SARDEGNA
T onino M osconi - M aria L aura P utzu
O ROT E L L I Maschere, Riti nel cuore
Tradizioni della Barbagia e
G eografica
Tonino Mosconi - Maria Laura Putzu
O ROT E L L I Maschere, Riti e Tradizioni nel cuore della B arbagia
Testi a cura di Matteo Marteddu Piero Mereu Anna Maria Pusceddu Giannina Pusceddu Angelo Sirca Hanno collaborato alla pubblicazione Comune di Orotelli
© 2012 Tonino Mosconi www.toninomosconi.com © 2012 Maria Laura Putzu www.marialauraputzu.com
Questo volume è stato stampato a Villa Verucchio di Rimini da Pazzini Stampatore Editore. Ottobre 2012
Assessorato al Turismo e Marketing Territoriale ASD Associazione Sentieri di Barbagia Associazione Thurpos e Eritajos di Orotelli Gruppo Folk Orotelli
Geographica
OROTELLI E LA BARBAGIA Orotelli è un paese del nuorese, al confine tra Marghine e Goceano, arroccato su uno sperone di rocce granitiche, con la media valle del Tirso ai suoi piedi. Antico villaggio della Curatoria Giudicale Dore-Orotelli, sin dalle sue più antiche origini è stato un villaggio con forti tradizioni agricole. Questa vocazione ha inciso indelebilmente sia la storia che l’ambiente orotellese. Tutte le sue vie di comunicazione, andalas e caminos, che segnano il territorio sono il prodotto di una storia antichissima, che si perde nella notte dei tempi.
Il costume da vedova tradizionale del Paese
Sughera nel parco comunale Sa Serra
Panoramica del paese da Monte Nasudu
Thurpeddos attorno al fuoco per Sant’ Antonio
Lungo interminabili vie di comunicazione si sono mossi nei secoli migliaia di contadini, massaios e pastores, milioni di animali, soprattutto pecore, per seguire l’ancestrale ritmo delle stagioni. Il ciclo dell’economia si è sorretto sino agli anni sessanta su interminabili marce di contadini e pastori per raggiungere le tre principali zone agrarie del paese, Sa Serra, Oddini e Forolo, lungo le antiche mulattiere che a raggiera si dipartono dall’antico abitato di Orotelli e dal suo nuovo quartiere Mussinzua. Venuta meno l’economia del grano, l’agro è ora gestito interamente dai pastori. Sa Serra, salto orotellese a nord-est dell’abitato, al confine con la provincia di Sassari, è un altopiano boscoso ricco di vegetazione, soprattutto roverelle e sughere, con un ritorno in grande stile dell’olivastro ed un pirotecnico rifiorire della macchia mediterranea. Gli incendi e i piromani, in passato, hanno quasi desertificato il nostro bel territorio. Per fortuna, da alcuni lustri, questo fenomeno è desueto. In quest’area troviamo alcune bellissime testimonianze del nostro passato: la reggia nuragica di Aeddos, ora parco comunale con le sue tombe dei giganti appena intelligibili; il villaggio nuragico di Ovorei, con le sue numerose capanne; il nuraghe Calone, bellissimo monotorre con antimurale e villaggio che svetta su un colle con vista eccezionale sull’intera Sardegna centrale; Famanoi, antico nuraghe a corridoio; le tombe ipogeiche di Otheto. Nell’altopiano si formano numerosi torrenti, che si riuniscono e precipitano a valle in una cascata, S’Istrampu. Ai piedi dell’altopiano passano oggigiorno, sull’antico tracciato della strada romana, la statale 129 e la ferrovia. Oddini, salto a nord-ovest del paese, è una regione granitica di bellezza inusuale, tra le tante che caratterizzano la pur bellissima Sardegna. Un paesaggio unico e quasi fiabesco, popolato di
A TERRADORO - Di Luigi Marteddu (Ziu Sisicheddu, sindaco e poeta orotellese)
S es posta de Barbagia a sentinella, forte che i sas roccas de granitu ; tottu sas biddas de circuitu miran a tie che polare istella .
Latinu accentu, armonica vavella as , comente G addeo ti at descrittu , su clima tuo tra su caldu e su frittu , abitada dae zente sana e bella .
T ribagliantes massaios e pastores, ospitale , gentile ‘ e bonu coro , ricca de bestiamenes e laores . F izos illustres as chi, chin issoro attividade , sun cunfirmadores cantu pretziosa ses tue , oh T erradoro ! Oroteddi, 1950
Sopra: Sa Preda Coveccada, roccia caratteristica, oggi nota anche come “Il Fungo” in località Erilotha. Pag a fianco: Roccia con le fattezze della maschera caratteristica di “Su Thurpu” in località Su Tuvale.
STORIA La storia di Orotelli è storia che merita di essere conosciuta, le sue rocce millenarie recano impresse le impronte di tanti passi perduti, di tante attese deluse, di tante speranze restate tali ma anche di realizzazioni e di sogni che si sono fatti realtà. In quest’ambiente si è forgiata la particolare identità di
Orotelli, e in questa
peculiarità sta il miele dolce amaro della sua storia.
Dicevano gli antichi: nel nome che si porta c’è un destino; una delle più accreditate ricostruzioni deriva Orotelli dal latino auri tellus (terra d’oro). Le origini del paese sono romane, ciò è provato dal ritrovamento di numerose monete risalenti ai secoli III e IV, dalla scoperta (fatta nel 1888, in una località denominata Porzolu a qualche km dal paese) d’una lapide romana con la scritta FIN.NURR; secondo gli studiosi il sito del ritrovamento sarebbe un importante punto topografico fissato dai romani nella loro penetrazione nel Nuorese. La tradizione popolare tramanda che intorno al 304 nel territorio di Orotelli subiscono il martirio per la fede due giovani, Ambiso e Ampilo. Fino al XII secolo non si hanno notizie che permettano una ricostruzione della storia del paese. Al periodo di dominazione pisana risalgono numerose chiese, fra le scomparse ricordiamo San Lussorio il vecchio (che fino a metà del XVI fu chiesa parrocchiale), sono ancora esistenti la parrocchia di San Giovanni Battista (1116) a cui era annesso un monastero benedettino, e nell’agro San Pietro di Oddini (1139). Anche del periodo aragonese (1308-1720) ci restano solo ricordi e monumenti religiosi, dei quali ancora si trovano le chiese di: S. Antonio abate, o più propriamente Madonna d’Itria del Salvatore, e nell’agro, - la Madonna di Sinne e i ruderi di S. Michele. Dal 1720, inizio della dominazione sabauda in Sardegna, si hanno notizie che ci consentono di ricostruire, almeno in parte, il tessuto economico del paese; è di questo periodo l’introduzione del barracellato, forma d’assicurazione del bestiame e dei campi coltivati, e l’istituzione del monte
Veduta del Nuraghe Calone, a nord dell’abitato di Orotelli.
Scorcio del centro storico con murale
WELCOME TO SARDINIA The history of Sardinia is the story of gradual colonization of the island. Sardinian ancient nuragic inhabitants were organized in family groups, where the most important social bond was loyalty to the othermembers and the chief of the tribe. They worshipped the natural elements. Water was regarded as a holy element which generated life.
They exalted physical courage and personal freedom. The tribal societylived on fishing, hunting, agriculture and farming. Around 500 BC Carthaginians invaded the coasts,fertile hills and plains of the Island. After a long hard war the Sardinians were conquered but not reduced to the submission: many of them left their homes to live in a area of rugged mountains in order to be free: inwoods, caves, rocks of the central area where they could hide and fight in organized frequent raids against the Sardinian-Punic people. There were two Sardinias then: the Punic and the free one. Around 238 BC Roman soldiers invaded the island. The nuragic tribes fought hard to fight them, but at the end of the 2nd century BC the organized resistance of the tribes ended and the civilization of Nuraghes was destroyed. Nuraghes Nuraghes are the main type of megalithic construction which were founded in Sardinia. They were perhaps built between the end of the Ancient Bronze (17th century BC), and the first half of the Iron Age (3rd century BC). Many of them, were used from their construction until Romans invaded Sardinia in the 2nd century BC (G.Lilliu). The typical Nuraghe has a circular plan and the shape of a truncated cone tower. The structure has no foundations and stands (without mortar) due to the weight of its big heavy stones. Inside the building there is an ample circular room; sometimes two or three of them, placed one on top of the other.
Typical countryside sardinian house of the beginning of twentieth century at Sa Taladde.
CULTURA E TRADIZIONI Si intrecciano in un filo stretto, a Orotelli, cultura e tradizione; così si dà il titolo alla Storia di un popolo che poggia su radici uniche, solide e che il passaggio di linguaggi e stili diversi, d’oltre mare, non ha mai cancellato. L’economia dei contadini massaios, la terra posseduta o strappata, ricca e fertile o ingrata, ha modellato il paese: le sue stradine, la sua edilizia nel centro storico, i rapporti sociali; ha ritmato fede e feste, raccolti e stagioni. Migranti e industria, sogni e illusioni, comunque sviluppo e sguardo concreto al futuro, da costruire sui graniti che son lì, testimoni di sudore e fatiche. Il sole che va giù, la sera, su un orizzonte di ciminiere senza vita, per Orotelli, oggi, non è solitudine e declino; è vigilia di riscossa, di rinnovata volontà di andare oltre. Cultura e tradizione, ingredienti di un futuro che è già presente. Ecco le sagre; accompagnano ancora le stagioni e la fede, da inizio d’anno. Sant’Antoni, 16 gennaio, racchiuso nel centro storico, a ridosso della chiesetta senza età, ricca di affreschi di pittori a tinte forti. “L’allegria delle allegrie gli veniva dal grande fuoco di gennaio, la vigilia di Sant’Antonio Abate. Ognuno chiamava il Santo confidenzialmente e affettuosamente Antonio del Fuoco. La grande catasta era alta fino ai tetti delle case che circondavano la piazza. Ognuno, ogni cristiano, aveva recato il suo tronco, o tronchetto, come faceva Giacomo per il suo camino della scuola. Ognuno poteva chiamare quella catasta accesa: “il fuoco mio”; e infatti così la chiamava col sentimento medesimo col quale diceva :”Il mio paese”. E gli danzava attorno. E ne saltava la brace. E poteva anche attingere a quel mucchio benedetto dal sacerdote, rubarne a cuor sicuro, a viso aperto, senza dover ricorrere, come aveva fatto secoli e secoli prima Sant’Antonio,
La Processione con la statua di Sant’Antonio per le vie del Paese.
IL CARNEVALE OROTELLESE Il Carnevale, in Sardegna, si svolge nel periodo immediatamente precedente la Quaresima: le manifestazioni più antiche affondano le loro radici nei miti e riti pre-cristiani. Anticamente Su Carrasecare era un momento di assoluta rilevanza per le comunità agro-pastorali poiché sanciva la fine dell’inverno ed il ritorno dei pastori e delle greggi dai pascoli invernali delle pianure. Bachtin, celebre semiologo russo, sostiene che il Carnevale rovescia tutte le gerarchie sociali e le convenzioni repressive essendo la festa di tutti per eccellenza, festa che ha assunto, quali caratteri fondamentali, gli eccessi, il mascheramento, il rovesciamento, la lotta tra gli opposti (bene – male, bello – brutto). A queste e ad altre regole sottostà il Carnevale di Orotelli, considerato da decenni tra i più belli ed originali dell’isola: protagonisti indiscussi de Su Carrasecare Oroteddesu, Sos Thurpos, (i ciechi, gli storpi). Sos Thurpos indossano il classico abito di velluto (pantaloni a S’Isporta, Su Corpette e Sa Zacca), i gambali di cuoio (Sos Cambales) ed un lungo pastrano nero d’orbace (Su Gabbanu) usato, un tempo, dai pastori durante il periodo invernale. Il viso, a differenza di molti personaggi della tradizione carnevalesca barbaricina, non è nascosto da pesanti maschere lignee ma da uno spesso strato di sughero bruciato (Su Thinthieddu) e dal cappuccio de Su Gabbanu (Su Cucuttu) calato sul volto; portano a tracolla una spessa cinta fatta di pelle (S’Utturada) con appesi dei rumorosi campanacci (Sos Brunzos). Nonostante interpretino vari ruoli Sos Thurpos sono vestiti tutti nello stesso modo e procedono in trio: una coppia davanti (Sos Boes), un giogo di buoi (Su Juu) legati in vita e trattenuti da una corda, che tentano invano di liberarsi e fuggire ad un terzo Thurpu, (Su Voinarzu); questi tenta di trattenere Sos Boes per impedirgli di fuggire al loro destino di schiavitù, metafora del legame che intercorre tra uomocontadino-padrone ed animale-bue-schiavo. Su Thurpu Semenadore mima la semina lanciando sul pubblico grano contenuto in un recipiente di sughero (Su Malune) o in una bisaccia (Sa Bertula): questo gesto, nelle comunità legate alla terra, com’è appunto quella orotellese, rappresenta un augurio di fertilità ed abbondanza per gli anni a venire. Su Thurpu Ferradore, il maniscalco, porta con sé tutti gli
attrezzi necessari per ferrare, all’occorrenza, il bue che, a sua volta, tenta di sfuggire alla ferratura con calci e muggiti di protesta. Una volta conclusa l’intera pantomima, giunti nella piazza principale del paese, Sos Thurpos vanno alla ricerca della “vittima”, un uomo che verrà circondato con le funi (Sas Socas) e catturato (Sa Tenta): l’uomo non potrà essere liberato fino a quando non offrirà da bere al trio. Solo l’ultimo giorno di Carnevale (prima Domenica di Quaresima) i ruoli vengono invertiti: la preda, la vittima viene circondata e catturata ma stavolta sono i Thurpos ad offrire al “malcapitato“ del buon vino. Nel Carnevale orotellese non esiste alcuna forma di identificazione tra uomo ed animale: il significato vero e più profondo della figura de Sos Thurpos sarebbe legato alla pantomima dell’eterna lotta dei contadini contro i proprietari dei campi e dei pascoli, rappresentata attraverso il capovolgimento dei ruoli tra contadino e bue. Il celebre antropologo Raffaello Marchi, che ha collaborato alla ricerca della riscoperta della maschera, portata avanti dall’Insegnante Giovannina Pala Sirca (1978), sostiene che “I Thurpos sono un antico mimo agrario, antico quanto possono essere antichi in Barbagia la coltivazione dei campi e l’allevamento dei buoi. Non sono un rito né vicino né lontano, e non hanno né presuppongono simbologie, ambivalenze o allusioni varie. Sono un esempio di teatralità ludica, in cui il gioco ha principio e fine in se stesso e il divertimento non significa identificazione nell’animale, ma solo imitazione burlesca
In alto a sx: Turpeddos con il costume in Orbace. In alto a dx: I campanacci, Sos Brunzos, e la cinta in pelle S’Utturada. Sotto: I famosi gambali orotellesi, Sos Cambales, vanto della tradizione artigianale orotellese. Pag. a fianco in alto: Un Thurpo sorseggia vino dal caratteristico Corru, un corno cavo ricavato dalle corna dei buoi. Pag. a fianco in basso: Dopo la vestizione il gruppo dei Thurpos si avvia, lungo i vicoli del paese, al luogo dove si tingeranno il viso con la fuligine di sughero, Su Thinthieddu.
“Sa tzoventude allegra in sas carreras – andat e torrat fachende chimentu – in sas caras si lezzet su cuntentu – coment’ischertzan de tantas maneras”. “Carrasecare” - Luigi Marteddu 1930.