Omaggio a BALTHUS

Copyright icsART Tutti i diritti sono riservati L’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare


EDITORIALE

LA PECORA BORIS Il 14 marzo il premier inglese Boris Johnson, detto Bojo, dichiara alla televisione «Molte famiglie perderanno i loro cari». Perché questa predizione così tragica? Perché questo genio, su consiglio del suo consulente scientifico sir Patrick Vallance, aveva deciso di non fare nulla e attendere che il 60% dei britannici contraesse il Covid19 per "sviluppare l'immunità di gregge". La scelta di Johnson ha lasciato allibita la comunità scientifica visto che mezza Europa si stava asserragliando in casa e a quella data in Italia stavano morendo 3-400 persone al giorno. E' vero che la Gran Bretagna è un'isola autosufficiente, che è un ex Impero, che i britannici hanno resistito vittoriosamente a Hitler e che si sentono superiori ai continentali, ma accettare una strage per diventare immuni dai virus... Per fortuna il borioso Boris è stato tra i primi contagiati così che l'uomo di potere che si riteneva intoccabile, è stato obbligato a scendere dal suo Club very snob tra i comuni mortali. Il terrore, quando si è trovato a guardare in faccia la morte, lo ha spinto a rivedere velocissi-

mamente la teoria pecorina e tornare sulle sue decisioni. Bojo è stato curato con ogni attenzione anche per impedire che il Paese già in crisi per la Brexit si trovasse senza Primo Ministro e, grazie alla vera scienza, ha salvato la (sua) pelle. Oggi il Regno Unito è il primo Paese europeo per numero di infetti e di morti (così come gli Stati Uniti del suo degno compare Trump, un altro demente, sono primi nel mondo), ma l'infezione non accenna a diminuire e non si sa a quanto potranno arrivare le cifre finali. Nessuno ha chiesto a Mister Johnson se, in quanto diretto responsabile del contagio di una buona parte di quei poveretti che hanno pagato con la vita la sua scelta antiscientifica, antisociale e criminosa, se non senta il dovere morale di presentare le proprie dimissioni. Oppure, in alternativa, non debba essere cacciato a pedate per palese incapacità. Vedremo se, a pandemia conclusa, i sudditi di Sua Maestà la Regina dimenticheranno di essere stati trattati alla stregua di pecore da macello e consentiranno al biondo e zazzeruto Boris di rimanere inchiodato al suo posto di comando. 4


POLITICA CULTURALE IN RICORDO DI SERGIO BERNARDI Avevo sentito Sergio durante la quarantena, stava bene ed era come sempre impegnato nei suoi tanti interessi: aveva creato un nuovo ciclo pittorico sulla tempesta Vaia di cui era molto soddisfatto, doveva decidere cosa fare della sua immensa collezione di cartoline illustrate e stava mettendo ordine nei suoi archivi che raccoglievano la storia della sua multiforme attività di artista, giornalista, editore, curatore di mostre, fondatore di premi. Una storia che qualcuno dovrà scrivere per ricordare il suo ruolo di agitatore e promotore culturale in un Trentino troppo spesso autoreferenziale. Ci conoscevamo fin dai suoi inizi a Trento e, anche se lui era più grande di me, ci univano alcuni comuni interessi e una stima reciproca basata sulla passione per l'arte e la politica. Sergio non aveva mai perso lo spirito combattivo che l'aveva sempre mosso, la voglia di capire il mondo e, soprattutto, di cambiarlo. Sia tramite Uomo Città Territorio la rivista che aveva fondato, fucina di idee e stimoli in un contesto ancora molto provinciale, sia mediante la casa editrice

UCT Libri, con i quasi 200 libri pubblicati: storia, narrativa, politica, cronaca, poesia, arte, filosofia... Perché Sergio era sempre curioso, interessato a tutto, e anche se informatissimo, amava confrontarsi e discutere per imparare dagli altri. Ho avuto il piacere di pubblicare la sua intervista sul numero 9 del 2013 di FIDAart (vedi in basso), sfogliabile al link https://www.icsart.it/ fidaart-2013-n-9-sergio-bernardi/. Nell'introduzione scrivevo: «Sergio ha attraversato numerose stagioni che lo hanno visto sperimentare quasi tutti i maggiori linguaggi dell’astrazione con incursioni anche nella scultura e nelle installazioni. Sarà per la sua prossimità ad altre forme d’arte come la musica, la letteratura, il teatro o solo per il fatto di essere un trentino-modenese che ha mantenuto il carattere più estroverso delle sue origini, che le sue opere sono ancora sanguigne, vivacissime, fortemente espressive, composte da gesti veloci e nervosi. E sarà anche per quella sua vena polemica e per l’altro suo grande interesse, l’impegno sociale, che gran parte delle sue opere sono improntate ad una forte carica di denuncia morale e politica». 5



Intervista a FEDERICO SEPPI Il tema del rapporto dell'uomo con la natura sarà centrale negli anni a venire a causa delle crisi che, inevitabilmente, produrrà uno sviluppo economico globalizzato mosso solo dalla massimizzazione del profitto e, per ciò stesso, irresponsabile e disinteressato alle conseguenze provocate all'ambiente. Gli artisti più sensibili hanno colto prima di altri i segnali che la Terra ci manda scegliendo di uscire dagli spazi istituzionalizzati, studi, gallerie, musei, per indagare la realtà esterna e interrogarsi sul loro rapporto con il mondo della natura nel tentativo di ritrovare un equilibrio ormai perduto. Anche Federico Seppi fa parte di quelle correnti artistiche che cercano nella natura il senso del proprio fare e del proprio essere, qui e ora. Figlio d'arte, pittore e scultore formatosi all'Accademia, si descrive come «vissuto immerso nella natura»; il suo "destino", dunque, era già scritto, si trattava di scoprire-inventare nuove modalità espressive coerenti con la sua ricerca di una creatività non convenzionale. Le ha trovate in un confronto diretto e privilegiato con le forze vitali della natura - fonte primaria della sua ispirazione da cui cerca di apprendere, con umiltà e fatica, le leggi che la regolano. Per fare ciò, si è dovuto liberare da sovrastrutture mentali e culturali per potersi accostare senza vincoli predeterminati alla "vera bellezza" che la natura mostra solo a chi la sappia vedere. E' per questa ragione che in ogni lavoro di Federico, opere bidimensionali, sculture, installazioni, performance, il punto d'arrivo è sempre un'armonia compositiva che nasce dalla sintesi tra ordine e caos. Le sue forme organiche purissime, il loro inserimento nei diversi contesti, i raffinati materiali e cromatismi, le elaborate tecniche esecutive, tutto testimonia della sua esigenza - in bilico tra Illuminismo e Romanticismo - di raggiungere una perfezione formale ed estetica che non dimentichi gli insegnamenti della Storia ma coniughi - riuscendoci magistralmente - l'Arte con la Natura. Paolo Tomio A sinistra: GOCCIA, 2019, legno e rame ossidato diam. 35 x h 150 cm

In basso: SIMULACRO, Respirart - Val di Fiemme 2017, installazione, legno e rame, dim. variabili


Quando hai cominciato a interessarti all'arte e alla scultura? Da quando ricordo, mentre mio padre, pittore e insegnante all’istituto d’arte, era nello studio a creare i suoi dipinti, io ero con lui. Lì avevo a disposizione i materiali più disparati e una totale libertà. Inoltre, sono sempre stato abituato a frequentare musei, mostre, luoghi di rilievo storico-culturale. L’interesse è poi cresciuto nel tempo, si è radicato e moltiplicato. Dopo l’iscrizione all’istituto A. Vittoria di Trento, sapevo già che avrei frequentato l’Accademia di Belle Arti. Quando arrivai a Venezia mi iscrissi al corso di pittura. Su consiglio del professore Carlo Di Racco, notando la mia predisposizione, fui spinto a frequentare anche scultura con il professore Roberto Pozzobon. Decisi di portare avanti entrambe le strade, ma con una sensibilità che via via mi orientò sempre più verso la scultura.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che più ti hanno influenzato? Tra le correnti artistiche che hanno richiamato SVELLERE, 2019, Parco degli alberi sacri - Livo (Val di Non - TN), albero caduto e rame ossidato 10.00 x 4.00 x 4.00 m

con forza il mio interesse trovano di certo spazio la Land Art di Robert Smithson, Walter De Maria e James Turrell. Come anche l’Arte Povera di Gilberto Zorio e di Giuseppe Penone. Ho avuto il piacere di incontrare Penone a Venezia nel 2012, a Palazzo Grassi, in occasione della mostra Il mondo ti appartiene a cui ho partecipato collaborando all’allestimento dell’opera Respirare l’ombra. Oppure mi ritrovo in parte anche in quegli aspetti della Minimal Art dove si porta l’oggetto ad una semplificazione assoluta, ad una pulizia completa, in cui racchiudere un’essenzialità che lascia aperte tantissime voci. In generale cerco di tenere uno sguardo sempre aperto: è soprattutto la singolarità del gesto artistico a colpirmi perciò trovo interessanti elementi di tanti artisti diversi non solo appartenenti a queste correnti. L’ottica di confronto è sempre sorretta da un’intenzione personale volta a rielaborare elementi utili a spingere oltre la mia ricerca personale. In questo senso aspetti di coesione possono nascere anche da contatti con artisti in apparenza molto lontani dal mio lavoro. Allora penso alla luce dei quadri di William Turner, o di Caspar David Friedrich o alle sculture di Medardo Rosso, allo sfasamento percettivo dato dalle opere di Enrico Castellani, o alle astrazioni del trentino Fau-


MINIMI SEGNi, 2020, 4 pezzi, 31,5 x 36,5 cm l'uno legno di tiglio e foglia argento a guazzo

sto Melotti. Ho maturato un bagaglio culturale ampio, orientato alla coerenza di una poetica personale, che travalica i confini del gusto e si estende e si nutre con occhio critico di una miriade di punti di vista.

hanno avuto un proprio periodo storico che le ha viste svilupparsi e definirsi, hanno certamente aperto delle strade importanti. Come nella Land Art opero in natura ma non intervengo sulla natura, e fatta eccezione che per alcuni casi, le mie opere non hanno il carattere effimero di queste. Mentre, per quanto riguarda l’Arte Povera, se di questa porto avanti la valorizzazione delle possibilità espressive insite nella materia vegetale e minerale, e l’attenzione rivolta agli aspetti processuali del lavoro, la mia azione non è di reazione ai valori culturali di una società organizzata e tecnologicamente avanzata, né si rivolge all’archetipo come sola possibilità di comunicazione dell’arte. Inoltre, se parlassi di Arte Povera, metterei in secondo piano la ricerca formale che invece è importante nelle mie opere. Ci sono, dunque, affinità ma anche irrimediabili distanze date dal fatto di vivere in un periodo storico differente. Arte Ambientale è una macrocategoria in cui al suo interno trovano luogo le due categorie precedenti, perciò anche in questo caso ritrovo coerenze ma anche una genericità che non individua la specificità del mio lavoro. Quello che io faccio è un lavoro che parte dal macro e si spinge fino al micro, che si connette a tutte queste correnti ma dove l’idea centrale è proprio di indagine continua di ogni aspetto della natura, dalle sue meccaniche e strutture messe in luce dalle teorie di fisica quantistica, alle sue manifestazioni

Hai praticato anche la pittura o ti sei orientato subito verso la scultura? Il primo anno di accademia ero iscritto a pittura. Ho iniziato a dipingere alberi, poi le cortecce degli alberi, mettendo sul dipinto sempre più materiale finché ho utilizzato proprio il materiale del soggetto che stavo realizzando e senza neanche accorgermi stavo realizzando delle sculture, dei bassorilievi. Così ho iniziato a sentire per la materia una forte carica attrattiva e questo ha fatto si che entrassi nella sfera della scultura, del tridimensionale. Ho sempre odiato i formati standard e i limiti dello spazio: la mia è stata una fuga dettata dalla mia inesorabile voglia di sperimentare.

Come definiresti il tuo tipo di scultura: arte ambientale, Land Art, arte povera...? Il mio lavoro può trovare corrispondenze in molte di queste correnti anche perché lo hanno ispirato, ma non trovo che lo definiscano completamente. Land Art e Arte Povera sono categorie storiche, nascono più di cinquant’anni fa, 9


PUNTO DI RUGIADA, 2017, installazione Grenzländer Terre di confine, legno di cedro e foglia argento dim.variabili_Courtesy BoccaneraGallery

poter dire che studiando l’universo naturale delle cose incontro me stesso. In questo senso il significato che prendono ha la complessità e la carica rivoluzionaria dell’emozione e della riscoperta del quotidiano.

visibili ad occhio nudo e nella quotidianità. Mi sento partecipe di tutte queste correnti come di altre, allo stesso tempo, però, mi sento anche in una sfera nuova, dove il fulcro della mia poetica verte sul contatto diretto, fisico, con la materia e su un tipo di rapporto investigativo nei confronti della natura. Non indago solo concetti come l’energia ma anche la forma: le correnti si intrecciano tutte, convergono dando vita ad un’indagine nuova: più che ripercorrere le strade segnate da queste correnti, sono i punti latenti, le aperture e i vuoti lasciati da queste in cui mi inserisco, per creare un lavoro autonomo e nuovo.

Che differenza c’è tra una installazione nella natura e una scultura tradizionale? Installare in natura spinge a liberarsi di molti stereotipi e dei canoni tradizionali, chiedendo di comunicare con l’ambiente circostante per ricercare con esso una stretta simbiosi. In un certo senso gli sforzi mentale e fisico richiesti sono maggiori, poiché orientati non solo alla struttura dell’opera nella sua singolarità ma come presenza parte di un sistema. Per questo serve studiare l’ambiente ed avere una consapevolezza chiara del materiale presente in loco e prediligerlo per realizzare davvero in armonia con il contesto e interagire con la morfologia del territorio. Se lo spazio di collocazione ha influito anche qualitativamente nella struttura di sculture tradizionali figurative (si pensi banalmente alle sculture che decorano i portali delle chiese, o alle opere barocche del Berni-

Cosa significano per te l’ambiente e la natura? Sia l’ambiente che la natura sono realtà definite da una fittissima trama di relazioni reciproche. Chi, come me, è vissuto immerso nella natura non ha potuto non notare le connessioni e interazioni che ci sono in essa. Questa rete che pare invisibile a poco a poco si svela. Tanto da

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ni), nel caso dell’installazione in natura c’è una differenza importante: non è l’opera d’arte contestualizzata all’interno di uno spazio culturale, ma è l’arte che esce dai luoghi istituzionalizzati dalla cultura ed è con questa ‘alterità’ che cerca coesistenza e coesione. È una dinamica completamente diversa nel binomio natura-cultura.

Quali sono le tecniche che utilizzi maggiormente per le tue opere? Non prediligo una tecnica in particolare, spesso è essa stessa ad essere oggetto della mia ricerca, si tratta - più che di uso diretto – di sperimentazione di tecniche diverse, di aprire a delle variabili. Inoltre, ci sono casi in cui è proprio l’aspetto operativo a cui una tecnica costringe ad essere il fattore scatenante la scelta. Ad esempio, amo riprendere tecniche in disuso, come

l’argentatura a guazzo. In questo caso l’atto di realizzazione a cui costringe, ha una forza performativa molto interessante, controcorrente rispetto alla velocità del mondo contemporaneo, ma proprio per questa sua valenza contraria, di reazione, stabilisce un rapporto con l’attualità quasi di necessità. L’intera tecnica richiede grande maestria, richiede esperienza: chiede all’artista di essere provata e riprovata fino a raggiungere un’abitudine nel gesto, una fluidità, come unica garanzia del risultato finale. Questa lentezza e ritualità di movimento porta il lavoro ad una dimensione meditativa, ed in questo tempo rallentato, dilatato, ritrovo lo stesso tempo impiegato dai processi naturali. In altri casi ancora, la tecnica non è capacità di operare un intervento sulla materia, ma è puro e semplice innesco di trasformazioni di cui la materia è capace in natura.

MIMESI, 2016-2018, installazione, dim. variabili


SERIE, 21 PUNTI DI PROPAGAZIONE, 2017 legno e foglia argento, 2.00 x 2.00 m

perati nei boschi come i tronchi caduti (dopo Vaia, ad esempio), sempre nell’ottica di una completa valorizzazione in cui l’idea di scarto o non esiste o se viene prodotto, è ridotto al minimo. Rapporto intimo quindi anche nel senso che i materiali che utilizzo sono sempre stati all’interno della mia vita, quotidianamente: di argilla è pieno il terreno trentino, di pietre le cave, i letti dei fiumi. In generale quando vedo delle proprietà particolari comincio a sperimentarle nell’ottica di una valorizzazione delle qualità singolari e intrinseche ad ogni materiale.

Che rapporto hai con i vari materiali che scegli? Ho un rapporto di forte intimità. Non potrei trovare parola migliore, proprio perché i materiali con cui opero sono vivi, sono comunicativi, e il gesto con cui mi rivolgo ad essi è di reciproca accoglienza. Tendo a seguire il materiale nelle sue linee nascoste e a partire dai suoi indizi per elaborare nuove forme o nuovi segni. In ogni lavoro sperimento un materiale che a sua volta mi porta a scoprire altre sue proprietà, prima ignorate. Da qui nascono nuove idee. Voglio comprendere il materiale fino in fondo prima di utilizzarlo, per non sprecarlo. Per questo le mie scelte dipendono anche dall’ambiente in cui mi trovo, e si aprono all’utilizzo di materiali recu-

E il colore, che ruolo svolge nei tuoi lavori? Il colore è quasi uno stato a cui le opere arrivano. Accompagna la poetica del materiale ed 12


SERIE, 21 PUNTI DI PROPAGAZIONE, 2018 rame ossidato, 2.00 x 2.00 m

è legato all’evoluzione del lavoro e ne sottolinea la dimensione temporale: il colore è mutazione di stato ed è tempo trascorso. Il colore segnala anche una continua comunicazione tra l’opera e l’ambiente o la qualità metamorfica della materia. Tendo a ricercare un equilibrio nell’espressione cromatica delle opere, poiché il colore e le forti emozioni di cui si fa vettore, siano bilanciate nella loro presenza lasciando respiro all’opera. Ricerco allora un certo tipo di gamme cromatiche che si accordino ad un tono velato, sussurrato. Da questo punto di vista se il ventaglio di toni, mutando in base agli agenti atmosferici, è accidentale nelle sfumature, è contemporaneamente supervisionato entro un range di gradazioni nel momento di innesco del processo di trasformazione. Vi è dunque un processo di equilibrio dinamico tra volontà

di controllo e di assecondare l’autonomia della materia.

Utilizzi anche tecnologie avanzate per la realizzazione delle tue sculture in legno o in rame? Inizialmente ho utilizzato alcune tecnologie che potrei dire ‘avanzate’, ma poi con il tempo mi sono accorto di come questa scelta portava con sé il rischio di delegare diverse fasi di realizzazione. Questo mi ha creato un vuoto. Ho bisogno di comprendere sempre ogni passaggio sulla mia pelle. Così posso immergere tutto me stesso, senza filtri, nei miei lavori, restituendo valore performativo al mio operare, e raggiun-

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gere quello stato di intimità con la materia che continuo, insaziabile, a ricercare. In questa dinamica sento la mia ricerca come un processo creativo più completo, senza lacune o rotture tra progettazione, creazione ed opera.

Cosa ti interessa rappresentare nelle tue opere: concetti, emozioni...? Con le mie opere rincorro le forme della vita e il contatto con la natura che stiamo perdendo, ed è a questa percezione che vorrei avvicinare le persone. Tramite le mie opere invito a partecipare ad uno sguardo diverso, ad un comportamento, ad un rapporto rigenerato con l’ambiente naturale e presente nella quotidianità di ognuno. Ma, d’altra parte, io voglio prima di tutto creare. L’arte implica uno spazio di libertà in cui la speranza di trasmettere qualcosa non implica la presunzione di essere sentito. Perciò il mio interesse non sta nel rappresentare per esporre concetti o emozioni, l’interesse precede questa volontà ed è rivolto alla necessità di vivere un rapporto di continua scoperta in natura. Inoltre, in quanto artista che ha che fare con una comunità di professionisti, mi muove il desiderio di proseguire campi di ricerca avanzati dall’arte precedente, mi muove il desiderio di innovare i miei interventi per consegnare qualcosa di nuovo, di estremamente presente e attuale ma decentrato rispetto all’attenzione mainstream.

In alto: RINASCITA DEL NUDO CORPO 2014 performance, argilla rossa Al centro. ORIGINE MAGMATICA, 2015 Pietre d'acqua, Villa Agnedo, trovante In basso: LUZE ENGLAZADA, 2011, installazione ghiaccio e supporto metallico

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FEDERICO SEPPI, SPIRALE, in corso di lavorazione

Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono riconoscibile?

uomo in natura. Più ancora, la mia attenzione è rivolta ad una condizione che stiamo perdendo proprio in conseguenza dell’impatto antropico come causa principale delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche che la nostra era geologica sta vivendo. A questo egocentrismo che orienta i nostri sistemi produttivi e stili di vita contrappongo una visione ecocentrica. Per questo rinuncio alla figura umana, perché credo soprattutto che per comprendere chi siamo, quale spazio occupa la nostra specie, verso quali direzioni vogliamo orientare il futuro prossimo, sia più che mai importante confrontarsi con l’altro da sé, quindi un confronto diretto tra cultura e natura, al fine di situarsi per porsi la domanda: dove siamo?

Il mio sguardo è semplice, rivolto all’essenziale. Fluidità e armonia formale, cura del dettaglio e visione d’insieme, una processualità lenta e meditata, queste sono forse le cifre stilistiche che percorrono l’intera mia produzione. L’indagine e la sperimentazione continue sui materiali e l’utilizzo esclusivo di materiali naturali sono altri punti di distinzione. Ma in proposito, mi piacerebbe ancor di più rivolgere questa stessa domanda all’esterno ed ascoltarne la risposta, lasciando parlare le mie opere e lasciando che emerga la stretta connessione e interdipendenza che vi è tra loro.

Pensi che un giorno potresti cimentarti anche con la figura umana?

Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?

L’esclusione della figura umana dalla mia produzione è una scelta consapevole. L’attenzione rivolta all’ambiente non esclude l’uomo dalle mie riflessioni, ma l’uomo a cui guardo è un

Si potrebbe rafforzare la rete di sostegno da parte delle istituzioni museali a garanzia dei giovani artisti emergenti e trovare insieme una

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sede adatta per esposizioni di sculture o installazioni di grandi dimensioni. Un’iniziativa positiva potrebbe riguardare Arte Sella dove, tra la valorizzazione della propria realtà con la collaborazione di artisti di stampo internazionale, si potrebbe trovare lo spazio per collaborare anche con artisti presenti sul territorio. Perché il trentino sia più presente sul mercato esterno deve coltivare la propria realtà. Alcune idee potrebbero essere organizzare opportunità di scambio tra artisti e curatori che ad esempio avvengono durante gli Studio Visit ed aumentare l’apertura ad eventi internazionali anche in provincia di Trento. Eventi di cui sono un buon esempio la Biennale Academiae a Fortezza oppure SMACH. che si svolge sempre in Alto Adige, o ancora il Water Light Festival di Bressanone.

Per me la bellezza è una percezione, una percezione che emerge da combinazioni variabili di altre condizioni. Nelle mie opere seguo l’essenziale che già c’è: la natura è armonia perché contiene il giusto, niente di più. Sicuramente, in fatto di bellezza, è la miglior maestra.

Cosa è per te l’arte? L’arte è il mio mondo e la mia vita. L’arte per me è un processo in cui ci si può immergere e che precede l’ideazione e continua dopo ogni realizzazione. Scavalca le definizioni, le evade col tempo. È un moto irrequieto e solo in parte addomesticabile entro un concetto. Si parla di arte come sistema, come campo di studi, come qualcosa di eccezionale e scisso dal resto della vita ma altrettanto si è parlato di arte come vita, come testimonianza e documento di una cultura, come patrimonio. L’arte è quella dimensione che ha l’insolita capacità di avvicinare l’inafferrabile, di esercitare e coltivare un continuo ‘dire’ in un campo aperto all’estremamente personale e all’universale, e non esauribile in parole. Io vivo così l’arte come l’unico campo in cui è possibile tradurre le esperienze della propria vita sulla materia, l’arte per me è materia viva.

Segui la “politica culturale” trentina: cosa pensi si possa fare di più o meglio per il settore artistico? Confrontandomi con artisti attivi diversi anni fa, mi sono sorpreso di come un tempo fossero presenti iniziative sul territorio come per esempio bandi pubblici. Un’altra via per ampliare la platea degli enti e dei privati che possano accedere a forme di mecenatismo, è ad esempio l’Art bonus a sostegno dell’arte emergente come il modello americano. Un ulteriore esempio potrebbe essere il maggior coinvolgimento da parte delle istituzioni pubbliche in manifestazioni culturali periferiche, come la Biennale di Arte in Natura Tracce di Passaggio di cui sono il fondatore e curatore, e che potrebbero essere valorizzate da una rete più salda di rapporti e cooperazione.

E, per finire, chi è l’artista? L’artista è quel pazzo che spende tutta la sua vita credendo a ciò che crede, senza garanzie, è quel pazzo capace di sacrificare molto, dove per sacrificare intendo qui l’azione nel suo senso etimologico di sàcer sacro e -fàcere fare, ossia di: rendere sacro.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

RITMO FLUIDO, Magazzini del Sale, Venezia, 2015 installazione, dim. variabili

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Asolo and Pedemontana del Grappa, Rotary Prize Finalist, Torre delle Grazie, Bassano del Grappa - IT 2018 Grenzländer, curator: Giovanna Nicoletti, Boccanera Gallery, Trento - IT La Medusa Este Krakow, Accademia di Belle Arti Cracovia, curated by Jacek Waltos, Miroslaw Sikorski, Marcin Czaja, Thomas Tosato, Giancarlo Goldin - PL Meledrio 2.0, Dimaro, curator: Camposaz - IT 2017 Uno più uno è uguale a?, Dervattmatch, Luca Coser Studio, Trento - IT Waiting room, Centro di psicoanalisi Jonas, Trento, curator: Giusi Campisi - IT Respirart, Val di Fiemme, curator: Beatrice Calamari, Marco Nones - IT Generazione Erasmus, Palazzo Trentini, Trento, curator: Remo Forchini, Mario Cossali - IT Primavera, Casa de Gentili, Sanzeno, curator: Lucia Barison - IT 2016 Engineers of the Immagination, Arcade Gallery, Cardiff - UK Green Pulse, Muse, Trento - IT Storm, happening exibithion, Cardiff Bay - UK Arddangosfa o Arddangosfeydd, The Roath Park, Cardiff, curator: Paul Granjon - UK Terra, Palazzo Conti Martini, Mezzocorona, curator: Federico Mazzonelli, Gabriele Lorenzoni - IT Il nostro lavoro, Palazzo Trentini, Trento, curator: Massimo Parolini - IT 2015 Nature, Arte e Ecologia, Galleria Civica, Trento, curator: Margherita de Pilati - IT Abiti del male, Centro Culturale la Medusa, Este, curator: Beatrice Andreose, Silvia Maria Carolo - IT Sculture, Magazzini del Sale 3, Venezia, curator: Roberto Pozzubon - IT 2014 Open 16, San Servolo, Venezia, curator: Paolo De Grandis, co- curator: Carlotta Scarpa - IT In Risonaza, MART, Rovereto, curator: Francesca Bacci - IT Art Night, Accademia di Belle Arti, Venezia, curator: Marta Allegri - IT 2013 Art Night, Accademia di Belle Arti, Venezia, curator: Raffaella Miotello - IT Liver, Casa Marta, Coredo, curator: Luca Marignoni 2012 CI sentieri dell'arte, Valle del Tasso, Caprino Veronese, curator: Dario Trento, Nadia Melotti - IT Collettiva, Alabasto, Logrono - E Homus Park, International meeting, Pordenone, curator: Gabriele Meneguzzi, Vincenzo Sponga - IT

FEDERICO SEPPI nasce a Trento nel 1990. Vive e lavora a Trento. Nel 2014 consegue il diploma in Scultura all'Accademia delle Belle Arti di Venezia. Nel 2015/2016 studia Fine Art, Sculpture and Installation presso Cardiff Metropolitan University in Inghilterra. Nel 2014 espone a Venezia a Open 16, San Servolo e al MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Nel 2015 partecipa alla mostra collettiva Natura, Arte e Ecologia al MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Galleria Civica. Nel 2018 prende parte alla collettiva La Medusa Este Kraków all'Accademia di Belle Arti di Cracovia e partecipa alla collettiva intitolata Grenzländer terre di confine presso Boccanera Gallery a Trento. Vincitore della call London is Open 2019, espone a Londra nel museo Estorick Collection of Modern Italian Art. Con le sue opere egli ridefinisce l'universo naturale attraverso una costante riappropriazione fisica degli elementi originari: a ciascun elemento l'artista attribuisce una valenza simbolica ed un significato spirituale. L'incontro tra spiritualità e scienza, oriente e occidente, natura e artificio, è ben visibile nei suoi lavori. SELECTED GROUP EXHIBITIONS 2019 London is Open, Estorick Collection of Modern Italian Art, London - UK Materia Prima, curator: Michela Becchis, project by Il Quadrifoglio and Cura, in collaboration with Boccanera Gallery, Palazzo Aliprandini Laifenthurn, Livo, Val Di Non, Trento - IT Cave Canem, Boccanera Gallery, Trento - IT Be the Difference...with Art, curator: Rotary Club

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RESIDENCY 2019 Art Residency - London is Open, Winner 2019. Art Apartments in collaboration with The Finnish Institute in London and the Estorick Collection of Modern Italian Art, London - GB ART FAIRS 2019 Art Verona, Boccanera Gallery, Verona - IT 2018 Art Verona, Boccanera Gallery, Verona - IT BIBLIOGRAPHY Catalogues 2019 Cave Canem, text by Brigidina Gentile, publiscer: Boccanera Gallery, Trento - IT 2018 Grenzländer , curator: Giorgia Lucchi Boccanera and Giovanna Nicoletti, texts by Giovanna Nicoletti, publisher: Boccanera Gallery, Trento - IT Articles 2018 "Grenzländer": le terre di confine interpretate da 4 giovani artisti locali , in "Corriere del Trentino Cultura", 27/09/2018, p.13 Giovani per Terre di Confine, in "Adige - Cultura e Società", 27/09/2018, p.07 Boccanera oggi apre Grenzländer , in "Trentino Arte", 28/09/2018, p.11 WORKSHOP 2013 Art & evnirorment, capannone n°35 Forte Marghera, curator: Carlo Di Raco - IT 2012 Internship, Cademia Liceo Artistico, Ortisei, curator: Demez Ernesto - IT 2011 “Respirare l'ombra” Giuseppe Penone, Palazzo Grassi, Venezia - IT CURATOR 2019 Tracce di Passaggio, International Land Art exhibition, Ruffrè - IT 2018 Arte e Natura, Academiae, Parco dei Capuccini, Bolzano - IT 2017 Tracce di Passaggio, International Land Art exhibition, Ruffrè - IT 2015 Tracce di Passaggio, International Land Art exhibition, Ruffrè - IT Convergenze Parallele, Villa Imperiale, Passo Mendola - IT PUBLIC PERMANENT SCULPTURES Gutta Cavat Lapidem, Parco Bastie, Ala - IT Simulacro, Respirart, Val di Fiemme - IT Lacrima, Valle del Tasso, Caprino Veronese - IT Magmatica, Ecomuseo Valsugana, Villa Agnedo - IT Intreccio, Laghetti dei Masi, Ruffrè-Mendola - IT Fulmine, Piazza Municipio, Sarnonico - IT

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ART E' possibile sfogliare tutti i numeri delle annate 2012-2020 della rivista icsART sul sito icsART all'indirizzo:

www.icsart.it icsART N.6 2020 Periodico di arte e cultura della icsART Curatore e responsabile Paolo Tomio

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MERCATO DELL’ARTE ? «« dicenne, lo incoraggia a pubblicare un libro sul suo gatto "Mitsou" illustrato con quaranta disegni e con la prefazione dello stesso Rilke. Negli anni dell'adolescenza il giovane rimane affascinato dalla letteratura inglese e progetta di illustrare "Cime tempestose" di Emily Brontë e i libri di Lewis Carroll; visita Parigi dove frequenta il Louvre per copiare i quadri di Poussin e, mentre è a Berna, conosce Antoinette de Watteville, lui ha sedici anni e lei dodici. Quattro anni dopo Balthus, innamorato, inizia un rapporto epistolare con la ragazza che ritrae in diversi dipinti. Nel '26, il diciottenne artista autodidatta trascorre diversi mesi in Toscana per copiare dal vero le opere di Masaccio e, in particolare, quelle di Piero della Francesca che influenzano profondamente la sua visione artistica e la sua tecnica pittorica. Torna nel '33 a Parigi dove affitta il suo primo grande studio e stringe amicizia con artisti come André Derain, Alberto Giacometti e Antonin Artaud. L'anno successivo, debutta alla galleria Pierre Loeb la sua prima mostra personale suscitando scandalo con il dipinto "La Leçon de guitare" in cui raffigura una donna con un seno in vista che sta "suonando la sua chitarra": l'inguine di un'adolescente seminuda che tiene in grembo. Nel '34, la notizia che Antoinette è stata promessa a un altro pretendente, spinge l'amante respinto a tentare il suicidio. Intanto, per guadagnarsi da vivere assume commissioni per ritratti e progetta scenografie teatrali che lo fanno conoscere tra l'élite parigina. Nel '37 Balthus sposa Antoinette a Berna e la coppia si trasferisce a Parigi dove ha le gallerie che lo vendono. Buona parte dei quadri che assicurano la provocatoria reputazione di Balthus raffigurano bambine e ragazze pubescenti in pose erotiche e sensuali, come la dodicenne There-

BALTHUS (1908-2001), THÉRÈSE SUR UNE BANQUETTE, 1939, olio su tavola, 72,7 x 91,9 cm, venduto da Christie's New York 2019 a $ 19.002.500 (€ 17.306.000) (vedi a pag.28). Balthasar Klossowski de Rola, detto Balthus, è uno degli ultimi grandi maestri dell’arte del XX secolo anche se diceva di sè: «Sono nato in questo secolo, ma appartengo molto di più al XIX secolo». Nasce a Parigi da genitori polacchi: il padre Erich storico dell'arte e pittore, la madre Else Spiro, artista ebrea. La coppia vive a Parigi frequentando l'ambiente bohemien di Montparnasse ed esponendo regolarmente le loro opere al Salon des Indépendants. Balthasar e suo fratello maggiore Pierre (divenuto scrittore e studioso del Marchese de Sade), sono francesi perché nati a Parigi ma, all'inizio della guerra mondiale, si devono trasferire a Berlino con i genitori, espulsi in quanto cittadini tedeschi. La coppia Klossowski si separa, il padre lavora come scenografo a Berlino e a Monaco mentre Else che vive in Svizzera con i figli diventa nel '20 musa e amante di Rainer Maria Rilke. Il poeta austriaco raccomanda il fratello Pierre ad André Gide a Parigi e quando Balthus è tre-

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BALTHUS se, sua vicina di casa, la quale appare sospesa tra spensieratezza infantile e seducente erotismo in almeno altre nove composizioni, tra cui "Thérèse sur une banquette" (vedi a sinistra) e Thérèse rêvant", recentemente esposta al Met di New York e accusata in una petizione di «nobilitare, forse involontariamente, il voyeurismo e la riduzione dei bambini a oggetti». I suoi lavori sono elogiati dai surrealisti che vi ritrovano i temi legati al sogno e al subconscio ma Balthus non si riconosce in questa interpretazione poiché la sua è una pittura figurativa che si riallaccia alla tradizione classica e che si pone come alternativa alle avanguardie. Con lo scoppio della guerra mondiale si vede un forte declino della produzione di Balthus che si trasferisce con la moglie in Svizzera dove nascono i due figli; a fine conflitto Antoinette si ferma a Berna e il marito riprende la sua carriera a Pa-

ADOLESCENTE AUX CHEVEUX ROUX, 1947 olio su tela, 65 x 81 cm, Sotheby's New York 2015 a $ 1.810.000 (€ 1.648.000)

rigi mentre cresce la sua fama internazionale. Nel 1961, il pittore, nominato direttore dell'Accademia di Francia, va a vivere a Roma dove rimane con la modella giapponese che diventerà sua moglie fino al '77, quando si trasferiscono con la loro figlia in Svizzera. Qui rimarrà fino alla sua morte, all'età di 92 anni. L'ossessione iconografica intrisa di sensualità e lo spirito voyeuristico delle sue tele, sono spesso stati visti con sospetto da un'opinione pubblica che però accetta come normale l'uso quotidiano della pornografia; secondo Balthus, infatti, «Ora tutto è pornografico. La pubblicità è pornografica... Io non ho mai fatto nulla di pornografico». Il fascino che promana dalle opere perturbanti e misteriose di questo eccentrico personaggio che mescola sogno e realtà, erotismo e innocenza, origina dalle atmosfere cariche di suggestioni e dal simbolismo enigmatico che egli sa rappresentare magnificamente grazie alla sua pittura "antica" e, allo stesso tempo, assolutamente personale.

NU AU MIRROIR, 1981-82, olio su tela, 163 x 130 cm Sotheby's New York 2007 a $ 2.392.000 (€ 2.178.000)

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GEOMETRIA ILLUSORIA La Cina, il paese in più forte espansione del nostro pianeta, è diventata in pochi anni, nonostante un regime non proprio democratico, un terreno estremamente fertile per il mercato delle opere d'arte e per le ultime generazioni di artisti. Pittori e scultori che, grazie alle nuove politiche nazionali decisamente più aperte verso i mercati internazionali, compreso quello dell’arte, hanno avuto modo di farsi conoscere in Occidente ed entrare a pieno titolo nelle collezioni private e pubbliche patrocinate dalle maggiori case d'asta. Talenti spesso molto giovani i quali, pur affondando le loro radici nell’arte cinese tradizionale e ufficiale che in Occidente rimane esotica e non facilmente decifrabile, sono ormai indirizzati con la loro pratica verso dimensioni contemporanee. Il trentenne Tao Wu Chi è un pittore emergente che, dopo essersi diplomato alla CAFA, Central Academy of Fine Art di Pechino, ritenuta la più prestigiosa e rinomata accademia d'arte della Cina, si è trasferito a Hong Kong dove, grazie alla concentrazione di capitale finanziario internazionale, il mercato dell'arte è interessato anche alle sperimentazioni più avanzate, in particolare a quelle geometricominimaliste che egli ha cominciato a realizzare a partire dal 2015. Dopo aver approfondito le tecniche calligrafiche classiche eseguite a pennello, il pittore si è progressivamente orientato verso un'astrazione sempre più radicale, abbandonando ogni figurazione per dedicarsi al chiaroscuro, una tecnica prettamente occidentale ancora poco conosciuta e praticata nel suo Paese. Il chiaroscuro è il metodo artistico che meglio gli consente di riprodurre sulla superficie bidimensionale della carta l'effetto iperrealista che si produce in un corpo illuminato da una 22


LA CINA IN CHIAROSCURO supporto mediante una sapiente lumeggiatura con colori chiari. Attraverso la gamma di colori limitata ai bianchi e neri dei suoi dipinti, Tao Wu Chi intende raggiungere la purezza assoluta presente nel vuoto e nel pieno per dimostrare l'illusorietà della percezione del mondo reale e, di conseguenza, della vita stessa. Un'aspirazione che discende direttamente dalla lezione dei paradossi proposti dalla filosofia Zen i quali, spingendo la mente in una direzione diversa dalla "verità apparente", aiutano a mettere in crisi il pensiero razionale che privilegia la sola logica, per liberare la creatività e l’intuizione. La riflessione che deriva da questo tipo di meditazione rappresenta un altro passo verso la consapevolezza. sorgente luminosa, con la definizione di luci e ombre ottenute tramite variazioni graduali e delicate di tonalità, appunto, chiare e scure. Il fascino di questo procedimento grafico per un artista concettuale che persegue la perfezione delle forme pure come Tao, è legato al fatto che, grazie ad esso, riesce a creare l’illusione di una tridimensionalità spaziale assolutamente veritiera e indurre con le sue monumentali figure curvilinee l’apparenza di forme concave o convesse dando luogo a un'ambiguità della visione. L'osservatore, infatti, le percepisce di volta in volta sporgenti o, allo stesso tempo, rientranti nel piano del quadro. Il pittore ha messo a punto una propria raffinata e certosina tecnica personale eseguita su fogli di carta fatta a mano che gli permette di rendere invisibile il segno del tratteggio e ottenere sfumature e passaggi graduali senza soluzione di continuità. Il chiaroscuro è realizzato effettuando le ombre con più colori (carboncino, sanguigna, acquerello) e schiarendo le luci rispetto al colore del 23


DAS MESSER VICTORINOX Alcuni dei più intelligenti oggetti di design sono stati progettati da persone che designer, in senso stretto, non erano. La cosa non deve stupire perché è abbastanza recente la convenzione che debba esistere un personaggio il quale sia ufficialmente delegato ad applicare alla produzione industriale una metodologia progettuale che cade sotto il nome di design. In realtà, infatti, il designer dovrebbe essere non tanto e non solo colui il quale crea oggetti belli e piacevoli (come oggi si tende a credere) quanto oggetti "intelligenti", vale a dire che assolvono la loro funzione al meglio, e per ciò stesso anche belli. Nessuno sa chi abbia inventato le forbici, la spilla da balia, la cerniera lampo, la presa Schuco, la lampada snodabile, i blue jeans, la Moka, lo scotch trasparente e tanti altri oggetti che utilizziamo quotidianamente e che migliorano la no-

stra vita. Ecco, proprio questo dovrebbe essere lo scopo del buon design: migliorare la vita di tutti senza inutili sprechi. Esattamente il contrario della moda che è obbligata a cambiare tutto ad ogni stagione. Il merito di questi utili oggetti è del lavoro di tanti sconosciuti "designer" che hanno creato qualcosa capace di risolvere un problema in modo innovativo e, a modo suo, perfetto. E' il caso del cosiddetto coltellino svizzero a lame estraibili inventato nel 1891 dal coltellinaio Karl Elsener per partecipare a una fornitura di coltelli per i soldati dell’esercito. Dalla Svizzera, dove è nato lo «Swiss Army knife» e dove è diventato poco per volta un simbolo nazionale alla pari dell'orologio a cucù, inizialmente questo coltello da soldato non aveva trovato il riscontro auspicato ed Elsener si era ritrovato con pesanti debiti da saldare.


STORIA DELL’ARTE

Solo dopo essere riuscito a correggere il problema del peso e della funzionalità limitata, iI nuovo progetto è stato registrato nuovamente nel 1897 nel modello attualmente conosciuto. Questa versione del coltello sfruttava due sole molle per gestire ben sei utensili e, oltre a essere più leggero possedeva un profilo più elegante e accattivante dell’originale. La funzionalità e l’aspetto del coltellino tascabile sono stati accolti bene dall’esercito svizzero e accettati con favore, sia dal pubblico svizzero che, poco alla volta, anche da quello internazionale. Questo formato originale è tuttora disponibile anche se ormai esiste in commercio un'ampia serie di varianti derivate dal primissimo design, nate con lo scopo di soddisfare ogni esigenza. Nel 1921 il nome Victoria della madre dell'erede Elsener, è unito alla dicitura internazionale dell’acciaio inossidabile, dando cosi origine al nuovo marchio di fabbrica "Victorinox". Sempre attento all'esigenza di ridurre le dimensioni e contenere i pesi, i coltellini tascabili sono diventati dei piccoli capolavori di multifunzionalità e di qualità tecnica ottenute grazie all'applicazione di una meccanica di precisione e alla grande accuratezza costruttiva. La qualità dell'oggetto

si basa su un raffinato sistema elastico di camme e balestre che permette di garantire l’apertura contemporanea delle diverse lame e degli accessori, mantenendone stabili le posizioni. L'azienda storica, che ha continuato a crescere arrivando a impiegare novecento dipendenti, e ha mantenuto la sede originaria nel villaggio di Ibach nel centro della Svizzera, produce 34 mila coltellini al giorno. Oggi, con una gamma di circa 100 modelli, il marchio Victorinox è sicuramente il più apprezzato sia dagli utenti di tutto il mondo con necessità tecniche a cui specificatamente si rivolge, sia anche, nei formati più piccoli e leggeri, dalle persone comuni che lo tengono a portata di mano per mille occasioni. Un primo grosso problema si è avuto alla Victoinox dopo l'attacco aereo contro le Torri Gemelle di Manhattan, quando il coltello della Swiss Army è stato messo al bando nei duty-free degli aeroporti e vietato sugli aerei con un conseguente crollo del 40 per cento nelle vendite. Un altro colpo è stato portato in questi anni dalla concorrenza di decine di migliaia di "coltellini svizzeri" prodotti in Oriente e venduti a basso prezzo, in apparenza identici all'originale, ma ovviamente, di qualità inferiore. 25



Giugno 2020, Anno 9 - N.6

News dal mondo BALTHUS

THÉRÈSE SUR UNE BANQUETTE, 1939

pag. 28

BALTHUS

LADY ABDY, 1935

pag. 29

BALTHUS

LE LEVER, 1975-78

pag. 30

BALTHUS

NU AU FOULARD, 1981-82,

pag. 31

LE VOYEUR, 2020,

pag. 32

Omaggio a BALTHUS

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BALTHUS, THÉRÈSE SUR UNE BANQUETTE, 1939, olio su tavola, 72,7 x 91,9 cm, venduto da Christie's New York 2019 a $ 19.002.500 (€ 17.306.000)

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BALTHUS, LADY ABDY, 1935, olio su tela 185,1 x 134,9 cm, venduto da Christie's New York 2015 a $ 9.909.000 (€ 9.023.000)


BALTHUS, LE LEVER, 1975-78, caseina su tela 170,2 x 160 cm, venduto da Christie's London 2018 a GBP 2.288.750 (€. 2.572.000)

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BALTHUS, NU AU FOULARD, 1981-82, olio su tela 163 x 130 cm, venduto da Sotheby's New York 2007 a $.2.952.000 (€.000)



PAOLO TOMIO: Omaggio a BALTHUS LE VOYEUR, 2020 olio su tela, 120 x 84 cm


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