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05.4] La Via delle Tombe

tale è che rimanessero nell'intorno della chiesa. Più queste sono vicine e prossime al corpo dei martiri e dei santi, più l'anima di colui che da tali ossa fu sorretto in vita sarebbe stata vicina alla salvezza - per una prossemica della salvezza.

L'importante è che le ossa gravitino intorno ai santi.

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05.4 La Via delle Tombe

- PIETRA. [...] Per durezza e durata la pietra ha sempre affascinato gli uomini, che vi hanno visto l'opposto dell'organico, che è soggetto alle leggi del cambiamento, del decadimento e della morte [...]. La pietra intera era simbolo dell'unità e della forza; la pietra in frantumi, invece, dello smembramento, della disgregazione psichica, della malattia, della morte e della sconfitta 39 -

Durante lo spiritualissimo Medioevo, ciò da seppellire sono innanzitutto le ossa - nella tradizione, sede dell’anima -: è per questo che, ad esempio, era comune, nello sfortunato caso in cui qualcuno di ragguardevole fosse morto ben lontano dalla sua residenza, tagliarne a pezzi il corpo, questi bollirli in maniera tale che si distaccasse la carne dalle ossa, e spedire quest’ultime al paese d’origine o di residenza, in maniera tale che fossero solennemente seppellite; viscere e carni si seppellivano invece nel luogo della morte (pratica che sarà poi proibita per mezzo di numerosi decreti papali da parte di Bonifacio VIII intorno al 1300, ma che rimarrà nell’uso comune fino al Cinquecento)40 .

Un’interessante narrazione del cambio di gusto, in ambito sepolcrale, che intercorre tra i secoli XIII-XIV ed il successivo XV è quella operata da John Ruskin (1819-1900) alla metà esatta dell’Ottocento. In chiosa al suo The Stones of Venice (Le Pietre di Venezia), che trova le stampe tra il 1851 ed il 1853, lo scrittore inglese racconta - nei suoi termini e per mezzo dei suoi personalissimi giudizi, che contribuiscono alla creazione dell’ancora

39 Cirlot J.E., op. cit., p. 357. 40 Si veda Huizinga J., Autunno del Medioevo, Rizzoli, Milano, 1998 (1919), pp. 194-195.

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attuale “mito veneziano”41 - questo cambio di gusto nell’arte delle tombe veneziane tra la fine del periodo medievale e l’inizio della “Rinascenza”42 .

A suo modo di vedere, tale cambio di gusto nell’architettura e nella scultura delle tombe all’interno delle chiese veneziane - discorso che si può, con i dovuti riguardi, estendere alla cultura nord-italica di quel momento storico - si deve ad un cambio di approccio nei confronti della fede e della vita. Ad esempio, parlando della tomba del doge Michele Morosini, rimasto in carica per pochi mesi e morto nel 1382 [20], così si esprime:

Tutto l’insieme della tomba è molto bello e ci offre un bell’esempio del passaggio dal puro stile gotico a quello del Rinascimento, dalla calma pura del cristianesimo primitivo alla vanagloriosa pompa del Rinascimento privo di fede. Qui l’umiltà cristiana ancora trionfa nel mosaico che rappresenta il Doge inginocchiato innanzi alla Croce, e nello stesso tempo sorge la tendenza della fiducia in se stessi.43

Il sepolcro del Morosini è uno degli ultimi esempi, quindi, a detta di Ruskin, delle “autenticamente cristiane”44 tombe tardo-medievali, che verranno “corrotte” a partire, all’incirca, dal Quattrocento, quando, più che a ricordare la vita devota e cristiana dei dogi, dei cavalieri e degli uomini nobili, i monumenti funerari si fanno pomposi, fastosi e fine a se stessi, banalizzando quella della morte come un’occasione come tante altre - in vita - di esternare il prestigio della famiglia o le qualità individuali. Questo poiché, nel corso di questo cambiamento del comune sentire, “più diveniva insolente l’orgoglio di vivere e più diveniva servile la paura del morire”45 .

Tal cosa è resa evidente al cuore del suo discorso, passo di esemplare chiarezza in cui il Nostro parla, nella fattispecie, delle fattezze del sarcofago, all’interno del più grande monumento funebre; facendolo, traccia una sorta di sua “breve storia” di quest’ultimi tra il XIII ed il XIV secolo.

Ma il cambiamento più significativo, rispetto all’oggetto immediato delle nostre ricerche, ha luogo nella forma del sarcofago. Ho già notato che, esattamente in proporzione al grado di orgoglio della vita espresso nel monumento, aumenta la paura della morte. E quindi più queste tombe aumentano di splendore, di grandiosità e di bellezza e più si osserva un graduale desiderio di toglier via il ben defi-

41 Si veda John Ruskin. Le Pietre di Venezia, in Sitografia. 42 Si veda il Capitolo XII - La Via delle Tombe, in Ruskin J., Le Pietre di Venezia, Rizzoli, Milano, 2020 (1851-1853), pp. 298-320. 43 Tratto da Ruskin J., op. cit., p. 310. 44 “[...] A me sembra che che il tipo perfetto di tomba cristiana si raggiunge solo nel XIII secolo: un sarcofago posto in alto, con sopra una statua giacente ed un baldacchino” (tratto da Ruskin J., op. cit., p. 299). Questa era, nell’idea di Ruskin, la più elevata e riuscita realizzazione della umile sepoltura cristiana.

45 Tratto da Ruskin J., op. cit., p. 298.

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nito carattere del sarcofago. Nei tempi più antichi esso era, come abbiamo veduto, un cupo ammasso di pietra; poi cominciò ad essere decorato con sculture di carattere religioso, ma fino alla metà del secolo XV non si tentò mai di nasconderne la forma originaria. A quest’epoca, dopo essersi coricato di decorazioni d’ogni sorta, ad essersi nascosto dietro le Virtù, comincia a perdere la sua forma a quattro lati e si viene modellando sui graziosi tipi delle urne antiche, fino a che diventa un semplice piedistallo che sorregge la statua del defunto. Ed anche la statua subisce allo stesso tempo una strana metamorfosi; e cioè torna in vita attraverso una curiosa serie di transizioni. Il monumento Vendramin [21] è uno degli ultimi che mostra, o pretende mostrare, la figura giacente nell’atteggiamento della morte. Pochi anni più tardi, questa idea diventa sgradevole alle menti raffinate, e le figure che prima giacevano sul sarcofago, cominciano a mettersi in ginocchio ed a guardarsi intorno. L’anima del secolo XVI non osava contemplare il suo corpo nella rigidità della morte. 46

Il discorso dell’Inglese sulla “Via delle Tombe” continua e si conclude in questo costante andirivieni di confronti: tra il parco ed il fastoso, tra la Croce e le Virtù, tra la modestia e la vanagloria. La lettura di Ruskin, di fatto, era influenzata dal fatto di parteggiare per una visione del cristianesimo più arcaica e “originale” di quella cinque-seicentesca che poi è ancora andata trasformandosi verso i suoi giorni: ma all’interno del discorso tracciato in questi capitoli - che, al contrario, non vuole emettere giudizi -, il personaggio di Ruskin è sicuramente utile allo scopo di farci rammemori di questo cambiamento intercorso agli albori dell’epoca moderna, in cui Venezia è una quinta scenica circoscritta, ma che occorre ad intendere un’avvenuta svolta nel comune sentire nei riguardi della morte e dei suoi defunti.

Abbiamo bisogno di continuare ancora su questo argomento per conoscere le ragioni della caduta di Venezia? [...] «Tu dicesti: “lo comanderò sempre” e non ponesti queste cose nel tuo cuore... Il tuo sapere e le tue cognizioni ti hanno pervertito e ti sei detto: “Io sono e non vi è nessun altro all’infuori di me!” Quindi il male cadrà su di te...»47

Ritorniamo ora, però, dopo questa “inglese digressione veneziana” in merito al “ricco” seppellire intra ecclesiam, sulla scìa del discorso intorno al cimitero come luogo urbano affermatosi a partire dal Medioevo, più precisamente dopo che nel 540 quel santo vescovo di nome Gastone - o Vedasto, o Vaast, insomma, il cristianissimo Cavallo di Troia che fece breccia nelle mura della città “Antica” -, più per volontà altrui che per la sua, cambia le maniere del seppellire occidentale (si accetti la breve banalizza-

46 Tratto da Ruskin J., op. cit., pp. 316-317. 47 Tratto da Ruskin J., op. cit., p. 320

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Ebbene, è da sottolineare - perché di massima importanza, e distanza, rispetto agli usi normati successivi - come il cimitero diventi in questi secoli un luogo, prima ancora che religioso e funebre, pubblico. Il camposanto, ovvero il cortile e l'intorno delle chiese cittadine, inizia ad aver a che fare - sempre seguendo la riflessione di Ariès che a sua volta segue Du Cange - con il concetto di asilo (lett.: “non posto a sacco”, “inviolabile”, “sacro”; composto di a- privativa e sylao, “togliere a forza”, “rubare”).

Il fatto che i morti fossero entrati in chiesa e nel cortile della chiesa non impedì né all'una né all'altro di diventare luoghi pubblici. La nozione di asilo e di rifugio è all'origine di questa destinazione non funeraria del cimitero. [...] Il cimitero non era sempre necessariamente il luogo in cui si seppellisce, ma poteva essere, a parte ogni destinazione funeraria, un luogo d'asilo, ed era definito dalla nozione d'asilo: azylus circum ecclesiam. Così, in questo asilo detto cimitero, ospitasse o no le sepolture, venne deciso di costruire case d'abitazione48 . Il cimitero finì allora per indicare, se non proprio un quartiere, almeno un isolotto di abitazioni che godevano di certi privilegi fiscali o demaniali. Infine, quest'asilo divenne un luogo d'incontro e di riunione, come il Foro dei Romani, la Plaza Major o il Corso delle città mediterranee, per i commerci, per le danze e i giochi, o semplicemente per il piacere di stare insieme. Lungo i cimiteri, s'installavano talvolta botteghe e mercanti. Nel cimitero degli Innocenti gli scrivani pubblici offrivano i loro servizi.49

Condizione questa che, si vedrà, avrà modo di cambiare drasticamente nei secoli successivi.

Il cimitero come luogo d'asilo, infatti, comincia a vacillare già nel XIII secolo, quando il Concilio di Rouen (1231) vieta il gioco e le danze all'interno del recinto cimiteriale, e la questione sarà ribadita con veemenza anche nel 1405, anno nel quale un altro Concilio “proibisce di danzare nel cimitero, di giocarvi a qualunque gioco, vieta ai mimi, ai giocolieri, agli esibitori di maschere, ai musicanti [...] di esercitarvi il loro mestiere sospetto”50 . E la svolta definitiva - si avrà modo di vedere - avviene nel XVII secolo, quando la morte addomesticata, assieme con i suoi domestici, pubblici e divertiti luoghi, avrà cambiato nome.

Il cimitero si fa luogo serio - e la morte addomesticata muore.

48 La questione richiama l'attuale situazione dell'enorme Cimitero della città del Cairo, Egitto, dove al giorno d'oggi vivono all'incirca duecentomila persone (secondo l'ultimo censimento ufficiale). Per la questione si veda Tercatin R., Egitto, spianata la Città dei morti: l'ultimo sfregio del Cairo per fare posto a un ponte, in Sitografia. 49 Tratto da Ariès P., op. cit., pp. 31-32. 50 Tratto da Ariès P., op. cit., p. 32.

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